Catechesi 79-2005 13285

Mercoledì, 13 febbraio 1985

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1. Oggi desidero manifestare la mia umile gratitudine a Dio, Buon Pastore, per il ministero che mi ha permesso di compiere, dal 26 gennaio al 6 febbraio, nei confronti della Chiesa in America Latina. Concretamente: in Venezuela, Ecuador e Perù, insieme con la sosta a Trinidad-Tobago, sulla via del ritorno.

Gli episcopati dei Paesi elencati avevano espresso il desiderio che il Vescovo di Roma, come successore di Pietro, si inserisse, mediante il suo ministero pastorale nel corso di alcuni giorni, in quel lavoro apostolico stabile e sistematico, che essi stessi, insieme con gli ecclesiastici e con i laici, svolgono nelle Chiese locali loro affidate.

Tale ministero è una particolare manifestazione della collegialità dei vescovi, fa pure riferimento alla primitiva tradizione della visita apostolica e mette in evidenza l’unità e la cattolicità della Chiesa. Si può dire che in ciò si rispecchia lo spirito del Concilio Vaticano II, in particolare la sua ecclesiologia. In questa occasione desidero manifestare pure la mia gratitudine alle Chiese e ai popoli, la cui ospitalità mi è stata data di gustare nel corso dei giorni passati. Ringrazio i capi di Stato e gli organismi amministrativi dei diversi settori, che hanno facilitato notevolmente la mia visita.

2. I tre giorni interi, trascorsi in Venezuela, hanno permesso di avvicinarmi ai problemi che vive la Chiesa in quel Paese e di prender parte ai compiti apostolici che essa deve affrontare. Una sintesi di questi compiti fu “una missione nazionale” di parecchi mesi, che ha preceduto la visita papale.

La visita stessa, nel corso di appena tre giorni, doveva avere carattere sintetico e, in pari tempo, necessariamente selettivo. Penso tuttavia che mi è stata data la possibilità di avvicinarmi a ciò che è più caratteristico nella geografia e nella struttura del lavoro pastorale della Chiesa in Venezuela.

La capitale del Paese, Caracas, fu il principale centro degli incontri. Ho in mente, prima di tutto, la concelebrazione eucaristica dinanzi all’immagine della Madonna di Coromoto, patrona del Paese. Alla capitale fu trasferita la statua che sarà venerata nel suo nuovo santuario a Guanare. L’altro centro della riviera occidentale, Maracaibo (uno dei principali centri della produzione del petrolio), ci ha trasferiti anche in un’altra regione della tradizione religiosa e del dinamismo apostolico sulla riviera del mare Caraibico. E poi la svolta verso il meridione, nella regione delle Ande, alla città di Mérida, dove le tradizioni religiose della popolazione, principalmente agricola, sono particolarmente radicate e sempre vive. Infine, il quarto punto: un nascente grande centro industriale a Ciudad Guayana, all’Orinoco, e insieme con ciò una giovane diocesi messa di fronte a non facili compiti della pastorale del mondo industriale.

Insieme con questa struttura geografica della visita, si coniugava anche la struttura tematica.L’incontro con l’episcopato e lo sguardo sulla storia della Chiesa nel Paese, che unisce la sua indipendenza alla figura di Simón Bolívar. Tema: la famiglia al centro dell’assemblea di Caracas. L’incontro con gli ecclesiastici, sacerdoti, religiosi e religiose, istituti secolari. L’incontro con i rappresentanti principali dell’apostolato dei laici (tra l’altro il CLAT e i mezzi di comunicazione sociale). L’incontro con i giovani. Infine: l’incontro con il mondo del lavoro, principalmente del lavoro industriale a Ciudad Guayana.

Il Venezuela ha una superficie di circa un milione di chilometri quadrati e circa 16 milioni di abitanti. La stragrande maggioranza si raggruppa nelle vicinanze della costa Atlantica. Il vasto interno del Paese è poco popolato e la pastorale riveste carattere missionario.

Anche se tutta la visita è stata concentrata su alcuni centri, si è fatto tutto il possibile perché si sentisse abbracciato, con essa, l’intero Paese e l’intera Chiesa in Venezuela. Il compito più importante per l’avvenire sembra essere, sullo sfondo della viva tradizione religiosa, il consolidamento della consapevolezza della vocazione cristiana, e in particolare delle vocazioni sacerdotali e religiose native. Come pure, il mantenimento e lo sviluppo delle buone tradizioni per quanto riguarda la realizzazione della dottrina sociale della Chiesa nei vari settori della vita.

