Catechesi 79-2005 20115

Mercoledì, 20 novembre 1985

20115

1. Nell’ultima catechesi abbiamo concentrato la nostra attenzione sullo Spirito Santo, riflettendo sulle parole del Simbolo niceno-costantinopolitano secondo la forma in uso nella liturgia latina: “Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti”.

Lo Spirito Santo viene “mandato” dal Padre e dal Figlio, come anche da loro “procede”. Per questo viene chiamato “lo Spirito del Padre” (cf.
Mt 10,20 1Co 2,11 Jn 15,26), ma anche “lo Spirito del Figlio” (Ga 4,6), o “lo Spirito di Gesù” (Ac 16,7), poiché è Gesù stesso a mandarlo (cf. Jn 15,26). Perciò la Chiesa latina confessa che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio (“qui a Patre Filioque procedit”), e quelle ortodosse proclamano che lo Spirito Santo procede dal Padre per mezzo del Figlio. E procede “per via di volontà”, “nel modo dell’Amore” (“per modum amoris”), il che è “sententia certa”, cioè dottrina teologica comunemente accettata nell’insegnamento della Chiesa e quindi sicura e vincolante.

2. Questa convinzione trova conferma nell’etimologia del nome “Spirito Santo”, a cui ho accennato nella catechesi precedente: Spirito, “spiritus”, “pneuma”, “ruah”. Partendo da tale etimologia si descrive “la processione” dello Spirito dal Padre e dal Figlio come “spirazione”: “spiramen”, soffio d’Amore.

Questa spirazione non è generazione. Solo il Verbo, il Figlio, “procede” dal Padre per eterna generazione. Dio, che eternamente conosce se stesso e tutto in se stesso, genera il Verbo. In questa eterna generazione, che avviene per via intellettuale (“per modum intellegibilis actionis”), Dio, nell’assoluta unità della sua natura, cioè della sua divinità, è Padre e Figlio. “È”, e non: “diventa”, lo “è” eternamente, “È” sin dall’inizio e senza inizio. Sotto questo aspetto la parola “processione” deve essere intesa correttamente: senza alcuna connotazione propria di un “divenire” temporale. Lo stesso vale per la “processione” dello Spirito Santo.

3. Dio dunque mediante la generazione, nell’assoluta unità della divinità, è eternamente Padre e Figlio. Il Padre generante ama il Figlio generato, e il Figlio ama il Padre di un amore che si identifica con quello del Padre. Nell’unità della Divinità l’amore è da un lato paterno e dall’altro filiale. Al tempo stesso il Padre e il Figlio non solo sono uniti da quel vicendevole amore come due Persone infinitamente perfette, ma la loro mutua compiacenza, il loro reciproco Amore procede in loro e da loro come persona: il Padre e il Figlio “spirano” lo Spirito d’Amore a loro consostanziale. In questo modo Dio, nell’assoluta unità della sua Divinità è da tutta l’eternità Padre, Figlio e Spirito Santo.

Il simbolo Quicumque proclama: “Lo Spirito Santo non è fatto né creato, né generato, ma procedente dal Padre e dal Figlio”. E la “processione” è “per modum amoris” come s’è detto. Per questo i Padri della Chiesa chiamano lo Spirito Santo: “Amore, Carità, Dilezione, Vincolo d’amore, Bacio d’amore”. Tutte queste espressioni testimoniano del modo di “procedere” dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio.

4. Si può dire che Dio nella sua vita intima “è amore” che si personalizza nello Spirito Santo, Spirito del Padre e del Figlio. Lo Spirito viene anche chiamato Dono.

Nello Spirito infatti, che è l’Amore, si trova la fonte di ogni elargizione, che ha in Dio il suo inizio, nei riguardi delle creature: l’elargizione dell’esistenza per il tramite della creazione, l’elargizione della grazia mediante tutta l’economia della salvezza.

Alla luce di questa teologia del Dono trinitario comprendiamo meglio le parole degli Atti degli apostoli “. . . riceverete il dono dello Spirito Santo” (Ac 2,38). Sono le parole con cui il Cristo si congeda definitivamente dai suoi cari, andando al Padre. In questa luce comprendiamo anche le parole dell’Apostolo: “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5).

Concludiamo dunque la nostra riflessione invocando con la liturgia: “Veni, Sancte Spiritus”, “Vieni, Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore”.

Ad un folto gruppo di pellegrini provenienti dal Giappone

Sia lodato Gesù Cristo!

Dilettissimi pellegrini della diocesi di Gojo, voi siete venuti qui a Roma per incontrarmi, proprio dalla estrema parte del nord-Giappone. Vi ringrazio di cuore e vi auguro che le vostre preghiere, per l’intercessione della Madonna, portino molti frutti nell’isola di Hokkaido.

Con questo augurio vi imparto con tutto l’affetto paterno la mia benedizione apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!

