Caterina, Lettere 250

250

All'abbate di santo Antimo.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi con vero e dolcissimo lume, el quale lume è necessario all'anima: cioè d'aprire l'occhio dell'intelletto a vedere e raguardare e giudicare la somma eterna volontà di Dio in noi.

Questo è quello dolce vedere che fa l'uomo prudente e non ignorante; fallo cauto e non leggiermente giudicare la volontà degli uomini, come spesse volte fanno e' servi di Dio con colore di virtù e con zelo d'amore. Esso lume fa l'uomo virtuoso e non timoroso; e con debita reverenzia giudica la volontà di Dio in sé, cioè che quello che Dio permette - o persecuzione o consolazione, o dagli uomini o dal demonio - tutto vede che è fatto per nostra santificazione: godesi de la smisurata carità di Dio, sperando ne la providenzia sua che provede in ogni nostra necessità. Ogni cosa dà con misura, e se cresce la misura, cresce la fortezza. Questo vede l'anima e cognosce quando, alluminato l'occhio dell'intelletto suo, à cognosciuta la volontà di Dio, e però n'è fatto amatore.

Dico che questo lume non giudica la volontà de' servi di Dio, né di veruna altra creatura, ma giudica e à in reverenzia che lo Spirito santo gli guidi; e però non piglia ardire di mormorazione che essi siano guidati dagli uomini, ma solo da Dio. Bene che potremmo dire: è veruno servo di Dio che sia tanto alluminato che un altro non possa vedere più di lui? No, anco è di necessità - per manifestare la magnificenzia di Dio, e per usare l'ordine de la carità - che l'uno servo di Dio con l'altro usino e participino insieme el lume e le grazie e' doni che ricevono da Dio; e perché si vegga che el lume e la magnificenzia de la prima dolce Verità si manifesti infinita, come ella è, e non finita; e perché noi ci aumiliamo a cognoscere el lume e la grazia di Dio ne' servi suoi, e' quali egli pone come fonti: e chi tiene una acqua, e chi ne tiene un'altra. E' quali sono posti in questa vita per dare vita a essi medesimi, e per consolazione e refrigerio degli altri servi di Dio che ànno sete di bere di queste acque, cioè di molti doni e grazie che Dio pone ne' servi suoi: e così soviene a la nostra necessità.

Sì che egli è vero che non è veruno che sia tanto alluminato che spesse volte non abbi bisogno del lume altrui; ma colui che è veramente alluminato di questa dolce volontà di Dio dà lume con lume di fede, non giudicando con mormorazione e scandalo di colui che egli vuole consigliare, ma per sì-fatto modo che sta e rimane senza pena. Se egli s'attiene al consiglio suo, godene; se egli non vi s'attiene, giudica dolcemente che non è senza misterio e senza necessità, e con providenzia e volontà di Dio, e però rimane in pace e in quiete e senza pena, perché è vestito di questa volontà. Non si affanna di parole, participando con altrui e' suoi pareri, anco s'ingegna d'annegarli e di mortificarli nel parere dolce di Dio, offerendoli ogni dubio e timore che egli avesse. Liberamente offera sé, e il dubio che à del prossimo suo, dinanzi a Dio. Or con questa dolce prudenzia vanno e stanno coloro che sono alluminati di questo vero lume: in questa vita gustano vita eterna.

El contrario è di coloro che sono ignoranti: poniamo che servino a Dio, pur s'ànno serbato ancora de' loro giudicii e de' loro pareri, colorati di virtù e di zelo d'amore. E per questo cadiamo spesse volte in grandi defetti e in molti scandali e mormorazioni, e però c'è bisogno el lume vero e schietto. Ma non so che si possa bene avere se non si perde la nuvila e la tenebre di noi, che il nostro parere non sia fermo, ma dia a terra. Oh lume glorioso! O anima abnegata, perduta se' nel lume, ché non vedi te per te, ma vedi solamente el lume in te; e in quello lume vedi e giudichi el prossimo tuo. Così vedi e ami e ài in reverenzia el prossimo tuo nel lume, e non nel tuo parere, né nel falso giudicio dato per amore. Bene è da aprire e speculare con l'occhio dell'intelletto nostro, con la perduta e abnegata volontà; così, col lume dell'amore e reverenzia de la volontà di Dio, e di quella de' suoi servi, acquistaremo el lume e giugnaremo a la perfetta e vera purità. Non saremo scandalizzati ne' servi di Dio, però che non saremo fatti giudici, ma saremo consolati in loro; e de lo stare e dell'andare e d'ogni loro operazione godaremo, avendo giudicato e veduto la volontà di Dio in loro.

