Catechesi 79-2005 10884

Mercoledì, 1° agosto 1984: la “paternità e maternità responsabili”

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1. Per oggi abbiamo scelto il tema della “paternità e maternità responsabili” alla luce della costituzione Gaudium et Spes e dell’enciclica Humanae Vitae.

La Costituzione conciliare, nell’affrontare l’argomento, si limita a ricordare le premesse fondamentali; il documento pontificio invece va oltre, dando a queste premesse contenuti più concreti.

Il testo conciliare suona così: “. . . Quando si tratta di comporre l’amore coniugale con la trasmissione responsabile della vita, il carattere morale del comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato da criteri oggettivi, che hanno il loro fondamento nella natura stessa della persona umana e dei suoi atti e sono destinati a mantenere in un contesto di vero amore l’integro senso della mutua donazione e della procreazione umana; e tutto ciò non sarà possibile se non venga coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale”.

E il Concilio aggiunge: “I figli della Chiesa, fondati su questi principi, nel regolare la procreazione non potranno seguire strade che sono condannate dal magistero” (Gaudium et Spes
GS 51 GS 50).

2. Prima del passo citato, il Concilio insegna che i coniugi “adempiranno il loro dovere con umana e cristiana responsabilità e con docile riverenza verso Dio”. Il che vuol dire che: “con riflessione e impegno comune si formeranno un retto giudizio, tenendo conto sia del proprio bene personale che di quello dei figli, tanto di quelli nati che di quelli che si prevede nasceranno, valutando le condizioni di vita del proprio tempo e del proprio stato di vita, nel loro aspetto tanto materiale, che spirituale; e, infine, salvaguardando la scala dei valori del bene della comunità familiare, della società temporale e della stessa Chiesa”.

A questo punto seguono parole particolarmente importanti per determinare con maggiore precisione il carattere morale della “paternità e maternità responsabili”. Leggiamo: “Questo giudizio, in ultima analisi, lo devono formulare, davanti a Dio, gli sposi stessi”.


E proseguendo: “Però nella loro linea di condotta i coniugi cristiani siano consapevoli che non possono procedere a loro arbitrio, ma devono sempre essere retti da una coscienza che sia conforme alla legge divina stessa, docili al magistero della Chiesa, che in modo autentico quella legge interpreta alla luce del Vangelo. Tale legge divina manifesta il significato pieno dell’amore coniugale, lo salvaguarda e lo sospinge verso la sua perfezione veramente umana” (Gaudium et Spes GS 50).

3. La costituzione conciliare, limitandosi a ricordare le premesse necessarie per una “paternità e maternità responsabili”, le ha rilevate in maniera del tutto univoca, precisando gli elementi costitutivi di tale paternità e maternità, cioè il giudizio maturo della coscienza personale nel suo rapporto con la legge divina, autenticamente interpretata dal magistero della Chiesa.

4. L’enciclica Humanae Vitae, basandosi sulle medesime premesse, prosegue oltre, offrendo indicazioni concrete. Lo si vede prima nel modo di definire la “paternità responsabile” (Pauli VI, Humanae Vitae HV 10). Paolo VI cerca di precisare questo concetto, risalendo ai suoi vari aspetti ed escludendo in anticipo la sua riduzione a uno degli aspetti “parziali”, come fanno coloro che parlano esclusivamente di controllo delle nascite. Fin dall’inizio, infatti, Paolo VI è guidato nella sua argomentazione da una concezione integrale dell’uomo (cf. Ibid., HV 7) e dell’amore coniugale (cf. Ibid., HV 8 HV 9).

5. Si può parlare di responsabilità nell’esercizio della funzione paterna e materna sotto diversi aspetti. Così, egli scrive, “in rapporto ai processi biologici, paternità responsabile significa conoscenza e rispetto delle loro funzioni: l’intelligenza scopre, nel potere di dare la vita, leggi biologiche che fanno parte della persona umana” (Pauli VI, Humanae Vitae HV 10). Quando poi si tratta della dimensione psicologica delle “tendenze dell’istinto e delle passioni, la paternità responsabile significa il necessario dominio che la ragione e la volontà devono esercitare su di esse” (Ibid., HV 10).

Supposti i suddetti aspetti intra-personali e aggiungendo ad essi “le condizioni economiche e sociali”, occorre riconoscere che “la paternità responsabile si esercita, sia con la deliberazione ponderata e generosa di far crescere una famiglia numerosa, sia con la decisione, presa per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, di evitare temporaneamente e anche a tempo indeterminato, una nuova nascita” (Pauli VI, Humanae Vitae HV 10).

Ne consegue che nella concezione della “paternità responsabile” è contenuta la disposizione non soltanto ad evitare “una nuova nascita” ma anche a far crescere la famiglia secondo i criteri della prudenza. In questa luce, in cui bisogna esaminare e decidere la questione della “paternità responsabile”, resta sempre centrale “l’ordine morale oggettivo, stabilito da Dio, e di cui la retta coscienza è fedele interprete” (Ibid., HV 10).