Ai fedeli di lingua italiana

Desidero rivolgere un cordiale e affettuoso saluto a tutti i pellegrini di lingua italiana, singoli o a gruppi, presenti a questo incontro, e in particolare:

- ai membri del Capitolo generale dell’Ordine dei Chierici Regolari Teatini, guidati dal nuovo preposito generale, il padre Eugenio Julio Gomez, cui va il mio fervido pensiero augurale;

- al gruppo degli studenti dell’Istituto Teologico “Don Orione”, provenienti dall’Uruguay, dalla Gran Bretagna e dall’Italia, ai quali auspico una seria e serena preparazione spirituale e culturale nel carisma del loro fondatore, l’eroe della carità, il beato Luigi Orione;

- ai membri del “Comitato per la lotta contro i tumori” (CALCIT) di Arezzo e agli alunni delle scuole della medesima provincia, a cui va il mio plauso per il loro senso di solidarietà e per il loro spirito di generosità nelle varie iniziative, finalizzate alla raccolta di fondi per l’acquisto di apparecchiature specializzate per la diagnosi e la cura delle malattie tumorali;

- e, infine, al gruppo degli Allievi ufficiali di complemento del 120° Corso della Scuola del Genio, a quelli della Scuola di trasporti e materiali e ai militari del battaglione “Casilina”, che partecipano a questa udienza insieme ai rispettivi comandanti e al cappellano militare, ai quali indirizzo un sincero saluto.

A voi tutti rivolgo una parola di esortazione e di incoraggiamento affinché offriate sempre con gioia e impegno una chiara testimonianza del messaggio di Gesù nella nostra vita.

La mia benedizione apostolica confermi tali voti.

Ai giovani

Carissimi giovani! A voi ora io voglio rivolgere il mio saluto e il mio benvenuto. Il presente anno liturgico sta ormai per concludersi con la imminente solennità, domenica prossima, di Gesù Cristo Re. Questa festa celebra il trionfo finale di Cristo su tutte le potenze del male, “quando - come dice san Paolo (1Co 15,24) - egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza”.

Siate sempre anche voi a fianco di Gesù Signore in questa lotta, nobile e spirituale, per la liberazione dell’uomo da ogni male e per far sì che il mondo e l’universo, creati da Dio, ritornino in pienezza sotto la signoria del loro sapiente Creatore. Vi sono accanto in tale vostro impegno con la mia benedizione apostolica.

Agli ammalati

Carissimi malati qui presenti, il mio beneaugurante pensiero va ora a voi, che, con non piccolo sacrificio certamente, avete voluto vedere il Papa e sentire la sua parola. Grazie per la vostra presenza! Sapete quanto mi siete di conforto. Voi ora più di altri siete particolarmente vicini a Gesù sofferente. Voi state collaborando con lui per l’avvento di quel suo finale trionfo che celebreremo, nella speranza, domenica prossima. Mettetevi a totale disposizione di Gesù Signore e Re. Se con lui patirete, con lui vincerete.

Anch’io mi unisco a voi, col peso del mio ministero, in quest’opera di redenzione del mondo, per sottomettere, con Cristo, al Padre ogni cosa e perché - come dice san Paolo - “Dio sia tutto in tutti” (1Co 15,28). La mia affettuosa benedizione vi accompagni e vi sia di conforto.

Agli sposi novelli

Anche voi, carissimi sposi novelli, con la vostra scelta di vita compiuta davanti a Dio, vi siete impegnati a preparare quella vittoria finale di Cristo che ricapitolerà e concluderà tutto il corso della storia presente, liberandola del tutto dalla morte, dalla sofferenza e dal peccato. La vostra, infatti, è una scelta di vita e di fiducia nella potenza di Gesù risorto e Re dell’universo. Non lasciatevi impressionare se, a volte, quaggiù l’esito della lotta sembra incerto. Sono quelli invece i momenti nei quali più che mai dovete credere nella sua potenza, abbandonandovi alla sua guida e seguendo il suo esempio. La famiglia cristiana è un preannuncio del regno di Dio. Impegnatevi a vivere sempre con gratitudine il dono che avete ricevuto. La mia cordiale benedizione vi sia di aiuto e vi sostenga nel cammino.


Per la Giornata «Pro Orantibus»


Domani, 21 novembre, memoria liturgica della Presentazione della Beata Vergine Maria, si celebrerà in tutta l’Italia la Giornata annuale “Pro Orantibus”, cioè per tutti i fratelli e le sorelle di vita contemplativa che, mediante la solitudine, il silenzio, la continua preghiera e l’intensa penitenza, offrono alla Chiesa e alla società la splendida testimonianza del primato dello spirituale (cf. Perfectae caritatis PC 7).

I cristiani non possono rimanere indifferenti di fronte a loro, che vivono in clausura non per sfuggire alle responsabilità del mondo, ma per essere nel mondo testimoni della più profonda unione a Cristo; tanto più che, in pochi monasteri d’Italia e fuori, essi si trovano al presente in una situazione di grande indigenza. È quindi doveroso che la comunità ecclesiale non faccia mancare la propria concreta solidarietà e il proprio efficace aiuto per assicurare ad essi la sopravvivenza e la continuità del loro silenzioso, fecondo e insostituibile apostolato.




Mercoledì, 27 novembre 1985: Unus Deus Trinitas

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1. “Unus Deus Trinitas . . .”.

In questa concisa formula il Sinodo di Toledo (675) ha espresso, sulla scorta dei grandi Concili riuniti nel IV secolo a Nicea e a Costantinopoli, la fede della Chiesa in Dio Uno e Trino.

