Catechesi 79-2005 23486

Mercoledì, 23 aprile 1986

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1. “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò” (
Gn 1,27).

L’uomo e la donna, creati con uguale dignità di persone come unità di spirito e di corpo, si diversificano per la loro struttura psico-fisiologica. L’essere umano porta infatti il contrassegno della mascolinità e quello della femminilità.

2. Mentre è contrassegno di diversità, esso è anche indicatore di complementarietà. È quanto si deduce dalla lettura del testo “jahvista”, là dove l’uomo, vedendo la donna appena creata, esclama: “Questa volta essa è carne della mia carne e osso delle mie ossa” (Gn 2,23). Sono parole di contentezza e anche di entusiastico trasporto dell’uomo nel vedere un essere essenzialmente simile a sé. La diversità e insieme la complementarietà psico-fisica sono all’origine della particolare ricchezza di umanità, che è propria dei discendenti di Adamo in tutta la loro storia. Di qui prende vita il matrimonio, istituito dal Creatore fin da “principio”: “Per questo l’uomo abbandonerà sua padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne” (Gn 2,24).

3. A questo testo di Gen 2, 24 corrisponde la benedizione della fecondità, riportata in Gen Gn 1,28: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela . . .”. L’istituzione del matrimonio e della famiglia, contenuta nel mistero della creazione dell’uomo, sembra doversi collegare con il mandato di “soggiogare” la terra, affidato dal Creatore alla prima coppia umana.

L’uomo, chiamato a “soggiogare la terra” - si badi: a “soggiogarla”, non a devastarla, perché la creazione è un dono di Dio e come tale merita rispetto -, l’uomo è immagine di Dio non soltanto come “maschio e femmina, ma anche in ragione della relazione reciproca dei due sessi”. Questa relazione reciproca costituisce l’anima della “comunione di persone” che si instaura nel matrimonio e presenta una certa similitudine con l’unione delle Tre Persone divine.

4. A questo proposito il Concilio Vaticano II ci dice: “Dio non creò l’uomo lasciandolo solo; fin da principio "uomo e donna li creò" e la loro unione costituisce la prima forma di comunione di persone. L’uomo, infatti, per sua intima natura è un essere sociale, e senza i rapporti con gli altri non può vivere né esplicare le sue doti” (Gaudium et Spes GS 12).

La creazione comporta così per l’uomo sia il rapporto con il mondo, sia quello con l’altro essere umano (il rapporto uomo-donna), come pure con gli altri suoi simili. Il “soggiogare la terra” delinea il carattere “relazionale” dell’esistenza umana. Le dimensioni: “con gli altri”, “tra gli altri” e “per gli altri”, proprie della persona umana in quanto “immagine di Dio”, stabiliscono fin da principio il posto dell’uomo tra le creature. A questo scopo l’uomo viene chiamato all’esistenza come soggetto (come concreto “io”), dotato di coscienza intellettuale e di libertà.

5. La capacità della conoscenza intellettuale distingue radicalmente l’uomo dall’intero mondo degli animali, dove la capacità conoscitiva si limita ai sensi. La conoscenza intellettuale rende l’uomo capace di discernere, di distinguere tra la verità e la non verità aprendo davanti a lui i campi della scienza, del pensare critico, della ricerca metodica della verità circa la realtà. L’uomo ha dentro di sé una relazione essenziale con la verità, che determina il suo carattere di essere trascendentale. La conoscenza della verità compenetra tutta la sfera del rapporto dell’uomo col mondo e con gli altri uomini, e pone le premesse indispensabili di ogni forma di cultura.

6. Congiuntamente alla conoscenza intellettuale e alla sua relazione alla verità si pone la libertà della volontà umana, che è legata da intrinseca relazione al bene. Gli atti umani portano in sé il segno dell’autodeterminazione (del volere) e della scelta. Di qui nasce l’intera sfera della morale: l’uomo, infatti, è capace di scegliere tra il bene e il male, sostenuto in ciò dalla voce della coscienza, che spinge al bene e trattiene dal male.

Come la conoscenza della verità, così anche la capacità di scelta - cioè la libera volontà - compenetra l’intera sfera della relazione dell’uomo col mondo, e specialmente con gli altri uomini e si spinge anche oltre.

7. Infatti l’uomo, grazie alla natura spirituale e alla capacità di conoscenza intellettuale e di libertà di scelta e di azione, si trova, fin da principio, in una particolare relazione con Dio. La descrizione della creazione (cfr Gn 1-3) ci permette di constatare che l’“immagine di Dio” si manifesti soprattutto nella relazione dell’“io” umano con il “Tu” divino. L’uomo conosce Dio, e il suo cuore e la sua volontà sono capaci di unirsi con Dio (“homo est capax Dei”). L’uomo può dire “sì” a Dio, ma anche dirgli “no”. La capacità di accogliere Dio e la sua santa volontà, ma anche la capacità di opporsi ad essa.

