Discours 2005-2013 893


VISITA ALLE ZONE TERREMOTATE DELL'ABRUZZO

INCONTRO CON I FEDELI ED IL PERSONALE IMPIEGATO NEI SOCCORSI

DISCOURS ET PRIÈRE Piazzale della Scuola della Guardia di Finanza, Coppito - L'Aquila Mardi 28 avril 2009



Cari fratelli e sorelle!

Grazie per la vostra accoglienza, che mi commuove profondamente. Vi abbraccio tutti con affetto nel nome di Cristo, nostra salda Speranza. Saluto il vostro Arcivescovo, il caro Mons. Giuseppe Molinari, che come Pastore ha condiviso e sta condividendo con voi questa dura prova; a lui va il mio ringraziamento per le toccanti parole piene di fede e di fiducia evangelica con cui si è fatto interprete dei vostri sentimenti. Saluto il Sindaco dell'Aquila, Onorevole Massimo Cialente, che con grande impegno sta operando per la rinascita di questa città; come pure il Presidente della Regione, Onorevole Gianni Chiodi. Ringrazio entrambi per le loro profonde parole. Saluto la Guardia di Finanza, che ci ospita in questo luogo. Saluto i Parroci, gli altri sacerdoti e le religiose. Saluto i Sindaci dei paesi colpiti da questa sciagura, e tutte le Autorità civili e militari: la Protezione Civile, i Vigili del Fuoco, la Croce Rossa, le Squadre di Soccorso, e i tanti volontari di molte e diverse associazioni. Nominarle tutte mi sarebbe difficile, ma a ciascuno vorrei far giungere una speciale parola di apprezzamento. Grazie di ciò che avete fatto e soprattutto dell'amore con cui l'avete fatto. Grazie dell'esempio che avete dato. Andate avanti uniti e ben coordinati, così che si possano attuare quanto prima soluzioni efficaci per chi oggi vive nelle tendopoli. Lo auguro di cuore, e prego per questo.

894 Ho iniziato questa mia visita da Onna, tanto fortemente colpita dal sisma, pensando anche alle altre comunità terremotate. Ho nel cuore tutte le vittime di questa catastrofe: bambini, giovani, adulti, anziani, sia abruzzesi che di altre regioni d'Italia o anche di nazioni diverse. La sosta nella Basilica di Collemaggio, per venerare le spoglie del santo Papa Celestino V, mi ha dato modo di toccare con mano il cuore ferito di questa città. Il mio ha voluto essere un omaggio alla storia e alla fede della vostra terra, e a tutti voi, che vi identificate con questo Santo. Sulla sua urna, come Ella Signor Sindaco ha ricordato, ho lasciato quale segno della mia partecipazione spirituale il Pallio che mi è stato imposto nel giorno dell'inizio del mio Pontificato. Inoltre, assai toccante è stato per me pregare davanti alla Casa dello studente, dove non poche giovani vite sono state stroncate dalla violenza del sisma. Attraversando la città, mi sono reso ancor più conto di quanto gravi siano state le conseguenze del terremoto.

Eccomi ora qui, in questa Piazza su cui s'affaccia la Scuola della Guardia di Finanza, che praticamente sin dal primo momento funziona come quartiere generale di tutta l'opera di soccorso. Questo luogo, consacrato dalla preghiera e dal pianto per le vittime, costituisce come il simbolo della vostra volontà tenace di non cedere allo scoraggiamento. "Nec recisa recedit": il motto del Corpo della Guardia di Finanza, che possiamo ammirare sulla facciata della struttura, sembra bene esprimere quella che il Sindaco ha definito la ferma intenzione di ricostruire la città con la costanza caratteristica di voi abruzzesi. Questo ampio piazzale, che ha ospitato le salme delle tante vittime per la celebrazione delle esequie presiedute dal Cardinale Tarcisio Bertone, mio Segretario di Stato, raccoglie quest'oggi le forze impegnate ad aiutare L'Aquila e l'Abruzzo a risorgere presto dalle macerie del terremoto. Come ha ricordato l'Arcivescovo, la mia visita in mezzo a voi, da me desiderata sin dal primo momento, vuole essere un segno della mia vicinanza a ciascuno di voi e della fraterna solidarietà di tutta la Chiesa. In effetti, come comunità cristiana, costituiamo un solo corpo spirituale, e se una parte soffre, tutte le altre parti soffrono con lei; e se una parte si sforza di risollevarsi, tutte partecipano al suo sforzo. Devo dirvi che manifestazioni di solidarietà mi sono giunte per voi da tutte le parti del mondo. Numerose alte personalità delle Chiese Ortodosse mi hanno scritto per assicurare la loro preghiera e vicinanza spirituale, inviando anche aiuti economici.

