Catechesi 79-2005 27488

Mercoledì, 27 aprile 1988

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1. “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al Vangelo” (
Mc 1,15). Gesù Cristo è stato mandato dal Padre “per annunziare ai poveri un lieto messaggio” (Lc 4,18). È stato, e rimane, il primo messaggero del Padre, il primo evangelizzatore, come abbiamo detto nella precedente catechesi con le stesse parole di Paolo VI nella Evangelii Nuntiandi. Anzi, Gesù è non solo l’annunziatore del Vangelo, della Buona novella, ma egli stesso è il Vangelo (cf. Pauli VI Evangelii Nuntiandi EN 7).

Infatti in tutto l’insieme della sua missione, per mezzo di tutto ciò che fa e che insegna, e infine mediante la sua croce e risurrezione. Egli “svela l’uomo all’uomo” (cf. Gaudium et Spes GS 22), e gli scopre le prospettive di quella felicità, alla quale Dio lo ha chiamato e destinato sin dall’inizio. Il messaggio delle beatitudini riassume il programma di vita proposto a chi vuol seguire la divina chiamata, è la sintesi di tutto l’èthos evangelico legato al mistero della redenzione.

2. La missione di Cristo consiste anzitutto nella rivelazione della Buona novella (Vangelo) rivolta all’uomo. Mira dunque all’uomo e in questo senso si può dire “antropocentrica”: ma nello stesso tempo è radicata profondamente nella verità del Regno di Dio, nell’annuncio della sua venuta e della sua vicinanza “Il Regno di Dio è vicino . . . credete al Vangelo” (Mc 1,15).

Questo è dunque “il Vangelo del Regno”, il cui riferimento all’uomo, visibile in tutta la missione di Cristo, è radicato in una dimensione “teocentrica”, il cui nome è appunto quello di Regno di Dio. Gesù annuncia il Vangelo di questo Regno, e nello stesso tempo egli realizza il Regno di Dio in tutto lo svolgimento della sua missione, per la quale il Regno nasce e si sviluppa già nel tempo, come germe inserito nella storia dell’uomo e del mondo. Questa realizzazione del Regno avviene mediante la parola del Vangelo e l’intera vita terrena del Figlio dell’uomo, coronata nel mistero pasquale con la croce e la risurrezione. Infatti con la sua “obbedienza fino alla morte” (cf. Ph 2,8) Gesù ha dato inizio ad una nuova fase dell’economia della salvezza, il cui processo si concluderà quando Dio sarà “tutto in tutti” (1Co 15,28), sicché il Regno di Dio veramente ha cominciato a realizzarsi nella storia dell’uomo e del mondo, anche se nel corso terreno della vita umana si incontra e scontra continuamente con l’altro termine fondamentale della dialettica storica:. la “disobbedienza del primo Adamo”, che ha sottomesso il suo spirito al “principe del mondo” (cf. Rm 5,19 Jn 14,30).

3. Tocchiamo qui il problema centrale e quasi il punto critico della attuazione della missione di Cristo - Figlio di Dio - nella storia: questione sulla quale occorrerà ritornare in una tappa successiva nella nostra catechesi. Se in Cristo il Regno di Dio “è vicino” e anzi presente, in modo definitivo nella storia dell’uomo e del mondo, nello stesso tempo il suo compimento continua ad appartenere al futuro. E perciò Gesù ci comanda di pregare il Padre “Venga il tuo Regno” (Mt 6,10).

4. Bisogna avere presente questa questione mentre stiamo occupandoci del Vangelo di Cristo come “buon annuncio” del Regno di Dio. Questo era il tema “guida” dell’annuncio di Gesù che parla del Regno di Dio soprattutto nelle sue numerose parabole. Particolarmente significativa è quella che ci presenta il Regno di Dio simile al seme, che il seminatore semina nella terra da lui coltivata (cf. Mt 13,3-9). Il seme è destinato “a produrre frutto”, per una sua virtù interna, senza dubbio, ma il frutto dipende anche dalla terra nella quale è caduto (cf. Mt 13,19-23).

5. Un’altra volta Gesù paragonava il Regno di Dio (il “Regno dei cieli” secondo Matteo) ad un granello di senape che “è il più piccolo di tutti i semi”, ma una volta cresciuto diventa un albero fronzuto, sui cui rami trovano rifugio gli uccelli dell’aria (cf. Mt 13,31-32). E ancora paragona la crescita del Regno di Dio al “lievito” che fermenta la farina perché si trasformi in pane che serva come cibo per gli uomini (cf. Mt 13,33). Tuttavia al problema della crescita del Regno di Dio nel terreno che è questo mondo, Gesù dedica anche un’altra parabola, quella del buon grano e della zizzania sparsa dal “nemico” sul campo seminato con buon grano (cf. Mt 13,24-30) così sul campo del mondo il bene e il male, simboleggiati dal grano e dalla zizzania, crescono insieme “fino alla mietitura”, cioè fino al giorno del giudizio divino: altra significativa allusione alla prospettiva escatologica della storia umana. In ogni caso ci fa sapere che la crescita del seme, quale è la “parola di Dio”, è condizionata dal come essa verrà accolta nel campo dei cuori umani: da questo dipende se produce frutto e rende “ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta” (cf. Mt 13,23) secondo le disposizioni e la corrispondenza di coloro che la ricevono.

6. Nel suo annuncio del Regno di Dio, Gesù ci fa pure sapere che esso non è destinato ad una sola nazione o al solo “popolo eletto”, perché “dall’oriente e dall’occidente” devono entrarvi molti per “sedersi a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe” (cf. Mt 8,11). Esso infatti non è un regno in senso temporale e politico. Esso non è “di questo mondo” (cf. Jn 18,36) benché sia stato innestato in mezzo a “questo mondo” e qui debba svilupparsi e crescere. Per questo Gesù si allontana dalla folla che voleva farlo re (“Ma Gesù sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna tutto solo” (cf. Jn 6,15). E alla vigilia della sua passione, nel cenacolo egli prega il Padre di concedere ai discepoli di vivere secondo quella stessa concezione del Regno di Dio: “Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo” (cf. Jn 17,15-16) E ancora: secondo l’insegnamento e la preghiera di Gesù, il Regno di Dio deve crescere nei cuori dei discepoli “in questo mondo”, però esso si compirà nel mondo futuro: “quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria . . . E saranno riunite davanti a lui tutte le genti” (Mt 25,31-32). Sempre in una prospettiva escatologica!

