Caterina, Lettere 243

243
A l'arcivescovo di Pisa.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Reverendo e carissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi pastore buono con acceso e ardito desiderio, sì e per sì-fatto modo che vi disponiate a ponere la vita per le pecorelle vostre (
Jn 10,11), imparando dalla prima dolce verità Cristo Gesù, che per l'onore del Padre e salute nostra corse all'obbrobriosa morte della santissima croce.

Voi, padre carissimo, seguitate le vestigie sue per correggiare e' vizii e piantare le virtù nell'anime de' sudditi vostri, non curando né pene né obbrobrii né scherni né villanie né fame né sete, né veruna persecuzione che 'l mondo overo el demonio ci potesse dare; ma virilmente, con affamato desiderio, correggete e' sudditi vostri. Tenete, tenete l'occhio sopra di loro - fate almeno la vostra possibilità -, e non fate vista di non vedere, ché non si vuole fare così, anco si vuole vedere e' difetti nostri e i difetti del prossimo nostro, non per mormorazione, né per falso giudicio: ma per una santa e vera compassione, con pianto e sospiri, portarli dinanzi a Dio, dolendoci dell'offesa che gli è fatta, e della dannazione di quella anima. Questo debba fare ogni creatura che à in sé ragione verso del suo prossimo, ma molto maggiormente el dovete fare voi e gli altri prelati della santa Chiesa; e èvi richiesto, e dovetelo fare raguardando e' sudditi vostri per compassione e per punizione: ché gli avete a punire e riprendere secondo che trovate le colpe.

Oimé, non tardate più ché, per lo non correggere, le virtù e la vita della grazia sono morte nell'anima; e' vizii e l'amore proprio vive, e 'l mondo perisce. Egli giace continovamente infermo a morte però che, essendo l'uomo piagato di diverse piaghe e infermità, e' medici d'esse infermità - ciò sono e' prelati - usano tanti unguenti che già è imputridito. Non pure unguento, per amore di Dio: usate un poco la cottura, incendendo e cocendo el vizio per santa e vera giustizia, sempre condita con misericordia. E quella sarà la grande misericordia, in punire e reprendere e' defetti loro; ché maggiore crudeltà non può usare chi governa lo 'nfermo che darli le cose contrarie. Oh, per l'amore di Cristo crocifisso, non dormite più; destatevi per fuoco d'amore e d'odio e dispiacimento dell'offesa di Dio. Almeno fate la vostra possibilità, e, fatto el potere, sete scusato dinanzi da Dio. E so bene che tutto non potete vedere, ma mettete le spie de' servi di Dio, che v'aitino a vedere, però che fino a la morte si die fare ciò che si può per amore del Salvatore nostro: non ci sia timore né amore servile, ché, se ci fusse, starebbe l'anima a grande pericolo e in dubbio della salute sua.

Convienvi adunque fare ragione d'avere perduta la vita del corpo, e metterla per uscita. E facendo così mostrarete d'essere amatore e seguitatore di Cristo crocifisso: voi, pastore, avarete imparata la regola e dottrina del pastore buono, che à posta la vita per noi. E però io dissi che io desideravo di vedervi pastore buono, perché altra via né modo non ci vego per la salute vostra e loro. Sopra questa materia non dico più, se non che voi sotto l'ale de la vera umilità, odio e dispiacimento del peccato, e dell'ardentissima carità gli nascondiate, pascendo l'anime de' doni e grazie spirituali, e 'l corpo del cibo corporale; notricando e' povaregli secondo la necessità loro. Voi sapete che voi sete padre: adunque, sì come padre, notricate e' vostri figliuoli.