Desidero sottolineare il valore e l'importanza della solidarietà, che, sebbene si manifesti particolarmente in momenti di crisi, è come un fuoco nascosto sotto la cenere. La solidarietà è un sentimento altamente civico e cristiano e misura la maturità di una società. Essa in pratica si manifesta nell'opera di soccorso, ma non è solo una efficiente macchina organizzativa: c'è un'anima, c'è una passione, che deriva proprio dalla grande storia civile e cristiana del nostro popolo, sia che avvenga nelle forme istituzionali, sia nel volontariato. Ed anche a questo, oggi, voglio rendere omaggio.

Il tragico evento del terremoto invita la Comunità civile e la Chiesa ad una profonda riflessione. Come cristiani dobbiamo chiederci: "Che cosa vuole dirci il Signore attraverso questo triste evento?". Abbiamo vissuto la Pasqua confrontandoci con questo trauma, interrogando la Parola di Dio e ricevendo dalla crocifissione e dalla risurrezione del Signore nuova luce. Abbiamo celebrato la morte e la risurrezione di Cristo portando nella mente e nel cuore il vostro dolore, pregando perché non venisse meno nelle persone colpite la fiducia in Dio e la speranza. Ma anche come Comunità civile occorre fare un serio esame di coscienza, affinché il livello delle responsabilità, in ogni momento, mai venga meno. A questa condizione, L'Aquila, anche se ferita, potrà tornare a volare.

Vi invito ora, cari fratelli e sorelle, a volgere lo sguardo verso la statua della Madonna di Roio, venerata in un Santuario a voi molto caro, per affidare a Lei, Nostra Signora della Croce, la città e tutti gli altri paesi toccati dal terremoto. A Lei, la Madonna di Roio, lascio una Rosa d'oro, quale segno della mia preghiera per voi, mentre raccomando alla sua materna e celeste protezione tutte le località colpite.

Ed ora preghiamo:

O Maria, Madre nostra amatissima!
Tu, che stai vicino alle nostre croci,
come rimanesti accanto a quella di Gesù,
sostieni la nostra fede, perché pur affranti dal dolore,
conserviamo lo sguardo fisso sul volto di Cristo
895 in cui, nell'estrema sofferenza della croce,
si è mostrato l'amore immenso e puro di Dio.
Madre della nostra speranza, donaci i tuoi occhi per vedere,
oltre la sofferenza e la morte, la luce della risurrezione;
donaci il tuo cuore per continuare,
anche nella prova, ad amare e a servire.
O Maria, Madonna di Roio,
Nostra Signora della Croce, prega per noi!

Regina Caeli…

VISITE AUX VICTIMES DU TREMBLEMENT DE TERRE

DANS LES ABRUZZES (ITALIE)


ET PRIÈRE POUR LES DÉFUNTS Village d'Onna Mardi 28 avril 2009

Chers amis!

896 Je suis venu en personne sur votre splendide terre blessée, qui vit des jours de grande douleur et de précarité, afin de vous exprimer de la manière la plus directe ma cordiale proximité. J'ai été à vos côtés dès le premier moment, dès que j'ai appris la nouvelle de cette violente secousse de tremblement de terre qui, dans la nuit du 6 avril dernier, a provoqué presque 300 victimes, de nombreux blessés et des dégâts matériels importants à vos habitations. J'ai suivi avec appréhension les nouvelles, en partageant votre effroi et vos larmes pour les défunts, ainsi que vos préoccupations pleines d'angoisse pour ce que vous avez perdu en un instant. A présent, je suis ici parmi vous: je voudrais vous embrasser avec affection un par un. Toute l'Eglise est ici avec moi, à côté de vos souffrances, participant à votre douleur pour la perte de vos proches et amis, souhaitant vous aider à reconstruire les maisons, les églises, les entreprises qui se sont effondrées ou qui ont été gravement endommagées par le séisme. J'ai admiré le courage, la dignité et la foi avec laquelle vous avez également affronté cette dure épreuve, en manifestant une grande volonté de ne pas céder à l'adversité. Ce n'est en effet pas le premier tremblement de terre que connaît votre région, et à présent, comme par le passé, vous n'avez pas capitulé; vous n'avez pas perdu courage. Il y a en vous une force d'âme qui suscite l'espérance. A cet égard, un dicton cher aux personnes âgées de votre région est significatif: "Il y a encore de nombreux jours derrière le Gran Sasso".

