Caterina, Lettere 161

161

A monna Nella donna che fu di Nicolò de' Buonconti da Pisa, e a monna Caterina donna di Gherardo di Nicolò predetto.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre monna Nella e Caterina in Cristo Gesù, io Caterina serva e schiava de' servi di Gesù Cristo vi conforto e benedico nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, con desiderio di vedervi unite e legate col vincolo de la carità, el quale tenne confitto e chiavellato el Figliuolo di Dio in croce.

O inestimabile dolcissima carità, quanto è forte questo legame che tiene Dio e Uomo piagato e lacerato in sul legno de la croce: ine portò e' pesi de le nostre iniquità, ine si fabbricarono; come l'ancudine sotto el martello, così è fabbricata l'anima ne le pene di Cristo per mezzo del fuoco de la sua carità. O unione dolce e perfetta la quale tu Dio ài fatto con l'uomo! Voglio dunque che vi leviate con perfetta sollecitudine: fate una unione che non sia né dimonia né creatura che vi possa separare: questa è quella unione e quello comandamento el quale Dio ci lassò perché none aveva più cara cosa che dare.

Or ecci più cara cosa che avere Dio e stare in questa perfetta unione de la carità di Dio? Però che Dio è carità (1Jn 4,8), chi sta in carità sta in Dio e Dio in lui. Così disse la prima Verità: chi osservarà la mia parola, starò in lui ed elli in me, e manifestarò me medesimo a lui (Jn 14,21-23). O dolcissimo amore, che siamo noi che tu manifestarai te medesimo all'uomo? che manifestazione è questa che tu fai nell'anima? non è altro se none uno ineffabile amore el quale è una madre che concepe l'odore de le virtù.

E come la madre notrica al petto e' figliuoli suoi, così la madre de la carità notrica e' figliuoli e raporta el frutto ne la vita durabile.

Adunque con perfettissima sollecitudine levatevi suso, dolcissima madre e figliuola, seguitate le virtù, riposatevi a questo glorioso petto de la carità. E se mi diceste: «in che modo posso trovare questa gloriosa madre?», dicovelo: in sull'arbore de la venerabile e santissima croce, du' fu innestato el Verbo incarnato del Figliuolo di Dio, ine trovarete uperta la vena del sangue del Figliuolo di Dio, sparto con tanto fuoco d'amore, vollendo l'occhio dello intendimento vostro inverso la divina carità che continuamente si riposa verso di noi: non si potrà tenere el cuore che non ami quando tanto si vedrà amare. A mano a mano seguita uno odio e dispiacimento di voi medesime e dispiacimento del mondo che spregiarete le dilizie e gli onori; abbraccicarete ingiurie e vergogne e agevolissimamente portarete, raguardando le 'ngiurie e gli scherni del vostro Creatore.

O quanto è ignorante e villano quel cuore che vuole tenere per altra via che tenesse el maestro suo, con-ciò-sia-cosa-che chi vuole la vita durabile gli conviene seguitare le vestigie sue. Così disse elli: «Io so' via verità e vita (Jn 14,6), chi va per me non va per la tenebre ma giugne a la luce» (Jn 8,12). In uno altro luogo dice: «Neuno non può andare al Padre se non per me» (Jn 14,6). Adunque da poi che noi vediamo tanto amore fondato nell'anima nostra, e la necessità ci stregne a levare l'affetto e'l desiderio nostro dal secolo - ch'è pieno di tenebre e d'amaritudine senza neuna fermezza e stabilità, e neuna conformità à con Cristo crocifisso: Cristo è vita, elli è morte - virilmente ci leviamo, carissima madre e figliuola; e abandonate la pompa e la vanità del secolo, sì che nel ponto del tempo, dolendoci del tempo perduto, el restituiamo nel tempo presente ch'avete: pensate che 'l tempo ci sarà richiesto nell'ultima 'stremità de la morte.

O quanta confusione sarà a colui che negligentemente e iniquamente avrà speso el tempo suo! Non voglio che aspettiamo questa confusione, ma che noi viviamo con tanta virtù che, consumata la vita, noi ci torniamo col frutto de le virtù, co' la madre dolce de la carità, in quella città vera di Ierusalem. Ine ci riposaremo in quella visione de la pace dove à vita senza morte, luce senza tenebre, sazietà senza fastidio, fame senza pena. O quanto è benigno e dolce lo Dio nostro che per lassare le cose finite ci dona le cose infinite! Non più negligenzia né ingratitudine, ma seguitiamo le vestigie di Cristo crucifisso. Amatevi amatevi insieme, dilettissima madre e suoro.

