Catechesi 79-2005 40686

Mercoledì, 4 giugno 1986

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1. Riprendiamo il testo della prima Lettera di san Pietro, al quale ci siamo richiamati alla fine della catechesi precedente: “Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi” (
1P 3-4).

Poco oltre lo stesso apostolo ha un’affermazione illuminante e consolante insieme: “Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po’ di tempo afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell’oro, che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco . . .” (1P 1,6-7).

Già dalla lettura di questo testo si arguisce che la verità rivelata circa la “predestinazione” del mondo creato e soprattutto dell’uomo in Cristo (praedestinatio in Christo), costituisce il fondamento principale e indispensabile delle riflessioni che intendiamo proporre sul tema del rapporto tra la Provvidenza divina e la realtà del male e della sofferenza presenti sotto tante forme nella vita umana.

2. Ciò costituisce per molti la principale difficoltà ad accettare la verità sulla divina Provvidenza. In alcuni casi questa difficoltà assume forma radicale, quando addirittura si accusa Dio a causa del male e della sofferenza presenti nel mondo, giungendo fino a rifiutare la verità stessa su Dio e sulla sua esistenza (cioè all’ateismo). In una forma meno radicale, e tuttavia inquietante, questa difficoltà si esprime nei tanti interrogativi critici, che l’uomo pone a Dio. Il dubbio, la domanda o addirittura la contestazione nascono dalla difficoltà di conciliare tra loro la verità della Provvidenza divina, della sollecitudine paterna di Dio per il mondo creato, e la realtà del male e della sofferenza sperimentata in diversi modi dagli uomini.

Possiamo dire che la visione della realtà del male e della sofferenza è presente con tutta la sua pienezza nelle pagine della Sacra Scrittura. Si può affermare che la Bibbia è, oltre tutto, un grande libro sulla sofferenza: questa entra in pieno nell’ambito delle cose che Dio volle dire all’umanità “molte volte . . . per mezzo dei profeti, e ultimamente per mezzo del Figlio” (cfr He 1,1): entra nel contesto dell’autorivelazione di Dio e nel contesto del Vangelo; ossia della buona novella della salvezza. Per questo l’unico metodo adeguato per trovare una risposta all’interrogativo sul male e sulla sofferenza nel mondo è di cercarla nel contesto della rivelazione offerta dalla parola di Dio.

3. Dobbiamo però prima di tutto intenderci sul male e sulla sofferenza. Essa è in se stessa multiforme. Comunemente si distingue il male in senso fisico da quello in senso morale. Il male morale si distingue da quello fisico prima di tutto per il fatto che comporta una colpevolezza, perché dipende dalla libera volontà dell’uomo, ed è sempre un male di natura spirituale. Esso si distingue dal male fisico, perché quest’ultimo non include necessariamente e direttamente la volontà dell’uomo, anche se ciò non significa che esso non possa essere causato dall’uomo o essere effetto della sua colpa. Il male fisico causato dall’uomo, a volte solo per ignoranza o mancanza di cautela, a volte per trascuratezza di precauzioni opportune o addirittura per azioni inopportune e dannose, si presenta in molte forme. Ma si deve aggiungere che esistono nel mondo molti casi di male fisico, che avvengono indipendentemente dall’uomo. Basti ricordare per esempio i disastri o le calamità naturali, come anche tutte le forme di minorazione fisica oppure di malattie somatiche o psichiche, di cui l’uomo non è colpevole,