8. Tutto questo è iscritto nel significato dell’“immagine di Dio”, che ci presenta, tra gli altri, il Libro del Siracide: “Il Signore creò l’uomo dalla terra e ad essa lo fa ritornare di nuovo. Secondo la sua natura li [gli uomini] rivestì di forza, e a sua immagine li formò. Egli infuse in ogni essere vivente il timore dell’uomo, perché l’uomo dominasse sulle bestie e sugli uccelli. Discernimento, lingua, occhi, orecchi e cuore diede loro perché ragionassero. Li riempì di dottrina e di intelligenza e indicò loro anche il bene e il male. Pose lo sguardo nei loro cuori - si noti l’espressione! - per mostrar loro la grandezza delle sue opere . . . Inoltre pose davanti a loro la scienza e diede loro in eredità la legge della vita. Stabilì con loro una alleanza eterna e fece loro conoscere i suoi decreti” (Si 17,1 Si 17,3-7 Si 17,9-10). Sono parole ricche e profonde che ci fanno riflettere.

9. Il Concilio Vaticano II esprime la stessa verità sull’uomo con un linguaggio che è insieme perenne e contemporaneo. “L’uomo può volgersi al bene soltanto nella libertà. La dignità dell’uomo richiede che egli agisca secondo scelte consapevoli e libere . . .”. “Nella sua interiorità, egli trascende l’universo: in quelle profondità egli torna, quando si rivolge al cuore, là dove lo aspetta Dio, che scruta i cuori, là dove sotto lo sguardo di Dio egli decide del suo destino”. “La vera libertà . . . è nell’uomo segno altissimo dell’immagine divina” (GS 17 GS 14 GS 17). La vera libertà è la libertà nella verità, iscritta, da principio, nella realtà dell’“immagine divina”.

10. In forza di quest’“immagine” l’uomo, quale soggetto di conoscenza e libertà, non soltanto è chiamato a trasformare il mondo secondo la misura dei suoi giusti bisogni, non soltanto è chiamato alla comunione di persone propria del matrimonio (“communio personarum”), da cui ha inizio la famiglia, e conseguentemente ogni società, ma è anche chiamato all’alleanza con Dio. Infatti egli non è soltanto creatura del suo Creatore, ma anche immagine del suo Dio. È creatura come immagine di Dio, ed è immagine di Dio come creatura. La descrizione della creazione già in Gen 1-3 è unita a quella della prima alleanza di Dio con l’uomo. Questa alleanza (così come la creazione) è un’iniziativa totalmente sovrana di Dio creatore, e rimarrà immutata lungo la storia della salvezza, fino all’alleanza definitiva ed eterna che Dio concluderà con l’umanità in Gesù Cristo.

11. L’uomo è il soggetto idoneo per l’alleanza, perché è stato creato “a immagine” di Dio, capace di conoscenza e di libertà. Il pensiero cristiano ha scorto nella “somiglianza” dell’uomo con Dio il fondamento per la chiamata dell’uomo a partecipare alla vita interiore di Dio: la sua apertura al soprannaturale.

Così dunque la verità rivelata circa l’uomo, che nella creazione è stato fatto “a immagine e somiglianza di Dio”, contiene non soltanto tutto ciò che in lui è “humanum”, e perciò essenziale alla sua umanità, ma potenzialmente anche ciò che è “divinum”, e perciò gratuito, contiene cioè anche ciò che Dio - Padre, Figlio e Spirito Santo - ha di fatto previsto per l’uomo come dimensione soprannaturale della sua esistenza, senza di cui l’uomo non può raggiungere tutta la pienezza destinatagli dal Creatore.

Ai fedeli di lingua francese

Ad alcuni gruppi di pellegrini di espressione inglese

Ai fedeli di lingua tedesca

Ai pellegrini di espressione spagnola

A numerosi pellegrini polacchi

Ad alcuni pellegrini italiani

Saluto cordialmente il gruppo di Sacerdoti della Piccola opera della Divina Provvidenza del Beato Don Orione. Essi sono a Roma in questi giorni per un corso di aggiornamento concernente la loro responsabilità di educatori nei confronti delle giovani “leve” del loro Istituto. A voi, cari Confratelli nel sacerdozio, il mio augurio che questi giorni possano esservi fruttuosi a preparavi meglio alla vostra missione di formatori di anime. Con la mia Benedizione.
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Un saluto ed un benvenuto ai missionari e missionarie dell’Opera “Piccola Casetta di Nazaret”, della diocesi di Aversa. Il gruppo comprende Sacerdoti, Religiose e benefattori provenienti dalle Filippine, e si accingono alla posa della prima pietra di un Santuario dedicato alla Madonna. Vi ringrazio, cari fratelli e sorelle, per la vostra presenza, formulo sinceri voti per il progresso nella vostra Opera, benedico di cuore voi e la vostra iniziativa, che auspico feconda per lo sviluppo della devozione alla Madre di Dio.
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Ad altri devoti della Vergine Santissima va ora il mio saluto: si tratta del gruppo parrocchiale del Santuario della “Beata Vergine delle Genti” di Strà Val Tidone, della diocesi di Piacenza. Questi cari pellegrini hanno portato qui in piazza una bella statua della Madonna, simile a quella del Duomo di Milano, ed hanno chiesto che il Papa la benedica. Ben volentieri, cari fratelli, compio questo gesto, che vuol essere di buon auspicio, perché, per la mediazione della Madre di Dio, possano scendere abbondanti sulle vostre famiglie e sulla vostra parrocchia le benedizioni e le grazie celesti.
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Rivolgo una parola di incoraggiamento ai membri dell’Associazione Ecologica “Marevivo” di Roma. Essa si propone di contribuire alla soluzione del problema così attuale dell’inquinamento ambientale. A voi, cari Signori, il mio augurio che la vostra attività possa arrecare un beneficio sempre più efficace in un campo così importante della convivenza civile e dell’umano benessere. Benedico di cuore il vostro impegno.