3. Ecuador. La vita della Chiesa in Ecuador si concentra in tre province (o metropolie): Quito, Cuenca e Guayaquil. Queste tre città hanno costituito le tre principali tappe della visita papale. Quito è la capitale del Paese, perciò là si è svolta pure la parte ufficiale della visita nei riguardi delle autorità statali. Sotto l’aspetto ecclesiale abbiamo celebrato solennemente a Quito il 450° dell’inizio dell’evangelizzazione. Il carattere della città testimonia in pari tempo il grande contributo che Quito ha dato alla storia dell’annuncio del Vangelo, come pure testimonia la storia della cultura nazionale. Su questo sfondo hanno trovato una giusta eloquenza i singoli incontri: con l’episcopato, come pure con gli ecclesiastici nella cattedrale, fin dalla prima sera; con i giovani, con i mezzi di comunicazione (Radio nazionale cattolica), col mondo religioso (suore), con i rappresentanti della cultura e della scienza e con il mondo del lavoro, con il Corpo diplomatico che fu invitato alla nunziatura apostolica.

Cuenca: la solenne concelebrazione per la famiglia e per le vocazioni.


Guayaquil: la più grande città sulla riva del Pacifico: la prima sera il programma mariano nella nuova Chiesa della Madonna di Czestochowa, e soprattutto nel santuario dell’“Alborada”, con la numerosa partecipazione dei giovani. Il giorno successivo: la visita al “guasmo” della periferia di Guayaquil dove, tra la popolazione molto povera che affluisce in città, lavorano i sacerdoti e le religiose. In seguito: la solenne concelebrazione, unita alla beatificazione della madre Mercede de Jesús Molina, fondatrice della prima congregazione femminile in Ecuador.

Un capitolo a parte della visita è stato l’incontro a Latacunga con gli indigeni e con i primi abitanti di questo Paese (los indios). L’incontro è stato ricco di fondamentali contenuti di natura sociale; infatti, il problema della giusta partecipazione degli indios alla vita dell’Ecuador è posto da loro stessi e dalla Chiesa. Come pure quello delle disuguaglianze sociali, che attende sempre una più giusta soluzione.

La Chiesa in Ecuador - con il suo episcopato, con gli ecclesiastici, i religiosi (che hanno grandi meriti) e con il crescente apostolato dei laici - appare come profondamente legata alla società. La preparazione alla visita papale fu lunga; ne danno testimonianza le innumerevoli confessioni, le croci portate dai partecipanti agli incontri, e infine le numerose folle in tutti i luoghi delle celebrazioni, nelle strade e nelle vie. Anche se la visita non poteva giungere a tutte le regioni del Paese, si è avuta la sensazione che una notevole parte dei suoi abitanti sia venuta dalle diverse zone per partecipare ad essa.

4. Il Perù è un grande Paese (un milione e 300 mila chilometri quadrati e 18.230.000 abitanti), composto da tre regioni geografiche (costa, sierra e selva), non meno composito nel suo significato etnico. Un tempo esisteva qui l’impero degli incas, e buona parte della popolazione usa fino ad ora le proprie lingue (quechua, aymara e altre). Al tempo stesso tutto il Paese è cattolico e la Chiesa costituisce un legame particolare tra tutti gli abitanti del Paese. Esiste pure in vasta scala “il problema sociale”, e la responsabilità della Chiesa per una giusta soluzione.

La visita ha avuto inizio a Lima.L’antichissima cattedrale è uno dei più antichi centri di evangelizzazione in America Latina. Lima è pure la città di due santi di questo continente, santa Rosa e San Martino de Porres. Dalla visita della cattedrale e dalla venerazione delle reliquie di quei santi è iniziato il programma della prima sera, indirizzato alle “forze vive” della Chiesa in Perù, ecclesiastici e laici. E poi, la visita alla residenza del presidente del Perù, con la benedizione impartita, a sua richiesta, ai rappresentanti delle autorità e del parlamento.

Il programma della visita ci ha condotto in molti posti sul territorio del Paese, dove gli abitanti delle singole regioni si sono concentrati nella liturgia e nella preghiera, ascoltando la parola del Papa. Questi luoghi sono stati: Arequipa, con la beatificazione di suor Ana de los Angeles Monteagudo e l’incoronazione della statua della Madonna di Chapi. Successivamente a Cuzco, capitale dell’antico impero degli incas, con l’incoronazione della statua della Madonna del Carmen di Paucartambo, e l’omelia rivolta agli antichi abitanti: gli indios, una popolazione che lavora prevalentemente nell’agricoltura. E poi Ayacucho: la preghiera dell’Angelus e il discorso contro la violenza. Il 4 febbraio, la visita si è orientata verso il Nord, incominciando a Callao (sul tema: malati-sofferenza), attraverso Piura (tema: evangelizzazione, poiché qui ebbe inizio la predicazione del Vangelo nel secolo XVI), fino a Trujillo (liturgia eucaristica per gli uomini del lavoro). L’ultimo giorno: Iquitos, con l’incontro con le comunità indigene della regione della Selva amazzonica.