4. La sofferenza nasce nell’uomo dall’esperienza di queste molteplici forme di male. In qualche modo essa può trovarsi anche negli animali, in quanto sono esseri dotati di sensi e della relativa sensibilità, ma nell’uomo la sofferenza raggiunge la dimensione propria delle facoltà spirituali che egli possiede. Si può dire che nell’uomo la sofferenza è interiorizzata, coscientizzata, sperimentata in tutta la dimensione del suo essere e delle sue capacità di azione e di reazione, di ricettività e di rigetto; è un’esperienza terribile, dinanzi alla quale, specialmente quando è senza colpa, l’uomo pone quei difficili, tormentosi, a volte drammatici interrogativi, che costituiscono ora una denuncia, ora una sfida, ora un grido di rifiuto di Dio e della sua Provvidenza. Sono interrogativi e problemi che si possono riassumere così: come conciliare il male e la sofferenza con quella sollecitudine paterna, piena d’amore, che Gesù Cristo attribuisce a Dio nel Vangelo? Come conciliarli con la trascendente sapienza e onnipotenza del Creatore? E in forma anche più dialettica: possiamo noi, di fronte a tutta l’esperienza del male che è nel mondo, specialmente di fronte alla sofferenza degli innocenti, dire che Dio non vuole il male? E se lo vuole, come possiamo credere che “Dio è amore”? Tanto più che questo amore non può non essere onnipotente?

5. Di fronte a questi interrogativi anche noi, come Giobbe, sentiamo quanto sia difficile dare una risposta. La ricerchiamo non in noi, ma con umiltà e fiducia nella parola di Dio. Già nell’Antico Testamento troviamo l’affermazione vibrante e significativa: “contro la Sapienza la malvagità non può prevalere. Essa si estende da un confine all’altro con forza, governa con bontà eccellente ogni cosa” (Sg 7,30-8,1). Di fronte alla multiforme esperienza del male e della sofferenza nel mondo già l’Antico Testamento rende testimonianza al primato della Sapienza e della bontà di Dio, alla sua divina Provvidenza. Questo atteggiamento si delinea e sviluppa nel Libro di Giobbe, che è dedicato completamente alla tematica del male e del dolore visti come prova a volte tremenda per il giusto, ma superata dalla certezza, faticosamente conquistata, che Dio è buono. In questo testo cogliamo la consapevolezza del limite e della caducità delle cose create, per cui alcune forme di “male” fisico (dovute a mancanza o a limitazione del bene) appartengono alla struttura stessa degli esseri creati, che per propria natura sono contingenti e passeggeri, dunque corruttibili.

6. Sappiamo inoltre che gli esseri materiali sono in stretto rapporto di interdipendenza come esprime l’antico adagio: “la morte dell’uno è la vita dell’altro” (“corruptio unius est generatio alterius”). Così dunque, in una certa misura anche la morte serve alla vita. Questa legge riguarda anche l’uomo in quanto è un essere animale e insieme spirituale, mortale e immortale. A questo proposito tuttavia le parole di san Paolo dischiudono orizzonti ben più ampi: “se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno” (2Co 4,16). E ancora: “Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria” (2Co 4,17).

6. L’assicurazione della Sacra Scrittura: “contro la sapienza la malvagità non può prevalere” (Sg 7,30), rafforza la nostra convinzione che, nel piano provvidenziale del Creatore riguardo al mondo, il male è in definitiva subordinato al bene. Inoltre nel contesto della verità integrale sulla divina Provvidenza, si è aiutati a comprendere meglio le due affermazioni: “Dio non vuole il male come tale” e “Dio permette il male”. A proposito della prima è opportuno richiamare le parole del Libro della Sapienza: “. . . Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutto per l’esistenza” (Sg 1,13-14). Quanto alla permissione del male nell’ordine fisico, ad esempio di fronte al fatto che gli esseri materiali (tra essi anche il corpo umano) sono corruttibili e subiscono la morte, bisogna dire che esso appartiene alla stessa struttura dell’essere di queste creature. D’altra parte sarebbe difficilmente pensabile, allo stato odierno del mondo materiale, l’illimitato sussistere di ogni essere corporeo individuale. Possiamo dunque capire che, se “Dio non ha creato la morte”, come afferma il Libro della Sapienza, tuttavia egli la permette, in vista del bene globale del cosmo materiale.