6. I coniugi adempiono in questo ambito “i propri doveri verso Dio, verso se stessi, verso la famiglia e verso la società, in una giusta gerarchia dei valori” (Pauli VI, Humanae Vitae HV 10). Non si può dunque parlare qui di “procedere a proprio arbitrio”. Al contrario, i coniugi devono “conformare il loro agire all intenzione creatrice di Dio” (Ibid., HV 10).

A partire da questo principio l’enciclica fonda la sua argomentazione sull’“intima struttura dell’atto coniugale” e sulla “connessione inscindibile dei due significati dell’atto coniugale” (cf. Ibid., HV 12); il che è stato già in precedenza riferito. Il relativo principio della morale coniugale risulta essere, pertanto, la fedeltà al piano divino, manifestato nell’“intima struttura dell’atto coniugale” e nella “connessione inscindibile dei due significati dell’atto coniugale”.

Ai pellegrini di lingua francese

Ai fedeli di espressione inglese



Ad un gruppo di pellegrini giapponesi

Sia lodato Gesù Cristo!

Dilettissimi giapponesi qui presenti, vi ringrazio di cuore per essere venuti a trovarmi dalla vostra terra lontana.

In particolare, raccomando al “Gruppo Don Bosco”, che proseguirà il suo pellegrinaggio a Lourdes e a Fatima, di venerare la Madonna e di pregarla per me.

A tutti voi imparto con affetto la mia Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai pellegrini di lingua tedesca

Ai numerosissimi pellegrini di lingua spagnola


Ai pellegrini polacchi nel 40° anniversario dell’insurrezione di Varsavia

“Non è possibile comprendere questa città, Varsavia, capitale della Polonia, che nel 1944 ha ingaggiato una battaglia impari con l’aggressore, una battaglia nella quale è stata abbandonata dalle potenze alleate, una battaglia in cui è stata sepolta sotto le proprie macerie, se non si ricorda che sotto le stesse macerie c’era anche il Cristo Salvatore con la sua croce, che si trova davanti alla chiesa a Krakowskie Przedmiescie”.

Ricordo queste parole pronunciate in piazza della Vittoria a Varsavia, durante il mio primo pellegrinaggio nella mia patria.

Le ricordo oggi, nel 40° anniversario dell’insurrezione di Varsavia, per rendere omaggio a tutti i suoi eroi, caduti e viventi.


E contemporaneamente affido, mediante nostra Signora di Jasna Gora, alla divina Provvidenza la mia patria e la nazione, che nelle terribili lotte della Seconda guerra mondiale non risparmiò sacrifici, per confermare il diritto all’indipendenza e di decidere di sé nella propria terra patria. L’insurrezione di Varsavia ne fu l’estrema espressione.

Che l’eloquenza dell’odierno anniversario non cessi di parlare alla coscienza del mondo contemporaneo.

Ai pellegrini italiani

Desidero ora rivolgere un saluto cordiale a tutti i pellegrini italiani, e menzionare alcuni gruppi particolari.

Innanzitutto i sacerdoti salesiani provenienti dalle varie Ispettorie d’Italia per un Corso di rinnovamento spirituale, che si concluderà con un pellegrinaggio in Terra Santa. La visita ai luoghi, che furono testimoni dell’attività terrena di Gesù, susciti in voi, cari Fratelli, rinnovato impegno di adesione al Maestro divino, per essere efficaci banditori del suo vangelo fra i giovani di oggi. Con la mia Apostolica Benedizione.
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Partecipa a questa udienza una larga rappresentanza delle Suore Francescane Angeline, le quali celebrano quest’anno il centenario di fondazione del loro Istituto. Care Sorelle, la significativa ricorrenza che state vivendo sia per voi provvidenziale occasione per un tonificante ritorno alle fonti, così che in ciascuna si ravvivi l’originario carisma della Congregazione a gloria di Dio e a servizio dei fratelli. Benedico tutte di cuore.
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Saluto ora i giovani qui presenti, tra i quali nomino quelli del Campo-Scuola di Rocca di Cambio. Carissimi, sono lieto di potervi esprimere il mio apprezzamento per l’impegno col quale, in questi giorni, avete riflettuto sulle prospettive offerte dalle varie forme di volontariato cristiano. Auspico che quest’esperienza vi aiuti ad assimilare sempre meglio lo spirito evangelico del servizio e della gratuità e vi prepari ad essere nella società forze vive di solidarietà e di comunione. Accompagno l’augurio con la mia affettuosa Benedizione.
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Un pensiero particolare desidero dedicare a tutti voi, fratelli e sorelle ammalati che avete voluto partecipare a questa Udienza. Vi invito ad offrire le vostre infermità a Cristo crocifisso, perché dia ad esse un significato salvifico nell’ambito della donazione che Egli ha fatto a Dio nella passione per la vita del mondo (cf. Jn 6,51); e altresì vi chiedo di pregare intensamente per l’umanità, per la Chiesa e anche per me, Successore di San Pietro nella Cattedra di Roma.
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Una parola di compiacimento e di speranza, infine, voglio dire a voi, sposi novelli, che siete venuti a Roma non solo per ammirare le sue singolari bellezze artistiche, ma ancor più per confermare e corroborare, sulle Tombe degli Apostoli e dei Martiri, il vostro amore vicendevole, consacrato nel Matrimonio. Vi auguro di essere sempre fedeli alla grazia del sacramento e di porre la fede cristiana come stabile fondamento della vostra nascente famiglia cristiana.

