Catechesi 79-2005 11985

Mercoledì, 11 settembre 1985

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1. “Dio è spirito”: sono le parole pronunciate da nostro Signore Gesù Cristo durante il colloquio con la Samaritana presso il pozzo di Giacobbe, a Sicar.

Alla luce di tali parole continuiamo in questa catechesi a commentare la prima verità del simbolo di fede: “Credo in Dio”. facciamo riferimento in particolare all’insegnamento del Concilio Vaticano I nella costituzione Dei Filius, al capitolo primo: “Dio creatore di tutte le cose”. Questo Dio che ha rivelato se stesso, parlando “per mezzo dei profeti, e ultimamente . . . per mezzo del Figlio” (
He 1,1), essendo creatore del mondo si distingue in modo essenziale dal mondo, che ha creato”. Egli è l’eternità, come è stato esposto nella catechesi precedente, mentre tutto ciò che è creato è soggetto al tempo e contingente.

2. Poiché il Dio della nostra fede è l’eternità, egli è pienezza di vita, e come tale si distingue da tutto ciò che vive nel mondo visibile. Si tratta di una “vita” che va intesa nel senso altissimo che la parola ha quando riguarda il Dio che è spirito, puro spirito, tanto che, come insegna il Vaticano I, egli è immenso e invisibile. Non troviamo in lui nulla di misurabile secondo i criteri del mondo creato e visibile e del tempo che scandisce il fluire della vita dell’uomo, perché Dio è sopra la materia, è assolutamente “immateriale”, Tuttavia la “spiritualità” dell’Essere divino non si limita a quanto possiamo raggiungere secondo la via negativa: cioè solo all’immaterialità. Veniamo infatti a conoscere, mediante la via affermativa, che la spiritualità è un attributo dell’Essere divino, quando Gesù di Nazaret risponde alla Samaritana dicendo: “Dio è spirito” (Jn 4,24).

3. Il testo conciliare del Vaticano I, al quale ci riferiamo, afferma la dottrina su Dio, che la Chiesa professa e annuncia, con due asserzioni fondamentali: “Dio è un’unica sostanza spirituale, del tutto semplice e immutabile”; e ancora: “Dio è infinito per intelletto, volontà e ogni perfezione”.

La dottrina sulla spiritualità dell’Essere divino, trasmessa dalla rivelazione, è stata in questo testo chiaramente inscritta nella “terminologia dell’essere”. Lo si rivela nella formulazione: “sostanza spirituale”. La parola “sostanza” appartiene infatti al linguaggio della filosofia dell’essere. Il testo conciliare intende affermare con questa frase che Dio, il quale per la sua stessa Essenza si distingue da tutto il mondo creato, non è solo l’Essere sussistente, ma in quanto tale è anche Spirito sussistente. L’Essere divino è per propria essenza assolutamente spirituale.

4. Spiritualità significa intelletto e volontà libera. Dio è intelligenza, volontà e libertà in grado infinito, così come egli è anche ogni perfezione in grado infinito.

Questa verità su Dio ha molteplici conferme nei dati della rivelazione, che troviamo nella Sacra Scrittura e nella Tradizione. Per ora ci riferiamo solo ad alcune citazioni bibliche, che mettono in risalto l’intelligenza infinitamente perfetta dell’Essere divino. Alla libertà e alla volontà infinitamente perfetta di Dio dedicheremo le catechesi successive.

Viene in mente anzitutto la magnifica esclamazione di San Paolo nella Lettera ai Romani: “O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti, chi mai ha potuto conoscere il pensiero del Signore?” (Rm 11,33-34).

Le parole dell’apostolo risuonano come un’eco potente della dottrina dei libri sapienziali dell’Antico Testamento: “La sua (di Dio) sapienza non ha confini”, proclama il Salmo 146, 5. Alla sapienza di Dio è unita la sua grandezza: “Grande è il Signore e degno di ogni lode, la sua grandezza non si può misurare” (Ps 145,3). “Non c’è nulla da togliere e nulla da aggiungere; non è possibile indagare le meraviglie del Signore. Quando uno ha finito, allora comincia; quando si ferma, allora rimane perplesso” (Si 18,5-6). Di Dio il saggio può quindi affermare: “Egli, il grande, al di sopra di tutte le sue opere” (Si 43,28), e concludere: “Egli è tutto” (Si 43,27).

Mentre gli autori “sapienziali” parlano di Dio in terza persona: “lui”, il profeta Isaia passa alla prima: “io”. Egli fa dire a Dio, che lo ispira: “Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri” (Is 55,9).