7. Ma se si tratta del male morale, cioè del peccato e della colpa nelle loro diverse forme e conseguenze anche nell’ordine fisico, questo male Dio decisamente e assolutamente non lo vuole. Il male morale è radicalmente contrario alla volontà di Dio. Se nella storia dell’uomo e del mondo questo male è presente e a volte addirittura opprimente, se in un certo senso ha una propria storia, esso viene solo permesso dalla divina Provvidenza per il fatto che Dio vuole che nel mondo creato vi sia libertà. L’esistenza della libertà creata (e dunque l’esistenza dell’uomo, l’esistenza anche di spiriti puri come sono gli angeli, dei quali parleremo più avanti), è indispensabile per quella pienezza della creazione, che risponde all’eterno piano di Dio (come abbiamo già detto in una delle precedenti catechesi). A motivo di quella pienezza di bene che Dio vuole realizzare nella creazione, l’esistenza degli esseri liberi è per lui un valore più importante e fondamentale del fatto che quegli esseri abusino della propria libertà contro il Creatore, e che perciò la libertà possa portare al male morale.

Indubbiamente è grande la luce che riceviamo dalla ragione e dalla rivelazione a riguardo del mistero della divina Provvidenza, che pur volendo il male lo tollera in vista di un bene più grande. La luce definitiva, tuttavia, ci può venire soltanto dalla croce vittoriosa di Cristo. Ad essa dedicheremo la nostra attenzione nella catechesi seguente.

Ai gruppi di lingua inglese

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Ai numerosi pellegrini provenienti dalla Spagna e dall’America Latina

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Ai fedeli di lingua portoghese

Ai fedeli provenienti dalla Polonia

Ad alcuni gruppi italiani

Desidero rivolgere il mio cordiale saluto a tutti i gruppi e ai singoli pellegrini di lingua italiana, presenti a questa Udienza, e in particolare ai numerosi Rappresentanti del Quartiere Appio Latino Metronio di Roma; al Parroco e ai Fedeli della parrocchia di Santa Maria a Pugliano, in Ercolano, ed al Gruppo Artigiani San Giovanni, di Brescia.

A voi tutti esprimo il mio grato compiacimento per la vostra partecipazione a questo incontro, che manifesta la vostra devota adesione al Successore di Pietro nella Cattedra di Roma. Formo voti che la vostra fede cristiana animi e diriga ogni giorno i vostri ideali, i vostri propositi, le vostre scelte di vita, per essere validi testimoni del Vangelo, nei vari ambienti in cui si svolge il vostro lavoro.

A voi tutti, alle vostre famiglie ed ai vostri cari imparto la Benedizione Apostolica.

Ai giovani

Rivolgo ora il mio saluto affettuoso a tutti i ragazzi e i giovani.

Carissimi, sono lieto di incontrarmi con voi in questa settimana in cui la Chiesa celebra la festa del Sacro Cuore. Tale ricorrenza liturgia richiama alla mente l’amore infinito e misericordioso di Dio per tutti gli uomini; essa ci invita a corrispondere a tanta bontà e a diventare testimoni ed araldi di questa ineffabile realtà. Pensate un po’ per quali vie misteriose il Signore ha voluto avvicinarsi a noi per liberarci e renderci felici: ha scelto le vie del Cuore, per cui ciascuno può dire a sé stesso: vi è Uno che mi vuole bene! e questo Qualcuno è Cristo: è il cuore di Cristo! Cari giovani, imparate ad amare da Lui; sia anche il vostro un amore sincero, forte, ardente, elevante: un amore autenticamente cristiano che dia il senso della vita e la gioia di viverla in profondità, senza frustrazioni, incoerenze ed egoismi. A questo fine vi benedico e vi auguro tanta gioia.