A tutti la mia Benedizione Apostolica!




Mercoledì, 8 agosto 1984

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1. Abbiamo detto precedentemente che il principio della morale coniugale, insegnato dalla Chiesa (Concilio Vaticano II, Paolo VI), è il criterio della fedeltà al piano divino.

In conformità con questo principio l’enciclica Humanae Vitae distingue rigorosamente tra quello che costituisce il modo moralmente illecito della regolazione delle nascite o, con più precisione, della regolazione della fertilità e quello moralmente retto.

In primo luogo, è moralmente illecita “l’interruzione diretta del processo generativo già iniziato” (“aborto”) (Ibid.,
HV 14), la “sterilizzazione diretta” e “ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle conseguenze naturali si proponga, come scopo o come mezzo, di rendere impossibile la procreazione” (Ibid., HV 14), quindi, tutti i mezzi contraccettivi. È invece moralmente lecito “il ricorso ai periodi infecondi” (Ibid., HV 16): “Se dunque per distanziare le nascite esistono seri motivi, derivanti o dalle condizioni fisiche o psicologiche dei coniugi, o da circostanze esteriori, la Chiesa insegna essere allora lecito tener conto dei ritmi naturali immanenti alle funzioni generative per l’uso del matrimonio nei soli periodi infecondi e così regolare la natalità senza offendere i principi morali . . .” (Ibid., HV 16).

2. L’enciclica sottolinea in modo particolare che “tra i due casi esiste una differenza essenziale” e cioè una differenza di natura etica: “Nel primo caso, i coniugi usufruiscono legittimamente di una disposizione naturale; nell’altro caso, essi impediscono lo svolgimento dei processi naturali” (Pauli VI, Humanae Vitae HV 16).

Ne derivano due azioni con qualificazione etica diversa, anzi, addirittura opposta: la regolazione naturale della fertilità è moralmente retta, la contraccezione non è moralmente retta. Questa differenza essenziale tra le due azioni (modi di agire) concerne la loro intrinseca qualificazione etica, sebbene il mio predecessore Paolo VI affermi che “nell’uno e nell’altro caso, i coniugi concordano nella volontà positiva di evitare la prole per ragioni plausibili”, e persino scriva: “cercando la sicurezza che non verrà” (Ibid., HV 16). In queste parole il documento ammette che, sebbene anche coloro che fanno uso delle pratiche anticoncezionali possano essere ispirati da “ragioni plausibili”, tuttavia ciò non cambia la qualificazione morale che si fonda sulla struttura stessa dell’atto coniugale come tale.

3. Si potrebbe osservare, a questo punto, che i coniugi, i quali ricorrono alla regolazione naturale della fertilità, potrebbero essere privi delle ragioni valide, di cui si è parlato in precedenza: ciò costituisce, però, un problema etico a parte, quando si tratti del senso morale della “paternità e maternità responsabili”.

Supponendo che le ragioni per decidere di non procreare siano moralmente rette, resta il problema morale del modo di agire in tale caso, e questo si esprime in un atto che - secondo la dottrina della Chiesa trasmessa nell’enciclica - possiede una sua intrinseca qualificazione morale positiva o negativa. La prima, positiva, corrisponde alla “naturale” regolazione della fertilità; la seconda, negativa, corrisponde alla “contraccezione artificiale”.

4. Tutta la precedente argomentazione si riassume nell’esposizione della dottrina contenuta nella Humanae Vitae, rilevandone il carattere normativo e insieme pastorale. Nella dimensione normativa si tratta di precisare e chiarire i principi morali dell’agire; nella dimensione pastorale si tratta soprattutto di illustrare la possibilità di agire secondo questi principi (“possibilità dell’osservanza della legge divina”: Humanae Vitae HV 20).


Dobbiamo soffermarci sull’interpretazione del contenuto dell’enciclica. A tal fine occorre vedere quel contenuto, quell’insieme normativa-pastorale alla luce della teologia del corpo, quale emerge dall’analisi dei testi biblici.

5. La teologia del corpo non è tanto una teoria, quanto piuttosto una specifica, evangelica, cristiana pedagogia del corpo. Ciò deriva dal carattere della Bibbia, e soprattutto dal Vangelo che, come messaggio salvifico, rivela ciò che è il vero bene dell’uomo, al fine di modellare - a misura di questo bene - la vita sulla terra nella prospettiva della speranza del mondo futuro.

L’enciclica Humanae Vitae, seguendo questa linea, risponde al quesito sul vero bene dell’uomo come persona, in quanto maschio e femmina; su ciò che corrisponde alla dignità dell’uomo e della donna, quando si tratta dell’importante problema della trasmissione della vita nella convivenza coniugale.

A questo problema dedicheremo ulteriori riflessioni.

Ai fedeli di lingua francese

Chers Frères et Soeurs,

Ai gruppi di lingua inglese

A due gruppi dal Giappone


Sia lodato Gesù Cristo!