Permanete ne la santa dilezione. Laudato sia Gesù Cristo.



162

A monna Franceschina e a monna Caterina e a due altre loro compagne spirituali in Lucca.

Al nome di Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi dilettissime e carissime figliuole e suoro mie in Cristo Gesù: io Caterina serva e schiava de' servi di Dio scrivo a voi e confortovi tutte nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, con desiderio di vedervi vere figliuole e spose consecrate a lo sposo etterno che con tanto fuoco di carità à data la vita per noi.

Così fate che virilmente con ardentissimo desiderio seguitate el gonfalone de la santissima croce: cioè seguitare le vestigie sue per via di pene e di crociati e amorosi desideri, però che la sposa e 'l figliuolo sempre si debba dilettare in seguitare el padre e sposo suo, e se egli à pena egli si conforma con pena, e se egli à diletto egli si conforma con diletto, sì come disse l'appostolo inamorato di Pavolo di sé medesimo: «Io godo con coloro che godono e piango con coloro che piangono». Questo fa l'anima che sta in perfetta carità: facendo così s'adempie in lei la parola d'esso Pavolo: «chi participa la tribolazione, cioè la croce di Cristo, sì participarà le consolazioni» cioè in gloria con Cristo. Ragionevolmente Dio lo' darà la eredità sua però che per amore ànno lassata la eredità e sollecitudine del mondo, lassato el diletto e le consolazioni mondane, e seguitato la croce di Cristo crocifisso e abbracciate pene e obrobii e vitoperii per l'amore suo.

Or questo è quello fuoco, carissime mie figliuole, in che l'anima debba ardare per infiammati e amorosi desideri; e in altro non si debba dilettare però che ogni altra via è scura e tenebrosa a noi, e conduce l'anima in morte etternale. Non siate adunque negligenti ma sollecite in questa dolce e dritta via, Cristo Gesù. Così disse egli: «Io so' via verità e vita, chi va per me va per la luce e non per la tenebre e perviene a la vera vita, la quale non gli sarà tolta in etterno». Non caggia ignoranzia né amore propio in voi però ch'ella è quella cagione che non lassa corrire l'anima, ma rimane legata tra via e sempre si vòlle indietro a mirare l'arato. Ma la vera sposa e figliuola che è sollecita non si vòlle mai indietro ma sempre corre inanzi con l'oglio de la vera umilità e col fuoco dell'ardentissima carità; questo è el suo studio e con questo si rapresenta e sempre serve al suo dolcissimo salvatore.

Pregovi per l'amore di Cristo crocifisso che, poi che il nostro dolce e buono Gesù è tanto cortese e largo, noi non c'indugiamo più, ma rechianci per le mani la brevità del tempo nostro e ricovariamo con dolore e amaritudine santa, dolendoci del tempo perduto speso con poca sollecitudine. In questo modo racquistaremo el tempo passato. Non dico più. Prego la prima Verità che vi cresca di virtù in virtù infino che giogniate al termine due è vita senza morte, sazietà senza fastidio, letizia senza tristizia, due è ogni bene senza alcuno male. La pace di Dio sia sempre nell'anime vostre.

Permanete ne la santa dilezione di Dio. Gesù dolce Gesù Gesù.



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A monna Franceschina in Lucca.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissima e carissima suoro in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo e confortovi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vera serva e figliuola del dolce e buono Gesù, bagnata e vestita del sangue del Figliuolo di Dio, a ciò che ogni vestimento d'amore proprio sia partito da voi, e ogni negligenzia e ignoranzia.

Unde io voglio che seguitiate questa dolce e inamorata di Magdalena, la quale non si staccò mai dall'arbore della santissima croce, ma con perseveranzia ella si bagnava e inebriava del sangue del Figliuolo di Dio; e tanto s'empì la memoria e 'l cuore e lo intendimento che mai non si poté vòllere ad amare altra cosa che Cristo Gesù. Così voglio che facciate voi infine all'ultimo de la vita vostra, crescendo di virtù in virtù e non ristandosi in perseverare le giornate, e, come vero peregrino, non vollendosi adietro per veruna stanchezza.