Ò inteso, secondo che mi scrisse el priore di santa Caterina, che voi avete fatta novità alle vestite di santa Caterina dell'abito di santo Dominico; e volete che elle tengano lo 'nterdetto, dicendo che 'l privilegio che ànno non lo' vale. E io vi dico che lo' vale, però che io mostrai la copia - quando io fui a Vignone - al santo padre, e accettollo; anco, per quello ebbi io el privilegio ch'egli mi dé: sì che io vi prego, per l'amore di Gesù Cristo crocifisso, che voi non lo' diate questa sconsolazione. Attendete a quelle cose che dovete fare, che è di dovere; e di quello, per l'amore di Dio, non vi vogliate gravare. Credetemi, carissimo padre, che se fusse altrementi io non ve ne pregarei, perché io non vorrei che d'uno minimo atto voi trapassaste l'obbedienzia imposta a voi dal santo padre, ma io sarei con voi insieme a stroppiarlo. Pregovi che mi facciate questa grazia e misericordia; io non vi dimando né dimandarò mai cosa che sia fuore del dovere.

Non dico più.

Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso, acciò che 'l fuoco de l'amore, che trovarete nel sangue, consumi ogni freddezza e disolva ogni durezza del cuore e dell'anima vostra.

Permanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.



244

A maestro Francesco del maestro Bartolomeo medico da Siena.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi spregiatore della colpa del peccato mortale, però che in altro modo non potreste avere la divina grazia ne l'anima vostra.

Ma questa non veggo che potiate avere, né voi né altri, se l'uomo non à lume, col quale lume possa vedere e cognoscere la gravezza del peccato e 'l bene della virtù. Però che la cosa che non si cognosce, non si può amare, cioè quella che è degna d'amore, né odiare quella che è degna d'odio; e cognoscere non si può senza el lume. Ècci dunque di bisogno el lume; el quale lume aviamo nell'occhio dell'intelletto con la pupilla della santissima fede, quando la nuvila dell'amore proprio non l'à offuscato. E se l'amore proprio ci fusse, el doviamo levare via, a ciò che non sia impedito el nostro vedere, ma con l'amore santo cacciare l'amore perverso della propria sensualità, el quale amore proprio consuma e tolle la divina grazia dell'anima e corrompe ogni sua operazione.

Sì come el gattivo arbolo, che tutti e' frutti suoi sono corrotti, così sono quelli de l'uomo che sta nell'amore sensitivo, unde à tratto la gravezza del peccato mortale. E però ogni sua operazione è corrotta; e àlli tolta la luce, e data la tenebre per sì-fatto modo che non cognosce né discerne la verità. Anco, à guasto el gusto e l'appetito dell'anima, unde le cose buone gli paiono gattive, e le gattive gli paiono buone: le virtù vere spregia, l'amore di Dio e la dilezione del prossimo fugge, e tutto el suo diletto piglia nelle delizie e diletti del mondo; se elli ama el prossimo, non l'ama per Dio, ma per propria utilità.

Ma colui che in verità è privato dell'amore sensitivo, ama el suo Creatore sopra ogni cosa, e 'l prossimo come sé medesimo. El quale amore non può avere che prima, col lume dell'intelletto, non cognosca sé medesimo non essere, e l'essere suo ricognosca da Dio, e ogni grazia che è posta sopra l'essere. Allora, quando così dolcemente cognosce sé ed el difetto suo, e la bontà di Dio, odia el suo difetto, e 'l proprio amore che n'è cagione, e ama la virtù; e per amore della virtù - la quale elli ama per amore del suo Creatore - si dispone a sostenere ogni pena prima che offendere Dio e contaminare la virtù; e tutte le sue operazioni sono dirizzate secondo Dio, e spirituali e temporali.

E in ogni stato che elli è, ama e teme el suo Creatore: se elli à le ricchezze e lo stato del mondo, e figliuoli e parenti e amici, elli possede ogni cosa come cosa prestata, e non come cosa sua; e usale con modo, e non senza modo. Se elli è nello stato del matrimonio, sì vi sta ordenatamente, sì come a sacramento, avendo in reverenzia e' dì che sono comandati dalla santa Chiesa. Se elli à a conversare con le creature e a servirle, elli le serve schiettamente, non col cuore finto, ma libero, avendo rispetto solamente a Dio.