Ogni giorno si ritornava alla capitale, una città di sei milioni di abitanti: un terzo del Perù, dove ebbero luogo gli incontri centrali, cioè: con i giovani il 2 febbraio; la domenica 3 febbraio: l’Eucaristia per le famiglie con l’ordinazione sacerdotale; l’incontro con l’episcopato e la visita alla sede della conferenza; l’incontro con il Corpo diplomatico. Infine il giorno della partenza, la visita a uno dei “pueblos jóvenes”, il grande quartiere della più grande povertà, una delle tante.

5. Questo quadro non rende a sufficienza il clima della visita, che dappertutto fu carico di viva fede, di amore e di fiducia verso la Chiesa. Senza sosta si è ripetuta la domanda di benedizione (bendición!), che è una particolare manifestazione della religiosità di quei nostri fratelli che vivono nell’estrema zona occidentale del Sud America. Sembra che si possano esprimere i desideri più essenziali, che li travolgono, come sono stati espressi dai rappresentanti dei “pueblos jóvenes” a Lima: il desiderio di Dio e il desiderio di pane.Il primo è la loro ricchezza spirituale, e bisogna far di tutto per mantenere e approfondire questa ricchezza. L’altro è collegato con la povertà e con la sfortuna di larghi cerchi e anche con il grido sempre più consapevole per la giustizia sociale. Bisogna far di tutto per realizzare questa giustizia, senza ricorrere alla violenza e al totalitarismo, conservando l’ordine democratico, al quale quelle società sono onestamente legate. Mai deve mancare il pane per qualcuno!

6. La breve visita in Trinidad-Tobago non fu soltanto una “aggiunta” ai tre Paesi bolivariani. I padroni di casa, da parte civile ed ecclesiastica, hanno fatto tutto il possibile perché questa sosta fosse una vera visita. Per questo desidero esprimere loro la mia gratitudine. Desidero pure esprimere la mia gioia, anzitutto per il fatto che questa società così molteplice nella sua origine, la quale per molti secoli ha sperimentato l’amarezza della schiavitù e della dipendenza coloniale, è oggi una società di cittadini liberi, ed è palesemente matura per tale libertà. E poi esprimo la mia gioia per il fatto che la Chiesa, intraprendendo l’attività ecumenica e la collaborazione con i rappresentanti di altre religioni (specie indù), vive la sua vita autentica e serve al bene di tutta la società in Trinidad-Tobago.

È noto come il nome Trinidad provenga da Cristoforo Colombo, che in questo modo volle venerare la santissima Trinità.

E ancora ringrazio la Trinità di avermi concesso di compiere questo pellegrinaggio apostolico! Nel suo nome, tutti vi benedico, carissimi fratelli e sorelle, ed estendo con affetto la mia benedizione a tutte le popolazioni incontrate in questi Paesi del continente della speranza.


Ai gruppi italiani

Mi rivolgo ora ai pellegrini italiani, e li ringrazio vivamente per la loro assai gradita presenza.

In particolare esprimo il mio cordiale saluto al gruppo di Vescovi riuniti da ogni parte del mondo per prendere parte in questi giorni ad un convegno presso il Centro Mariapoli di Rocca di Papa, promosso dal Movimento dei Focolari.

Carissimi fratelli nell’Episcopato, vi ringrazio per la vostra partecipazione a questo incontro e mi compiaccio con voi per l’importante tema che vi siete dati per il vostro incontro: “Una Parola per la nostra vita e per la nostra testimonianza”. La riflessione sul Vangelo vi porta a incontrare Gesù e a dare ancora una risposta all’interrogativo sempre attuale: chi è Gesù? Si può dire che il Vangelo è tutto intessuto intorno a questa questione.