Agli ammalati

Il mio pensiero si rivolge anche a tutti gli ammalati che hanno voluto partecipare a questo incontro. Nel ringraziarvi per questo vostro atto di fede e di amore, vi esorto a rivolgere il vostro sguardo al Cuore di Gesù che tanto ama gli uomini. Da quel Cuore tutti, ma specialmente coloro che soffrono, possono attingere conforto e sollievo nelle loro prove. Ricordate le sue parole: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati ed oppressi, e io vi ristorerò . . . imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime”. A voi e a quanti vi assistono, imparto la mia Benedizione, rivolgendo uno speciale pensiero all’Associazione Amici degli handicappati di Putignano, in diocesi di Bari.

Agli sposi novelli

Rivolgo infine un cordiale benvenuto a tutti gli sposi novelli.

Cari sposi, vi esprimo le mie felicitazioni per il passo così significativo ed insieme impegnativo da voi compiuto con la celebrazione del Sacramento del Matrimonio. Vi auguro che il vostro amore coniugale, reso stabile ed irrevocabile dalla grazia sacramentale, sia da voi vissuto in pienezza, nella reciproca donazione e nella fedeltà assoluta.

Il Signore Gesù benedica questo vostro amore e lo conservi granitico e fecondo nella gioia cristiana.

In occasione dell’annuale ricorrenza della “Giornata Mondiale per la Difesa dell’Ambiente” che si celebrerà domani il Santo Padre rivolge ai fedeli, presenti stamani in Piazza San Pietro per l’udienza generale, queste parole.

Domani 5 giugno si celebra la Giornata mondiale per la difesa dell’ambiente, organizzata dal “Programma delle Nazioni Unite per la difesa dell’Ambiente” (UNEP). Quest’anno, in concomitanza con l’Anno Internazionale della pace, la Giornata ha per tema “L’Ambiente e la pace” e come motto “Piantiamo l’albero della pace”, perché saranno promosse manifestazioni in cui verranno piantati numerosi alberi, nell’intento di promuovere il rimboschimento della terra, troppo spesso privata in modo dissennato del naturale manto protettivo delle foreste.

Esprimo il mio apprezzamento a quanti, con tale iniziativa dimostrano amore per la natura e si impegnano per la difesa dell’ambiente naturale. La protezione dell’ambiente è anche una questione etica a motivo delle forme recenti assunte dallo sviluppo, che non sempre tiene nella dovuta considerazione l’uomo e le sue esigenze. C’è una responsabilità da non dimenticare ed è quella relativa non solo all’uomo di oggi ma anche a quello di domani: ogni generazione, infatti, “guadagna o sperpera a vantaggio o a danno della successiva” (Ioannis Pauli PP. II Allocutio ad iuvenes in urbe Ravenna habita, 11 maii 1986: Vide supra, p. 1387.).

Possa un più diffuso rispetto per la natura favorire anche il cammino della pace, bene di fondamentale importanza per l’uomo di oggi e di sempre.





Mercoledì, 11 giugno 1986

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1. Nella precedente catechesi abbiamo affrontato l’interrogativo dell’uomo di ogni tempo circa la Provvidenza divina, di fronte alla realtà del male e della sofferenza. La parola di Dio luminosamente e perentoriamente afferma che “contro la sapienza (di Dio) la malvagità non può prevalere” (cfr Sap
Sg 7,30), e che Dio permette il male nel mondo per fini più alti, ma che non lo vuole. Oggi desideriamo metterci in ascolto di Gesù Cristo, il quale nel contesto del mistero pasquale, offre la risposta piena e completa a tale tormentoso interrogativo.

