Caterina, Lettere 105

105

Al predetto frate Bartolomeo quando era ad Asciano.

Al nome di Gesù e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo figliuolo mio in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo a voi e confortovi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, con desiderio di vedervi con ardentissimo desiderio, e profonda umilità e sollecitudine, a ricevare el re nostro, che viene a noi umile, e mansueto siede sopra l'asina (Mt 21,5).

O inestimabile diletta carità, oggi confondi la superbia umana, a vedere che tu, re de' re (...), vieni umiliato sopra la bestia, cacciato con tanto vitoperio! Vergogninsi coloro che cercano gli onori e la gloria del mondo; levisi, figliuolo mio carissimo, el fuoco del santo desiderio, e sia privato d'ogni freddezza; salga sopra l'asina de la nostra umanità, sì ch'ella non vadi mai se non secondo che la ragione la guida, non appetisca se non l'onore di Dio e la salute de la criatura. Così voglio che facciate con grande sollecitudine, sentendo el caldo e 'l calore del re nostro. In questo modo signoreggiaremo la nostra sensualità e freddezza con cuore virile; sarete gustatore del vero e amoroso cibo, el quale el Figliuolo di Dio mangiò in su la mensa de la santa croce. Questo farete voi e Neri con sollecitudine, ciò che potete fare, dando l'onore a Dio e la fadiga al prossimo, con fede che lo Spirito santo farà quello che a voi pare impossibile.

Del venire costà invisibilemente, io el fo per continua orazione, a voi e a tutto 'l popolo; visibilemente, quanto sarà possibile a me di fare, e quanto Dio volrà. Dell'andare a Santa Agnesa, non vego el modo d'andarvi ora per la festa sua, ché non ò apparecchiato quello che voleva, se già Dio non provedesse. Se vedete costà l'onore di Dio, non paia fadiga di stare un poco più, anco adoperate quello che v'è di bisogno con allegrezza, e state con ardente cuore.

Dite a frate Simone, figliuolo mio in Cristo Gesù, che 'l figliuolo non teme mai d'andare a la madre, anco corre a lei, singularmente quando si vede percuotare; e la madre el riceve in braccio e tienlo al petto suo e notricalo: poniamo che gattiva madre sia, non di meno sempre el portarò al petto de la carità. Siate sollecito e non negligente, sì che l'anima mia riceva letizia nel conspetto di Dio. Non ò avuto tempo di scrivarli. Benedicetelo cento migliaia volte da parte di Cristo Gesù.

Permanete ne la santa dilezione di Dio. Alessa e io Cecca vi ci mandiamo molto racomandando.



106

A Neri predetto in Fiorenza.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedere spegnere in te ogni negligenzia e ingratitudine, però che negligenzia non è senza ingratitudine: però che se l'anima fusse grata e cognoscente verso el suo Creatore, sarebbe sollicita, e non si lassarebbe fuggire el tempo fra le mani, ma con fame de la virtù furerebbe el tempo.

Voglio dunque, carissimo figliuolo, che col desiderio de la virtù, e con gratitudine de' benefizii ricevuti, esserciti sempre el tempo tuo, con umile e continua orazione. Altro non dico.

Bagnati nel sangue di Cristo crucifisso, e permani ne la santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



107

A Luisi di missere Luisi de' Ga lerani in Asciano.

Al nome di Cristo crucifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo fratello mio in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo a voi e confortovi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, con desiderio di vedervi cavaliere virile: che andiate inanzi come cavaliere virile non vollendovi adietro a schifare e' colpi, ma sempre andiate inanzi con vera e perfetta perseveranza, ché sapete che sola la perseveranza ell'è incoronata (Mt 10,22 Mt 24,13), ma none el cominciare.

E se vi sentiste stanco nel perseverare in questo campo de la battaglia, tollete, carissimo fratello in Cristo Gesù, tollete el gonfalone santo de la croce, el quale è una colonna fortissima due si riposa l'Agnello svenato per noi. In tanto è forte che ci tolle ogni debilezza, e tanto fortifica el cuore dell'uomo che né dimonia né creature el può muovare, se esso medesimo non vuole. E non me ne maraviglio, però che la fortezza dell'amore el teneva legato e chiavellato in sul legno de la santa croce. Ine su vi prego che vi leghiate, e così non potrete tornare indietro: ine trovarete fondate tutte le virtù; ine su trovarete Dio-Uomo, per l'unione de la natura divina con l'umana; ine trovarete l'abbondanzia de la divina carità, co' la quale egli à tratta la sposa dell'umana generazione delle mani del dimonio che la possedeva come adultera. O dolcissimo amore Gesù, che con la mano disarmata e confitta e chiavellata in croce, ài sconfitti e' nostri nemici! E' venne come nostra pace a pacificare l'uomo con Dio; e così disse santo Pavolo: «Io so' messo e legato di Cristo per voi: prego, fratelli carissimi, che vi riconciliate e facciate pace con lui (2Co 5,20), ch'egli è venuto come tramezzatore a mettare pace tra Dio e l'uomo» (Col 1,20). O dolce Gesù, bene è vero che tu se' nostra pace e tranquillità e riposo di conscienzia, e veruna amaritudine né tristizia può cadere in questa anima - né povertà - ne la quale abiti per grazia. Ma ragionevole cosa è ch'egli abbi perfetta letizia e piena ricchezza, però che Dio è somma letizia: non cade tristizia né amaritudine; è somma ricchezza la quale non viene meno: non v'à ladri che imbolino.

