Catechesi 79-2005 11784

Mercoledì, 11 luglio 1984

11784

1. Le riflessioni finora svolte sull’amore umano nel piano divino resterebbero in qualche modo incomplete, se non cercassimo di vederne l’applicazione concreta nell’ambito della morale coniugale e familiare. Vogliamo compiere questo ulteriore passo, che ci porterà alla conclusione del nostro ormai lungo cammino, sulla scorta di un importante pronunciamento del magistero recente: l’enciclica Humanae vitae, che il papa Paolo VI ha pubblicato nel luglio del 1968. Rileggeremo questo significativo documento alla luce dei risultati a cui siamo giunti esaminando l’iniziale disegno divino e le parole di Cristo, che ad esso rimandano.

2. “La Chiesa insegna che qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere per sé aperto alla trasmissione della vita . . . Tale dottrina, più volte esposta dal magistero, è fondata sulla connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l’uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell’atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo” (Humanae Vitae
HV 11-12).

3. Le considerazioni che mi accingo a fare riguarderanno particolarmente il passo dell’enciclica che tratta dei “due significati dell’atto coniugale” e della loro “connessione inscindibile”. Non intendo presentare un commento all’intera enciclica, ma piuttosto illustrarne e approfondirne un passo. Dal punto di vista della dottrina morale racchiusa nel documento citato, quel passo ha un significato centrale. Al tempo stesso è un brano che si collega strettamente con le nostre precedenti riflessioni sul matrimonio nella dimensione del segno (sacramentale).

Poiché - come detto - è un passo centrale dell’enciclica, è ovvio che esso sia inserito molto profondamente in tutta la sua struttura: la sua analisi pertanto deve orientarci verso le varie componenti di quella struttura, anche se l’intenzione è di non commentare l’intero testo.

4. Nelle riflessioni sul segno sacramentale, è stato già detto a più riprese che esso è basato sul “linguaggio del corpo” riletto nella verità. Si tratta di una verità affermata una prima volta all’inizio del matrimonio, quando gli sposi novelli, promettendosi a vicenda di “essere fedeli sempre . . . e di amarsi e onorarsi tutti i giorni della loro vita”, divengono ministri del matrimonio come sacramento della Chiesa.

Si tratta poi di una verità che viene, per così dire, sempre nuovamente affermata. Infatti l’uomo e la donna, vivendo nel matrimonio “sino alla morte”, ripropongono di continuo, in un certo senso, quel segno ch’essi hanno posto - attraverso la liturgia del sacramento - il giorno del loro sposalizio.

Le parole sopra citate dell’enciclica di papa Paolo VI riguardano quel momento nella vita comune dei coniugi, in cui entrambi, unendosi nell’atto coniugale, diventano, secondo l’espressione biblica, “una sola carne” (Gn 2,24). Proprio in un tale momento, così ricco di significato, è pure particolarmente importante che si rilegga il “linguaggio del corpo” nella verità. Tale lettura diviene condizione indispensabile per agire nella verità, ossia per comportarsi conformemente al valore e alla norma morale.

5. L’enciclica non solo ricorda questa norma, ma cerca anche di darne l’adeguato fondamento. Per chiarire più a fondo quella “connessione inscindibile che Dio ha voluto . . . tra i due significati dell’atto coniugale”, Paolo VI così scrive nella frase successiva: “. . . per la sua intima struttura, l’atto coniugale, mentre unisce profondamente gli sposi, li rende atti alla generazione di nuove vite, secondo leggi iscritte nell’essere stesso dell’uomo e della donna” (Humanae Vitae HV 12).

Osserviamo che nella frase precedente il testo appena citato tratta soprattutto del “significato” e nella frase successiva, della “intima struttura” (cioè della natura) del rapporto coniugale. Definendo questa “struttura intima”, il testo fa riferimento “alle leggi iscritte nell’essere stesso dell’uomo e della donna”.

Il passaggio dalla frase, che esprime la norma morale, alla frase che la esplica e motiva, è particolarmente significativo. L’enciclica induce a cercare il fondamento della norma, che determina la moralità delle azioni dell’uomo e della donna nell’atto coniugale, nella natura di questo stesso atto e, ancor più profondamente, nella natura degli stessi soggetti che agiscono.