5. Nei “pensieri” di Dio e nella sua “scienza e sapienza” si esprime l’infinita perfezione del suo Essere: mediante il suo intelletto assoluto Dio supera incomparabilmente tutto ciò che esiste al di fuori di lui. Nessuna creatura e in particolare nessun uomo può negare questa perfezione. “O uomo, tu chi sei per disputare con Dio? Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò: “Perché mi hai fatto così?”. Forse il vasaio non è padrone dell’argilla?” domanda San Paolo (Rm 9,20). Questo modo di pensare e di esprimersi è ereditato dall’Antico Testamento: simili domande e risposte si trovano in Isaia (cf. Is 29,15 Is 45,9-11) e nel libro di Giobbe (cf. Gb Jb 2,9-10 Jb 1,21). Il libro del Deuteronomio, a sua volta, proclama; “Date gloria al nostro Dio! Egli è la roccia; perfetta è l’opera sua; tutte le sue vie sono giustizia; è un Dio verace e senza malizia; egli è giusto e retto” (Dt 32,3-4). La lode dell’infinita perfezione di Dio non è solo confessione della sapienza, ma anche della sua giustizia e rettitudine cioè della sua perfezione morale.

6. Nel discorso della montagna Gesù Cristo esorta: “Siate dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,43). Questa chiamata è un invito a confessare: Dio è perfetto! È “infinitamente perfetto” (Conc. Vat. I, Denz.-S. DS 3001).

L’infinita perfezione di Dio è costantemente presente nell’insegnamento di Gesù Cristo. Colui che disse alla Samaritana: “Dio è spirito . . . bisogna che i veri adoratori lo adorino in spirito e verità . . .” (Jn 4,23-24), si è espresso in modo molto significativo quando rispose al giovane che si era rivolto a lui con le parole: “Maestro buono . . .”, dicendo: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono se non Dio solo . . .” (Mc 10,17-18).

7. Solo Dio è buono e della bontà possiede la perfezione infinita. Dio è la pienezza d’ogni bene. Così come egli “è” tutta la pienezza dell’essere, allo stesso modo “è buono” di tutta la pienezza del bene, Questa pienezza di bene corrisponde all’infinita perfezione della sua volontà, così come all’infinita perfezione del suo intelletto e della sua intelligenza corrisponde l’assoluta pienezza della verità, in lui sussistente in quanto conosciuta dal suo intelletto come identica al suo conoscere e essere. Dio è spirito infinitamente perfetto, per cui coloro che lo hanno conosciuto diventano suoi veri adoratori: lo adorano in spirito e verità.

Dio, questo bene infinito che è assoluta pienezza di verità . . . “est diffusivum sui” (S. Tommaso, Summa theologiae, I 5,4, ad 2). Anche per questo Dio ha rivelato se stesso: la rivelazione è il bene stesso che si comunica come verità.

Questo Dio che ha rivelato se stesso, desidera in modo ineffabile e incomparabile comunicarsi, donarsi! È questo il Dio dell’alleanza e della grazia.

Ai pellegrini di espressione francese

Ai fedeli di lingua inglese

Ai fedeli di lingua tedesca

Ai fedeli di espressione spagnola

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Ai pellegrini giunti dalla Polonia

Ad un pellegrinaggio della diocesi di Peecz (Ungheria)

Saluto con affetto i pellegrini ungheresi qui a Roma.

Siate sempre fedeli alla Chiesa e alle vostre antiche tradizioni cristiane.

La mia benedizione apostolica do a voi e al diletto popolo ungherese.

Ai fedeli ucraini

Saluto cordialmente i pellegrini ucraini, sacerdoti e fedeli, dall’Europa, Canada e Stati Uniti d’America, che sono venuti a Roma in occasione del primo anniversario della morte del Cardinale Josyf Slipyi di venerata memoria, Arcivescovo Maggiore di Leopoli. Di tutto cuore imparto a tutti la mia benedizione apostolica.

A gruppi italiani

Desidero rivolgere un particolare saluto ai partecipanti al Congresso Internazionale di Oncologia ginecologica che si sta svolgendo in questi giorni a Roma sul tema della metastasi linfatica dei tumori maligni in ginecologia.

Siate i benvenuti, carissimi medici. Porgo volentieri a voi l’augurio che questo importante incontro su un tema dolorosamente attuale sia proficuo e rechi un utile contributo alla conoscenza e allo sviluppo dei nuovi metodi di terapia in questo campo. Voi conoscete l’ampia incidenza che i tumori hanno nella nostra epoca e come essi siano spesso infausta causa di sofferenza.

