Catechesi 79-2005 50386

Mercoledì, 5 marzo 1986

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1. La riflessione sulla verità della creazione, con cui Dio chiama all’esistenza il mondo dal nulla, spinge lo sguardo della nostra fede alla contemplazione di Dio Creatore, il quale rivela nella creazione la sua onnipotenza, la sua sapienza e il suo amore. L’onnipotenza del Creatore si mostra sia nel chiamare le creature dal nulla all’esistenza, sia nel mantenerle nell’esistenza. “Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non vuoi? O conservarsi se tu non l’avessi chiamata all’esistenza?”, chiede l’Autore del Libro della Sapienza (
Sg 11,25).

2. L’onnipotenza rivela anche l’amore di Dio che, creando, dona l’esistenza ad esseri diversi da lui e insieme differenti tra di loro. La realtà del suo dono permea tutto l’essere e l’esistere del creato. Creare significa donare (donare soprattutto l’esistenza). E colui che dona, ama. Lo afferma l’Autore del Libro della Sapienza, quando esclama: “Tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato, se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure creata”; (Sg 11,24) e aggiunge: “Tu risparmi tutte le cose, perché tutte son tue, Signore, amante della vita” (Sg 11,26).

3. L’amore di Dio è disinteressato: mira soltanto a che il bene venga all’esistenza, perduri e si sviluppi secondo la dinamica che gli è propria. Dio Creatore è Colui “che tutto opera efficacemente, conforme alla sua volontà” (Ep 1,11). E tutta l’opera della creazione appartiene al piano della salvezza, il misterioso progetto “nascosto da secoli nella mente di Dio, creatore dell’Universo” (Ep 3,9). Mediante l’atto della creazione del mondo, e in particolare dell’uomo, il piano della salvezza inizia a realizzarsi. La creazione è opera della Sapienza che ama, come la Sacra Scrittura ricorda a più riprese. (cf. ex. Gr. , Pr 8,22-36)

È chiaro quindi che la verità di fede sulla creazione si contrappone in modo radicale alle teorie della filosofia materialistica, che vedono il cosmo come risultato di una evoluzione della materia riconducibile a puro caso e necessità.

4. Sant’Agostino dice: “È necessario che noi, guardando il Creatore attraverso le opere da lui compiute, ci eleviamo alla contemplazione della Trinità, di cui la creazione in una certa e giusta proporzione porta la traccia” (S. Augustini De Trinitate, VI, 10, 12). È verità di fede che il mondo ha il suo inizio nel Creatore, il quale è Dio Uno e Trino. Benché l’opera della creazione venga attribuita soprattutto al Padre - così infatti professiamo nei simboli della fede (“Credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra”) - è anche verità di fede che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono l’unico e indivisibile “principio” della creazione.

5. La Sacra Scrittura conferma in diversi modi questa verità: prima di tutto per quanto riguarda il Figlio, il Verbo, la Parola consostanziale al Padre. Sono già presenti nell’Antico Testamento alcuni accenni significativi, come ad esempio questo eloquente versetto del Salmo: “Dalla parola del Signore furono fatti i cieli” (Ps 33,6 [32]). È una affermazione che trova la sua piena esplicitazione nel Nuovo Testamento, come ad esempio nel Prologo di Giovanni: “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio . . . Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste . . . e il mondo fu fatto per mezzo di lui” (Jn 1,1-2 Jn 1,10). Le Lettere di Paolo proclamano che ogni cosa è stata fatta “in Gesù Cristo”: vi si parla infatti di “un solo Signore Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui” (1Co 8,6). Nella Lettera ai Colossesi leggiamo: “Egli (Cristo) è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché, per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili . . . Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui” (Col 1,15-17).

L’Apostolo sottolinea la presenza operante di Cristo sia come causa della creazione (“per mezzo di lui”), sia come suo fine (“in vista di lui”). È un tema sul quale occorrerà tornare. Intanto notiamo che anche la Lettera agli Ebrei afferma che Dio per mezzo del Figlio “ha fatto anche il mondo” (He 1,2) e che il “Figlio . . . sostiene tutto con la potenza della sua parola” (He 1,3).