6. In tal modo, l’“intima struttura” (ossia natura)dell’atto coniugale costituisce la base necessaria per un’adeguata lettura e scoperta dei significati, che devono trasferirsi nella coscienza e nelle decisioni delle persone agenti, e anche la base necessaria per stabilire l’adeguato rapporto di questi significati, cioè la loro inscindibilità. Poiché ad un tempo “l’atto coniugale unisce profondamente gli sposi . . . e li rende atti alla generazione di nuove vite”, e l’una cosa e l’altra avvengono “per la sua intima struttura”, ne consegue che la persona umana (con la necessità propria della ragione, la necessità logica) “deve” leggere contemporaneamente i “due significati dell’atto coniugale” e anche la “connessione inscindibile tra i due significati dell’atto coniugale”.


Di null’altro qui si tratta che di leggere nella verità il “linguaggio del corpo” come è stato detto più volte nelle precedenti analisi bibliche. La norma morale, insegnata costantemente dalla Chiesa in questo ambito, ricordata e riconfermata da Paolo VI nella sua enciclica, scaturisce dalla lettura del “linguaggio del corpo” nella verità.

Si tratta qui della verità, prima nella dimensione ontologica (“struttura intima”) e poi - di conseguenza - nella dimensione soggettiva e psicologica (“significato”). Il testo dell’enciclica sottolinea che nel caso in questione si tratta di una norma della legge naturale.

A gruppi francesi

Chers Frères et Soeurs,

A pellegrinaggi di espressione inglese

Ai pellegrini di lingua tedesca



Ai fedeli di lingua spagnola

Ai pellegrini di lingua portoghese


Ai fedeli ungheresi

Vorrei salutare adesso in ungherese la corale della Basilica di Santo Stefano di Budapest.

Ai pellegrini provenienti dalla Polonia

Ai fedeli provenienti dalle varie regioni italiane

Saluto con affetto i vari gruppi parrocchiali di lingua italiana qui presenti. A tutti voglio dare un caloroso benvenuto e ringrazio per la loro presenza.

In particolare saluto i ragazzi e i giovani. Carissimi, mi è caro presentarvi oggi la figura di una giovinetta, tanto amata particolarmente dai romani e a noi non lontana nel tempo, che la Chiesa ha innalzato agli onori degli altari, e che abbiamo ricordato e pregato nella liturgia dei giorni scorsi: Maria Goretti. Il suo martirio rappresenta un esempio, fra i tanti, di un incoraggiante realtà: quando i giovani si propongono validi ideali, sanno affrontare anche l’eroismo, pur di raggiungerli.

Cari giovani, non abbiate paura di camminare sulla strada di Cristo, la strada che vi addita la Chiesa! In questo non facile cammino io vi sono vicino con la mia preghiera.
* * *


Uno speciale pensiero rivolgo al gruppo dei giovani Italiani del Movimento dei Focolari, riuniti a Roma in questi giorni per riflettere sulla prospettiva della vocazione sacerdotale. Mentre mi compiaccio per questa iniziativa, prego il Signore che illumini il vostro cammino e che la Vergine Santissima vi sia accanto per farvi comprendere meglio l’affascinante attrattiva che promana da questo alto ideale di servizio a Dio ed ai fratelli.

Vi accompagni la mia Benedizione.
* * *



Rivolgo pure il mio saluto agi ammalati, la cui presenza, seppure tanto discreta, nonostante i disagi della stagione calda, ci è di incoraggiamento a non lasciarci mai sopraffare dall’incalzare delle sofferenze, fisiche o morali.

L’infermità del corpo non vi impedisca, cari ammalati, di pensare che il Signore vi vuol bene, poiché vuol fare della vostra sofferenza uno strumento prezioso di redenzione.

Per questo vi invito a pregare con le parole che oggi leggiamo in una lettura della “Liturgia delle Ore”: “Ti rendiamo grazie o Padre Santo, per il tuo santo nome, che hai fatto abitare nei nostri cuori, e per la conoscenza, la fede e l’immortalità che ci hai manifestato per mezzo di Gesù, tuo servo. Gloria a te nei secoli!”.