Adunque io vi prego carissimamente che siate sollecito, questo ponto del tempo che v'è rimaso, ché è gran consolazione el vivare bene e virtuosamente. E però vi dissi che io desideravo che fuste vero cavaliere, che non volleste mai indietro el santo proponimento cominciato, armato de le vere e reali virtù, appoggiato a la colonna de la santa croce, la quale vi difendarà d'ogni morsura e molestia di dimonio o di creatura che volesse ritrarvi da le virtù. Non date orecchie né crediate a' consegli de le criature che vi volessero ritrare dal santo proponimento: ma con la confessione spesso, usando con quella compagnia che v'aiti ad avere Dio per grazia. Non dico più. Bagnate la memoria vostra nell'abondanzia del sangue suo.

Confortatevi da parte di frate Bartalomeo e di Neri; racomandate loro e me a misser Biringhieri.

Permanete ne la santa pace di Dio.



108

A monna Giovanna di Capo e a Francesca, in Siena.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissime e carissime figliuole mie, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi tutte arse e consumate nel fuoco della divina carità, sì e per sì-fatto modo che ogni amore proprio e freddezza di cuore e tenebre di mente abbia a cacciare fuore.

Quale è la condizione della divina carità? è che sempre aduopera, e mai non si stanca, sì come l'usuraro: sempre guadagna el tempo per lui - se dorme guadagna, se mangia guadagna, e ciò che fa, guadagna e non perde mai tempo -. Questo non fa l'usuraro, ma il tesoro del tempo. Così fa la sposa inamorata di Cristo, arsa nella divina carità: sempre guadagna, e mai none sta oziosa. Egli dorme, e la carità lavora; mangiando, dormendo, veghiando, ciò che fa, d'ogni cosa trae el frutto. O carità piena di letizia, tu se' quella madre che nutrichi e' figliuoli delle virtù al petto tuo. Tu se' ricca sopra ogni ricchezza, in tanto che l'anima, che si veste di te, non può essere povara. Tu le doni la bellezza tua, però che la fai una cosa con teco; perché, come dice san Giovanni, Dio è carità, e chi sta in carità, sta in Dio e Dio in lui (1Jn 4,16).

O figliuole carissime, gaudio e letizia dell'anima mia, riguardate la eccellenzia e la degnità vostra, la quale riceveste da Dio per mezzo di questa madre della carità! Ché sì forte fu l'amore che Dio ebbe alla creatura, che 'l mosse a trare noi di sé, e donarci a noi medesimi la immagine e similitudine sua (Gn 1,26), solo perché noi godessimo e gustassimo lui, e participassimo l'etterna sua bellezza. Non ci fece animali senza intelletto e memoria; ma egli ci de' la memoria a ritenere e' benefizii suoi; e lo 'ntendimento ad intendare la somma ed etterna sua volontà, la quale non cerca né vuole altro che la nostra santificazione (1Th 4,3); e la volontà ad amarla.

Subito che l'occhio del conoscimento intende la volontà del Verbo - che vuole che 'l seguitiamo per la via della santissima croce (Mt 16,24 Mc 8,34 Lc 9,23 Mt 10,38 Lc 14,27), portando ogni pena, strazii, scherni e rimproverii per Cristo crocifisso, che è in noi che ci conforta (Ph 4,13) -, la volontà si leva subito, riscaldata dal fuoco di questa madre della carità, e corre ad amare quello che Dio ama, e odia quello che Dio odia, in tanto che non vuole cercare né desiderare né vestirsi altro che della etterna volontà di Dio. Poi ch'egli à inteso e veduto ch'egli non vuole altro che 'l nostro bene, vede che gli piace e vuole essere seguitato per la via della croce; è contento e gode di ciò che Dio permette, o per infermità o per povertà o ingiuria o villania, o obedienzia incomportabile e indiscreta: d'ogni cosa gode ed esulta, e vede che Dio el permette per sua utilità e perfezione. Non mi maraviglio se ella è privata della pena, però che ella à tolto da sé quella cosa che dà pena, cioè la propria volontà fondata nell'amore proprio, e vestito della volontà di Dio, fondata in carità.