Ai nostri giorni Paolo VI nel “Credo del popolo di Dio” ha dato espressione alla stessa fede con parole, che abbiamo già riportato durante le catechesi precedenti: “I mutui vincoli, che costituiscono eternamente le tre Persone, le quali sono ciascuna l’unico e identico Essere divino, sono la beata vita intima di Dio Santissimo, infinitamente al di là di tutto ciò che noi possiamo concepire secondo l’umana misura” (Insegnamenti di Paolo VI, VI [1968] 303).

Dio è ineffabile e incomprensibile, Dio è nella sua essenza un inscrutabile mistero, la cui verità abbiamo cercato di illustrare nelle precedenti catechesi. Di fronte alla Santissima Trinità, nella quale si esprime la vita intima del Dio della nostra fede, occorre ripeterlo e constatarlo con una forza di convinzione ancora maggiore. L’unità della divinità nella Trinità delle Persone è davvero un mistero ineffabile e inscrutabile! “Se lo comprendi non è Dio”.

2. Perciò Paolo VI prosegue nel testo sopra citato dicendo: “Intanto rendiamo grazie alla Bontà divina per il fatto che moltissimi credenti possono attestare con noi, davanti agli uomini, l’unità di Dio pur non conoscendo il mistero della Santissima Trinità” (Ivi
PC 7).

La santa Chiesa nella sua fede trinitaria si sente unita a tutti coloro che confessano l’unico Dio. La fede nella Trinità non scalfisce la verità dell’unico Dio: ne mette invece in evidenza la ricchezza, il contenuto misterioso, l’intima vita.

3. Questa fede ha la sua fonte - l’unica fonte - nella rivelazione del Nuovo Testamento. Soltanto mediante questa rivelazione è possibile conoscere la verità su Dio Uno e Trino. Questo e infatti uno di quei “misteri nascosti in Dio, che - come dice il Concilio Vaticano I - se non sono rivelati, non possono essere conosciuti” (Conc. Vat. I, Dei Filius, “De fide cath.”, IV).

Il dogma della Santissima Trinità nel cristianesimo è stato sempre considerato un mistero: il più fondamentale e il più inscrutabile. Gesù Cristo stesso dice: “Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11,27).

Come insegna il Concilio Vaticano I: “I divini misteri per natura loro superano l’intelletto creato così che, pur consegnati mediante la rivelazione e accolti dalla fede, rimangono tuttavia coperti dal velo della stessa fede e avvolti da una sorta di oscurità, finché in questa vita mortale “siamo in esilio lontano dal Signore, camminiamo nella fede e non ancora in visione” (2Co 5,6-7)” (Conc. Vat. I, Dei Filius, “De fide cath.”, IV).

Questa affermazione vale in modo particolare per il mistero della Santissima Trinità: anche dopo la Rivelazione esso rimane il più profondo mistero della fede, che l’intelletto da solo non è in grado di comprendere né di penetrare. Lo stesso intelletto invece, illuminato dalla fede, può in certo modo afferrare e spiegare il significato del dogma. E può così avvicinare all’uomo il mistero dell’intima vita del Dio Uno e Trino.

4. Nella realizzazione di quest’opera eccelsa - sia mediante il lavoro di molti teologi e prima di tutto dei Padri della Chiesa, sia mediante le definizioni dei Concili - si è dimostrato particolarmente importante e fondamentale il concetto di “persona” come distinto da quello di “natura” (o essenza). Persona è colui o colei che esiste come essere umano concreto, come individuo che possiede l’umanità, cioè la natura umana. La natura (l’essenza) è tutto ciò per cui quel che concretamente esiste è ciò che è. Così, ad esempio, quando parliamo di “natura umana”, indichiamo ciò per cui ogni uomo è uomo, con le sue componenti essenziali e con le sue proprietà.

Applicando questa distinzione a Dio, constatiamo l’unità della natura, cioè l’unità della Divinità, la quale appartiene in modo assoluto ed esclusivo a Colui che esiste come Dio. Al tempo stesso - sia alla luce del solo intelletto sia, e ancor più, a quella della Rivelazione - nutriamo la convinzione che egli è un Dio personale. Anche a coloro ai quali non è giunta la rivelazione dell’esistenza in Dio di tre Persone, il Dio creatore deve apparire come un Essere personale. Essendo infatti la persona ciò che vi è di più perfetto al mondo (“id quod est perfectissimum in tota natura”: San Tommaso, Summa theologiae, I 29,3), non si può non attribuire questa qualifica al Creatore, pur nel rispetto della sua infinita trascendenza (cf. Ivi, in c. e ad 1m). Proprio per questo le religioni monoteiste non cristiane comprendono Dio come persona infinitamente perfetta e assolutamente trascendente rispetto al mondo.

Unendo la nostra voce a quella di ogni altro credente, eleviamo anche in questo momento il nostro cuore al Dio vivente e personale, l’unico Dio che ha creato i mondi e che è all’origine di tutto quello che è buono, bello e santo. A Lui la lode e la gloria nei secoli.



Ai fedeli di lingua francese

Ai pellegrini di espressione inglese

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Ai fedeli di lingua tedesca

Ai pellegrini di lingua spagnola

Ad un gruppo proveniente dalla Jugoslavia

Saluto di cuore un gruppo di madri e di padri dalla Slovenia. Carissimi, le vostre famiglie siano chiese domestiche, luoghi di genuini valori e di focolari, in cui non si spenga mai il fuoco della preghiera. Benedico voi, tutti i vostri cari e tutte le famiglie slovene.