6. Così il Nuovo Testamento, e in particolare gli scritti di san Paolo e di san Giovanni, approfondiscono e arricchiscono il richiamo alla Sapienza e alla Parola creatrice già presente nell’Antico Testamento . . . “Dalla parola del Signore furono fatti i cieli” (Ps 33,6 [32],6). Precisano che quel Verbo creatore non soltanto era “presso Dio”, ma “era Dio”, e anche proprio in quanto Figlio consostanziale al Padre, il Verbo ha creato il mondo in unione con il Padre: “e il mondo fu fatto per mezzo di lui” (Jn 1,10).

Non solo: il mondo è stato anche creato in riferimento alla persona (ipostasi) del Verbo. “Immagine del Dio invisibile” (Col 1,15), il Verbo, che è l’Eterno Figlio, “irradiazione della gloria del Padre e impronta della sua sostanza” (cfr He 1,3) è anche Colui che è stato “generato prima di ogni creatura” (Col 1,15), nel senso che tutte le cose sono state create nel Verbo-Figlio, per diventare, nel tempo, il mondo delle creature, chiamato dal nulla all’esistenza “al di fuori di Dio”. In questo senso “tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di ciò che esiste” (Jn 1,3).

7. Si può dunque affermare che la rivelazione presenta, dell’universo, una struttura “logica” (da “Logos”: Verbo) e una struttura “iconica” (da “eikon”: immagine, immagine del Padre). Fin dai tempi dei Padri della Chiesa si è consolidato infatti l’insegnamento, secondo cui il creato porta in sé “le vestigia della Trinità” (“vestigia Trinitatis”). Esso è opera del Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo. Nella creazione si rivela la Sapienza di Dio: in essa l’accennata duplice struttura “logico-iconica” delle creature è intimamente unita alla struttura del dono, come dicono alcuni teologi moderni.

Le singole creature non sono soltanto “parole” del Verbo, con cui il Creatore si manifesta alla nostra intelligenza, ma sono anche “doni” del Dono: esse portano in sé l’impronta dello Spinto Santo, Spirito creatore.

Non è forse detto già nei primi versetti della Genesi: “In principio Dio creò il cielo e la terra (l’universo) . . . e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque” (Gn 1,1-2)? L’accenno, suggestivo anche se vago, all’azione dello Spirito in quel primo “principio” dell’universo, appare molto significativo per noi che lo leggiamo alla luce della piena rivelazione neotestamentaria.

8. La creazione è opera di Dio Uno e Trino. Il mondo “creato” nel Verbo-Figlio viene “restituito” insieme con il Figlio al Padre, mediante quel Dono Increato consostanziale ad entrambi, che è lo Spirito Santo. In tal modo il mondo viene “creato” in quell’Amore che è lo Spirito del Padre e del Figlio. Questo universo abbracciato dall’eterno Amore, incomincia a esistere nell’istante scelto dalla Trinità come inizio del tempo.

In tal modo la creazione del mondo è opera dell’Amore; l’universo, dono creato, scaturisce dal Dono Increato, dall’Amore reciproco del Padre e del Figlio, dalla santissima Trinità.

Ai gruppi di espressione linguistica francese
Al Priore di Taizé Fratel Roger Schutz, e ad alcuni giovani della Comunità

Al gruppi di lingua inglese

Ai pellegrini spagnoli

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Ai gruppi di lingua polacca

Ai giovani

Ed ora do il mio affettuoso benvenuto a tutti i gruppi di giovani, presenti a questa Udienza, ed esprimo la mia gratitudine a quanti li guidano a maturità umana e cristiana. Saluto specialmente gli studenti delle varie scuole e in particolare gli alunni del Centro Studi “Antonio Manieri”, che sono accompagnati dai rispettivi Presidi e Insegnanti e intendono in questa occasione fare un gesto di fraternità verso il popolo indiano, offrendo un contributo per l’erigendo edificio della “Dominic Savio Boy’s Home” di Tamil Nadù, Tirupattur.

Giovani carissimi, già sapete quanta consolazione mi procura il vostro entusiasmo, in cui si riflettono la vostra leale adesione al Vangelo di Gesù, l’impegno di praticarne gli insegnamenti e la vostra aspirazione a concorrere alla formazione di una società aliena da ogni forma di violenza e quindi più giusta e fraterna. Nell’incoraggiarvi in questi propositi vi accompagno con la mia Benedizione Apostolica.

