Caterina, Lettere 84

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A frate Filippo di Vannuccio e a frate Nicolò di Piero da Firenze, de l'Ordine di Monte Oliveto.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio de vedervi fondati in vera e santa pazienzia, però che senza la pazienzia non sareste piacevoli a Dio, non portareste el giogo della santa obedienzia, ma con impazienzia ricalcitrareste al prelato e all'Ordine vostro.

E pazienzia non è mai se non in colui che sta in perfetta carità, unde colui che ama perde la malagevolezza che pare che sia in portare e' costumi dell'Ordine, e le gravi obedienzie e alcuna volta indiscrete. Ma poi che per l'amore la malagevolezza si parte, e con pazienzia porta, è fatto subbitamente suddito e veramente obediente. Ed è umile, che per superbia non leva mai el capo contra al prelato suo; e tanto sarà umile quanto obediente, e tanto obediente quanto umile. Oh quanto è dolce, figliuoli carissimi, questa virtù della pronta obedienzia! La quale tolle ogni fadiga, perché è fondata in carità; e carità non è senza pazienzia né senza umilità, però che ella è baglia e nutrice della carità.

Ma vediamo un poco el frutto di questa virtù dell'obedienzia, se elli è frutto di vita o no; e quello che esce del disobediente. Ogni creatura, figliuoli carissimi, che à in sé ragione, debba essere obediente a' comandamenti di Dio. La quale obedienzia leva via la colpa del peccato mortale, e riceve la vita della grazia; però che con altro strumento non si leva la colpa e non si fa la colpa. Nella obedienzia si leva la colpa, però che osserva e' comandamenti della santa legge; e nella disobedienzia offende, perché trapassa quello che gli fu comandato e fa quello che gli è vetato; unde ne li nasce la morte ed elegge subbito quello che Cristo fuggì, e fugge quello che elli elesse.

Cristo fuggì le delizie e gli stati del mondo; ed elli le cerca - mettendo l'anima sua nelle mani delle demonia per potere avere e compire e' suoi disordenati desiderii -, fuggendo quello che el Figliuolo di Dio abracciò, cioè scherni strazii e rimproverii, e' quali con pazienzia portò infine alla obbrobriosa morte della croce, e umilemente, in tanto che non è udito el grido suo per veruna mormorazione, ma sostenne infine alla morte per compire l'obedienzia del Padre e la salute nostra. Ma colui che è obediente seguita le vestigie di questo dolce e amoroso Verbo, e cerca l'onore di Dio e la salute dell'anime. Sì che vedete che ogni creatura che à in sé ragione, se vuole la vita della grazia, si conviene che passi col giogo dell'obedienzia: ma attendete che questa è una obedienzia generale, che generalmente ciascuno c'è obligato.

Ed è una obedienzia particulare, la quale ànno coloro che, osservati e' comandamenti, seguitano e' consigli, volendo andare attualmente e mentalmente per la via della perfezione: questi sono quelli che entrano nel giardino della santa religione. Ma agevole cosa gli sarà a obedire all'Ordine e al prelato suo, a colui che à osservato l'obedienzia generale, e da la generale è ito alla particulare. Unde se elli è ito con la voluntà morta, come debba, elli gode; e stando nell'amaritudine sente la dolcezza; e nel tempo della guerra gusta la pace; e nel mare tempestoso fortemente navica, però che el vento dell'obedienzia tanto forte mena l'anima nella navicella dell'Ordine, che neuno altro vento contrario che venisse la può impedire: none el vento della superbia - però che elli è umile, che altrimenti non sarebbe obediente -; non la impazienzia, però che elli ama - e per amore s'è sottoposto all'Ordine e al prelato, e non tanto al prelato, ma a ogni creatura per Dio -; e la pazienzia è el mirollo della carità. Unde nol può percuotere el vento della infedelità, né della ingiustizia, però che giustamente rende el debito suo: a sé rende odio e dispiacimento della propria sensualità, la quale, se la ragione non tenesse el freno in mano, ricalcitrarebbe all'obedienzia; e a Dio rende gloria e loda al nome suo; e al prossimo la benivolenzia, portando e sopportando e' difetti suoi.

Allora con fede viva - perché alla fede sono seguitate l'opere - aspetta, nell'ultimo della vita sua, di tornare al fine suo nella vita durabile, sì come el prelato gli promisse nella sua professione. Però che elli promette di darli vita etterna, se in verità osserva i tre voti principali - cioè obedienzia continenzia e povertà voluntaria -, e' quali tutti el vero obediente osserva. Questa navicella va sì dritta verso el porto di vita etterna col vento dell'obedienzia, che in neuno scoglio si percuote mai.