7. Possiamo completare la nozione del Regno di Dio annunciato da Gesù, sottolineando che esso è il Regno del Padre, al quale Gesù ci insegna a rivolgerci con la preghiera per ottenerne l’avvento: “Venga il tuo Regno” (Mt 6,10 Lc 11,2). A sua volta il Padre celeste offre agli uomini (mediante Cristo e in Cristo) il perdono dei loro peccati e la salvezza, e pieno d’amore attende il loro ritorno come il padre della parabola attende il ritorno del figlio prodigo (Lc 15,20-32) perché Dio è veramente “ricco di misericordia” (Ep 2,4).

In questa luce si colloca tutto il Vangelo della conversione, annunziato da Gesù sin dall’inizio: “Convertitevi e credete al Vangelo!” (Mc 1,15). La conversione al Padre, al Dio che “è amore” (1Jn 4,16), si ricollega all’accettazione dell’amore come comandamento “nuovo”: amore di Dio, “il più grande e il primo dei comandamenti” (Mt 22,38) e amore del prossimo, “simile al primo” (Mt 22,39). Dice Gesù: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri”. “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Jn 13,34). E qui siamo all’essenza del “Regno di Dio” nell’uomo e nella storia. Così tutta la legge - ossia il patrimonio etico della antica alleanza - deve compiersi, deve raggiungere la sua pienezza divino-umana. Gesù stesso lo dichiara nel discorso della montagna: “Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento” (Mt 5,17).

Semmai egli libera l’uomo dalla “lettera della legge”, per introdurlo nel suo spirito, poiché, come dice san Paolo, “la (sola) lettera uccide” mentre “lo Spirito da vita” (cf. 2Co 3,6). L’amore fraterno, come riflesso e partecipazione dell’amore di Dio, è dunque il principio animatore della nuova legge, che è come la base costituzionale del Regno di Dio (cf. S. Thomae “Summa Theologiae, I-II 106,1 I-II 107,1-2).

8. Tra le parabole, in cui Gesù riveste di similitudini e allegorie la sua predicazione sul Regno di Dio, si trova anche quella di un re “che fece il banchetto di nozze per suo figlio” (Mt 22,2). La parabola narra che molti dei primi invitati non vennero al banchetto, trovando diverse scuse o pretesti per sottrarvisi, e che allora il re fece chiamare altra gente dai “crocicchi delle strade”, perché sedessero alla sua mensa. Ma tra gli intervenuti non tutti si mostrarono degni di quell’invito, per mancanza dell’“abito nuziale” prescritto.

Questa parabola del banchetto, confrontata con quella del seminatore e della semina ci conduce alla medesima conclusione: se non tutti gli invitati sederanno al banchetto, né tutti i semi produrranno la messe, ciò dipende dalle disposizioni con cui si risponde all’invito o si riceve nel cuore la semina della parola di Dio. Dipende dal modo in cui si accoglie Cristo, che è il seminatore, ed anche il figlio del re e lo sposo, quale egli stesso si presenta più volte: “Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro?” (Mc 2,19), chiese una volta a chi lo aveva interrogato, alludendo alla severità di Giovanni Battista. E rispose egli stesso: “Finché hanno lo sposo con loro non possono digiunare” (Mc 2,19).

Il Regno di Dio è dunque come una festa di nozze, a cui il Padre celeste invita gli uomini in comunione di amore e di gioia con suo Figlio. Tutti vi sono chiamati e invitati: ma ciascuno è responsabile della propria adesione o del proprio rifiuto, della propria conformità o difformità verso la legge che regola il banchetto.

9. Questa è la legge dell’amore: essa deriva dalla grazia divina nell’uomo che l’accoglie e la conserva partecipando vitalmente al mistero pasquale di Cristo. È un amore che si realizza nella storia nonostante ogni rifiuto da parte degli invitati, nonostante la loro indegnità. Al cristiano arride la speranza che l’amore si realizzi anche in tutti gli “invitati” proprio perché la “misura” pasquale di quell’amore sponsale è la croce, la sua prospettiva escatologica è aperta nella storia dalla risurrezione di Cristo. Per lui il Padre “ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel Regno del suo Figlio diletto” (cf. Col 1,13). Se noi cediamo alla chiamata e all’attrattiva del Padre, in Cristo tutti “abbiamo la redenzione” e la vita eterna.

Ai pellegrini francesi


Ai gruppi di lingua inglese


Ai pellegrini di lingua giapponese

Sia lodato Gesù Cristo!

CARISSIMI PELLEGRINI giapponesi, accompagnati dai Padri Carmelitani. La Madonna, che voi venerate sotto il titolo del Carmelo, vi protegga sempre nel vostro cammino quotidiano e vi aiuti a raggiungere, un giorno, il Paradiso, come Ella stessa ha promesso manifestando lo “Scapolare”.

Con questo augurio vi imparto di cuore la mia Apostolica Benedizione.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai fedeli tedeschi