Benedico di nuovo il vostro lavoro, come benedico tutti coloro che, come voi, operano per mettere la scienza medica a servizio del bene della persona umana e delle famiglie. La provvidenza di Dio vi assista nella vostra ricerca, doni frutti confortanti alla vostra esperienza e apra il cuore di tutti, quello vostro come quello dei pazienti, alla speranza.
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Saluto poi i pellegrini della parrocchia di Santa Maria a Serravalle di Guidonia, qui convenuti sotto la guida del parroco per ricambiare la visita pastorale che ho loro fatto il 5 maggio scorso.

Vi ringrazio, e vi ripeto quanto allora vi ho detto: costruite sempre di più gli spazi spirituali della vostra comunità: l’apostolato, l’entusiasmo, la vita cristiana. Così sarà efficace la vostra testimonianza nella città che si espande. A tutti la mia benedizione.
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Saluto ora il pellegrinaggio della parrocchia di San Pio X di Le Fonti di Prato. Carissimi, siete convenuti qui a celebrare solennemente il 150° anniversario della nascita del vostro santo patrono.

Vi benedico tutti, come volentieri benedico la statua del titolare della vostra chiesa, che avete recato qui con voi.

Ai giovani

Saluto inoltre con grande affetto i giovani qui presenti. Sono molto lieto della vostra presenza, che dimostra la vostra fede cristiana e anche il vostro amore per il Papa! Il Signore premi questo gesto di fedeltà e di testimonianza, facendovi sentire sempre di più quanto è consolante, illuminante e costruttivo il messaggio del Vangelo. È questa una settimana eminentemente dedicata alla Madonna: abbiamo festeggiato il ricordo della sua natività; abbiamo fermato la nostra attenzione sul suo nome, che ogni giorno con confidenza invochiamo; e ci prepariamo a meditare sulle sue sofferenze di Madre Addolorata. Auspico di cuore che Maria santissima sia sempre presente anche nella vostra vita come guida nel cammino verso il cielo.

Agli ammalati

A voi, cari malati, e a coloro che vi amano e vi accompagnano rivolgo il mio saluto con particolare affetto, mentre penso alla vostra fede forte e confidente. Invoco per voi in modo speciale l’aiuto della Madonna Addolorata, che tra pochi giorni ricorderemo nella preghiera e nella meditazione. Maria santissima, che appunto perché Madre di Cristo redentore conobbe il mistero della croce, vi assista sempre, dandovi le consolazioni della grazia divina, che vi confortino nella vostra missione. Maria, salute degli infermi, consolatrice degli afflitti, sia per voi anche causa di intima letizia, sostenendovi nel compiere la volontà del Signore. Di gran cuore vi imparto la mia propiziatrice benedizione.

Agli sposi novelli

Il mio pensiero e la mia parola di saluto e di augurio giunga infine a voi, cari sposi novelli. Nell’atmosfera di intensa spiritualità “mariana” propria di questa settimana di settembre, vi esorto ad invocare con grande fiducia il nome di Maria, non solo all’inizio della vostra nuova vita, ma in tutti i giorni della vostra esperienza e maturazione coniugale e familiare. Il matrimonio non è un rischio - come afferma la mentalità mondana e moderna - ma il luogo normale, voluto da Dio, per realizzare la felicità, pur in mezzo a fatiche e a difficoltà. La vostra preghiera alla Vergine santissima vi mantenga uniti, sereni, comprensivi, coraggiosi, in modo da sentire e da donare la gioia che proviene dall’incontro e dall’amicizia con Cristo. La mia benedizione vi accompagni sempre.



Mercoledì, 18 settembre 1985: Dio: Padre Onnipotente,

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1. “Credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra . . .”.

Dio che ha rivelato se stesso, il Dio della nostra fede, è spirito infinitamente perfetto. Di questo si è parlato nella catechesi precedente. In quanto spirito infinitamente perfetto egli è pienezza assoluta di verità e di bene, e desidera donarsi. Il bene infatti si diffonde: “Bonum est diffusivum sui” (S. Tommaso, Summa theologiae,
I 5,4, ad 2).

Questa verità su Dio visto come infinita pienezza di bene viene recepita in un certo senso nei simboli della fede mediante l’affermazione che Dio è il Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Anche se della verità sulla creazione ci occuperemo un po’ più avanti, è opportuno che approfondiamo alla luce della rivelazione ciò che in Dio corrisponde al mistero della creazione.

2. Dio, che la Chiesa professa onnipotente (“credo in Dio, Padre onnipotente”), in quanto spirito infinitamente perfetto è anche onnisciente, cioè che penetra tutto con la sua conoscenza.