Orsù, carissimo padre e figliuolo, ponianci al petto de la divina carità, e ine gustiamo questo dolce e soave latte el quale ci farà venire a la perfezione de' santi, e seguitare le vestigie e la regola dell'Agnello.

Perdaremo el timore e mettarenci fra le spine e fra' triboli; none schifaremo labore; dorrenci dell'offesa de' mormoratori e de lo scandalo degli uomini, portaregli con grande compassione dinanzi a Dio. E noi seguitaremo l'operazioni sante, cominciate per onore di Dio e per salute delle anime, e finiremo ne la sua dolce volontà. Sopra questa materia io non dico più, se non che noi ci anneghiamo nel sangue di Cristo crucifisso senza veruno timore, vi dico, sapendo che se Dio è per noi, neuno sarà che sia contra a noi.

Sopra quella parte che mi mandaste dicendo d'andare in quello luogo solitario a vostra consolazione, non mi pare che sia da lassare la famiglia così sciolta, essendo tutte piante novelle come elle sonno: se già ne venissero altri inconvenienti attuali per li quali poteste vedere veramente che questo fusse el meglio, ma solo per timore, non vedendo altro, non mi pare che sia da fare. Metianci a portare ogni pena e ogni fadiga per Cristo crocifisso e per la salute de le vostre pecorelle. Io vi dico quello che mi pare per ora, fatene quello nondimeno che lo Spirito santo ve ne 'maestra: so' certa che ve ne 'spirarà di fare quello che sarà suo onore.

La mia venuta non so quando ella potrà essere. Non posso sapere quanto io mi starò: spacciarommi el più tosto che si potrà, sempre compiendo in me, nell'andare e ne lo stare, la dolce volontà di Dio, e non quella degli uomini. Fovi sapere, a voi e agli altri che tante pene e cogitazioni vi lassate cadere nel cuore, che io none sto né mi vo affadigando, con le molte infirmitadi, a diletto, se non quanto io so' costretta da Dio per lo suo onore e per la salute dell'anime: se del bene i cuori infermi ne vogliono pigliare male, io non ne posso fare altro. Non debbo io però vollermi indietro, e lassare stare l'arare, ché così parrebbe che noi arassimo a petizione degli uomini: verrebbe la zizania e affogarebbe el grano. Altro non dico.

Racomandatemi etc.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



251

A monna Agnesa donna di Francesco sarto da Fiorenza.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio de vederti vestita de la vera e reale virtù, però che senza la virtù non potiamo piacere a Dio. Ma queste virtù non le puoi trovare altrui che nell'affetto de la carità - e l'affetto de la carità si truova nel dolce e amoroso Verbo -: le quali virtù si nutricano in su l'arbore de la santissima croce.

Tu dunque, come vera figliuola, attaccati a questa arbore a ricogliare di questi frutti, e a questo modo t'inebriarai e vestirai de le vere e reali virtù. Bagnati nel sangue di Cristo crucifisso, e nascondeti nel costato suo; e ine fa una dolce abitazione, per uno cognoscimento di te, e con uno cognoscimento de la larghezza de la sua bontà. Ine concepe uno amore a l'onore suo e a la salute dell'anime, offerendo dolci e amorosi desiderii dinanzi da Dio per loro. Altro non ti dico.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio.

Conforta monna Ginevra e Magdalena e tutte l'altre figliuole. Gesù dolce, Gesù amore.



252
Al padre santo papa Gregorio XI, essendo egli a Corneto.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Santissimo e reverendissimo padre in Cristo dolce Gesù, la vostra indegna e miserabile figliuola Caterina vi si racomanda nel prezioso sangue suo, con disiderio di vedere el cuore vostro fermo, stabile e fortificato in vera e santa pazienzia, considerando me che 'l cuore debile, volubile e senza pazienzia non potrebe venire a fare e' grandi fatti di Dio.