Dilettissimi pellegrini di Tokyo del “Gruppo YBU” (Movimento del Buon Pastore).

Voi tornate dalla Terra Santa, dove hanno vissuto Gesù e Maria, e vi apprestate a visitare altri Santuari. Vi auguro di mantenere nella Vostra vita quotidiana la grazia ricevuta e le buone riflessioni fatte in questi giorni.

Un caro saluto anche a Voi, giovani componenti il Coro di Tokyo “Shonen Gasshodan”.

Vi ringrazio per i bei canti con i quali avete allietato questo incontro. Attraverso essi vi auguro possiate fare amicizia con tanti ragazzi del mondo.

A tutti imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Ai pellegrini tedeschi

Ai fedeli di lingua spagnola


Ai fedeli polacchi

Ai gruppi italiani

E’ il momento di salutare ora gli italiani, singoli e gruppi organizzati: lo faccio molto volentieri, ringraziando tutti per la loro gradita presenza.

Mi rivolgo in particolare con viva cordialità ai Padri dell’Oratorio e alle Suore di San Filippo Neri, che partecipano d un convegno sullo spirito del loro amato Fondatore. Il Santo della gioia e della fraternità cristiana vi ottenga dal Signore piena fiducia e sereno coraggio per annunziare e testimoniare sempre con letizia il Vangelo.
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Saluto pure le suore della Congregazione di San Giovanni Battista, che stanno celebrando il XII Capitolo Generale ordinario sul tema: “La formazione alla luce del rinnovamento conciliare e delle nostre Costituzioni”. Queste giornate di intenso studio e di preghiera aiutino voi e le vostre Consorelle sparse nel mondo ad essere sempre, come San Giovanni Battista, “lampade che ardono e risplendono, dando testimonianza alla Verità” (cf. Jn 5,33-35).
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Rivolgo poi una parola ai 400 pellegrini della Parrocchia di Santa Maria della Serra, in Montalto Uffugo (Cosenza), che, guidati dai Sacerdoti della Congregazione dei Pii Operai Catechisti Rurali, responsabili della Comunità, si recheranno prossimamente a Toronto in Canada, per incontrare colà i compatrioti della chiesa di San Tommaso d’Aquino, rafforzando con loro più strettamente i legami nazionali e religiosi, e lasciando in dono un statua della Madonna, che oggi qui benedirò. Cari fedeli, mi compiaccio per questa vostra iniziativa ideata nella prospettiva della mia Visita Pastorale in quella Nazione e, augurandovi buon viaggio, auspico di cuore che nelle vostre due parrocchie d’Italia e del Canada sempre più si rafforzi la fede cristiana e lo spirito di carità.
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Desidero ora rivolgere un saluto particolarmente affettuoso ai giovani, tra i quali ricordo quelli della Parrocchia-Santuario della Madonna della Quercia in Conflenti, che formano una “staffetta di fede e di pace” portando la lampada dell’emigrato, che volentieri ora benedico. Nella luce di Cristo, che abbiamo contemplato l’altro ieri, nella Festa della sua Trasfigurazione, vi esorto a meditare sulla sua bellezza e gloria, e a perseverare nella sua sequela che, se autentica, non tarderà a trasformare anche la vostra vita con la sua luce, la sua grazia e la sua azione liberatrice e santificatrice del mondo. Con questo auspicio vi benedico di cuore e vi auguro un sereno periodo di riposo.
* * *


Anche a voi, malati presenti a questa Udienza, e a quanti soffrono negli ospedali o nelle proprie case, esprimo il mio pensiero cordiale ed insieme riconoscente per la preziosa offerta che voi fate del vostro dolore e a edificazione della Chiesa.

La vostra unione con Dio, fa progredire la vostra perfezione ascetica e si trasforma in carità spirituale verso il prossimo. Mentre vi incoraggio a perseverare in questa vostra meritoria dedizione vi accompagno con il mio affetto e con la mia Benedizione Apostolica.
* * *


Infine, saluto voi, sposi novelli, esprimendovi fervide felicitazioni per il sacramento del matrimonio da poco celebrato e gli auguri più sinceri per una unione coniugale serena ed indissolubile.

L’affetto che lega i vostri cuori sia sempre sorgente di felicità cristiana e di gioia vera, che trovi il suo quotidiano alimento nei principii sempre attuali del Vangelo. Vi sia di conforto la mia speciale Benedizione.





Mercoledì, 22 agosto 1984

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1. Qual è l’essenza della dottrina della Chiesa circa la trasmissione della vita nella comunità coniugale, di quella dottrina che ci è stata ricordata dalla costituzione pastorale del Concilio Gaudium et Spes e dall’enciclica Humanae Vitae di papa Paolo VI?

Il problema sta nel mantenere l’adeguato rapporto tra ciò che viene definito “dominio . . . delle forze della natura” (Pauli VI, Humanae Vitae
HV 2) e la “padronanza di sé” (Ibid., HV 21) indispensabile alla persona umana. L’uomo contemporaneo manifesta la tendenza a trasferire i metodi propri del primo ambito a quelli del secondo. “L’uomo ha compiuto progressi stupendi nel dominio e nell’organizzazione razionale delle forze della natura - leggiamo nell’enciclica - talché tende ad estendere questo dominio al suo stesso essere globale: al corpo, alla vita psichica, alla vita sociale, e perfino alle leggi che regolano la trasmissione della vita” (Ibid., HV 2).