Questo Dio onnipotente e onnisciente ha la potenza di creare, di chiamare dal non-essere, dal nulla, all’essere. “C’è forse qualcosa impossibile per il Signore?”, leggiamo in Gen Gn 18,14.

“Prevalere con la forza ti è sempre possibile; chi potrà opporsi al potere del tuo braccio?”, annunzia il libro della Sapienza (Sg 11,21). La stessa fede professa il libro di Ester con le parole: “Signore re, sovrano dell’universo, tutte le cose sono sottoposte al tuo potere e nessuno può opporsi a te” (Est 4,17). “Nulla è impossibile a Dio (Lc 1,37), dirà l’arcangelo Gabriele a Maria di Nazaret nell’annunciazione.

3. Il Dio, che rivela se stesso per bocca dei profeti, è onnipotente. Questa verità pervade profondamente l’intera rivelazione, a partire dalle prime parole del libro della Genesi: “Dio disse: «Sia . . .»” (Gn 1,3). L’atto creativo si manifesta come l’onnipotente parola di Dio: “Egli parla e tutto è fatto . . .” (Ps 33,9). Creando tutto dal nulla, l’essere dal non-essere, Dio si rivela come infinita pienezza di bene, che si diffonde. Colui che è, l’Essere sussistente, l’Essere infinitamente perfetto, in un certo senso si dona in quell’“è”, chiamando all’esistenza al di fuori di sé il cosmo visibile e invisibile: gli esseri creati. Creando le cose dà inizio alla storia dell’universo, creando l’uomo come maschio e femmina dà inizio alla storia dell’umanità. Come Creatore è dunque il Signore della storia. “Vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti” (1Co 12,6).

4. Il Dio che rivela se stesso come Creatore, e dunque come Signore della storia del mondo e dell’uomo, è il Dio onnipotente, il Dio vivo . . . “La Chiesa crede e confessa che esiste un unico Dio vivo e vero, creatore e Signore del cielo e della terra, onnipotente”, afferma il Vaticano I (Denz.-S. DS 3001). Questo Dio, spirito infinitamente perfetto e onnisciente è assolutamente libero e sovrano anche riguardo allo stesso atto della creazione. Se egli è il Signore di tutto ciò che crea, prima di tutto è Signore della propria volontà nell’opera della creazione. Crea perché vuole creare. Crea perché ciò corrisponde alla sua infinita sapienza. Creando agisce con l’inscrutabile pienezza della sua libertà, per impulso di amore eterno.

5. Il testo della costituzione Dei Filius del Vaticano I più volte citato, sottolinea l’assoluta libertà di Dio nella creazione e in ogni sua azione. Dio è “in sé e da sé beatissimo”: ha in se stesso e da sé la totale pienezza del bene e della felicità. Se chiama all’esistenza il mondo, lo fa non per completare o integrare il bene che lui è, ma soltanto ed esclusivamente allo scopo di elargire il bene di un’esistenza multiforme al mondo delle creature invisibili e visibili. È una partecipazione molteplice e varia dell’unico, infinito, eterno bene, che coincide con l’Essere stesso di Dio.

In questo modo Dio, assolutamente libero e sovrano nell’opera della creazione, rimane fondamentalmente indipendente dall’universo creato. Ciò in nessun modo significa che egli resti indifferente nei riguardi delle creature; egli invece le guida come eterna sapienza, amore e provvidenza onnipotente.

6. La Sacra Scrittura mette in risalto il fatto che in quest’opera Dio è solo. Ecco le parole del profeta Isaia: “Sono io, il Signore, che ho fatto tutto, che ho spiegato i cieli da solo, ho disteso la terra; chi era con me?” (Is 44,24). Dalla “solitudine” di Dio nell’opera della creazione risaltano la sua sovrana libertà e la sua paterna onnipotenza.

“Il Dio che ha plasmato e creato la terra e l’ha resa stabile; l’ha creata non come orrida regione, ma l’ha plasmata perché fosse abitata” (Is 45,18). Alla luce dell’autorivelazione di Dio, che ha “parlato per mezzo dei profeti e ultimamente . . . per mezzo del Figlio” (He 1,1-2), la Chiesa confessa sin dall’inizio la sua fede nel “Padre onnipotente”, creatore del cielo e della terra, “di tutte le cose visibili e invisibili”. Questo Dio onnipotente è anche onnisciente e onnipresente. O ancor meglio bisognerebbe dire che, in quanto spirito infinitamente perfetto, Dio è contemporaneamente l’onnipotenza, l’onniscienza e l’onnipresenza stessa.