Molti scogli si truovano nel mare di questa tenebrosa vita, ne' quali ci percotaremmo, se el vento prospero dell'obedienzia non ci fusse. Or che duro scoglio è quello della 'mpugna delle dimonia, le quali non dormono mai, volendo assediare l'anima di molte varie, diverse e laide cogitazioni; e più nel tempo che l'anima si vuole strignere e serrare con questo vento dell'obedienzia, con umile orazione - la quale orazione è uno petto dove si notricano e' figliuoli delle virtù -, solo per impedirla! Però che la malizia del dimonio el fa solamente per farci venire a tedio l'orazione e la santa obedienzia, quasi volendo mettarci nel cuore una impossibilità di non potere perseverare in quello che è cominciato, né portare le fadighe dell'Ordine; e la paglia gli fa parere una trave, e una parola che gli sia detta nel tempo delle battaglie gli farà parere uno coltello, dicendoli: «Che fai tu in tante pene? meglio t'è di tenere altra via». Ma questa è una battaglia grossa a chi à punto d'intelletto, però che l'uomo vede bene che meglio è per l'anima sua che sia perseverante e costante nella virtù cominciata.

Ma un'altra ne pone, colorata col colore de l'odio e del cognoscimento del difetto suo, e dello schietto e puro servire che gli pare che debba fare al suo Creatore, dicendo nella mente sua: «O misero, tu debbi fare le tue operazioni e l'orazioni schiette, con purità di mente e simplicità di cuore, senza altri pensieri; e tu fai tutto el contrario, unde, perché tu non le fai come tu debbi, elle non sono piacevoli a Dio. Meglio t'è dunque di lassarle stare». Questa, figliuoli carissimi, è una battaglia occulta, mostrandoci prima la verità di quello che è, e facendocela cognoscere, ma poi di dietro v'attacca la bugia, la quale germina el veleno della confusione. Unde, giunta la confusione, perde l'essercizio; e, perduto l'essercizio, è atto a cadere in ogni miseria, e, nell'ultimo, nella disperazione. E però el dimonio si fa tanto dinanzi, e tanto da lunga con sottile arte, cioè per giugnarlo qui, non perché elli creda che di primo colpo elli cadesse in quelle cogitazioni, cioè che v'aconsentisse.

Chi è colui che campa e non percuote in questo scoglio? Solo l'obediente, però che elli è umile, e l'umile passa e rompe tutti e' lacciuoli del dimonio; sì che vedete che all'obediente non bisogna temere di timore servile per alcuna cogitazione o molestia del dimonio. Tenga pur ferma la volontà, che non consenta, annegandola nel sangue di Cristo crocifisso, e legandola col legame della vera obedienzia, per amore e reverenzia dell'obedienzia del Verbo unigenito Figliuolo di Dio.

E truovasi lo scoglio della fragile e miserabile carne che vuole impugnare contra allo spirito, la quale è vestita d'amore sensitivo; el quale amore farebbe offendere, però che la carne à sempre in sé ribellione, e alcuna volta si corrompe. Ma non sarebbe offesa se non in quanto la voluntà, legata col proprio amore sensitivo, consentisse alla fragile carne, e dilettassesi nel suo corrompere; ma se la voluntà è morta nell'amore sensitivo e nel proprio diletto, e legata nell'obedienzia, come detto è, con tutte le sue ribellioni non gli può nuocere, né impedire la navicella; anco è uno augmentare e dare vigore al vento, che più velocemente corra verso el termine suo.

Però che l'anima che si sente impugnare si leva tale ora dal sonno della negligenzia, con odio e cognoscimento di sé e con vera umilità; che se così non fusse, dormirebbe nella negligenzia con molta ignoranzia e presunzione, la quale presunzione notricarebbe la superbia, presumendo di sé medesimo alcuna cosa. Unde per le impugne diventa più umile; e già dicemmo che tanto è obediente quanto umile: se dunque cresce la virtù de l'umilità, cresce anco la virtù dell'obedienzia, sì che vedete che corre più velocemente.