E non vi ponete a sedere per negligenzia, ma voglio che pigliate el bastone della santissima croce, dove sono piantate e fondate tutte le virtù, raguardando l'Agnello svenato per noi con tanto ardentissimo fuoco che dovarebbe ardere e consumare ogni freddezza e durezza di cuore e amore proprio di sé medesimo el quale fusse nell'anima. O come potrà fare la sposa che non seguiti le vestigie dello sposo suo, cioè con amore sostenere e andare per la via de le pene, per qualunque modo Dio ce le concede? Or vi levate su con una pazienzia e vera umilità a seguitare l'Agnello mansueto, con cuore liberale largo e caritativo, e abandonare voi per lui, imparando da esso Gesù, che per darci la vita de la grazia perdé l'amore del corpo suo; e in segno di larghezza elli aperse tutto sé medesimo, e, poi che fu morto, in segno d'amore del costato suo fece bagno.

Volete stare sicura? Or vi nascondete dentro a questo costato, e guardate che di questo cuore partito voi non siate trovata fuore. Bene che, se voi v'entrate, voi trovarete tanto diletto e dolcezza che non vi vorrete mai partire, però che ella è una bottiga aperta piena di speziaria, con abondanzia di misericordia, la quale misericordia dà grazia e conduce a la vita durabile, dove è vita senza morte, sazietà senza fastidio e fame senza pena, letizia perfetta e compita senza veruna amaritudine: ine è saziato el gusto e l'appetito de la creatura. O inestimabile e ineffabile carità, chi ti costrinse a darci questo vero bene? solo lo smisurato tuo amore col quale tu creasti la tua creatura, non per debito che tu avessi: però che noi siamo obligati a te, non tu a noi.

Ma pensate, dilettissima suoro in Cristo dolce Gesù, che l'anima non può venire a tanto bene di vedere Dio, se prima in questa vita non s'ingegna di gustarlo per ardentissimo e affocato amore, el quale amore inchiude e trae a sé tutte le virtù. Non manca virtù all'anima che è ferita da la saetta de la divina carità, la quale carità s'acquista a la mensa de la santissima croce, dove è l'Agnello immaculato, el quale è mensa cibo e servidore. Or come si potrebbe tenere l'anima che non amasse el suo dolce Salvatore, vedendosi tanto amare da lui? Usanza e consuetudine è dell'amore che sempre rende amore per amore, e è trasformata la cosa che ama ne l'amato. Così l'anima sposa di Cristo, che si vede amata da lui, dimostra che gli voglia rendere cambio, rendendoli amore: cioè che per amore voglia portare pene e obbrobrii per lui; e così si trasforma e diventa una cosa con lui per amore e per desiderio: ama ciò che Dio ama e odia ciò che Dio odia, perciò che vede che il dolce Gesù sommamente si dilettò di portare la croce de le molte fadighe per amore de l'onore del Padre e de la nostra salute, come mangiatore e gustatore dell'anime. E a questo modo cel conviene gustare a noi, e conformarci con lui. Or corriamo, e non dormiamo più nel letto de la negligenzia, ad andare a questo vero bene. Altro non dico.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



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A monna Melina donna di Bartolomeo Barbani da Lucca.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce, madre del Figliuolo di Dio.

A te, figliuola in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo e conforto voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi unite e transformate nel fuoco della divina carità, sì e per sì-fatto modo che non sia creatura né veruna altra cosa che da essa carità vi parta.

Sai, diletta e cara figliuola mia, che a volere unire due cose insieme non conviene che vi sia mezzo, ché se mezzo v'è, non può essere perfetta unione. Or così ti pensa che Dio vuole l'anima: senza mezzo d'amore proprio di sé o di creatura, però che Dio ama noi senza veruno mezzo; largo e liberale amò per grazia e non per debito, amando senza essere amato. Di questo amore non può amare l'uomo, però che egli è sempre tenuto d'amare di debito, participando e ricevendo sempre i benefizii di Dio e la bontà sua in lui.

Doviamo dunque amare del secondo amore, e questo sia sì netto e libero che neuna cosa ami fuore di Dio, né creatura né cosa creata, né spiritualmente né temporalmente.

E se tu mi dici: Come posso avere questo amore? dicoti, figliuola, che noi nol potiamo avere, né trare altro che dalla fonte della prima Verità. A questa fonte trovarai la dignità e bellezza dell'anima tua: vedrai el Verbo, Agnello svenato, che ti s'è dato in cibo e in prezzo, mosso solo dal fuoco della sua carità, non per servizio che avesse ricevuto da l'uomo, ché non n'aveva avuto altro che offesa. Dico adunque che l'anima, raguardando in questa fonte, assetata e affamata della virtù, beie subbito, non vedendo né amando sé per sé, né veruna cosa per sé: ogni cosa vede nella fonte della bontà di Dio, e per lui ama ciò che ama, e senza lui nulla.