Ai fedeli di lingua spagnola

Ai pellegrini polacchi

Ai gruppi di lingua italiana

DESIDERO ORA PORGERE il mio saluto ai gruppi di pellegrini di lingua italiana, sempre molto numerosi, ed anzitutto al pellegrinaggio dell’Arcidiocesi di Catania, guidato dall’arcivescovo Monsignor Domenico Picchinenna. Carissimi! Siate i benvenuti! Vi auguro che dalla visita all’antica Basilica di Santa Maria Maggiore, principale mèta del vostro pellegrinaggio, nasca in tutti il vivo desiderio di imitare nella fede la Madre del Redentore e di tradurre tale fede nelle opere, specialmente nella costante partecipazione alla vita della Chiesa mediante la preghiera liturgica e le opere di carità.
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SALUTO POI I MISSIONARI e le missionarie convenuti a Roma per un corso di aggiornamento teologico-pastorale presso la Pontificia Università Urbaniana. A tutti assicuro un ricordo nella preghiera, unito all’auspicio del conforto divino nel laborioso impegno dell’evangelizzazione in terre lontane.
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SALUTO, ANCORA, il parroco ed i fedeli di S. Maria Assunta di Trevi nel Lazio, e benedico volentieri l’immagine della Madonna di Fatima che essi hanno recato qui.
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COME PURE SALUTO i membri dell’Associazione “Alfina Musica e Folklore”, che hanno rallegrato questo incontro con musiche e danze tradizionali, e nel benedire la statua di S. Cecilia, loro patrona, esprimo l’auspicio che si sforzino sempre di ispirare la loro condotta agli esempi delle sue virtù.
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UN PARTICOLARE PENSIERO va al gruppo dei ciclisti professionisti, che sono presenti all’udienza con i responsabili della Società e con i familiari. Saluto il presidente, e tutti i campioni, ben noti nel mondo dello sport, augurando loro sempre “buona strada”, con la protezione del Signore.
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IL MIO PENSIERO va poi al gruppo dei soci e familiari dell’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro della Regione Lazio. A tutti desidero porgere, con il saluto, una parola di conforto e di incoraggiamento, unita all’invito di essere sempre operatori di pace e di promozione umana nel mondo del lavoro.
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RIVOLGO INFINE una parola di incoraggiamento e di augurio ai ragazzi del premio “San Donnino d’oro”, ai loro accompagnatori e familiari ed alla corale “S. Margherita”. Li ringrazio per questo gesto di omaggio, nel quale mi piace veder riaffermato l’impegno di una generosa condotta cristiana.

A tutti la mia Benedizione Apostolica.

Ai giovani

Rivolgo ora un saluto a tutti i giovani, i ragazzi e le ragazze che prendono parte a questa Udienza.

CARISSIMI, VI ESPRIMO il mio vivo apprezzamento per il vostro pellegrinaggio al centro della Cristianità, che vi permette di partecipare a questo incontro. Esprimo l’augurio che la visita alle memorie storiche degli apostoli Pietro e Paolo e dei Martiri vi sia di stimolo a crescere nella fede cristiana e nella vostra adesione a Cristo risorto, a cui guardiamo con gioia in questo tempo pasquale.

Testimoniate questa gioia cristiana davanti al mondo. La vittoria di Cristo risorto sul peccato e sulla morte vi sia di sprone nella vostra preparazione all’avvenire e ai compiti che vi attendono nella vita della Chiesa e della Società.

Agli ammalati

SALUTO POI gli ammalati, che vedo qui accanto a me. Cari fratelli e sorelle, nelle vostre prove guardate al Risorto e alle sue piaghe gloriose: ricordatevi che, come per Cristo, anche per voi alla Passione succederà la Risurrezione, al dolore la gioia, alle tenebre la luce. Ce lo ricorda anche l’apostolo Pietro nella sua prima Lettera: “Nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi, perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare”.

Vi assicuro la mia preghiera per la vostra guarigione e perché possiate sempre ottenere dal Signore sollievo e conforto. Vi benedico di cuore.

Agli sposi novelli

Un saluto particolare va infine agli sposi novelli, ai quali auguro ogni bene nel Signore.

CARI SPOSI, vi ringrazio per aver voluto riservare un giorno per la visita al Papa. Vi esorto ad imitare la Famiglia di Nazareth, in cui risplendono gli esempi luminosi di amore e di fedeltà, di comprensione e di visione soprannaturale della vita. In questo Anno Mariano, invocate particolarmente la Vergine SS.ma: Ella non mancherà di proteggervi e di aiutarvi in ogni necessità. Vi accompagni la mia Benedizione.





Mercoledì, 4 maggio 1988

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1. “Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità” (
Jn 18,37). Quando Pilato, durante il processo, chiese a Gesù se egli fosse re, prima si sentì rispondere: “Il mio regno non è di questo mondo . . .”. E quando il governatore romano insistette nel domandare: “Dunque tu sei re?”, ebbe questa risposta: “Tu lo dici; io sono re” (cf. Jn 18,33-37). Questo dialogo giudiziario, riportato nel Vangelo di Giovanni, ci permette di ricollegarci alla catechesi precedente, il cui tema era il messaggio di Cristo sul Regno di Dio. Nello stesso tempo, schiude al nostro spirito ancora un’altra dimensione o un altro aspetto della missione di Cristo, indicato da quelle parole: “rendere testimonianza alla verità”. Cristo è re ed “è venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità”. Egli stesso lo afferma, e aggiunge: “Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce” (Jn 18,37).

Questa risposta apre davanti ai nostri occhi nuovi orizzonti sia sulla missione di Cristo, sia sulla vocazione dell’uomo, e in particolare sul radicamento della vocazione dell’uomo in Cristo.

2. Mediante le parole rivolte a Pilato, Gesù mette in rilievo ciò che è essenziale in tutta la sua predicazione. Nello stesso tempo egli in certo modo anticipa ciò che costituirà sempre l’eloquente messaggio incluso nell’evento pasquale, ossia nella sua croce e risurrezione.

Parlando della predicazione di Gesù, persino i suoi oppositori ne esprimevano a loro modo il significato fondamentale, quando gli dicevano: “Maestro, sappiamo che sei veritiero . . . secondo la verità insegni la via di Dio” (Mc 12,14). Gesù era dunque il maestro nella “via di Dio”: espressione dalle antiche origini bibliche ed extrabibliche per designare una dottrina religiosa e salvifica. Quanto ai comuni uditori di Gesù, essi erano impressionati da un altro aspetto della sua predicazione, come testimoniano gli evangelisti: “Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi” (Mc 1,22). “. . . Parlava con autorità” (Lc 4,32).

Questa autorità e autorevolezza era costituita soprattutto dalla forza della verità contenuta nella predicazione di Cristo. Gli uditori, i discepoli lo chiamavano “Maestro”, non tanto nel senso che conoscesse la legge e i profeti e li commentasse con perspicacia, come gli scribi. Ma per un motivo ben più forte: egli “parlava con autorità”, e questa era l’autorità della verità la cui fonte è Dio stesso. Gesù stesso diceva: “La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato” (Jn 7,16).

3. In questo senso includente il riferimento a Dio, Gesù era maestro. “Voi mi chiamate maestro e Signore e dite bene, perché lo sono” (Jn 13,13). Era maestro della verità che è Dio. A questa verità egli rese testimonianza fino alla fine, con l’autorità che gli proveniva dall’alto: possiamo dire con l’autorità di uno che è “re” nella sfera della verità.