Ai giovani

Un affettuoso saluto desidero rivolgere ai Giovani ed alle Giovani presenti all’odierno nostro incontro. In particolare saluto i vari gruppi scolastici, fra i quali desidero rammentare gli alunni delle Scuole elementari di “Castellammare di Stabia” in provincia di Napoli, e quelli di Mirandola, in provincia di Modena.

In questo periodo pasquale, che fa memoria della Risurrezione di Gesù, formo voti che diate testimonianza, nella vostra vita, nelle vostre aspirazioni, nelle vostre scelte, di essere veramente anche voi “risorti in Cristo”: ciò comporta un continuo impegno per far crescere e sviluppare la vita di grazia, la fede, la speranza e la carità verso Dio e verso il prossimo, per essere degni dei figli adottivi di Dio.

Agli ammalati

Anche a voi, Fratelli e Sorelle che soffrite per la malattia, indirizzo il mio cordiale saluto, in questo clima di gioia per il trionfo di Gesù sulla morte e sul peccato.

E’ a Lui, a Cristo, morto per le nostre colpe e risorto per la nostra giustificazione, che affido i vostri dolori e le vostre infermità.

Vorrei oggi raccomandare in modo speciale alla preghiera vostra e di tutti gli ammalati l’Assemblea Nazionale dell’Azione Cattolica Italiana che inizierà dopodomani.

E’ un avvenimento importante, atteso il ruolo che l’Azione Cattolica è chiamata a svolgere in collaborazione con i Pastori della Chiesa in Italia.

A voi tutti ed ai vostri familiari imparto la mia affettuosa Benedizione.

Agli sposi novelli

Il mio pensiero si rivolge adesso a voi, Sposi novelli, che avete consacrato il vostro amore nel sacramento del matrimonio.

Alla vostra nascente Famiglia cristiana auguro che essa dia sempre la testimonianza di essere una autentica “Chiesa in miniatura”, animata e fecondata dalla fede, che è la guida luminosa nel continuo, quotidiano cammino della vita.

La mia Benedizione Apostolica accompagni voi tutti ora e sempre.

Viva partecipazione al dolore delle persone coinvolte nelle due gravi sciagure, accadute una nello Sri Lanka e l’altra nel Bangladesh, è espressa stamane dal Santo Padre, al termine dell’udienza generale. Queste le parole del Santo Padre.

È con profonda pena che ho appreso delle due gravi sciagure, accadute una nello Sri Lanka, dove il cedimento di una diga ha causato distruzione e morte; l’altra nel Bangladesh, per una violenta tempesta che ha rovesciato un battello carico di circa un migliaio di passeggeri, provocando la morte di una gran parte di essi.

Nell’esprimere la mia viva partecipazione al dolore delle persone coinvolte in tali dolorosi eventi, innalzo a Dio la mia preghiera di suffragio per le numerose vittime. Invoco poi da Dio il conforto per quanti soffrono, per le famiglie afflitte dalla perdita dei loro congiunti, per quanti si trovano in pena perché colpiti nel lavoro o negli affetti.

Auspico che anche in questa circostanza la solidarietà umana possa sovvenire alle indigenze provocate da simili disastri e che la forza della carità possa essere un valido rimedio ai bisogni emergenti ed alla tristezza del male subìto dai nostri fratelli.



Mercoledì, 30 aprile 1986

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1. “Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra”: il primo articolo del Credo non ha finito di donarci le sue straordinarie ricchezze, e infatti la fede in Dio come creatore del mondo (delle “cose visibili e invisibili”), è organicamente unita alla rivelazione della divina Provvidenza.

Iniziamo oggi, all’interno della riflessione sulla creazione, un gruppo di catechesi il cui tema è insieme nel cuore della fede cristiana e nel cuore dell’uomo chiamato alla fede: il tema della Provvidenza divina, o di Dio che, come Padre onnipotente e saggio, è presente e opera nel mondo, nella storia di ogni sua creatura, perché ogni creatura, e specificamente l’uomo, sua immagine, possa realizzare la sua vita come un cammino guidato dalla verità e dall’amore verso il traguardo della vita eterna in lui.

“Perché Dio ci ha creato?”, si chiede la tradizione cristiana della catechesi. E illuminati dalla grande fede della Chiesa ci troviamo a ripetere, piccoli e grandi, queste parole o altre simili: “Dio ci ha creato per conoscerlo e amarlo in questa vita e goderlo per sempre nell’altra”.

Ma proprio questa enorme verità di Dio, che con volto sereno e mano sicura guida la nostra storia, trova paradossalmente nel cuore dell’uomo un duplice, contrastante sentimento: da una parte egli è portato ad accogliere e ad affidarsi a questo Dio Provvidente, così come afferma il Salmista: “Io sono tranquillo e sereno. Come un bimbo in braccio a sua madre è quieto il mio cuore dentro di me” (
Ps 130,2). Dall’altra, però, l’uomo teme e dubita di abbandonarsi a Dio, come Signore e Salvatore della sua vita, o perché, offuscato dalle cose, si dimentica del Creatore, o perché, segnato dalla sofferenza, dubita di lui come Padre. In entrambi i casi la Provvidenza di Dio è come chiamata in causa dall’uomo. È tale la condizione dell’uomo, che nella stessa Scrittura divina Giobbe non esita a lamentarsi davanti a Dio con schietta confidenza; in tal modo, la parola di Dio indica che la Provvidenza si esprime dentro lo stesso lamento dei suoi figli. Dice Giobbe, piagato nel corpo e nel cuore: “Oh, potessi sapere dove trovarlo, potessi arrivare fino al suo trono! Esporrei davanti a lui la mia causa e avrei piene le mie labbra di ragioni” (Jb 23,3-4).