E se voi mi diceste: «Madre mia, come ci vestiremo?», rispondovi: Con l'odio e con l'amore: ché l'amore fa vestire dell'amore; sì come colui che si veste che, per odio ch'egli à al vestimento vecchio, se lo spoglia tosto, e con l'amore si mette el nuovo in dosso. O el vestimento, figliuole mie, è quello che veste? no, anco è l'amore, però che 'l vestimento per sé medesimo non si mutarebbe, se la creatura non l'avesse preso per amore. Unde potremo ricevare questo odio? Solo dal conoscimento di noi medesime, vedendo noi non essere: el quale tolle ogni superbia e infonde vera umilità. El quale conoscimento fa trovare el lume e la larghezza della bontà di Dio e la sua inestimabile carità, el quale non è nascoso a noi; era bene nascoso alla grossità nostra, prima che 'l Verbo unigenito Figliuolo di Dio incarnasse, ma poi che volse essere nostro fratello (Rm 8,29) - vestendosi della grossità della nostra umanità - ci fu manifesto, essendo poi levato in alto acciò che 'l fuoco dell'amore fusse manifesto a ogni creatura, e tratto fusse il cuore per forza d'amore (Jn 12,32). Dunque bene è vero che l'amore transforma, e fa una cosa l'amato con colui che ama.

Or sollicite siate, figliuole mie, a distendare el braccio dell'amore a prendare e riponare nella memoria quello che lo intendimento à inteso. A questo modo sarà adempito el desiderio di Dio e mio in voi, cioè ch'io vi vedrò arse e consumate e vestite del fuoco della divina carità. Fate fate che vi notrichiate di sangue, ché tosto ne vengono i tempi nostri.

Non vi maravigliate se non ne siamo venute, ma tosto ne verremo, se piacerà alla divina bontà. Per alcuna utilità della Chiesa e volontà del padre santo ò sostentato un poco el mio venire. Priegovi e comandovi a voi, figliuole e figliuoli, che tutti preghiate, e offeriate orazioni sante e dolci desideri dinanzi a Dio per la santa Chiesa, però che molto è perseguitata. Non dico più.

Permanete etc. Gesù dolce etc.



109

Ad dominum abbatem Lesatensem nuntium apostolicum in Tuscia.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Venerabile padre spirituale in Cristo Gesù, io Caterina, indegna serva vostra e figliuola, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, racomandomi e scrivo a voi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, con desiderio di vedervi vero sacerdote, e membro legato nel corpo de la Chiesa santa.

O venerabile e carissimo padre in Cristo Gesù, quanto sarà beata l'anima vostra e mia, quando io vedrò che noi siamo legati nel fuoco de la divina carità, la quale carità sapete che dà el latte a' figliuoli suoi e notricali. Parmi che questo latte non si trae per altro modo che traga el fanciullo el latte del petto de la madre sua: per mezzo de la poppa trae el latte, e così si nutrica. Così sapete che l'anima nostra non può avere vita per altro modo che per mezzo di Cristo crocifisso: così disse la prima Verità: «Veruno può andare al Padre se non per me» (Jn 14,6). In uno altro luogo dice: «Io sono via, verità e vita (Jn 14,6), e chi va per me non va per la tenebre, anco va per la luce» (Jn 8,12).

O inestimabile dolcissima carità, quale è la via tua che tu eleggesti con tanto amore? Non vego che fusse onore né delizie né gloria umana, né amore propio di te medesimo, però che la carità non cerca le cose sue (1Co 13,5), ma solo l'onore di Dio e la salute de la creatura. La vita sua non fu altro che scherni e ingiurie e rimproveri e villanie: all'ultimo l'obrobriosa morte de la croce. Per questa via l'ànno seguitato e' santi, sì come membri legati e uniti con questo dolce capo Cristo Gesù, el quale è tanto dolce che nutrica e dà vita a tutte le membra che in esso capo sono legate.

E se noi diciamo: In che modo seguito questo dolce capo e legomi in lui? Sapete che con altro modo non si lega l'uomo che con legame, né non diventa una cosa col fuoco se non vi si gitta dentro, che ponto non ne rimanga di fuore. Or questo è quello vincolo dell'amore, col quale l'anima si lega con Cristo. O quanto è dolce legame, el quale legò el Figliuolo di Dio in su el legno de la santissima croce! Legato, si truova nel fuoco: li fa el fuoco de la divina carità nell'anima come el fuoco materiale, che scalda e allumina e converte in sé. O fuoco dolce trattivo, che scaldi e cacci via ogni freddezza di vizio e di peccato e d'amore proprio di sé medesimo! Questo caldo riscalda e accende questo legno arido de la nostra volontà; ella s'accende e distende a' dolci e amorosi desiderii, amando quello che Dio ama e odiando quello che Dio odia. E come l'anima vede sé essare tanto smisuratamente amata, e dato sé medesimo Agnello svenato in su el legno de la croce, dico che 'l fuoco l'allumina e non cade tenebre in liei: così l'anima alluminata a questo venerabile fuoco e tutto il distende, lo 'ntendimento, e dilarga.