Or come potrebbe allora l'anima, che à veduta tanta smisurata bontà di Dio, tenersi che none amasse? A questo parbe che la prima dolce Verità c'invitasse, quando gridò nel tempio con ardore di cuore, dicendo: «Chi à sete venga a me e beia, ché so' fonte d'acqua viva» (Jn 7,37). Vedi, figliuola, che gli assetati sono invitati; non dice: chi non à sete, ma: chi à sete. Richiede dunque Dio che noi portiamo el vasello del libero arbitrio con sete e volontà d'amare. Andiamo all'amore della dolce bontà di Dio, come detto è, e in questa fonte trovaremo el cognoscimento di noi e di Dio; nel quale attufando el vasello suo, ne trarrà l'acqua della divina grazia, la quale è sufficiente a dargli la vita durabile. Ma pensa che per la via non potremmo andare col mezzo del peso, e però non voglio che tu ti vesta d'amore di me, né di veruna creatura, se non di Dio.

Questo ti dico perché ò udito, secondo che mi scrivi, la pena che sostenesti della mia partita: voglio che impari dalla prima dolce Verità, che non lassò per tenerezza di madre, né per veruno de' discepoli suoi, che non corrisse, come inamorato, all'obrobiosa morte della croce, lassando Maria e' discepoli suoi, e non di meno gli amava smisuratamente; che per più onore di Dio e salute della creatura si partivano, perché none attendevano a loro medesimi ma rifiutavano le consolazioni proprie, per loda e gloria di Dio, sì come mangiatori e gustatori dell'anime. Debbi credare che, al tempo che elli erano tanto tribulati, sarebbero stati volentieri con Maria, ché sommamente l'amavano; e non di meno tutti si partono perché non amano loro per loro, né el prossimo per loro, né Dio per loro, ma amavanlo perché era degno d'amore e sommamente buono: ogni cosa, e 'l prossimo e loro, amavano in Dio. Or a questo modo tu e l'altre voglio che amiate; raguardatemi solo in dare l'onore a Dio, e dare la fadiga al prossimo vostro. Ché, perché egli vi paia alcuna malagevolezza di vedere partita quella cosa che altri ama, non di meno ella si piglia senza tedio, se egli è vero amore, fondato solo nell'onore di Dio, e raguarda più alla salute dell'anime che a sé medesimo.

Fate, fate che io non vegga più pene, però che questo sarebbe uno mezzo che non vi lassarebbe unire né conformare con Cristo.

Considerando me che Dio, come egli s'è dato libero, così richiede, e però dissi che io volevo che tu e l'altre care figliuole mie fuste unite e trasformate in Dio per amore, traendone ogni mezzo che l'avesse a impedire: solo el mezzo della divina carità, che è quello dolce e glorioso mezzo che non divide ma unisce.

E veramente pare che faccia come el maestro che edifica el muro, che rauna molte pietre e combaciale insieme, e insiememente è chiamato pietra e muro; e questo à fatto col mezzo della calcina: se non v'avesse posto el mezzo, sarebbero cadute, partite e rotte più che mai. Or così ti pensa che l'anima nostra debba raunare tutte le creature, e unirsi con loro per amore e desiderio della salute loro, sì che sieno participi del sangue dell'Agnello; allora si conserva questo muro: sono molte creature e sono una. A questo parbe che c'invitasse santo Paulo, quando disse che molti corrono el palio, e uno è quelli che l'à (1Co 9,24), cioè colui che à preso questo mezzo della divina carità. Ma tu potresti dire a me come dissero i discepoli a Cristo, quando disse: «Uno poco starete e voi non mi vedrete, e uno poco e voi mi vedarete».

Essi risposero: Che farà costui? che dice egli: «Uno poco e voi non mi vedarete, e uno poco e voi mi vedarete»? Così potreste dire voi: Tu ci dici che Dio non vuole mezzo, e ora dici che noi poniamo el mezzo. Rispondoti e così ti dico, che tu vadi col mezzo del fuoco della divina carità, el quale è quello mezzo che non è mezzo, ma fassi una cosa con lui, sì come el legno che si mette nel fuoco. Dirai tu che el legno sia legno? no, anco è fatto una cosa col fuoco. Ma se metteste el mezzo dell'amore proprio di voi medesime, questo sarebbe quello mezzo che vi tolle Dio, e non di meno è non cavelle, però che il peccato è nulla, e in altro non sono fondati e' peccati se non nell'amore proprio e piaceri e diletti fuore di Dio; ché, come dalla carità procede e dà vita ogni virtù, così da questo procede ogni vizio e dà morte, e consuma ogni virtù nell'anima. E però ti dissi che Dio non vuole mezzo, e ogni amore che non è fondato nel vero mezzo non dura. Corrite, dilette figliuole mie, e non più dormiamo.