Ècci anco lo scoglio del mondo, el quale come ingannatore si mostra con molte delizie stati e grandezze, tutto fiorito; e non di meno elli à in sé continua amaritudine, ed è senza alcuna fermezza o stabilità, ma ogni suo diletto e piacere viene tosto meno: sì come la bellezza del fiore, el quale, quando è colto del campo, pare, a vederlo, bello e odorifero; e, colto, subbito è passata la bellezza e l'odore suo, ed è tornato a non cavelle. Così la bellezza e gli stati del mondo paiono uno fiore; ma subbito che l'affetto de l'anima gli piglia con disordenato amore, si truova votio e senza bellezza alcuna, perduto quello odore che avevano in loro. Odore ànno in quanto elle sono escite dalla santa mente di Dio; ma subbito l'odore è partito in colui che l'à colte e possiede con disordenato amore, non per difetto loro né del Creatore che l'à date, ma per difetto di colui che l'à colte, el quale non l'à lassate nel luogo dove elle debbono stare, cioè d'amarle per gloria e loda del nome di Dio.

Chi el passa questo scoglio? l'obediente, osservando el voto della povertà voluntaria. Sì che vedete che non bisogna temere di veruno scoglio che sia, avendo voi el vento della vera obedienzia. L'obediente gode, però che non navica sopra le braccia sue, ma sopra le braccia dell'Ordine: elli è privato della pena affriggitiva, però che à morta la propria volontà che gli dava pena - ché tanto c'è fadiga ogni fadiga, quanto la voluntà le pare fadiga -; ma all'obediente che non à voluntà, la fadiga gli è diletto, e' sospiri gli sono uno cibo, e le lagrime beveraggio (Ps 41,3 Ps 79,6). E ponendosi alle mammelle della divina carità, trae a sé el latte della divina dolcezza per lo mezzo di Cristo crocifisso, seguitando in verità le vestigie e dottrina sua.

O obedienzia, che sempre stai unita nella pace e nell'obedienzia del Verbo, tu se' una reina coronata di fortezza, tu porti la verga della lunga perseveranzia, tu tieni nel grembo tuo e' fiori delle vere e reali virtù; e, essendo l'uomo mortale, tu gli fai gustare el bene immortale, ed essendo umano el fai diventare angelico, e d'uomo angelo terrestro; tu pacifichi e unisci e' discordanti. Tu, suddito agli più minimi: e quanto più ti fai suddito, più se' signore, perché signoreggi la propria sensualità; e ài spento l'amore proprio col fuoco della divina carità, però che per amore se' obediente. De la cella t'ài fatto cielo, perché tu non esci della cella del cognoscimento di te; e in su la mensa della croce con l'obediente Agnello mangi l'onore di Dio e la salute dell'anime. In te, obedienzia, non cade giudicio verso alcuna creatura, e singularmente nel prelato tuo; perché tu se' fatta giudice della dolce voluntà di Dio, giudicando che Dio non vuole altro che la tua santificazione, e ciò che dà e permette, dà per questo fine. Pigli la compassione del prossimo, ma non giudicio né mormorazione. Tu non vuoli investigare la voluntà di chi ti comanda, ma semplicemente, con simplicità di cuore condita con prudenzia, obedisci in quelle cose dove non à colpa di peccato; e di neuna cosa ti stolli mai. Bene è dunque che nell'amaritudine gusti la dolcezza, e nel tempo della morte la vita della grazia.

O carissimi figliuoli, e chi sarà colui che non s'inamori di così dolci e suavi frutti quanti riceve l'anima nella virtù dell'obedienzia? Sapete chi ricevarà? Quelli che con l'occhio dell'intelletto e con la pupilla della santissima fede si specula nella verità, cognoscendo in essa verità sé e la bontà di Dio in sé, nella quale bontà truova la eccellenzia di questa dolce e reale virtù.

Chi è colui che non la vede? Chi non à el lume, e però non la cognosce; non cognoscendola, non l'ama; e non amandola non n'è vestito, ma è spogliato de l'obedienzia e vestito della disobedienzia. La quale disobedienzia dà frutto di morte, ed è uno vento traverso che fende la navicella, percotendola nelli scogli detti; unde l'anima affoga nel mare con molta amaritudine, per la privazione della grazia, trovandosi nella colpa del peccato mortale. Elli è fatto incomportabile a sé medesimo, privato della carità fraterna; elli trapassa el voto promesso, e non l'osserva. Non osserva l'obedienzia né la continenzia, però che impossibile sarebbe al disobediente essere continente; e se fusse attualmente non sarebbe mentalmente. E non osserva el voto della povertà voluntaria, però che quelli che è nel proprio amore appetisce e' diletti del mondo, e viengli a tedio l'orazione e la cella, dilettandosi della conversazione.