Esprimo l’auspicio che questo incontro vi aiuti a far riscoprire ancora più profondamente la figura fascinosa e benedetta del Signore ed amarla sempre più profondamente. Così l’opera di evangelizzazione a cui siete stati chiamati vi trasformerà in un impegno appassionato a far conoscere Gesù che è il protagonista di ogni pagina del Vangelo.
* * *


Un saluto particolarmente affettuoso rivolgo agli appartenenti al Sodalizio degli Abruzzesi “San Camillo de Lellis”, i quali, in occasione del 40° anniversario della fondazione della loro Associazione, sono venuti qui, accompagnati da Cardinale Corrado Bafile, per esprimere al Successore di Pietro la loro aperta testimonianza di fede cristiana.

Cari fratelli, vi esprimo il mio apprezzamento per l’opera che svolgete nell’ambito del vostro Sodalizio a favore dei fratelli meno favoriti dalla fortuna e per la promozione di incontri culturali alla luce degli ideali cristiani.

Continuate a svolgere questa vostra benemerita opera. Rafforzate i vincoli di amicizia e non cessate di approfondire la vostra identità di fede e di ideali umanitari che distingue il vostro Sodalizio. Ricordatevi sempre che la Chiesa e la società hanno bisogno della vostra testimonianza e del vostro amoroso servizio ai fratelli.

Ai giovani

Desidero ora rivolgere a voi tutti, giovani presenti a questo incontro - in particolare al gruppo della “Piccola n’drezzata” di Buonopane di Barano d’Ischia - con l’auspicio che possiate vivere in pienezza cristiana quest’anno, che è stato dedicato a voi, ai vostri problemi, ai vostri ideali e alle vostre aspirazioni.

Portate alla nostra società contemporanea la freschezza e la gioia del vostro entusiasmo e del vostro impegno per la fraternità universale, per la giustizia e per la pace.

Agli ammalati

Una parola di augurio indirizzo anche a voi, fratelli e sorelle infermi, che portate nel vostro corpo e nel vostro cuore il peso - talvolta duro - della malattia.

Mentre vi esorto a volgere lo sguardo a Cristo crocifisso, modello dell’uomo sofferente, per conformarvi al suo progetto di dedizione, vi chiedo di offrire le vostre sofferenze per la purificazione della Chiesa e dell’umanità. Noi tutti vi siamo debitori per il misterioso e ricco dono, che voi fate di voi stessi e del vostro dolore, per il nostro bene. Per questo, come segno dell’affetto, dell’attenzione e del rispetto che la Chiesa ha per voi e per i vostri problemi, da qualche giorno ho costituito la “Pontificia Commissione per la Pastorale degli Operatori Sanitari”.

Agli sposi novelli

A voi, sposi novelli, desidero infine porgere un particolare saluto, accompagnato dall’augurio che il vostro amore, confermato e consacrato dal Sacramento, sia sempre animato da una fede salda e operosa, di modo che la vostra nascente famiglia cristiana diventi un’autentica “Chiesa domestica”, in cui si vivono intensamente le esigenze del messaggio di Gesù, a edificazione del popolo di Dio.

A voi tutti la mia benedizione apostolica.


Mercoledì, 20 febbraio 1985

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Cari fratelli e sorelle.

1. L’udienza di oggi avviene nel giorno delle “ceneri”, che segna l’inizio della Quaresima. La lettura che avete appena ascoltato è tratta dalla liturgia di questo giorno. Quanto in essa è detto presuppone la consapevolezza che noi siamo “polvere” a causa dei nostri peccati. Da qui la necessità di umiliarci davanti a Dio. L’“imposizione delle ceneri” vuol significare proprio questo atto di umiltà, animato dalla speranza del perdono divino.

“Polvere tu sei e in polvere tornerai!” (
Gn 3,19).


Queste erano state le severe parole rivolte da Jahvè ai nostri progenitori per far comprendere loro una delle tristi conseguenze del peccato commesso. Col termine “polvere”, il testo sacro vuol rappresentarci la fragilità della natura umana in conseguenza del peccato originale. Dio aveva bensì “plasmato” l’uomo “con polvere del suolo”, ma, nelle sue intenzioni creatrici, aveva anche “soffiato nelle sue narici un alito di vita” (cf. Gn 2,7), affinché la dimensione materiale, terrena dell’essere umano fosse animata e guidata dal “soffio” di quella vita spirituale, che costituisce la persona umana “ad immagine e somiglianza di Dio” (cf. Gn 1,26-27).

Col peccato, questa divina “icona” si è come offuscata, l’uomo perse quella “giustizia” e quell’immortalità che aveva nel giardino dell’Eden, emerse in primo piano l’aspetto “terreno” del suo essere - quella che San Paolo chiamerà la “carne” - in opposizione all’aspetto spirituale. L’uomo diventò “polvere”: cioè realtà fragile, caduca, mortale. La sua sete di infinito, di vita perenne e duratura, venne frustrata. Lo spirito diventò schiavo delle forze interiori. Nacque l’“uomo della concupiscenza”.