La vostra preghiera è naturalmente anche la mia preghiera, mentre a tutti giunga una particolare Benedizione.
* * *


Rivolgo infine un saluto agli sposi novelli, presenti in questa piazza.

Pregare qui, sulla tomba di San Pietro e dei martiri romani, significa attingere la forza per vivere con coerenza gli impegni, che vi siete assunti, di amore e di fedeltà reciproca.

Questa preghiera si prolunghi poi nella vita di ogni giorno, e si traduca in testimonianza di autentico cristianesimo, oggi come sposi, e domani, se Dio vorrà, anche come genitori.

Tornando nella vostra nuova casa, portate anche, propiziatrice di celesti favori, la mia Benedizione.

Vorrei invitarvi a pregare per la Chiesa in Nicaragua, la quale nei giorni scorsi ha conosciuto un avvenimento doloroso particolarmente grave, che si aggiunge alle prove già sofferte: dieci sacerdoti sono stati improvvisamente allontanati dal Paese.

Per l’arcidiocesi di Managua, il cui clero non è sufficientemente numeroso rispetto alle vaste esigenze pastorali e caritative, si tratta di una grave perdita.

Esprimo la mia viva deplorazione e la mia intima partecipazione alla sofferenza di quella Chiesa, la quale continua, per parte sua, a proclamare il proprio impegno a promuovere nel Paese il rifiuto della violenza e a proseguire sulla via del dialogo e della riconciliazione.

Chiedo al Signore di illuminare le menti dei responsabili, affinché vogliano recedere da questa decisione, apertamente nociva alla Chiesa e alle necessità del popolo cattolico di Nicaragua. Nello stesso tempo supplico la Vergine Santissima di assistere con la sua materna protezione quelle care popolazioni e i ministri di Dio che, in piena comunione con i propri pastori, si dedicano al servizio delle esigenze spirituali e morali del Paese.



Mercoledì, 18 luglio 1984: Humanae vitae

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1. Nell’enciclica Humanae Vitae (Pauli VI, Humane Vitae, n.
HV 11) si legge: “Richiamando gli uomini all’osservanza delle norme della legge naturale interpretata dalla sua costante dottrina, la Chiesa insegna che qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere per sé aperto alla trasmissione della vita”.

In pari tempo lo stesso testo considera e perfino pone in rilievo la dimensione soggettiva e psicologica, quando parla del “significato”, ed esattamente dei “due significati dell’atto coniugale”.

Il “significato” nasce nella coscienza con la rilettura della verità (ontologica) dell’oggetto. Mediante questa rilettura, la verità (ontologica) entra per così dire nella dimensione conoscitiva: soggettiva e psicologica.

L’Humanae Vitae sembra volgere particolarmente la nostra attenzione verso quest’ultima dimensione. Ciò è confermato tra l’altro, indirettamente, anche dalla frase seguente: “Noi pensiamo che gli uomini del nostro tempo sono particolarmente in grado di afferrare il carattere profondamente ragionevole e umano di questo fondamentale principio” (Ibid., HV 12).

2. Quel “carattere ragionevole” riguarda non soltanto la verità nella dimensione ontologica, ossia ciò che corrisponde alla struttura reale dell’atto coniugale. Esso riguarda anche la stessa verità nella dimensione soggettiva e psicologica, vale a dire la retta comprensione dell’intima struttura dell’atto coniugale, cioè l’adeguata rilettura dei significati corrispondenti a tale struttura e della loro connessione inscindibile, in vista di un comportamento moralmente retto. In questo consiste appunto la norma morale e la corrispondente regolazione degli atti umani nella sfera della sessualità. In tal senso diciamo che la norma s’identifica con la rilettura, nella verità, del “linguaggio del corpo”.