7. Dio è prima di tutto presente a sé: nella sua divinità una e trina. Egli è anche presente nell’universo che ha creato; lo è in conseguenza dell’opera della creazione mediante la potenza creatrice (“per potentiam”), nella quale si rende presente la sua stessa essenza trascendente (“per essentiam”). Questa presenza supera il mondo, lo penetra e lo mantiene nell’esistenza. Lo stesso si può ripetere della presenza di Dio mediante la sua conoscenza, come sguardo infinito che tutto vede, penetra e scruta (“per visionem”, o “per scientiam”). Dio è infine presente in modo particolare nella storia dell’umanità, che è anche la storia della salvezza. Questa è (se ci si può esprimere così) la presenza più “personale” di Dio: la sua presenza mediante la grazia, la cui pienezza l’umanità ha ricevuto in Gesù Cristo (cf. Jn 1,16-17). Di quest’ultimo mistero della fede parleremo in una prossima catechesi.

8. “Signore, tu mi scruti e mi conosci . . .” (Ps 139,1).

Mentre ripetiamo le parole ispirate di questo salmo, confessiamo insieme con tutto il popolo di Dio presente in ogni parte del mondo, la fede nell’onnipotenza, onniscienza e onnipresenza di Dio, che è nostro Creatore, Padre e Provvidenza! “In lui . . . viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (Ac 17,28).

Ai pellegrini di lingua francese

Ai fedeli di lingua inglese

Ai fedeli di lingua tedesca

Ai fedeli di lingua spagnola

Ai fedeli provenienti dalla Polonia

Ai partecipanti a un convegno promosso dall’Associazione Cattolica Operatori Sanitari

Una parola di saluto e di benvenuto cordiale ai responsabili dell’Associazione cattolica Operatori sanitari, riuniti a Roma, da diverse parti d’Italia, per un convegno, che ha lo scopo di approfondire i loro compiti nei confronti dell’Associazione, affinché essa sia sempre una persona viva negli ambienti sanitari.

Carissimi, auspico che il Signore vi conceda sempre sentimenti di evangelica umanità e che viviate dell’autentica spiritualità che Cristo dona, rendendo delicato il cuore e attento lo spirito per alleviare il dono di chi soffre.

Volentieri vi imparto la benedizione apostolica.

Ai giovani

Carissimi giovani! In questi giorni per la maggior parte di voi sono iniziate o iniziano le scuole. La scuola è uno dei momenti e luoghi privilegiati in cui si mette a buon frutto quella specifica “ricchezza” dell’uomo che è l’età giovanile. Nella scuola la giovinezza diviene tempo di scoperta intensa e organica del mondo che ci circonda e dell’io umano che vi riguarda, delle sue proprietà come delle capacità ad esso unite (Giovanni Paolo II, Epistula Apostolica ad iuvenes, Internationali vertente Anno Iuventuti dicato, 3, 31 marzo 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII/1 [1985] 760ss.).

Utilizzate bene il tempo prezioso della scuola per prepararvi con serietà alla vita, mediante una formazione non solo intellettuale, ma anche morale e religiosa.

I giovani della parrocchia di Maggianico, nella diocesi di Milano, mi hanno chiesto di accendere una fiaccola per una marcia della fede. Lo faccio ben volentieri, carissimi giovani, e mi unisco così alla vostra festa, con la sincera convinzione che molto può contribuire per la vostra formazione l’opera di un Oratorio diretto con intelligenza e zelo.

Di cuore vi benedico tutti.

Agli ammalati

Carissimi malati! Il cuore del Papa vi è sempre vicino in modo speciale, voi lo sapete bene. Anche questa mattina voglio rivolgere un pensiero particolarmente affettuoso. Quando si è malati e si soffre, anche quello che sarebbe stato un periodo di meritato riposo e di vacanza, si avverte assai poco. Ma così ha permesso il Signore per i suoi piani di misericordia. Vi sia di consolazione questo pensiero. Offrite volentieri quella sofferenza che, forse inaspettatamente, vi è giunta. Il Signore vuole associarvi alla sua opera di redenzione. Vi accompagni e vi sostenga la mia benedizione.

Agli sposi novelli

Carissimi sposi novelli, a voi il mio benvenuto e il mio cordiale saluto! Mi piace immaginare che le recenti vacanze siano state, almeno per molti di voi, un tocco di ulteriore dolcezza alla gioia dell’affetto fecondo e indissolubile che avete recentemente consacrato alla presenza del Signore e per opera della sua grazia. Siategli dunque riconoscenti, perché tutto ciò è dono suo! Corrispondete in pienezza a questi doni, donategli con gioia tutte le forze, tutta quella vitalità che attualmente vi concede; da lui, che è il Signore della vita, attingete continuamente, nell’obbedienza alla sua legge, per l’espansione e il trionfo della vita!