Agli ammalati

Cordiale come sempre, è il mio saluto a voi, carissimi infermi, a cui desidero manifestare ammirazione e gratitudine per la generosità con cui avete accettato la sofferenza per amore di Dio, mettendola a sua disposizione per il bene della Chiesa e delle anime.

Vi sia di sostegno nel vostro dolore il sapere che siete autentici benefattori del mondo, che ha bisogno della vostra preziosa e sofferta testimonianza. Il Signore si serve di voi per effondere la sua misericordia. Nella vostra generosa dedizione vi seguo con la mia preghiera e con tutto l’affetto vi benedico.

Agli sposi novelli

Ringrazio di cuore gli sposi desiderosi di ricevere con la Benedizione Apostolica una parola d’incoraggiamento e di augurio. Voi siete per la Comunità dei fedeli i testimoni della grandezza e della santità del vincolo matrimoniale, in un momento in cui tante insidie minacciano la stabilità della famiglia umana. Vi esprimo fervido augurio che il vostro esempio costituisca, specialmente per i giovani sposi, un salutare richiamo agli insegnamenti del Vangelo, che sono stati per voi luce e conforto nell’instaurare il vostro focolare domestico. Imparto a voi ed alle rispettive famiglie la desiderata Benedizione Apostolica.




Mercoledì, 12 marzo 1986

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1. La verità di fede circa la creazione dal nulla (“ex nihilo”), sulla quale ci siamo soffermati nelle catechesi precedenti, ci introduce nelle profondità del mistero di Dio, Creatore “del cielo e della terra”. Secondo l’espressione del Simbolo apostolico: “Credo in Dio Padre onnipotente, creatore . . .”, la creazione è attribuita principalmente al Padre. In realtà essa è opera delle tre persone della Trinità secondo l’insegnamento già presente in qualche modo nell’Antico Testamento e rivelato pienamente nel Nuovo, particolarmente nei testi di Paolo e di Giovanni.

2. Alla luce di questi testi apostolici, possiamo affermare che la creazione del mondo trova il suo modello nell’eterna generazione del Verbo, del Figlio, della stessa sostanza del Padre, e la sua sorgente nell’Amore che è lo Spirito Santo. È questo Amore-Persona, consostanziale al Padre e al Figlio, insieme col Padre e col Figlio, sorgente della creazione del mondo dal nulla, cioè del dono dell’esistenza a ogni essere. Di tale dono gratuito partecipa tutta la molteplicità degli esseri “visibili e invisibili” così varia da apparire quasi illimitata, e tutto ciò che il linguaggio della cosmologia indica come “macrocosmo” e “microcosmo”.

3. La verità di fede circa la creazione del mondo, facendoci penetrare nelle profondità del mistero trinitario, ci svela ciò che la Bibbia chiama “Gloria di Dio” (“Kabod Jahvè”, “doxa tou Theou”), La Gloria di Dio è prima di tutto in lui stesso: è la gloria “interiore”, che, per così dire, riempie la stessa profondità illimitata e l’infinita perfezione dell’unica Divinità nella Trinità delle Persone. Questa perfezione infinita, in quanto pienezza assoluta di Essere e di Santità, è pure pienezza di Verità e di Amore nel contemplarsi e nel donarsi reciproco (e quindi nella comunione) del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Mediante l’opera della creazione la gloria interiore di Dio, che sgorga dal mistero stesso della Divinità, viene in un certo senso trasferita “al di fuori”: nelle creature del mondo visibile e di quello invisibile, in proporzione al loro grado di perfezione.

4. Con la creazione del mondo (visibile e invisibile) incomincia come una nuova dimensione della gloria di Dio, detta “esteriore” per distinguerla da quella precedente. La Sacra Scrittura ne parla in molti passi e in modi diversi. Bastino alcuni esempi.

