Catechesi 79-2005 23105

Mercoledì, 23 ottobre 1985

23105

1. Nella catechesi precedente abbiamo scorso, seppur velocemente, delle testimonianze dell’Antico Testamento che preparavano ad accogliere la piena rivelazione, annunciata da Gesù Cristo, della verità del mistero della paternità di Dio.

Cristo infatti ha parlato molte volte del Padre suo, presentandone in vari modi la provvidenza e l’amore misericordioso.

Ma il suo insegnamento va oltre. Riascoltiamo le parole particolarmente solenni, riportate dall’evangelista Matteo (e parallelamente da Luca): “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenute nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai semplici . . .” e, in seguito: “Tutto mi è stato dato dal Padre mio, nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (
Mt 11,25 Mt 11,27 cf. Lc 10,2 Lc 10,11).

Dunque per Gesù, Dio non è solamente “il Padre d’Israele, il Padre degli uomini”, ma “il Padre mio”! “Mio”: proprio per questo i giudei volevano uccidere Gesù, perché “chiamava Dio suo Padre” (Jn 5,18). “Suo” in senso quanto mai letterale: Colui che solo il Figlio conosce come Padre, e dal quale soltanto è reciprocamente conosciuto. Ci troviamo ormai sullo stesso terreno, dal quale più tardi sorgerà il prologo del Vangelo di Giovanni.

2. Il “Padre mio” è il Padre di Gesù Cristo, colui che è l’origine del suo essere, della sua missione messianica, del suo insegnamento. L’evangelista Giovanni ha riportato con abbondanza l’insegnamento messianico che ci permette di scandagliare in profondità il mistero di Dio Padre e di Gesù Cristo, il Figlio suo unigenito.

Gesù dice: “Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato” (Jn 12,44). “Io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare” (Jn 12,49). “In verità, in verità vi dico, il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre, quello che egli fa, anche il Figlio lo fa” (Jn 5,19). “Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso” (Jn 5,26). E infine: “. . . il Padre che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre” (Jn 6,57).

Il Figlio vive per il Padre prima di tutto perché è stato da lui generato. Vi è una strettissima correlazione tra la paternità e la figliolanza proprio in forza della generazione: “Tu sei mio Figlio; oggi ti ho generato” (He 1,5). Quando presso Cesarea di Filippo Simon Pietro confesserà: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”, Gesù gli risponderà: “Beato te . . . perché né la carne, né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio . . .” (Mt 16,16-17), perché solo “il Padre conosce il Figlio” così come solo il “Figlio conosce il Padre” (Mt 11,27). Solo il Figlio fa conoscere il Padre: il Figlio visibile fa vedere il Padre invisibile. “Chi ha visto me ha visto il Padre” (Jn 14,9).

3. Dall’attenta lettura dei Vangeli si ricava che Gesù vive ed opera in costante e fondamentale riferimento al Padre. A lui spesso si rivolge con la parola colma d’amore filiale: “Abbà”; anche durante la preghiera del Getsemani questa stessa parola gli torna alle labbra (cf. Mc 14,36). Quando i discepoli gli domandano di insegnar loro a pregare, insegna il “Padre nostro” (cf. Mt 6,9-13). Dopo la risurrezione, al momento di lasciare la terra sembra che ancora una volta faccia riferimento a questa preghiera, quando dice: “Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro” (Jn 20,17).

Così dunque per mezzo del Figlio (cf. He 1,2), Dio si è rivelato nella pienezza del mistero della sua paternità. Solo il Figlio poteva rivelare questa pienezza del mistero, perché solo “il Figlio conosce il Padre” (Mt 11,27). “Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Jn 1,18).

4. Chi è il Padre? Alla luce della testimonianza definitiva che noi abbiamo ricevuto per mezzo del Figlio, Gesù Cristo, abbiamo la piena consapevolezza della fede che la paternità di Dio appartiene prima di tutto al mistero fondamentale della vita intima di Dio, al mistero trinitario. Il Padre è colui che eternamente genera il Verbo, il Figlio a lui consostanziale. In unione col Figlio, il Padre eternamente “spira” lo Spirito Santo, che è l’amore nel quale il Padre e il Figlio reciprocamente rimangono uniti (cf. Jn 14,10).

Dunque il Padre è nel mistero trinitario l’“inizio-senza-inizio”. “Il Padre da nessuno è fatto, né creato, né generato” (simbolo Quicumque). È da solo il principio della vita, che Dio ha in se stesso. Questa vita - cioè la stessa divinità - il Padre possiede nell’assoluta comunione col Figlio e con lo Spirito Santo, che sono a lui consostanziali.

Paolo, apostolo del mistero di Cristo, cade in adorazione e preghiera “davanti al Padre dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome” (Ep 3,15), inizio e modello.

Vi è infatti “un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti” (Ep 4,6).

Ai pellegrini di lingua tedesca

Ai fedeli di espressione francese

Ai pellegrini di lingua inglese

Ad un gruppo di fedeli coreani

Saluto cordialmente i pellegrini venuti dalla Corea.