En venant ci, à Onna, l'un des centres qui a payé un prix élevé en vies humaines, je peux imaginer toute la tristesse et la souffrance que vous avez endurées ces dernières semaines. Si cela avait été possible, j'aurais voulu me rendre dans chaque village et dans chaque quartier, venir dans tous les campements et rencontrer tout le monde. Je me rends bien compte que, malgré l'engagement de solidarité manifesté de toute part, les difficultés que comporte le fait de vivre hors de chez soi, ou dans les voitures, ou sous les tentes, encore plus à cause du froid et de la pluie, sont nombreuses et quotidiennes. Je pense ensuite aux nombreux jeunes confrontés brutalement à une dure réalité, aux enfants qui ont dû interrompre l'école avec luers liens d'amitié, aux personnes âgées privées de leurs habitudes.

On pourrait dire, chers amis, que vous vous trouvez, dans un certain sens, dans l'état d'esprit des deux disciples d'Emmaüs, dont parle l'évangéliste Luc. Après l'événement tragique de la croix, ils rentraient chez eux déçus et amers, à cause de la "fin" de Jésus. Il semblait qu'il n'y avait plus d'espérance, que Dieu s'était caché et n'était plus présent dans le monde. Mais, le long de la route, Il s'approcha et se mit à parler avec eux. Même s'ils ne le reconnurent pas avec les yeux, quelque chose se réveilla dans leurs coeurs: les paroles de cet "Inconnu" rallumèrent en eux cette ardeur et cette confiance que l'expérience du Calvaire avait éteinte.

Voilà, chers amis: ma pauvre présence parmi vous veut être un signe tangible du fait que le Seigneur crucifié est vivant, qu'il est avec nous, qu'il est réellement ressuscité et qu'il ne nous oublie pas, qu'il ne vous abandonne pas; il ne laissera pas sans réponse vos questions à propos de l'avenir, il n'est pas sourd au cri préoccupé de tant de familles qui ont tout perdu: maisons, économies, travail et parfois même des vies humaines. Bien sûr, sa réponse concrète passe à travers notre solidarité, qui ne peut pas se limiter à l'urgence du début, mais qui doit devenir un projet stable et concret dans le temps. J'encourage chacun, institutions et entreprises, afin que cette ville et cette terre renaissent.

Le Pape est ici, aujourd'hui, parmi vous, pour vous adresser également une parole de réconfort à propos de vos morts: ils sont vivants en Dieu et attendent de vous un témoignage de courage et d'espérance. Ils attendent de voir renaître leur terre, qui doit recommencer à s'orner de maisons et d'églises, belles et solides. C'est précisément au nom de ces frères et soeurs que l'on doit s'engager à nouveau à vivre en ayant recours à ce qui ne meurt pas et que le tremblement de terre n'a pas détruit et ne peut détruire: l'amour. L'amour demeure même au-delà du gué de notre existence terrestre précaire, car l'Amour véritable est Dieu. Celui qui aime vainc, en Dieu, la mort et sait qu'il ne perd pas ceux qu'il a aimés.

Je voudrais conclure mes paroles en adressant au Seigneur une prière particulière pour les victimes du tremblement de terre.