Con la mia benedizione.




Mercoledì, 25 settembre 1985

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1. Nelle nostre catechesi cerchiamo di rispondere in modo progressivo alla domanda: chi è Dio? Si tratta di una risposta autentica, perché fondata sulla parola dell’autorivelazione divina. Questa risposta è caratterizzata dalla certezza della fede, ma anche dalla convinzione dell’intelletto illuminato dalla fede. Facciamo infatti riferimento alla Sacra Scrittura, alla tradizione e al magistero della Chiesa, cioè al suo insegnamento, straordinario e ordinario.

2. Ritorniamo ancora una volta ai piedi del monte Oreb, dove Mosè che pascolava il gregge udì dal mezzo del roveto ardente la voce che diceva: “Togliti i sandali dai piedi perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa” (
Ex 3,5). La voce continuò: “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, di Isacco, il Dio di Giacobbe”. È quindi il Dio dei padri che invia Mosè a liberare il suo popolo dalla schiavitù egizia.

Sappiamo che dopo aver ricevuto questa missione, Mosè chiede a Dio il suo nome. E riceve la risposta: “Io sono colui che sono”. Nella tradizione esegetica, teologica e magisteriale della Chiesa, che è stata ripresa anche da Paolo VI nel “Credo del popolo di Dio” (1968), questa risposta è interpretata quale rivelazione di Dio come l’“essere”.

Nella risposta data da Dio: “Io sono colui che sono” alla luce della storia della salvezza si può leggere un’idea di lui più ricca e più precisa. Inviando Mosè in forza di questo nome, Dio - Jahvè - si rivela soprattutto come il Dio dell’alleanza: “Sono colui che sono per voi”; sono qui come Dio desideroso dell’alleanza e della salvezza, come il Dio che vi ama e vi salva. Questa chiave di lettura presenta Dio come un essere che è persona e si autorivela a delle persone, che tratta come tali. Dio, già creando il mondo, è in certo qual senso uscito dalla propria “solitudine”, per comunicare se stesso, aprendosi verso il mondo e specialmente verso gli uomini creati a sua immagine e somiglianza (cf. Gn 1,26). Nella rivelazione del nome “Io sono colui che sono” (Jahvè) sembra risaltare soprattutto la verità che Dio è l’essere-persona che conosce, ama, attira a sé gli uomini, il Dio dell’alleanza.

3. Nel colloquio con Mosè Dio prepara una nuova tappa dell’alleanza con gli uomini, una nuova tappa della storia della salvezza. L’iniziativa del Dio dell’alleanza scandisce infatti la storia della salvezza attraverso numerosi avvenimenti, come rivela la IV preghiera eucaristica con le parole: “Molte volte hai offerto agli uomini la tua alleanza”.

Conversando con Mosè ai piedi del monte Oreb, Dio - Jahvè - si presenta come “il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe”, il Dio cioè che aveva già stretto un’alleanza con Abramo (cf. Gn 17,1-14) e con i suoi discendenti, i patriarchi, capostipiti del popolo eletto, che è divenuto il popolo di Dio.

4. Tuttavia le iniziative del Dio dell’alleanza risalgono ad ancor prima di Abramo. Il libro della Genesi registra l’alleanza con Noè dopo il diluvio (cf. Gn 9,1-17). Si può anche parlare dell’alleanza originaria prima del peccato originale (cf. Gn 2,15-17). Possiamo affermare che l’iniziativa del Dio dell’alleanza pone fin dal principio la storia dell’uomo nella prospettiva della salvezza. La salvezza è comunione di vita senza fine con Dio, il cui simbolo era rappresentato nel paradiso terrestre dall’“albero della vita” (cf. Gn 2,9). Tutte le alleanze strette dopo il peccato originale confermano da parte di Dio la stessa volontà di salvezza. Il Dio dell’alleanza è il Dio “che si dona” all’uomo in modo misterioso: il Dio della rivelazione e il Dio della grazia. Egli non solo si fa conoscere dall’uomo, ma lo rende partecipe della sua natura divina (2P 1,4).