Che il Signore benedica il vostro Paese, la vostra Chiesa, le vostre famiglie.

Lodato sia Gesù.

Ai pellegrini di espressione spagnola

Ai fedeli polacchi

Ad alcuni gruppi di fedeli italiani

Un cordiale saluto rivolgo a tutti i gruppi di lingua italiana, che sono presenti a questa udienza, in particolare al parroco e ai fedeli della parrocchia di Colloredo di Monte Albano e Lauzzana, dell’arcidiocesi di Udine, i quali hanno manifestato il desiderio che il Papa benedica la prima pietra della nuova chiesa, distrutta interamente dal terremoto.

Ben volentieri accolgo il vostro desiderio, cari fratelli e sorelle, con l’auspicio che questa prima pietra sia il segno della rinascita spirituale, del rinnovamento interiore e dell’impegno personale e comunitario a testimoniare generosamente il messaggio di Cristo.
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Un affetto pensiero va anche al pellegrinaggio della Cassa Rurale e Artigiana di Venticano, in diocesi di Benevento, che celebra la “Festa del socio cooperatore” e il quinto anno di attività dell’Istituto.

Auspico che siate sempre fedeli ai grandi valori cristiani, che i vostri padri vi hanno tramandato come un tesoro da custodire gelosamente e da condividere generosamente mediante una limpida professione del Vangelo di Gesù.
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Uno speciale saluto desidero rivolgere alle partecipanti al decimo capitolo generale delle “Figlie della Misericordia del Terz’Ordine di san Francesco”.

Care sorelle in Cristo! In questi giorni voi state trattando, nella comune preghiera e riflessione, questioni fondamentali per la vostra Congregazione, quale l’elezione del nuovo governo generale, il confronto delle vostre Costituzioni con il Codice di Diritto Canonico. Siate sempre gioiosamente salde alla vostra specifica missione nella Chiesa, vale a dire alla testimonianza dell’amore di Dio Padre, mediante le opere di misericordia cristiana, l’istruzione scolastica dei bambini e dei giovani, la cura degli infermi, degli anziani e le varie attività pastorali nelle missioni e nelle parrocchie.

Affido questi miei voti e i vostri ideali e propositi al Cuore immacolato di Maria santissima, mentre invoco dal Signore l’abbondanza dei suoi favori su di voi e sulle vostre consorelle residenti nelle 73 comunità sparse per il mondo. A tutti e a tutte imparto la mia benedizione apostolica.

Ai giovani

Saluto con profondo affetto voi, giovani. Carissimi, i sentimenti che la vostra presenza e il vostro entusiasmo esprimono, provengono da un cuore, il quale si apre positivamente alla vita vera, offerta da Cristo. Vi esorto a testimoniare sempre il suo amore redentivo con tenacia, coerenza, letizia, portando a tutti quelli che incontrate il messaggio di speranza che è Cristo Gesù.

Che la Vergine Maria interceda per voi e siate così ricolmi della grazia, con cui lo Spirito Santo illumina e fortifica la vostra giovane esistenza, permettendo di aprire l’anima alla carità.

Su ciascuno di voi e sui vostri genitori, scenda la mia benedizione apostolica, che vi imparto con paterna benevolenza.

Agli ammalati

Con commozione mi rivolgo ora a voi, cari malati, che voglio rendere certi della bontà di Dio: Egli, il quale ha creato dal nulla tutte le cose, non lascia a se stessa, abbandonandola, l’opera delle sue mani, e tiene presenti costantemente i figli che ha generato. Il Signore della vita vi è sempre vicino e con le parole di suo Figlio, mandato nel mondo per infinito amore, vi ripete: “Venite a me voi, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò” (Mt 11,28).

Insieme col mio spirituale abbraccio giunga a ognuno di voi la confortatrice benedizione apostolica, segno dell’amore paterno di Dio Padre.

Agli sposi novelli

Un particolare saluto anche a voi, sposi novelli, che siete qui convenuti per ricevere la benedizione del Papa sulla vostra unione. L’augurio che di cuore vi rivolgo è che la nuova famiglia da voi costituita sia sempre segno e testimonianza di unità, di gratuità e di reciproco amore, per l’edificazione della Chiesa.

La Vergine fedele, dal cui esempio impariamo a conoscere il disegno di Dio, la sua promessa e la sua alleanza, vi aiuti con la sua intercessione a tener fede all’impegno, che avete assunto con gioia e trepidazione, e a portarlo a pienezza accogliendo la nuova vita, che il Padre vorrà suscitare, mediante voi, nei vostri figli.

Che il Signore vi accompagni sempre!


Mercoledì, 30 ottobre 1985

30105

1. Credo in un solo Dio, Padre onnipotente . . . Credo in Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre . . .”.

Con queste parole del Simbolo niceno-costantinopolitano, espressione sintetica dei Concili di Nicea e Costantinopoli, che hanno esplicitato la dottrina trinitaria della Chiesa, noi professiamo la fede nel Figlio di Dio.