Già nelle catechesi antecedenti abbiamo attirato l’attenzione sul discorso della montagna nel quale Gesù rivela se stesso come colui che è venuto non “per abolire la Legge o i profeti” ma “per darvi compimento”. Questo “compimento” della Legge era opera di regalità e di “autorità”: la regalità e l’autorità della verità, che decide della legge, della sua fonte divina, della sua progressiva manifestazione al mondo.

4. Il discorso della montagna lascia trasparire questa autorità, con cui Gesù intende compiere la sua missione. Ecco alcuni passi significativi: “Voi avete inteso che fu detto agli antichi: «non uccidere» . . . ma io vi dico”. “Avete inteso che fu detto: «non commettere adulterio»; ma io vi dico . . .”. “. . . Fu detto . . . «non spergiurare», ma io vi dico”. E dopo ogni “io vi dico” c’è un’autorevole esposizione di quella verità della condotta umana, che è contenuta nei singoli comandamenti di Dio. Gesù non commenta in modo umano, come uno scriba, i testi dell’Antico Testamento, ma parla con l’autorità del legislatore stesso. Questa è l’autorità di istituire la legge, la regalità. Questa è nello stesso tempo l’autorità della verità, grazie alla quale la nuova legge diventa per l’uomo principio vincolante di condotta.

5. Quando Gesù nel discorso della montagna pronunzia diverse volte quelle parole: “ma io vi dico”, nel suo linguaggio vi è l’eco e il riflesso dei testi della tradizione biblica che ripetono spesso: “Così dice il Signore Dio d’Israele” (2S 12,7), “. . . Giacobbe . . . Così dice il Signore che ti ha fatto” (Is 44,1-2), “Così dice il Signore vostro redentore, il Santo di Israele . . .” (Is 43,14). E ancora più direttamente egli si ricollega al riferimento a Dio che sempre ritorna sulla bocca di Mosè nel dare la legge - l’“antica” legge - a Israele. Ben più forte di quella di Mosè è l’autorità che Gesù si attribuisce nel dare “compimento alla legge e ai profeti” in forza della missione ricevuta dall’alto: non sul Sinai, ma nell’eccelso mistero del suo rapporto col Padre.

6. Gesù ha una chiara coscienza di questa missione che è sostenuta dalla potenza della verità attinta dalla sua stessa fonte divina. Vi è una stretta relazione tra la sua risposta a Pilato: “Sono venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità” (Jn 18,37), e la sua dichiarazione davanti agli uditori: “La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato” (Jn 7,16). Il filo conduttore e unificatore di questa e di altre affermazioni di Gesù sulla “autorità della verità” con cui insegna, e nella sua coscienza della missione ricevuta dall’alto.

7. Gesù ha la coscienza che nella sua dottrina si manifesta agli uomini l’eterna sapienza. Per questo rimprovera coloro che si rifiutano di accoglierla non esitando a rievocare la “regina del Sud” (regina di Saba), che era venuta . . . “per ascoltare la sapienza di Salomone”, ed affermando immediatamente: “Ecco, ora qui c’è più di Salomone” (Mt 12,42).

Sa anche e apertamente proclama che le parole che scaturiscono da quella sapienza divina “non passeranno”: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Mc 13,31). Esse infatti contengono la forza della verità, che è indistruttibile ed eterna. Sono dunque “parole di vita eterna”, come ha confessato l’apostolo Pietro in un momento critico, quando molti di coloro che si erano riuniti per ascoltare Gesù, cominciarono a lasciarlo perché non riuscivano a capire e non si sentivano di accettare le sue parole che preannunziavano il mistero dell’Eucaristia (cf. Jn 6,66).

8. Qui si tocca il problema della libertà dell’uomo di accettare o no la verità eterna contenuta nella dottrina di Cristo, valida certamente per dare agli uomini di tutti i tempi, - e quindi anche del nostro tempo - una risposta adeguata alla loro vocazione, che ha un’apertura eterna. Dinanzi a questo problema, che ha una dimensione teologica ma anche antropologica (il modo di reagire e di comportarsi dell’uomo dinanzi a una proposta di verità), per ora basterà ricorrere a ciò che ha detto il Concilio Vaticano II specialmente in relazione alla particolare sensibilità degli uomini d’oggi. Esso prima di tutto afferma che “tutti gli esseri umani sono tenuti a cercare la verità, specialmente in ordine a Dio e alla sua Chiesa”, ma anche che “la verità non si impone che in virtù della stessa verità, la quale si diffonde nelle menti soavemente e insieme con vigore” (Dignitatis Humanae DH 1). Il Concilio ricorda inoltre il dovere degli uomini di “aderire alla verità una volta conosciuta e di ordinare tutta la loro vita secondo le sue esigenze”. Poi aggiunge: “Ad un tale obbligo, però, gli esseri umani non sono in grado di soddisfare, in modo rispondente alla loro natura, se non godono della libertà psicologica e nello stesso tempo dell’immunità della coercizione esterna” (Dignitatis Humanae DH 2).

9. Ed ecco la missione di Cristo come maestro di verità eterna.

Il Concilio, dopo aver di nuovo ricordato che “lo stesso Iddio chiama gli esseri umani al suo servizio in spirito e verità . . . poiché egli ha riguardo per la dignità della persona umana da lui creata . . .”, aggiunge che “ciò è apparso in grado sommo in Cristo Gesù, nel quale Iddio ha manifestato se stesso e le sue vie in modo perfetto. Infatti, Cristo, che è maestro e Signore nostro, mite ed umile di cuore, ha invitato ed attratto i discepoli pazientemente. Certo ha sostenuto e confermato la sua predicazione con i miracoli per suscitare e confortare la fede negli uditori, ma senza esercitare su di essi alcuna coercizione”.

E infine ricollega questa dimensione della dottrina di Cristo al mistero pasquale: “Finalmente, Gesù ha ultimato la sua rivelazione compiendo nella croce l’opera della redenzione, con cui ha acquistato agli esseri umani la salvezza e la vera libertà. Infatti rese testimonianza alla verità, però non volle imporla con la forza a coloro che la respingevano. Il suo Regno non si erige con la spada, ma si costituisce ascoltando la verità e rendendo ad essa testimonianza, e cresce in virtù dell’amore, con il quale Cristo esaltato in croce trae a sé gli esseri umani” (Dignitatis Humanae DH 11).