5. L’alleanza raggiunge la sua tappa definitiva in Gesù Cristo: la “nuova” ed “eterna alleanza” (He 12,24 He 13,20). Essa testimonia la totale originalità di quella verità su Dio che noi professiamo nel “Credo” cristiano. Nell’antichità pagana la divinità era piuttosto l’oggetto dell’aspirazione dell’uomo. La rivelazione dell’Antico e ancor più del Nuovo Testamento mostra Dio che cerca l’uomo, che si avvicina a lui. È Dio che vuole stringere l’alleanza con l’uomo: “Sarò vostro Dio e voi sarete il mio popolo” (Lv 26,12); “Sarò loro Dio ed essi saranno il mio popolo” (2Co 6,16).

6. L’alleanza è, al pari della creazione, un’iniziativa divina completamente libera e sovrana. Essa svela in modo ancor più eminente l’importanza e il senso della creazione nelle profondità della libertà di Dio. La sapienza e l’amore che guidano la libertà trascendente del Dio-creatore risaltano ancora maggiormente nella trascendente libertà del Dio dell’alleanza.

7. Bisogna ancora aggiungere che se mediante l’alleanza, specie quella piena e definitiva in Gesù Cristo, Dio diventa in certo qual modo immanente nei riguardi del mondo, egli conserva tutta quanta la propria trascendenza. Il Dio incarnato, e ancor più il Dio crocifisso, non solo rimane un Dio incomprensibile e ineffabile, ma anzi diventa per noi ancor più incomprensibile e ineffabile proprio in quanto si manifesta come Dio di un infinito, imperscrutabile amore.

8. Non voglio anticipare temi che costituiranno l’oggetto delle future catechesi. Torniamo di nuovo a Mosè. La rivelazione del nome di Dio ai piedi del monte Oreb preparava quella tappa dell’alleanza che il Dio dei padri avrebbe stretto con il suo popolo sul Sinai. In essa viene messo in risalto in modo forte ed espressivo il senso monoteista del “Credo” basato sull’alleanza: “Credo in un solo Dio!”: Dio è uno, è unico.

Ecco le parole del libro dell’Esodo: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal Paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dèi di fronte a me” (Ex 20,2-3). Nel Deuteronomio troviamo la formula fondamentale del “Credo” veterotestamentario espresso con le parole: “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo” (Dt 6,4 cf. Dt 4,39-40).

Isaia darà a questo “Credo” monoteista dell’Antico Testamento una magnifica espressione profetica: “Voi siete miei testimoni - oracolo del Signore - miei servi, che io mi sono scelto perché mi conosciate e crediate in me e comprendiate chi sono io. Prima di me non fu formato alcun Dio né dopo di me ce ne sarà. Io, io sono il Signore, fuori di me non v’è salvatore . . . Voi siete miei testimoni - oracolo del Signore - e io sono Dio, sempre il medesimo dall’eternità” (Is 43,10-13). “Volgetevi a me e sarete salvi, paesi tutti della terra, perché io sono Dio; non c’è n’è un altro” (Is 45,22).

9. Questa verità sull’unico Dio costituisce il deposito fondamentale dei due Testamenti. Nella nuova alleanza lo esprime per esempio San Paolo con le parole: “Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti” (Ep 4,6). Ed è sempre Paolo, il quale combatteva il politeismo pagano (cf. Rm 1,23 Ga 3,8), con ardore non minore di quello presente nell’Antico Testamento, che con pari fermezza proclama che questo unico vero Dio “è Dio di tutti, sia dei circoncisi sia dei non circoncisi, sia dei giudei sia dei pagani” (cf. Rm 3,29-30). La rivelazione di un solo vero Dio, data nell’antica alleanza al popolo eletto di Israele, era destinata all’umanità intera, che nel monoteismo avrebbe trovato l’espressione della convinzione a cui l’uomo può pervenire anche col lume della ragione: perché se Dio è l’essere perfetto, infinito, sussistente, non può essere che uno. Nella nuova alleanza, per opera di Gesù Cristo, la verità rivelata nell’Antico Testamento è divenuta la fede della Chiesa universale, che confessa: “Credo in un solo Dio”.

Al gruppo di lingua inglese

Ai fedeli di espressione tedesca

Ai pellegrini spagnoli

Ai fedeli di espressione portoghese

Ai pellegrini polacchi

Ad un gruppo di fedeli ungheresi

Sia lodato Gesù Cristo!

Siate sempre fedeli alla sede di san Paietro. Con la mia benedizione apostolica.

A gruppi italiani

Un cordiale saluto desidero rivolgere al parroco, al viceparroco, ai collaboratori e ai fedeli della parrocchia romana di San Policarpo, che celebrano in questi giorni in 25° anniversario di fondazione della parrocchia.