Il Salmo 18 (
Ps 18,1 Ps 18,2 Ps 18,4) proclama: “I cieli narrano la gloria di Dio, e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento . . . Non è linguaggio e non sono parole di cui non si oda il suono. Per tutta la terra si diffonde la loro voce e ai confini del mondo la loro parola”. Il Libro del Siracide (Si 42,16) afferma a sua volta: “Il sole con il suo splendore illumina tutto, della gloria del Signore è piena la sua opera”. Il Libro di Baruc (Ba 3,34) ha un’espressione molto singolare e suggestiva: “Le stelle brillano dalle loro vedette e gioiscono; egli le chiama e rispondono: «Eccoci!» e brillano di gioia per colui che le ha create”.

5. Altrove il testo biblico suona come un appello rivolto alle creature affinché proclamino la gloria di Dio Creatore. Così per esempio il Libro di Daniele (Da 3,57): “Benedite, opere tutte del Signore, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli”. Oppure il Salmo 65, 1-4: “Acclamate a Dio da tutta la terra, cantate alla gloria del suo nome, date a lui splendida lode. Dite a Dio: «Stupende sono le tue opere! A te si prostri tutta la terra, a te canti inni, canti al tuo nome»”.

La Sacra Scrittura è colma di simili espressioni: “Quanto sono grandi, Signore, le tue opere! Tutto hai fatto con saggezza, la terra è piena delle tue creature” (Ps 104,24). Tutto l’universo creato è un multiforme, potente e incessante appello a proclamare la gloria del Creatore: “per la mia vita, com’è vero che tutta la terra sarà piena della gloria del Signore” (NM 14,21); poiché “da te provengono ricchezza e gloria” (1Ch 29,12).

6. Questo inno di gloria, iscritto nel creato, attende un essere capace di dargli un’adeguata espressione concettuale e verbale, un essere che lodi il santo nome di Dio e narri la grandezza delle sue opere (cfr Si 17,8). Quest’essere nel mondo visibile è l’uomo. A lui è rivolto l’appello che sale dall’universo; è l’uomo il portavoce delle creature e il loro interprete davanti a Dio.

7. Ritorniamo ancora per un istante alle parole, con le quali il Concilio Vaticano I formula la verità circa la creazione e circa il Creatore del mondo. “Questo unico vero Dio, nella sua bontà e «onnipotente virtù», non per aumentare la sua beatitudine, né per acquistare, ma per manifestare la sua perfezione mediante i beni che distribuisce alle creature, con decisione sommamente libera, «simultaneamente fin dall’inizio del tempo trasse dal nulla l’una e l’altra creatura . . .»” (DS 3002).

Questo testo esplicita con un linguaggio suo proprio la stessa verità circa la creazione e circa la sua finalità, che troviamo presente nei testi biblici. Il Creatore non cerca nell’opera della creazione nessun “complemento” di se stesso. Un tal modo di ragionare sarebbe in aperta antitesi con ciò che Dio è in se stesso. Egli è infatti l’Essere totalmente e infinitamente perfetto. Non ha quindi alcun bisogno del mondo. Le creature, quelle visibili e quelle invisibili, non possono “aggiungere” nulla alla Divinità di Dio Uno e Trino.

8. Eppure, Dio crea! Le creature, chiamate da Dio all’esistenza con una decisione pienamente libera e sovrana, partecipano in modo reale, anche se limitato e parziale, alla perfezione dell’assoluta pienezza di Dio. Esse si differenziano tra loro per il grado di perfezione che hanno ricevuto, a partire dagli esseri inanimati, su, su a quelli animati, fino all’uomo; anzi più su ancora, fino alle creature di natura puramente spirituale. L’insieme delle creature costituisce l’universo: il cosmo visibile e invisibile, nel cui complesso e nelle cui parti si riflette l’eterna Sapienza e si esprime l’inesauribile Amore del Creatore.

9. Nella rivelazione della Sapienza e dell’Amore di Dio, è il fine primo e principale della creazione e in essa si attua il mistero della gloria di Dio, secondo la parola della Scrittura: “Benedite, opere tutte del Signore, il Signore” (Da 3,57). Nel mistero della gloria tutte le creature acquistano il loro significato trascendentale: “oltrepassano” se stesse per aprirsi a Colui, nel quale hanno il loro inizio . . . e la loro meta.