Riflettiamo anzitutto sul fatto che san Paolo annunzia il Cristo crocifisso come “potenza di Dio e sapienza di Dio” (1Co 1,24), in cui la salvezza viene data ai credenti. Certamente la sua è una potenza mirabile, se si manifesta nella debolezza e nell’abbassamento della passione e della morte di croce. Ed è una sapienza eccelsa, sconosciuta al di fuori della rivelazione divina. Nel piano eterno di Dio, e nella sua provvidenziale azione nella storia dell’uomo, ogni male, e in particolare il male morale - il peccato - viene sottomesso al bene della redenzione e della salvezza proprio mediante la croce e la risurrezione di Cristo. Si può dire che in lui Dio trae il bene dal male. Lo trae in un certo qual senso dal male stesso del peccato, che è stato la causa della sofferenza dell’Agnello Immacolato e della sua terribile morte sulla croce come vittima per i peccati del mondo. La liturgia della Chiesa non esita addirittura a parlare, a questo proposito, di “felix culpa” (cf. Exsultet della Veglia pasquale).

2. Così alla domanda: come conciliare il male e la sofferenza che è nel mondo con la verità della Provvidenza divina, non si può dare una risposta definitiva senza fare riferimento a Cristo. Da un lato, infatti, Cristo - il Verbo Incarnato - conferma mediante la propria vita - nella povertà, nell’umiliazione e nella fatica - specialmente mediante la sua passione e morte, che Dio è con ogni uomo nella sua sofferenza, e che anzi egli stesso prende su di sé la multiforme sofferenza dell’esistenza terrena dell’uomo. Nello stesso tempo Gesù Cristo rivela che questa sofferenza possiede un valore e una potenza redentiva e salvifica; che in essa si prepara quell’“eredità che non si corrompe”, di cui parla san Pietro nella sua prima lettera: l’eredità che è conservata nei cieli per noi” (cfr 1P 1,4). Così la verità della Provvidenza acquista mediante la “potenza e sapienza” della croce di Cristo il suo definitivo senso escatologico. La risposta definitiva alla domanda sulla presenza del male e della sofferenza nell’esistenza terrena dell’uomo viene offerta dalla rivelazione divina nella prospettiva della “predestinazione in Cristo”, nella prospettiva cioè della vocazione dell’uomo alla vita eterna, alla partecipazione alla vita di Dio stesso. È proprio questa la risposta che Cristo ha portato, confermandola con la sua croce e la sua risurrezione.

3. In questo modo tutto, anche il male e la sofferenza presenti nel mondo creato, e specialmente nella storia dell’uomo, sono sottoposti a quella inscrutabile Sapienza, circa la quale san Paolo esclama con trasporto: “O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie . . .” (Rm 11,33). Essa, infatti, nell’intero contesto salvifico, è quella “sapienza contro la quale la malvagità non può prevalere” (cfr Sap Sg 7,30). È una Sapienza piena d’amore, poiché “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito . . .” (Jn 3,16).

4. Proprio di questa Sapienza, ricca di amore compassionevole verso l’uomo sofferente, si interessano gli scritti apostolici per aiutare i fedeli tribolati a riconoscere il passaggio della Grazia di Dio. Così scrive san Pietro ai cristiani della prima generazione: “Siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere per un po’ di tempo afflitti da varie prove”. E aggiunge: “perché il valore della vostra fede molto più preziosa dell’oro, che, pur destinato a perire, tuttavia, si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo” (1P 1,6-7). Queste ultime parole fanno riferimento all’Antico Testamento, e in particolare al Libro del Siracide, nel quale leggiamo: “con il fuoco si prova l’oro, e gli uomini ben accetti nel crogiolo del dolore” (Si 2,5). Pietro, riprendendo lo stesso tema della prova, continua nella sua lettera: “Nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi, perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare” (1P 4,13).