Carissimi! La vostra gioia per questa ricorrenza, così significativa per la vita spirituale della vostra comunità, sia un ulteriore sprone per un rinnovato impegno a continuare con entusiasmo e generosità quel cammino di fede, che viene alimentato e confortato dal religioso ascolto della parola di Dio, dalla ricezione dei sacramenti, in particolare la Riconciliazione e l’Eucaristia, e dalla vicendevole, operosa carità.

A voi tutti il mio sincero compiacimento per le varie ed efficaci iniziative catechistiche che coinvolgono i fedeli nelle varie età, e l’incoraggiamento della mia benedizione apostolica. Ai giovani Penso volentieri al patrimonio di ricchezze spirituali che voi state utilizzando nella vostra età per giungere a una piena realizzazione di voi stessi. La giovinezza è l’età delle esperienze costruttive, in cui dovete operare in voi stessi una crescita, un’autentica promozione del vostro essere. Ciò avverrà se saprete riconoscere e affermare il primato dei valori morali e religiosi. Siate consapevoli di questo, e cercate di cogliere il senso della vostra vocazione alla luce della parola di Dio e del modello di Gesù Cristo. Vi benedico tutti di cuore.

Agli ammalati

Cristo ha offerto se stesso come vittima sul Calvario, perché in questo mondo non c’è redenzione senza sacrificio (He 9,22). Il sacrificio di Gesù riguarda anche ciascuno di voi. Voi potete trovare nell’Eucaristia la possibilità di dare al calvario quotidiano della vostra sofferenza il valore di un’offerta redentrice. Imparate a unirvi spiritualmente ad ogni celebrazione eucaristica, vicina o lontana che sia dai luoghi in cui vi trovate, per congiungere sempre al sacrificio di Cristo ogni vostra pena. Vi conforti la mia benedizione.

Agli sposi novelli

Un saluto e un augurio per la felicità delle loro nuove famiglie. Fate in modo che la vostra casa divenga un centro di vita cristiana, dove ci si nutre della parola di Dio e dove cresce la gioia di credere, di pregare, di professare a Cristo un amore forte e capace di portare con lui le responsabilità della vita. A tutti voi la mia benedizione apostolica.
Preghiera per il Messico terremotato


All’attenzione della nostra preghiera di oggi si deve aggiungere anche quella per i nostri fratelli e sorelle del Messico, tanto vicini al nostro cuore, ai quali questo immenso, tragico terremoto ha portato tante vittime, tante distruzioni. Facciamoci vicini nella preghiera a questi nostri fratelli e sorelle, innalzando la nostra voce al Padre che è nel cielo e pregando anche la Madonna che è tanto amata e venerata da quel popolo: la Madonna di Guadalupe. Preghiamo questa Madre dei popoli del Messico, dell’America centrale, dell’America Latina, di tutte e due le Americhe; preghiamolo in questi giorni difficili per il Messico.

Appello affinché cessi la guerra tra Iran e Iraq


Tra l’indifferenza generale si è compiuto da qualche giorno il quinto anno della sanguinosa guerra tra Iraq e Iran. Dal cuore dei popoli sofferenti delle due care nazioni giunge, sempre più pressante, una richiesta di aiuto e di solidarietà.

In quella regione la guerra sembra diventata, paradossalmente, un modo di vita: i bambini nascono in un clima di ostilità e di odio, i giovani crescono in un ambiente segnato dal conflitto, innumerevoli famiglie piangono la morte dei figli o sono angosciate per il futuro che li attende.

A nessuno sfugge la gravità di un conflitto che coinvolge due Paesi di antiche tradizioni di civiltà, eredi di alti valori spirituali, i quali si danno reciprocamente morte e distruzione, compromettendo in misura incalcolabile l’avvenire delle nuove generazioni.

Non posso non elevare nuovamente la mia voce, unendola a quella di tutti coloro che, in passato, si sono adoprati per favorire la cessazione dalle ostilità e l’inizio di un negoziato di pace, in favore delle popolazioni che soffrono. Rivolgo un accorato appello a quanti hanno a cuore la dignità dell’uomo e le sorti della pace, affinché non risparmino alcuno sforzo e non desistano dal ricercare ogni possibile iniziativa per aiutare efficacemente le parti in guerra a imboccare la via della pace.

Rinnovo alle popolazioni irachena e iraniana l’espressione fraterna della solidarietà e vi invito ad associarvi alla preghiera, che rivolgo a Dio onnipotente, Padre di tutti gli uomini: perché abbia misericordia per le vittime, dia conforto a quanti sono feriti nel corpo e nell’animo e illumini i responsabili, affinché pongano fine alle distruzioni e ritrovino la concordia necessaria per la ricostruzione materiale e morale dei loro Paesi.





Catechesi 79-2005 11985