Ci avviciniamo così al mistero di Gesù Cristo, il quale anche oggi, come nei secoli passati, interpella e interroga gli uomini con le sue parole e con le sue opere. I cristiani, animati dalla fede, gli mostrano amore e devozione. Ma non mancano neppure tra i non cristiani coloro che sinceramente lo ammirano.

Dove dunque risiede il segreto dell’attrattiva che Gesù di Nazaret esercita? La ricerca della piena identità di Gesù Cristo ha occupato fin dagli inizi il cuore e l’intelligenza della Chiesa che lo proclama Figlio di Dio, seconda persona della santissima Trinità.

2. Dio, che ripetutamente ha parlato “per mezzo dei profeti e ultimamente . . . per mezzo del Figlio”, come è detto nella Lettera agli ebrei (
He 1,1-2), ha rivelato se stesso come Padre di un Figlio eterno e consostanziale. A sua volta Gesù, rivelando la paternità di Dio, ha fatto conoscere anche la sua figliolanza divina. La paternità e la figliolanza divina sono tra loro in stretta correlazione all’interno del mistero del Dio uno e trino. “Una è infatti la persona del Padre, altra quella del Figlio, altra quella dello Spirito Santo: ma la divinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo è una, uguale la gloria, coeterna la maestà . . . Il Figlio non è fatto, né creato, ma generato dal Padre solo” (Simbolo Quicumque).

3. Gesù di Nazaret che esclama: “Ti benedico, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”, afferma pure con solennità: “Tutto mi è stato dato dal Padre mio: nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11,25 Mt 11,27).

Il Figlio, venuto nel mondo per “rivelare il Padre” così come lui lo conosce, ha contemporaneamente rivelato se stesso quale Figlio, così come è conosciuto solo dal Padre. Tale rivelazione era sostenuta dalla consapevolezza con la quale, già nell’adolescenza, Gesù aveva fatto rilevare a Maria e a Giuseppe “di doversi occupare delle cose del Padre suo” (cf. Lc 2,49). La sua parola rivelatrice fu inoltre convalidata dalla testimonianza del Padre, specialmente in circostanze decisive come durante il battesimo nel Giordano, quando i presenti udirono la voce misteriosa: “Questi è il figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto” (Mt 3,17), o come durante la trasfigurazione sul monte (cf. Mc 9,7).

4. La missione di Gesù Cristo, di rivelare il Padre manifestando se stesso come Figlio, non era priva di difficoltà. Egli doveva infatti superare gli ostacoli che derivavano dalla mentalità strettamente monoteistica degli ascoltatori, formatasi attraverso l’insegnamento dell’Antico Testamento nella fedeltà alla tradizione che si rifaceva ad Abramo e a Mosè, e nella lotta al politeismo. Nei Vangeli e, specialmente in quello di Giovanni, troviamo molte tracce di questa difficoltà che Gesù Cristo ha saputo superare con saggezza, ponendo con somma pedagogia quei segni di rivelazione a cui si lasciarono aprire i discepoli ben disposti.

Gesù parlava ai suoi ascoltatori in modo chiaro e inequivocabile: “Il Padre che mi ha mandato, mi dà testimonianza”. E alla domanda: “Dov’è tuo Padre?” rispondeva: “Voi non conoscete né me né il Padre; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio” . . . “Io dico quello che ho visto presso il Padre . . .”. Agli ascoltatori, poi, che obiettavano: “Noi abbiamo un solo Padre, Dio . . .” egli ribatteva: “Se Dio fosse vostro Padre, certo mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo . . . lui mi ha mandato . . . In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, io sono” (cf. Jn 8,12 Jn 8,59).

5. Cristo dice: “Io sono” così come secoli prima ai piedi del monte Oreb, Dio aveva detto a Mosè che gli chiedeva il nome: “Io sono colui che sono” (cf. Ex 3,14). Le parole di Cristo: “Prima che Abramo fosse, io sono” provocarono la reazione violenta degli ascoltatori che “cercavano . . . di ucciderlo: perché chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio” (Jn 5,18). Gesù infatti non si limitava a dire: “Il Padre mio opera sempre e anch’io opero” (Jn 5,17), ma addirittura proclamava: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Jn 10,30).

Nei giorni drammatici che concludono la sua vita, Gesù è trascinato nel tribunale del sinedrio, dove lo stesso sommo sacerdote gli rivolge la domanda-imputazione: “Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio”, Gesù risponde: “Tu l’hai detto” (Mt 26,63-64).

La tragedia si consuma e contro Gesù viene pronunciata la sentenza di morte.

Cristo, rivelatore del Padre e rivelatore di se stesso quale Figlio del Padre, è morto perché fino alla fine ha reso testimonianza alla verità sulla sua figliolanza divina.

Con cuore colmo di amore noi vogliamo ripetergli anche oggi con l’apostolo Pietro l’attestazione della nostra fede: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16).

Ai fedeli di lingua tedesca

Ai gruppi di lingua francese

Ai fedeli di espressione inglese

Ad un gruppo di giovani giapponesi

Sia lodato Gesù Cristo!

Dilettissimi parrocchiani della parrocchia di Taira. Nella vostra regione ci sono pochi fedeli, perché voi siete il “seme di senape” in mezzo ai non cristiani.