3. L’enciclica Humanae Vitae contiene dunque la norma morale e la sua motivazione, o almeno un approfondimento di ciò che costituisce la motivazione della norma. Poiché, per altro, nella norma si esprime in modo vincolante il valore morale, ne segue che gli atti conformi alla norma sono moralmente retti, gli atti contrari sono invece intrinsecamente illeciti. L’autore dell’enciclica sottolinea che tale norma appartiene alla “legge naturale”, vale a dire, che essa è conforme alla ragione come tale. La Chiesa insegna questa norma, sebbene essa non sia espressa formalmente (cioè letteralmente) nella Sacra Scrittura; e ciò fa nella convinzione che l’interpretazione dei precetti della legge naturale appartenga alla competenza del magistero.

Possiamo tuttavia dire di più. Anche se la norma morale, in tal modo formulata nell’enciclica Humanae vitae, non si trova letteralmente nella Sacra Scrittura, nondimeno dal fatto che essa è contenuta nella tradizione e - come scrive il papa Paolo VI - è stata “più volte esposta dal magistero” (Ivi) ai fedeli, risulta che questa norma corrisponde all’insieme della dottrina rivelata contenuta nelle fonti bibliche (Ivi, HV 4).

4. Si tratta qui non solo dell’insieme della dottrina morale racchiusa nella Sacra Scrittura, delle sue premesse essenziali e del carattere generale del suo contenuto, ma di quel complesso più ampio, al quale abbiamo dedicato in precedenza numerose analisi trattando della “teologia del corpo”.

Proprio sullo sfondo di tale ampio complesso si rende evidente che la menzionata norma morale appartiene non soltanto alla legge morale naturale, ma anche all’ordine morale rivelato da Dio: anche da questo punto di vista essa non potrebbe essere diversa, ma unicamente quale la tramandano la tradizione e il magistero e, ai giorni nostri, l’enciclica Humanae Vitae, come documento contemporaneo di tale magistero.

Paolo VI scrive: “Noi pensiamo che gli uomini del nostro tempo sono particolarmente in grado di afferrare il carattere profondamente ragionevole e umano di questo fondamentale principio” (Humanae Vitae, HV 12). Si può aggiungere: essi sono in grado di afferrare anche la sua profonda conformità con tutto ciò che viene trasmesso dalla tradizione scaturita dalle fonti bibliche. Le basi di questa conformità sono da ricercarsi particolarmente nell’antropologia biblica. D’altronde, è noto il significato che l’antropologia ha per l’etica, cioè per la dottrina morale. Sembra essere del tutto ragionevole cercare proprio nella “teologia del corpo” il fondamento della verità delle norme che riguardano la problematica così fondamentale dell’uomo in quanto “corpo”: “i due saranno una sola carne” (Gn 2,24).

5. La norma dell’enciclica Humanae Vitae riguarda tutti gli uomini, in quanto è norma della legge naturale e si basa sulla conformità con la ragione umana (quando, s’intende, questa cerca la verità). A maggior ragione essa concerne tutti i credenti membri della Chiesa, dato che il carattere ragionevole di questa norma trova indirettamente conferma e solido sostegno nell’insieme della “teologia del corpo”. Da questo punto di vista abbiamo parlato, nelle precedenti analisi, dell’“ethos” della redenzione del corpo.

La norma della legge naturale, basata su questo “ethos”, trova non soltanto una nuova espressione, ma anche un pieno fondamento antropologico ed etico sia nella parola del Vangelo, sia nell’azione purificante e corroborante dello Spirito Santo.

Vi sono tutte le ragioni affinché ogni credente e in particolare ogni teologo rilegga e comprenda sempre più profondamente la dottrina morale dell’enciclica in questo contesto integrale.

Le riflessioni, che da lungo tempo facciamo qui, costituiscono appunto un tentativo di tale rilettura.

Ad un pellegrinaggio di giovani provenienti dal Lussemburgo

Ad un pellegrinaggio australiano

Ad un gruppo di volontari giapponesi appartenenti all’Associazione missionaria dei Malati

Sia lodato Gesù Cristo!

Dilettissimi figli dell’“Associazione missionaria dei malati”,

partecipo con gioia al 50° anniversario di fondazione della vostra Associazione.