2. E difatti non sono mancate all’uomo, lungo tutta la sua storia, sia nel pensiero dei filosofi, sia nelle dottrine delle grandi religioni, sia nella semplice riflessione dell’uomo della strada, le ragioni per cercare di comprendere, anzi di giustificare l’agire di Dio nel mondo.

Le soluzioni sono diverse e chiaramente non tutte accettabili, e nessuna pienamente esaustiva. Vi è chi fin dai tempi antichi si è appellato al fato o destino cieco e capriccioso, alla fortuna bendata. Vi è chi per affermare Dio ha compromesso il libero arbitrio dell’uomo; o chi, soprattutto nell’epoca a noi contemporanea, per affermare l’uomo e la sua libertà, pensa di dover negare Dio. Soluzioni estremiste e unilaterali che ci fanno almeno comprendere quali nodi fondamentali di vita entrino in gioco quando diciamo “divina Provvidenza”: come si compone l’azione onnipotente di Dio con la nostra libertà, e la nostra libertà con i suoi infallibili progetti? Quale sarà il nostro destino futuro? Come interpretare e riconoscere la sua infinita saggezza e bontà davanti ai mali del mondo: al male morale del peccato e alla sofferenza dell’innocente? Questa nostra storia, col dispiegarsi attraverso i secoli di avvenimenti, di terribili catastrofi e di sublimi atti di grandezza e di santità . . . che senso ha? L’eterno, fatale ritorno di tutto al punto di partenza senza mai un punto di arrivo, se non un finale cataclisma che seppellirà ogni vita per sempre, oppure - e qui il cuore sente di aver delle ragioni più grandi di quelle che la sua piccola logica riesce a donargli - vi è un Essere provvidente e positivo, che chiamiamo Dio, che ci circonda con la sua intelligenza, tenerezza, sapienza, e guida “fortiter ac suaviter” questo nostro esistere - la realtà, il mondo, la storia, le stesse nostre volontà ribelli, se a lui consentono - verso il riposo del “settimo giorno”, di una creazione arrivata finalmente al suo compimento?

3. Qui, su questo crinale sottile fra speranza e disperazione si colloca, per rafforzare immensamente le ragioni della speranza, la parola di Dio, tanto nuova, anche se invocata, così splendida da essere umanamente quasi incredibile. La parola di Dio non assume mai tanta grandezza e fascino come quando si confronta con le massime domande dell’uomo: Dio è qui, è Emmanuel, Dio-con-noi (Is 7,14), e in Gesù di Nazaret morto e risorto, Figlio di Dio e nostro fratello, Dio mostra di aver “piantato la sua tenda in mezzo a noi” (Jn 1,14). Possiamo ben dire che tutta la vicenda della Chiesa nel tempo consiste nella ricerca costante e appassionata di ritrovare, approfondire, proporre, i segni della presenza di Dio, in ciò guidata dall’esempio di Cristo e dalla forza dello Spirito. Per cui la Chiesa può, la Chiesa vuole, la Chiesa deve dire e donare al mondo la grazia e il senso della Provvidenza di Dio, per amore dell’uomo, per sottrarlo al peso schiacciante dell’enigma e affidarlo ad un Mistero di amore grande, incommensurabile, decisivo come è Dio. Sicché il vocabolario cristiano si arricchisce di espressioni semplici che costituiscono, oggi come ieri, il patrimonio di fede e di cultura dei discepoli di Cristo: Dio vede, Dio sa, se Dio vorrà, vivere alla presenza di Dio, si compia la sua volontà, Dio scrive dritto anche dentro le nostre righe storte . . . in sintesi: la Provvidenza divina.

4. La Chiesa annuncia la divina Provvidenza non per sua invenzione, sia pur ispirata da pensieri di umanità, ma perché Dio si è manifestato così, quando ha rivelato nella storia del suo popolo che la sua azione creativa e il suo intervento di salvezza erano indissolubilmente uniti, facevano parte di un unico piano progettato nei secoli eterni. Sicché la Sacra Scrittura, nella sua globalità, diventa il documento supremo della divina Provvidenza, manifestando l’intervento di Dio sulla natura con la creazione e il suo ancor più mirabile intervento con la redenzione, che ci fa creature nuove in un mondo rinnovato dall’amore di Dio in Cristo. La Bibbia, infatti, parla di Provvidenza divina nei capitoli sulla creazione e in quelli più specificamente attenti all’opera della salvezza, nella Genesi e nei Profeti, specialmente in Isaia, nei Salmi cosiddetti del creato e nelle profonde meditazioni di Paolo sugli imperscrutabili disegni di Dio operante nella storia (cfr specialmente, EP Colossesi), nei Libri Sapienzali, così attenti a ritrovare il segno di Dio nel mondo, e nell’Apocalisse tutta tesa a ritrovare il senso del mondo in Dio. Alla fine appare che il concetto cristiano di Provvidenza non è semplicemente un capitolo di filosofia religiosa, ma che alle grandi domande di Giobbe e di ogni uomo come lui la fede risponde con la completezza di una visione che, assecondando i diritti della ragione, fa giustizia alla ragione stessa ancorandola alle certezze più stabili della teologia. A questo proposito il nostro cammino si incontrerà con l’instancabile riflessione di fede della Tradizione a cui ci richiameremo opportunamente, cogliendo nell’ambito della perenne verità lo sforzo della Chiesa di farsi compagna dell’uomo che sulla Provvidenza si interroga sempre di nuovo e in termini nuovi. Il Concilio Vaticano I e il Concilio Vaticano II, ognuno a suo modo, sono preziose voci dello Spirito Santo da non lasciar cadere, ma su cui meditare, non lasciandoci intimorire dalla densità del pensiero, ma accogliendo la linfa vitale della verità che non muore.