La Chiesa cattolica è cresciuta pregando insieme con la Madonna. Anche voi, pregando e lavorando insieme con la Madonna, potrete diventare un grande albero.

Con questo augurio vi imparto la mia benedizione apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!

Ai pellegrini della Spagna e dell’America Latina

Ai fedeli polacchi

Ad alcuni gruppi italiani

Saluto cordialmente i numerosi pellegrini italiani oggi qui convenuti. Siamo ormai vicini alla solennità di Tutti i Santi, e per questo vi invito a rivolgere fin d’ora il vostro pensiero a questa grande ricorrenza dell’anno liturgico, nella quale la Chiesa ci vuole ricordare un aspetto essenziale della sua misteriosa realtà: la gloria celeste dei fratelli che ci hanno preceduto nel cammino e nelle lotte della vita presente e che ora, nella visione del Padre vogliono essere in comunione con noi per aiutarci a raggiungere la meta e il premio che ci attendono.
* * *


Saluto ora i membri del gruppo strumentale “Ottoni di Verona”, che ha allietato l’incontro di oggi con l’esecuzione di alcuni brani di musica sacra. A loro do il mio benvenuto e li ringrazio. La vostra musica, cari fratelli, possa essere sempre lode al Signore ed elevazione dello spirito.
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Un affettuoso pensiero di benvenuto anche ai componenti dell’Associazione dei cooperatori salesiani, attualmente presenti a Roma per il loro XX Congresso internazionale, che vede la partecipazione di rappresentanze di ben quaranta nazioni.

Conosco l’impegno col quale intendete realizzare il carisma di don Bosco nella situazione presente della Chiesa e della società, in particolare in favore della formazione cristiana dei giovani, un campo nel quale, come sappiamo, il grande Santo piemontese ricevette da Dio speciali attitudini di prudenza e di saggezza: attitudini che voi, come figli e continuatori, siete chiamati a far fruttificare ulteriormente nel mondo giovanile del nostro tempo, valendoci dei suggerimenti e della materna ispirazione di Maria santissima Ausiliatrice, vostra speciale e potente patrona.

Vi benedico tutti di cuore, con l’auspicio che i lavori del congresso portino alla vostra benemerita famiglia spirituale un nuovo poderoso slancio di fervore e di iniziative apostoliche.

Ai giovani

Carissimi giovani presenti a questa udienza!

Col mio saluto cordiale, vi rivolgo il sincero augurio che sappiate far fruttificare, per il bene della Chiesa e della società, le ricchezze interiori di entusiasmo, di idealità, di apertura, che animano la vostra giovinezza. Nella vostra quotidiana esperienza siate sempre testimoni e costruttori di pace e di amore, opponendovi, con ogni forza, all’odio e alla violenza! La festa dei Santi, che dopodomani celebreremo sia per voi un invito a guardare in alto e a imitare l’esempio edificante che vi hanno lasciato una schiera numerosa di grandi uomini di Dio.

Agli ammalati

E a voi, cari fratelli e sorelle, sofferenti nel corpo e nello spirito, esprimo la mia profonda solidarietà a motivo della malattia che contrassegna questi vostri giorni e che vi inserisce nel mistero insondabile della passione di Cristo Gesù, il Figlio di Dio incarnato.

Uniti a lui, offrite al Padre celeste il vostro dolore, perché contribuisca alla purificazione e all’elevazione dell’umanità, succube del peccato.

Agli sposi novelli

Affettuosi sentimenti di gioia desidero manifestare a tutti voi, sposi novelli che siete a Roma per chiedere l’intercessione degli apostoli e dei martiri perché la santissima Trinità ricolmi di grazie la vostra unione consacrata e santificata dal sacramento del matrimonio.

Auspico che, con fede forte e con carità ardente, possiate trasformare la vostra famiglia in una “Chiesa domestica”, nella quale rivivano quotidianamente le virtù che hanno ispirato e corroborato la santa Famiglia di Nazaret: Gesù, Maria e Giuseppe cui affido i vostri propositi e i vostri ideali.

A tutti la mia benedizione apostolica.

Preghiera e solidarietà per le vittime del tifone in Vietnam


Ho avuto, con qualche ritardo, la dolorosa notizia dei lutti e delle devastazioni provocati nella regione centrale del Vietnam dal violento tifone dei giorni 15 e 16 ottobre.

La stampa ha riferito che si contano centinaia di morti e feriti e che le case distrutte o danneggiate sono centinaia di migliaia. Oltre sessantamila ettari di terre coltivate sono stati allagati.

Desidero esprimere la mia profonda sofferenza per quanto è accaduto in una regione geograficamente lontana, ma a me tanto cara.

Vi invito a pregare con me per la pace terna delle vittime e per il conforto di quanti piangono la scomparsa per qualche familiare o la perdita dei frutti di un faticoso lavoro. Dobbiamo essere tutti partecipi e solidali con quelle popolazioni così duramente colpite: desidero esprimere pubblicamente l’auspicio che gli aiuti internazionali, ai quali non sarà estraneo il generoso concorso della comunità cattolica, siano pari alle gravi ed urgenti necessità causate dal tifone.

