Caterina, Lettere 281

281

A Neri di Landoccio.

Carissimo e dilettissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedere in te el lume de la santissima fede, acciò che mai di neuna cosa che t'avenga ti scandalizzi, ma in tutti i misterii di Dio si pacifichi la mente tua, raguardando l'amore ineffabile che mosse lui a trarci di sé creature ragionevoli, e dare a noi la imagine e similitudine sua (Gn 1,26), e a ricomperarci del sangue de l'umile immaculato Agnello.

Facendo così, ciò che ti adiverrà averai in debita reverenzia, e con vera umilità anegarai ogni tuo parere, quando alcuna volta per illusione del demonio ti paresse vedere escire le cose fuore dell'ordine loro, per molte occupazioni mentali, e molti dolci tormenti corporali. Non dico più.

Permane ne la santa e dolce dilezione di Dio. Cristo benedetto ti doni la sua dolce etterna benedizione.

Gesù dolce, Gesù amore.



282

A missere Nicola da Osimo, secretario e protonotario di nostro signore lo papa.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimo e reverendo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi colonna ferma che non si muova mai se non in Dio, none schifando né refiutando el labore e la fadiga che durate nel corpo mistico della santa Chiesa, sposa dolce di Cristo, né per ingratitudine e ignoranzia che trovaste in coloro che si pascono in questo giardino, né per tedio che ci venisse di vedere le cose della Chiesa andare con poco ordine.

Però che spesse volte adiviene che quando l'uomo s'affadiga in una cosa, e poi non viene compiuta in quello modo ed effetto che esso desidera, la mente ne viene a tedio e a tristizia, quasi cogitando in sé medesimo e dicendo: «Meglio t'è di lassare stare questa operazione che ài cominciata e fatta tanto tempo, e anco non è venuta a fine; e cerca la pace e la quiete della mente tua». Arditamente allora debba rispondere l'anima con fame de l'onore di Dio e della salute dell'anime, e refiutare la consolazione propria, e dire: «Io non voglio schifare né fuggire fadiga, perché io non so' degno della pace e quiete della mente, anco voglio permanere in quello stato che io so' eletto, e virilmente dare l'onore a Dio con mia fadiga, e la fadiga al prossimo mio». Bene che alcuna volta el dimonio, per farci venire a tedio le nostre operazioni, sentendovi la poca pace della mente, gli porrà dinanzi questo, dicendo nella mente sua: «In questo io offendo più che io non merito, e però vorrei volentieri fuggire, non per fadiga, ma per non offendere».

O carissimo padre, né a voi né al dimonio, quando vi mettesse questi pensieri nel cuore e nella mente, non date luogo né credete, ma con allegrezza e con santo e affocato desiderio abbracciate le fadighe, e senza alcuno timore servile. E non abbiate timore in quello d'offendere, però che l'offesa c'è manifesta nella disordenata e perversa volontà, però che, quando la volontà non fusse ordenata in Dio, allora è offesa.

Che, perché l'anima sia privata della consolazione e dell'essercizio dell'offizio e de' molti psalmi, e di non dirlo al luogo e al tempo suo, né con quella mente pacifica che esso medesimo vorrebbe, non è perduto però el tempo suo, anco è essercitato pur per Dio. Unde non ne debba pigliare pena ne la mente sua; e spezialmente quando s'affadiga ed essercita in servizio della Sposa di Cristo, però che, per qualunque modo e di qualunque cosa noi ci affadighiamo per liei, è di tanto merito ed è tanto piacevole a Dio che lo intelletto nostro non è sufficiente a vederlo né a poterlo imaginare.

Ricordomi, dolcissimo padre, d'una serva di Dio alla quale fu manifestato quanto era piacevole a lui questo servizio; e questo dico a ciò che siate inanimato a sostenere fadiga per lei. Avendo una volta, fra l'altre, questa serva di Dio - secondo che io intesi - grandissimo desiderio di ponere el sangue e la vita, e tutte le 'nteriora sue distruggere e consumare, nella Sposa di Cristo, cioè la santa Chiesa, levato l'occhio dell'intelletto suo a cognoscere sé medesima non essere per sé, e a cognoscere la bontà di Dio in sé - cioè vedere che Dio per amore l'aveva dato l'essere e tutte le grazie e doni che erano posti sopra l'essere -, unde vedendo e gustando tanto amore e abisso di carità, non vedeva in che modo potesse rispondere a Dio, se non con amore; ma perché utilità a lui non poteva fare, non gli poteva dimostrare l'amore: però si dava a vedere e cognoscere se trovava da amare alcuno mezzo per lui, per cui manifestasse l'amore.