Ammiriamo quindi con fede l’opera del Creatore e lodiamo la sua grandezza: “Quanto sono grandi, Signore, le tue opere! / Tutto hai fatto con saggezza, / la terra è piena delle tue creature. / La gloria del Signore sia per sempre; / gioisca il Signore delle sue opere. / Voglio cantare al Signore finché ho vita, / cantare al mio Dio finché esisto” (Ps 104,24 Ps 104,31 Ps 104,33-34).

Alle Francescane Missionarie di Maria

Ai fedeli di espressione inglese

Ai pellegrini di lingua tedesca

Ai numerosi fedeli di lingua spagnola

Ai connazionali polacchi

Ai diversi gruppi di lingua italiana raccolti nell’Aula “Paolo VI”

Voglio ora salutare tutti i gruppi di lingua italiana, qui convenuti da diverse regioni della penisola.

Rivolgo un affettuoso pensiero ai Sacerdoti del Movimento dei Focolari, che partecipano alla scuola “Il Vivaio” di Loppiano; ai Cappellani Ospedalieri Cappuccini, riuniti a Roma per un corso sul tema “Come servire meglio il malato”; ai Missionari Comboniani, che partecipano a Roma ad un incontro di rinnovamento spirituale; e alle Suore della Congregazione “Pie Madri della Nigrizia”, le quali frequentano un Corso di aggiornamento, promosso dal loro Istituto.

Carissimi, vi esprimo plauso ed incoraggiamento per il vostro impegno di rinnovamento interiore, che mostrate partecipando ai menzionati convegni. Vi auguro che da questi incontri possiate ricavare uno stimolo per rinvigorire gli ideali religiosi da voi abbracciati e per esprimere in modo sempre più generoso la vostra dedizione verso i fratelli.
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Saluto pure il folto gruppo dei fedeli della Parrocchia romana di San Giuseppe all’Aurelio, che ricordano il 25° anniversario della erezione della loro chiesa. Questa circostanza vi faccia sentire sempre più la necessità di considerare la vostra Parrocchia un vero focolare spirituale che vi trovi uniti nella preghiera e nella solidarietà verso i bisogni altrui, e vi faccia diventare veri discepoli del Maestro divino. Interceda per voi San Giuseppe, a cui è affidata la vostra Comunità parrocchiale.
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Vada ora il mio cordiale saluto agli Allievi della Scuola della Motorizzazione, del Comando Scuola Trasporti e Materiali e del Centro Informazioni e Difesa Elettronica, partecipanti a questa Udienza insieme con i loro Superiori. Vi ringrazio per la vostra presenza e vi auguro successo nei vostri rispettivi settori di impiego, come pure nella vostra vita civile, familiare e spirituale.

Agli ammalati

Carissimi ammalati, saluto voi che siete raccolti attorno al Vicario di Cristo e al Successore dell’Apostolo Pietro.

La vostra esistenza porta i segni della sofferenza, della malattia e della croce. Sappiate testimoniare a tutti che tali segni sono per voi una occasione continua e privilegiata dell’incontro con Cristo, il quale, con la sua Croce portata in obbedienza al Padre e per amore nostro, ci ha resi eredi della Vita.

Agli sposi novelli

Carissimi sposi novelli, mi è particolarmente gradito rivolgervi il mio augurio, a metà del cammino Quaresimale.

Il Signore che avete incontrato da poco, nel rito sacramentale, ha dato a tutti noi l’esempio massimo di un amore che ha saputo giungere fino al sacrificio più grande. Vi auguro, carissimi sposi, di essere capaci, con l’aiuto del Signore, di amarvi nel dono totale, reciproco di voi stessi, e di essere disponibili ad accogliere con amore i figli che il Dio della vita vorrà donarvi.




Mercoledì, 26 marzo 1986

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Carissimi fratelli e sorelle nel Signore!

1. La giornata odierna, Mercoledì Santo, ci invita a meditare insieme sulle realtà che stiamo per rivivere nel corso di questa settimana che è detta “santa” perché in essa commemoriamo gli eventi centrali della nostra redenzione. Nella vita dell’umanità nulla è avvenuto di più significativo e di maggior valore. La morte e la risurrezione di Cristo sono gli eventi più importanti della storia.