Possiamo fin d’ora concludere che chi cerca sinceramente la verità troverà abbastanza facilmente nel magistero del Cristo crocifisso la soluzione anche del problema della libertà.

Ai fedeli di lingua francese


Ai gruppi di fedeli di lingua inglese
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Ad un pellegrinaggio giapponese

Sia lodato Gesù Cristo!

AI CARISSIMI PELLEGRINI di Kagoshima. La vostra città, Kagoshima, ha intima relazione con la Madonna. S. Francesco Saverio infatti è sbarcato proprio nel giorno dell’Assunta.

Ora, carissimi pellegrini, io vi auguro che la vostra vita quotidiana mantenga questo legame con la Madonna.

Con questo desiderio vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai pellegrini tedeschi


Ai fedeli di lingua castigliana

Ai pellegrini di lingua portoghese

Ai pellegrini polacchi

Ai gruppi di lingua italiana

È PRESENTE QUI tra noi una delegazione della diocesi di Viterbo, guidata dal Vescovo Monsignor Fiorino Tagliaferri e da Autorità religiose e civili, giunta per consegnarmi in dono una bella pubblicazione che ricorda la mia visita in quella Città.

Vi ringrazio, cari Fratelli, per la vostra presenza e per il gentile omaggio. Conservo un caro ricordo del breve ma intenso periodo passato tra voi, e mi auguro che il seme della Parola di Dio che ho sparso nel terreno dei vostri cuori continui a dare frutti abbondanti. Vi sono vicino col mio affetto e la mia Benedizione.
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SALUTO CORDIALMENTE il gruppo di pellegrini dell’erigenda parrocchia di S. Giuseppe Lavoratore di Paliano, in diocesi di Palestrina. Hanno portato una statua della Madonna col Bambino chiedendomi di benedirla. Ben volentieri concedo questo favore spirituale; e benedico anche tutti voi, cari fratelli e sorelle, qui presenti: il Parroco, i suoi collaboratori, i parrocchiani, e vi auguro di formare una comunità cristiana sempre più viva ed attiva nel nome del Signore.
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UN CARO SALUTO va anche al gruppo “Collegamento Pro Sindone”, un’associazione formata da studiosi di Sindonologia, che si propone di far conoscere il messaggio spirituale, che emana dal famoso e misterioso tessuto custodito a Torino. Mi auguro, illustri Signori, che il vostro impegno scientifico, non dissociato dalla testimonianza di fede, contribuisca ad una sempre migliore conoscenza della verità circa questo antico documento della pietà cristiana. Vi accompagna la mia Benedizione.
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MI RIVOLGO POI alla rappresentanza del convegno, attualmente in corso a Roma, della Conferenza Italiana di Medicina Respiratoria “Prevenzione e Terapia”, che riunisce studiosi specialisti nei vari aspetti e problemi di questo delicato settore della nostra salute. Auguriamo a tutti loro un buon lavoro. Da parte mia, invoco la Benedizione divina sull’attività di questa importante assemblea, affinché da essa scaturiscano nuovi contributi per la tutela e la promozione di un bene così prezioso, come è quello della salute.

Ai giovani

UN SALUTO AFFETTUOSO a voi, giovani e ragazzi, che partecipate a questa Udienza col consueto entusiasmo. Siamo nel tempo pasquale. La nostra fede ci dice che Gesù Risorto è la Vita, ossia la perenne giovinezza. Chi crede in Cristo partecipa fin d’ora alla vita che da lui promana e sperimenta in sé un riflesso della sua giovinezza indefettibile. La giovinezza più vera, del resto, non si calcola in numero di anni, ma dall’ardore dell’animo e dalla nobiltà dell’impegno. Seguite perciò sempre Cristo, Risurrezione e Vita.

Sappiate guardarvi attentamente intorno: siete circondati dagli spettacoli invadenti del male, ma anche, senza dubbio, sollecitati dal richiamo del bene. Il male è generalmente rumoroso e vi può assediare con innumerevoli lusinghe. Ma il bene è immensamente più grande, anche se nascosto e silenzioso. Sappiate scoprirlo e viverlo in pieno. Così non invecchierete mai e darete il vostro contributo alla giovinezza del mondo. Vi benedico tutti e ciascuno.

Agli ammalati

DESIDERO, POI, salutare con particolare affetto gli infermi, qui presenti, e quanti li assistono con fraterna carità evangelica.

Voi siete nel numero dei prediletti di Gesù Risorto. Egli non vi dimentica mai, ed è sempre a voi vicino in ogni momento del giorno e della notte. A ciascuno di voi, che partecipate in maniera così viva alle sofferenze della sua Passione, Egli vuole comunicare fin d’ora, in abbondanza, l’ineffabile gioia della sua Risurrezione, la forza della Vita senza termine, che non può essere minacciata dai malanni temporanei della nostra esistenza terrena.

Pensate costantemente a Lui, morto e risorto, e la malattia del corpo si trasformerà in strumento di elevazione e di perfezione dello spirito.

In questo non facile cammino vi accompagni la mia Benedizione.

Agli sposi novelli

PORGO, INFINE, il mio saluto a voi, sposi novelli, insieme con l’augurio di una serena, santa e feconda vita in comune, che il Signore della Vita, col suo Sacramento, si è impegnato a realizzare con voi.

Oggi la famiglia è insidiata dall’invadenza della mentalità corrente del benessere senza scrupoli e dell’autonomia personale senza doveri. Mentalità che è in antitesi con lo spirito proprio del matrimonio, di generosa donazione e di fiducia nel Padre dei cieli.

Nel Sacramento da voi ricevuto troverete la sorgente reale di una forza, che la legge umana non può dare, e di una gioia, che supera ogni desiderio. Fate l’esperienza di appellarvi costantemente alle risorse creative della grazia, e così scoprirete tutte le ricchezze della vostra nuova famiglia, e sarete in grado di dare alla società di oggi il contributo di cui ha bisogno per rinascere.

Vi benedico di cuore.