2. La liturgia di oggi ci vuole ricordare tutte queste cose non perché noi ci lasciamo prendere dall’angoscia nel constatare la nostra triste condizione di peccatori votati alla morte, ma perché prendendo atto coraggiosamente di tale condizione, ci disponiamo con fede, buona volontà e vero spirito di penitenza, a mettere in opera tutti quei mezzi che Gesù redentore ci offre per il tramite della sua Chiesa, al fine di guarire dalle nostre infermità e riacquistare la dignità perduta. Il cammino quaresimale, che iniziamo oggi, ci insegna come fare affinché l’“immagine di Dio” che, nonostante il peccato, è rimasta in noi, possa riacquistare il suo splendore e la nostra esistenza possa quindi tornare ad essere conforme al sapientissimo piano originario del Creatore.

Ciò che è necessario innanzitutto fare è riconoscere - come c’insegna la fede - la radice prima di questa nostra situazione di miseria e di schiavitù: tale radice di male e di morte è il peccato. Ognuno di noi, mediante la buona volontà sorretta dalla grazia, può e deve dare il suo contributo a togliere questa radice di male da se stesso e dal mondo. Egli può e deve preparare fin da quaggiù quella soluzione radicale del problema dell’infelicità umana, che si realizzerà pienamente in cielo.

Seguendo con diligenza il cammino quaresimale che oggi inizia, ciascuno di noi può e deve dare anche un aiuto importante alla redenzione delle strutture sociali, degli ordinamenti civili, della compagine della comunità ecclesiale, dell’umanità intera.

Se è vero - come ho detto nel mio recente documento Reconciliatio et paenitentia (Giovanni Paolo II, Reconciliatio et paenitentia RP 16) - che esistono delle vere e proprie “situazioni di peccato” intese come “comportamenti collettivi di gruppi sociali più o meno vasti, o addirittura di intere nazioni e blocchi di nazioni”, non dobbiamo tuttavia mai dimenticare che tali situazioni sono sempre “il frutto, l’accumulazione e la concentrazione di molti peccati personali”, perché il peccato in senso proprio è sempre un atto del singolo, mai un atto della comunità come tale. Per questo, ognuno di noi deve avvertire la propria responsabilità nei confronti anche delle cosiddette “situazioni sociali del peccato”, ed essere ben certo che la sua conversione personale comporta riflessi importanti, anche se non decisivi, nei confronti della soluzione di tali situazioni.

3. La seconda cosa da fare, allora, è una lotta ferma e inesorabile contro il peccato. Questo resta sempre, quaggiù, il primo passo da compiere ai fini della nostra salvezza. È quello che tradizionalmente i maestri spirituali chiamano l’aspetto “ascetico” della vita cristiana. Senza questa lotta severa e intransigente contro i propri peccati, non si giunge alla perfezione cristiana della comunione con Dio e dell’amore fraterno.

Finché siamo quaggiù, dove l’“uomo vecchio” si fa sempre in qualche modo sentire, non dobbiamo mai pensare che quella lotta sia finita, fossimo anche giunti ai gradi massimi dell’unione con Dio e della dedizione ai fratelli. Anzi, come c’insegnano i santi, un cristiano è tanto più perfetto quanto più sa migliorare il suo cammino di penitenza e di conversione. La perfezione cristiana cresce parallelamente alla capacità di scoprire e attuare sempre meglio le nostre esigenze di purificazione e di conversione.

I santi, anche alla fine della loro vita, si sono sentiti peccatori, e questo proprio perché la consapevolezza e il pentimento dei propri peccati è un segno caratteristico della santità cristiana.

Dunque, cari fratelli e sorelle, approfittiamo di ogni occasione che la Chiesa ci offre per proseguire nel nostro cammino di conversione. Chiediamo a Dio che ci illumini sempre meglio sulla nostra condizione interiore e che ci faccia capire sempre più quali siano le esigenze della nostra conversione.

A questo fine cerchiamo di ascoltare con semplicità di cuore gli inviti al rinnovamento e alla riconciliazione che ci vengono dalla Chiesa. Apriamo ad essi con fiducia il nostro cuore. Approfittiamo del momento favorevole: “Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!” (2Co 6,2).


Possa il mistero pasquale, che ci prepariamo a celebrare mediante questa santa Quaresima, trovarci più avanzati nel cammino della nostra salvezza.