E poi ch'à sentito e ricevuto el lume, sì discerne e vede quello che è ne la volontà di Dio, e non vuole seguitare altro che le vestigie di Cristo crocifisso, però che vede bene che per altra via e' non può andare, e non si vuole dilettare in altro che negli obbrobrii suoi. Allora, per mezzo de la carne di Cristo crocifisso, trae a sé el latte de la divina dolcezza, lume dolce, due non cade tenebre né pena per veruna amaritudine né tristizia che venga, però che 'l lume ricevuto dal fuoco vede che ogni cosa procede da Dio - eccetto che 'l peccato ed el vizio -: vede che Dio non vuole altro che la santificazione nostra (1Th 4,3). E per darci questa santificazione de la grazia, unì esso Dio e umiliossi all'uomo: la sua umilità stirpa la nostra superbia, egli è regola che tutti ci conviene seguitare.

Questo raguarda lo intendimento alluminato e vede, fermando l'occhio nell'occhio de la divina carità e bontà di Dio. Due la truova? dentro nel conoscimento di sé medesimo, ché vedesi none essare: l'essare suo à da Dio e per grazia e per amore, e non per debito. Subbito che 'l vostro intendimento entendarà a tanta bontà, nasciarà in lui una fonte viva di grazia, una vena d'oglio di profonda umilità, la quale non lassarà cadere né enfiare per superbia, né per veruno stato né gloria ched egli abbia, ma come buono pastore seguitarà le vestigie del maestro suo, sì come faceva quello santo e dolce Gregorio e gli altri che 'l seguiro, che, essendo e' maggiori, erano e' minori; non volevano essare serviti, anzi servire spiritualmente e temporalmente, più co' la buona vita che co' le parole.

Poi che lo intendimento à ricevuto el lume dal fuoco, per lo modo che detto è, convertelo in sé medesimo e diventa una cosa con lui: così la memoria diventa una cosa con Cristo crocifisso, che altro non può ritenere né dilettare né pensare, se non che del diletto suo che egli ama; ché l'amore ineffabile el quale e' vede che egli à a lui e a tutta l'umana generazione, subbito la memoria ritiene in sé, e diventa amatore di Dio e del prossimo suo, e 'n tanto che cento migliaia di volte ponrebbe la vita per lui. E non raguarda a utilità che traga da lui; solo perché vede che sommamente Dio ama la creatura, dilettasi d'amare quello ched egli ama. Adunque ben potiamo dire ched egli è drittamente fuoco, che scalda e allumina e converte in sé.

Acordansi in questo fuoco le tre potenzie dell'anima: la memoria, a ritenere e' benefizii di Dio; lo intendimento, a intendare la bontà e la volontà sua, sì come detto è; la volontà si distende ad amare per sì-fatto modo che non può altro amare, né desiderare veruna cosa fuore di lui. Tutte le sue operazioni sono dirizzate in lui, e non può vederle, ma sempre pensa di fare quella cosa che più piaccia al suo Creatore, perché vede che veruno sacrifizio gli è tanto piacevole quanto essare gustatore e mangiatore dell'anime.

Singularmente a voi, dolce padre, richiede egli, e a' vostri pari, questo zelo e sollecitudine. Questa è la via di Cristo crocifisso, che sempre ci darà el lume de la grazia; tenendo altra via, andaremmo di tenebre in tenebre: nell'ultimo a la morte etternale.

Ricevetti, dolce padre mio, la lettara vostra con grande consolazione e letizia, pensando che vi ricordiate di sì vile e misera creatura. Intesi ciò che diceva; rispondovi a la prima de le tre cose le quali m'adimandate: dico che 'l nostro dolce Cristo in terra - credo e pare nel conspetto di Dio - che due cose singulari, per le quali la sposa di Cristo si guasta, levasse via.

L'una si è la troppa tenerezza e sollecitudine de' parenti: el quale singularmente si convenrebbe che in tutto e per tutto e' vi fusse tutto mortificato; l'altra si è la troppa dolcezza fondata in troppa misericordia.

Oimé oimé, questa è la cagione ch'e' membri diventano putridi: per lo non correggiare. E singularmente l'à per male Cristo tre perversi vizii: della immundizia, della avarizia e de la infiata superbia, la quale regna, ne la Sposa di Cristo, ne' prelati che none attendono ad altro che a delizie, a stati e a grandissime ricchezze; vegono e' dimoni infernali portarne l'anime de' sudditi loro, e non se ne curano (Jn 10,12-13), perché sono fatti lupi, rivenditori de la divina grazia. Volrebbesi una forte giustizia a correggiarli, però che la troppa pietà è grandissima crudeltà, ma con giustizia e misericordia correggiare.

Bene vi dico, padre, ch'io spero per la bontà di Dio che questo suo difetto de la tenerezza de' parenti, per le molte orazioni e stimoli ch'egli averà da' servi di Dio, si cominciarà a levare. Non dico che la Sposa di Cristo non sia perseguitata, ma credo che rimanrà en fiore come die rimanere. Egli è bisogno che, a raconciare, al tutto si guasti infino a le fondamenta. E questo è 'l guastare ch'io voglio che voi intendiate, e none in altro modo.