Oh quanta miseria n'esce! ed è fatto perditore del tempo; e volta el capo indietro a mirare l'arato, e non persevera; ed è fatto debile, ché ogni picciola cosa el dà a terra; e privasi d'ogni virtù; e sempre, come superbo, vuole investigare la voluntà altrui, e massimamente quella del suo prelato. La lingua, figliuoli carissimi, non sarebbe sufficiente a potere narrare el male che esce della disobedienzia: elli è impaziente che non può sostenere una parola; ed è atorniato di molti lacciuoli, e neuno ne passa, ma gusta in questa vita l'arra dello 'nferno. Che dunque diremo? Diremo che ogni male esce della disobedienzia; perché è privato della carità e della virtù della umilità, che sono due ale che ci fanno volare a vita etterna; ed è privato della pazienzia, che è el mirollo della carità, per la quale carità l'anima viene a obedienzia. Unde, considerando me che per altra via non potiamo fuggire tanti mali e venire a tanto bene quanto ci dà la virtù dell'obedienzia, dissi che io desideravo di vedervi fondati in vera e santa pazienzia; però che obedienzia non si può avere senza la pazienzia, e la pazienzia procede da la carità: però che per amore è fatto paziente e obediente, unto di vera e perfetta umilità.

Or su, figliuoli miei, poiché sete entrati nella navicella della santa religione corrite col vento prospero della vera obedienzia infine a la morte, a ciò che senza pericolo giugniate al termine vostro. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso. Altro non vi dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

Racomandateci strettamente al priore, e a tutti cotesti figliuoli; e voi siate specchio d'obedienzia. Gesù dolce, Gesù amore.



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A Piero di Tommaso de' Bardi da Fiorenza.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello e figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi alluminato del lume della santissima fede, e vestito di perfettissima speranza, però che in altro modo non potreste essere piacevole al vostro Creatore, né participare la vita della grazia, però che fede viva non è mai senza opera.

Che se fede fusse senza opera sarebbe morta (Jc 2,26), e parturirebbe e' figliuoli suoi delle virtù morti e non vivi, però che colui che è senza el lume della fede è privato della virtù della carità, e senza la carità neuno bene che facci, o atto di virtù, gli vale a vita etterna; bene che neuno bene si debba lassare che non si facci, però che ogni bene è remunerato e ogni colpa è punita. Poniamo che quello bene che è fatto in colpa di peccato mortale - che è privato allora del lume della santissima fede -, non gli vale quanto a vita etterna; ma valgli a molte altre cose, ricevendo grazia da Dio. Cioè che, non volendo la divina bontà che quello bene che aduopera l'uomo passi inremunerato, elli el remunera alcuna volta prestandoci el tempo, nel quale tempo aviamo spazio di poterci correggere; o elli ci mette ne' cuori de' servi suoi, costrignendoli a desiderio della salute nostra, unde per quello desiderio e orazione che fanno per noi esciamo della tenebre del peccato mortale, e riducerenci allo stato della grazia; o elli el remunera in cose temporali, se elli non si dispone per lo suo difetto a ricevere le spirituali. Sì che vedete che ogni bene è remunerato: e però non si debba lassare el bene, ma bene doviamo ingegnarci di farlo in grazia, a ciò che sia fatto col lume della fede; nel quale lume della fede si parturiscono e' figliuoli delle virtù vivi, cioè che danno nell'anima vita di grazia.

O glorioso lume, el quale privi l'anima della tenebre, e spoglila della speranza di sé e del mondo e de' figliuoli e d'ogni creatura, e vestila della vera speranza la quale à posta in Cristo crocifisso! E però non teme mai che gli manchi alcuna cosa, però che col lume della fede à cognosciuta la divina bontà in sé; unde cognosce che Dio è potente a poterlo sovenire, ed è sapientissimo che sa, ed è clementissimo che vuole sovenire la sua creatura che à in sé ragione. Chi spera in lui, non gli manca mai; ma a misura tanto ci provede quanto noi speriamo nella sua larghezza: unde tanto saremo proveduti quanto noi speraremo. E però, se l'uomo cognosce sé con lume di fede, elli non si confida in sé né nel suo sperare, però che cognosce sé non essere manifestamente; che se alcuna cosa fusse da sé, elli potrebbe possedere - di quelle cose che elli ama - a suo modo: la quale cosa non è. Anco, quando vuole essere ricco, spesse volte gli conviene essere povero; vorrebbe la sanità e la lunga vita ed e' gli conviene essere infermo, e viengli meno el tempo. E però è stolto e maladetto colui che si confida ne l'uomo, vedendo che elli alcuna cosa non è da sé, e vedendo che el mondo e l'uomo nol serve se non per propria utilità. Chi dunque si vorrà confidare in loro sempre ne rimarrà ingannato, però che a neuna cosa gli tiene fede; che volendo aricchire, elli impovarisce l'anima sua, e sé e i figliuoli della sustanzia temporale. Elli diventa disordenato e incomportabile a sé medesimo, desiderando quello che non debba desiderare; e l'animo che è disordenato a volere quello che non à, à sempre pena, però che è privato del sommo bene, el quale pacifica quieta e sazia l'anima.