5. Ogni domanda seria deve ricevere una risposta seria, approfondita, solida. Per questo toccheremo i diversi aspetti dell’unico tema vedendo anzitutto come la Provvidenza divina rientri nella grande opera della creazione e ne sia l’affermazione che mette in mostra la ricchezza molteplice e attuale dell’agire di Dio. Da ciò consegue che la Provvidenza si manifesta come Sapienza trascendente che ama l’uomo e lo chiama a partecipare al disegno di Dio, come primo destinatario della sua cura amorevole, e insieme come suo intelligente cooperatore.

Il rapporto tra Provvidenza divina e libertà dell’uomo non è di antitesi, ma di comunione nell’amore. Anche il profondo problema del nostro destino futuro trova nella rivelazione divina, specificamente in Cristo, una luce provvidenziale che, pur mantenendo intatto il mistero, ci garantisce della volontà salvifica del Padre. In tale prospettiva, la divina Provvidenza lungi dall’essere negata dalla presenza del male e della sofferenza, diventa il baluardo della nostra speranza, lasciandoci intravedere come essa sappia cavare il bene anche dal male. Infine ricorderemo la grande luce che il Vaticano II irradia sulla Provvidenza di Dio in riferimento all’evoluzione e al progresso del mondo, raccogliendo alla fine nella visione trascendente del Regno che cresce il punto finale dell’incessante e sapiente agire nel mondo di Dio provvidente. “Chi è saggio comprenda queste cose, chi ha intelligenza le comprenda; poiché rette sono le vie del Signore, i giusti camminano in esse, mentre i malvagi vi inciampano” (Os 14,10).

Ad alcuni gruppi di lingua inglese

I wish to welcome the various groups of English-speaking pilgrims and visitors from England, Sweden, India, Australia and the United States. In particular, my greetings go to the Youth Choir from Strömstad, Sweden. May Christ our Risen Saviour fill your hearts with his joy and peace.

Ai pellegrini di espressione francese

Ai fedeli di lingua spagnola
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Ai pellegrini di espressione tedesca

Ai pellegrini provenienti dalla Polonia

Ai gruppi italiani

Saluto tutti i gruppi di lingua italiana, qui convenuti da diverse regioni della penisola.

Saluto in particolare i fedeli della Parrocchia di Carugo, in diocesi di Milano, che ricordano il 50° anniversario della consacrazione della loro Chiesa, dedicata a San Bartolomeo. Essi recano una fiaccola perché sia qui accesa e poi portata da una staffetta di giovani maratoneti fino al Santuario della Madonna Immacolata di San Zeno.

Cari parrocchiani di Carugo, volentieri accendo questa fiaccola e vi auguro che le celebrazioni giubilari vi facciano sentire sempre più la necessità di considerare la vostra Parrocchia un vero focolare spirituale, che vi riunisca nella preghiera e nella solidarietà verso i bisogni altrui.
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Saluto parimenti gli appartenenti alla formazione ciclistica Del Tongo-Colnago, qui rappresentati dai noti corridori e dalle rispettive famiglie. Vi ringrazio per la vostra partecipazione a questo incontro e vi auguro sempre maggiori successi nelle competizioni sportive e nella vita quotidiana.

Ai giovani

Desidero adesso rivolgere un caro saluto ai giovani qui presenti. In particolare saluto gli 800 giovani dell’oratorio “Vilma e Salvatore Avezzano” e della Scuola catechistica della parrocchia di Grumo Nevano. Benvenuti, cari giovani, e il Signore sia con voi!

Oggi la Chiesa ricorda, nella sua liturgia, una grande figura di Pontefice, San Pio V: un Papa che, con sapienza, fermezza e dedizione, seppe guidare il popolo di Dio nel delicato periodo storico che richiedeva l’applicazione dei decreti del Concilio di Trento. Fu quello, per tutta la Chiesa, un periodo di grande rinnovamento spirituale, ricco di fervore e di iniziative di apostolato e di carità.

Cercate, cari giovani, di cogliere l’anima cristiana del presente momento storico, alimentando ad essa il vostro entusiasmo, così da prepararvi a svolgere i compiti che la Chiesa oggi e domani vi affiderà in forme nuove, ma con lo stesso spirito di fede. Con tale augurio, vi benedico di cuore!