Vorrei, infine, assicurare i pastori e i fedeli nella fede di quella regione, della nostra cordiale vicinanza nella prova e nel sostegno della nostra preghiera. Ad essi invio una particolare benedizione.




Mercoledì, 6 novembre 1985

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1. Nella catechesi di mercoledì scorso abbiamo considerato come Gesù Cristo, rivelatore del Padre, ha parallelamente manifestato se stesso come Figlio consostanziale al Padre.

Basandosi sulla testimonianza resa da Cristo, la Chiesa professa e annunzia la propria fede in Dio-Figlio con le parole del simbolo niceno-costantinopolitano: “Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padre . . .”.

È questa una verità di fede annunciata dalla parola stessa di Cristo, sigillata con il suo sangue sparso sulla croce, ratificata dalla sua risurrezione, attestata dall’insegnamento degli apostoli e trasmessa dagli scritti del Nuovo Testamento.

Cristo afferma; “Prima che Abramo fosse, Io sono” (
Jn 8,58). Non dice: “Io ero”, ma “Io sono” cioè da sempre, in un eterno presente. L’apostolo Giovanni nel prologo del suo Vangelo scrive: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste” (Jn 1,1-3). Dunque quel “prima di Abramo”, nel contesto della polemica di Gesù con gli eredi della tradizione di Israele, che si appellavano ad Abramo, significa: “ben prima di Abramo” e s’illumina alle parole del prologo del quarto Vangelo: “in principio era presso Dio”, cioè nell’eternità propria solo a Dio: nell’eternità comune con il Padre e con lo Spirito Santo. Annuncia infatti il Simbolo Quicumque: “E in questa Trinità nulla è prima o dopo, nulla maggiore o minore, ma tutte e tre le persone sono fra loro coeterne e coeguali”.

2. Secondo il Vangelo di Giovanni il Figlio-Verbo era in principio presso Dio, e il Verbo era Dio (cf. Jn 1,1-2). Lo stesso concetto troviamo nell’insegnamento apostolico.Leggiamo infatti nella Lettera agli Ebrei che Dio ha costituito il Figlio “erede di tutte le cose e per mezzo di lui ha fatto anche il mondo. Questo Figlio . . . è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola” (He 1,2-3). E Paolo, nella Lettera ai Colossesi, scrive: “Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura” (Col 1,15).

Dunque, secondo l’insegnamento apostolico, il Figlio è della stessa sostanza del Padre poiché è il Dio Verbo. In questo Verbo e per mezzo di lui tutto è stato fatto, è stato creato l’universo. Prima della creazione, prima dell’inizio di “tutte le cose visibili e invisibili”, il Verbo ha in comune col Padre l’Essere eterno e la Vita divina, essendo “l’irradiazione della sua gloria e l’impronta della sua sostanza” (He 1,3). In questo Principio senza principio il Verbo è il Figlio, poiché è eternamente generato dal Padre. Il Nuovo Testamento ci rivela questo mistero per noi incomprensibile di un Dio che è uno e trino: ecco, nell’onticamente assoluta unità della sua essenza, Dio è eternamente e senza principio il Padre che genera il Verbo, ed è il Figlio, generato come Verbo del Padre.

3. Questa eterna generazione del Figlio è una verità di fede proclamata e definita dalla Chiesa molte volte (non solo a Nicea e a Costantinopoli, ma anche in altri Concili, per esempio nel Lateranense IV del 1215), scrutata e anche spiegata dai Padri e dai teologi, naturalmente per quanto l’inscrutabile realtà di Dio può essere colta con i nostri concetti umani, sempre così inadeguati. Questa spiegazione è riassunta dal Catechismo del Concilio di Trento, che sentenzia molto esattamente: “. . . è così grande l’infinita fecondità di Dio che conoscendo se stesso genera il Figlio pari e uguale”.

Infatti è certo che questa eterna generazione in Dio è di natura assolutamente spirituale, poiché “Dio è Spirito”. Per analogia col processo gnoseologico della mente umana, per cui l’uomo, conoscendo se stesso, produce un’immagine di se stesso, un’idea, un “concetto”, cioè un’“idea concepita”, che dal latino “verbum” viene spesso chiamato verbo interiore, noi osiamo pensare alla generazione del Figlio, o “concetto” eterno e Verbo interiore di Dio. Dio, conoscendo se stesso, genera il Verbo-Figlio, che è Dio come il Padre. In questo generare, Dio è nello stesso tempo Padre, come Colui che genera, e Figlio, come Colui che è generato, nella suprema identità della Divinità, che esclude una pluralità di “dèi”. Il Verbo è il Figlio della stessa sostanza del Padre ed è con lui il Dio unico della rivelazione dell’Antico e del Nuovo Testamento.

4. Tale esposizione del mistero, per noi inscrutabile, della vita intima di Dio è contenuta in tutta la tradizione cristiana. Se il generare divino è verità di fede contenuta direttamente nella rivelazione e definita dalla Chiesa, possiamo dire che la spiegazione che ne danno i Padri e Dottori della Chiesa, è una dottrina teologica ben fondata e sicura.