Mercoledì, 25 maggio 1988

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1. Nel 1992 si celebrerà il grande Giubileo storico della scoperta dell’America e, al tempo stesso, dell’inizio dell’evangelizzazione nell’intero continente. La Chiesa in America Latina si sta preparando a tale data con una novena di anni, iniziata a Santo Domingo nell’autunno del 1984. La visita pastorale, che mi è stato dato di compiere nei giorni dal 7 al 19 maggio corrente, si inserisce in questo importante contesto. Questa volta, sul percorso del pellegrinaggio papale, si sono trovate tre nazioni: Uruguay, Bolivia, Paraguay, e la capitale del Perù, Lima, che ho visitato domenica 15 maggio, per la conclusione del Congresso eucaristico mariano dei Paesi bolivariani.

Desidero anzitutto rendere grazie alla provvidenza divina per un tale ministero, che ho avuto la gioia di compiere nell’anno mariano. Desidero, in pari tempo, ringraziare tutti: coloro che mi hanno invitato, quanti hanno collaborato ai preparativi per la visita, tutti quelli che ho potuto incontrare lungo il percorso. Questo ringraziamento lo rivolgo, altresì, ai rappresentanti delle autorità civili dei singoli Paesi ed a tutte le istituzioni amministrative, civili e militari, specialmente agli operatori dei molteplici servizi dell’ordine pubblico e della comunicazione sociale.

Naturalmente questo ringraziamento lo rivolgo in modo particolare ai Vescovi, e cioè ai miei confratelli nel ministero episcopale, insieme con i loro sacerdoti e con tutti i religiosi e le religiose. Lo rivolgo, infine, ai vari ambiti della società e del Popolo di Dio. In ogni tappa mi sono sentito invitato e desiderato da quelle popolazioni: mi sono trovato in mezzo a loro non solo come ospite, ma come uno che va dai suoi. Ovunque ho potuto sentirmi veramente “a casa mia”.

2. In questo resoconto desidero delineare prima di tutto la geografia di questo pellegrinaggio apostolico, iniziando dall’Uruguay. La visita in questo Paese è stata, in un certo senso, il completamento dell’incontro avvenuto l’anno scorso a Montevideo, la capitale che, come è noto, ha svolto un ruolo importante nella risoluzione della tensione creatasi tra l’Argentina e il Cile, alla fine del 1978. L’anno scorso, visitando questi due Paesi per rendere grazie a Dio della felice soluzione del problema con la mediazione della Sede apostolica, è stato opportuno fare tappa a Montevideo, città nella quale era iniziata la riconciliazione tra il Cile e l’Argentina ad opera del compianto Cardinale Antonio Samorè.

La visita di quest’anno doveva completare, in senso pastorale, l’incontro dell’anno scorso. Perciò la sosta a Montevideo è stata allargata ad altri tre luoghi importanti per la storia dell’evangelizzazione e dell’organizzazione ecclesiastica nell’Uruguay. Si è trattato, prima di tutto, delle due più antiche sedi vescovili, Melo e Salto, e poi della città di Florida, con il Santuario nazionale mariano “Virgen de los Treinta y Tres”, dove hanno avuto luogo le ordinazioni sacerdotali. Il nome del Santuario ricorda quei trentatrè eroi nazionali che proprio là, il 25 agosto 1825, si impegnarono con giuramento per la prima Costituzione dell’Uruguay e decisero l’indipendenza della nazione.

3. Mi è stato dato poi di visitare per la prima volta la Bolivia. Sono entrato in familiarità con la ricca e differenziata “geografia” di questo vasto Paese (oltre un milione di kmq.), dove l’altopiano centrale, a circa 4.000 metri di altezza, ai piedi delle catene montagnose delle Ande boliviane, si trasforma gradatamente in vaste pianure, che abbracciano la maggior parte del territorio boliviano.

Il programma della visita, durata cinque giorni, è stato adattato alle caratteristiche geografiche del Paese. Cominciando da La Paz, attuale capitale del Paese, verso Cochabamba e poi nuovamente verso l’altopiano, per incontrare i minatori e gli agricoltori a Oruro. Da Cochabamba alla prima capitale, Sucre, la più antica sede vescovile del vastissimo territorio del Sud americano, allora più vasto dell’attuale Bolivia. Da Sucre, dove risiede l’anziano Cardinale Maurer, a Santa Cruz, la seconda città boliviana per numero di abitanti, e di qui a Tarija al Sud, vicino alla frontiera con l’Argentina, dove c’è stato un indimenticabile incontro con i bambini. Infine verso il Nord, la parte più “verde” e meno popolata, a Trinidad, sede di uno dei sei vicariati apostolici.

Il programma pastorale era ricco e vario: ha permesso di incontrare tutte le componenti della società e della Chiesa boliviane. Sarebbe difficile, ora, elencare tutti i particolari; occorre tuttavia richiamare l’attenzione almeno su uno di essi. La Bolivia è un Paese in cui la maggioranza della popolazione (il 65 %) è costituita dai discendenti dei primi abitanti, gli indios. La loro presenza in questa terra, nelle difficili condizioni della montagna e della pianura, risale a migliaia di anni addietro. Altrettanto antica è la loro tradizione culturale, che essi hanno conservato, accogliendo il Vangelo 450 anni fa. Come seguaci di Cristo, le popolazioni indie hanno trovato un appoggio anche per la loro tradizionale moralità, a cui sono rimaste fedeli nella vita personale, familiare e sociale. Sembra potersi riferire in modo particolare a loro il tema evangelico dei “poveri”, non solo nel significato materiale, ma anche spirituale: “poveri in spirito”.

L’incontro con loro si è inscritto profondamente nella mia memoria. Una parte speciale di questa “impressione”, che l’intera società boliviana mi ha lasciato, in tutte le tappe della visita, è costituita dagli aymara, dai quechua, dagli uru, dai cipaya, popolazioni che difendono la loro identità etnica e antropologica.

4. Il Congresso eucaristico dei Paesi bolivariani, svoltosi a Lima, capitale del Perù, città che conta oggi oltre 6 milioni di abitanti, costituisce l’ulteriore tappa del mio pellegrinaggio-visita nel continente sudamericano. Al congresso eucaristico, dal 7 al 15 maggio, hanno partecipato i rappresentanti della Chiesa dei seguenti Paesi: Colombia, Venezuela, Panama, Ecuador, Bolivia e Perù. Queste nazioni sono unite da un particolare vincolo storico, legato al nome di Bolívar, il libertador, che diede inizio alla loro indipendenza, dopo il periodo della colonizzazione. Il quinto Congresso Eucaristico di Lima ha avuto anche un carattere mariano e mariologico.