Tale estensione della sfera dei mezzi di “dominio . . . delle forze della natura”, minaccia la persona umana, per la quale il metodo della “padronanza di sé” è e rimane specifico. Essa - la padronanza di sé - infatti corrisponde alla costituzione fondamentale della persona: è appunto un metodo “naturale”. Invece la trasposizione dei “mezzi artificiali” infrange la dimensione costitutiva della persona, priva l’uomo della soggettività che gli è propria e fa di lui un oggetto di manipolazione.

2. Il corpo umano non è soltanto il campo di reazioni di carattere sessuale, ma è, al tempo stesso, il mezzo di espressione dell’uomo integrale, della persona, che rivela se stessa attraverso il “linguaggio del corpo”. Questo “linguaggio” ha un importante significato interpersonale, specialmente quando si tratta dei rapporti reciproci tra l’uomo e la donna. Per di più, le nostre analisi precedenti mostrano che in questo caso il “linguaggio del corpo” deve esprimere, a un determinato livello, la verità del sacramento. Partecipando all’eterno piano d’amore “Sacramentum absconditum in Deo” il “linguaggio del corpo” diventa infatti quasi un “profetismo del corpo”.

Si può dire che l’enciclica Humanae Vitae porta alle estreme conseguenze, non soltanto logiche e morali, ma anche pratiche e pastorali, questa verità sul corpo umano nella sua mascolinità e femminilità.


3. L’unità dei due aspetti del problema - della dimensione sacramentale (ossia teologica) e di quella personalistica - corrisponde alla globale “rivelazione del corpo”. Da qui deriva anche la connessione della visione strettamente teologica con quella etica, che si richiama alla “legge naturale”.

Il soggetto della legge naturale è infatti l’uomo non soltanto nell’aspetto “naturale” della sua esistenza, ma anche nella verità integrale della sua soggettività personale. Egli ci si manifesta, nella rivelazione, come maschio e femmina, nella sua piena vocazione temporale ed escatologica. Egli è chiamato da Dio ad essere testimone e interprete dell’eterno disegno dell’amore, divenendo ministro del sacramento, che “da principio” è costituito nel segno dell’“unione della carne”.

4. Come ministri di un sacramento che si costituisce attraverso il consenso e si perfeziona attraverso l’unione coniugale, l’uomo e la donna sono chiamati ad esprimere quel misterioso “linguaggio” dei loro corpi in tutta la verità che gli è propria. Per mezzo dei gesti e delle reazioni, per mezzo di tutto il dinamismo, reciprocamente condizionato, della tensione e del godimento - la cui diretta sorgente è il corpo nella sua mascolinità e femminilità, il corpo nella sua azione e interazione - attraverso tutto questo “parla” l’uomo, la persona.

L’uomo e la donna svolgono nel “linguaggio del corpo” quel dialogo che - secondo la Genesi (Gn 2,24-25) - ebbe inizio nel giorno della creazione. È appunto a livello di questo “linguaggio del corpo” - che è qualcosa di più della sola reattività sessuale e che, come autentico linguaggio delle persone, è sottoposto alle esigenze della verità, cioè a norme morali obiettive - l’uomo e la donna esprimono reciprocamente se stessi nel modo più pieno e più profondo, in quanto è loro consentito dalla stessa dimensione somatica . . . mascolinità e femminilità: l’uomo e la donna esprimono se stessi nella misura di tutta la verità della loro persona.

5. L’uomo è appunto persona perché è padrone di sé e domina se stesso. In quanto infatti è padrone di se stesso può “donarsi” all’altro. Ed è questa dimensione della libertà del dono - che diventa essenziale e decisiva per quel “linguaggio del corpo”, in cui l’uomo e la donna si esprimono reciprocamente nell’unione coniugale. Dato che questa è comunione di persone, il “linguaggio del corpo” deve essere giudicato secondo il criterio della verità. Proprio tale criterio richiama l’enciclica Humanae Vitae, come è confermato dai passi citati in precedenza.

6. Secondo il criterio di questa verità, che deve esprimersi nel “linguaggio del corpo”, l’atto coniugale “significa” non soltanto l’amore, ma anche la potenziale fecondità, e perciò non può essere privato del suo pieno e adeguato significato mediante interventi artificiali. Nell’atto coniugale non è lecito separare artificialmente il significato unitivo dal significato procreativo, perché l’uno e l’altro appartengono alla verità intima dell’atto coniugale: l’uno si attua insieme all’altro e in certo senso l’uno attraverso l’altro. Così insegna l’enciclica (cf. Humanae Vitae HV 12). Quindi in tal caso l’atto coniugale privo della sua verità interiore, perché privato artificialmente della sua capacità procreativa, cessa anche di essere atto di amore.