Proseguite, con un cammino rinnovato, la vostra missione, con l’aiuto della grazia della croce e con la protezione della Madonna.

A voi tutti e ai vostri cari imparto la mia benedizione apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai fedeli di espressione tedesca

Ai gruppi di lingua spagnola

A giovani agricoltori brasiliani


Traduzione italiana dei saluti rivolti dal Papa ai pellegrini polacchi

Prego ardentemente perché l’importante questione della vita coniugale e familiare sia trattata con grande serietà e responsabilità nella mia patria, in quanto il futuro della nazione dipende dalle famiglie, e quindi dai coniugi. Se i coniugi vivono nello spirito di responsabilità cristiana, di responsabilità paterna, i frutti che da ciò scaturiscono per la società, per la nazione, sono sani. Ed è così importante che il futuro della nostra nazione sia assicurato dai sani frutti della paternità responsabile nella nostra terra polacca. La forza è nella morale, la forza è nello spirito. Non cediamo alle debolezze del corpo. Cerchiamo la forza nel Cristo, in colui che ci ha dato il suo Spirito ed è lo Spirito che plasma e penetra nella nostra vita, in tutte le sue sfere, e soprattutto in questa importantissima sfera della vita coniugale. Dio benedica tutti gli sforzi della Chiesa e degli uomini di buona volontà in Polonia che capiscono e costruiscono questa forza morale; ci riflettano sopra invece coloro che cercano di distruggerla. Si tratta di una questione fondamentale per la vita umana, la vita coniugale, la vita familiare e nazionale.

Ai gruppi italiani

Rivolgo un cordiale saluto ai 200 sacerdoti europei, aderenti al Movimento dei Focolari, i quali in questo periodo stanno meditando sui loro impegni personali e ministeriali, uniti nella preghiera e in fraterna carità.

Auspico, carissimi Confratelli nel sacerdozio, che diate al mondo una intensa testimonianza di vita sacerdotale nell’offerta continua ed instancabile, insieme con quella del Cristo crocifisso ed abbandonato, per la salvezza delle anime.

* * *


Un particolare ricordo desidero indirizzare al gruppo delle famiglie di Tolentino, che si dedicano alla promozione ed alla tutela dei bambini poveri della Regione Apurimac delle Ande peruviane.

Nell’esprimervi il mio sincero compiacimento per il vostro impegno di solidarietà e di carità cristiana, affido i vostri ideali e i vostri propositi di bene al vostro protettore celeste, San Nicola da Tolentino, i cui esempi luminosi vi saranno sempre di guida e di incoraggiamento.

La mia Benedizione Apostolica vi accompagni sempre.

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Mi rivolgo ora a tutti i giovani presenti a quest’Udienza. Carissimi, la stagione estiva offre a tutti, e a voi giovani in particolare, la possibilità di ammirare le bellezze della natura, che manifestano l’onnipotenza e la bontà di Dio creatore. Osservate attentamente le bellezze del creato ed elevate il vostro pensiero riconoscente al Creatore; amate e rispettate la natura, fatevi promotori affinché tutti la rispettino. Le bellezze naturali siano per ogni uomo motivo di gioia ed un continuo invito a ringraziare il Signore per tanti suoi doni! Vi auguro buone vacanze e vi benedico di cuore.

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Un saluto anche a voi, carissimi fratelli ammalati. La sofferenza, che sperimentiamo nel nostro corpo e nel nostro spirito, vissuta alla luce della fede cristiana, aiuta l’uomo ad essere più riflessivo e a determinare i valori umani in modo diverso da come fanno, abitualmente, quelli che godono buona salute. L’Apostolo Paolo, nella sofferenza della prigione, scriveva ai Colossesi dicendo:“Ora io godo delle sofferenze in cui mi trovo per voi, e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo a favore del suo Corpo, che è la Chiesa”. Sull’esempio dell’Apostolo, offrite anche voi le vostre sofferenze al Signore per la Chiesa di Cristo, perché sia più santa. A tutti voi una parola di vivo incoraggiamento e vi benedico di tutto cuore.