Unde ella vedeva che Dio sommamente amava la sua creatura che à in sé ragione; e quello amore che ella trovava in sé, quello trovava in tutti, però che tutti siamo amati da Dio. E questo era quello mezzo che ella trovava che manifestava se ella amava o no, e in cui ella poteva fare utilità. Unde ella allora si levava ardentemente nella carità del prossimo, e concepeva tanto amore alla salute loro, che volentieri averebbe data la vita per la salute loro, sì che quella utilità che non poteva fare a Dio desiderava di fare al prossimo suo. E poi che ebbe veduto e gustato che le conveniva rispondere col mezzo del prossimo, e così renderli amore per amore - sì come Dio col mezzo del Verbo del suo Figliuolo ci à manifestato l'amore e la misericordia sua -, così vedendo ch'è col mezzo del desiderio de la salute dell'anime, dando l'onore a Dio e la fadiga al prossimo, guardava in che giardino e in su che mensa si gustava el prossimo.

Allora manifestava el nostro Salvatore, dicendole: «Dilettissima figliuola, nel giardino della sposa mia te 'l conviene mangiare, e in su la mensa della santissima croce, cioè con tua pena e con cruciato desiderio, e con vigilie e orazioni, e con ogni essercizio che tu puoi, senza negligenzia. E sappi che tu non puoi avere desiderio della salute dell'anime che tu non l'abbi della santa Chiesa, perché è el corpo universale di tutte le creature che participano el lume della santa fede; e non possono avere vita, se non sono obedienti alla sposa mia. E però debbi tu desiderare di vedere i prossimi cristiani e infedeli e ogni creatura che à in sé ragione, che si paschino in questo giardino, sotto el giogo della santa obedienzia, vestiti del lume della fede viva, con sante e buone operazioni, però che fede senza opera è morta (Jc 2,17-26).

Questo è quello desiderio e fame generale di questo universale corpo; ma ora ti dico e voglio che tu cresca fame e desiderio, e disponghiti a ponere la vita, se bisogna, in particulare nel corpo mistico della santa Chiesa, per reformazione d'essa sposa mia, però che, essendo reformata, seguita l'utilità di tutto quanto el mondo. Come? però che con la tenebre e ignoranzia e amore proprio e immondizie, e con enfiata superbia, à generato e genera tenebre e morte nell'anime de' sudditi. Unde io invito te e gli altri servi miei che v'affadighiate in desiderio in vigilie e orazioni e in ogni altro essercizio, secondo l'attitudine che io dò a voi; però che io ti dico che a me è tanto piacevole questa fadiga e servigio che si fa a lei, che non tanto che sia remunerata ne' servi che ànno dritta e santa intenzione, ma anco sarà remunerata ne' servi del mondo, e' quali spesse volte per amore proprio di loro la servono, e anco tal volta per reverenzia della Chiesa.

Unde io ti dico che non sarà neuno che con reverenzia la serva, tanto l'ò per bene, che non sia remunerato - e dicoti che non vedrà morte etternale -; sì come coloro che offendono e diservono la sposa mia con poca reverenzia: io non lassarò impunita quella offesa, o per uno modo e per uno altro».

Allora, vedendo tanta grandezza e larghezza nella bontà di Dio, e quello che si doveva fare per più piacere a lui, cresceva tanto el fuoco del desiderio, che, se possibile le fusse stato mille volte el dì di dare la vita per la santa Chiesa - e bastasse di qui all'ultimo dì del giudicio -, le pareva che fusse meno che una gocciola di vino nel mare; e così è veramente. Voglio adunque e vi invito alle fadighe per liei, come sempre avete fatto, sì che siate colonna, el quale sete posto per appoggiare e aitare questa sposa; e così dovete essere, come detto è, sì che né consolazione né tribulazione vi muova mai. Né perché vengano i molti venti contrarii per impedire quelli che vanno per la via della verità, non doviamo noi per alcuna cosa vòllere el capo adietro. E però vi dissi che io desideravo di vedervi colonna ferma. Orsù dunque, carissimo e dolcissimo padre, però che el tempo è nostro, in questa sposa, di dare l'onore a Dio e la fadiga a lei. Pregovi per l'amore di Cristo crucifisso, che preghiate el santo padre che ogni remedio che si può pigliare - conservando la conscienzia sua - nella reformazione della santa Chiesa e ne la pace di tanta guerra quanta si vede in dannazione di tante anime, che elli el pigli con ogni sollicitudine, e non con negligenzia: però che d'ogni negligenzia e poca sollicitudine Dio el riprendarà durissimamente, e richiederalli l'anime che per questo periscono. Racomandatemeli, e umilemente gli dimando la sua benedizione. Altro non dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



283

A frate Tommaso da la Fonte dell'ordine de' Predicatori.

Laudato sia el nostro dolce Salvatore.

A voi, dilettissimo e carissimo padre in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, indegna vostra figliuola nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, desidero di vedervi transformato e affogato ne l'abondantissimo sangue, el qual sangue ci farà inanimare e corrire in sul campo de la battaglia, sì come fece quella innamorata dolce di Lucia, che tanto fu inamorata, con una continua memoria del sangue del Figliuolo di Dio, che corse con animo virile a fare sacrificio del corpo suo.