Elli ordina le potenzie dell'anima sua, e tutti e' sentimenti del corpo: e la memoria ordena a ritenere e' benefizii di Dio; e lo intelletto a intendere la sua volontà, la quale non vuole altro che la nostra santificazione; e la volontà dispone ad amare el suo Creatore sopra ogni altra cosa. Ordenate che sono le potenzie dell'anima, sono ordenati tutti e' sentimenti del corpo. E così vi prego, carissimo fratello, che facciate voi: ordenate la vita vostra, aprite l'occhio dell'intelletto a cognoscere la gravezza della colpa, e la larghezza della bontà di Dio. Facendo così, in ogni stato che voi sarete sarete piacevole a Dio, e sarete arbolo fruttifero e produciarete frutti di vita, cioè di vere e sante virtù; e in questa vita cominciarete a gustare l'arra di vita etterna.

Ma considerando me che in neuno modo la pace, la quiete e la grazia potiamo ricevere senza el cognoscimento, col lume della santissima fede - nel quale lume cognosciamo noi medesimi, e la gravezza del peccato mortale, e la bontà di Dio, e 'l tesoro delle virtù -, però vi dissi che io desideravo di vedervi spregiatore della colpa del peccato mortale; e così vi prego che facciate. Altro non vi dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



245

A frate Guasparre da Genova del Terzo Ordine di santo Francesco,

il quale, avendo grande amore spiritualmente ad una serva di Dio e conversando molto con lei, n'era venuto in molte pene e battaglie di mente per illusione del dimonio.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vero combattitore, sì come cavaliere virile, con lume e con lo scudo della santissima fede riparare a' colpi; e con esso lume conosciare quale è quella cosa che fortifica e' nemici e quale gl'indebilisce, acciò che abracciate el rimedio che gli fa debili, e fugiate la cagione che gli fortifica.

Quale è la cagione che gli fortifica? è la propria volontà, fondata in amore proprio di sé medesimo. Questo amore indebilisce la volontà e falla vòllare come foglia al vento: ciò che l'amore sensitivo ama, la volontà vi corre, consentendo volontariamente al piacere di quella cosa che ama. Nella quale volontà sta la colpa; e non ne' movimenti che desse l'amore sensitivo in volere amare quelle cose che sonno fuori della volontà di Dio e della ragione, se non in quanto la volontà consenta. E però la volontà, che seguita l'amore proprio di sé, fortifica e' nemici e sé indebilisce, come detto è.

Quale è quella cosa che fortifica l'anima, e indebilisce e' nimici? E' la volontà nostra vestita, per affetto d'amore, della dolce volontà di Dio; la quale volontà è di tanta fortezza che né dimonio né creatura la può indebilire se essa medesima non vuole. E perché è ella forte? Perché volontariamente s'è unita in Dio, che è somma ed etterna fortezza: ella è ferma e stabile perché lo Dio nostro, in cui ella fa mansione, è immutabile, unde ella non si muove altro che in lui. E unde acquista l'anima questa fortezza? Dalla dottrina del dolce e amoroso Verbo, riguardandola col lume della santissima fede; nella quale dottrina, e nel sangue suo, conobbe che la volontà di Dio non cerca né vuole altro che la nostra santificazione, e però se ne inamorò, e vestissene, anegando la volontà sua in quella di Dio.

Questa volontà fa l'anima prudente: che non è idiota, né senza lume, ma con sapienzia e grande discrezione ordina la vita sua, stando sempre attento di fugire quelle cose che gli abbino a tòllare Dio. E perché vede che l'amore sensitivo glili tolle, però odia la propria sensualità e ama la ragione, unde con lume di ragione fa ogni suo fatto. Ama el suo Creatore senza mezzo e senza misura, e non tanto ch'egli vi voglia mettare in mezzo le cose create o le creature, ma egli non ci vuole per mezzo sé medesimo, cioè la propria perversa volontà; e com'egli rinunzia a sé così rifiuta le creature e tutte le cose create: cioè, che non l'ama fuori della volontà di Dio, ma bene l'ama per Dio.