Ogni creatura ragionevole, se vuole servire a Dio ed essere vestita delle virtù, le conviene avere questa costanzia, fortezza e pazienzia; altrimenti non arebe mai Dio ne l'anima. Che se l'uomo si vollesse a le prosperità per disordinato diletto, dilizie o piacimento di sé e del mondo; o alle ingiurie e tribulazioni si vollesse per impazienzia, e lassasse l'affetto delle virtù - le quali virtù à conceputo nell'anima per santo desiderio e vuole acquistare -, esso deba bene vedere che la virtù non s'acquista né diventa perfetta senza el suo contrario. Unde diviene che se egli schifa el contrario, seguita che fugge la virtù, con la quale virtù deba contrastare e abattare el vizio ch'è contrario a la virtù: con l'umiltà cacciare la superbia; le ricchezze e dilizie e stati del mondo con la volontaria povertà; la pace cacci e sconfiggia la guerra de l'anima sua e del prossimo suo; la pazienzia vinca la impazienzia, per amore dell'onore di Dio e della virtù; per odio e dispiacimento di sé portare fortemente con pazienzia li strazii, ingiurie, scherni e villanie, pene di corpo e danni temporali. Così deba fare - e costante, fermo, stabile e paziente -; altrimenti non sarebbe servo di Cristo, ma diventarebbe servo e schiavo della propria sensualità, la quale sensualità li tolle questa costanzia e fallo pusillanimo, con picolo e debile cuore. Ma non deba fare così; anco, si deba ponare per obietto la prima dolce Verità, che col sostenere, portando e sostenendo i difetti nostri, ci richiede la vita.

O padre santissimo, dolcissimo babbo mio, uprite l'occhio de lo 'ntelletto, e con intelligenzia vedete: s'ell'è tanto necessaria la virtù a ogni uomo - a ciascuno per sé medesimo per la salute dell'anima sua -, quanto magiormente in voi - che avete a notricare e governare el corpo mistico della santa Chiesa sposa vostra - bisogna questa costanzia, fortezza e pazienzia! Sapete che come voi intraste, pianta novella, nel giardino della santa Chiesa, voi vi doveste disponare con virtù a resistare al dimonio, a la carne e al mondo, che sonno tre nemici principali, e' quali ci contastano di dì e di notte, che mai non dormono. Spero nella divina bontà, che a parte di questi nemici v'à fatto resistere, e farà in tutto sì ch'egli avrà di voi quel fine per lo quale vi creò, cioè perché rendeste gloria e laude al nome suo, e perché godeste la bontà sua ricevendo l'etterna sua visione, ne la quale sta la nostra beatitudine.

Ora sete vicario di Cristo il quale avete preso a travagliare e combattare per l'onore di Dio, per la salute dell'anime e riformazione della santa Chiesa: le quali cose sonno a voi travagli e pene, in particulare a voi agionte oltre alle bataglie comuni che date sonno a ogni anima che vuole servire a Dio, come detto è. E perché è magiore el peso vostro, però bisogna più ardito e virile cuore, e non timoroso per neuna cosa che avenire potesse. Ché voi sapete bene, santissimo padre, che, come voi pigliaste per sposa la santa Chiesa, così pigliaste a travagliare per lei, aspettando e' molti venti contrarii di molte pene e tribulazioni, che si faceano incontra a combatare con voi per lei. E voi, come uomo virile, fatevi incontra a questi venti pericolosi con una fortezza, pazienzia e longa perseveranza, non vollendo mai el capo adietro per pena né sbigotimento né timore servile, ma perseverante, ralegrandovi nelle tempeste e bataglie.

Ralegrisi el cuore vostro: ché ne' molti contrarii, che sonno avenuti e avengono, si fanno bene e' fatti di Dio; e per altro modo non si fecero mai. Così vediamo che 'l fine della persecuzione della Chiesa, e d'ogni tribulazione che riceve l'anima virtuosa, è la pace acquistata con vera pazienzia e perseveranzia: essa n'esce coronata di corona di gloria. Questo è adunque il rimedio, e però dissi, santissimo padre, ch'io desiderava di vedervi el cuore fermo e stabile, fortificato in vera e santa pazienzia.

