Caterina, Lettere 218

218

Al padre santo Gregorio XI.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce, madre del Figliuolo di Dio.

A voi, dilettissimo e reverendo padre in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, vostra indegna misera miserabile figliuola, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi quello dolce e vero pastore, imparando dal pastore Cristo, el cui luogo voi tenete, che pose la vita per le pecorelle sue, non raguardando a la nostra ingratitudine, né a persecuzioni né ingiurie, né a scherni né vitoperii che gli fussero fatti da coloro i quali elli aveva creati, e fatti molti benefizii: e non lassa però d'adoperare la nostra salute. Ma, come inamorato dell'onore del Padre e della salute nostra, non vede le pene sue, ma con la sapienzia sua e pace e benignità vince la malizia nostra.

Così vi prego e dico, dolce babbo mio, da la parte di Cristo crucifisso, che con benignità e pazienzia e umilità e mansuetudine venciate la malizia e superbia de' figliuoli vostri, e' quali sono stati ribelli a voi, padre. Sapete che col dimonio non si caccia el dimonio (Mc 3,23), ma con la virtù si cacciarà. Poniamo che abbiate ricevute grandissime ingiurie, avendovi fatto vitoperio e toltovi el vostro, non di meno, padre, io vi prego che non raguardiate a le loro malizie ma alla vostra benignità, e non lassate però d'adoperare la nostra salute. La salute loro sarà questa, che voi torniate a pace con loro, però che 'l figliuolo che è in guerra col padre, mentre che vi sta, elli el priva della eredità sua.

Oimé, padre, pace per l'amore di Dio, acciò che tanti figliuoli non perdano la eredità di vita etterna, ché voi sapete che Dio l'à posta ne le vostre mani, el dare e tòllare questa eredità, secondo che piace a la vostra benignità. Voi tenete le chiavi, e a cui voi aprite, sì è aperto, e a cui voi serrate, è serrato. Così disse el dolce e buono Gesù a Pietro, el cui luogo voi tenete: «Cui tu sciogliarai in terra, sarà sciolto in cielo, e cui tu legarai in terra, sarà legato in cielo» (Mt 16,19). Adunque imparate dal vero padre e pastore, sì che vedete che ora è el tempo da dare la vita per le pecorelle che sono uscite fuore de la greggia. Convienvele cercare e racquistare con la pazienzia e con la guerra, andando sopra l'infedeli, rizzando el gonfalone dell'ardentissima e dolcissima croce, al quale rizzare non si conviene più dormire ma destarsi e rizzarlo virilmente.

Spero nella smisurata bontà di Dio che racquistarete l'infedeli e correggiarete le malizie de' cristiani, però che all'odore de la croce tutti corriranno, eziandio coloro che più so' stati ribelli a voi. O quanto diletto sarà quello, se noi vedessimo che 'l popolo cristiano desse el condimento de la fede all'infedele! Perché poi, avendo ricevuto il lume, venrebbe a grande perfezione, sì come pianta novella, avendo perduta la freddezza delle infedelità e ricevendo el caldo e lume de lo Spirito santo per la santa fede, e produciarebbe fiori e frutti delle virtù nel corpo mistico de la santa Chiesa.

Sì che con l'odore delle loro virtù, aiutarebbero a spegnare e' vizii e peccati, superbia e immundizia, le quali oggi abbondano nel popolo cristiano, e singularmente ne' prelati e pastori e rettori de la santa Chiesa, e' quali sono fatti mangiatori e divoratori dell'anime, non convertitori ma devoratori; e tutto è per l'amore proprio che ànno a loro medesimi, del quale nasce superbia e cupidità, avarizia e immundizia del corpo e della mente loro. Vegono i lupi infernali portarne i sudditi loro, e non pare che se ne curino, tanta è la cura che ànno presa in acquistare diletti e delizie, lode e piaceri del mondo. E tutto procede da l'amore proprio di sé medesimo, ché, se elli amasse sé per Dio e non sé per sé, elli attendarebbe solo all'onore di Dio e none al suo, e a utilità del prossimo e none a utilità propria sensitiva.

Oimé, babbo mio dolce, procurate e attendete sopra costoro; cercate i buoni uomini e virtuosi, e a loro date la cura delle pecorelle: questi cotali saranno agnelli e non lupi, che si notricaranno nel corpo mistico de la santa Chiesa. A noi sarà utilità e a voi sarà grande pace e consolazione: aiutarannovi a portare le grandi fadighe che io so che voi avete.