5. In modo analogo si esprime l’apostolo san Giacomo quando esorta i cristiani ad affrontare le prove con letizia e pazienza: “Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove, sapendo che la prova della vostra fede produce la pazienza. E la pazienza completi l’opera sua in voi” (Jc 1,2-4). Infine san Paolo nella lettera ai Romani, paragona le sofferenze umane e cosmiche a una sorta di “doglie del parto” di tutta la creazione, sottolineando i “gemiti” di coloro che possiedono le “primizie” dello Spirito e aspettano la pienezza dell’adozione, cioè “la redenzione del nostro corpo”. Ma aggiunge: “Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio . . .” e più oltre: “Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?”, fino a concludere: “Io sono infatti persuaso che né morte né vita . . . né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rm 8,22-39). Accanto alla paternità di Dio, manifestata dalla Provvidenza divina, appare anche la pedagogia di Dio: “È per la vostra correzione (“paideia”, cioè educazione) che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non è corretto (educato) dal padre? . . . Dio lo fa per il nostro bene, allo scopo di farci partecipi della sua santità” (He 12,7 He 12,10).

6. Vista dunque con gli occhi della fede la sofferenza, anche se può ancora apparire come l’aspetto più oscuro del destino dell’uomo sulla terra, lascia però trasparire il mistero della divina Provvidenza, contenuto nella rivelazione di Cristo, e in particolare nella sua croce e nella sua risurrezione. Senza dubbio può ancora accadere che, ponendosi gli antichi interrogativi sul male e sulla sofferenza in un mondo creato da Dio, l’uomo non trovi una risposta immediata, specialmente se non possiede una fede viva nel mistero pasquale di Gesù Cristo. Gradualmente però e con l’aiuto della fede alimentata dalla preghiera, si scopre il senso vero della sofferenza che ciascuno sperimenta nella propria vita. È una scoperta che dipende dalla parola della divina rivelazione e dalla “parola della croce” (cfr 1Co 1,18) di Cristo, che è “potenza di Dio e sapienza di Dio” (1Co 1,24). Come dice il Concilio Vaticano II: “Per Cristo e in Cristo si illumina l’enigma del dolore e della morte, che al di fuori del suo vangelo ci schiaccia” (Gaudium et Spes GS 22). Se scopriamo mediante la fede questa potenza e questa “sapienza”, ci troviamo sulle vie salvifiche della divina Provvidenza. Si conferma allora il senso delle parole del salmista: “II Signore è il mio pastore . . . Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me” (Ps 22,1 Ps 22,4). La Provvidenza divina si rivela così come il camminare di Dio a fianco dell’uomo.

7. In conclusione: la verità sulla Provvidenza, che è intimamente legata al mistero della creazione, deve essere compresa nel contesto di tutta la rivelazione, di tutto il “Credo”. Si vede così che, in modo organico, nella verità della Provvidenza entrano la rivelazione della “Predestinazione” (“praedestinatio”) dell’uomo e del mondo in Cristo, la rivelazione dell’intera economia della salvezza e la sua realizzazione nella storia. La verità della Provvidenza divina è anche strettissimamente legata alla verità del regno di Dio, e perciò hanno un’importanza fondamentale le parole pronunciate da Cristo nel suo insegnamento sulla Provvidenza: “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia . . . e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6,33 cf. Lc 12,13). La verità circa la divina Provvidenza, cioè circa il trascendente governo di Dio sul mondo creato, diventa comprensibile alla luce della verità sul regno di Dio, su quel regno che Dio ha eternamente inteso realizzare nel mondo creato in base alla “predestinazione in Cristo”, che è stato “generato prima di ogni creatura” (Col 1,15).

Ai pellegrini di espressione francese

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Ai fedeli di lingua inglese

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Ai gruppi di lingua tedesca

Ai fedeli e pellegrini provenienti dalla Spagna e dai Paesi dell’America Latina
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Ai fedeli provenienti dalla Polonia

Ai vari gruppi italiani

Desidero rivolgere un saluto particolare al gruppo di iscritti all’Università milanese “della terza età”, guidato dal Cardinale Giovanni Colombo. Avete voluto festeggiare, cari fratelli, la conclusione del primo triennio di attività accademica con una visita alla Sede di Pietro. Vi ringrazio di cuore per la vostra presenza, e colgo l’occasione per esprimere i miei rallegramenti per questa iniziativa in corso, tanto legata alla disponibilità del venerato Cardinale qui presente. Formulo per voi, e per tutti gli altri Colleghi i miei più sinceri voti di largo profitto in questo impegno morale e culturale meritorio e fecondo di bene, mentre con affetto vi benedico.
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Un caro saluto, adesso, a due gruppi di Religiose qui presenti: le Suore aderenti alla Federazione Italiana Religiose Operatrici Sanitarie e le Suore Figlie di San Paolo.