Ò avuta compassione alle vostre pene, e però vi dò questo remedio, che voi amiate Dio senza mezzo. E se volete el mezzo di me misera miserabile, vogliovi insegnare dove voi mi troviate, acciò che non vi partiate da questo vero amore: andatevene a quella dolcissima e venerabile croce, con quella dolce inamorata Magdalena: ine trovarete l'Agnello e me, dove si potrà pascere e notricare e adempire i vostri desiderii. A questo modo voglio che voi mi cerchiate, me e ogni cosa creata; questo sia el gonfalone e 'l refrigerio vostro. E non pensate che, perché il corpo si dilunghi da voi, che sia dilungato l'affetto e la sollicitudine della salute vostra; anco è più, fuore de la presenzia corporale, che ne la presenzia. Non sapete voi ch'e' discepoli santi ebbero più, doppo la partita del maestro, sentimento e cognoscimento di lui che prima? Però che tanto si dilettavano de l'umanità che non cercavano più oltre. Ma poi che la presenzia si fu partita, elli si dêro a intendare e cognosciare la bontà sua. E però disse la prima verità: «Egli è bisogno che io vada, altrimenti el Paraclito non verrebbe a voi». Così dico io: egli era bisogno che io mi partisse da voi, acciò che vi deste a cercare Dio in verità e non con mezzo. Dicovi che n'avarete meglio poi che prima, intrando dentro da voi a pensare le parole e la dottrina che vi fu data: a questo modo ricevarete la plenitudine della grazia per essa grazia di Dio. None scrivo più perché io non ò più tempo da scrivare.

Mandola principalmente a te, Melina, e poi a Caterina e a monna Giovanna e a monna Chiara e a monna Bartalomea e a monna Lagina e a monna Colomba. Confortatevi da parte di tutte.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.



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A monna Bartolomea donna di Salvatico da Lucca.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce, madre del Figliuolo di Dio.

A voi, dilettissima e carissima figliuola in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi sempre pasciare e notricare al petto della dolce madre della carità, considerando me che, senza questo latte che ci dà questa gloriosa madre, neuno può avere vita.

Ella è tanto dolce e tanto soave all'anima che la gusta, che ogni cosa amara in lei diventa dolce e ogni grande peso leggiero. Non me ne maraviglio se così è, però che stando in questa carità e amore si sta in Dio. Così dice santo Giovanni, che Dio è carità, e chi sta in carità, sta in Dio, e Dio in lui (1Jn 4,16): dunque, avendo Dio, non può avere alcuna amaritudine, ché egli è sommo diletto, somma dolcezza e letizia. E questa è la ragione per che sempre e' servi di Dio godono: se essi sono infermi, godono, o in fame o in sete, o povari o afritti o tribolati o perseguitati da le creature; ché, se tutte le lingue loro tagliassero sopra el servo di Dio, non se ne cura: d'ogni cosa gode ed essulta, però che egli à Dio, che è ogni suo riposo, e à gustato el latte de la divina carità. E sì come el fanciullo trae a sé el latte per mezzo del petto della madre, così l'anima inamorata di Dio el trae a sé per mezzo di Cristo crucifisso, seguitando sempre le vestigie sue, volendolo seguitare per la via degli obrobrii, de le pene e dell'ingiurie, e in altro non si vuole dilettare se none in Cristo crucifisso; fugge di gloriarsi altro che ne la croce. Questi cotagli dicono con santo Paulo: «Io mi glorio nelle tribolazioni (Rm 5,3) per amore del mio Signore Gesù Cristo, per cui el mondo m'è crucifisso, e io a lui» (Ga 6,14).

Allora l'anima s'abraccia al legno della santissima croce, vòlle in su el volto del santo desiderio, e raguarda el consumato ardentissimo amore, el quale gli à aperto el corpo suo, che da ogni parte versa sangue per amore. Adunque non mi maraviglio se allora l'anima è paziente nelle tribolazioni, però che per amore e con libera volontà à refiutate le consolazioni del mondo, e à fatta grande amistà con le fadighe e persecuzioni perché à veduto che questo fu el vestimento del Figliuolo di Dio, el quale egli elesse per lo più prezioso e glorioso vestimento che trovare potesse.