Parmi che stiate, benigno padre mio, sì come sta l'agnello nel mezzo de' lupi, ma confortatevi e non temete, ché la providenzia e l'aiutorio di Dio sarà sempre sopra di voi. Non mirate perché vedeste apparire le cose molto contrarie, e che l'aiuto umano ci venga di meno, e che quelli che ci debbono aitare più ci manchino, facendo contra di voi. Non temete, ma più vi confidate; none alienate né impedite el vostro dolce e santo desiderio, ma più s'accenda l'uno dì che l'altro.

Su, padre, mandate in effetto el proponimento che avete fatto, dell'avenimento vostro e del santo passaggio, al quale vedete che l'infedeli v'invitano, venendo a più possa a tollarvi el vostro. Su, a dare la vita per Cristo! Or abbiamo noi altro che uno corpo? perché non dare la vita mille volte, se bisogna, in onore di Dio e in salute de le creature? Così fece elli, e voi, vicario, dovete fare l'offizio suo: questo è usanza, che, rimanendo el vicario, seguiti le vestigie e' modi del signore suo. Adunque venite, venite e non tardate più, acciò che tosto poniate campo sopra l'infedeli, e che non riceviate, di questo fare, impedimento da questi membri putridi che sono ribelli a voi. Pregovi e voglio che usiate uno santo inganno con loro, cioè con la benignità, come detto è: questo lo' sarà uno fuoco d'amore, carboni accesi che gittarete sopra i capi loro (Rm 12,20 Pr 25,21-22), e per questo modo gli averete presi - e la substanzia temporale e le persone loro - dandovi aiuto in fare la vera guerra sopra gl'infedeli.

Così fece el nostro dolce Salvatore, che, gittando tanto fuoco e caldo d'amore sopra coloro che erano ribelli a lui, seguitava a mano a mano che ellino erano aiutatori e portatori del nome di Dio: sì come fu quello dolce banditore di Pavolo, che, essendo lupo, diventò agnello, vasello dolce di dilezione, che, di quello fuoco che Cristo gli aveva pieno il vasello suo, di quello portava per tutto quanto el mondo: i cristiani traendo de' vizii e piantando in loro la virtù, e gl'infedeli traendoli d'errori e d'infedelità, e porgendo lo' il lume de la santa fede.

Or così vi dice e vuole la prima e dolce Verità che voi facciate voi: di quello che avete ricevuto, di quello date. Pace pace pace, babbo mio dolce, e non più guerra. Andiamo sopra li nemici nostri e ine portiamo l'arme della santissima croce, portando il coltello della santa e dolce parola di Dio. Oimé, date mangiare agli affamati servi suoi, e' quali aspettano voi e questo tempo, con grandissimo e ardentissimo desiderio.

Confortatevi confortatevi, padre, e non prendete amaritudine afflittiva, ma prendete amaritudine confortativa, avendo amaritudine del vitoperio che vediamo del nome di Dio; e confortatevi per isperanza che Dio provederà a le vostre necessità e bisogni. Non dico più, ché, se io andasse alla volontà, io non mi ristarei infino che io avesse la vita in corpo.

Perdonate a la mia presunzione, ma el dolore e l'amore che io ò all'onore di Dio ed essaltazione de la santa Chiesa mi scusi dinanzi alla vostra benignità. Più tosto vel direi a bocca che per iscritto, però che io credarei più sfogare l'anima mia. Or non posso più; abbiate pietà de' dolci amorosi desiderii, e' quali sono offerti per voi e per la santa Chiesa, per continue lagrime e orazioni. Non si spregino per negligenzia, ma con sollicitudine adoperate, però che pare che la primavera voglia produciare i fiori: tosto dunque ne venranno i frutti, poi che 'l fiore comincia a venire. Or con cuore virile e non temoroso punto, seguitando l'Agnello svenato e consumato in croce per noi! Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.

Pregovi, reverendo padre, che di quello che Neri, portatore di questa lettara, vi dirà, che, se elli è possibile a voi ed è vostra volontà, voi glili diate e concediate. Pregovi che gli diate audienzia e fede a quello che elli vi dirà. E perché alcuna volta non si può scrivare quello che volremmo, sì dico che, se voleste mandarmi a dire alcuna cosa segreta, voi el manifestiate a bocca a lui securamente, ché potete. Ciò che per me si può fare, se bisognasse dare la vita, volentieri la darei, in onore di Dio e in salute dell'anime. Gesù dolce, Gesù.