All'altra che dite, che de' peccati vostri io chieda l'abbondanzia de la sua misericordia, sapete che Dio non vuole la morte del peccatore, ma vuole che si converta e viva (2P 3,9 Ez 33,11). Io, endegna vostra figliuola, m'ò recato e recarò el debito de' peccati vostri sopra di me - ensiememente e' vostri e' miei - ad ardare nel fuoco de la dolce carità, due si consumano; sì che sperate e tenete di fermo che la divina grazia ve gli à perdonati. Or pigliate uno ordine di bene vivare con virtù, tenendo piantato nel cuore vostro el crociato amore che egli à a voi, eleggendo inanzi la morte che offendare el suo Creatore, o tenere occhio che sia offeso da' sudditi vostri.

L'altra, cioè quand'io vi dissi che v'afadigaste ne la Chiesa santa, none intesi né non dico solamente de le fadighe che pigliaste sopra le cose temporali - poniamo che sia bene -, ma principalmente vi dovete fare insiememente col padre santo: farne ciò che voi potete, trare e' lupi e' dimoni incarnati de' pastori: a veruna cosa attendono se none in mangiare e belli palagi e belli giovini e grossi cavalli. Oimé, ché quello che Cristo acquistò in su el legno de la croce, sì si spenderà con le meretrici.

Pregovi che, se ne doveste morire, che voi diciate al padre santo che ponga rimedio a tante iniquità, e, quando venrà el tempo di fare e' pastori e' cardenali, che non si faccino per lusinghe né per denari né simonia; ma pregatelo, quanto potete, ch'egli attendi e miri se truova la virtù, e buona e santa fama nell'uomo. Non miri più a gentile che a mercennaio, ché la virtù è quella cosa che fa l'uomo gentile e piacevole a Dio. Questa è quella fadiga, dolce padre, ch'io vi prego e pregai che voi sosteneste, e poniamo che l'altre fadighe sieno buone, ma questa è quella fadiga che è ottima. Altro per ora non dico. Perdonate a la mia presunzione. Racomandomivi cento migliaia di volte in Cristo Gesù.

Sienvi a mente e' fatti di misser Antonio. Se vedete costà l'arcivescovo, sì me li racomandate quanto più potete.

Permanete ne la santa dilezione di Cristo Gesù. Gesù Gesù.



110

A madonna Stricca donna di Cione di Sandro de' Salimbeni.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi serva fedele del vostro Creatore, fondata in vera e santa pazienzia. E pensate che in altro modo non potreste piacere a Dio.

Noi siamo pellegrini e viandanti (He 11,13 1P 2,11) in questa vita, e senza alcuna stanzia di tempo corriamo verso el termine de la morte, onde ci conviene avere el lume della santissima fede, a ciò che, senza impedimento di tenebre, potiamo giognere al termine nostro. Ma vuole essere fede viva, cioè con sante e buone operazioni, però che dicono e' santi che la fede senza l'opera è morta (Jc 2,26).

Poi che noi aviamo creduto che Dio è Dio, e che elli ci à creati alla imagine e similitudine sua (Gn 1,26), e che elli ci à dato el Verbo dell'unigenito suo Figliuolo, nato del ventre dolce di Maria, e morto in su el legno della santissima croce per tollarci la morte e darci la vita de la grazia (la quale perdemmo per la disobedienzia di Adam; e con l'obedienzia del Verbo tutti contraiamo la grazia, sì come in prima contraemmo tutti la morte per lo primo peccato), subbito allora che l'anima à acquistato così dolcemente el lume della fede, vedendo tanto amore ineffabile quanto Dio le porta (e per darci anco speranza della nostra resurrezione, la quale avaremo nell'ultimo dì del giudicio, elli à manifestata la resurrezione sua), l'anima s'innamora a tanto lume e a tanta dolcezza d'amore quanto vede che Dio gli à.

E comincia a vedere con questo medesimo occhio, che Dio non vuole altro che la nostra santificazione (1Th 4,3); e ciò che elli ci dà e permette in questa vita, dà per questo fine; e tribulazioni e consolazioni, ingiurie, scherni e villania, persecuzioni dal mondo e tentazioni dal dimonio, fame e sete, infermità e povertà, prosperità e delizie, e ogni cosa, permette per nostro bene. La ricchezza ci permette perché ne siamo dispensatori a' povari; le delizie e stati del mondo, non perché noi leviamo el capo per superbia, anco molto maggiormente ci doviamo umiliare, con uno santo ringraziamento della divina bontà; la tribolazione - da qualunque lato ella viene - e povertà, ce la dona perché noi veniamo a vera e perfetta pazienzia, e perché cognosciamo la poca fermezza e stabilità del mondo, a ciò che noi ne leviamo l'affetto e 'l desiderio nostro e sia posto solamente in Dio, con le vere e reali virtù.