Agli ammalati

Desidero ora rivolgere un affettuoso saluto agli ammalati, fra i quali vorrei ricordare quelli dell’UNITALSI di La Spezia e i bambini dell’istituto Casa del Sole di Curtatone, in diocesi di Mantova. Carissimi, vi ringrazio per essere venuti. Domani inizia il mese di maggio, tradizionalmente dedicato ad una più intensa devozione alla Madonna. Non si finirebbe mai di raccontare tutte le delicate attenzioni di Colei, che invochiamo Salute degli infermi e Consolatrice degli afflitti, verso coloro che soffrono! Invito pertanto anche voi ad aumentare, nel mese prossimo, la vostra fiducia in questa Madre tenerissima. La sua premurosa intercessione, invocata con cuore puro, se non sempre procura la salute del corpo, ci ottiene però sempre la grazia di Dio e la pace dell’anima, che in fondo sono i beni più preziosi. Ed io vi seguo con la mia Benedizione.

Agli sposi novelli

Cari sposi novelli qui presenti! Salute e pace a voi da Nostro Signore! Benvenuti presso la Sede di Pietro! A voi voglio ricordare la cara e grande figura di S. Giuseppe, sposo di Maria Santissima. Auspico che possiate sempre trovare nel Falegname di Nazaret un modello e un intercessore, e anche un esempio di probità nel lavoro, di diligenza nel compierlo, di pazienza nell’accoglierne i pesi, di perseveranza nel farlo fruttare! Con la mia cordiale Benedizione.

Alla festa dei lavoratori che si celebrerà domani 1° Maggio in tutto il mondo, Giovanni Paolo II dedica un particolare pensiero nel corso dell’udienza generale di oggi. Ecco le parole del Santo Padre.

Domani, primo maggio, è la festa dei lavoratori. Rivolgo il mio più cordiale saluto a tutti i lavoratori. Desidero assicurarli che sono loro vicino, condividendo le loro ansie e preoccupazioni, le loro gioie e le loro aspirazioni. Il mio pensiero va agli operai, agli agricoltori, agli artigiani, ai pescatori e a tutti coloro che col sudore quotidiano guadagnano il necessario per le loro famiglie e per la società intera. Invoco la protezione di san Giuseppe su di loro e su coloro che si trovano disoccupati; con il suo aiuto e sul suo esempio ogni cristiano sappia contribuire fattivamente al benessere sociale e spirituale di tutti e di ciascuno.


Al termine dell’udienza generale in Piazza San Pietro Giovanni Paolo II raggiunge l’Aula Paolo VI dove riceve in udienza il Consiglio Direttivo del Centro Anglicano, presente a Roma in occasione del XX anniversario di fondazione. Queste le parole del Papa.

Ecco le parole del Papa in una nostra traduzione italiana.

Sono molto felice di dare il benvenuto ai membri del Consiglio del Centro Anglicano che sono venuti a Roma per il 20° anniversario della fondazione del Centro. La vostra presenza qui richiama quello storico incontro che ebbe luogo nel marzo 1966 tra il mio predecessore Papa Paolo VI e l’allora Arcivescovo di Canterbury, il dottor Michael Ramsey, fu poco dopo quell’incontro che i metropoliti della Comunione Anglicana, incontratisi a Gerusalemme, firmarono per la creazione del Centro Anglicano a Roma. Costruito sull’amicizia nata tra il Papa Paolo VI e l’Arcivescovo Ramsey, il Centro Anglicano ha continuato a lavorare per l’adempimento delle speranze e delle aspirazioni di coloro che lo fondarono. È stato un luogo di studi ecumenici, un centro d’incontri tra cristiani di differenti ambienti, e soprattutto un posto che ha incoraggiato quell’amicizia tra cattolici e anglicani che è la base per ulteriori progressi sul cammino dell’unità.

Prego affinché il Signore continui a guidarci avanti, e perché possiamo essere sempre aperti alla guida della luce dello Spirito Santo. Dio onnipotente vi benedica con la sua profonda e costante pace.




Mercoledì, 7 maggio 1986

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1. Continuiamo oggi la catechesi sulla Provvidenza divina.

Dio, creando, ha chiamato dal nulla all’esistenza tutto ciò che ha iniziato ad essere al di fuori di lui. Ma l’atto creativo di Dio non si esaurisce qui. Ciò che è sorto dal nulla ritornerebbe nel nulla, se fosse lasciato a se stesso e non fosse invece conservato nell’esistenza dal Creatore. In realtà Iddio, avendo creato il cosmo una volta, continua a crearlo, mantenendolo nell’esistenza. La conservazione è una creazione continua. (Conservatio est continua creatio).

2. Possiamo innanzitutto dire che la Provvidenza divina, intesa nel senso più generico, si esprime in questa “conservazione”: mantenendo cioè nell’esistenza tutto ciò che ha avuto l’essere dal nulla. In questo senso, la Provvidenza è quasi una costante e incessante conferma dell’opera della creazione in tutta la sua ricchezza e varietà. Essa significa la costante e ininterrotta presenza di Dio come creatore, in tutta la creazione: una presenza che continuamente crea e continuamente raggiunge le più profonde radici di tutto ciò che esiste, per operarvi come prima causa dell’essere e dell’agire.

In questa presenza di Dio si esprime continuamente la stessa eterna volontà di creare e di conservare ciò che è creato: una volontà sommamente e pienamente sovrana, mediante la quale Dio, secondo la natura stessa del bene che gli è propria in modo assoluto (bonum diffusivum sui), continua a pronunciarsi, così come nel primo atto della creazione, a favore dell’essere contro il nulla, a favore della vita contro la morte, a favore della “luce” contro la “tenebra” (cfr
Jn 1,4-5), in una parola: a favore della verità, del bene e della bellezza di tutto ciò che esiste. Nel mistero della Provvidenza si prolunga in modo ininterrotto e irreversibile il giudizio contenuto nel Libro della Genesi: “Dio vide che era cosa buona . . . che era cosa molto buona” (Gn 1,24 Gn 1,31): essa costituisce cioè la fondamentale e incrollabile affermazione dell’opera della creazione.