Così prego io el nostro dolce Salvatore ch'ella ci guidi a sbradare e a macellare le corpora nostre. Non vi maravigliate, carissimo padre, che io non mi posso saziare di questo sacrifizio, però che di nuovo, el dì de la festa sua, mi fece gustare el frutto del martirio suo, ritrovandomi per desiderio a la mensa dell'Agnello, el quale diceva a me, misera miserabile: «Io so' mensa e so' cibo»; e essa mano dello Spirito santo n'era porgitore e dolcemente serviva a' veri gustatori. Ine si vedeva piena la dolce parola che disse la dolce bocca de la Verità: «Ne la casa del Padre mio à molte mansioni» (Jn 14,2).

O dolcissimo padre, quanto erano differenti e' frutti de le virtù le quali avevano adoperate in questa vita! Ognuno gustava con la natura angelica la somma beatitudine; ine si vedeva tanta verità - che l'anima mia confessa che io non ne fui mai amatrice -, però io dimandava nel conspetto di Dio, per mezzo di lei, che ci rivestisse del vestimento de la verità: sento tanta rinnovazione nell'anima mia che la lingua non sarebbe sofficiente a dirlo. Oimé oimé, che io non voglio dire più, se non ch'io prego quella dolcissima luce che ci conduca tosto a essare svenati per la verità.

Mandastemi dicendo ch'io scrivesse a Caterina, e che io ne venisse tosto, e che monna Agnesa voleva fare el suo testamento. Non ò scritto a Caterina, né all'altre mie dilettissime figliuole, per lo poco tempo che io ò, e così me lo' scusate e tutte le benedicete da parte di Gesù Cristo e da mia e di queste altre, mille migliaia di volte. Sappiate che l'onore di Dio si vede ne' prelati più che per me si vedesse mai: parmi che Dio ci voglia dare mangiare de' buoni bocconi grossi; e anco vi dico che 'l monisterio di Ripoli è escito de le mani del dimonio. Alessa e Caterina e Cecha vi si mandano molto racomandando.

Caterina vostra schiava, serva de' servi di Dio, vi si racomanda.



284

A missere "Simone" cardinale di Luna.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Reverendissimo e carissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi amatore dolce della verità - la quale verità ci libera (Jn 8,32) -, però che neuno è che possa fare contra alla verità.

Ma questa verità non pare che si possa avere perfettamente, se l'uomo non la cognosce, però che, non cognoscendola, non l'ama; e non amandola non truova in sé né seguita questa verità. Ècci dunque bisogno el lume della santissima fede, el quale lume è la pupilla dell'occhio dell'intelletto; col quale occhio - essendovi el lume della santissima fede - l'anima cognosce la verità dolce di Dio, vedendo in verità che Dio non vuole altro che la nostra santificazione; e ciò che Dio dà e permette a noi in questa vita el dà solo per questo fine, cioè perché noi siamo santificati in lui. Chi ci dimostra questa verità, che elli non vuole altro di noi, e che Dio ci creò alla imagine e similitudine sua (Gn 1,26) perché noi godessimo di lui, participando del suo etterno bene? El sangue dell'unigenito suo Figliuolo, sparto con tanto fuoco d'amore, nel quale sangue fummo recreati a grazia: però che, se Dio non avesse voluto e non volesse il nostro bene, non ci avarebbe dato sì-fatto ricompratore. Sì che nel sangue cognosciamo la verità col lume della santissima fede, la quale sta nell'occhio dell'intelletto.

Allora l'anima s'accende e notricasi in amore di questa verità; e per amore della verità elegge di volere morire prima che scordarsi da la verità. E non tace la verità, quando elli è tempo da parlare (), perché non teme li uomini del mondo, né teme di perdere la vita, però che già à disposto di darla per amore della verità, ma solo teme Dio. La verità arditamente riprende, però che la verità à per compagna la giustizia santa, la quale è una margarita che debba relucere in ogni creatura che à in sé ragione, ma singularmente nel prelato. La verità tace quando elli è tempo da tacere (), e tacendo grida col grido della pazienzia, però che ella non è ignorante, anco discerne e cognosce dove più sia l'onore di Dio e la salute dell'anime.