A Toi nous confions nos proches,
Seigneur, en sachant que
tu n'ôtes pas la vie à Tes fidèles,
mais que tu la transformes,
et au moment même
897 où est détruite la demeure
de notre exil sur la terre,
Tu te préoccupes d'en préparer
une éternelle et immortelle au Paradis
Père Saint, Seigneur du ciel
et de la terre,
écoute le cri de douleur et d'espérance,
qui s'élève de cette communauté
durement éprouvée
par le tremblement de terre!
C'est le cri silencieux du sang
898 de mères, de pères, de jeunes
et également de petits innocents
qui s'élève de cette terre.
Ils ont été arrachés
à l'affection de leurs proches,
accueille-les tous
dans ta paix, Seigneur,
qui es le Dieu-avec-nous,
l'Amour capable de donner la vie
sans fin.
Nous avons besoin de Toi
et de Ta force,
899 car nous nous sentons petits et fragiles face à la mort;
Nous te prions, aide-nous,
car seul Ton soutien
peut nous relever et nous pousser
à reprendre ensemble,
en nous tenant avec confiance
l'un l'autre par la main,
le chemin de la vie.
Nous te le demandons par Jésus Christ, notre Sauveur, en qui resplendit
l'espérance
de la bienheureuse résurrection.
Amen!

900 Prions à présent avec la prière que le Seigneur nous a enseignée: "Notre Père...".
Ma prière est avec vous; nous sommes ensemble et le Seigneur nous aidera. Merci de votre courage, de votre foi et de votre espérance.


AUX ÉVÊQUES D'ARGENTINE EN VISITE "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Salle du Consistoire Jeudi 30 avril 2009




Chers frères dans l'épiscopat,

1. C'est pour moi un motif de grande joie de rencontrer ce groupe, avec lequel les pasteurs de l'Eglise qui est en Argentine concluent leur visite ad limina. Je vous salue avec affection et je souhaite que cette rencontre fraternelle avec le Successeur de Pierre vous aide à sentir le battement du coeur de l'Eglise universelle et à consolider les liens de foi, de communion et de discipline qui unissent vos Eglises particulières à ce Siège apostolique. Dans le même temps, je rends grâce au Seigneur pour cette nouvelle occasion de confirmer mes frères dans la foi (cf. Lc 22,32) et de participer à leurs joies et à leurs préoccupations, à leurs succès et à leurs difficultés.

Je remercie de tout coeur Mgr Luis Héctor Villalba, archevêque de Tucumán et vice-président de la conférence épiscopale argentine, des paroles cordiales qu'il m'a adressées au nom de tous, et dans lesquelles il m'a manifesté vos sentiments d'affection et d'adhésion, ainsi que ceux des prêtres, des religieux et des fidèles laïcs de vos communautés.

2. Chers frères, le Seigneur Jésus nous a confié un ministère de très haute valeur et dignité: apporter son message de paix et de réconciliation à toutes les nations, assister avec un amour paternel le Peuple saint de Dieu et le conduire le long du chemin du salut. Il s'agit d'une tâche qui va bien au-delà de nos mérites personnels et de notre pauvre capacité humaine, mais à laquelle nous nous consacrons avec simplicité et espérance, soutenus par les paroles du Christ, "Ce n'est pas vous qui m'avez choisi, c'est moi qui vous ai choisis et établis afin que vous partiez, que vous donniez du fruit, et que votre fruit demeure" (Jn 15,16). Jésus, le Maître, vous regarde avec un amour de frère et d'ami, il vous a appelés à entrer dans son intimité et, en vous consacrant avec l'huile sainte de l'onction sacerdotale, il a placé entre vos mains le pouvoir rédempteur de son sang, afin que, avec la certitude d'agir toujours in persona Christi capitis, vous soyez au milieu du Peuple qui vous a été confié un "signe vivant du Seigneur Jésus, Pasteur et Epoux, Maître et Pontife de l'Eglise" (Jean-Paul II, Pastores gregis ).

Dans l'exercice de son ministère épiscopal, l'évêque doit toujours se comporter parmi ses fidèles comme celui qui sert (cf. Lumen gentium LG 27), en s'inspirant constamment de l'exemple de Celui qui n'est pas venu pour se faire servir, mais pour servir et donner sa vie en rançon pour une multitude (cf. Mc 10,45). En réalité, être évêque est un titre d'honneur lorsqu'on le vit dans cet esprit de service aux autres et que l'on participe de manière humble et désintéressée à la mission du Christ. La contemplation fréquente de l'image du Bon Pasteur vous servira de modèle et d'encouragement dans vos efforts pour annoncer et diffuser l'Evangile, elle vous poussera à prendre soin des fidèles avec tendresse et miséricorde, à défendre les faibles et à donner votre vie dans un dévouement constant et généreux au Peuple de Dieu (cf. Pastores gregis ).