Voglio che siate uno albore d'amore inestato nel Verbo amore, Cristo crocifisso, el quale albore, per onore di Dio e salute delle pecorelle vostre, tenga la radice nella profonda umilità. Se voi sarete albore d'amore, radicato così dolcemente, trovarete in voi, albore d'amore, nella cima el frutto della pazienzia e fortezza, e nel mezzo la perseveranzia coronata; e trovarete nelle pene pace e quiete e consolazione, vedendovi conformare in pena con Cristo crocifisso; e così, nel sostenere con Cristo crocifisso, con gaudio verrete dalla molta guerra a la molta pace.

Pace pace, santissimo padre! Piaccia alla santità vostra di ricevare e' vostri figliuoli che ànno offeso voi, padre. La benignità vostra vinca la loro malizia e superbia. Non vi sarà vergogna d'inchinarvi per placare el cattivo figliuolo, ma saràvi grandissimo onore e utilità nel conspetto di Dio e degl'uomini del mondo.

Oimé, babbo, non più guerra per qualunque modo - conservando la vostra coscienzia - si può avere la pace: la guerra si mandi sopra l'infedeli, dove deba andare. Seguitate la mansuetudine e pazienzia de l'Agnello immaculato Cristo dolce Gesù, la cui vece tenete. Confidomi () che, di questo e de l'altre cose, adoperarà tanto in voi che n'adempirà el disiderio vostro e mio - che altro desiderio in questa vita io non ò -, cioè di vedere l'onore di Dio, la pace vostra e la riformazione della santa Chiesa; e di vedere la vita della grazia in ogni creatura ragionevole. Confortatevi che la disposizione di qua, sicondo che m'è dato a intendare, è pure di volervi per padre, e spezialmente questa città tapinella - la quale è sempre stata figliuola della Santità vostra -, la quale, costretta dalla necessità, l'è convenuto fare di quelle cose che le sonno spiaciute: pare a loro che 'l bisogno lo' l'abi fatto fare. Voi medesimo li scusate alla vostra Santità, sì che con l'amo dello amore voi li pigliate.

Pregovi, per l'amore di Cristo crocifisso, che, più tosto che potete, n'andiate al luogo vostro de' gloriosi Petro e Pavolo. E sempre dalla parte vostra cercate d'andare sicuramente; e Idio dalla parte sua vi provedarà di tutte quelle cose che saranno necessarie a voi e al bene della Sposa vostra. Altro non dico.

Perdonate a la mia presunzione. Confortatevi e confidatevi ne' veri servi di Dio, cioè ne l'orazioni loro, che molto orano e pregano per voi. Domandovi, io e gli altri vostri figliuoli, umilemente la vostra benedizione.

Permanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.

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253

A missere Trincia de' Trinci da Fulegno, e a Corrado suo fratello.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimi fratelli in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio de vedervi veri servi di Cristo crucifisso, e legati nel legame dolce della carità.

El quale legame legò Dio ne l'uomo, e l'uomo in Dio; che per sì-fatto modo è perfetta questa unione, che né per morte né per alcuna altra cosa si poté separare. O dolce e vero legame, grande è la forza tua, in tanto che tenesti confitto e chiavellato Dio e Uomo in su el legno della santissima croce, però che né chiovo né altro ferro era sufficiente a tenerlo, se l'amore de l'onore del Padre e della salute nostra non l'avesse tenuto. Sì forte fu, carissimi fratelli, questo amore, e sì perseverante, che né dimonia né altre creature el potero allentare che quest'amore non perseverasse. Le creature non l'allentaro né allentano per le ingiurie che gli erano fatte, e che noi gli facciamo, né per ingratitudine loro né nostra; né le dimonia, ché, molestando noi, non lo impediscono che elli non ami. Né abandonò l'obedienzia del Padre etterno, ma perseverò infine alla morte della croce. Questo dolce e amoroso Verbo, unigenito Figliuolo di Dio, con molta perseveranzia e pazienzia ci manifesta la volontà e verità dolce del Padre etterno suo. La volontà sua è la nostra santificazione, questa è la verità; e per questo fine ci creò Dio, perché fussimo santificati in lui a gloria e a loda del nome suo, e a ciò che noi godessimo e gustassimo l'etterna sua visione.