O fratello e figliuolo carissimo, aprite l'occhio dell'intelletto col lume della santissima fede, a ciò che cognosciate la poca fermezza e stabilità del mondo, e la grande bontà di Dio, fermo e stabile che non si muove mai, el quale sazia e notrica l'anima nell'affettuosa carità, e vestela di speranza - sperando nel suo dolce Creatore -. E sa bene che la divina bontà vede di quello che elli à bisogno; e però offera el desiderio e 'l bisogno suo a lui, servendolo con tutto el cuore e con tutto l'affetto suo (Mt 22,37 Mc 12,30 Lc 10,27).

E la fadiga del corpo dà a la fameglia, sovenendoli e aiutandoli di quello che può con buona e santa conscienzia; fa quello che può e l'avanzo lassa fare alla divina bontà, in cui elli à posta la speranza sua, perché cognobbe col lume della fede la sua bontà e providenzia. In altro modo non veggo che potesse campare del loto del mondo senza el lume della fede, unde trasse la speranza e l'affettuosa carità, gustando in questa vita l'arra di vita etterna, perché la volontà sua è vestita de la dolce volontà di Dio. E però vi dissi che io desideravo di vedervi alluminato del lume della santissima fede, e vestito di perfettissima speranza.

E così vi prego per l'amore di Cristo crocifisso che facciate voi e la donna vostra, a ciò che non stiate in stato di dannazione; e quello che non fusse fatto per lo tempo passato, io voglio che si facci per lo presente. E non aspettate el tempo a cercare la salute vostra, però che 'l tempo non aspetta voi; e però non dovete aspettare lui, facendo come el corbo che dice cra cra. Così e' perditori del tempo sempre dicono: domane farò; e così si truovano gionti alla morte, e non se n'aveggono. E allora vuole el tempo, e nol può avere, quando à speso el tempo suo miserabilemente, con avarizia e cupidità e guadagni illiciti e con molta immondizia della mente e del corpo suo, contaminando el sacramento del matrimonio; fassi Dio de' figliuoli suoi, e, come cieco, pone la speranza dove non la die ponere. E così va di cechità in cechità, in tanto che, se non si corregge e non punisce la colpa con la contrizione del cuore e confessione e satisfazione, giusta al suo potere - la sua possibilità, e non la impossibilità, ché non la richiede Dio -, giogne all'etterna dannazione.

Voglio dunque che vi destiate dal sonno prima che venga la morte; e quello desiderio e lume che Dio v'à dato non sia tolto da voi, ma con perseveranzia l'essercitate col tesoro delle virtù e col lume della fede, e con la perfettissima speranza. E non pensate che la divina providenzia vi venga meno; ma sempre vi soverrà, sperando voi in lui in ogni vostro bisogno. Altro non vi dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



86

All'abbadessa del monasterio di santa Maria delli Scalzi in Firenze.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi fondata in vera carità, a ciò che siate vera notrice e governatrice delle vostre pecorelle.

Bene è vero che non potremmo notricare altrui se prima non notricassimo l'anima nostra di vere e reali virtù; e di virtù non si può notricare se non s'attacca al petto della divina carità, del quale petto si trae il latte della divina dolcezza. A noi, carissima madre, conviene fare come fa il fanciullo, el quale, volendo prendere il latte, prende la mammella della madre e mettesela in bocca, unde col mezzo della carne trae a sé il latte; e così doviamo fare noi, se vogliamo notricare l'anima nostra: dovianci ataccare al petto di Cristo crocifisso, in cui è la madre della carità, e col mezzo della carne sua trarremo il latte che notrica l'anima nostra e i figliuoli de le virtù: cioè per mezzo della umanità di Cristo, però che nella umanità cadde e sostenne la pena, ma non nella deità.