Questo è quella margarita che dice el nostro Salvatore che l'uomo, poi che l'à trovata, vende ciò che egli à per comperarla (Mt 13,45-46). Quale è quella cosa che è nostra, che ci è data da Dio, che né dimonio né creatura ce la può tòllare? è la volontà. A cui vendaremo questo tesoro di questa volontà? a Cristo crucifisso, cioè che volontariamente e con buona pazienzia renunziaremo a la nostra perversa volontà, la quale quando è posta in Dio è uno tesoro, e con questo tesoro compriamo la margarita delle tribolazioni, traendone el frutto, con la virtù de la pazienzia, el quale mangiamo alla mensa della vita durabile.

Or a questo cibo, mensa e latte v'invito, figliuola mia dolcissima, e pregovi che ne siate sollicita di prendarlo. Levatevi dal sonno de la negligenzia, ché non voglio che siate trovata dormire quando sarete richiesta da la prima Verità. O dolce e soave richiedimento, el quale tolli la gravezza del corpo nostro, che è quello mezzo perverso che sempre à ribellato al suo Creatore, co' diletti e piacimenti disordenati, facendocene per disordenato amore uno nostro Dio (Ph 3,19).

Era tanto abondata la cechità nostra che non raguardavamo noi none essere, ma come superbi credavamo passare per la porta stretta col peso dell'affettuoso perverso amore del mondo, el quale è la morte dell'anima nostra. Voglio dunque che ci leviamo el carico d'ogni vanità del mondo e amore proprio di te medesima. Sai tu perché dice che la porta è stretta, unde doviamo passare? (Mt 7,13-14 Lc 13,24) Perché doviamo ristregnare l'amore e' desiderii nostri in ogni diletto e consolazione del mondo, trasformare sé medesimo ne la dolce madre de la carità, come detto è. Dico che debba chinare el capo perché la porta è bassa - portandolo alto ce 'l romparemmo -: vuolsi chinare per vera e santa umilità, raguardando che Dio è umiliato a noi. Debbiti tenere, e voglio che ti tenga, la più vile di tutte l'altre, e guarda che tu non volla el capo indietro per veruna cosa che sia, né per illusione di dimonio, né per parole che tu udissi, o da lo sposo tuo, o da neuna altra creatura; persevera virilmente nel santo proponimento cominciato, ché sai che disse Cristo: «Non vi vollete indietro a mirare l'arato» (Lc 9,62), però che la perseveranza è quella cosa che è coronata.

Vòlleti con affettuoso amore con quella dolce inamorata Magdalena, abracciando quella venerabile e dolce croce, e ine trovarai tutte le dolci e reali virtù, però che ine troviamo Dio e Uomo. Pensati che 'l fuoco de la divina carità à premuto quello dolce e venerabile corpo, in tanto che da ogni parte versa sangue. Con tanto amore e pazienzia sta che el grido di questo Agnello non è udito per mormorazione, e umile e dispetto, saziato d'obrobrii. Fendasi el cuore e l'anima tua per caldo d'amore, a questo petto de la carità, col mezzo de la carne di Cristo crucifisso. In altro modo non potresti gustare né avere virtù, però che egli è la via ed è la verità (Jn 14,6); e chi tiene per essa non può essere ingannato.

Fatti ragione che tutto el mondo ti fusse contra, e tu, con uno cuore virile e reale, non vòllare el capo indietro, ma parati inanzi con lo scudo in mano a ricevare e' colpi. Sai che lo scudo à tre canti; così ti conviene avere in te tre virtù: odio e dispiacimento dell'offesa che ài fatta al tuo Creatore, singularmente nel tempo passato, quando tu eri uno dimonio però che seguitavi le vestigie sue. Dico che poi ti conviene avere l'amore, raguardando nella bontà di Dio, che tanto t'à amata, non per debito ma per sola grazia, mosso da l'amore ineffabile; non ti trasse l'anima del corpo nel tempo che tu eri ribella a lui: àtti el dolce Gesù tratta de le mani del dimonio e pòrtati la grazia. E dicoti che, subbito che averai questo perfetto amore e odio, ti nasciarà la terza, cioè una pazienzia che non tanto che tu ti doglia di parole o d'ingiurie che ti fussero dette o fatte, o per veruna pena che sostenessi tu non ti moverai per impazienzia, ma con letizia sosterrai, avendole in reverenzia, reputandoti indegna di tanta grazia. Non sarà veruno colpo, né di dimonio né di creatura, che, avendo questo scudo de l'odio e dell'amore e de la vera pazienzia, che ti possa nuociare, però che elle sono quelle tre colonne forti che conservano e tolgono la debilezza dell'anima.