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Saluto infine gli Sposi Novelli. Durante la celebrazione del Sacramento del matrimonio, il Sacerdote ha benedetto gli anelli, che poi vi siete scambiati dicendo: “Ricevi quest’anello simbolo del mio amore e della mia fedeltà”. Cari Sposi, siate sempre fedeli alla parola data. Amatevi di un amore autentico, indiviso e senza riserve. La vostra fedeltà non sia solo formale ed esteriore, sia soprattutto interiore, nei vostri pensieri, sentimenti ed affetti. L’amore e la fedeltà sono graditi al Signore e saranno per voi motivo di gioia e di serenità. La grazia del Signore vi accompagni sempre. Vi benedico di cuore.





Mercoledì, 25 luglio 1984

25784


1. Riprendiamo le riflessioni che tendono a collegare l’enciclica Humanae Vitae con l’insieme della teologia del corpo.

Tale enciclica non si limita a ricordare la norma morale che concerne la convivenza coniugale, riconfermandola davanti alle nuove circostanze. Paolo VI, nel pronunciarsi con magistero autentico mediante l’enciclica (1968), ha avuto dinanzi agli occhi l’autorevole enunciato del Concilio Vaticano II, contenuto nella costituzione Gaudium et Spes (1965).

L’enciclica non si trova soltanto sulla linea dell’insegnamento conciliare, ma costituisce anche lo svolgimento e il completamento dei problemi ivi racchiusi, in modo particolare riguardo al problema dell’“accordo dell’amore umano col rispetto della vita”. Su questo punto, leggiamo nella Gaudium et Spes le seguenti parole (Gaudium et Spes
GS 51): “La Chiesa ricorda che non può esserci vera contraddizione tra le leggi divine del trasmettere la vita e del dovere di favorire l’autentico amore coniugale”.

2. La costituzione pastorale del Vaticano II esclude qualsiasi “vera contraddizione” nell’ordine normativo, il che, da parte sua, conferma Paolo VI, cercando contemporaneamente di far luce su quella “non-contraddizione” e in tal modo di motivare la rispettiva norma morale, dimostrandone la conformità alla ragione.

Tuttavia, l’Humanae Vitae parla non tanto della “non contraddizione” nell’ordine normativo, quanto della “connessione inscindibile” tra la trasmissione della vita e l’autentico amore coniugale dal punto di vista dei “due significati dell’atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo” (Pauli VI, Humanae Vitae HV 12), di cui abbiamo già trattato.


3. Ci si potrebbe soffermare a lungo sull’analisi della norma stessa; ma il carattere dell’uno e dell’altro documento induce piuttosto a riflessioni, almeno indirettamente, pastorali. Infatti, la Gaudium et Spes è una costituzione pastorale e l’enciclica di Paolo VI - con il suo valore dottrinale - tende ad avere lo stesso orientamento. Essa vuol essere, infatti, risposta agli interrogativi dell’uomo contemporaneo. Sono, questi, interrogativi di carattere demografico, conseguentemente di carattere socio-economico e politico, in rapporto alla crescita della popolazione sul globo terrestre. Sono interrogativi che partono dal campo delle scienze particolari, e di pari passo sono gli interrogativi dei moralisti contemporanei (teologi-moralisti). Sono innanzitutto gli interrogativi dei coniugi, che si trovano già al centro dell’attenzione della costituzione conciliare e che l’enciclica riprende con tutta la precisione desiderabile. Vi leggiamo infatti: “Date le condizioni della vita odierna e dato il significato che le relazioni coniugali hanno per l’armonia tra gli sposi e per la loro mutua fedeltà, non sarebbe forse indicata una revisione delle norme etiche finora vigenti, soprattutto se si considera che esse non possono essere osservate senza sacrifici, talvolta eroici?” (Ibid., 3).

4. Nella suddetta formulazione è evidente con quanta sollecitudine l’autore dell’enciclica cerchi di affrontare gli interrogativi dell’uomo contemporaneo in tutta la loro portata. La rilevanza di questi interrogativi suppone una risposta proporzionalmente ponderata e profonda. Se dunque da una parte è giusto attendersi un’acuta trattazione della norma, dall’altra, ci si può pure aspettare che un peso non minore sia dato agli argomenti pastorali, concernenti più direttamente la vita degli uomini concreti, di coloro appunto che pongono le domande menzionate all’inizio.