E noi non potiamo notricarci, di questo latte che traiamo dalla madre della carità, senza pena; e differenti sono le pene, e spesse volte sono pene di grandi battaglie o dal demonio o dalle creature, con molte persecuzioni, infamie, strazii e rimproverii. Queste sono pene in loro, ma non sono pene all'anima che s'è posta a notricare a questo dolce e glorioso petto, unde à tratto l'amore, vedendo in Cristo crocifisso l'amore ineffabile che Dio ci à mostrato col mezzo di questo dolce e amoroso Verbo. E ne l'amore à trovato l'odio della propria colpa e della legge perversa sua, che sempre impugna contra allo spirito (Rm 7,23). Ma sopra l'altre pene che porti l'anima che è venuta a fame e desiderio di Dio, sì sono i cruciati e amorosi desiderii che à per la salute di tutto quanto il mondo; però che la carità fa questo, che ella s'inferma con quelli che sono infermi ed è sana con quelli che sono sani, ella piange con coloro che piangono e gode con coloro che godono (Rm 12,15); cioè, che piange con quelli che sono nel tempo del pianto del peccato mortale, e gode con quelli che godono nello stato della grazia.

Allora à presa la carne di Cristo crocifisso, portando con pene la croce con lui: non pena affriggitiva che disecchi l'anima, ma pena che la ingrassa, dilettandosi di seguitare le vestigie di Cristo crocifisso; e allora gusta el latte della divina dolcezza. E con che l'à preso? con la bocca del santo desiderio; in tanto che, se possibile le fusse d'avere questo latte senza pena, e con esso dare vita alle virtù - però che le virtù ànno vita dal latte dell'afocata carità -, non vorrebbe. Ma più tosto elegge di volerlo con pena per l'amore di Cristo crocifisso; però che non le pare che sotto il capo spinato debbino stare i membri delicati, ma più tosto portare la spina con lui insieme, non eleggendo portare a suo modo, ma a modo del capo suo. E facendo così non porta, ma il capo suo Cristo crocifisso n'è fatto portatore. Oh quanto è dolce questa dolce madre della carità! la quale non cerca le cose sue, cioè che non cerca sé per sé ma sé per Dio; e ciò che ella ama e desidera, ama e desidera in lui, e fuore di lui nulla vuole possedere.

E in ogni stato che ella è, ella spende il tempo suo secondo la voluntà di Dio: se ella è seculare, ella vuole essere perfetta nello stato suo; se ella è religiosa suddita, ella è perfetta angela terresta in questa vita, e non appetisce né pone l'amore suo nel secolo, né nella ricchezza volendo possedere in particulare; però che ella vede che farebbe contra el voto della povertà voluntaria, la quale promisse d'osservare nella sua professione.

E non si diletta né vuole la conversazione di coloro che le volessero impedire il voto della castità, anco gli fugge come serpenti velenosi; e mettesi in bando delle grate e del parlatòro e sbandisce la dimestichezza de' divoti; e ribandiscesi alla patria della cella, sì come vera e ligittima sposa, e ine acquista al petto di Cristo crocifisso la vigilia e l'umile e continua orazione. E non solamente l'occhio del corpo, ma l'occhio dell'anima vegghia in cognoscere sé medesima, la fragilità e la miseria sua passata, e la dolce bontà di Dio in sé, vedendo sé essere amata ineffabilemente dal suo Creatore; unde allora le seguita a mano a mano la virtù de l'umilità, e il santo e affocato desiderio, el quale è quella continua orazione della quale Paulo ci ammaestra, dicendo che sempre doviamo orare senza intermissione (1Th 5,17). E al desiderio santo seguitano le sante e buone operazioni; e quelli è che non cessa d'orare, che non cessa di bene adoperare.

In cella fa mansione con lo sposo etterno, abracciando le vergogne e le pene per qualunque modo Dio glil concede; spregiando le delizie lo stato e l'onore del mondo; annegando la propria e miserabile voluntà; ponendosi dinanzi l'obedienzia di Cristo crocifisso, el quale per l'obedienzia del Padre e per la salute nostra corse alla obbrobriosa morte della croce: sì che con l'obedienzia sua è fatta obediente. E così osserva il terzo voto dell'obedienzia, e mai non ricalcitra all'obedienzia sua, né vuole investigare la voluntà di colui che comanda, ma semplicemente osserva l'obedienzia. Or così fa el vero obediente, ma il disobediente sempre vuole sapere le cagioni e 'l perché gli è comandato; unde questa cotale non è mai osservatrice dell'Ordine, ma trapassatrice. Ma quella che è obediente, sel pone dinanzi come specchio; e inanzi elegge la morte, che volerlo trapassare, sì che è perfetta suddita.