O carissimo padre, inamoratevi di questa verità, a ciò che voi siate una colonna ferma nel corpo mistico della santa Chiesa, dove si debba ministrare questa verità, però che verità è in lei; e perché verità è in lei, vuole essere ministrata da persone veritiere, e che ne sieno inamorati e illuminati, e non sieno ignoranti né idioti della verità. Ma e' mi pare che la Chiesa di Dio n'abbi grandissimo caro de' buoni ministratori, però che è tanto ricresciuta la nuvila dell'amore proprio di noi nell'occhio dell'intelletto, che neuno pare che possa vedere né cognoscere questa verità. E però non l'amano, però che, essendo ripieni dell'amore sensitivo e particulare di loro medesimi, non possono empire il cuore e l'affetto dell'amore della verità; e così si truovano in bugie e in menzogne le bocche di coloro che sono fatti anunziatori della verità. E io, carissimo padre, ve ne posso rendere ragione che elli è così, però che nel luogo dove io so', lassiamo andare de' seculari - che si truovano de' gattivi assai e pochi de' buoni -, ma de' religiosi e cherici seculari, e singularmente i frati Mendicanti - e' quali sono posti dalla dolce Sposa di Cristo per annunziare e bandire la verità -, essi si scordano dalla verità, e in polpito la niegano. Credo che i miei peccati ne sieno cagione.

Questo dico per lo interdetto che essi ànno rotto; e non tanto che essi abbino fatto il male, ma essi consigliano una parte - che ce n'è - che con buona conscienzia si può celebrare, e i secolari andarvi; e dicono che chi non vi va commette difetto. E ànno messo el populo in tanta eresia, che è una pietà pur a pensarlo, non tanto che a vederlo. E questo lo' fa dire e fare il timore servile delli uomini, e il piacere umano, e il desiderio dell'offerta. Oimé, oimé! io muoio e non posso morire, a vedere essere privati della verità quelli che dovarebbero morire per la verità. Voglio dunque, dolce padre mio, che v'inamoriate della verità, a ciò che il santo principio che faceste, cognoscendo che la Sposa di Cristo aveva bisogno di buono e santo pastore - e per questo vi metteste senza timore a ogni cosa -, voglio che venga in effetto con perseveranzia.

Io vi prego che siate alli orecchi di Cristo in terra a sonarli continuamente questa verità; sì che in essa verità reformi la Sposa sua. E diteli con cuore virile che la reformi di buoni e santi pastori, in effetto e in verità, non solamente col suono della parola, però che, se si dicesse e non si facesse, questo non sarebbe cavelle. E se non si facesse i buoni pastori, mai non adempirebbe el desiderio suo di reformarla. Voglia dunque, per amore di Cristo crucifisso, con l'asprezza e con la dolcezza dibarbicare e' vizii e piantare la virtù, giusta al suo potere. E piacciali di pacificare Italia; a ciò che poi di bella brigata, levando el gonfalone della croce, facciamo sacrifizio di noi a Dio per amore della verità. E pregatelo che non lassi passare le colpe impunite, e spezialmente quelle di coloro che sono contaminatori della fede santa per l'amore proprio di loro.

E vogliasi vedere i servi di Dio da lato, e' quali schiettamente gli aiuteranno a portare le fadighe sue, però che, se elli vorrà trare la marcia di questo malore, gli converrà sostenere delle persecuzioni, e il bastone delle lingue delle creature - ed elli, e voi, e gli altri. Ma se voi sarete amatori della verità, con la margarita della giustizia condita con misericordia - cioè che non si ponga maggiore peso che si possa portare -, non curerete cavelle, né vollarete el capo indietro a mirare l'arato (Lc 9,62), per alcuna cosa che sia, ma sarete constanti e perseveranti infine alla morte. E se cognosciarete e sarete amatori della verità, non vi daranno timore le pene, ma nelle pene vi dilettarete; ma se non fuste in questo dolce e suave amore della verità, l'ombra vostra vi farebbe paura. Unde, considerando me che altra via non c'è, dissi che io desideravo di vedervi amatore dolce della verità. Pregovi dunque per l'amore di Cristo crucifisso, e per quello dolce sangue sparto con tanto fuoco d'amore, che voi vi facciate sposo della verità, a ciò che sia adempita in voi la voluntà di Dio, e 'l desiderio dell'anima mia, che desidero di vedervi morire per la verità. Altro non vi dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



285

Al detto padre santo Gregorio XI, poi che fu gionto a Roma.

Al nome di Gesù Cristo e di Maria dolce.

Santissimo e reverendissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, indegna vostra figliuola, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi ricevere vera e perfetta pace da' sudditi e figliuoli vostri tornando al giogo della santa obedienzia, sì che voi potiate vivere con pace e quiete ne l'anima e nel corpo; e Dio per la sua inestimabile bontà e carità infinita mi dia grazia ch'io vi vega quel mezzo il quale facciate pacificare l'anima con Dio, della guerra che ànno per li difetti suoi commessi contra la sua ineffabile bontà, e contra la Santità vostra. E non dubito che, facendosi questa pace, sarà pacificata tutta Italia, l'uno con l'altro.