Ai fedeli polacchi

Ai gruppi italiani

Desidero ora salutare con affetto i principali gruppi di lingua italiana presenti all’udienza:

- i rettori dei santuari mariani d’Italia, venuti a Roma per il loro convegno annuale, per meditare sul tema “La preghiera mariana nei santuari a venti anni dal Concilio Vaticano II”;

- l’Associazione artigiani di Roma e provincia alla quale esprimo il mio compiacimento per la lunga e intensa sollecitudine spirituale con cui si è preparata a questo incontro e che incoraggio nel suo impegno di solidarietà verso i fratelli;

- i partecipanti al V incontro internazionale della pastorale per i circensi e i fieranti, guidati dall’Arcivescovo Monsignor Emanuele Clarizio e accompagnati dal Comitato esecutivo dell’Unione fieranti europei, impegnato a Roma per l’annuale assemblea;

- i membri dell’Associazione nazionale artisti lirici primari italiani, che ha come scopo la tutela dei diritti degli artisti del canto di nazionalità italiana;

- i nuovi consiglieri ecclesiastici dalla Confederazione Nazionale dei coltivatori diretti, partecipanti al Corso di sociologia e pastorale rurale, e i nuovi dirigenti degli uffizi del Patronato, presenti a questo incontro di formazione;

- gli operatori della Stazione trasmittente “Radiotelepace” della diocesi di Verona, che proprio oggi compie l’ottavo anno di servizio al Vangelo e alla Chiesa;

- i dirigenti della Federazione Italiana sport per handicappati che sono venuti, insieme con diciassette giovani atleti in carrozzella, per fare corona al signor Rick Hansen, il quale ha percorso a piedi il Canada per raccogliere fondi contro il cancro.

A questi gruppi e alle singole persone giunga la mia parola di apprezzamento per le attività svolte e di incoraggiamento a perseverare con impegno e generosità. A tutti l’assicurazione della mia preghiera.

Ai giovani

Carissimi giovani!

La nostra udienza di oggi avviene nell’ultima settimana dell’anno liturgico. Domenica prossima la Chiesa riprenderà il nuovo ciclo della celebrazione dei misteri cristiani con la prima domenica di Avvento.

Tale tempo dell’anno ci prepara al Natale, ma ci ricorda anche la venuta ultima e definitiva di Cristo. Ci ricorda, altresì, che Dio, presente nella nostra storia con la sua provvidenza, ci prepara a un incontro di salvezza con lui nell’eternità.

La Chiesa in questo tempo chiede a tutti un risveglio, un’attenzione nuova verso Dio che viene.

Sappiate anche voi, con tutta la Chiesa, rinnovare il vostro desideri di incontrare Dio, seguendo i misteri di Cristo. Riflettete sul vostro progetto di vita con cuore aperto e sincero, accettando l’invito del Signore a compiere passi nuovi, per raggiungere qualcosa di più nel vostro impegno di seguire Gesù Cristo.

La mia benedizione accompagni il vostro proposito.

Agli ammalati

Cari ammalati presenti a questa udienza.

Il pensiero dell’Avvento, con il suo messaggio di attesa per la venuta del Signore, sia per voi motivo di conforto. L’Avvento celebra il Dio della speranza, e a Natale si esalta il compimento della promessa. Il Figlio di Dio viene nella nostra carne; ciò significa che egli si fa vicino al nostro dolore e alla nostra povertà.

Sappiate cogliere il dono intenso della speranza che nasce dall’Avvento, affidandovi a Dio nella sofferenza con grande fiducia nell’amore di Gesù Cristo. Nella vostra preghiera e nella sofferenza abbiate presenti le necessità della Chiesa in questo particolare momento del Sinodo straordinario dei Vescovi.

Vi conforti la mia benedizione apostolica.

Agli sposi novelli

Ed ora un saluto a tutti voi, sposi novelli.

Nella celebrazione dell’Avvento la Chiesa mette in risalto la relazione e la cooperazione di Maria al mistero della Redenzione. La nostra fede si avvicina al mistero della maternità divina della Madonna. Maria diviene così modello di ogni madre.

Sappiate anche voi, come Maria santissima, conservare nel cuore ogni parola (Lc 2,19 Lc 2,51) che la fede vi ispira nei riguardi della vita incipiente.

Vi benedico tutti, bene augurando per la vostra felicità e per la vostra vita cristiana.

Sgomento, dolore, riprovazione, condanna sono i sentimenti espressi dal Santo Padre per il sanguinoso atto di pirateria aerea perpetrato domenica scorsa a La Valletta. Invitando a pregare per le vittime e per i loro familiari il Papa, durante l’udienza generale, pronuncia le seguenti parole.

Non posso nascondervi il mio vivo sgomento per l’atto criminoso di pirateria aerea, perpetrato domenica scorsa, e il mio profondo dolore per il tragico epilogo che si è avuto nell’aeroporto di La Valletta, a Malta, ove hanno trovato la morte orribile alcune decine di persone, quasi tutte inermi.