Rispondendo all’invito particolare dell’Arcivescovo di Lima, il Cardinale Landàzuri Ricketts, ho partecipato, domenica 15 maggio, alla conclusione del congresso, celebrando la santa Messa solenne alla presenza di una grande folla di partecipanti. Oltre a questo, ci sono stati anche alcuni incontri speciali: con i giovani, con le religiose ed in particolare con i rappresentanti del mondo della scienza e della cultura, come pure con persone che svolgono importanti compiti nel campo dell’economia e della vita politica. Gli incontri con la Conferenza episcopale peruviana, con tutti i Vescovi partecipanti al congresso e, poi, con il Presidente della Repubblica, hanno messo in evidenza il carattere peculiare di questa visita. È importante sottolineare, infine, la numerosa e cordiale presenza degli abitanti di Lima nel corso di tutta la visita, durata appena un giorno.

5. L’ultima tappa del viaggio era il Paraguay, Paese e Chiesa che ho potuto visitare per la prima volta. Il momento culminante è stato la canonizzazione del beato Rocco Gonzàlez de Santa Cruz, gesuita, e di due altri missionari, Alfonso Rodrìguez e Juan de Castillo. Essi pagarono con la morte dei martiri la loro attività apostolica, che è all’origine dell’evangelizzazione di questo Paese tra il XVI e XVII secolo. Sono essi i primi santi del Paraguay.

Il punto centrale della visita è stata la capitale del Paese, Asunciòn. Di qui mi sono diretto successivamente verso gli altri centri: Villarrica, ove ho celebrato la santa Messa ed ho incontrato i coltivatori della terra; la località di Mariscal Estigarribia, situata nella vasta regione del Chaco, dove ho incontrato gli indigeni, primi abitanti di quella terra; quindi, nell’ultimo giorno, c’è stata la visita ad Encarnaciòn, vicino alla frontiera argentina; poi al principale Santuario mariano del Paese a Caacupè. Occorre qui sottolineare, che i nomi di tre città, Concepciòn, Encarnaciòn ed Asunción, conferiscono a questo Paese una particolare impronta mariana.

Il programma, necessariamente conciso ed insieme intenso, abbracciava - oltre agli incontri già menzionati - anche altri appuntamenti: sia coi rappresentanti delle autorità, che coi cosiddetti “Constructores de la sociedad”, coi sacerdoti diocesani, i religiosi ed infine i giovani.

È necessario anche ricordare che, per lo più al territorio paraguayano, è legata l’esperienza storica delle “riduzioni” gesuitiche, nelle quali l’evangelizzazione degli Indigeni ha dato vita ad una particolare organizzazione sociale ed economica del Paese.

6. Il Giubileo del 500° anniversario dell’inizio dell’evangelizzazione dell’America Latina, che si sta avvicinando, mette in risalto - alla fine del XX secolo e dopo il Concilio Vaticano II - il compito principale della nuova evangelizzazione. La recente visita si è svolta nella prospettiva di questo compito: il suo programma e il carattere degli incontri liturgici e paraliturgici testimoniano il felice avvio, da parte della Chiesa, di tale compito. Con queste finalità il primo posto è stato dato alla comunità familiare, ai giovani ed ai bambini, agli anziani, agli ammalati e agli handicappati. Insieme con questi contatti il programma ha reso possibili anche incontri con persone che operano in ambienti diversi per lavoro, professione e vocazione.

Nei vari Paesi ho voluto riaffermare la sollecitudine della Chiesa per il mondo del lavoro, specialmente per gli agricoltori, i minatori e gli operai; ho parlato al mondo della cultura, della ricerca universitaria ed a quanti si dedicano all’opera educativa e formativa delle nuove generazioni; ho incontrato membri del Corpo diplomatico, delle classi dirigenti e dell’imprenditoria, insieme con quanti condividono responsabilità politiche ed economiche per il futuro dei loro Paesi.

Ho avuto inoltre modo di incoraggiare diverse presenze vocazionali nelle Chiese locali: oltre i Vescovi e i sacerdoti, i religiosi e le religiose, ho accolto missionari e seminaristi, catechisti e persone impegnate nell’apostolato laicale. Con grande speranza e commozione, ho affidato a Maria, madre della Chiesa, tutti gli sforzi già in atto per la realizzazione responsabile di questo nuovo compito evangelizzatore: tutte le iniziative pastorali che - a livello nazionale, diocesano e parrocchiale - sono nate in occasione del Giubileo dell’evangelizzazione e dell’anno mariano, del congresso eucaristico e della visita del Papa. Con la forza dello spirito questo cammino potrà ispirare e ravvivare un nuovo zelo apostolico per l’annuncio e la testimonianza del Vangelo.

7. Questi spunti confermano che nella consapevolezza degli organizzatori sono state tenute esplicitamente presenti le principali direttive del Vaticano II circa il rapporto della Chiesa con il mondo e specialmente circa la vocazione dei laici nella Chiesa. A tutto ciò si è collegato l’importante ruolo della dottrina sociale della Chiesa, dai suoi primi documenti fino all’ultima enciclica Sollicitudo Rei Socialis, che in questo contesto sembra essere di particolare attualità. Essa contiene, infatti, un messaggio appropriato anche per quanto riguarda il giusto atteggiamento da tenere verso gli indigeni americani.

Tra le necessità di questa Chiesa occorre mettere al primo posto la mancanza di sacerdoti. Bisogna poi, evidenziare la necessità di un più grande numero di persone consacrate nella vita religiosa. Urgente, perciò, è il problema delle vocazioni e della formazione dei giovani candidati ai ministeri sotto la guida di competenti maestri ed educatori. Problema tanto più urgente, in quanto la penuria dei sacerdoti facilita indirettamente la penetrazione delle varie sette di origine prevalentemente nordamericana. Esiste nella società latinoamericana un notevole capitale di religiosità tradizionale, un grande amore per Cristo e la madre sua, un vivo attaccamento alla Chiesa apostolica. Occorre fare tutto il possibile perché questo capitale non venga dissipato, ma possa, piuttosto, ulteriormente maturare e fruttificare. È indispensabile, altresì, instaurare un adeguato rapporto tra l’evangelizzazione e il progresso sociale, nello spirito della Evangelii Nuntiandi.