Oh quanto sarà beata l'anima mia, che io vegga che per mezzo della Santità vostra e benignità vostra voi gli leghiate col legame d'amore, tornando all'obedienzia vostra legati l'uno con l'altro per unione d'amore! Sappiate, santo padre, che in altro modo non si unì Dio ne l'uomo, se non col legame de l'amore; e l'amore il tenne confitto e chiavellato in croce, perché l'uomo, che era fatto d'amore, non si traeva in veruno modo sì bene, quanto per amore. Con l'amore del Verbo de l'unigenito Figliuolo di Dio, si cacciò la guerra, che l'uomo fece ribellando a Dio, e la signoria del dimonio.

In questo modo veggo, santissimo padre, che cacciarete la guerra e la signoria che 'l dimonio à preso nella città de l'anima de' vostri figliuoli, ché 'l dimonio non si caccia col dimonio; ma con la virtù de l' umilità e benignità vostra il cacciarete, ché non sosterrà il dimonio questa umiltà, perché non la può sostenere, anco ne rimane sconfitto. Con l'amore e fame che avarete a l'onore di Dio e alla salute de l'anime, imparando dallo svenato e consumato Agnello, la cui vece tenete, cacciarete la guerra e l'odio de' cuori loro, e gittarete lo' carboni di fuoco, acceso sopra de' capi di loro figliuoli ribelli a voi, padre: drittamente dimoni incarnati.

Con questo dolce e soave modo si sconfiggerà il dimonio e la superbia dell'uomo - ché in veruno modo s'atterra tanto bene, quanto per l'umiltà -, e la guerra col sostenere pazientemente, portando e sopportando e' difetti de' vostri figliuoli; non lassando però la correzione che se lo' debba dare secondo la possibilità loro. Così, con la misericordia benignità e santa giustizia, con fuoco dolce d'amore si consumarà l'odio de l'anime loro sì come acqua in fornace. Avanzi la benignità, padre: ché ogni creatura che à in sé ragione è più presa con amore e benignità, che con altro, e specialmente questi nostri italiani di qua; e non ci so vedere altro modo per lo quale voi gli potiate ben pigliare, se non con questo. Facendo così, avarete da loro ciò che vorrete; e di questo vi prego per l'amore di Cristo crocifisso per bene e utilità della santa Chiesa.

Vengono alla Santità vostra gli ambasciatori senesi, e' quali, se gente è al mondo che si possano pigliare con amore, sì sonno eglino, e però io vi prego che con questo amo gli sappiate pigliare. Accettate un poco la scusa loro del difetto che ànno commesso, ché essi se ne dolgono, e pare a loro essere a sì-fatti partiti che non sanno che si fare. Piaccia alla Santità vostra, babbo mio dolce, se vedeste alcuno modo che eglino avessero a tenere verso la vostra Santità che fusse piacevole a voi, e non rimanessero in guerra con quelli a cui essi sono legati, vi prego che 'l facciate. Sostentateli per l'amore di Cristo crocifisso; credo, se 'l farete, che sarà grande bene per la santa Chiesa, e menovamento di male.

Poi vi prego che volliate l'occhio in punire i difetti de' pastori e officiali della Chiesa, quando fanno quello che non si die fare. Attendete a fare de' buoni che vivano virtuosamente e giustamente: questo si debba fare per onore di Dio, e per dovere e salute loro; e poi perch'e' secolari vi mirano in questo molto alle mani, e per questo, ch'egli ànno veduto del non essere puniti e' difetti, ne son venuti molti inconvenienti.

Spero nella somma etterna bontà di Dio e nella Santità vostra, che farete questo e ogni altra cosa buona, e ciò che bisognerà adoperare intorno a questa materia. Non dico più. Perdonate alla mia presunzione.

Umilemente v'adimando la vostra benedizione. Racomandovi etc.

Permanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.



286

A monna Alessa e a certe altre sue figliuole da Siena, el dì de la Conversione di santo Paolo.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissime figliuole in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi seguitatrici e amatrici de la verità, sì che io vi vegga acecato e perduto l'occhio dell'amore sensitivo, e illuminato l'occhio dell'intelletto del lume de la santissima fede, a ciò che voi diciate in verità, con volontà morta, col glorioso Paulo: «Signore mio, che vuoli tu che io facci? dimmi quello che tu vuoli che io facci, e io el farò».(Ac 9,6) O carissime figliuole, io vi prometto che, se voi el farete, respondendo realmente in affetto al vostro Creatore, voi vi trovarete con Paulo salite al terzo cielo (2Co 12,2) nel mezzo de la Trinità, cioè che la memoria vostra s'empirà de' benefizii di Dio, e participarete de la potenzia del Padre etterno, facendovi Dio forti e potenti contr'al demonio e a la propria fragilità vostra, e contra le persecuzioni del mondo; e portando con vera pazienzia el signoreggiarete. Lo intelletto gustarà, vedendo l'obiecto suo, cioè la sapienzia del Figliuolo di Dio, e da questa sapienzia riceverete lume sopranaturale. La volontà sarà legata col legame dello Spirito santo, abisso di carità, ne la quale carità conceperete dolce e amoroso desiderio e spasimato, per onore di Dio e per salute dell'anime. Ed essendo così dolcemente levate nel mezzo de la Trinità, participando la potenzia del Padre, la sapienzia del Figliuolo e la clemenzia dello Spirito santo, come detto è, piangerete con affocato amore e smisurato dolore sopra el figliuolo morto de l'umana generazione e 'l corpo mistico de la santa Chiesa con meco, miserabile sopra miserabile vostra ignorante madre.