Nel rinnovare la mia ferma riprovazione per simili gesti efferati, che già hanno sparso troppo sangue di nostri fratelli e sorelle e seminato troppi lutti nel mondo, vi invito a pregare perché il Signore conceda il riposo eterno alle proprie vittime, guarigione ai feriti e conforto morale ai rispettivi familiari così duramente provati; preghiamo soprattutto perché cessino finalmente tali atroci violenze, indegne dell’umanità, e si instauri quella pacifica convivenza tra i popoli, che tutti auspicano dal profondo del cuore.





Mercoledì, 4 dicembre 1985: Unus Deus Trinitas

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1. “Unus Deus Trinitas . . .”.

Al termine del lungo lavoro di riflessione, portato avanti dai Padri della Chiesa e consegnato nelle definizioni dei Concili, la Chiesa parla del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo come di tre “Persone”, che sussistono nell’unità dell’identica sostanza divina.

Dire “persona” significa fare riferimento a un ente unico di natura razionale, come opportunamente chiarisce già Boezio nella sua famosa definizione (“Persona proprie dicitur rationalis naturae individua substantia”, in Boezio, De duabus naturis et una persona Christi: PL 64, 1343 D). La Chiesa antica precisa però subito che la natura intellettuale in Dio non è moltiplicata con le Persone; essa resta unica, così che il credente può proclamare col simbolo Quicumque: “Non tre dèi, ma un unico Dio”.

Il mistero si fa qui profondissimo: tre Persone distinte e un solo Dio. Come è possibile? La ragione comprende che non v’è contraddizione, perché la trinità è delle Persone e l’unità della Natura divina. Resta però la difficoltà: ciascuna delle Persone è il medesimo Dio; come possono allora distinguersi realmente?

2. La risposta che la nostra ragione balbetta si appoggia sul concetto di “relazione”. Le tre Persone divine si distinguono fra loro unicamente per le relazioni che hanno l’Una con l’Altra: e precisamente per la relazione di Padre a Figlio, di Figlio a Padre; di Padre e Figlio a Spirito, di Spirito a Padre e Figlio. In Dio, dunque, il Padre è pura Paternità, il Figlio pura Figliolanza, lo Spirito Santo puro “Nesso di Amore” dei Due, cosicché le distinzioni personali non dividono la medesima e unica Natura divina dei Tre.

L’XI Concilio di Toledo (675) precisa con finezza: “Ciò che il Padre è, lo è non in riferimento a sé, ma in relazione al Figlio; e ciò che è il Figlio, lo è non in riferimento a sé, ma in relazione al Padre; allo stesso modo lo Spirito Santo, in quanto è predicato Spirito del Padre e del Figlio, lo è non in riferimento a sé, ma relativamente al Padre e al Figlio” (Denz.-S.
DS 528).

Il Concilio di Firenze (1442) ha potuto perciò affermare: “Queste tre Persone sono un unico Dio . . . perché dei Tre unica è la sostanza, unica l’essenza, unica la natura, unica la divinità, unica l’immensità, unica l’eternità; in Dio infatti tutto è una cosa sola, ove non c’è opposizione di relazione” (Denz.-S. DS 1330).

3. Le relazioni che distinguono così il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, e che li rivolgono realmente l’Uno verso l’Altro nel loro stesso essere, possiedono in se stesse tutte le ricchezze di luce e di vita della natura divina, con la quale esse si identificano totalmente. Sono relazioni “sussistenti”, che in forza del loro slancio vitale si fanno l’una incontro all’altra in una comunione nella quale la totalità della Persona è apertura all’altra, paradigma supremo della sincerità e libertà spirituale a cui devono tendere le relazioni interpersonali umane, sempre assai lontane da tale trascendente modello.

Al riguardo il Concilio Vaticano II osserva: “Il Signore Gesù, quando prega il Padre perché tutti siano una cosa sola come io e te siamo una cosa sola” (Jn 17,21-22), mettendoci davanti orizzonti impervi alla ragione umana, ci ha suggerito una certa similitudine tra l’unione delle persone divine e l’unione dei figli di Dio nella verità e nella carità. Questa similitudine manifesta che l’uomo, il quale in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stessa, non può ritrovarsi pienamente se non attraverso il dono sincero di se stesso” (Gaudium et spes GS 24).

4. Se la perfettissima unità delle tre Persone divine è il vertice trascendente che illumina ogni forma di autentica comunione tra noi, esseri umani, è giusto che la nostra riflessione ritorni di frequente alla contemplazione di questo mistero, a cui così spesso si fa cenno nel Vangelo. Basti ricordare le parole di Gesù: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Jn 10,30); e ancora: “Credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre” (Jn 10,38). E in altro contesto: “Le parole che io vi dico non le dico da me; ma il Padre che è in me” (Jn 14,10-11).

Gli antichi scrittori ecclesiastici si soffermano spesso a trattare di questo reciproco compenetrarsi delle Persone divine. I Greci lo definiscono come “perichóresis”, l’Occidente (specialmente dall’XI secolo) come “circumincessio” (reciproco compenetrarsi) o “circuminsessio” (reciproca inabitazione). Il Concilio di Firenze ha espresso questa verità trinitaria con le seguenti parole: “Per questa unità . . . il Padre è tutto nel Figlio, tutto nello Spirito Santo; il Figlio è tutto nel Padre, tutto nello Spirito Santo; lo Spirito Santo è tutto nel Padre, tutto nel Figlio” (Denz.-S. DS 1331). Le tre Persone divine, i tre “Distinti”, essendo pure relazioni reciproche sono il medesimo Essere, la medesima Vita, il medesimo Dio.