3. En tant que partie essentielle de votre ministère épiscopal dans l'Eglise, véritable amoris officium (cf. saint Augustin, In Io. Ev. 123, 5), je désire vous exhorter vivement à promouvoir dans vos communautés diocésaines l'exercice de la charité, de manière particulière envers les plus indigents. A travers votre proximité et votre parole, à travers l'aide matérielle et la prière, à travers l'appel au dialogue et à l'esprit d'entente qui recherche toujours le bien commun du peuple, et grâce à la lumière qui vient de l'Evangile, vous voulez rendre un témoignage concret et visible de l'amour du Christ parmi les hommes, pour construire sans cesse l'Eglise comme famille de Dieu, toujours accueillante et miséricordieuse envers les plus pauvres, de manière à ce que dans tous les diocèses règne la charité, dans l'accomplissement du mandat de Jésus Christ (cf. Christus Dominus CD 16). En outre, je désire insister également sur l'importance de la prière face à l'activisme ou à une vision sécularisée du service caritatif des chrétiens (cf. Deus caritas est ). Ce contact assidu avec le Christ dans la prière transforme le coeur des croyants, en l'ouvrant aux besoins des autres, sans toutefois s'inspirer des "idéologies de l'amélioration du monde, mais se laisser guider par la foi qui, dans l'amour, devient agissante" (Ibid., n. ).

4. Je désire vous confier de manière particulière les prêtres, vos plus proches collaborateurs. Que le baiser de paix, avec lequel vous les accueillez le jour de leur ordination sacerdotale, soit une réalité vivante chaque jour et contribue à approfondir toujours plus les liens d'affection, de respect et de confiance qui vous unissent à eux en vertu du sacrement de l'Ordre. Reconnaissant l'abnégation et le dévouement de vos prêtres à leur ministère, je désire également les inviter à s'identifier toujours plus avec le Seigneur, en étant de véritables modèles du troupeau à travers leurs vertus et le bon exemple, et en faisant paître avec amour le troupeau de Dieu (cf. 1P 5,2-3).

901 5. La vocation spécifique des fidèles laïcs les conduit à chercher à configurer de façon droite la vie sociale et à illuminer les réalités terrestres par la lumière de l'Evangile. Que les laïcs, conscients des engagements pris dans le baptême, et animés par la charité du Christ, participent activement à la mission de l'Eglise, ainsi qu'à la vie sociale, politique, économique et culturelle de leur pays! Dans ce sens, les catholiques devront se distinguer parmi leurs concitoyens par l'accomplissement exemplaire de leurs devoirs civils, ainsi que par l'exercice des vertus humaines et chrétiennes qui contribuent à améliorer les relations personnelles, sociales et professionnelles. Leur engagement les conduira également à promouvoir de manière particulière les valeurs qui sont essentielles au bien commun de la société, telles que la paix, la justice, la solidarité, le bien de la famille fondée sur le mariage entre un homme et une femme, la protection de la vie humaine de sa conception jusqu'à sa mort naturelle, et le droit et l'obligation des parents d'éduquer leurs enfants selon leurs convictions morales et religieuses.

Je désire conclure en vous demandant d'apporter mon salut affectueux à tous les membres de vos Eglises diocésaines. Dites aux évêques émérites, aux prêtres, aux séminaristes, aux religieux et aux religieuses, et à tous les fidèles laïcs, que le Pape les remercie de leur oeuvre pour le Seigneur et la cause de l'Evangile, qui espère et a confiance dans leur fidélité à l'Eglise. Chers évêques d'Argentine, je vous remercie de votre sollicitude pastorale et je vous assure de ma proximité spirituelle et de ma prière constante. Je vous confie de tout coeur à la protection de Nuestra Señora de Luján et je vous donne une Bénédiction apostolique spéciale.

Mai 2009 DISCOURS


AUX MEMBRES DE LA "PAPAL FOUNDATION"


Salle Clémentine Samedi 2 mai 2009


Cher Monsieur le cardinal Keeler,
chers frères dans l'épiscopat,
chers frères et soeurs dans le Christ,

C'est pour moi un grand plaisir d'avoir l'occasion de saluer une fois de plus les membres de la "Papal Foundation", à l'occasion de votre visite à Rome. En cette année paulinienne, je vous accueille avec les paroles de l'apôtre des Nations: "A vous grâce et paix de par Dieu notre Père et le Seigneur Jésus Christ" (Rm 1,7).