Unde l'amore suo è ordinato: che s'egli ama la creatura, l'ama per amore del Creatore, con modo e non senza modo, con misura e non senza misura. E con quale misura? Con quella della carità di Dio; non tolle altra misura perché ne rimarebbe ingannato, sì come fanno molte persone imperfette che si lassano pigliare al dimonio con l'amo dell'amore: cominciando a misurare con la carità di Dio - cioè d'amare le creature per lui -, poi escono di questa diritta misura e cagiono nella misura della propria sensualità. E vedrassi el cieco che con l'amo della divozione à perduto Dio e l'orazione santa, della quale s'aveva fatta madre; vedesi gittare a terra l'armi con le quali si difendeva, indebilita la volontà e fortificati e' suoi nemici; e truovasi nell'ultima ruina. Già à conceputa la morte: non à se non a partorire; e non si sente né fugge quella creatura come veleno, ma seguita e va dietro al veleno.

L'avelenate cogitazioni e movimenti non potiamo noi tenere che non vengano, perché la carne è pronta ad impugnare contra lo spirito; e il dimonio non dorme mai, anco insegna a noi negligenti essere soliciti a la vigilia. Ma bene può el libero arbitrio legare la volontà ch'ella non consenta, né volontariamente li riceva in casa sua, e può fugire che attualmente non si voglia ritrovare in quello luogo; ma per la sua ciechità pare che voglia aspettare che si vega cadere uno angiolo di cielo, e andarne nel profondo dello 'nferno. Oh maladetta divozione, quanto se' uscita della misura tua! Oh sotile lamo, tu entri queto come el ladro che fura, poi ti fai dimestico della casa; e poi che ài abaccinato l'occhio dello 'ntelletto, ti fai manifesto: e non se' veduto, ma bene si sente la puzza tua.

O carissimo e dolcissimo fratello in Cristo dolce Gesù, tolliamo la mano dell'odio con contrizione di cuore e dispiacimento della colpa, e con essa mano traiamo la brusca dell'occhio, sicché rimanga chiaro acciò che conosciamo questo falso nemico. Fugasi la volontà, che non consenta alle cogitazioni del cuore; e ritragasi el corpo, che in tutto si levi dal luogo e dalla presenzia della creatura. Oimé, oimé, atachianci a l'alboro della croce e riguardiamo l'Agnello svenato per noi, e ine racquistiamo el fuoco del santo desiderio, e con esso desiderio ritroviamo la madre nostra della santissima e umile orazione fedele e continova; altrimenti sarebbe madre senza latte, e non notricarebbe e' figliuoli delle virtù nell'anima con la dolcezza sua.

Subito che aremo ritrovata questa madre riaremo la misura della carità di Dio, con la quale ci conviene misurare l'affetto e l'amore che abbiamo alla creatura che in sé à ragione. Saremo fatti forti: tolta sarà da noi ogni debilezza, e saremo virili, perché sarà spento in noi el piacere feminile che fa el cuore pusilanime; privati saremo della tenebre e andaremo per la luce, seguitando la dottrina di Cristo crocifisso. Tutti fortificati con lo scudo della santissima fede, staremo nel campo della battaglia, non rifiutando labore, né mai voltaremo el capo adietro, ma con longa perseveranzia, senza alcuno timore servile, con timore santo: vedendo e' nostri nemici debili, e noi fatti forti della somma fortezza. E nella perseveranzia vedremo la corona della gloria aparechiata non a chi solamente comincia, ma a chi persevera infino al fine. E però, essendosi l'anima vestita di fortezza è perseverante, altrimenti no. Per la qual cosa vi dissi ch'io desideravo di vedervi vero combattitore, acciò che meglio potiate compire la volontà di Dio e 'l desiderio mio, e sovenire alla vostra necessità.

Ponetevi el sangue di Cristo dinanzi all'occhio dello 'ntelletto vostro, sicché vi faccia inanimare alla battaglia: in questo glorioso sangue s'aneghi la volontà, acciò che muoia, e, come morta, non consenta alle malizie del dimonio né delle creature, né alla fragile carne. E fugite el luogo, se voi avete cara la vita dell'anima vostra; fatto questo, non curate le battaglie né molestie del dimonio, e non ne venite a confusione di mente, ma portate con pazienzia la pena, e con dispiacimento la colpa che seguirebbe a consentire volontariamente e attualmente mandarla in effetto. Non siate negligente, ma solicito; disponete el gusto a sentire l'odore delle virtù e della vera e santa povertà per amore del povaro e umile Agnello. Poi che avete messo mano a l'arato non voltate el capo adietro a mirarlo. Altro non vi dico.