O dolcissimi e carissimi fratelli, io voglio che raguardiate l'abondanzia e l'abisso della sua carità, però che, perché l'uomo era acecato e diventato ignorante per la colpa sua - non cognosceva questa verità e dolce volontà di Dio -, però si volse umiliare a l'uomo. Oh miserabile superbia! Bene si debba vergognare l'anima d'insuperbire, dove Dio è umiliato e àcci donato el Verbo velato e vestito della nostra umanità. Or chi può agiognere solo alla considerazione di vedere l'altezza di Dio discesa a tanta bassezza: legatosi ne l'uomo, e l'uomo in Dio? Aprite, aprite l'occhio dell'intelletto, e vedrete quella abondanzia del sangue del Figliuolo di Dio, però che l'apritura del corpo suo ci à fatto manifesto che Dio ci ama inestimabilemente, e non vuole altro che el nostro bene, però che, se elli avesse voluto altro, non ci avarebbe dato sì-fatto ricompratore.

Oh inestimabile dolcissima carità! La caverna del corpo tuo è aperta per lo calore del fuoco dell'amore della nostra salute. Tu, Dio etterno, se' fatto visibile, e datoci el visibile prezzo, a ciò che la bassezza dell'intelletto nostro non abbi scusa di non potersi levare: però che tu se' fatto basso, e insiememente la bassezza è unita con l'altezza. Così dunque per forza d'amore si levi lo intelletto e l'affetto de l'uomo, cognoscendo in te la bassezza de la tua umilità, e a cognoscere l'altezza e l'eccellenzia della carità, deità etterna. Così dicesti tu, dolce e amoroso Verbo: «Se io sarò levato in alto, ogni cosa tirarò a me (Jn 12,32). Quasi volesse dire questa dolce verità etterna: «Se io sarò abbassato alla umiliazione» dell'obrobiosa morte della croce, io trarrò e' cuori vostri all'altezza della divinità e carità increata». Però che, tratto el cuore de l'uomo, si può dire che sia tratto tutto l'affetto e le potenzie dell'anima, con tutti gli essercizii spirituali e temporali; e anco perché ogni cosa creata è fatta in servizio de l'uomo: tratto dunque l'uomo, è tratto tutto. E però disse: «Se io sarò levato in alto, ogni cosa tirarò a me». Bene è dunque da aprire l'occhio dell'intelletto, e raguardare l'affetto del suo Creatore.

Voglio dunque che pensiate, carissimi fratelli, che, quando l'occhio dell'intelletto è offuscato con l'amore proprio sensitivo, non può cognoscere questa verità, però che come l'occhio infermo, pieno di terra e di carne, non può vedere la luce del sole, così l'occhio dell'anima non può vedere, se è ricoperto di terra di disordenato amore e affetto del mondo - cioè di queste cose transitorie, che passano come el vento -, o se è ricoperto d'affetto carnale, non vivendo onestamente, ma disonestamente s'involle nel loto della miseria della carnalità; la quale miseria fa diventare l'uomo animale bruto, e tollegli el lume e 'l cognoscimento.

Questi cotali non possono cognoscere questa verità, anco sono fatti amatori della bugia; e seguitano le vestigie del padre loro, cioè el dimonio, che è padre delle bugie.

Voglio dunque che leviate l'occhio dell'intelletto e l'amore da queste cose transitorie, e da ogni vizio carnale, e purifichiate l'anima vostra col mezzo della santa confessione. Non dico però che lassiate lo stato vostro più che lo Spirito santo ve ne 'spiri; ma voglio che 'l teniate col santo timore di Dio, virilmente stando come uomini virtuosi e non come animali; tenendo con giustizia e con benignità e' sudditi vostri. E lo stato del santo matrimonio, tenerlo; e non vogliate contaminarlo, cioè romparlo per neuno appetito disordenato, ma rifrenare i sentimenti vostri con la memoria del sangue di Cristo, e dell'unione della natura divina unita con la natura umana. Vergognarassi allora la miserabile carne nostra di venire a tanta miseria, e sentirà l'odore della purità, avendo questa santa considerazione; e con reverenzia e timore di Dio starà nel santo matrimonio. E abbiate in reverenzia e' dì che sono comandati dalla santa Chiesa.