Inizia domani il triduo della Passione e della Risurrezione del Signore, il quale - come si legge nel Messale Romano - “risplende al vertice dell’anno liturgico, perché l’opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio è stata compiuta da Cristo specialmente per mezzo del mistero pasquale, col quale, morendo, ha distrutto la nostra morte, e, risorgendo, ci ha ridonato la vita. La preminenza di cui gode la domenica nella settimana, la gode la Pasqua nell’anno liturgico” (Missale Romanum, Norme Generali, 18).

Desidero pertanto esortarvi a vivere intensamente i prossimi giorni così che lascino nel vostro animo un’impronta profonda, orientatrice della vostra vita. Vogliate entrare con impegno nell’atmosfera mistica del triduo pasquale: la mattina del Giovedì Santo in tutte le cattedrali del mondo il vescovo celebra insieme con i sacerdoti della diocesi la Messa crismale, per commemorare l’istituzione del sacerdozio e per consacrare gli Oli sacri necessari per l’Ordine, la Cresima e l’Unzione degli infermi. Nel pomeriggio, poi, alla Messa “in cena Domini” voi potete rivivere con fede profonda l’istituzione dell’Eucaristia, rendendo poi il vostro tributo di amore e di adorazione al Santissimo sacramento e rispondendo così all’invito di Gesù nella drammatica notte della sua agonia nell’Orto: “Restate qui e vegliate con me” (
Mt 26,38). Il Venerdì Santo, poi, è giorno di grande commozione perché la Chiesa ci invita a risentire il racconto della Passione secondo Giovanni, ad adorare la croce, a pregare per tutta la Chiesa, a partecipare con la Vergine Addolorata al sacrificio del Golgota. Le stupende cerimonie del Sabato Santo, infine, riempiono il cuore di soave letizia con la benedizione del fuoco, la processione del cero pasquale nella penombra della Chiesa e l’accendersi dei ceri al canto del “Lumen Christi”, il solenne preconio, il canto delle litanie, la benedizione dell’acqua battesimale e finalmente la “Messa dell’Alleluia” con il canto festoso del “Gloria” e la Comunione eucaristica con Cristo risorto!

Tutto il triduo, soffuso di profonda tristezza e di mistica gioia, sfocia quindi nella solennità centrale della Domenica di Pasqua, nella quale gli avvenimenti fondamentali della “storia della salvezza”, cioè l’istituzione dell’Eucaristia e del Sacerdozio, la Passione e Morte in croce e la Risurrezione gloriosa prorompono nei nostri cuori con l’inno dell’esultanza e della riconoscenza.

Fatevi dunque un dovere di partecipare ai riti della Settimana Santa, lasciando da parte altri interessi e altri impegni, convinti che veramente la Liturgia purifica i sentimenti, eleva le aspirazioni, fa sentire la bellezza della fede cristiana e il desiderio del cielo.

2. Il cristiano è colui che ha capito che l’umanità è salvata da Cristo e perciò non può vivere senza la Pasqua. Fin dai primi tempi della Chiesa si solennizzò in modo eminente la Pasqua, la festa per “eccellenza”: nel terzo secolo essa cominciò ad avere una sua tipica fisionomia, con la celebrazione comunitaria dei Battesimi nella notte pasquale: era la teologia battesimale di san Paolo che stava emergendo, intesa come l’incorporazione alla morte e alla sepoltura di Cristo, per risorgere poi con lui alla vita nuova della “grazia”. Celebrare la Pasqua significa incontrarsi con Cristo per risorgere con lui a vita nuova, cercando le cose di lassù . . . pensando alla cose lassù (cfr Col 3,1).

3. Ricordando ora in modo particolare la giornata di domani, Giovedì Santo, desidero concludere invitandovi di cuore ad amare sempre più i vostri sacerdoti. La vocazione sacerdotale è certamente pace e gaudio, ma anche croce e martirio. Infatti il sacerdote è consacrato totalmente a Cristo e agisce con gli stessi suoi poteri e la stessa sua missione: qui sta la sua grandezza e la sua dignità, ma anche la sua passione e la sua agonia. Siate dunque uniti ai vostri sacerdoti; amateli, stimateli; sosteneteli e soprattutto pregate per loro.