Saint Paul nous rappelle que le genre humain tout entier recherche ardemment la grâce de la paix de Dieu. Le monde d'aujourd'hui a véritablement besoin de sa paix, en particulier alors qu'il doit affronter les tragédies de la guerre, de la division et du désespoir. Dans quelques jours à peine, j'aurai le privilège de visiter la Terre Sainte. Je m'y rends en tant que pèlerin de paix. Comme vous le savez bien, depuis plus de soixante ans, cette région - la terre qui vit la naissance, la mort et la résurrection de notre Seigneur; un lieu saint pour les trois grandes religions monothéistes du monde - est victime de la violence et de l'injustice. Cela a conduit à un climat général de méfiance, d'incertitude et de peur - élevant souvent voisin contre voisin, et frère contre frère. Tandis que je me prépare à ce pèlerinage important, je vous demande de façon particulière de vous unir à moi par la prière pour tous les peuples de la Terre Sainte et de la région. Puissent-ils recevoir les dons de la réconciliation, de l'espérance et de la paix.

Notre rencontre cette année a lieu à un moment où le monde entier doit faire face à une situation économique véritablement préoccupante. Dans de tels moments, il est tentant de ne pas faire attention à ceux qui ne peuvent pas faire entendre leur voix et de ne penser qu'à nos propres difficultés. En tant que chrétiens, nous sommes toutefois conscients que c'est surtout dans les périodes difficiles que nous devons faire encore plus d'efforts afin d'assurer que le message réconfortant de notre Seigneur soit entendu. Plutôt que de nous replier sur nous-mêmes, nous devons continuer à être des phares d'espérance, de force et de soutien pour les autres, en particulier pour ceux qui n'ont personne pour s'occuper d'eux ou pour les assister. Pour cette raison, je suis heureux de vous accueillir aujourd'hui. Vous êtes des exemples de bons chrétiens, hommes et femmes, qui continuent de répondre aux défis qui se présentent à nous avec courage et confiance. En effet, la "Papal Foundation" elle-même, à travers la grande générosité de nombreuses personnes, permet d'apporter une aide précieuse au nom du Christ et de son Eglise. Je vous suis très reconnaissant pour votre sacrifice et votre dévouement: à travers votre soutien, le message pascal de joie, d'espérance, de réconciliation et de paix est proclamé de façon plus ample.

En vous confiant tous à l'intercession bienveillante de la bienheureuse Vierge Marie, qui est toujours demeurée parmi nous comme notre Mère, la Mère de l'Espérance (cf. Spe Salvi ), je vous donne cordialement ma Bénédiction apostolique, ainsi qu'à vos familles, en gage de joie et de paix dans le Seigneur ressuscité.


AUX PARTICIPANTS À L'ASSEMBLÉE PLÉNIÈRE DE L'ACADÉMIE PONTIFICALE DES SCIENCES SOCIALES Salle du Consistoire Lundi 4 mai 2009

40509

Chers frères dans l'épiscopat et dans le sacerdoce,
Mesdames et messieurs,

Alors que vous vous réunissez à l'occasion de la quinzième assemblée plénière de l'Académie pontificale des sciences sociales, je suis heureux d'avoir l'occasion de vous rencontrer et de vous exprimer mon encouragement pour votre mission d'exposer et de diffuser la doctrine sociale de l'Eglise dans les domaines du droit, de l'économie, de la politique et des diverses autres sciences sociales. En remerciant la professeure Mary Ann Glendon pour ses aimables paroles de bienvenue, je vous assure de mes prières afin que les fruits de vos débats continuent de manifester la pertinence éternelle de la doctrine sociale de l'Eglise dans un monde en rapide mutation.

Après avoir étudié le thème du travail, de la démocratie, de la mondialisation, de la solidarité et de la subsidiarité en relation à la doctrine sociale de l'Eglise, votre Académie a choisi de revenir à la question centrale de la dignité de la personne humaine et des droits humains, un point de rencontre entre la doctrine de l'Eglise et la société contemporaine.