7. Si può dire che nel caso di un’artificiale separazione di questi due significati, nell’atto coniugale si compie una reale unione corporea, ma essa non corrisponde alla verità interiore e alla dignità della comunione personale: “communio personarum”. Tale comunione esige infatti che il “linguaggio del corpo” sia espresso reciprocamente nell’integrale verità del suo significato. Se manca questa verità, non si può parlare ne della verità del reciproco dono e della reciproca accettazione di sé da parte della persona. Tale violazione dell’ordine interiore della comunione coniugale, che affonda le sue radici nell’ordine stesso della persona, costituisce il male essenziale dell’atto contraccettivo.

8. La suddetta interpretazione della dottrina morale, esposta nell’enciclica Humanae Vitae, si situa sul vasto sfondo delle riflessioni connesse con la teologia del corpo. Specialmente valide per questa interpretazione sono le riflessioni sul “segno” in connessione col matrimonio, inteso come sacramento. E l’assenza della violazione che turba l’ordine interiore dell’atto coniugale non può essere intesa in modo teologicamente adeguato, senza le riflessioni sul tema della “concupiscenza della carne”.

Ai pellegrini di lingua francese



Ai pellegrini di lingua inglese

Ai pellegrini giunti dal Giappone

Sia lodato Gesù Cristo!
Dilettissimi Pellegrini di Tokyo e Akita.


Affinché il frutto del Vostro pellegrinaggio rimanga nella vostra vita quotidiana e ottenga dalla Madre del Signore abbondanza di grazie, Vi imparto la mia Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai vari gruppi di lingua tedesca


Ai Pellegrini di lingua spagnola

Ai pellegrini di lingua portoghese



Ai vari gruppi di pellegrini polacchi

Ai pellegrini italiani

Cordialmente saluto ora i pellegrini italiani e li ringrazio per la loro presenza a me tanto gradita. Saluto i sacerdoti, saluto tutte le Religiose, e in particolare le Suore di Sant’Anna, che hanno preso parte al Capitolo Generale della Congregazione, nel 150° anniversario della fondazione. Manifestandovi il mio compiacimento per l’intenso ed efficace lavoro che compite a servizio della Chiesa e della società, vi esorto a perseverare con fervore e coraggio nella vostra missione di amore totale a Dio, di testimonianza fedele a Cristo ed alla Chiesa, di carità e di aiuto verso la gioventù. Vi accompagni nei vostri propositi la mia Benedizione, che estendo volentieri a tutte le vostre Case.
* * *


Come sempre, mi rivolgo ora ai giovani! Ricordandovi che oggi la Chiesa celebra Maria SS.ma Regina, vi esorto ad innalzare con speciale fervore i vostri sentimenti a Maria Santissima, che a motivo della sua divina Maternità fu sottratta alla legge del peccato originale e fu assunta gloriosa in Cielo, e perciò è Regina “per grazia, per parentela divina, per conquista, per singolare elezione”. A Lei, Regina dei vostri cuori, ricorrete ogni giorno con la preghiera, per mantenere ferma la fede, innocente la vita, sempre ardente la carità.
* * *


Anche a voi, carissimi malati, intendo additare Maria Regina del cielo e della terra, vostro vero e continuo conforto. quante volte ripetiamo con fiducia: “Salve, Regina, madre di misericordia, vita, dolcezza, speranza nostra!”. Sappiamo che Maria Santissima è stata trafitta dai dolori della Passione di Cristo e come Lui ha bevuto il calice dell’amarezza, e perciò comprende i vostri dolori, vi consola nelle vostre pene, vi dà forza per trasformarle in meriti, vi illumina con la certezza del paradiso che ci attende. Confidate sempre, specie nei momenti di maggiore sconforto, in Maria, eccelsa per la sua Regalità e soave per la sua Maternità.
* * *


Avoi, infine, sposi novelli, rivolgo il mio affettuoso pensiero e la mia parola di vivo augurio per la nuova vita che avete iniziato con il Sacramento del Matrimonio. La Madonna sia Regina anche vostra e dei vostri focolari. Oggi, indubbiamente, nella nostra società, è molto difficile vivere in piena coerenza il matrimonio quale è voluto da Dio, secondo la rivelazione di Cristo e il Magistero della Chiesa. Maria, madre della “grazia” che avete ricevuto, vi avvolga con la potenza della sua Regalità e con l’affetto della sua Maternità, vi protegga e vi difenda da ogni male. A tutti di gran cuore imparto la mia Benedizione Apostolica.




Mercoledì, 29 agosto 1984

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1. L’enciclica Humanae Vitae, dimostrando, il male morale della contraccezione, al tempo stesso approva pienamente la regolazione naturale della fertilità e, in questo senso, approva la paternità e maternità responsabili. Bisogna qui escludere che possa qualificarsi “responsabile” dal punto di vista etico quella procreazione nella quale si ricorre alla contraccezione per attuare la regolazione della fertilità. Il vero concetto di “paternità e maternità responsabili” è invece connesso con la regolazione della fertilità onesta dal punto di vista etico.