Ad un gruppo di fedeli ceki e slovacchi

Saluto di cuore anche un gruppo di pellegrini ceki e slovacchi. In questo anno cirilllo-metodiano riflettete spesso sull’eredità che ai vostri antenati hanno portato i santi Cirillo e Metodio e rimanetegli fedeli.

Ai fedeli italiani

Desidero ora rivolgere il mio caldo saluto ai pellegrini italiani, convenuti a questa udienza. In particolare, a un gruppo di sacerdoti di diciotto diverse nazionalità, che stanno seguendo un corso di spiritualità organizzato dal Movimento dei Focolari.

A voi do il mio benvenuto, con l’augurio che il periodo di riflessione spirituale che state conducendo possa essere per tutti di grande giovamento per raggiungere una più profonda comunione con Dio e una più feconda attuazione del vostro ministero sacerdotale. Vi accompagni la mia benedizione.
* * *


Un cordiale saluto e benvenuto vuole andare anche al gruppo del Centro “Elis” di Roma, cioè al Centro “Educazione, lavoro, istruzione, sport”. Questo gruppo sta partecipando ad un corso di formazione e gli aderenti provengono da diversi Paesi di tutto il mondo.

Auguro anche a voi, carissimi, di poter impiegare questo tempo di studio che la Provvidenza vi mette a disposizione per accrescere la vostra formazione umana e professionale, in vista di una migliore e sempre più convincente testimonianza di carità e di servizio alla società.

Vi benedico di cuore.

Ai giovani

Vengo ora ai giovani. Porgo a tutti con particolare affetto il mio saluto e, iniziando il tempo di Quaresima, desidero raccomandare in modo speciale per questo periodo alle vostre preghiere il prossimo “Incontro Internazionale dei Giovani” che - come sapete - in questo anno a voi dedicato si terrà qui a Roma dal 28 al 31 marzo, Domenica delle Palme. Avete il bisogno di certezze spirituali, di alti ideali religiosi e sociali, di entusiasmo, per portare all’umanità di oggi e di domani l’esempio delle vostre virtù e la forza delle vostre idee cristiane. Per poter meglio conoscere e acquistare queste preziose ricchezze verranno a Roma i giovani di tutto il mondo. Pregate, pertanto, affinché con la grazia di Dio l’Incontro risulti positivo ed efficace.

Agli ammalati

Carissimi ammalati e accompagnatori! Con sempre profonda e commossa considerazione porgo anche a voi il mio saluto affettuoso e, conoscendo la vostra fede e la vostra bontà, desidero raccomandare alle vostre preghiere e alle vostre pazienti sofferenze il “Sinodo straordinario” che si terrà dal 25 novembre all’8 dicembre di quest’anno, per commemorare il Concilio Ecumenico Vaticano II a vent’anni dalla sua chiusura e per analizzare come è stato attuato. È necessario riprendere nuovo vigore per realizzare veramente quanto la volontà di Dio esige e comanda, per il bene autentico della Chiesa e per la salvezza delle anime. Sarà un’assemblea molto importante e perciò, cari ammalati, già durante la Quaresima e per tutto il corrente anno, offrite volentieri le vostre preghiere e i vostri dolori per il suo buon esito. Vi sia di conforto sempre la mia benedizione!

Agli sposi novelli

Carissimi sposi novelli! Anche a voi, che siete venuti a Roma e partecipate all’udienza durante il vostro viaggio di nozze, rivolgo il mio pensiero beneaugurante e la mia parola di cordiale partecipazione alla vostra gioia e ai vostri progetti! A voi, che iniziate una nuova vita e avete la responsabilità dell’avvenire, voglio raccomandare il prossimo Convegno della Chiesa Italiana che - come sapete - si terrà a Loreto nella settimana dopo Pasqua, sul tema “Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini”. Sarà un momento significativo per la comunità cattolica italiana. Invito tutti, ma specialmente voi, giovani sposi, a pregare affinché tutte le diocesi d’Italia, con i loro rappresentanti, si sentano impegnate nel realizzare una sempre più profonda comunione ecclesiale. Vi accompagni la mia benedizione!