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A frate Ramondo da Capova dell'ordine de' Predicatori, e a maestro Giovanni Terzo e frate Felice

dell'ordine de' frati Eremiti di santo Augustino, e a tutti gli altri loro compagni, quando erano a Vignone.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Dilettissimi figliuoli miei in Cristo Gesù, io, misera madre, con desiderio spasimato ò desiderato di vedere i cuori e gli affetti vostri chiavellati in croce, uniti e legati con quello legame che legò e inestò Dio ne l'uomo e l'uomo in Dio. Così desidera l'anima mia di vedere i cuori e gli affetti vostri inestati nel Verbo incarnato dolce Gesù, sì e per sì-fatto modo che né demonia né creature vi possano mai partire. Bene che io non dubbito che, se voi sarete legati e infiammati del dolce Gesù, se fussero tutti i demoni dello 'nferno con tutte le malizie loro, non vi potranno partire da sì dolce unione.

Adunque io voglio - poi che è di tanta fortezza ed è di tanta necessità -, che voi non restiate mai di crescere legna al fuoco del santo desiderio - cioè legna del cognoscimento di voi medesimi: queste sono quelle legna che nutricano el fuoco de la divina carità, la quale carità s'acquista nel cognoscimento e ne la inestimabile carità di Dio -: allora s'unisce l'anima col prossimo suo; e, quanto più dà de la materia al fuoco, cioè legna di cognoscimento di sé, tanto cresce el caldo dell'amore di Cristo e del prossimo suo.

Adunque state nascosi nel cognoscimento di voi, e none state fuore di voi, acciò che Malatasca non vi pigli con le molte illusioni e cogitazioni l'uno contra all'altro: questo farebbe per tollervi l'unione de la divina carità. E però io voglio e vi comando che l'uno sia subietto all'altro, e l'uno portatore de' defetti dell'altro, imparando da la prima dolce Verità che volse essere el più minimo, e umilemente portò tutte le nostre iniquitadi e defetti. Così voglio che facciate voi, figliuoli miei carissimi. Amatevi amatevi amatevi insieme.

Godete ed essultate, ché 'l tempo de la state ne viene, però che el primo dì d'aprile, la notte, più singularmente Dio aperse i segreti suoi, manifestando le mirabili cose sue - sì e per sì-fatto modo che l'anima mia non pareva che fusse nel corpo, e riceveva tanto diletto e plenitudine che la lingua non è sufficiente a dirlo -; spianando e dichiarando a parte a parte sopra el misterio de la persecuzione che ora à la santa Chiesa, e de la renovazione ed essaltazione sua, la quale die avere nel tempo avenire, dicendo che el tempo presente è permesso per renderle lo stato suo; allegando la prima Verità due parole che si contengono nel santo evangelio, cioè: «Egli è bisogno che lo scandalo venga nel mondo», e poi subgiunse: «ma guai a colui per cui viene lo scandalo» (Mt 18,7 Lc 17,1). Quasi dicesse: «Questo tempo di questa persecuzione vi permetto per divellere le spine de la sposa mia, che è tutta imprunata, ma non permetto le male cogitazioni degli uomini. Sai tu come io fo? io fo come io feci quando io ero nel mondo, che feci la disciplina de le funi (Jn 2,15), e cacciai coloro che vendevano e compravano, non volendo che de la casa di Dio si facesse spelunca di ladroni (Mt 21,12-13 Mc 11,15-17 Lc 19,45-46 Jn 2,15-16). Così ti dico che io fo ora, però che io ò fatta una disciplina de le creature, e con essa disciplina caccio i mercatanti immondi cupidi e avari, infiati per superbia, vendendo e comprando le grazie e i doni de lo Spirito santo».

Sì che con la disciplina de le persecuzioni de le creature gli cacciava fuore, cioè che per forza di tribulazione e persecuzione lo' tolleva el disordenato e disonesto vivere.