Facendo così, sarete arbori fruttiferi, e 'l frutto che escirà di voi sarà buono, e rendarà gloria e loda al nome di Dio; e sarete innestati nell'arbolo della vita, Cristo dolce Gesù, el quale vi legarà in quello legame forte dell'amore che 'l tenne confitto e chiavellato in croce. E così voi participarete questa fortezza, essendo legati con Dio e col prossimo con questo dolce legame, in tanto che non sarà dimonio né creatura che ve ne possa trare che voi non siate forti e perseveranti infine alla morte. Né per ingratitudine delli uomini cui voi serviste - e' quali fussero ingrati verso di voi -, né per diverse e molte cogitazioni che el dimonio vi mettesse nel cuore - d'odio e di molti dispiacimenti del prossimo vostro -, non allentarà però l'amore, né vi torrà la fortezza, essendo uniti e legati nel legame della carità, come detto è, anco sarete veri servi di Cristo crucifisso nello stato vostro. In altro modo non potreste participare la vita della grazia, e però dissi che io desideravo di vedervi veri servi di Cristo crucifisso, e legati nel legame dolce della carità.

Spero nella bontà di Dio che adempirete la volontà sua e 'l desiderio mio, e questo sarà per la sua bontà, e per lo servizio che fate alla dolce Sposa sua; perché elli è lo Dio nostro grato e cognoscente a coloro che el servono. Molto gli sono grati tutti e' servizii che gli facciamo, ma tra gli altri che gli sia molto grato è quello che si fa in servizio della santa Chiesa, in qualunque modo e in qualunque stato noi le serviamo. E' vero che quanto più l'uomo le serve con schietto cuore e senza alcuno rispetto, tanto egli è più piacevole (non di meno ognuno gli è piacevole, ed è misurato secondo la misura dell'amore), e come elli remunera el servizio, così punisce l'offesa; e come elli è più remunerato, così è più punito colui che offende. Questo perché è? Perché serve el sangue di Cristo, e diserve el sangue di Cristo: e però seguita più remunerazione, e più punizione.

Dunque, dolcissimi fratelli in Cristo dolce Gesù, siatemi servi fedeli a Cristo crucifisso e alla sposa dolce sua; e così gustarete e cognosciarete la volontà etterna di Dio, la quale non vuole altro che la nostra santificazione, e, come detto è, ce l'à mostrata con la bassezza della nostra umanità, e col sangue dolce sparto per noi con tanto fuoco d'amore. Lavatevi per fede e speranza nel sangue di Cristo crucifisso; e con questa dottrina notricate la fameglia vostra. Altro non dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




254

A Petro di missere Jacomo Attagusi de' Tolomei.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimo e dilettissimo fratello in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi amatore e servitore di Cristo crucifisso, però che in altro modo non potiamo piacere a Dio.

E questo doviamo fare per debito, però che ogni creatura che à in sé ragione, è tenuta e obligata d'amarlo: però che da Dio non aviamo ricevuto altro che servizio, diletto e piacere. E àcci amati senza essere amato da noi, però che, non essendo, ci creò alla imagine e similitudine sua (Gn 1,26); e, perdendo la grazia per lo peccato e disobedienzia di Adam, ci donò el Verbo dell'unigenito suo Figliuolo solo per amore, non perché da noi avesse ricevuto servizio, ma offesa. E per l'offesa eravamo caduti in guerra con Dio; ed esso Dio, offeso da noi, ci donò el Verbo del Figliuolo suo, e fecelo nostro mezzo e tramezzatore, facendo pace della grande guerra col prezioso sangue dell'Agnello. Dunque l'obedienzia sua à sconfitta la disobedienzia di Adam; e come per la disobedienzia contraemmo tutti peccato, così per l'obedienzia del Figliuolo di Dio aviamo tutti contratto la grazia.

Ed è infinita la grazia che noi riceviamo per mezzo di questo Verbo, però che tanto quanto l'uomo offende, ed elli ritorna al sangue di Cristo con dolore e amaritudine della colpa sua, tanto riceve misericordia, essendoci ministrato el sangue con la santa confessione. Però che, bomicando el fracidume delle nostre iniquitadi per la bocca, cioè confessandoci bene e diligentemente al sacerdote, elli allora assolvendoci ci dona el sangue di Cristo; e nel sangue si lava la lebbra de' peccati e de' difetti che sono in noi. Tutto questo dono ci à dato Dio per amore, e non per alcuno debito; dunque bene siamo tenuti d'amare, e doviamo amarlo, se noi non vogliamo l'etterna dannazione.