3. Questa affermazione essenziale non è intaccata da alcun male che derivi dal limite inerente a ogni cosa del cosmo, o che si produca, come è avvenuto, nella storia dell’uomo, in doloroso contrasto con quell’originale “Dio vide che era cosa buona . . . che era cosa molto buona”. Dire Provvidenza divina significa riconoscere che nell’eterno piano di Dio, nel suo disegno creativo, quel male che originariamente non ha posto, una volta commesso dall’uomo e permesso da Dio, in definitiva viene subordinato al bene: “tutto concorre al bene”, come si esprime l’Apostolo (cfr Rm 8,28). Ma questo è un problema sul quale occorrerà ancora tornare.

4. La verità della Provvidenza divina è presente nell’intera rivelazione. Si può anzi dire che essa pervade tutta la rivelazione, così come la verità della creazione. Con questa costituisce il primo e fondamentale punto di riferimento in tutto ciò che Dio “molte volte e in diversi modi” volle dire agli uomini “per mezzo dei profeti, e ultimamente . . . per mezzo del Figlio” (He 1,1). Occorre dunque rileggere questa verità sia nei testi della rivelazione dove se ne parla direttamente, sia là dove la Sacra Scrittura le rende testimonianza in modo indiretto.

5. Essa si trova sin dall’inizio, come fondamentale verità di fede, nel magistero ordinario della Chiesa, anche se solo il Concilio Vaticano I si è pronunciato su di essa nell’ambito della solenne costituzione dogmatica “De fide catholica”, a proposito della verità sulla creazione. Ecco le parole del Vaticano I: “Tutto ciò che ha creato, Dio lo conserva e lo dirige con la sua provvidenza «estendendosi da un confine all’altro con forza e governando con bontà ogni cosa» (cfr Sap Sg 8,1). «Tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi» (cfr He 4,13), anche ciò che avrà luogo per libera iniziativa delle creature” (DS 3003).

6. Il testo conciliare, piuttosto conciso, come si vede, era dettato dalla particolare necessità dei tempi (secolo XIX). Il Concilio voleva prima di tutto confermare il costante insegnamento della Chiesa sulla Provvidenza, e dunque l’immutabile Tradizione dottrinale legata a tutto il messaggio biblico, come provano i passi dell’Antico e del Nuovo Testamento contenuti nel testo. Confermando questa costante dottrina della fede cristiana, il Concilio intendeva contrapporsi agli errori del materialismo e del deismo, di allora. Il materialismo, come si sa, nega l’esistenza di Dio, mentre il deismo, pur ammettendo l’esistenza di Dio e la creazione del mondo, sostiene che Dio non si occupa affatto del mondo che ha creato. Si potrebbe dunque dire che è proprio il deismo che con la sua dottrina attacca direttamente la verità sulla divina Provvidenza.

7. La separazione dell’opera della creazione dalla Provvidenza divina, tipica del deismo, e ancor più la totale negazione di Dio propria del materialismo, aprono la strada al determinismo materialista, al quale l’uomo e la sua storia vengono completamente subordinati. Il materialismo teorico si trasforma in materialismo storico. In questo contesto, la verità sull’esistenza di Dio, e in particolare sulla divina Provvidenza, costituisce la fondamentale e definitiva garanzia dell’uomo e della sua libertà nel cosmo. Lo lascia intendere la Sacra Scrittura già nell’Antico Testamento, quando vede Dio come forte e indistruttibile sostegno: “Ti amo, Signore, mia forza. Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore; mio Dio, mia rupe in cui trovo riparo, mio scudo e baluardo, mia potente salvezza” (Ps 17,3). Dio è l’incrollabile fondamento sul quale l’uomo poggia con tutto il suo essere: “nelle tue mani è la mia vita” (Ps 15,5).

Si può dire che la Provvidenza divina come sovrana affermazione, da parte di Dio, di tutta la creazione e, in particolare, della preminenza dell’uomo tra le creature, costituisce la garanzia fondamentale della sovranità dell’uomo stesso nei riguardi del mondo. Ciò non significa l’annullamento della determinazione immanente alle leggi della natura, ma l’esclusione di quel determinismo materialista che riduce tutta l’esistenza umana al “regno della necessità”, annientando praticamente il “regno della libertà”, che il Creatore ha invece destinato all’uomo. Dio con la sua Provvidenza non cessa di essere il sostegno ultimo del “regno della libertà”.

8. La fede nella Provvidenza divina rimane, come si vede, strettamente connessa con la concezione basilare dell’esistenza umana, col senso cioè della vita dell’uomo. L’uomo può affrontare la propria esistenza in modo essenzialmente diverso, quando ha la certezza di non essere in balia di un cieco destino (“fatum”), ma di dipendere da Qualcuno che gli è Creatore e Padre. Perciò la fede nella divina Provvidenza iscritta nelle prime parole del Simbolo apostolico: “Credo in Dio Padre onnipotente”, libera l’esistenza umana dalle diverse forme del pensiero fatalista.