2. Leggiamo a proposito: “Un’onesta pratica di regolazione della natalità richiede anzitutto dagli sposi che acquistino e posseggano solide convinzioni circa i veri valori della vita e della famiglia, e che tendano ad acquistare una perfetta padronanza di sé. Il dominio dell’istinto, mediante la ragione e la libera volontà, impone indubbiamente un’ascesi, affinché le manifestazioni affettive della vita coniugale siano secondo il retto ordine e in particolare per l’osservanza della continenza periodica. Ma questa disciplina, propria della purezza degli sposi, ben lungi dal nuocere all’amore coniugale, gli conferisce invece un più alto valore umano. Esige un continuo sforzo, ma grazie al suo benefico influsso i coniugi sviluppano integralmente la loro personalità arricchendosi di valori spirituali . . . (Pauli VI, Humanae Vitae
HV 21).

3. L’enciclica illustra poi le conseguenze di tale comportamento non soltanto per gli stessi coniugi, ma anche per tutta la famiglia, intesa come comunità di persone. Occorrerà riprendere in considerazione questo argomento. Essa sottolinea che la regolazione eticamente onesta della fertilità esige dai coniugi anzitutto un determinato comportamento familiare e procreativo: esige cioè “che acquistino e posseggano solide convinzioni circa i valori della vita e della famiglia” (Humanae Vitae HV 21). Partendo da questa premessa, è stato necessario procedere a una considerazione globale della questione, come fece il Sinodo dei Vescovi del 1980 (De muneribus familiae christianae). In seguito, la dottrina relativa a questo particolare problema della morale coniugale e familiare, di cui tratta l’enciclica Humanae Vitae, ha trovato il giusto posto e l’ottica opportuna nel complessivo contesto dell’esortazione apostolica Familiaris Consortio. La teologia del corpo, particolarmente come pedagogia del corpo, affonda le radici, in certo senso, nella teologia della famiglia e, ad un tempo, ad essa conduce. Tale pedagogia del corpo, la cui chiave oggi è l’enciclica Humanae Vitae, si spiega soltanto nel pieno contesto di una corretta visione dei valori della vita e della famiglia.

4. Nel testo sopra citato papa Paolo VI si richiama alla castità coniugale, scrivendo che l’osservanza della continenza periodica è la forma di padronanza di sé, in cui si manifesta “la purezza degli sposi” (Pauli VI, Humanae Vitae HV 21).

Nell’intraprendere ora un’analisi più approfondita di questo problema, occorre tener presente tutta la dottrina sulla purezza intesa come vita dello Spirito (cf. Ga 5,25), considerata da noi già in precedenza, per comprendere così le rispettive indicazioni dell’enciclica sul tema della “continenza periodica”. Quella dottrina resta infatti la vera ragione, a partire dalla quale l’insegnamento di Paolo VI definisce la regolazione della natalità e la paternità e maternità responsabili come eticamente oneste.

Sebbene la “periodicità” della continenza venga in questo caso applicata ai cosiddetti “ritmi naturali” (Humanae Vitae HV 16), tuttavia la continenza stessa è un determinato e permanente atteggiamento morale, è virtù, e perciò tutto il modo di comportarsi, da essa guidato, acquista carattere virtuoso. L’enciclica sottolinea abbastanza chiaramente che qui non si tratta solo di una determinata “tecnica”, ma dell’etica nel senso stretto del termine come moralità di un comportamento.

Pertanto, opportunamente l’enciclica pone in rilievo, da un lato, la necessità di rispettare nel suddetto comportamento l’ordine stabilito dal Creatore, e, dall’altro, la necessità dell’immediata motivazione di carattere etico.


5. Riguardo al primo aspetto leggiamo: “Usufruire . . . del dono dell’amore coniugale rispettando le leggi del processo generativo significa riconoscersi non arbitri delle sorgenti della vita umana, ma piuttosto ministri del disegno stabilito dal Creatore” (Humanae Vitae HV 13). “La vita umana è sacra” - come ha ricordato il nostro predecessore Giovanni XXIII - fin dal suo affiorare impegna direttamente l’azione creatrice di Dio” (Mater et magistra; cf. Humanae Vitae HV 13). Quanto all’immediata motivazione, l’enciclica Humanae Vitae richiede che “per distanziare le nascite esistano seri motivi, derivanti o dalle condizioni fisiche o psicologiche dei coniugi, o da circostanze esteriori . . .” (Humanae Vitae HV 16).

6. Nel caso di una regolazione moralmente retta della fertilità che si attua mediante la continenza periodica, si tratta chiaramente di praticare la castità coniugale, cioè di un determinato atteggiamento etico. Nel linguaggio biblico, diremo che si tratta di vivere dello Spirito (cf. Ga 5,25).

La regolazione moralmente retta viene anche denominata “regolazione naturale della fertilità”, il che può essere spiegato quale conformità alla “legge naturale”. Per “legge naturale” intendiamo qui l’“ordine della natura” nel campo della procreazione, in quanto esso è compreso dalla retta ragione: tale ordine è l’espressione del piano del Creatore sull’uomo. Ed è proprio questo che l’enciclica, insieme con tutta la tradizione della dottrina e della pratica cristiana, sottolinea in modo particolare: il carattere virtuoso dell’atteggiamento, che si esprime nella “naturale” regolazione della fertilità, è determinato non tanto dalla fedeltà a un’impersonale “legge naturale” quanto al Creatore-persona, sorgente e Signore dell’ordine che si manifesta in tale legge.