Permanete etc. Fugite nella cella del conoscimento di voi, dove trovarete la larghezza della bontà e carità di Dio, che v'à campato dallo 'nferno. Gesù dolce, Gesù amore.



246

Al priore di Cervaia presso a Genova.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo padre - per reverenzia di quello dolcissimo sagramento -, e figliuolo dico, per santo e vero desiderio (el quale desiderio parturisce l'anima vostra nel conspetto di Dio per santissima orazione, sì come la madre parturisce el figliuolo): io Caterina, misera miserabile serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, vi conforto e racomandomivi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, con desiderio di vedervi el cuore e l'affetto consumato nel consumato ardentissimo suo amore, el quale amore consumò arse e destrusse tutte le nostre iniquità in sul legno della santissima e venerabile croce.

E non finì né finisce mai questo dolce fuoco, ché, se finisse l'affetto suo in noi, verremmo meno, però che finirebbe quello che ci dié l'essere: ché solo el fuoco dell'amore el mosse a trare noi di sé. Anco, pare che provedesse la inestimabile carità di Dio alla fragilità e miseria dell'uomo, che sempre è atto e inchinevole a offendare el suo Creatore: però Dio providde a conservarli la medicina contra la sua infermità. La medicina contra le infermità nostre non è altro che esso fuoco d'amore - el quale amore non è mai spento da te! -. Questo riceve l'anima per medicina quando raguarda in sé piantato el gonfalone de la santissima croce, però che noi fummo quella pietra dove fu fitta e tenne questa croce, però che né chiovo né legno era sofficiente a tenere questo dolce Agnello immaculato, se l'amore e l'affetto non l'avesse tenuto. Quando l'anima raguarda in sé avere tanto dolce e cara medicina non die cadere in negligenzia, ma debbasi levare con l'affetto e col desiderio suo, e distendare le mani con uno odio e dispiacimento di sé medesimo, e fare come fa l'infermo, che odia la infermità e ama la medicina che gli è data per lo medico.

O figliuolo e padre in Cristo Gesù, levianci col fuoco dell'ardentissimo amore, con odio e profonda umilità, cognoscendo noi none essere, ponendo le infermità nostre dinanzi dal medico Cristo Gesù: distendasi la mano nostra a ricevare l'amare medicine che sono date a noi. Queste sono l'amaritudini che spesse volte l'uomo riceve - cioè molte tenebre e tentazioni e confusione di mente, o altre tribolazioni che venissero di fuore -, le quali molto ci paiono allora amare; ma, se faremo come el savio infermo saranno a noi di grandissima dolcezza: cioè che noi raguardiamo all'affetto del dolce Gesù che ce le dà, vedendo che nol fa per odio ma per singulare amore, però che non può volere altro che la nostra santificazione.

Veduta la sua bontà, e noi vediamo la nostra necessità: grande necessità è a noi averle, ché senza esse cadremmo in ruina; ma elle ci fanno cognosciare noi medesimi, lèvanci dal sonno de la negligenzia e tòllonci la ignoranzia, però che n'à fatto bomicare l'atto de la superbia. Per questo nasce una giustizia con una santa e dolce pazienzia in volere sostenere ogni pena e tormento; e reputasi indegno de la pace e quiete de la mente: questo fa l'anima inamorata di Dio che à conceputo in sé perfettissimo odio. Aperto l'occhio dello intendimento, e raguardato in sé la inestimabile bontà e carità di Dio, a costui le pene gli paiono tanto dolci e soavi che non pare che d'altro si possa dilettare: sempre pensa in che modo elli possa sostenere pena, per amore dello Dio suo.

A questo vuole e desidera l'anima mia di vedervi andare, sì che, se Dio ci conduce e concede grazia d'affadigarci e dare la vita per lui, se bisognarà, sia fornita la navicella dell'anima nostra di sangue e del fuoco de la divina carità, cercandolo e acquistandolo per lo modo detto di sopra. Altro non dico.

Abbiate l'occhio sopra i sudditi vostri, e mai non si serri per neuna cosa.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù Gesù.