E così ricevaremo el frutto delle nostre fadighe; però che ogni fadiga che noi sosteniamo per lo suo amore è remunerata, e serbatoci el frutto nella vita durabile, dove à vita senza morte e luce senza tenebre, sazietà senza fastidio, e fame senza pena (così dice santo Agustino: dilonga è el fastidio dalla sazietà, e dilonga è la pena da la fame): nell'altra vita ogni bene è remunerato, e ogni colpa è punita.

Adunque l'anima che à questa viva fede, parturisce le vere e sante operazioni, ed è veramente paziente a sostenere ogni pena e fadiga per Dio e per remessione de' peccati suoi; anco à in reverenzia ogni pena, considerando chi è colui che le dà, e perché le dà, e a cui le dà. Chi è colui che le dà? è Dio, somma ed etterna bontà; non per odio, ma per singulare amore. Così disse elli a' discepoli suoi: «Io vi mando a essere perseguitati e martirizzati nel mondo, non per odio, ma per singulare amore. E di quello amore che el Padre mio à amato me, di quello io amo voi (Jn 15,9), però che - perché elli m'amasse di singulare amore - elli mi mandò a sostenere la pena oprobiosa della santissima croce». Dico: perché le dà? Per amore, come detto è, e per nostra santificazione, a ciò che siamo santificati in lui. Noi chi siamo, a cui sono date queste fadighe? Siamo coloro che non siamo; ma per la colpa nostra siamo degni di cento migliaia d'onferni, se tanti ne potessimo ricevere. Però che, perché noi offendiamo el bene infinito, dovarebbe seguitare una pena infinita; e Dio per misericordia ci punisce nel tempo finito, dandoci pena finita, però che tanto bastano le tribulazioni in questa vita, quanto el tempo, e più no; e però ogni grande fadiga è piccola per la brevità del tempo.

El tempo nostro, dicono e' santi, è quanto una punta d'aco; la vita de l'uomo è non cavelle, tanto è poca.

Adunque ogni grande fadiga è piccola: la fadiga che è passata, noi non l'aviamo; e quella che debba venire, noi non siamo sicuri d'averla, perché non siamo sicuri d'avere el tempo. Solo dunque questo punto del presente c'è, e più no. Or su, figliuola dolcissima, levatevi dal sonno; e non dormiamo più, ma seguitate con fede viva le vestigie di Cristo crucifisso, con vera e santa pazienzia. Bagnatevi nel sangue di Cristo crucifisso. Altro non dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



111

A madonna Biancina, donna che fu di Giovanni d'Agnolino.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi spogliato il cuore e l'affetto vostro del mondo e di voi medesima, però che in altro modo non vi potreste vestire di Cristo crocifisso; però che il mondo e Dio non ànno conformità insieme.

L'affetto disordinato del mondo ama la superbia, e Dio l'umilità; egli cerca onore stato e grandezza, e Cristo benedetto le dispregiò, abracciando vergogne scherni e villanie, fame e sete, freddo e caldo, infino alla obbrobriosa morte della croce: e con essa morte rendé onore al Padre e noi fummo restituiti a grazia.

Egli cerca di piacere alle creature, non curando di dispiacere al Creatore; e Cristo non cercò mai se non di compire l'obedienzia del Padre eterno per la nostra salute. Egli abracciò e vestissi della povertà voluntaria; e il mondo cerca le grandi ricchezze. Bene è dunque differente l'uno dall'altro; e però di necessità è che se il cuore è vestito del mondo, sia spogliato di Dio, e se egli è spogliato del mondo, sia pieno di Dio. Così disse il nostro Salvatore: «Niuno può servire a due signori, ché se serve a l'uno, è in contempto a l'altro» (Mt 6,24 Lc 16,13). Dobiamo dunque con grande sollicitudine levare il cuore e l'affetto da questo tiranno del mondo, e ponerlo tutto libero e schietto sanza veruno mezzo in Dio: non doppio, né amare fittivamente, però che egli è il dolce Dio nostro, che tiene l'occhio suo sopra di noi, e vede l'occulto secreto del cuore.

Troppo è grande simplicità e mattezza la nostra, che noi vediamo che Dio ci vede ed è giusto giudice, che ogni colpa punisce e ogni bene remunera; e noi stiamo come accecati sanza veruno timore, aspettando quel tempo che noi non abiamo, né siamo sicuri d'avere. E sempre ci andiamo attaccando: se Dio ci taglia uno ramo, e noi ne pigliamo un altro. E più ci curiamo di queste cose transitorie che passano come il vento e delle creature, di non perderle, che noi non ci curiamo di perdere Dio. Tutto questo adiviene per lo disordinato amore che noi ci abiamo posto, tenendole e possedendole fuori della voluntà di Dio. In questa vita ne gustiamo l'arra de l'inferno; perché Dio à permesso che chi disordinatamente ama, sia incomportabile a sé medesimo. Sempre à guerra nell'anima e nel corpo. Pena porta per quello che à, per timore che egli à di non perderlo; e per conservarlo, che non gli venga meno, s'affatiga il dì e la notte.