Abbiate compassione a le mie iniquitadi, carissime figliuole, che sono cagione de' mali e' quali si fanno per tutto quanto el mondo, e singularmente dell'offesa che è fatta a la dolce Sposa di Cristo. Dio provvegga a tanti mali: so' certa, e di questo mi conforto, che la sua providenzia non mancarà. E già mi pare che essa sua providenzia cominci ad apparire. E però vi prego e comando, carissime figliuole, che vi bagniate e anneghiate nel sangue dello immaculato Agnello, e offeriate dinanzi a lui umili e continue orazioni. Altro non vi dico, se non che Dio vi doni la sua dolce ed etterna benedizione, e io da sua parte vi do la mia. Amatevi amatevi insieme.

A te dico Alessa, dilettissima figliuola mia, che t'innebrii di sangue, tu e l'altre, e d'altro che di sangue non ti notricare etc. Prego la somma ed etterna verità e dolce bontà di Dio che t'abondi, te e l'altre, tanto de la sua grazia che io ti vegga in tutto e per tutto morta e annegata la tua volontà, sì che io di te e dell'altre mi possa gloriare dinanzi a Dio, rendendo gloria e loda al nome suo etc.

Permanete ne la santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



287

1) A frate Nicolò di Nanni di ser Vanni, de' frati di Monte Oliveto.

2) A don Piero di Giovanni di Viva, monaco di Certosa a Maggiano presso a Siena.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi constante e perseverante nel santo e vero proponimento che avete fatto nel cuore e nella mente vostra, cioè di servire a Dio in verità nell'Ordine santo, però che senza la perseveranzia non ricevareste el frutto delle vostre fadighe. Però che solo la perseveranzia è quella che è coronata, sì che vedete che questa gloriosa virtù della perseveranzia c'è di grande necessità.

Poi, dunque, che ella c'è di così grande bisogno, in che modo la potiamo avere? Dicovelo: ogni virtù à vita da l'affetto della carità; e senza la carità, perché vi fusse l'atto della virtù, non ne ricevarebbe l'anima frutto di grazia. Convienci dunque per affetto d'amore acquistare la virtù; ma all'amore vero non si può venire che el cuore e l'affetto non sia spogliato dell'amore proprio di sé. El quale amore proprio e tenerezza che l'uomo à alla propria passione sensitiva tolle la vita della grazia - e offusca el lume dell'intelletto -: el quale drittamente è una nuvila posta sopra la pupilla del lume della santissima fede, che perde el gusto del santo desiderio; onde la virtù - che prima gli pareva buona e dilettavasi di vederla nelli uomini virtuosi, e per sé la cercava in Cristo crucifisso -, venuto che elli è a questo amore proprio, gli pare tutto el contrario. E fallo debile e timoroso, e l'ombra sua gli fa paura.

E questa è la cagione che l'uomo non persevera in quello che elli à cominciato, cioè, mentre che la radice dell'amore proprio vive in lui: però che, non avendo el lume - che già l'à perduto, come detto è -, va in tenebre e non cognosce la verità; né cognosce el difetto suo, né le grazie e' doni di Dio, e' quali à ricevuti da la infinita sua bontà. Ma se elli avesse questo cognoscimento non sarebbe debile, ma forte e perseverante; e non verrebbe meno per le inique e malvage tentazioni del dimonio, né per molestia della propria fragilità, né per le lusenghe del mondo, né per le fadighe dell'Ordine, ma ogni cosa trapassarebbe con cuore virile e col lume della santissima fede.

Adunque, carissimo figliuolo, questo è el modo di venire a perfetta perseveranzia: cioè che voi vi spogliate el cuore e l'affetto d'ogni amore proprio di voi, e d'ogni tenerezza del corpo vostro. Fuggite el ricordamento del mondo, del padre, e de' fratelli, suoro e parenti vostri; ricordateli per desiderio della salute loro, con sante orazioni: ma con altra tenerezza, no. Voi sapete che el nostro Salvatore dice che noi doviamo renunziare al padre e alla madre, a suoro e a fratelli e a noi medesimi - cioè alla propria nostra volontà - se noi vogliamo essere degni di lui (Mt 10,37 Lc 14,26), però che in altro modo non potremmo.