247

A monna Giovanna, donna di Corrado di Leoncino da Siena, quando io Stefano con essa Caterina tornamo da Vignone.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

A voi, carissima suoro e figliuola in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vestita del vestimento nuziale (Mt 22,11), considerando me che senza questo vestimento l'anima non può piacere al suo Creatore, né ritrovarsi alle nozze della vita durabile (Mt 22,2).

Voglio dunque che siate vestita, e, acciò che meglio vi potiate vestire, voglio che vi spogliate d'ogni amore proprio e sensitivo che aveste a voi o a' vostri figliuoli o a veruna cosa creata, fuore di Dio; non dovete amare né voi né veruna altra cosa fuore di Dio, però che è impossibile che l'uomo serva a due signori - però che se elli serve all'uno, elli è in contempto all'altro (Mt 6,24 Lc 16,13) -: neuno è che possa servire a Dio e al mondo, però che non ànno neuna conformità insieme. El mondo cerca onore, stato, ricchezza, figliuoli in grande stato, gentilezza, piacere e diletto sensitivo: radicati e fondati nella perversa superbia; ma Dio cerca e vuole tutto el contrario: elli vuole povertà volontaria, umiliazione di cuore (Mt 11,29), dispregiamento di sé e d'ogni diletto e piacimento del mondo. E non vuole l'onore proprio, ma l'onore di Dio e la salute del prossimo suo, e cerca solo in che modo si possa vestire del fuoco dell'ardentissima carità, con l'adornamento de le dolci e reali virtù, con vera e santa pazienzia, e che altri non sia vendicativo per veruna ingiuria che gli sia fatta dal prossimo suo. Ma con pazienzia tutto porta (1Co 13,7), e cerca solo di fare vendetta di sé, perché si vede avere offeso la prima dolce Verità. E ciò che ama, ama in Dio; e fuore di Dio non ama cavelle.

E se voi mi diceste: «In che modo debbo amare?», io vi rispondo ch'e' figliuoli e ogni altra cosa si debbono amare per amore di Colui che gli à creati, e non per amore di sé né de' figliuoli, e none offendare mai Dio per loro né per veruna altra cosa; e ciò non amare per rispetto d'alcuna utilità né come cosa vostra, ma come cosa prestata a voi: però che ciò che ci è dato in questa vita ci è dato per uso e in prestanza, e tanto ci è lassato quanto piace alla divina bontà che ce l'à dato. Dovete adunque ogni cosa usare come dispensatrice di Cristo crucifisso, sì della sustanzia temporale - quanto è possibile a voi di poterlo fare a' povarelli che stanno in persona di Dio -, e sì dovete dispensare de' figliuoli vostri, cioè di notricarli e allevarli sempre col timore di Dio, e volere prima che essi muoiano che ellino offendano el loro Creatore.

Fate fate sacrifizio di voi e di loro a Dio. E se voi vedete che Dio gli chiami, non fate resistenzia alla dolce sua volontà, ma, se eglino con l'una mano, e voi - come vera e buona madre e amatrice della salute loro - con le due: non volendo voi eleggere gli stati a vostro modo - però che sarebbe segno che voi gli amaste fuore di Dio -, ma, secondo lo stato che Dio gli chiama, a quello siate contenta. Ché spesse volte dice la madre che ama e' suoi figliuoli nella perversità del mondo: «A me piace bene ch'e' miei figliuoli servano a Dio, ed eglino el possono così servire al mondo come in altro stato». Ma alle semplici madri spesse volte adiviene, volendoli pur annegare nel mondo, che esse non gli ànno poi né a Dio né al mondo. E giusta cosa è che esse ne sieno private spiritualmente e corporalmente, poi che tanta superbia e ignoranzia regna in loro facendo così e volendo ponare legge e regola allo Spirito santo che gli chiama. Costoro non gli amano in Dio né per Dio, ma con amore proprio sensitivo fuore di Dio, ché amano più e' corpi che l'anime loro.