Quando ella à a governare, ella è perfetta nello stato del reggimento, se ella à notricata prima l'anima sua in virtù al petto di Cristo crocifisso. Allora, se ella è stata buona suddita, essendo poi posta a reggere è buona notrice delle sue figliuole; e reluce in lei la margarita della giustizia, e gitta odore d'onestà, dando essemplo a loro di santa e onesta vita. E perché carità non è senza giustizia - anco è giusta l'anima che la possede giustamente -, rende a ciascuno il debito suo: a sé rende odio e dispiacimento di sé; a Dio rende per affetto d'amore gloria e loda al nome suo; e al prossimo rende la benivolenzia, amandolo e servendolo in ciò che può. A' sudditi suoi rende a ciascuno secondo il suo stato: al perfetto gli aita ad aumentare la virtù; allo imperfetto e a quelli che commette difetto la correzione e punizione, poco e assai secondo la gravezza della colpa, e secondo che 'l vede atto a portare. Ma non lassa mai passare il difetto impunito; e con carità, e non per animo, gli vuole punire più tosto in questa vita che poi lo' sia punita nell'altra.

Ma pensate che se ella non avesse notricata l'anima sua, come detto è, non portarebbe la margarita de la giustizia, ma con molta ingiustizia menarebbe la vita sua; e, come ladra, furarebbe quello che è di Dio e darebbelo a sé, e così quello del prossimo; e non l'amarebbe se non per propria utilità. E le figliuole sue non governarebbe se non a piacimento di sé o delle creature; e per non dispiacer-lo', farebbe vista di non vedere i difetti loro. O se correggesse con la parola, pigliarebbe poco lungo, però che nol farebbe con ardire e sicurtà di cuore; però che - perché la vita sua non è ordinata - germina paura e timore servile, e però non à luogo il suo correggiare.

Non ci veggo dunque altro modo se non di ponarci al petto di Cristo crocifisso - e per questo mezzo, per lo modo detto, gustiamo el latte della divina carità -, e qui fare il suo fondamento. Unde, considerando me che neuno altro remedio né via c'è, dissi che io desideravo di vedervi fondata in vera e perfetta carità; e così vi prego per l'amore di Cristo crocifisso che v'ingegniate d'essere, a ciò che le pecorelle vostre sieno governate da voi con essemplo di buona e santa vita; e a ciò che le pecorelle che sono fuore dell'ovile della virtù ritornino all'ovile loro. Ritraetele da le conversazioni, e inanimatele alla cella, e fatele sollicite al coro, e al refettorio in comune e non in particulare. E se voi nol farete giusta al vostro potere, vi saranno richieste da Dio; e sopra alla ragione de' pesi vostri avarete a rendere la loro. Adunque, carissima madre, non dormite più, ma destatevi dal sonno della negligenzia. Altro non vi dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



87

A monna Giovanna pazza.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti portare realmente ciò che el nostro dolce Salvatore ti permette.

E a questo cognosciarà la verità etterna che tu l'ami, però che altro segno non gli potiamo dare del nostro amore se non d'amare caritativamente ogni creatura che à in sé ragione, e di portare con vera e reale pazienzia infine alla morte, non eleggendo né tempo né luogo a modo nostro ma a modo di Dio, che non cerca né vuole altro che la nostra santificazione. Troppo sarebbe grande ignoranzia che noi, infermi, dimandassimo la medicina al nostro medico Cristo che ce la desse secondo el nostro piacere, e non secondo la sua volontà che vede e cognosce quello che ci bisogna. Unde io voglio che tu sappi, figliuola mia, che ciò che Dio ci dà e permette in questa vita el fa o per necessità della salute nostra, o per acrescimento di perfezione; e però doviamo umilemente e con pazienzia portare, e con reverenzia ricevere, aprendo l'occhio de l'intelletto, e raguardare con quanta carità e fuoco d'amore elli ce le dà; e vedendo che elli ce le dà per amore e non per odio, per amore le ricevaremo.

E tanto c'è necessaria questa virtù de la pazienzia che ce la conviene procacciare, a ciò che non perdiamo el frutto delle nostre fadighe; e dovianci levare da la negligenzia, e con sollicitudine andare colà dove ella si truova. E dove si truova? In Cristo crocifisso, però che tanta fu la pazienzia sua che el grido suo non fu udito per alcuna mormorazione. E' giudei gridavano «crucifigge!» (Mt 27,23 Mc 15,13-14 Lc 23,21), ed elli gridava «Padre, perdona a costoro che mi crucifiggono, ché non sanno che si fare» (Lc 23,34). O pazienzia che ci desti vita, cioè che portando le nostre iniquità con pazienzia le punisti in su el legno de la croce sopra el corpo tuo! Col sangue suo lavò la faccia dell'anima nostra; nel sangue sparto con fuoco d'amore e con vera pazienzia ci recreò a grazia; el sangue ricoperse la nostra nudità perché ci rivestì di grazia; nel caldo del sangue distrusse el ghiaccio e riscaldò la tepidezza de l'uomo; nel sangue cadde la tenebre e donocci la luce; nel sangue si consumò l'amore proprio: cioè che l'anima, che raguarda sé essere amata, nel sangue à materia di levarsi dal miserabile amore proprio di sé, e d'amare el suo redentore che con tanto fuoco d'amore à data la vita, e corso, come inamorato, alla oprobiosa morte della croce. El sangue c'è fatto beveraggio a chi el vuole, e la carne cibo (Jn 6,55), perché in neuno modo si può saziare l'appetito de l'uomo, né tollarsi la fame e la sete, se no nel sangue. Ché, perché l'uomo possedesse tutto quanto el mondo, non si può saziare, però che le cose del mondo sono meno di lui; unde di cosa meno di sé saziare non si potrebbe, ma solo nel sangue si può saziare, però che el sangue è intriso e impastato con la deità etterna, natura infinita, maggiore che l'uomo.