Voi avete cominciato a renunziare al mondo e alla propria vostra volontà, e preso el giogo della vera obedienzia: a volerla dunque bene osservare, e compire questo proponimento infine alla morte, vi conviene ogni dì di nuovo renunziare al mondo e a tutte le sue delizie. Ma attendete che la cosa che non si cognosce non si può né pigliare né lassare, e però c'è bisogno el lume della santissima fede, e con esso lume ponere dinanzi all'occhio de l'intelletto vostro l'obiecto di Cristo crucifisso. Nel quale obiecto cognosciarete quanto è grave la colpa del peccato mortale; la quale colpa si commette col disordenato amore e volontà che l'uomo piglia o in sé medesimo, o nelle creature che ànno in loro ragione, o nelle cose create. E tanto è la gravezza del peccato mortale, che solo uno è sufficiente a mandare allo 'nferno l'anima che dentro vi si truova legata.

Tanto dispiacque a Dio e dispiace, che per punire el peccato di Adam mandò el Verbo dell'unigenito suo Figliuolo, e volselo punire sopra el corpo suo, con-ciò-sia-cosa-che in lui non fusse veleno di peccato.

Non di meno per satisfare alla colpa de l'uomo, e per non lassarla impunita, el punì sopra el Verbo unigenito suo Figliuolo; unde Cristo benedetto fu nostra giustizia, e la giustizia e la pena che doveva portare l'uomo, la portò elli, e, come inamorato, per compire l'obedienzia del Padre e la salute nostra, corse all'oprobiosa morte della santissima croce. Sì che bene vediamo in questo obiecto del Verbo quanto è grave la colpa del peccato mortale.

Vedendo dunque che elli è di tanta gravezza e tanto spiacevole a Dio, l'anima, che l'à cognosciuto col lume de la fede, l'odia, e vienle a grande dispiacere e il peccato e la cagione del peccato. E perché vede che la legge perversa del corpo suo è uno strumento che lo inchina a peccato, ed è una legge perversa che impugna contra allo spirito, però la ragione col libero arbitrio, e con la santa e buona volontà, si leva con odio e dispiacimento, maciarando el corpo e la carne sua, e uccidendo la propria volontà col coltello della santa obedienzia, non ribellando mai a l'Ordine né al prelato suo. Ma sempre persevera, e debba perseverare, con quello desiderio dell'obedienzia che elli v'entra el primo dì, e con quello santo timore, infine all'ultimo della vita sua, essercitandosi la mente con umile e continua orazione, a ciò che mai la mente non stia oziosa; ma sempre si vuole empire, o psalmeggiando, o pensando, o levando la mente sua a Dio, rugumando in sé medesimo l'affocata carità la quale truova e vede nel sangue del Verbo del Figliuolo di Dio, però che del sangue ci à fatto bagno per lavare e' nostri defetti. Quando l'anima vede e pensa sé essere tanto amata da Dio, non può fare che non ami: amando, la mente pensa di quello che ella ama. E perché senza amore non può vivere, e due amori contrarii insieme non possono stare, di bisogno sarà che sia spogliata del perverso amore e vestita di quello di Dio.

El cuore allora, che non può fare che non senta quello che ama, cacciarà co' santi pensieri le cogitazioni che el dimonio volesse mandare nel cuore. E trovando el dimonio che el cuore arda nel fuoco della divina carità, non vi s'accostarà molto, se non come la mosca alla pignatta che bolle. Ma se el dimonio el trovasse tiepido e timoroso, elli v'entrarebbe subbito dentro con diversi e ladii pensieri e fantasie. Doviamo dunque essercitarci, a ciò che non siamo trovati tiepidi né vòti, ma pieni di Dio per santo desiderio, meditando e pensando e' dolci benefizii che aviamo ricevuti da lui.

E se pur e' pensieri venissero - perché el dimonio non dorme mai, ma sempre ci molesta -, non doviamo però venire a tedio né a confusione di mente, ma resistere e guardare che la volontà non consenta, però che, non consentendo la volontà né alle cogitazioni del dimonio né alla fragilità della carne, non offende, anco merita per la pena che elli porta. E per questo - se elli non si pone a sedere per negligenzia, né venga a confusione né a tedio di mente, né lassi l'essercizio dell'orazione - ne viene a vera e perfetta virtù, però che nel tempo delle battaglie cognosce meglio sé e la sua fragilità, e la bontà di Dio in sé, vedendo che Dio per grazia gli conserva la buona e santa volontà; la quale volontà è sola quella che offende e merita. Sì che vedete che nel tempo delle grandi battaglie l'anima viene a maggiore perfezione, e pruovasi nella virtù.

Poi voglio che voi crediate che Dio non ci pone maggiore peso che noi potiamo portare; anco ce li dà a misura, però che elli è lo Dio nostro, che non vuole altro che la nostra santificazione. Adunque col lume de la fede vi levate da ogni amore proprio.