Già mai, dilettissima suoro e figliuola in Cristo dolce Gesù, si potrebbe vestire di Cristo crucifisso (Rm 13,14) chi, prima, di questo non fusse spogliato. Spero, per la bontà di Dio, che questo non toccarà a voi, ma, come vera e buona madre, darete voi e loro a onore e gloria del nome di Dio, e così sarete vestita del vestimento nuziale. Ma a ciò che meglio vi potiate vestire voglio che leviate el desiderio e l'affetto vostro dal mondo e da ogni sua cosa, e che apriate l'occhio dell'intelletto a cognosciare l'amore che Dio v'à, ché per amore v'à dato el Verbo dell'unigenito suo Figliuolo, e 'l Figliuolo v'à data la vita con tanto fuoco d'amore, e à svenato el corpo suo, facendoci bagno del sangue. Ignoranti miserabili a noi, che non cognosciamo né amiamo tanto benefizio! Ma tutto questo è perché l'occhio è serrato, ché, se fusse aperto e avessesi posto per obiecto Cristo crucifisso, non sarebbe ignorante né ingrato a tanta grazia. E però vi dico che sempre apriate questo occhio: fermatelo e stabilitelo nel consumato e svenato Agnello, acciò che ignoranzia non caggia mai in voi. Or su, figliuola dolcissima, non tardiamo più: ricovariamo el tempo perduto, con vero e perfetto amore, sì che in questa vita, vestendoci per grazia del vestimento detto, noi godiamo ed essultiamo nelle nozze della vita durabile, voi insieme con lo sposo e' figliuoli vostri.

E confortatevi dolcemente in Cristo dolce Gesù, e siate paziente e non vi conturbate perché io abbi tenuto troppo Stefano, però che io n'ò presa buona sicurtà, perché per amore e affetto so' fatta una cosa con voi, e però ò preso delle cose vostre come cosa mia. Credo che non l'abbiate avuto troppo per male. Io per voi e per lui infine alla morte voglio adoperare ciò che io potrò. Voi, madre, l'avete parturito una volta, e io lui e voi e tutta la vostra famiglia voglio parturire in lagrime e in sudore, per continue orazioni e desiderio de la salute vostra. Altro non dico.

Racomandatemi a Corrado e benedicete tutta l'altra fameglia, e singularmente la mia pianta novella, che di nuovo s'è cominciata a piantare nel giardino della santa Chiesa. Fate che vi sia racomandato e che voi me 'l notrichiate in virtù, sì che gitti odore fra gli altri fiori. Dio vi riempia della sua dolcissima grazia.

Permanete sempre nella santa e dolce dilezione sua. Gesù dolce, Gesù.



248

A Bartalo Usimbardi e monna Orsa sua donna, e a Francesco di Pipino sarto e a monna Agnesa sua donna, da Firenze.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimi figliuoli e figliuole in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi arsi e consumati nel fuoco de la divina carità, el quale è quello fuoco che, ardendo, non consuma (Ex 3,2) ma fa ingrassare l'anima, e uniscela e transformala in sé, fuoco d'amore divino.

Quando l'anima raguarda sé avere l'essere da Dio solo per amore, e raguardarà che per amore Dio l'à concedute tutte le grazie e li doni che sono fondati sopra l'essere; e poi anco vedrà che per amore Dio etterno à donato a noi el Verbo del Figliuolo suo, perché pagasse per noi el debito al quale eravamo obligati, e traesseci de la oscura pregione e servitudine del demonio, de la quale non poteva l'uomo per sé uscire. Ed esso Verbo divino, diventando uomo mortale, intrò al campo de la battaglia per noi; e sconfiggendo el demonio ruppe la oscura pregione e trasseci de la misera servitù, ne la quale tanto tempo era stata tutta l'umana generazione; e con la croce aperse a noi la porta di vita eterna. E tutto questo à fatto per amore.

Avendoci dunque mostrata la via e aperta la porta, rimane solo da noi se non caminiamo per essa: però che potiamo andare francamente e con grande confidenzia sotto questo gonfalone glorioso de la croce, però che i nemici sono sconfitti, e spaventansi per esso; e il dolce Dio nostro con grandissimo amore ci aspetta e c'invita che andiamo a godere lui, sommo ed etterno bene. O amore inestimabile, o carità immensa, o fuoco di divina carità! Quale sarà quello cuore che, vedendosi amare con tanto fuoco d'amore, che non si dissolva per amore, e che non si transformi tutto in lui? Troppo è duro, e drittamente cuore più duro che 'l diamante, chi non si scalda a tanto fuoco.