Pena porta di quello che non à, perché appetisce d'avere, e non avendo à pena. E così l'anima mai non si quieta in queste cose del mondo, perché sono tutte meno di sé. Elle sono fatte per noi, e non noi per loro; ma noi siamo fatti per Dio, acciò che gustiamo il suo sommo ed eterno bene.

Solo adunque Dio la può saziare; in lui si pacifica, e in lui si riposa, però che ella non può desiderare né volere veruna cosa, che ella non la truovi in Dio. Trovandola non le manca che in lui non truovi la sapienzia e la bontà a sapergliele e volergliele dare. E noi il proviamo: che non tanto che egli ci dia adimandando, ma egli ci dié prima che noi fossimo, ché, non pregandolne mai, ci creò alla imagine e similitudine sua (Gn 1,26), e ricreocci a grazia nel sangue del suo Figliuolo. Sì che l'anima si pacifica in lui, e non in altro: perché egli è colui che è somma ricchezza, somma sapienzia, somma bontà e somma bellezza. Egli è un bene inestimabile, che niuno è che possa stimare la bontà, grandezza e diletto suo; ma esso medesimo si comprende e si stima. Sì che egli sa, può e vuole saziare e adempire i santi desiderii di chi si vuole spogliare del mondo, e vestirsi di lui.

Adunque non voglio che dormiamo più, carissima madre, ma destianci dal sonno, ché 'l tempo nostro s'approssima verso la morte continuamente. Le cose transitorie e temporali, e le creature, voglio che teniate per uso, amandole e tenendole come cose prestate a voi, e non come cosa vostra. Questo farete traendone l'affetto, e altrimenti no. Traresene conviene, se voliamo participare il frutto del sangue di Cristo crocifisso. Considerando io che altra via non ci è, dissi che io desiderava di vedere il cuore e l'affetto vostro spogliato del mondo: a questo mi pare che Dio v'inviti continuamente etc.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



112

A la contessa Bandecca, figliuola che fu di Giovanni d'Agnolino de' Salimbeni da Siena.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi serva e sposa di Cristo crucifisso, considerando me che 'l servire a Dio non è essere servo, ma regnare: non è fatta come la perversa servitudine del mondo, la quale servitudine fa invilire la creatura e falla serva e schiava del peccato e del demonio, el quale peccato, che è non cavelle, fa venire l'uomo a non cavelle.

Sappi, carissima e dolce figliuola, che l'anima che serve a le creature e a le ricchezze fuore di Dio - cioè che disordinatamente appetisce e desidera le ricchezze stati e delizie del mondo e vanità, con piacere di sé medesimo, che tutte sono vane e senza veruna fermezza o stabilità, sì come la foglia che si vòlle al vento -, cade ne la morte e avilisce sé medesima, però che si sottomette a quelle cose che sono minori di sé: ché tutte quante le cose create sono fatte in servigio de la creatura, e la creatura che à in sé ragione è fatta per servire al suo Creatore. E però noi c'inganniamo, ché quanto più l'uomo appetisce queste cose transitorie, tanto più perde quella dolce signoria che s'acquista per servire al suo Creatore, e sottomettesi a quella cosa che non è - ché amando disordinatamente fuore di Dio, offende Dio -: sì che bene è verità che per la servitudine del mondo veniamo a non cavelle.

Oh come è matto e stolto colui che si dà a servire colui che non tiene signoria se non di quella cosa che non è, cioè del peccato! El demonio non signoreggia se non coloro che sono operatori de le iniquitadi; e in che modo gli signoreggia? Per tormento, dando-lo' suplicio ne la eterna dannazione. E 'l mondo - ciò sono i disordinati affetti che noi poniamo al mondo, ché le cose del mondo in sé sono buone, ma la mala volontà di chi l'usa le fa gattive, tenendole e desiderandole senza timore di Dio, le quali cose sono i famigli che ci legano in tormento col demonio: dico che questa servitudine dà la morte; tolle el lume de la ragione, e dà tenebre; tolle la ricchezza de la grazia, e dà la povertà del vizio.