E crescendo in me el fuoco del santo desiderio, mirando, vedevo nel costato di Cristo crucifisso intrare el popolo cristiano e lo infedele; e io passavo, per desiderio e affetto d'amore, per lo mezzo di loro, e intravo con loro in Cristo dolce Gesù acompagnata col padre mio santo Domenico e Iohanni singulare, con tutti quanti i figliuoli miei. Allora mi dava la croce in collo e l'ulivo in mano, quasi come volesse, e così diceva, che io la portasse all'uno popolo e all'altro; e diceva a me: «Di' a loro: "Io v'annunzio gaudio magno"». Allora l'anima mia più s'empiva; abnegata era co' veri gustatori ne la divina essenzia, per unione e affetto d'amore. Ed era tanto el diletto che aveva l'anima mia che la fadiga passata, del vedere l'offesa di Dio, non vedeva, anco dicevo: O felice e aventurata colpa! Allora el dolce Gesù sorrideva e diceva: «Or è aventurato el peccato che non è cavelle? Sai tu quello che santo Gregorio dicea, quando disse: «felice e aventurata colpa»? quale parte è quella che tu tieni che sia aventurata e felice, e che dice santo Gregorio?». Io rispondevo come esso mi faceva rispondere e dicevo: «Io veggio bene, Signore mio dolce, e bene so, che il peccato non è degno di ventura e non è aventurato né felice in sé, ma el frutto che esce del peccato. Questo mi pare che volesse dire Gregorio: che, per lo peccato d'Adam, Dio ci dié il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo e il Verbo dié il sangue; dando la vita ci rendé la vita con grande fuoco d'amore. Sì che il peccato è aventurato, non per lo peccato, ma per lo frutto e dono che abiamo d'esso peccato». Or così è, sì che dell'ofesa che fanno gl'iniqui cristiani perseguitando la Sposa di Cristo, nasce la essaltazione, lume e odore di virtù in essa sposa. Ed era questo sì dolce che non pareva che fusse nessuna comparazione da l'offesa alla smisurata bontà e benignità di Dio che in essa sposa mostrava.

Allora io godevo ed essultavo, e tanto ero vestita di certezza del tempo futuro che me 'l pareva possedere e gustare: dicevo allora con Simeone: «Nunc dimictis servum tuum Domine secundum verbum tuum in pace» (Lc 2,29). Facevansi tanti misterii che la lingua non è sufficiente a dirlo, né cuore a pensarlo, né occhio a vederlo (1Co 2,9). Or quale lingua sarebbe sufficiente a narrare le mirabili cose di Dio? non la mia di me misera miserabile; e però io voglio tenere silenzio e darmi solo a cercare l'onore di Dio, e la salute dell'anime, e la renovazione ed essaltazione de la santa Chiesa, e per la grazia e fortezza de lo Spirito santo perseverare infino a la morte.

E con questo desiderio io chiamavo e chiamarò con grande amore e compassione el nostro Cristo in terra, e voi, padre, con tutti i cari figliuoli; e dimandavo e avevo la vostra petizione. Godete godete ed essultate.

O dolce Dio amore, adempie tosto i desiderii de' servi tuoi! Non voglio dire più, e non ò detto cavelle.

Stentando muoio per desiderio; abbiatemi compassione. Pregate la divina bontà e Cristo in terra che tosto si spacci.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.

Annegatevi nel sangue di Cristo crucifisso, e per nessuna cosa venite meno, ma più conforto pigliate.

Godete godete ne le dolci fadighe. Amatevi amatevi amatevi insieme. Gesù dolce, Gesù amore.



220

A suora Magdalena figliuola di monna Alessa, delle monache di Santa Bonda presso a Siena.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti vestita del vestimento reale, cioè del vestimento dell'ardentissima carità, che è quello vestimento che ricuopre la nudità, e nasconde la vergogna, e scalda, e consuma el freddo.

Dico che ricuopre la nudità, cioè che l'anima creata all'imagine e similitudine di Dio (Gn 1,26), avendo l'essere, senza la divina grazia non avarebbe el fine per lo quale fu creata. Convienci principalmente avere el vestimento della grazia, el quale riceviamo nel santo battesimo mediante el sangue di Cristo. Con questo vestimento e' fanciulli che muoiono in puerizia ànno vita etterna; ma noi spose, che aviamo spazio di tempo, se non c'è posto uno vestimento d'amore verso lo sposo etterno, cognoscendo la sua inestimabile carità, potremmo dire che questa grazia, che noi aviamo ricevuta nel battesimo, fusse nuda. E però è di bisogno che noi leviamo l'affetto e 'l desiderio nostro con vero cognoscimento di noi, e aprire l'occhio dell'intelletto, e in noi cognoscere la bontà di Dio, e l'amore ineffabile che elli ci à. Però che lo intelletto che cognosce e vede, non può fare l'affetto che non ami, e la memoria che non ritenga el suo benefattore.