Davanti a questo folgorante mistero di comunione, in cui la nostra piccola mente si perde, sale spontanea al labbro l’acclamazione della liturgia: “Gloria tibi, Trinitas, / aequalis, una Deitas / et ante omnia saecula, / et nunc et in perpetuum”. “Gloria a te, Trinità, / uguale nelle Persone, unico Dio, / prima di tutti i secoli, ora e per sempre” (Sollemnitas SS.mae Trinitatis, “Ad I Vesperas”, Ant. 1).

Ai fedeli di lingua francese

Ai pellegrini di espressione inglese

Ai fedeli di lingua tedesca

Ai pellegrini giunti dalla Spagna e dall’America Latina

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Ai pellegrini polacchi

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Il mio pensiero si rivolge in modo particolare agli ambienti accademici e alle università. Penso a quegli eccellenti rappresentanti del mondo delle scienze che agiscono secondo la propria coscienza. È espressione di una grande dignità ed è di grande importanza, anche se non viene apprezzata dalle autorità esterne. Sicuramente, il bene della Nazione bisogna costruirlo con gli uomini di coscienza ed è ciò che auguro alla mia patria e per cui prego continuamente: perché la Polonia si costruisca con gli uomini di provata coscienza.

Ai gruppi italiani

Desidero salutare ora il gruppo delle persone che prestano il loro servizio presso la Delegazione in Italia dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Cari fratelli e sorelle, auspico di cuore che la vostra opera, complessa e preziosa, generosa e paziente, sia sempre confortata dal successo, e il vostro impegno per la tutela dei diritti personali e familiari del rifugiato trovi rispondenza generosa nelle comunità di accoglienza.
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Un cordiale saluto ai membri dello SCAL Club Italia. Secondo lo spirito della vostra Associazione, che si interessa dei problemi economici e organizzativi del turismo, possiate aiutare chi viaggia a comprendere la bontà delle cose e saperne rettamente usare, per una fraternità vera, per la felicità e per la gloria di Dio.
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Il mio pensiero va ora ai fedeli della parrocchia dei Sacri Cuori di Secondigliano, Napoli. Benedico volentieri, secondo il vostro desiderio, l’immagine della Vergine Addolorata e auguro buoni frutti per le celebrazioni che vi siete impegnati di promuovere in onore della Madonna.
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Un augurio al gruppo degli studenti Passionisti dell’Università Pontificia di San Tommaso d’Aquino. La vostra esperienza di studio vi conduca a una profonda conoscenza della verità rivelata per disporre il vostro cuore ad amare e predicare con efficacia il mistero che ora approfondite. Vi benedico e formulo i migliori voti per la vostra preparazione al sacerdozio.
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Un saluto poi ai superiori, alunni ed ex alunni del Collegio Nazareno di Roma, qui convenuti per l’annuale conferimento del premio all’alunno più buono d’Italia. La bontà è un impegno quotidiano, una pratica costante, attenta e generosa, fatta di piccoli gesti dettati dall’amore; un’umile volontà di servizio, senza pretese, sul modello di Cristo Signore. Impegnatevi a irradiare sempre, nella vita, un vero clima di fraternità e di bontà.

Vi benedico tutti con grande affetto.

Ai giovani

Rivolgo ora il mio saluto ai ragazzi e ai giovani qui presenti. Carissimi, è iniziato il nuovo anno liturgico. In questo periodo di Avvento la Chiesa ci esorta ad andare incontro con la preghiera e con le buone opere al Cristo che viene. Gesù è venuto a noi per mezzo di Maria, sua Madre, e anche noi prepariamoci insieme alla Vergine, che è anche Madre nostra, ad incontrare, perseveranti nel bene, Gesù il Salvatore.

Vi invito pertanto a riflettere sul significato della prossima festa dell’Immacolata. Guardiamo a lei, tutta bella, perché senza peccato e piena di grazia: invochiamo con fede la sua materna protezione per camminare liberamente nelle vie che il Signore ci addita e gusteremo ogni momento la gioia di vivere in grazia di Dio. Vi accompagni la mia benedizione.

Agli ammalati

Il mio saluto anche a voi, carissimi ammalati. In questi giorni fervono i lavori del Sinodo straordinario dei Vescovi, che segna un momento di particolare importanza per tutta la Chiesa. Vi invito, cari ammalati, ad offrire al Signore tutte le vostre sofferenze, per la buona riuscita di tale assise, che si concluderà domenica prossima.

A tutti voi la mia parola di vivo incoraggiamento e l’esortazione a perseverare con fiducia nell’abbandono alla Provvidenza divina che, anche quando permette prove dolorose, offre sempre l’aiuto necessario per superale.

Vi benedico di vero cuore.

Agli sposi novelli

Saluto infine gli sposi novelli qui presenti. Nel periodo del vostro fidanzamento avete certamente programmato come realizzarvi nel matrimonio, per questo avete deciso di mettere in comune le vostre risorse personali e costituire così una comunità di vita e di amore.

Voi sapete che anche Dio ha un suo progetto su di voi, sposi cristiani; vuole che siate, in coppia, immagine del suo amore e collaboratori nel trasmettere ed educare la vita.