Paolo VI ha avuto sempre davanti agli occhi questi uomini. Di ciò è espressione, tra l’altro, il seguente passo della Humanae Vitae (Pauli VI, Humanae Vitae HV 20): “La dottrina della Chiesa sulla regolazione della natalità, che promulga la legge divina, apparirà facilmente a molti di difficile o addirittura impossibile attuazione. E certamente, come tutte le realtà grandi e benefiche, essa richiede serio impegno e molti sforzi, individuali, familiari e sociali. Anzi, non sarebbe attuabile senza l’aiuto di Dio, che sorregge e corrobora la buona volontà, degli uomini. Ma a chi ben riflette non potrà non apparire che tali sforzi sono nobilitanti per l’uomo e benefici per la comunità umana”.

5. A questo punto non si parla più della “non-contraddizione” normativa, ma piuttosto della “possibilità dell’osservanza della legge divina”, cioè di un argomento, almeno indirettamente, pastorale. Il fatto che la legge debba essere di “possibile” attuazione, appartiene direttamente alla natura stessa della legge, ed è dunque contenuto nel quadro della “non-contraddittorietà normativa”. Tuttavia la “possibilità”, intesa come “attuabilità” della norma, appartiene anche alla sfera pratica e pastorale. Nel testo citato il mio predecessore parla, precisamente, da questo punto di vista.

6. Si può qui aggiungere una considerazione: il fatto che tutto il retroterra biblico, denominato “teologia del corpo”, ci offra, anche se indirettamente, la conferma della verità della norma morale, contenuta nella Humanae Vitae, ci prepara a considerare più a fondo gli aspetti pratici e pastorali del problema nel suo insieme. I principi e i presupposti generali della “teologia del corpo” non erano forse estratti tutti quanti dalle risposte che Cristo diede alle domande dei suoi concreti interlocutori? E i testi di Paolo - come ad esempio quelli della lettera ai Corinzi - non sono forse un piccolo manuale riguardante i problemi della vita morale dei primi seguaci di Cristo? E in questi testi troviamo certamente quella “regola di comprensione”, che sembra tanto indispensabile di fronte ai problemi di cui tratta l’Humanae vitae, e che in questa enciclica è presente.

Chi crede che il Concilio e l’enciclica non tengano abbastanza conto delle difficoltà presenti nella vita concreta, non comprende la preoccupazione pastorale che fu all’origine di quei documenti. Preoccupazione pastorale significa ricerca del vero bene dell’uomo, promozione dei valori impressi da Dio nella sua persona; significa cioè attuazione di quella “regola di comprensione”, che mira alla scoperta sempre più chiara del disegno di Dio sull’amore umano, nella certezza che l’unico e vero bene della persona umana consiste nell’attuazione di questo disegno divino.

Si potrebbe dire che, proprio nel nome della citata “regola di comprensione” il Concilio ha posto la questione dell’“accordo dell’amore umano col rispetto della vita” (Gaudium et Spes GS 51), e l’enciclica Humanae Vitae ha in seguito ricordato non soltanto le norme morali che obbligano in questo ambito, ma si occupa inoltre ampiamente del problema della “possibilità dell’osservanza della legge divina”.

Le presenti riflessioni sul carattere del documento Humanae Vitae ci preparano a trattare in seguito il tema della “paternità responsabile”.

Ai fedeli di espressione francese

A vari pellegrinaggi provenienti da aree anglofone



Ai fedeli di lingua tedesca

Ai fedeli provenienti da Paesi di lingua spagnola


Ai fedeli di lingua portoghese

Ad alcuni gruppi giovanili ucraini

Saluto cordialmente i gruppi giovanili ucraini provenienti dagli Stati Uniti, dal Canada e dalla Polonia.

Li benedico paternamente insieme con tutti i loro cari.

Sia lodato Gesù Cristo.