Ma con essa non possiamo pretendere di eliminare le caligini che avvolgono, dinanzi alla nostra mente, Colui che “abita una luce inaccessibile” (1Tm 6,16). Proprio perché l’intelletto umano non è in grado di comprendere l’Essenza divina, non può penetrare nel mistero della vita intima di Dio, Con una particolare ragione si può applicare qui la frase: “Se lo comprendi non è in Dio”.

E tuttavia la rivelazione ci fa conoscere i termini essenziali del mistero, ce ne dà l’enunciazione e ce lo fa gustare ben al di sopra di ogni comunale, in attesa e in preparazione della visione celeste. Crediamo dunque, che “Il Verbo era Dio” (Jn 1,1), “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Jn 1,14), e “a quanti . . . l’hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio” (Jn 1,12). Crediamo nel Figlio “unigenito che è nel seno del Padre” (Jn 1,18), e che lasciando la terra ha promesso di “prepararci un posto” (Jn 14,2) nella gloria di Dio, come figli adottivi e suoi fratelli (cf. Rm 8,15 Rm 8,23 Ga 4,5 Ep 1,5).

Ai pellegrini francesi

Ai fedeli di espressione inglese

Ai pellegrini di espressione spagnola

Ai pellegrini polacchi

Ai fedeli italiani

Saluto cordialmente i gruppi di lingua italiana qui presenti, e in particolare il gruppo della parrocchia “Gesù nostra Riconciliazione” di Rimini, presenti insieme col Vescovo e il Sindaco della città.

La vostra chiesa sorge su un’area nella quale si svolge l’annuale “Meeting internazionale per l’amicizia dei popoli”, a uno dei quali intervenni io stesso qualche anno fa.

L’augurio che vi rivolgo, cari fratelli, è che la nuova chiesa che state costruendo sia l’espressione e il simbolo di una sempre rinnovata speranza e di un’indefettibile volontà che hanno per oggetto l’avvento di quella giustizia tra i popoli che vi sono garantite dal Vangelo di Gesù Cristo. La sua grazia e la sua benedizione sostenga i vostri programmi e i vostri lavori!

Ai giovani

Carissimi giovani!

Lieto per la vostra sempre gradita presenza, vi rivolgo un affettuoso saluto. In questo incontro desidero ricordarvi la figura di padre Tito Brandsma, che domenica scorsa ho solennemente dichiarato “beato”, ed esortarvi a leggerne la biografia, che sarà di grande aiuto per la vostra formazione. Egli morì il 26 luglio 1942 nel campo di sterminio di Dachau, dopo terribili sofferenze, martire della Verità, che aveva coraggiosamente sostenuto e difeso. Invocatelo nelle vostre difficoltà! Imparate sul suo esempio ad essere anche voi fermi nella fede e coraggiosi nella speranza! Vi benedico tutti di cuore!

Agli ammalati

Carissimi malati!

Anche a voi rivolgo in modo speciale la mia parola di saluto, di riconoscenza per la partecipazione a questa udienza, di comprensione e di augurio per la vostra sofferenza. Voi mi siete continuamente presenti nel pensiero e nella preghiera; e desidero incoraggiarvi ad un sempre più profondo e paziente amore a Dio, citando ciò che scriveva il beato Tito Brandsma, che fu un dinamico giornalista ma anche un mistico profondo: “Considera la vita come una “Via crucis”, ma prendi la croce sulle spalle con gioia e coraggio, perché con la sua grazia Gesù l’ha resa leggera”. L’eroismo del suo martirio, accettato con amore, sia per voi di conforto e di stimolo alla santificazione. Vi accompagni la mia benedizione.

Agli sposi novelli

Carissimi sposi novelli!

Ricevete anche il mio saluto più cordiale, insieme con l’augurio e la benedizione per la nuova vita, che avete iniziato con il sacramento del matrimonio. Il Signore rimanga sempre con voi con la sua parola illuminatrice e con la sua grazia! Padre Tito Brandsma, così inserito nelle vicende e nei problemi del suo tempo, e tuttavia così alto nella sua spiritualità, è maestro ed esempio anche per voi, immersi nelle quotidiane preoccupazioni. La convinzione della presenza di Dio negli avvenimento della storia e la totale fiducia del suo amore lo accompagnarono durante tutta la sua vita, e specialmente nel duro periodo della prigionia. Imparate da lui ad essere perseveranti nella bontà, nella pazienza, nella carità e soprattutto nella confidenza in colui che vi ha uniti per sempre mediante il sacramento. E vi confortino anche il mio affetto e la mia benedizione.

Dolore e condanna per l'uccisione di due missionari


Profondo dolore e ferma condanna per l’uccisione in Mozambico di due missionari gesuiti sono espressi dal Santo Padre durante l’udienza generale. Queste le parole di Giovanni Paolo II.

Ho appreso con profonda pena la dolorosa notizia dell’uccisione in Mozambico di due religiosi gesuiti: il padre Silvio Moreira, portoghese, e il padre João De Deus Gonçalves Kamtedza, mozambicano.