E così con l'amore traie a sé l'amore: e truovasi vestita e ricuperta la sua nudità.

Dico che nasconde la vergogna, e questo in due modi: l'uno è che per dispiacimento à gittato da sé la vergogna del peccato; come? che da la vergogna, che in quella anima era venuta per l'offesa fatta al suo Creatore, è restituita per lo vestimento dell'amore delle virtù, ed è venuta a onore di Dio e à frutto in sé. Perché d'ogni nostra operazione e desiderio Dio ne vuole el fiore de l'onore e a noi lassa el frutto. Sì che vedi che nasconde la vergogna del peccato. Dico che un'altra vergogna le tolle: cioè che di quello che la sensualità con amore proprio e parere del mondo si vergogna, la volontà, morta in sé e in tutte le cose transitorie, non vede vergogna. Anco si diletta delle vergogne, strazii, scherni, villanie e rimproverio: e tanto à bene, quanto si vede conculcare dal mondo. Ella è contenta, per onore di Dio, che el mondo la perseguiti con le molte ingiurie, el dimonio con le molte tentazioni e molestie, la carne con volere ribellare allo spirito. Di tutte gode per odio e vendetta di sé, per conformarsi con Cristo crucifisso, reputandosi indegna della pace e quiete della mente. E non si vergogna d'essere schernita e beffata da tutti e tre questi nemici, cioè el mondo, la carne, e 'l dimonio, perché la volontà sensitiva è morta - vestita del vestimento della somma ed etterna volontà di Dio -, anco l'à in debita reverenzia, e ricevele con amore, perché vede che Dio l'à permesse per amore, e non per odio: con quello affetto che noi vediamo che elle sono date, con quello le riceviamo. Dolce è a desiderare vergogna, ché con essa si caccia la vergogna.

O quanto è beata l'anima, che à acquistato così dolce lume! Ché insiememente è odiare i movimenti nostri e gli altrui, e amare le pene che per essi movimenti sosteniamo. Movimento nostro è la propria sensualità, movimenti altrui sono le persecuzioni del mondo. Reputati, carissima figliuola, degna de la pena, e indegna del frutto che seguita doppo la pena. Queste saranno le fregiature che tu porrai nel vestimento reale. Tu sai bene che lo sposo etterno fece el simile, ché sopra el vestimento suo pose le molte pene, fragelli, strazii, scherni e villanie, e nell'ultimo l'obrobiosa morte de la croce.

Dico che scalda, e consuma la freddezza: scaldasi del fuoco dell'ardentissima carità, el quale dimostra per desiderio spasimato de l'onore di Dio nella salute del prossimo, portando e sopportando e' difetti suoi.

Gode co' servi di Dio che godono, e piange con gli iniqui che sono nel tempo del pianto, per compassione e amaritudine che porta dell'offesa che fanno a Dio; e dassi volentieri a ogni pena e tormento per reduciarli allo stato di coloro che godono e che vivono inamorati de le dolci e reali virtù.

Dico che consuma el freddo, cioè la freddezza dell'amore proprio di sé medesima, el quale amore proprio acieca l'anima e non le lassa cognoscere né sé né Dio, e tollele la vita della grazia, e genera impazienzia; la radice della superbia mette fuore i rami suoi. Offende Dio e offende el prossimo con disordenato affetto, ed è incomportabile a sé medesimo, sempre ribella a l'obedienzia sua: e tutto questo fa l'amore proprio di sé.

E però voglio, dolcissima e carissima figliuola, che tu perda ogni amore proprio della propria sensualità, perché none sta bene alla sposa di Cristo d'amare altro che lo Sposo suo, e col lume della ragione abraccicare le virtù. Altrimenti, non potresti navicare in questo mare tempestoso di questa tenebrosa vita, senza la navicella de la santa obedienzia, ne la quale tu se' entrata. Senza essa, figliuola carissima, non giognaresti al porto della vita durabile, dove tu t'unisci con lo sposo etterno. Pensati, che se tu con l'amore proprio la percotessi nello scoglio della disobedienzia, ella si romparebbe; e per questo modo affogaresti e perdaresti el tesoro, cioè el frutto del santo proponimento che tu facesti quando promettesti obedienzia, facendo professione.