Ogni giorno fate tesoro della grazia ricevuta: essa vi consentirà di vivere nella gioia e nella serenità e di compiere uno dei doveri più preziosi e urgenti per le coppie cristiane, quello di testimoniare il valore dell’indissolubilità e della fedeltà coniugale. La Madonna Immacolata vi protegga sempre, e vi accompagni la mia benedizione.




Mercoledì, 11 dicembre 1985

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1. “Santo, santo, santo il Signore / Dio dell’universo. / I cieli e la terra sono pieni della tua gloria” (“Liturgia della Messa”).

Ogni giorno la Chiesa confessa la santità di Dio. Lo fa specialmente nella liturgia della Messa, dopo il prefazio, quando inizia la preghiera eucaristica. Ripetendo tre volte la parola “santo”, il Popolo di Dio indirizza la propria lode al Dio Uno e Trino, di cui confessa la suprema trascendenza e inarrivabile perfezione.

Le parole della liturgia eucaristica provengono dal Libro di Isaia, dove è descritta la teofania, nella quale il profeta è ammesso a contemplare, per annunziarla al popolo, la maestà della gloria di Dio:

“. . . vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato . . . Attorno a lui stavano dei serafini . . . Proclamavano l’uno all’altro: Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria” (
Is 6,1-3).

La santità di Dio connota anche la sua gloria (“kabod Jahvè”) la quale inabita l’intimo mistero della sua divinità e, al tempo stesso, si irradia su tutta la creazione.

2. L’Apocalisse l’ultimo libro del Nuovo Testamento, che riprende molti elementi dell’Antico, ripropone anche il “Trisagio” di Isaia, completato con gli elementi di un’altra teofania, attinti dal profeta Ezechiele (Ez 1,26). In tale contesto dunque sentiamo nuovamente proclamare:

“Santo, santo, santo il Signore Dio, l’Onnipotente, Colui che era, che è e che viene” (Ap 4,8).

3. Nell’Antico Testamento all’espressione “santo” corrisponde la parola ebraica “qados”, nella cui etimologia è contenuta da un lato l’idea di “separazione”, e dall’altro l’idea di luce: “essere acceso, essere luminoso”. Perciò le teofanie dell’Antico Testamento contengono in sé l’elemento del fuoco, come la teofania di Mosè (Ex 3,2), e quella del Sinai (Dt 4,12), e anche del bagliore, come la visione di Ezechiele (Ez 1,27-28), la citata visione di Isaia (Is 6,1-3) e quella di Abacuc (Ha 3,4). Nei libri greci del Nuovo Testamento all’espressione “santo” corrisponde la parola “hagios”.

Alla luce dell’etimologia veterotestamentaria diventa chiara anche la seguente frase della Lettera agli Ebrei: “. . . Il nostro Dio è un fuoco divoratore” (He 12,29 cf. Dt 4,24), come pure la parola di San Giovanni sul Giordano, riguardante il Messia: “. . . egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (Mt 3,11). Si sa pure che nella discesa dello Spirito Santo sugli apostoli, avvenuta nel cenacolo di Gerusalemme, apparvero “lingue come di fuoco” (Ac 2,3).

4. Se i moderni cultori della filosofia della religione (per esempio Rudolph Otto) vedono nell’esperienza che l’uomo fa della santità di Dio le componenti del “fascinosum” e del “tremendum”, ciò trova riscontro sia nell’etimologia, ora ricordata, del termine veterotestamentario, sia nelle teofanie bibliche, nelle quali compare l’elemento del fuoco. Il fuoco simboleggia da un lato lo splendore, l’irradiazione della gloria di Dio (“fascinosum”), dall’altro il calore che brucia e che allontana, in un certo senso, lo spavento che suscita la sua santità (“tremendum”), Il “qados” dell’Antico Testamento include sia il “fascinosum” che attrae sia il “tremendum” che respinge, indicando “la separazione”, e dunque l’inaccessibilità.

5. Già più volte nei precedenti incontri di questo ciclo di catechesi, ci siamo richiamati alla teofania del Libro dell’Esodo. Mosè nel deserto, ai piedi del monte Oreb, vede un “roveto che arde ma non si consuma” (cf. Ex 3,2), e quando si avvicina a quel roveto ode la voce: “Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa” (Ex 3,5). Queste parole mettono in risalto la santità di Dio, che dal roveto ardente rivela a Mosè il suo Nome (“Io sono colui che Sono”) e con questo Nome lo manda a liberare Israele dalla terra egiziana. Vi è in questa manifestazione l’elemento del “tremendum”; la santità di Dio rimane inaccessibile all’uomo (“non avvicinarti”). Caratteristiche simili possiede anche l’intera descrizione dell’alleanza stretta sul monte Sinai (Ex 19-20).

6. In seguito, particolarmente nell’insegnamento dei Profeti, questo tratto della santità di Dio, inaccessibile per l’uomo, cede in favore della sua vicinanza, della sua accessibilità, della sua condiscendenza.

Leggiamo in Isaia:

“Poiché così parla l’Alto e l’Eccelso, / che ha una sede eterna e il cui nome è santo. / In luogo eccelso e santo io dimoro, / ma sono anche con gli oppressi e gli umiliati, / per ravvivare lo spirito degli umili / e rianimare il cuore degli oppressi” (Is 57,15).