Questo prese quella dolce Magdalena, per sì-fatto modo che ella non vedeva sé: con uno cuore reale si veste di Cristo crucifisso; non si vòlle più né a stati né a grandezze, né alle vanità sue; perduto à ogni piacere e diletto del mondo: in lei non si truova altra sollicitudine né pensiero se none in che modo ella possa seguitare Cristo. Subbito che ella à posto l'affetto in lui e cognosciuta sé medesima, ella t'abraccia e prende la via della viltà; dispregia sé per Dio, perché vede che per altra via nol può seguitare né piacerli; ella si fa ragione d'essere la più vile creatura che si truovi. Costei, come ebbra, non si vede più sola che acompagnata, ché, se ella si fusse veduta, non sarebbe stata tra quella gente de' soldati di Pilato, né andata e rimasa sola al monimento (Jn 20,1); l'amore non le faceva pensare: Che parrà egli? sarà egli detto male di me, perché io so' bella e di grande affare? Non pensa qui, ma pur in che modo possa trovare e seguitare el maestro suo. Or questa è quella compagna la quale io ti do, e che io voglio che tu seguiti, però che ella seppe sì bene la via che ella è fatta a noi maestra. Corre, figliuola e figliuole mie, non mi state più a dormire, che 'l tempo corre e non v'aspetta punto. Non voglio dire di più.

Confortate madonna Colomba, ché io mando a lei come a voi, e anco monna Giovanna d'Azzolino.

Benedimmi monna Melina e Caterina e monna Lagina e tutte l'altre figliuole in Cristo Gesù. Non si maraviglino né piglino pena perché io non abbi scritto in particulare a loro: ònne fatto uno corpo di tutte quante; ò fatto questo perché le piante novelle ànno bisogno di maggior aiuto. Confortatevi in Cristo Gesù, da parte di tutte.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.



166

A madonna Colomba da Lucca.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce, madre del Figliuolo di Dio.

A voi, dilettissima suoro e figliuola in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo nel prezioso sangue suo, con desiderio che voi fuste uno campo fruttifero e che faceste frutto, ricevendo el seme de la parola di Dio, per voi e per altrui, essendo specchio di virtù, voi vecchia ogimai nel mondo, sciolta dal legame del secolo, alle giovane che anco sono legate nel mondo per gli legami degli sposi loro.

Oimé oimé, che io m'aveggo che noi siamo terra infruttifera che lassiamo affogare el seme de la parola di Dio da le spine e pruni de' disordenati affetti e desiderii del mondo, andando per la via de' diletti e de le delizie sue, studiandoci di piacere più tosto alle creature che al Creatore. E anco è maggiore miseria che non ci basta assai el nostro male; ché colà dove noi doviamo essere essemplo di virtù e d'onestà, e noi ci poniamo in essemplo di peccato e di vanità. E pare che come el dimonio non volse cadere solo, ma volse la molta compagnia, così noi a quelle medesime vanità e diletti e piacimenti che sono in noi, a questi medesimi invitiamo altrui.

Dovetevi dunque ritrare voi, che non ve 'l richiede lo stato vostro, da le vane letizie e nozze del mondo, e ingegnarvi di ritrarne coloro che vi volessero essere, per amore de la virtù e per salute vostra; e voi dicete male e invitate le giovane, che per amore de la virtù se ne vogliono ritrare e none andarvi perché veggono che è offesa di Dio. Non mi maraviglio dunque se 'l frutto none apparisce, però che 'l seme è affogato, come detto è. Forse che pigliarete alcuna scusa in dire: «Elli mi conviene pur conscendare a' parenti e agli amici, e fare questo, se non che si turbarebbero e scandalizzarebbero contra me»; e così el timore e piacimento perverso ci tolle la vita, e spesse volte ci dà la morte; tolleci la perfezione alla quale Dio c'elegge e ci chiama. None accetta Dio questa scusa, però che non doviamo conscendare agli uomini in cosa che offenda Dio e l'anima nostra; né amarli né servirli doviamo se non di quelle cose che sono in Dio, e secondo lo stato mio.

Oimé misera miserabile a me! sono stati o parenti o amici o veruna creatura che v'abbi ricomprata? no, solo Cristo crocifisso fu quello Agnello che con l'amore ineffabile esvenò e aperse el corpo suo, dandocisi in bagno e in medicina e in cibo e in vestimento e in letto dove ci potiamo riposare. Non raguardò ad amore proprio di sé né a diletto sensitivo, ma con pena, sostenendo obrobrii e vitoperio, avilì sé medesimo, cercando l'onore del Padre e la salute nostra. Non si conviene che noi miseri miserabili teniamo per altra via che tenesse la prima dolce Verità.