Les grandes religions et philosophies du monde ont éclairé certains aspects de ces droits humains, qui sont exprimés brièvement dans la "règle d'or" qu'on trouve dans l'Evangile: "Ce que vous voulez que les hommes fassent pour vous, faites-le pour eux pareillement" (
Lc 6,31 cf. Mt 7,12). L'Eglise a toujours affirmé que les droits fondamentaux, au-delà des différentes façons dont ils sont formulés et des différents degrés d'importance qu'ils peuvent avoir dans les divers contextes culturels, doivent être soutenus et reconnus de façon universelle, car ils sont inhérents à la nature même de l'homme, qui est créé à l'image et ressemblance de Dieu. Si tous les êtres humains sont créés à l'image et ressemblance de Dieu, ils partagent une nature commune qui les lie les uns aux autres et qui exige un respect universel. En assimilant l'enseignement du Christ, l'Eglise considère la personne comme "la plus digne de la nature" (Saint Thomas d'Aquin, De potentia, 9, 3) et enseigne que l'ordre éthique et politique qui gouverne les relations entre les personnes trouve son origine dans la structure même de l'existence de l'homme. La découverte de l'Amérique et le débat anthropologique qui a suivi en Europe aux xvi et xvii siècles a conduit à une conscience renouvelée des droits humains en tant que tels, et de leur universalité (ius gentium). L'époque moderne a contribué à façonner l'idée que le message du Christ - étant donné qu'il proclame que Dieu aime chaque homme et femme et que tout être humain est appelé à aimer Dieu librement - montre que chacun, indépendamment de sa condition sociale et culturelle, de par sa nature même, mérite la liberté. Dans le même temps, nous devons toujours nous rappeler que "la liberté a donc besoin d'être libérée. Le Christ en est le libérateur" (Veritatis splendor VS 86).

Au milieu du siècle dernier, après les grandes souffrances provoquées par les deux terribles guerres mondiales perpétrées par des idéologies totalitaires, la Communauté internationale a acquis un nouveau système de droit international fondé sur les droits humains. Elle semble avoir agi en cela en conformité avec le message que mon prédécesseur Benoît xv proclama en appelant les belligérants de la première guerre mondiale à "transformer la force matérielle des armes en force morale du droit" ("Note aux chefs des peuples belligérants", 1 août 1917).

Les droits humains devinrent le point de référence d'un ethos universel commun - tout du moins dans les intentions - pour la majorité de l'humanité. Ces droits ont été ratifiés par presque tous les Etats du monde. Le Concile Vatican II dans la déclaration Dignitatis humanae, ainsi que mes prédécesseurs Paul VI et Jean-Paul II, ont proclamé avec force le droit à la vie et le droit à la liberté de conscience et de religion comme étant au centre des droits qui découlent de la nature humaine elle-même.

Ces droits humains ne sont pas, à proprement parler, des vérités de foi, bien qu'ils soient identifiables - et même pleinement portés à la lumière - dans le message du Christ qui "manifeste pleinement l'homme à lui-même" (Gaudium et spes GS 22). Ils reçoivent une confirmation supplémentaire de la foi. Toutefois, il est évident que, vivant et agissant dans le monde physique comme des êtres spirituels, les hommes et les femmes constatent la présence diffuse d'un logos qui leur permet de distinguer non seulement entre le vrai et le faux, mais aussi entre le bien et le mal, le meilleur et le pire, la justice et l'injustice. Cette capacité à discerner - cette action radicale -, rend chaque personne capable de comprendre le "droit naturel" qui n'est rien d'autre que la participation au droit éternel: "unde... lex naturalis nihil aliud est quam participatio legis aeternae in rationali creatura" (Saint Thomas d'Aquin, ST, I-II 91,2). Le droit naturel est une orientation universelle qui peut être reconnue par chacun, sur la base duquel tous les peuples peuvent se comprendre et s'aimer les uns les autres. Les droits humains sont donc en ultime analyse enracinés dans la participation de Dieu, qui a créé chaque personne humaine en la dotant d'intelligence et de liberté. Si l'on ignore cette solide base éthique et politique, les droits humains demeurent fragiles, car ils sont privés de leur ferme fondement.