Adunque levati da questo amore, a ciò che non perisca; e virilmente come vera sposa rizza nella tua navicella l'arbolo dello immaculato e umile Agnello, sposo tuo, cioè la santissima croce, e con la vela della sua obedienzia. Ché vedi bene che con questa vela dell'obedienzia del Padre suo, avendola spiegata, corse con veloce vento d'amore, e d'odio del peccato e di questo amore sensitivo, infine all'obrobiosa morte della santissima croce. Or così fa' tu, con obedienzia pronta, con umilità vera, e con amore di Dio e del prossimo portandoti, e amando caritativamente le tue suoro, e senza scandalo di mente o mormorazione di lingua. Porta e soporta ciò che tu udisse o vedesse nel prossimo tuo; e le reprensioni che ti fussero fatte ricevele con reverenzia, pensando che per amore ti dicono, ed eziandio se ti facessero, e non per odio.

Per questo modo ti levarai lo sdegno e ogni pena, e averai l'affetto delle virtù, e l'odio e 'l dispiacimento del vizio e del proprio e disordinato amore; avendo imparato dal dolce e buono Gesù, el quale t'è regola, via e dottrina. La regola e dottrina ce la insegna con l'obedienzia sua, none schifando pene; ma con obrobrio, scherni e villanie, ingiurie e infamie, e con molte mormorazioni la compì in su el legno della santissima croce. Ètti via ché, come elli per via di croce andò, così tu e ogni creatura che à in sé ragione el debba seguitare, sostenendo ogni pena, tormento e molestia per lo suo amore, spiegando la vela in su questo arbolo, Cristo crucifisso: la vela dell'amore e l'affetto del desiderio con la continua orazione.

La quale orazione porta e reca: porta i nostri desiderii pieni d'odio di noi, e amore delle virtù provate nella carità del prossimo. Dico che reca el desiderio e la volontà di Dio, e avendolo arrecato, sel mette indosso con le mani delle sante e buone operazioni. Allora ti trovarai spogliata del tuo proprio amore, e vestita del vestimento nuziale. In altro modo, non saresti vera sposa né faresti resistenzia alle molte mormorazioni - che io so che odi di noi - che t'ànno dato pena. Non voglio che abbi più pene; perché questa è la via unde debbono andare e' veri servi di Dio. E considerando me che chi fa questo che detto è, è privato d'ogni pena e rimane in pace e in quiete, però ti dissi che io desiderava di vederti vestita del vestimento reale, cioè dell'abisso de la carità del re etterno, a ciò che tu sia privata della pena de l'obedienzia e di quella delle mormorazioni, e stia in pace e in quiete, gustando Dio per grazia, sì che nell'ultimo riceva l'etterna visione di Dio, dove sono finite tutte le pene, e dove si riceve el frutto delle virtù, che seguita doppo le fadighe.

Dio ti doni a te e all'altre la sua dolce ed etterna benedizione. Altro non dico.

Permane nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



221

A suoro Bartolomea de la Seta, monaca di santo Stefano in Pisa.

Al nome di Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi sposa vera consecrata allo Sposo eterno.

Condizione è de la sposa di fare una volontà con lo sposo suo, e non può volere più che egli voglia, e non pare che possa pensare altro che di lui. Or così pensa tu, figliuola mia, che se' sposa di Cristo crocifisso: non debbi pensare altro che di lui, cioè di consentire a' pensieri. Ch'e' pensieri non venissero, questo non dico io, ché nol potresti fare né tu né creatura, però che 'l dimonio non dorme mai: e questo permette Dio per fare venire la sua sposa a perfetta sollicitudine e per farla essercitare in virtù. Questa è la cagione perché Dio permette alcuna volta che la mente rimane sterile e tenebrosa, attorniata di molte perverse cogitazioni, che non pare che possa pensare di Dio, né ricordare apena il nome suo.

Guarda che quando tu sentissi questo in te medesima, che tu non venga a tedio né a confusione disordinata; né non lassare l'essercizio né l'atto dell'orazione, perché 'l dimonio ti dicesse: «Che ti giuova questa orazione, che non la fai con affetto né con desiderio? meglio ti sarebbe a non farla». Non la lassare però, né per questo non venire a confusione, ma risponde virilmente: «Più tosto voglio essercitarmi per Cristo crocifisso sentendo pena, tenebra e battaglia, che non essercitarmi sentendo riposo». E pensa che questa è la perfetta condizione della sposa di Cristo: che se possibile fusse di campare lo 'nferno, e avere diletto in questa vita, e con questo avere vita etterna, ella non la vuole per questo affetto, tanto si diletta di conformarsi con Cristo crocifisso; e più tosto la vuole per via di croce e di pena che senza pena.