E però l'uomo ine sazia el desiderio suo, e col fuoco della divina carità: però che per amore fu sparto.

Questo sangue fu dato a noi abbondantemente: l'ottavo dì doppo la sua natività fu spillata la botticella del corpo suo, che fu circunciso (Lc 2,21), ma era sì poco che anco non saziava la creatura; ma al tempo della croce si misse la canna nel costato suo, e Longino ne fu strumento, quando gli aperse el cuore.

Votiata questa botte della vita del corpo suo - separandosi l'anima da esso corpo - el sangue fu messo a mano, e bandito con la tromba della misericordia e col trombatore del fuoco dello Spirito santo, che chiunque vuole di questo sangue, vada per esso. Dove? A questa botte medesima, Cristo crocifisso; seguitando la dottrina e la via sua. Quale è la sua dottrina? Amare l'onore di Dio e la salute dell'anime; e con pena, forza e violenzia della propria sensualità acquistare le virtù.

Che via à a tenere chi vuole giognere al luogo e alla dottrina per avere el sangue? E che vasello e lume gli conviene avere? El lume della santissima fede, la quale fede è la pupilla che sta nell'occhio dell'intelletto; però che se l'anima non avesse questo glorioso lume, smarrirebbe la via, sì come fanno gli uomini del mondo, che ànno acecato l'occhio dell'intelletto da la nuvila del proprio amore e tenarezza di sé, e però vanno per la tenebre come abaccinati. Costoro spregiano e schifano el sangue, non tanto che vadino per esso. Convienci dunque avere el lume, come detto è, e tenere per la via del vero cognoscimento di noi medesimi e del cognoscimento della bontà di Dio in noi, con odio del vizio e amore della virtù. Questa è una via ed è una casa dove l'anima cognosce e impara la dottrina di Cristo crocifisso: in questa casa del cognoscimento di noi e di Dio troviamo el sangue, dove noi troviamo lavata la faccia dell'anima nostra.

Che vasello ci conviene portare? El vasello del cuore; a ciò che come spogna, mettendo l'affetto del cuore nel sangue, tragga a sé el sangue e l'ardore della carità con che fu sparto. Allora l'anima si inebria: poi che à avuto el lume, e andata per la via seguitando la dottrina di Cristo crocifisso, gionta al luogo, ed empito el vasello, gusta uno cibo di pazienzia, uno odore di virtù, uno desiderio di sostenere, che non pare che si possa saziare di portare croce per Cristo crocifisso. E fa come l'ebbro, che quanto più beie, più vorrebbe bere; e così quest'anima quanto più porta, più vorrebbe portare. E il suo refriggerio le sono le pene; e le lagrime che à tratte per la memoria del sangue le sono bevaraggio, e i sospiri le sono cibo (Ps 41,3 Ps 79,6).

Questa è la via e 'l modo di potere giognere a la grazia, e d'acquistare questa reina della pazienzia, de la quale io ti dissi che io desideravo di vederti portare realmente ciò che la divina bontà ti permette, con vera e santa pazienzia. Or su, carissime figliuole, non stiamo più a dormire nel sonno de la negligenzia, ma entriamo nella bottiga aperta del costato di Cristo crocifisso - dove noi troviamo el sangue - con ansietato dolore e pianto dell'offesa di Dio. Non ci à veramente luogo dove riposare el capo (Mt 8,20 Lc 9,58), se non nel sangue e capo spinato di Cristo crocifisso. Ine dunque gittate saette d'affocato desiderio e d'umili e continue orazioni per onore di Dio e salute dell'anime. Altro non ti dico.

Permane nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




Caterina, Lettere 84