Come sapete ho inviato loro una “Lettera”, che rievoca il santo curato d’Ars, in questo secondo centenario della sua nascita. Ebbene, proprio Giovanni Maria Vianney diceva: “Che cosa grande è un sacerdote! Il sacerdote non lo capiremo bene che in cielo. Se lo capissimo sulla terra, morremmo non di spavento, ma di amore. Tutti gli altri benefizi di Dio non ci gioverebbero per nulla senza il prete. A che servirebbe una casa colma d’oro se non avete qualcuno che ve ne possa aprire la porta? Il prete possiede la chiave dei tesori celesti e ne disserra la porta; è l’economo del buon Dio; l’amministratore dei suoi beni . . . Dopo Dio il sacerdote è tutto!” (Alfred Monnin, Spirito del Curato d’Ars, Ares, Roma 1956, p. 82).

La Vergine Santissima, che seguì Gesù nella sua passione e fu presente sotto la croce alla sua morte, vi accompagni nel cammino del triduo verso la gioia festosa della Pasqua, per la quale porgo a tutti i miei affettuosi auguri.

Con la mia apostolica benedizione.

Ai gruppi di lingua francese

Ai partecipanti di lingua inglese
A un gruppo di fedeli provenienti dal Giappone

Sia lodato Gesù Cristo!

Dilettissimi pellegrini del gruppo “Don Bosco” di Tokyo. La Pasqua è già imminente. Desidero che il canto dell’Alleluia, che è simbolo di gioia e di speranza, risuoni sempre nella vostra vita. Con questo augurio vi imparto di cuore la mia benedizione apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai gruppi di lingua spagnola

Ai pellegrini di lingua polacca

Ai gruppi di fedeli di lingua italiana

Desidero rivolgere ora il mio saluto anzitutto ai dodici nuovi Diaconi della Compagnia di Gesù. Mi compiaccio con voi, cari giovani del Collegio Internazionale del Gesù in Roma.

Sant’Ignazio, come ben sapete, volle che i suoi seguaci fossero formati ad una austera vita religiosa, ad un rigoroso senso del servizio e ad una grande fedeltà alla dottrina della Chiesa per essere così aperti ad ogni forma di apostolato. Siate sempre generosi e ferventi nel vostro impegno. Io vi benedico volentieri, auspicando che possiate realizzare con gioia il fedele servizio al quale l’obbedienza vi destinerà, e con voi benedico i vostri Superiori, i vostri Genitori, i parenti e gli amici che sono convenuti qui, anche da lontano, per questa occasione.
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Un saluto, poi, ai partecipanti al quarto Congresso Internazionale di Psicotronica e Bioterapia, svoltosi a Milano in questi giorni.

Il mio pensiero benedicente su tutti voi e sulle persone che voi aiutate con le specifiche terapie di vostra competenza.

Ai giovani

Rivolgo ora il mio saluto ai tanti giovani e ragazzi che partecipano a questa Udienza, che in qualche modo continua il festoso incontro di Domenica scorsa delle Palme.

Carissimi, rinnovo anche a voi la raccomandazione a saper contemplare Cristo, via, verità e vita, attingendo alla sua inesauribile fonte di grazia la forza per essere uomini di pace.

Portate ovunque, con la vostra gioia di vivere, un autentico e rinnovatore messaggio di pace e di fratellanza.

Vi sia di aiuto, in questo esaltante impegno, la mia Benedizione.

Agli ammalati

Riveste oggi uno speciale significato la presenza di numerosi ammalati, che saluto con particolare affetto.

Fra di essi vi sono anche tre ragazzi che, a nome degli ascoltatori della trasmissione televisiva “Il Sabato dello zecchino” vogliono offrire al Papa un saluto di quanti come loro, portano nella vita il segno di una sofferenza. Siate i benvenuti, e sappiate che penso e prego spesso per voi. Oggi, nella settimana in cui celebriamo il ricordo della passione di Cristo, comprendiamo meglio che la sofferenza è presente nel mondo per sprigionare amore e per far nascere opere di amore tra i fratelli.

Benedico voi e tutti i bambini sofferenti, insieme con tutti i vostri amici.

Agli sposi novelli

Saluto infine gli Sposi novelli presenti a questa Udienza.