Or che maggior diletto può avere la sposa, che conformarsi con lo sposo, ed essere vestita di simile vestimento? Perché Cristo crocifisso ne la vita sua non elesse altro che croce e pena, e di questo vestimento si vestì, e però la sposa sua si reputa beatitudine quando si vede vestita di questo vestimento, perché vede che lo sposo l'à amata smisuratamente, e però ella l'ama: ricevelo con tanto amore e con tanto desiderio, che non è lingua sufficiente che 'l potesse narrare. E però la somma ed etterna Bontà, per farla giognare a perfettissimo amore e vera umilità, permette le molte battaglie e la mente asciutta, a ciò che la creatura ricognosca sé medesima e vegga sé non essare: però che se ella fusse alcuna cosa, levarebbesi la pena quando volesse; ma perché ella non è, non può.

Conoscendo sé, s'aumilia nel suo non essere, conosce la bontà di Dio, che l'à dato l'essere, e ogni grazia che è fondata sopra l'essere. Ma tu mi dirai: «Quando io ò tante pene e tante battaglie e tenebre, io non posso vedere altro che confusione; e non pare che io possa pigliare speranza neuna, e tutta mi veggio misera». Rispondoti, figliuola mia, che se tu cercarai, trovarai Dio ne la buona volontà: poniamo che tu senta molte battaglie, tu non ti senti privata la volontà, che ella non voglia Dio. Anco, è questa la cagione perché si duole e à pena, perché teme d'offendare Dio. Debba godere ed essultare, e non venire a confusione per battaglie, vedendo che Dio gli conserva la buona volontà, e dàgli dispiacimento del peccato mortale.

Questo mi ricordo che udii dire a una serva di Dio, che le fu detto da la prima e dolce Verità: essendo stata in grandissima pena e tentazioni, e fra l'altre sentì grandissima confusione, in tanto che 'l dimonio diceva: «Che farai, che tutto el tempo de la vita tua starai in queste pene, e poi avarai lo 'nferno?». Ella rispose con uno cuore virile, senza veruno timore, e con uno odio santo di sé: «Non ischifo pena, ché io ò elette le pene per mio refrigerio. E se nell'ultimo mi desse lo 'nferno, non lassarò che io non serva al mio Creatore, ché io so' colei che so' degna di stare nello 'nferno, però che io offesi la prima e dolce Verità; e se egli mi desse lo 'nferno, non mi fa ingiuria neuna, ché io so' sua». Allora el nostro dolce salvatore, in quella dolce e vera umilità, levò le tenebre e le molestie de le dimonia, sì come fa quando cade la nuvila, che rimane il sole: di subbito gionse la presenzia del nostro salvatore. E infundevasi in uno fiume di lagrime con uno caldo dolce d'amore e diceva: «O dolce e buono Gesù, or dove eri tu quando l'anima mia era in tanta afflizione?». Rispondeva el dolce Gesù, Agnello immaculato: «Io ero presso a te, però che io so' immobile, che non mi parto mai da la creatura, se già la creatura non si parte da me per lo peccato mortale». E questa stava in uno dolce ragionamento con lui, e diceva: «Se tu eri meco, come non ti sentivo? come si può tenere che, stando al fuoco, io non senta el caldo? E io non sentiva altro che ghiaccio tristizia e amaritudine: parevami essere piena di peccati mortali».

Ed egli rispondeva dolcemente, e diceva: «Vuogli che io ti mostri, figliuola mia, come tu per queste battaglie non cadevi in peccato mortale, e come io ero presso di te? Dimmi: quale è quella cosa che fa el peccato mortale? è solamente la volontà, ché il peccato e la virtù sta nel consentimento de la volontà: altrimenti, non è peccato né virtù, se non è volontariamente fatto. Questa volontà non c'era, ché, se ella ci fusse stata, avaresti preso diletto e piacimento ne le cogitazioni del dimonio: ma perché la volontà non c'era, doleviti, e sostenevi pena per paura di non offendare. Adunque vedi che ne la volontà sta el peccato e la virtù. Ora ti dico che tu non debbi venire per queste battaglie a disordinata confusione, ma voglio che di queste tenebre tragga la luce del cognoscimento di te, e che tu acquisti la virtù de l'umilità e ne la buona volontà godi ed essulti, cognoscendo che io abito allora in te nascosamente. E la volontà t'è segno che io vi so'; ché, se tu avessi mala volontà, non sarei in te per grazia. Ma sai tu come io abito in te allora? in quello modo che io stetti in su el legno de la croce; e quello modo tengo con voi, che tenne il Padre mio con meco. Pensati, figliuola, che in sul legno della croce io ero beato ed ero doloroso: beato ero per l'unione de la natura divina ne la natura umana, e nondimeno la carne sostenne pena: ritrasse Idio etterno a sé la potenzia, lassandomi sostenere pena, e non ritrasse l'unione che non fusse sempre unito con meco.