Da questo punto di vista, la riduzione alla sola regolarità biologica, staccata dall’“ordine della natura” cioè dal “piano del Creatore” deforma l’autentico pensiero dell’enciclica Humanae Vitae (cf. Humanae Vitae HV 14).

Il documento prosegue certamente quella regolarità biologica, anzi, esorta le persone competenti a studiarla e ad applicarla in modo ancor più approfondito, ma intende sempre tale regolarità come l’espressione dell’“ordine della natura” cioè del provvidenziale piano del Creatore, nella cui fedele esecuzione consiste il vero bene della persona umana.

Ai pellegrinaggi di lingua francese


Ai fedeli di lingua inglese

A un piccolo gruppo di fedeli giapponesi

Sia lodato Gesù Cristo!

Dilettissimi insegnanti di Hiroshima e Osaka,

mi auguro che i frutti, da voi colti dai pellegrinaggi in Terra Santa e qui a Roma, lascino una duratura impronta sui giovani che voi educate.

Ora, invocando la protezione materna di Maria, imparto volentieri la Benedizione Apostolica su tutti voi e sulle vostre scuole.

Sia lodato Gesù Cristo!


Ai pellegrini di lingua tedesca

Ai fedeli provenienti dalla Spagna e dall’America Latina

Ai pellegrini polacchi

Ai pellegrini italiani


Mi rivolgo ora agli italiani: li saluto tutti, singole persone e gruppi, e tutti ringrazio per la loro cara e gradita presenza.

Ma un particolare saluto va ai membri dell’Associazione Italiana Educazione dei Sordi, di Verona, partecipanti al loro 30° Convegno Nazionale di aggiornamento. Carissimi Sacerdoti, Religiosi, Religiose e Laici, altamente qualificati in quest’arte difficile e importante, che vi dedicate con amore e con perizia a tale missione! Mi compiaccio sentitamente del vostro quotidiano lavoro e del vostro impegno di perfezionamento, per venire sempre più e sempre meglio incontro ai bambini ed alle persone audiolese, al fine di metterli in contatto con la vita normale e con la cultura. Il Signore vi dia ogni giorno pazienza e coraggio e vi conforti! Nel suo Nome vi benedico di cuore, insieme con tutti i vostri Allievi!
* * *


Una parola di compiacimento e di incoraggiamento giunga poi al parroco ed ai fedeli della Parrocchia di San Michele Arcangelo di Vallecorsa, in diocesi di Veroli-Frosinone, che hanno recato con sé le nuove porte di bronzo della Chiesa parrocchiale, modellate dallo scultore Tommaso Gismondi, per essere da me benedette. Vi ringrazio della vostra presenza e della vostra premura: il signore vi ricompensi! Fate sì che la Chiesa Parrocchiale sia d’ora in avanti sempre di più luogo di preghiera comune e fervorosa, cattedra di insegnamento, centro di carità!
* * *


E ora una parola ai numerosi giovani qui convenuti. Carissimi, ho pensato molto a voi nei giorni scorsi, quando, come forse sapete, ho scelto il tema per la Giornata della Pace 1985 e l’ho espresso nel motto “La Pace e i Giovani camminano insieme”. Sì, penso che voi siete chiamati non solo a rendere possibile il cammino verso la pace, ma proprio a camminare insieme alla pace.

Vi inviterò altre volte a pregare e a riflettere su questo argomento. Ma fin d’ora desidero riconfermare la mia fiducia nel vostro entusiasmo e nelle vostra generosità, mentre vi esorto ad essere sempre maggiormente, nell’ambiente in cui vivete, operatori di pace e testimoni autentici di Cristo. Vi accompagno con la mia Benedizione.
* * *


Anche a voi, carissimi ammalati, desidero porgere il mio saluto particolarmente affettuoso. Penso alle vostre sofferenze; penso soprattutto all’esempio di pazienza e di coraggio che continuate a donare. Sono convinto che il vostro sacrificio è tra le ricchezze più preziose della Chiesa; e vorrei che anche voi foste persuasi che quanto state vivendo, nel corpo e nello spirito, è straordinariamente fecondo per tutti. Sappiate che io prego per voi e chiedo al Signore che vi lasciate conformare pienamente al Cristo sofferente.

Benedico voi e tutte le persone che con dedizione vi assistono.
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Un pensiero molto affettuoso, infine, ai carissimi sposi novelli presenti a questa Udienza. A tutti porgo felicitazioni sincere; per ognuno formulo fervidi auguri di ogni bene.

Sentite con voi e su di voi la presenza di Dio; sappiate vivere nell’amicizia del Signore che ha benedetto il vostro amore e lo ha reso indissolubile con il sacramento del matrimonio; siate convinti che solo nella preghiera quotidiana potrete attingere forza per la vostra vita cristiana e serenità di fronte a qualsiasi situazione. Vi benedico tutti di cuore.




Catechesi 79-2005 10884