8. In questi giorni nei quali la Chiesa intera vive l’anniversario della sua nascita nel cenacolo della Pentecoste - insieme con Maria, Madre di Cristo - preghiamo lo Spirito Santo-Paraclito, affinché per questa nuova tappa della storia conceda un rinnovato vigore ai fratelli e alle sorelle dell’Uruguay e della Bolivia, del Perù e del Paraguay, per tutti i compiti collegati con l’opera del Vangelo tra le diverse comunità dell’America Latina.

Ai fedeli di lingua inglese

Ai fedeli di lingua francese

Ai pellegrini di lingua tedesca

Ai fedeli di lingua spagnola


Ai fedeli polacchi

A vari gruppi italiani

DESIDERO ORA porgere il mio saluto ai novizi e missionari della Consolata, che rientrano dall’Africa e dall’America Latina ed alle suore dell’Istituto “Figlie di San Camillo”, che celebrano il loro Capitolo Generale ordinario. Carissimi missionari e carissime sorelle, grazie per la vostra visita. Sia questo incontro di conforto per il laborioso servizio che prestate nelle missioni e nelle opere di assistenza, specialmente agli infermi. Siate perseveranti nel compito di diffondere il Vangelo, testimoniando il Cristo con generoso e sereno spirito di carità.
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SALUTO ANCHE il numeroso gruppo di appartenenti all’Ordine Francescano Secolare provenienti dalla Campania-Lucania. Carissimi, siete venuti a Roma per coronare l’intenso impegno di partecipazione alle celebrazioni dell’Anno Mariano. Vi esorto a tenere sempre vivo nello spirito il modello di fede della Madre del Redentore, per essere, come San Francesco, annunciatori viventi del messaggio evangelico, con l’esempio della vita illuminata dalla parola del Vangelo.
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SALUTO IL PELLEGRINAGGIO diocesano delle Confraternite dell’Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie. Esorto tutti i consociati ad essere generosi nel servizio ecclesiale proprio di ciascuna Confraternita, affinché la vita spirituale nelle comunità cresca e si esprima in opere di apostolato.
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UN PARTICOLARE PENSIERO va, poi, all’Arciconfraternita della Misericordia di Viareggio, che da oltre 160 anni svolge la sua attività caritativa. Carissimi, vogliate perseverare con entusiasmo in tutte quelle espressioni di servizio al prossimo che sono richieste dalla missione specifica della vostra Confraternita. Auguro che tale generoso spirito di carità sia sempre sostenuto da una profonda e forte formazione spirituale.
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RIVOLGO, POI, una parola di incoraggiamento ai Religiosi, alle Religiose, ai collaboratori laici, agli alunni ed ex-alunni della “Piccola Missione per i Sordomuti”. Esprimo il mio compiacimento per questa opera, che prende il nome dal fondatore Don Gualandi e che, diffusa già ampiamente nel mondo, si prodiga per la promozione scolastica, sociale e religiosa dei sordomuti. Carissimi, mentre auguro a tutti il conforto di buoni risultati nell’impegno riabilitativo ed educativo dei bambini e dei giovani sordomuti, invoco su di voi e sulle vostre attività la protezione della Vergine, Madre del Redentore.

A tutti la mia Benedizione Apostolica.

Ai giovani

Carissimi giovani!

DA TANTE REGIONI e Città d’Italia siete venuti a Roma per partecipare anche all’udienza del Papa: vi saluto con grande affetto e vi esprimo la mia gioia ed il mio compiacimento per questo incontro! Voi studiate la storia e sapete che all’inizio di questo millennio esercitò il Pontificato San Gregorio VII (1073-1085), una grande personalità, che visse e governò in tempi difficili; volle la Chiesa libera, unita e santa e per tale motivo molto soffrì, fu perseguitato e morí in esilio a Salerno: sembrava sconfitto ed invece era un Vincitore! La luminosa figura di questo testimone coraggioso e intrepido di Cristo e della Chiesa - la cui memoria oggi celebriamo nella Liturgia - sia per voi ideale e stimolo a rimanere fermi e saldi nella vostra fede cristiana cattolica, senza umori e cedimenti, convinti che la Chiesa rimane per sempre Maestra di Verità e Madre della “grazia”, fino al termine della storia. Di gran cuore vi benedico!

Agli ammalati

Carissimi ammalati, amici e accompagnatori!

A VOI GIUNGA in modo speciale il mio saluto, con l’espressione del mio paterno affetto e della mia profonda stima! In questa settimana, che segue la Pentecoste, onoriamo, in modo particolare lo Spirito Santo. È soprattutto nella sofferenza che abbiamo bisogno dell’illuminazione interiore e del conforto dello Spirito Santo, che ci faccia comprendere sempre più chiaramente quale è il disegno della Provvidenza circa la nostra esistenza terrena, pellegrinaggio verso il Paradiso, preludio alla sinfonia della felicità eterna! Invocatelo con grande fervore! Nei disagi e nelle pene delle vostre infermità, il Divino Consolatore vi faccia sentire la suprema dignità della partecipazione alla Vita trinitaria di Dio e della cooperazione all’opera della Redenzione. Vi accompagnino anche sempre la mia Benedizione e la mia preghiera.

Agli sposi novelli

Carissimi sposi novelli!

IL MIO PENSIERO cordiale e il mio augurio affettuoso vanno ora a voi, che avete iniziato con il matrimonio una nuova vita e avete voluto partecipare all’udienza, per consolidare nella fede il vostro cammino a due! Sono lieto della vostra presenza, vi ringrazio ed auspico di cuore che la vostra preghiera sulla tomba di Pietro rimanga una data indimenticabile, a stimolo per una vita coerente e fervorosa. La vostra presenza nel Mese di Maggio, durante l’Anno Mariano, è una magnifica occasione per rinnovare i vostri propositi di devozione e di imitazione di Maria Santissima.

Pregatela insistentemente con la recita del Rosario ed abbiate confidenza nel suo Cuore Immacolato, per poter così vivere sempre nella grazia che il Sacramento vi ha donato. Vi aiuti anche la mia Benedizione.




Catechesi 79-2005 27488