La loro vita è stata stroncata il 30 ottobre scorso vicino alla loro casa, nella missione di Lefidzi, diocesi di Tete.

Si ignora chi siano i responsabili di questo efferato crimine, che suscita riprovazione e condanna nell’animo di ogni persona retta.

Innalziamo al Signore una fervida preghiera per le anime di questi testimoni di Cristo e per tutti i missionari, esposti a tanti rischi nell’adempimento del loro dovere. Questo drammatico episodio ci spinga a rafforzare il nostro impegno cristiano a favore della pace, della giustizia e della riconciliazione tra gli uomini.


Mercoledì, 13 novembre 1985

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1. “Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti”.

Ci serviamo anche oggi, in apertura della catechesi sullo Spirito Santo, così come abbiamo fatto parlando del Padre e del Figlio, della formulazione del Simbolo niceno-costantinopolitano, secondo l’uso invalso nella liturgia latina.

Nel IV secolo i Concili di Nicea (325), Costantinopoli (381) hanno contribuito alla precisazione dei concetti comunemente utilizzati per presentare la dottrina sulla Santissima Trinità: un unico Dio, che è, nell’unità della sua divinità, Padre, Figlio e Spirito Santo. La formulazione della dottrina sullo Spirito Santo proviene in particolare dal menzionato Concilio di Costantinopoli.

2. La Chiesa confessa perciò la propria fede nello Spirito Santo con le parole sopra citate. La fede è la risposta all’autorivelazione di Dio: egli ha fatto conoscere se stesso “per mezzo dei profeti e ultimamente . . . per mezzo del Figlio” (
He 1,1). Il Figlio, che ci ha rivelato il Padre, ha fatto conoscere anche lo Spirito Santo. “Quale il Padre, tale il Figlio, tale lo Spirito Santo”, proclama il Simbolo Quicumque, del V secolo. Quel “tale” viene spiegato dalle parole del Simbolo che seguono, e vuol dire: “increato, immenso, eterno, onnipotente . . . non tre onnipotenti, ma un unico onnipotente: così Dio Padre-Dio Figlio-Dio Spirito Santo . . . Non esistono tre dèi, ma un unico Dio”.

3. È bene iniziare con la spiegazione della denominazione Spirito-Spirito Santo. La parola “spirito” appare fin dalle prime pagine della Bibbia: “. . . e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque” (Gn 1,2), è detto nella descrizione della creazione. Spirito traduce l’ebraico “ruah”, che equivale a respiro, soffio, vento, ed è reso in greco con “pneuma” da “pneo”, in latino con “spiritus” da “spiro”. L’etimologia è importante, perché, come vedremo, aiuta a spiegare il senso del dogma e suggerisce il modo di comprenderlo.

La spiritualità è attributo essenziale della Divinità: “Dio è Spirito . . .” - ha detto Gesù Cristo nel colloquio con la Samaritana (Jn 4,24) (in una delle catechesi precedenti si è parlato di Dio come spirito infinitamente perfetto). In Dio “spiritualità” vuol dire non solo somma ed assoluta immaterialità, ma anche atto puro ed eterno di conoscenza e di amore.

4. La Bibbia, e specialmente il Nuovo Testamento, parlando dello Spirito Santo, non si riferisce all’Essere stesso di Dio, ma a Qualcuno che è in un rapporto particolare con il Padre e il Figlio. Sono numerosi i testi, specie nel Vangelo di San Giovanni, che mettono in evidenza questo fatto: in modo speciale i passi del discorso dell’addio di Cristo Signore, il giovedì prima della Pasqua, durante l’ultima cena.

Nella prospettiva del commiato dagli apostoli Gesù annunzia loro la venuta di un “altro Consolatore”. Dice così: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità . . .” (Jn 14,16). “Ma il Consolatore lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa” (Jn 14,26). L’invio dello Spirito Santo, che Gesù chiama qui “Consolatore”, verrà mandato dal Padre nel nome del Figlio. Questo invio viene poco dopo maggiormente esplicitato da Gesù stesso: “Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza . . .” (Jn 15,26).

Dunque, lo Spirito Santo che procede dal Padre, verrà mandato agli apostoli e alla Chiesa sia dal Padre nel nome del Figlio, sia dal Figlio una volta tornato al Padre.

Poco oltre Gesù dice ancora: “Egli [lo Spirito di Verità] mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l’annunzierà” (Jn 16,14-15).

5. Tutte queste parole, come anche gli altri testi che troviamo nel Nuovo Testamento, sono estremamente importanti per la comprensione dell’economia della salvezza. Esse ci dicono chi è lo Spirito Santo in rapporto al Padre e al Figlio: possiedono cioè un significato trinitario: dicono non solo che lo Spirito Santo viene “mandato” dal Padre e dal Figlio, ma anche che egli “procede” dal Padre.