L'action de l'Eglise en vue de promouvoir les droits humains est donc soutenue par une réflexion rationnelle, de façon telle que ces droits peuvent être présentés à tous les peuples de bonne volonté, indépendamment de toute appartenance religieuse. Toutefois, comme je l'ai observé dans mes encycliques, d'une part, la raison humaine doit être constamment purifiée par la foi, dans la mesure où elle est toujours menacée par un certain aveuglement éthique provoqué par des passions désordonnées et des péchés; et, d'autre part, dans la mesure où les droits humains ont besoin d'être réappropriés par chaque génération et par chaque personne, et dans la mesure où la liberté humaine - qui procède d'une succession de choix libres - est toujours fragile, la personne humaine a besoin d'une espérance et d'un amour inconditionnels qui ne peuvent être trouvés qu'en Dieu et qui conduisent à participer à la justice et à la générosité de Dieu envers les autres (cf. Deus caritas est et Spe Salvi ).

903 Cette perspective attire l'attention sur certains des problèmes sociaux les plus critiques des dernières décennies, tels que la conscience croissante - qui est apparue en partie avec la mondialisation et la crise économique actuelle - d'un contraste flagrant entre l'attribution égale des droits et l'accès inégal aux moyens de jouir de ces droits. Pour les chrétiens qui demandent régulièrement à Dieu de "nous donner notre pain quotidien", c'est une tragédie terrible qu'un cinquième de l'humanité souffre encore de la faim. Garantir des réserves de nourriture adéquates, tout comme la protection des ressources vitales telles que l'eau et l'énergie, exige que tous les responsables internationaux collaborent en vue de manifester leur volonté d'oeuvrer de bonne foi, en respectant le droit naturel et en promouvant la solidarité et la subsidiarité avec les régions et les peuples les plus faibles de la planète, comme étant la stratégie la plus efficace pour éliminer les inégalités sociales entre les pays et les sociétés et en vue d'accroître la sécurité mondiale.

Chers amis, chers membres de l'Académie, en vous invitant, dans vos recherches et dans vos débats, à être des témoins crédibles et cohérents de la défense et de la promotion de ces droits humains non négociables, qui sont fondés sur le droit divin, je vous donne de tout coeur ma Bénédiction apostolique.


AU CORPS DE LA GARDE SUISSE PONTIFICALE AVEC LEURS FAMILLES, À L'OCCASION DE LA CÉRÉMONIE D'ASSERMENTATION Salle Clémentine Jeudi 7 mai 2009


Monsieur le commandant,
Mgr l'aumônier,
chers gardes suisses,
chères familles!

Je me réjouis de pouvoir tous vous accueillir au palais pontifical à l'occasion de la cérémonie d'assermentation des recrues de la garde suisse. Je souhaite en particulier la bienvenue aux nouveaux gardes ainsi qu'à leurs parents, leurs proches et leurs amis. J'adresse un salut affectueux au nouveau commandant M. Oberts Anrig et je le remercie infiniment pour son engagement responsable à l'égard du Successeur de Pierre et de l'Eglise. De même, je remercie également l'aumônier de la garde, Mgr de Raemy, qui partage avec une grande attention la vie quotidienne des gardes et l'itinéraire de foi de chacun d'eux.

Chers gardes, votre service, rendu jour et nuit au palais apostolique, et aux postes de garde extérieurs de la Cité du Vatican, est très visible et revêt également une dimension universelle. Vous apprendrez rapidement les trois dimensions qui se forment autour de vous comme des cercles concentriques: vous avez la tâche de protéger le Successeur de l'apôtre Pierre. Vous le faites principalement dans la maison du Pape. Vous le faites à Rome, une ville qui depuis toujours est appelée la "ville éternelle". Ici, auprès des tombes des apôtres Pierre et Paul, où vit le Pape, se trouve le coeur de l'Eglise catholique et, là où se trouve le coeur et le centre, se trouve aussi le monde entier.

Considérons tout d'abord la maison du Pape, le palais apostolique. Vous devez veiller sur cette maison, non seulement sur le bâtiment, lui-même, et sur ses appartements prestigieux, mais bien plus sur les personnes que vous y croiserez et auxquelles vous ferez du bien par votre amabilité et votre attention. Cela vaut en premier lieu pour le Pape lui-même, pour les personnes qui habitent avec lui et pour ses collaborateurs dans le palais de même que pour ses hôtes. Cela concerne également la vie en commun avec vos camarades, ceux qui partagent votre service et qui ont le même but, de servir le Souverain Pontife "fidèlement, loyalement et de bonne foi" et de donner, si nécessaire, leur vie pour lui.


Discours 2005-2013 893