Mercoledì, 6 marzo 1985

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1. L’impegno della catechesi implica, per la Chiesa, un’intensa opera di formazione dei catechisti. È ancora l’esempio di Cristo che ci illumina. Durante il suo ministero Gesù si è dedicato soprattutto a formare coloro che dovevano diffondere il suo messaggio in tutto il mondo. Egli ha consacrato molto tempo alla predicazione alle folle, ma ha riservato un tempo maggiore alla formazione dei suoi discepoli. Li ha fatti vivere in sua compagnia per inculcare in essi le verità del suo messaggio, non solo con le sue parole, ma con il suo esempio e i suoi contatti quotidiani. Ai suoi discepoli ha svelato i segreti del suo regno, li ha fatti entrare nel mistero di Dio, di cui portava egli stesso la rivelazione. Ha suscitato in essi la fede, e l’ha sviluppata progressivamente con un’istruzione sempre più completa. Quando diede loro la missione d’insegnare a tutte le genti, poteva affidare ad essi questo compito perché li aveva dotati della dottrina che dovevano divulgare, anche se la piena comprensione di essa sarebbe loro venuta dallo Spirito Santo, che avrebbe dato loro la forza divina dell’apostolato.

Ricevendo questa lezione dal Maestro, la Chiesa attribuisce una grande importanza alla formazione di coloro che hanno il compito d’insegnare la verità rivelata. Tra questi ci sono prima di tutto i pastori, quelli che in virtù del sacerdozio hanno ricevuto la missione di annunciare la buona novella in nome di Cristo. Vi sono anche tutti quelli che partecipano alla missione d’insegnamento della Chiesa, in particolare i catechisti, sia quelli a tempo pieno che quelli “volontari”. La formazione dei catechisti è un elemento essenziale dell’impegno comune per lo sviluppo e la vitalità della Chiesa. Essa è necessaria dappertutto; il suo valore appare ancor più significativo in certi Paesi, in cui i catechisti svolgono un importante ruolo nelle comunità cristiane che non dispongono di un sufficiente numero di sacerdoti. In certi luoghi si può dire che la Chiesa vive grazie all’opera dei catechisti.

2. La formazione alla catechesi è spesso assunta da istituti specializzati; è auspicabile che i catechisti si formino sempre più in questi istituti, dove ricevono sia l’indispensabile istruzione dottrinale, sia la preparazione ai metodi pedagogici.

La formazione dottrinale è una necessità fondamentale, visto che la catechesi non può limitarsi a insegnare un minimo di verità apprese e ripetute mnemonicamente. Se il catechista ha la missione d’inculcare nei suoi uditori tutta la dottrina cristiana, deve averla prima imparata bene lui stesso. Egli non deve semplicemente testimoniare la sua fede; egli deve comunicarne il contenuto. L’insegnamento da lui ricevuto in preparazione al Battesimo, alla Confermazione o alla Comunione, molto spesso non è sufficiente per una conoscenza esatta e profonda della fede da trasmettere. È indispensabile uno studio più sistematico. Di fatto, a volte, le circostanze hanno spinto i responsabili della catechesi a ricorrere alla collaborazione di persone di buona volontà, ma senza un’adeguata preparazione. Tali soluzioni generalmente sono deficitarie. Per assicurare l’avvenire di una solida catechesi è necessario affidare quest’opera a dei catechisti che hanno acquisito, mediante lo studio, la competenza dottrinale. Questa formazione dottrinale è tanto più necessaria in quanto il catechista vive in un mondo in cui si diffondono idee e teorie di ogni genere, spesso incompatibili con il messaggio cristiano. Egli deve essere in grado di reagire a quello che vede e sente, discernendo quello che può essere accolto da quello che deve essere respinto. Se ha assimilato bene la dottrina cristiana e ne ha ben compreso il significato, egli potrà insegnarla con fedeltà, pur conservando uno spirito aperto.


3. Pur richiedendo uno sforzo dell’intelligenza per la conoscenza della dottrina rivelata, la formazione dottrinale dev’essere nello stesso tempo un approfondimento della fede. La finalità essenziale della catechesi è la comunicazione della fede, ed è questa che deve guidare lo studio della dottrina. Uno studio che mettesse in discussione la fede o che introducesse dei dubbi sulla verità rivelata non potrebbe servire la catechesi. Lo sviluppo della scienza dottrinale si deve accordare con uno sviluppo della fede. Per questo gli istituti di formazione catechetica si devono considerare anzitutto come scuole della fede.

La responsabilità dei docenti di questi istituti è ancora più grande perché la loro dottrina avrà una molteplice ripercussione tramite i catechisti che essi formano. È la responsabilità di una fede che porta la propria testimonianza e che manifesta il suo ardore nel cercare il senso autentico di tutto quello che ci viene dato dalla rivelazione.