E a ciò che veniate a perfettissimo amore vi ponete per obiecto, come detto è, dinanzi all'occhio dell'intelletto vostro, Cristo crucifisso e la ineffabile carità sua - la quale v'à mostrata col sangue che elli à sparto con tanto fuoco d'amore -, a ciò che col lume in questo dolce Verbo cognosciate la gravezza del peccato, e la propria vostra fragilità, e la carità sua. Nella quale carità amarete e cercarete le virtù, volendo sostenere ogni pena per potere acquistare virtù; e ameretevi caritativamente col prossimo vostro.

E a questo vi dovete studiare, cioè d'amare Dio in verità, e 'l prossimo come voi medesimo; ed essere umile e obediente e con vera pazienzia, sostenendo pene ingiurie scherni e villanie, e le fadighe dell'Ordine, e le gravi obedienzie che vi fussero imposte dal prelato, e le tentazioni del dimonio: e ogni cosa portare con vera perseveranzia infine alla morte; e ricorrire, nel tempo delle battaglie e fadighe, con questo lume della fede santa, ad abbracciare la santissima croce, e ine con ferma speranza sperare nel sangue di Cristo crucifisso. E io non dubbito punto che, essendo voi umile - la quale umilità notrica la carità nell'anima - e obediente con vera pazienzia, che in virtù di questo sangue voi avarete vittoria de' nemici vostri, cioè del mondo, della carne, e del dimonio, e tornarete con la vittoria alla città vostra di Yherusalem, la quale è visione di pace. Ma senza la fortezza e perseveranzia, la quale si perde per l'amore proprio, non vi tornareste mai. E però vi dissi che io desideravo di vedervi constante e perseverante nel santo proponimento che fatto avete, infine alla morte; e così vi prego, carissimo figliuolo, che facciate, poiché Dio v'à fatta tanta misericordia - e il glorioso santo Nicolò - che v'à tratto delle puzze del mondo e di tanta miserabile fadiga nella quale voi eravate, e postovi nel giardino della santa religione a combattare contra e' vizii e contra alla propria volontà, per acquistare le virtù e per adempire la dolce volontà di Dio in voi.

Combattete dunque virilmente - e non vollete el capo indietro - con lo scudo (Ep 6,16) e lume della fede, navicando col giogo della santa obedienzia; e inanzi volere morire, che ricalcitrare all'obedienzia santa. E se alcuna volta alla sensualità le paresse duro a portare, o che l'anima alcuna volta venisse a tedio per molti pensieri che venissero nella mente, non sentendo la pace che vorrebbe, levatevi allora con vera umilità, reputandovi indegno della pace e quiete della mente, e degno di portare fadighe, in qualunque modo Dio ve le concede, considerando le pene che el Figliuolo di Dio à portate per noi, e anco considerando le pene che portaste in servigio del dimonio.

Direte allora a voi medesimo: «Come tu, falsa sensualità, portasti tanta pena, mentre che eri in tenebre del peccato mortale, molto maggiormente debbi portare ora per Cristo crucifisso nel tempo che Dio t'à dato el lume. Porta oggi dunque, anima mia, e domane farai quello che ti farà fare Dio. Forse che domane sarà terminata la vita tua, e ricevarai el frutto, in virtù del sangue, delle tue fadighe». Per questo modo, facendovi degno delle fadighe per amore di Cristo crucifisso, e per considerazione de' difetti vostri, trapassarete le fadighe, e portarete el giogo di Cristo, che è dolce e suave (Mt 11,30), dando nell'anima vostra l'ardore della sua inestimabile carità.

Bagnatevi nel sangue di Cristo crucifisso, a ciò che siate constante e perseverante, e compiate l'allegrezza nell'anima mia, la quale io ò avuta per la salute vostra, dell'abito e giogo santo, che avete preso, dell'obedienzia. E pensate che intollerabile dolore mi sarebbe d'avere tratto uno figliuolo, per la bontà di Dio, delle mani del dimonio, e io vedesse che voi non perseveraste, e non fuste specchio di religione con vera umilità e obedienzia. E però vi prego e comando quanto io so e posso, che voi non volliate el capo indietro a mirare l'arato, ma andate inanzi senza alcuno timore servile. E pregovi che sappiate ponere freno alla lingua, e che, quando e' pensieri o forti tentazioni d'alcuna cosa più particolare vi venissero nel cuore, e fusse ladia quanto più si volesse essere, voi non la teniate mai dentro da voi, anco le manifestate al padre dell'anima vostra, però che molto piace al dimonio quando noi le teniamo e molto gli dispiace quando noi le diciamo: però che, tenendole, l'anima se ne confonde, e viene a tedio, e lassa gli essercizii spirituali che à presi. E il demonio non vorrebbe altro se non farci cadere in disperazione. Adunque c'è necessario el non temere, ma manifestare ogni nostra infermità al medico de l'anima nostra, con la speranza nel sangue di Cristo. Non vi dico più.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




Caterina, Lettere 281