L’amnistia in Polonia diventi un elemento del rinnovamento sociale


Desidero oggi ricordare le parole che ho pronunciato il 17 giugno 1983 al palazzo Belvedere di Varsavia:

il “rinnovamento è indispensabile per mantenere il buon nome della Polonia nel mondo, come pure per uscire dalla crisi interna e per risparmiare le sofferenze di tanti figli e di tante figlie della nazione”.

Ripeto oggi queste parole in relazione all’amnistia proclamata in Polonia.

Auspico che tale amnistia diventi un elemento del “rinnovamento sociale . . . secondo i principi elaborati con tanta fatica nei giorni critici dell’agosto 1980 e contenuti negli accordi”.

So che l’episcopato della Polonia fa costantemente sforzi instancabili, affinché il principio del dialogo, annunziato dalla Chiesa, possa diventare un fondamento fruttuoso della pace interna, come anche della “buona collaborazione” tra la Polonia e le altre nazioni dell’Europa e del mondo.

Raccomando la mia patria e tutti i connazionali alla Madre di Jasna Gora e ai santi patroni della Polonia.

Ai gruppi di lingua italiana

Rivolgo ora il mio saluto a tutti i pellegrini di lingua italiana, e li ringrazio per la loro presenza.


In particolare, desidero menzionare il “Gruppo Sportivo Fanini-Wührer-Sibicar”, con l’augurio che i suoi dirigenti e componenti ottengano meritate affermazioni nelle fare agonistiche, ma soprattutto nel campo della loro vita spirituale, dimostrando sempre una chiara coerenza con la loro fede cristiana.
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Ricordo anche i partecipanti al corso per animatori ed animatrici vocazionali, organizzato dal Centro di Spiritualità “Rogate”. Nell’esprimervi il mio sincero compiacimento per tale importante iniziativa di carattere ecclesiale, auspico che il vostro zelo ottenga i frutti sperati, e che molti ragazzi, in numero crescente, sappiano rispondere generosamente alla chiamata di Gesù.
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Sono poi presenti a questa Udienza le Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, fondate da Santa Francesca Saverio Cabrini, e le Figlie di Nostra Signora al Monte Calvario, che in questo periodo stanno svolgendo i lavori dei rispettivi Capitoli Generali. E’ questo, carissime Sorelle in Cristo, un tempo privilegiato e carico di responsabilità per le vostre Congregazioni Religiose; tempo di meditazione, di studio, di preghiera, ma specialmente tempo di impegnative scelte per la vita e il dinamismo interiore dei vostri Istituti. Siate profondamente fedeli al carisma originario e date al mondo contemporaneo una efficace testimonianza della vostra gioiosa e totale donazione a Dio! La mia Benedizione Apostolica vi accompagni sempre!
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Mi rivolgo poi ai giovani qui convenuti da più Paesi, per incontrarsi col Papa presso le memorie di Pietro! Carissimi, le strade che voi e tanti vostri coetanei percorrete con fatica ed entusiasmo, in questo periodo estivo, nei luoghi più suggestivi, siano un invito continuo a vivere le esperienze più belle della giovinezza, tenendo sempre la mente e il cuore orientati a Cristo, meta suprema del cammino della vita.
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Una affettuoso saluto anche a voi carissimi ammalati, venuti a Roma per vivere una esperienza salutare di fede, nei luoghi del martirio dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.

Vi auguro di tornare alle vostre case rinfrancati nella salute e nello spirito, affinché questo pellegrinaggio a Roma vi dia quella carica interiore che vi deve aiutare, giorno dopo giorno, ad affrontare la fatica e il peso della vita, accettando la croce per la redenzione del mondo.
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Infine, mi è’ particolarmente gradito salutare voi, carissimi sposi novelli, in questi giorni così intensi di spirituale letizia, a motivo del sacramento appena ricevuto.

Sappiate essere sempre, l’un l’altro, strumenti di grazia, nei doveri quotidiani della vita coniugale, nei momenti di gioia come in quelli del dolore, con la consapevolezza che il Dio dell’Amore e della Vita vuole abitare nei vostri cuori e nelle vostre case.

                                                          


Catechesi 79-2005 11784