Ma attendete a una cosa: che chi farà contra a questo sangue, o terrà con coloro che perseguitano el sangue - cioè che con ingiuria, scherni e rimproverio perseguitano la Sposa di Cristo -, questi cotali già mai, se essi non si correggono, non participaranno el frutto del sangue. E non lo' sarà scusa perché s'amantino col mantello de' difetti de' ministri del sangue, dicendo: «Noi perseguitiamo e' difetti de' mali pastori»; ché siamo venuti a tanto, noi falsi cristiani, che ci pare fare sacrifizio a Dio facendo persecuzione alla Sposa sua. Ché, poniamo che i ministri sieno dimoni incarnati e pieni di molta miseria, non doviamo però noi essere manigoldi né giustizieri di Cristo, però che essi sono gli onti suoi; e vuole che rimanga a lui a fare la giustizia di loro, o a cui elli l'à commessa. E s'è signore temporale, o legge civile, non se ne può impacciare che non caggia nella morte dell'anima sua, perché non vuole Dio. Costui non mostra segno che elli ami el suo Creatore, anco mostra segno d'odio. Bene è ignorante e miserabile colui che si vede tanto amare, che elli non ami; e grande è la pazienzia di Dio che sostiene tanta iniquità.

Non ci scordiamo dunque da servire e amare el nostro Creatore - perché siamo tenuti d'amarlo, come detto è -, e il servire non è vergogna, però che el servire a Dio non è essere servo, ma è regnare; e tanto quanto è più perfetto el servigio, e più si sottomette a lui, tanto è più libero e fatto signore di sé medesimo, e non è signoreggiato da quella cosa che non è, cioè el peccato. Però che a maggiore miseria non si può recare l'uomo, che farsi servo e schiavo del peccato: però che perde l'essere della grazia, e serve a non cavelle, e diventa non cavelle. Bene è dunque miserabile cosa de l'uomo cieco e stolto e senza veruno lume, che elli avilisca tanto sé medesimo per diservire el suo Creatore, e per servire al dimonio e al mondo con le sue delizie - che non à alcuna fermezza - e alla propria sensualità; e lassa di servire la bontà infinita, che l'ama tanto inestimabilemente, e sì dolce e glorioso signore, el quale ci à ricomprati non d'oro né d'argento, ma del prezioso sangue dell'unigenito suo Figliuolo (1P 1,18-19). E non è alcuno che possa ricalcitrare a lui, però che noi siamo venduti; e non ci potiamo più vendere né a dimonio né a creature, servendo alle creature fuore di Dio.

Noi siamo bene tenuti e obligati di servire al prossimo nostro, ma non di servizio che sia contra alla volontà di Dio. O quanto è gloriosa la signoria che l'anima acquista per servire al suo Creatore! Però che elli signoreggia tutto quanto el mondo, e fassi beffe de' costumi e de' modi suoi; e signoreggia sé medesimo, e non è signoreggiato da l'ira né dalla immondizia né da alcuno altro vizio, ma tutti gli signoreggia con l'affetto e amore della virtù. Molti sono che signoreggiano le città e le castella, e non signoreggiano loro: ogni signoria senza questa è miserabile e non dura. E sempre la tiene imperfettamente, e con poca ragione e con meno giustizia; ma farà ragione e giustizia secondo la propria sensualità e amore proprio di sé, e secondo el piacere e volontà delli uomini. Allora non è giustizia, ma è ingiustizia, però che la giustizia non vuole essere contaminata con l'amore proprio, né con dono di pecunia né di lusenghe e piacere d'uomo. E colui che ama vorrà inanzi morire che offendere Dio, o in questo o in alcuna altra cosa: allora è servo fedele, ed è fatto signore di sé medesimo, signoreggiando la propria sensualità ed el libero arbitrio con la ragione.