Carissimi, la liturgia di questa settimana santa, attraverso i suoi riti solenni e suggestivi, vi aiuta a comprendere più a fondo il significato del Sacramento che avete da poco ricevuto.

Cristo, per la sua Chiesa, ha dato tutto se stesso, fino al sacrificio supremo.

In questa relazione di amore totale è prefigurata la vostra unione, nella sua meravigliosa realtà di dedizione, di fedeltà, di fecondità.

Tale unione, attingendo forza dal mistero pasquale, dovrà rinnovarsi e cementarsi, nella gioia e nel dolore, attraverso la preghiera e l’impegno quotidiano.

Di cuore vi benedico.

L’augurio pasquale ai pellegrini tedeschi nella Basilica Vaticana.

Ecco le parole del Papa in una nostra traduzione italiana.

Vi saluto tutti cordialmente qui alla tomba dell’apostolo Pietro durante questo incontro a metà della settimana pasquale: noi cristiani la chiamiamo anche Settimana Santa: in essa ripercorriamo e ricerchiamo alla mente con solenne commemorazione gli avvenimenti decisivi nella vita del nostro Signore Gesù Cristo.

La sua fedeltà alla missione di salvezza, che Dio gli aveva affidato, e il suo amore per gli uomini, che egli vedeva errare senza guida nella colpa e nella paura, lo avevano spinto a testimoniare la verità della vita senza timore anche là dove incontrava gelosia, rifiuto e odio. Così divenne “l’Agnello che toglie i peccati del mondo”. Dio Padre rispose a questa fedeltà di vita difendendo Gesù Cristo anche nella morte e chiamandolo alla beatitudine della risurrezione.

Anche voi certamente parteciperete ai solenni riti dei prossimi giorni i quali animano la nostra fede, risvegliano la speranza e rendono più profondo l’amore. In questo modo noi guardiamo a questo Giovedì Santo, nel quale ricordiamo la istituzione della Santa Eucaristia e del Mistero Sacerdotale della Chiesa da parte del Signore; attendiamo il Venerdì Santo, quando possiamo porre tutta la sofferenza e la miseria del mondo sulle spalle del nostro Salvatore: esse sono così forti a causa del suo infinito e profondo amore e della sua salda fedeltà. Infine attendiamo con gioia il giorno della Santa Pasqua che inizia in mezzo alla notte dei nostri limiti e della nostra cecità e conduce alla raggiante luce della risurrezione, alla vita di Cristo.

Ai preti di tutto il mondo, che domani, Giovedì Santo, festeggeranno la speciale festa della loro chiamata e del loro ministero ho scritto una lettera come segno del legame fraterno: questa lettera descrive in poche righe la figura del santo curato d’Ars. A voi tutti desidererei raccomandare questo compito: amate e rafforzate i vostri preti! Incontrateli come messaggeri di Cristo, vostro Salvatore: a lui siete pienamente consacrati, percorrete il suo cammino di vita, grazie alla sua potenza potete agire. In ciò sta la dignità e il significato dei sacerdoti, ma anche la loro vicinanza alla sofferenza, al disprezzo e alla calunnia, all’odio e alla persecuzione dei potenti, proprio come il loro Signore e maestro ha sofferto.

Siate quindi solidali ai vostri preti, dimostrate loro la vostra stima e il vostro amore; soprattutto però pregate per loro. Maria ha accompagnato suo Figlio nel suo Calvario; ha anche resistito sotto la croce. Con lei possiamo vivere pieni di gioia e di stupore la mattina della risurrezione. Auguro a voi tutti di cuore questa esperienza che dà consolazione.

Portate questa speranza ai vostri figli e ai giovani così che inizino il loro cammino di vita con positiva attesa e con fiducia; portatela ai malati affinché riconoscano nella croce di Cristo il suo infinito amore che comprende anche il loro dolore; portatela alle persone anziane perché riconoscano, pur nell’oscurità che circonda ogni persona alla fine della vita, la luce di Cristo, la sua parola eterna, il nostro fratello e salvatore Gesù Cristo. Egli è per tutti noi via, verità e vita.

Auguro così a voi tutti una Settimana Santa e una Pasqua benedette.





Catechesi 79-2005 50386