Inoltre, gli istituti di formazione catechetica hanno il compito di sviluppare, nei loro studenti, lo spirito missionario. La catechesi non può essere considerata una semplice attività professionale, poiché essa esiste per diffondere il messaggio di Cristo nel mondo, e a questo titolo essa è contemporaneamente vocazione e missione. Vocazione, perché c’è una chiamata di Cristo per coloro che vogliono dedicarsi a questo compito. Missione, perché fin dall’origine la catechesi si è instaurata nella Chiesa per adempiere l’ordine del Salvatore risorto: “Andate e ammaestrate tutte le nazioni . . .” (
Mt 28,19).

4. L’insegnamento della dottrina cristiana ha per obiettivo non una semplice conoscenza della verità, ma la diffusione della fede; esso tende a suscitare un’adesione dell’intelligenza e del cuore a Cristo e ad allargare la comunità cristiana. Deve quindi essere assunto come una missione della Chiesa e una missione per la Chiesa. I catechisti contribuiscono all’edificazione del corpo mistico di Cristo, alla sua crescita nella fede e nella carità.

Ci si attende questo spirito di missione non solo da parte di quei catechisti che esplicano la loro attività nei cosiddetti Paesi di missione, ma anche da tutti i catechisti della Chiesa, qualunque sia il luogo dove insegnano. Lo spirito di missione spinge il catechista a impegnare tutte le sue forze e i suoi talenti nell’insegnamento. Lo fa diventare più consapevole dell’importanza della sua opera e lo rende capace di affrontare meglio tutte le difficoltà con una maggiore fiducia nella grazia che lo sostiene.

Auspichiamo dunque che i progressi nella formazione dei catechisti favoriscano dappertutto lo sviluppo della Chiesa e della vita cristiana sulla base di quella fede sincera, convinta e coerente, alla quale mira la catechesi.

Ai fedeli di espressione francese

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Ai pellegrini di lingua inglese

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Ai fedeli di espressione tedesca

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Ai pellegrini giunti dalla Spagna e dall’America Latina


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Ai pellegrini polacchi

Ai pellegrini italiani

A tutti i gruppi e ai singoli pellegrini di lingua italiana esprimo il mio grato compiacimento per la loro partecipazione a questa udienza.

In special modo voglio ricordare i numerosi sacerdoti che in questi giorni stanno seguendo un seminario di studio sul tema “Scuola, Lavoro, Società”, promosso dal Movimento lavoratori dell’Azione cattolica italiana.
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Un cordiale pensiero va anche ai sacerdoti salesiani, maestri di noviziato, che sono riuniti a Roma per un corso di aggiornamento sulle Costituzioni rinnovate. A tutti i miei voti più cordiali, accompagnati dalla benedizione apostolica.

Ai giovani


Rivolgo un affettuoso saluto a tutti i gruppi giovanili e ai singoli giovani presenti a questo incontro; in particolare agli studenti del Liceo Scientifico Statale di Fano, con il sindaco della città, il loro preside, il vicepreside, i docenti, i genitori e il personale dell’Istituto.

So, carissimi, con quanto impegno spirituale vi siete preparati a questa giornata di comune letizia. A voi e a tutti i giovani porgo il mio augurio che approfondiate e realizziate nella vita il messaggio di Gesù, contenuto nella Sacra Scrittura e proclamato ogni giorno dalla Chiesa, in modo speciale in questo periodo liturgico della Quaresima.

Che la vostra giovinezza sia sempre illuminata dalla luce di Cristo!

Agli ammalati

Una speciale parola di saluto va ora a voi, fratelli ammalati qui presenti. Carissimi, in questo periodo di Quaresima cercate di far vostro l’invito dell’apostolo Paolo a “rivestirvi di nostro Signore Gesù” e a “conformarvi alla passione e morte di Cristo”, accettando la realtà del dolore sull’esempio di Gesù sofferente, come via alla gioia della risurrezione.

Procurate, pertanto, di corrispondere con generosità a questa vostra vocazione, basandola su una profonda fede cristiana e su un ardente amore a Cristo.

Sempre vi accompagni la mia confortatrice benedizione apostolica.

Agli sposi novelli

Ed a voi, sposi novelli, che in questi giorni avete consacrato il vostro vicendevole amore dinanzi a Dio e alla sua Chiesa nel sacramento del matrimonio, rivolgo l’augurio che la vostra nascente famiglia cristiana sa sempre un’operosa comunità di fede e di amore, nella mutua dedizione e fedeltà.

Per questa vostra missione prego il Signore e la Vergine Maria che vi benedicano e vi proteggano.




Catechesi 79-2005 13285