Così ti pensa che per questo modo io abito nell'anima: che ritraggo a me spesse volte el sentimento, e non ritraggo la grazia, però che la grazia non si perde se non per lo peccato mortale, come detto è. Ma sai tu perché io fo questo? follo solo per farla venire a vera perfezione. Tu sai che l'anima non può essere perfetta, se non con queste due ali dell'umilità e della carità: l'umilità per lo cognoscimento di sé medesimo - nel quale ella viene nel tempo delle tenebre -; la carità s'acquista vedendo che Dio per amore gli à conservata la buona e santa volontà. Dicoti che l'anima savia, vedendo che di questo esce tanta virtù, e per altro non permetto al dimonio che vi dia le tentazioni, terrà più caro quel tempo che veruno altro.

Ora t'ò detto el modo, e pensa che questo tempo è di grande necessità per la salute vostra, ché, se l'anima alcuna volta non fusse sollicitata da le molte tentazioni, ella cadrebbe in grandissima negligenzia e perdarebbe l'essercizio del continuo desiderio e orazione, però che nel tempo de la battaglia sta più attenta per paura de' nemici, fornisce la rocca dell'anima sua, ricorre a me che so' la sua fortezza. Ma la intenzione del dimonio non è così: io el permetto a lui che vi tenti per farvi venire a virtù, ed egli vi tenta per farvi venire a disperazione.

Pensa che 'l dimonio tentarà uno che s'è posto a servire a Dio, non perché egli creda che egli caggia attualmente in quel peccato, però che già vede che egli elegiarebe inanzi la morte, che attualmente offendesse: ma che fa? ingegnasi di farlo venire a confusione, dicendo: «Per questi pensieri e movimenti che ti vengono, veruno bene ti giuova». Vedi quanta è la malizia del dimonio, che ne la prima battaglia non ti può vinciare; ne la seconda col colore de la virtù spesse volte ti vince. Ma io non voglio che seguiti mai la maliziosa sua volontà, ma voglio che pigli la volontà mia, come io detto t'ò. E questa è la regola che io ti do, e voglio che insegni ad altrui, quando bisogna».

Or così ti dico, carissima figliuola mia, che io voglio che facci tu; siami specchio di virtù, seguitando le vestigie di Cristo crocifisso. Bagnati nel sangue di Cristo crocifisso e fa' - ché io non voglio che tu el cerchi né voglia altro che crocifisso - sì come sposa vera ricomprata del sangue di Cristo crocifisso.

Bene vedi tu che tu se' sposa, ché egli t'à sposata, te e ogni creatura, non con anello d'argento, ma con l'anello de la carne sua. Vedi quello dolce pargolo, che in otto dì, ne la circuncisione, quando è circunciso, si leva tanta carne quanta è una 'stremità d'anello. O abisso, o altezza, inestimabile carità, quanto ami questa tua sposa de l'umana generazione! O vita per cui ogni cosa vive! Tu l'ài tratta de le mani del dimonio che la possedeva come per sua, e tu gli l'ài tratta de le mani, pigliando el dimonio co' l'amo de la umanità, e sposila con la carne tua. E 'l sangue ài dato per arra; nell'ultimo, svenando el corpo tuo, ài dato el pagamento.

Or t'inebria, figliuola mia, e non cadere in negligenzia, ma con vera sollicitudine ti leva: con questo sangue spezza la durezza del tuo cuore per sì-fatto modo che mai non si serri per veruna ignoranzia né negligenzia più, né per detto di veruna creatura. Non dico più.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio, riposandovi sempre in sul legno della santissima croce.

Gesù dolce, Gesù amore.




Caterina, Lettere 218