Non voglio, figliuola mia, poiché tanto è pericoloso, che tu ti dia a la perversa servitudine del mondo, ma voglio che tu sia vera serva di Cristo crocifisso, el quale t'à ricomprata del prezioso sangue suo. Egli è il dolce Dio nostro, che ci creò a la imagine e similitudine sua (Gn 1,26), egli ci à donato el Verbo dell'unigenito suo Figliuolo per tollerci la morte e darci la vita; col sangue suo ci tolse la servitudine del peccato, e àcci fatti liberi traendoci de la signoria del demonio che ci possedeva come suoi. El sangue ci à fatti forti, e àcci messi in possessione di vita eterna, però che i chiovi ci sono fatti chiave che à disserrata la porta che stava chiusa per lo peccato che era commesso. Questo dolce Verbo, salendo a cavallo in su el legno de la santissima croce, come vero cavaliere à sconfitti i nemici e messi noi in possessione de la vita durabile, per sì-fatto modo che né demonio né creatura ce la può tòllere se noi non vogliamo. Adunque bene è dolce questa servitudine, e senza questa servitudine non possiamo participare la divina grazia, e però dissi che io desideravo di vederti serva e sposa di Cristo crocifisso.

Subbito che tu se' fatta serva - però che el servire a Dio è regnare - a mano a mano diventi sposa; voglio dunque che tu sia sposa fedele che tu non ti parta da lo Sposo tuo, amando né desiderando veruna cosa fuore di Dio. Ama questo dolce e glorioso Sposo che t'à data la vita, e non muore mai; gli altri sposi muoiono, e passano come el vento, e spesse volte sono cagione de la morte nostra. E tu ài provato che fermezza egli à, ché in picciolo tempo due calci t'à dato el mondo: questo à permesso la divina bontà perché tu fugga dal mondo, e refugga a lui sì come a padre e sposo tuo. Fugge el veleno del mondo, che ti si mostra uno fiore; mostrasi uno fanciullo, ed egli è uno vecchio; mostra la longa vita, e ella è breve; pare che egli abbi alcuna fermezza, e egli è volubile, sì come la foglia che si vòlle al vento. Tu ài bene veduto che fermezza non ebbe in te; e così ti pensa che ti farà el simile se tu te ne fidi più, ché così è mortale l'ultimo come el primo.

Levati su da ogni tenerezza e amore proprio di te, e entra ne le piaghe di Cristo crocifisso, dove è perfetta e vera sicurtà. Egli è quello luogo dolce dove la sposa empie la lampana del cuore suo - ché drittamente el cuore è una lampana -: el quale debba essere sì come la lampana, che è stretta da piei e larga da capo; cioè che il desiderio e affetto suo sia ristretto al mondo, e largo di sopra: cioè dilargare el cuore e l'affetto suo in Cristo crocifisso, amandolo e temendolo con vera e santa sollicitudine. Allora empirai questa lampana al costato di Cristo crocifisso, trovando el fuoco de la divina carità el quale t'è manifesto per le piaghe di Cristo; e il costato ti mostra el secreto del cuore, che quello che egli à dato e fatto a noi, à fatto per proprio amore. Ine si truova la vera e profonda umilità, che è l'olio che nutrica el fuoco e il lume nel cuore de la sposa di Cristo.

Che maggiore larghezza d'amore puoi trovare, che vedere che egli abbi posta la vita per te? E che maggiore bassezza si può vedere o si trovò mai, che vedere Dio umiliato all'uomo, e Dio e Uomo corso alla obbrobriosa morte de la croce? Questa umilità confonde ogni superbia delizie e grandezze del mondo; questa è quella virtù piccola che è baglia e nutrice de la carità. Allora è ricevuta la sposa da lo Sposo suo, e messa ne la camera dove si truova la mensa el cibo e il servidore. La camera è la divina essenzia, dove si notricano i veri gustatori: ine si gusta el Padre eterno, che è mensa; e il Figliuolo è il cibo; e lo Spirito santo ci serve; e così gusta e si sazia l'anima, in verità, dell'eterna visione di Dio.

Or non dormire più, destati dal sonno de le delizie del mondo, e seguita el tuo diletto Cristo; e non aspettare el tempo, ché tu non se' sicura d'averlo, però che ti viene meno. Ché tale ora crediamo noi vivere, che ne viene la morte e tolleci el tempo; e però chi fusse savio non perderebbe el tempo che egli à per quello che non à.

Risponde a Dio che ti chiama, col cuore fermo e stabile; e non credere né a madre né a suoro né a fratello né a corpo di creatura che ti volesse impedire, ché tu sai che in questo non doviamo essere obedienti a loro. E così dice el nostro Salvatore: «Chi non renunzia al padre e a la madre, a suoro e a fratelli (Mt 10,37 Lc 14,26), e a sé medesimo (Lc 14,26 Mt 16,24 Mc 8,34 Lc 9,23), non è degno di me».

Conviensi dunque renunziare a tutto el mondo e a sé medesimo, e seguitare el gonfalone de la santissima croce. Altro non dico.

Permane ne la santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

A te dico, figliuola mia, che se tu vorrai essere sposa vera del tuo Creatore, che tu esca de la casa del padre tuo; e disponti di venire, quando el luogo sarà fatto che già è cominciato e fassi di forza - cioè el monasterio di Santa Maria degli Angeli a Belcaro -: se tu el farai, giognerai in terra di promissione. Altro non dico. Dio ti riempia de la sua dolcissima grazia.




Caterina, Lettere 105