9. Nel solco della costante tradizione dell’insegnamento della Chiesa e in particolare della dottrina del Concilio Vaticano I, anche il Concilio Vaticano II parla molte volte della divina Provvidenza. Dai testi delle sue Costituzioni risulta che Dio è colui che “ha cura paterna di tutti”, e in particolare “del genere umano”. Espressione di questa cura è anche la “legge divina, eterna, oggettiva e universale, per mezzo della quale Dio, nel suo disegno di sapienza e amore, ordina, dirige e governa tutto il mondo e le vie della società umana” (Dignitatis Humanae DH 3). “L’uomo . . . non esiste, infatti, se non perché creato per amore da Dio, da lui sempre per amore è conservato, né vive pienamente secondo verità se non riconosce liberamente quell’amore e se non si affida al suo Creatore” (Gaudium et Spes GS 19).

Ai pellegrini francesi

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Ai fedeli di espressione inglese

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Ai pellegrini di lingua tedesca

Al fedeli della Spagna e dell’America Latina

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Ai pellegrini polacchi

Ad alcuni pellegrinaggi italiani

Saluto ora il gruppo di missionari, sacerdoti e suore, appartenenti a diversi Istituti, che stanno frequentando un corso annuale di rinnovamento e perfezionamento teologico-pastorale presso l’Università Urbaniana. Auguro a tutti voi, cari fratelli e sorelle, che questo periodo di permanenza presso la Sede di Pietro sia per voi una valida occasione per confermarvi ulteriormente nella vostra vocazione, aprendovi nel contempo ad un approfondimento e ad un aggiornamento teologico-pastorale, così da rendere più efficace il vostro ministero e più ampio il vostro raggio d’azione. Vi accompagna la mia Benedizione.
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Saluto poi il gruppo di studenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, provenienti dalle quattro sedi di Milano, Brescia, Piacenza e Roma, e che s’incontreranno qui a Roma per un torneo di pallacanestro.

Vi esorto soprattutto a prepararvi al futuro con impegno e serietà.

Vi benedico di cuore.
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Rivolgo una parola di saluto anche ai partecipanti del “Corso igienico sanitario per operatori sociali religiosi e laici nel terzo mondo - 1986”.

Mentre esprimo apprezzamento per il vostro impegno a testimoniare l’amore di Dio nell’attento servizio ai fratelli, domando al Signore di colmarvi di luce e di energie sempre nuove, perché siate nei paesi, dove esplicherete il vostro lavoro, costruttori di pace e di unità, nella giustizia e nella carità autentiche.

Vi sono spiritualmente vicino con l’Apostolica Benedizione.
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Saluto poi il pellegrinaggio della parrocchia di Santa Maria di Loreto in Poggio Castelli, della diocesi di Rieti, il quale ha portato una statua della Madonna di Lourdes, chiedendo che il Papa la benedica.

Benvenuti! Apprezzo questo gesto di devozione alla Vergine Maria. Ben volentieri, pertanto, benedico questa sacra immagine, formulando voti che essa possa essere di aiuto, per molti fedeli, ad elevare gli occhi ed il cuore alla realtà stessa della Madre di Dio, così da attingere, in una viva comunione con Lei, sempre nuova forza per compiere bene il nostro cammino terreno! E la mia Benedizione raggiunga anche la vostra persona ed i vostri cari.

Ai giovani

Desidero ora rivolgere un saluto ai giovani.

Il nostro incontro, cari giovani, avviene in prossimità della festa dell’Ascensione del Signore. Ascendendo al cielo, Egli ha promesso di stare sempre con noi, ed ha comandato di predicare il Vangelo ad ogni creatura. Un invito ed un impegno ad espandere il messaggio evangelico senza remore e senza confini di sorta. Quanto il Signore ha predicato una volta deve essere annunziato e diffuso fino all’estremità della terra. L’evangelizzazione è quindi la vocazione, la grazia e l’identità più profonda che Cristo domanda di realizzare alla Chiesa ed a voi. Egli vi propone così la trasformazione dal di dentro dell’umanità e il suo rinnovamento. Accogliete questo invito: la società di oggi ha bisogno della vostra testimonianza. Vi benedico tutti, di cuore.

Agli ammalati

Saluto poi i malati presenti a questa Udienza e in particolare il gruppo degli ammalati ed accompagnatori appartenenti all’Associazione veneta per la lotta contro la Fibrosi Cistica.

Carissimi, invito anche voi a riflettere sul mistero dell’Ascensione. Sappiate che il Signore è vicino a voi e che potete comprenderlo quando di raccogliete nel pensiero di Dio. Chiedete a Gesù Cristo di farvi conoscere la Sua volontà, di darvi come una spiegazione soprannaturale del motivo della vostra sofferenza. Vi accorgerete allora che Egli vi è accanto, invisibile, ma vero, e vi aiuterà a vincere la paura e la solitudine, a superare, con il conforto della Sua amicizia, la sofferenza che vi affligge. A tutti, cordialmente, la mia Benedizione.

Agli sposi novelli

Saluto ora le giovani coppie di sposi novelli e formulo per loro l’augurio sincero di una vera felicità e pace nelle loro nuove famiglie.

Nell’ambito della casa siete voi i primi apostoli, gli annunciatori del mistero cristiano. La vostra fede acquista una singolare efficacia trainante a motivo dell’amore che sostiene tutte le relazioni familiari. Per questo il matrimonio è una missione. Vi accompagni la mia Benedizione.





Catechesi 79-2005 23486