Similmente in Osea:

“. . . sono Dio e non uomo; / sono il Santo in mezzo a te / e non verrò nella mia ira” (Os 11,9).

7. La testimonianza massima della sua vicinanza Dio l’ha data inviando sulla terra il suo Verbo, la seconda Persona della Trinità Santissima, che ha preso un corpo come il nostro ed è venuto ad abitare fra noi.

Grati per questa condiscendenza di Dio, che ha voluto avvicinarsi a noi, non limitandosi a parlarci per mezzo dei profeti, ma rivolgendosi a noi nella persona stessa del Figlio suo unigenito, ripetiamo con fede umile e gioiosa: “Tu solus Sanctus . . .”; “Tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo nella gloria di Dio Padre. Amen”.

Ai pellegrini di lingua inglese

Ai fedeli di espressione tedesca

Ai pellegrini di lingua spagnola

Ai fedeli polacchi

Ai pellegrini italiani

È presente oggi una folta rappresentanza delle Suore “Figlie di Nostra Signora al Monte Calvario”, insieme con i collaboratori e persone assistite nelle loro opere assistenziali e educative.

A voi tutti, cari fratelli e sorelle, va il mio cordiale benvenuto. Ho ancora vivo nell’animo il grato ricordo della mia visita a Genova, nel corso della quale il Signore mi concesse di proclamare beata la fondatrice dell’Istituto, Virginia Centurione Bracelli. Voi intendete esprimere, con questa presenza, sentimenti di gioia e di gratitudine per quel recente evento importante, per voi e per tutta la Chiesa. E io colgo l’occasione per lodare il Signore per tutto il bene che vi consente di compiere in favore dei poveri, dei bisognosi, dei sofferenti. Poterli servire nel nome di Cristo sia sempre per voi, care sorelle, il vostro vanto, lo scopo della vostra vita, il vostro unico desiderio. Di cuore vi benedico.
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Saluto ora la comunità parrocchiale romana di Nostra Signora di Guadalupe, che celebra in questi giorni il XXV anniversario di erezione della parrocchia. Domani è la vostra festa patronale e desidero per questo rivolgervi i miei più vivi auguri, chiedendo alla Beata Vergine che sempre vi assista nella vostra testimonianza cristiana, mentre con affetto vi benedico.
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Saluto anche il Gruppo “Lions” di Forlì. A voi, cari fratelli e sorelle, l’augurio di un costante e fecondo impegno, nei vari settori delle vostre attività, al servizio dei valori più alti della società e della persona, soprattutto laddove maggiormente urgono le esigenze di una salvaguardia della loro crescita e della loro dignità.
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Un caro saluto anche al gruppo di religiosi Comboniani che stanno partecipando ad un corso di rinnovamento. Auspico che sia fruttuoso e vi dia nuove energie per l’annuncio del Vangelo fino agli estremi confini della terra! Vi benedico tutti di cuore.

Ai giovani

Carissimi giovani! L’udienza di oggi si svolge a pochi giorni dalla conclusione del Sinodo straordinario. Anche le esigenze, i desideri e le aspettative di cui siete portatori, nell’ora attuale della storia del mondo e di quella futura, sullo sfondo delle relazioni della Chiesa con la società contemporanea, sono stati ben presenti nei lavori di questi giorni. La Chiesa del Sinodo, che è la stessa che si espresse nel Concilio, fa grande affidamento su di voi: siate tra i primi collaboratori per la speranza e il cammino che essa ha indicato al mondo nel messaggio finale. Voi potete e, dunque, dovete farlo. Il Concilio cresca con voi, sì da diventarne gli eredi più impegnati ed entusiasti. La mia benedizione sostenga la vostra generosità.

Agli ammalati

Uno speciale saluto e ringraziamento agli ammalati. Nell’udienza della scorsa settimana invitavo ad offrire le sofferenze per la buona riuscita del Sinodo. Il Signore ha certamente gradito il dono. Il Sinodo ha raggiunto lo scopo per il quale era stato convocato. Accompagnatene ora gli sviluppi in unità di preghiera e di sentimenti. Tutto ciò che nel silenzio e con l’esempio presentate al Signore per il bene della Chiesa è un capitale importantissimo, che non manca di dare frutto. Questa prospettiva, che è vera e si realizza sempre, vi faccia buona compagnia, quando più acuta e pesante si fa la sopportazione delle vostre pene. Avete per questo la mia vicinanza e la mia confortatrice benedizione.

Agli sposi novelli

Un saluto particolare ora agli sposi novelli. Con la celebrazione del matrimonio avete consacrato in Cristo il vostro amore e vi siete fatti garanti l’uno del bene dell’altro, per tutte le realtà che il nuovo stato di vita comporterà.

Questo tempo di Avvento, che stiamo vivendo, e la luce di grazia, che vi proietta l’Immacolata, vi richiamino i grandi ideali che siete chiamati a testimoniare come sposi cristiani. Sull’esempio di Maria, la vostra famiglia sia aperta al primato di Dio. Aumenterà e si rafforzerà così la pace che state provando in questi giorni di nuova esperienza a due e sulla quale, come augurio, faccio scendere la mia benedizione apostolica.





Catechesi 79-2005 20115