Adunque, poi che è di tanta dignità l'amare e servire a Dio, ed è necessario alla salute nostra - e il contrario è tanto pericoloso e di tanta miseria -, voglio e pregovi, fratello carissimo, che voi el serviate con tutto el cuore e con tutto l'affetto e non aspettiate el tempo, però che non sete sicuro d'averlo: però che noi siamo condennati alla morte, e non sappiamo quando. E però non doviamo perdere el tempo presente per quello che non siamo sicuri d'avere. E perché abbiamo detto che noi siamo tenuti d'amare Dio, colui che ama debba fare utilità a colui cui elli ama, e debba servirlo. E io veggo che a Dio non potiamo fare utilità, però che pro non gli facciamo del nostro bene, né danno del nostro male.

Che doviamo dunque fare? Doviamo rendere gloria e loda al nome suo, e menare la vita nostra piena d'odore di virtù; e il frutto e la fadiga dare al prossimo: cioè con nostra fadiga fargli utilità; e servirlo in quelle cose che sono secondo Dio; e portare e sopportare e' difetti suoi con vera carità, ordenata e non disordenata. Amore disordenato è di commettere la colpa per campare e piacere al prossimo. Non vuole essere così, anco l'ordenato amore in Dio non vuole ponere l'anima sua per campare tutto quanto el mondo: che se fusse possibile che, per commettere uno peccato, elli mandasse ogni creatura che à in sé ragione a vita etterna, nol debba fare. Ma bene debba ponere la vita sua corporale per l'anima del prossimo suo, e la sustanzia corporale per campare el corpo. Or per questo modo e con questo mezzo del prossimo ci conviene amare Dio; e così mostraremo che noi l'amiamo. Così sapete che Cristo disse a santo Pietro, quando disse: «Pietro, àmimi tu?», e rispondendo Pietro, che bene sapeva se elli l'amava, compite le tre volte, disse: «Se tu m'ami, pasce le pecorelle mie» (Jn 21,15-17).Quasi dica: a questo m'avedrò che tu m'ami, non potendo fare utilità a me: se soverrai al prossimo tuo, notricandolo e dandoli la fadiga tua con la santa e vera dottrina.

A noi conviene sovenirlo, secondo l'attitudine nostra, chi con la dottrina, e chi con l'orazione, e chi con la sustanzia; e chi non può con la sustanzia, sovenire con gli amici, a ciò che noi stiamo sempre con la carità del prossimo, facendo utilità a questo mezzo che Dio ci à posto. Unde io vi richeggio a voi per grazia e per misericordia - e così diciarò la parola di Cristo: «Petro, ami tu el tuo Creatore e me? Or mi serve nel prossimo tuo, che à bisogno e necessità» -, giusta al vostro potere, sempre messo inanzi l'onore di Dio, senza alcuna offesa.

Io ò inteso che Luisi della Vigna da Capova, fratello di frate Ramondo, è preso dalla gente del Prefetto, el quale era con la gente della Reina; e ànnoli posto di taglia quattromilia fiorini, la quale cosa non è possibile a lui di fare, però che è povaro. Prego dunque voi, e strengo in quella ardentissima carità la quale Dio à mostrata a voi e a ogni creatura per mezzo del sangue del suo Figliuolo, che voi preghiate el Prefetto per vostra parte - ché ò inteso che el potere fare -, e per mia, che per amore di Cristo crucifisso ci faccia questa grazia e misericordia: che elli sia lassato, e non gli sia richiesto quello che non può fare. E ditegli che questa è limosina; e faccia ragione che Dio per questo gli conservi el tempo a correggere la vita sua, e venga a vera virtù, e a pace e a quiete dell'anima e del corpo, e spezialmente a reverenzia e a obedienzia della santa Chiesa, sì come servo e fedele cristiano. Però che doppo questo ne gli seguita la vita durabile, dove à vita senza morte e luce senza tenebre, sazietà senza fastidio e fame senza pena. E io m'obligo a lui e a voi, di sempre - mentre che io vivarò - offerire continue orazioni, lagrime e desiderii per la salute vostra, secondo che la divina grazia mi concederà. Altro non ò che darvi. Fate quello di lui che di me medesima, per l'amore di Cristo crucifisso e a ciò che dimostriate l'amore che voi gli avete, e per amore di me e di frate Ramondo, che è padre dell'anima mia. Racomandatemi al Prefetto, e diteli che seguiti le vestigie di Cristo crucifisso, e annieghisi nel sangue di Cristo crucifisso. Non dico più.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




Caterina, Lettere 250