Tocchiamo qui delle questioni che hanno un’importanza chiave nell’insegnamento della Chiesa sulla Santissima Trinità. Lo Spirito Santo viene mandato dal Padre e dal Figlio dopo che il Figlio, compiuta la sua missione redentrice, è entrato nella sua gloria (cf. Jn 7,39 Jn 16,7), e queste “missioni” decidono di tutta l’economia della salvezza nella storia dell’umanità.

Queste “missioni” comportano e rivelano le “processioni” che sono in Dio stesso. Il Figlio procede eternamente dal Padre come da lui generato e ha assunto nel tempo una natura umana per la nostra salvezza. Lo Spirito Santo, che procede dal Padre e dal Figlio, si è manifestato dapprima nel Battesimo e nella Trasfigurazione di Gesù, e poi nel giorno della Pentecoste sui suoi discepoli; egli abita nei cuori dei fedeli con il dono della carità.

Ascoltiamo perciò l’ammonimento dell’apostolo Paolo: “Non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, col quale foste segnati per il giorno della redenzione” (Ep 4,30). Lasciamoci guidare da lui. Egli ci guida sulla “strada” che è Cristo verso l’incontro beatificante col Padre.

Ai fedeli di lingua francese

Ai pellegrini di lingua inglese
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Ai fedeli di lingua tedesca

Ai fedeli di lingua spagnoli

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Ai fedeli polacchi

Ai fedeli di lingua italiana

Rivolgo un cordiale pensiero ai fedeli di lingua italiana e in particolare porgo un affettuoso saluto al gruppo di sacerdoti provenienti da varie parti d’Italia per partecipare ad un corso di esercizi spirituali presso il movimento Fac “Centro Nazareth” di Roma.

Carissimi, vi auguro che questa vostra importante pausa di preghiera e di riflessione sia feconda di stimoli per approfondire sempre il significato autentico del carisma e del ministero sacerdotale e per vivere in maniera sempre più degna e generosa la grazia della vostra vocazione.

Avvaloro di cuore questi miei voti con la mia preghiera e con una speciale benedizione.
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Un particolare saluto desidero porgere anche ai numerosi fedeli della parrocchia di Maria Santissima del Rosario in Rocca di Capri Leone, diocesi di Patti, che sono venuti in pellegrinaggio a Roma per chiedere la benedizione del Papa sul progetto della loro nuova chiesa parrocchiale.

Rivolgo il mio saluto al vostro zelante Vescovo, e a voi tutti che siete qui presenti in rappresentanza di tutti i fedeli di Rocca di Capri Leone. Auspico di cuore che la nuova chiesa sia il simbolo e il segno della vostra fede cristiana, sincera e coerente.

Vi accompagna la mia benedizione apostolica.

Ai giovani

Desidero rivolgere ora, come di consueto, il mio speciale saluto e il mio affettuoso incoraggiamento a tutti i ragazzi e i giovani che rallegrano con la loro esuberante giovinezza questo incontro.

Carissimi, vi ringrazio per questa vostra significativa presenza, con la quale volete testimoniare le vostre aspirazioni e vivere secondo i principi della fede cristiana. So che molti di voi sono studenti che hanno già ripreso in pieno l’attività scolastica: siate alunni diligenti e impegnatevi a fondo nel vostro lavoro, che è molto prezioso perché vi prepara alla vita. Il vostro sforzo miri non solo al necessario sapere umano, ma anche alla crescita della dottrina della fede, cioè dell’istruzione religiosa, delle cose necessarie all’anima. In questo campo il maestro è Gesù, il quale per mezzo del Vangelo e dei sacerdoti che vi educano alla fede parla al vostro cuore e vi istruisce alle verità eterne. Mettetevi alla scuola del Signore con grande docilità ed egli farà di voi dei veri discepoli del regno di Dio. Con questi voti nel cuore vi benedico.

Agli ammalati

Anche a voi ammalati giunga la mia particolare parola di benevolenza e di predilezione. So benissimo che la vostra vita non è facile, né confortata da consolazioni umane. Tutto questo però non deve essere motivo di scoraggiamento e di avvilimento, perché le cose di questo mondo sono passeggere, mentre quelle spirituali sono eterne: col vostro dolore voi guadagnate frutti per l’eternità e contribuite alla grande causa della salvezza degli uomini, per i quali Cristo è morto sulla croce. Il vostro sacrificio quindi non è vano, ma è fonte di meriti davanti a Dio. Sappiate abbracciare con questa fede il vostro patire e il Signore non vi farà mancare la forza e la ricompensa celeste. Anch’io vi sarò sempre vicino con la mia preghiera e con la mia benedizione.

Agli sposi novelli

Un saluto cordiale porgo pure agli sposi novelli, ai quali esprimo il mio ringraziamento per aver voluto dare inizio alla loro vita familiare con la benedizione del Papa. È questo un nobile atto che merita apprezzamento perché rivela sentimenti cristiani.

Cari sposi, vi assicuro la mia preghiera affinché le vostre nuove famiglie siano sempre aperte ai valori dello spirito. In tal modo il vostro amore non invecchierà giammai, ma rimarrà sempre giovane, schietto e forte. Vi accompagni la mia benevolenza e la mia benedizione.




Catechesi 79-2005 23105