Voglio adunque, carissime figliuole mie, monna Orsa e monna Agnesa, che voi vi destiate dal sonno de la negligenzia, e che vi leviate a vedere con l'occhio dell'intelletto tanto fuoco d'amore; e il simile dico a voi, figliuolo mio Francesco. E vedutolo, sarete constretti d'amare; amando, vi sarà leggiero el portare ogni grande fatto per Dio, e subbito si stendarà sopra el prossimo vostro, che è quella cosa che è più amata da Dio: e così adempirete el comandamento dell'amore di Dio e del prossimo. Altro, per la brevità del tempo, non dico per ora, se non che voi vi confortiate in Cristo crucifisso; e bagnatevi nel sangue suo.

E queste donne, Lisa e Alessa e l'altre, vi confortano e vi si racomandano. Benedicete e' figliuoli vostri e confortate Bartolo; e voi Francesco e monna Agnesa benedicete Bastiano.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



249

A Francesco sarto predetto.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimi figliuolo e figliuola in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi veri perregrini.

Ogni creatura che à in sé ragione è perregrino in questa vita, però che non è qui el nostro fine, ma el termine dove doviamo andare, e per lo quale noi fummo creati, è vita eterna. E però voglio che caminiamo, ché la via è fatta - cioè la dottrina di Cristo crucifisso -, per la quale chi va, non va in tenebre, ma giogne a perfettissima luce. Convienci adunque avere la condizione del perregrino, el quale, per diletto che trovasse, né per malagevolezza di camino, non si volta a tornare indietro, né si pone a ristare tra via, ma con perseveranzia camina infine a tanto che giogne al termine suo.

Or così, carissimi figliuoli, conviene fare a noi: noi siamo entrati in questo camino de la dottrina del dolce e amoroso Verbo, per giognere al Padre etterno; e trovianci li mali passi e malagevoli delle ingiurie e scherni de le creature, e de le battaglie de le demonia. E non ci conviene però ponere a sedere, né voltare el capo adietro per impazienzia, ma virilmente col lume de la fede trapassare tutto, e con vera umilità chinare el capo a la dolce voluntà di Dio, che per nostra utilità ci permette questi oscuri passi a ciò che abbi più di che remunerarci, però che, come dice il glorioso Paulo, «Beato è colui che sostiene la tentazione, però che, quando sarà provato, riceverà la corona de la vita» (Jc 1,12). E in un altro luogo dice: «Non sarà coronato se non chi legittimamente avrà combattuto» (2Tm 2,5).

Rallegratevi adunque, quando vi vedete ricevere le molte molestie da le demonia, o da le creature, però che essi vi fabricano la corona; e con vera perseveranzia caminate per la strada de la verità. E così i molti diletti, onori e piaceri, che 'l mondo ci mostrasse, o promettesse, o la nostra fragile carne desiderasse, anco non vi facci ponere a riposare per diletto, ma, come veri perregrini, fate vista di non vedere, seguitando el vostro viaggio con fortezza, infine a la morte, acciò che giogniate al termine vostro. Or così vi prego che facciate per l'amore di Gesù Cristo. Non dico più qui.

Più e più dì sono passati che io scrissi una lettera a Bartalo, ne la quale l'avisai come io v'avevo accattata la indulgenzia di colpa e di pena, a voi due, e a lui e a monna Orsa, e a molti altri di costà; de' quali tutti si farà uno privilegio insieme, per meno impaccio, e mandarello el più tosto che si potrà: sì che rallegratevi in Cristo, figliuoli, e ingegnatevi d'essere grati e cognoscenti al vostro Creatore. Pregovi che le lettere che io vi mando con questa siano bene date. E dite a monna Gostanzia che io l'òe accattata la indulgenzia a lei e a (...).

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio. Tutta questa fameglia vi confortano. Gesù dolce, Gesù amore.



Caterina, Lettere 243