Sapete che nelle delizie e ne' diletti non si truova Dio. Vediamo che quando el nostro Salvatore si smarrì nel tempio andando a la festa, Maria nol poté trovare né tra gli amici né tra parenti, ma trovollo nel tempio che disputava co' dottori; questo fece per dare essemplo a noi, però che egli era nostra regola e via, la quale noi doviamo seguitare. Odi che dice che si smarrì andando alla festa: sappiate, dilettissima suoro, che come detto è, Dio non si truova alle feste, né a balli o a giuochi o a nozze o a delizie, anco andandovi è strumento e cagione di perdarlo, cadendo in molti peccati e difetti, e in molti piacimenti di disordenati diletti.

Poi che questa è la cagione che ci à fatto smarrire Dio per grazia, ècci modo di ritrovarlo? Sì: acompagnianci con Maria e cerchianlo con lei, cioè con l'amaritudine dolore e dispiacimento della colpa commessa contra al nostro Creatore per conscendare alla volontà de le creature. Convienci dunque andare al tempio, e ine si truova. Levisi el cuore e l'affetto e 'l desiderio nostro con questa compagnia dell'amaritudine, e vada al tempio dell'anima sua, e ine cognosca sé medesima; allora, cognoscendo sé medesima none essere, cognosciarà la bontà di Dio in sé, che è colui che è.

Allora si levarà la volontà con sollicitudine, e amarà quello che Dio ama, e odiarà ciò che egli odia. Allora sì riprendarà, stando a disputare in sé medesima, la memoria che à ricevuto in sé e' diletti e piaceri del mondo, e non à tenuto né riserbato in sé le grazie e doni e i grandi benefizii di Dio, che à dato sé medesimo a noi con tanto fuoco d'amore. Riprendarà lo intendimento, che s'è dato più tosto a intendare la volontà delle creature e osservare e' pareri del mondo che la volontà del suo Creatore, e però la volontà e l'amore sensitivo s'è volto ad amare e desiderare queste cose grosse sensitive che passano come 'l vento.

Non debba fare così, ma debba intendere e cognoscere la volontà di Dio, che non cerca né vuole altro che la nostra santificazione, e però à data la vita.

Non v'à Dio sciolta dal mondo perché voi stiate affogata e anegata nel mondo con l'affetto e col disordenato desiderio. Or avete voi altro che una anima? No, che se ce n'avesse due, potremmo l'una dare a Dio e l'altra al mondo; né altro che uno corpo non avete, e questo d'ogni leggiera cosa si starà. Siatemi dispensatrice a' povari de le vostre sustanzie temporali; subgiogatevi al giogo della santa e vera obedienzia; uccidete uccidete la vostra volontà, acciò che non stia tanto legata ne' parenti; mortificate el corpo vostro e nol vogliate tenere in tante delicatezze; disprezzate voi medesima; non raguardate né a gentilezza né a ricchezza, però che solo la virtù è quella cosa che ci fa gentili, e le ricchezze di questa vita sono pessima povertà quando sono possedute con disordenato amore fuore di Dio.

Recatevi alla memoria quello che ne dice el glorioso Jeronimo, che non pare che se ne possa saziare, vetando che le vedove none abondino in delizie, e non portino la faccia pulita né i gentili e dilicati vestimenti; né la conversazione loro debba essere con giovane vane né dissolute. La sua conversazione debba essere in cella, e debba fare come la tortora che, poi che è morto el compagno suo, sempre piange, e restringesi in sé medesima, e non vuole altra compagnia.

Ristrignetevi, carissima e dilettissima suoro, con Cristo crocifisso; ine ponete l'affetto e 'l desiderio vostro, in seguitarlo per la via degli obrobrii e de la vera umilità, e con mansuetudine, legandovi con l'Agnello col legame de la carità. Questo desidera l'anima mia, sì che voi siate vera figliuola e sposa consecrata a Cristo.

Corrite corrite, ché 'l tempo è breve, e 'l camino è lungo; e se voi deste tutto l'avere del mondo, non v'aspettarebbe el tempo che non facesse el corso suo. Non dico più.

Perdonatemi se ò dette troppe parole, ché l'amore e la sollicitudine che io ò de la salute vostra me l'à fatte dire, e sappiate che più tosto vi farei che io non ve 'l dico. Dio vi riempia de la sua dolcissima grazia.

Confortate madonna Bartolomea e tutte l'altre in Cristo Gesù.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.




Caterina, Lettere 161