A tutte voi, care sorelle, va il mio benvenuto ed una parola d’incoraggiamento per la preziosa attività che state svolgendo per la crescita del Regno di Dio ed il bene dell’umanità. Continuate con fortezza, speranza e tanta carità nell’opera intrapresa, che è opera di Dio, e la vostra convinta testimonianza possa attirare al vostro ideale nuove schiere di giovani ferventi e generose. Vi accompagno con la mia Benedizione!
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Un cordiale saluto voglio ora rivolgere ai partecipanti al corso indetto dall’istituto per la Ricostruzione Industriale, provenienti da trentacinque Paesi del mondo. Esprimo il mio compiacimento per il vostro impegno, teso a perfezionare l’organizzazione e la direzione del mondo del lavoro: un intento tanto importante, in relazione alle esigenze della giustizia e dello sviluppo umano. Gli ideali di un vero e sano umanesimo siano la vostra guida e la vostra forza, mentre io di cuore vi imparto la mia Benedizione.

Ai giovani

Rivolgo il mio affettuoso saluto ai giovani. Carissimi, vi assicuro del mio ricordo al Signore, perché Egli compia, attraverso il vostro aprirvi a Cristo, la sua volontà per il bene della Chiesa e dell’umanità intera.

Affido questa mia preghiera alla Vergine Maria, con la certezza che Ella trasformerà tale domanda nella pienezza dei doni celesti, e voi possiate così divenire sempre più generosi nell’irraggiare la fede di Dio, il cui amore conforta e sostiene.

Lo Spirito Santo vi illumini e vi fortifichi, e la mia Benedizione vi accompagni sempre.

Agli ammalati

Sono lieto, ora, di salutare tutti, ammalati ed i portatori di handicap rivolgendo uno speciale pensiero agli ospiti della “Piccola Lourdes” di Mondragone. Voi siete particolarmente vicini al mio cuore.

Carissimi fratelli e sorelle, la sofferenza è sempre una prova difficile, ma è anche una particolare chiamata a conformarsi a Gesù. La configurazione a Cristo, Servo sofferente, è quella preziosa grazia che, in primo luogo, mette in grado il credente di assicurare la continuità del ricordo di Dio e della sua lode nel mondo, offrendo il proprio corpo come sacrificio vivo, santo, gradito al Padre. In secondo luogo, pone il fedele al servizio della salvezza degli uomini, completando in sé i patimenti di Cristo e favorendo rapporti mossi da misericordia.

Con affetto vi imparto l’Apostolica Benedizione, che volentieri estendo a quanti vi assistono.

Agli sposi novelli

Il mio saluto, insieme con l’augurio più cordiale di vita serena, va infine a voi, cari sposi novelli.

Il Signore, che ha benedetto il vostro reciproco amore, faccia crescere in voi il dono della carità e della concordia, perché, vivendo in comunione piena, diventiate testimoni di come sia salda e lieta una famiglia, edificata sulla roccia di Cristo. Lo “Spirito di dolcezza” custodisca la vostra casa e mantenga nella pace voi ed i vostri cari.

Con la mia Benedizione Apostolica invoco su tutti i doni costanti della celeste protezione.


Mercoledì, 18 giugno 1986

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1. La verità sulla Provvidenza divina appare come il punto di convergenza delle tante verità contenute nell’affermazione: “Credo in Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra”. Per la sua ricchezza e continua attualità essa doveva essere trattata dall’intero magistero del Concilio Vaticano II, che l’ha fatto in modo eccellente. In molti documenti conciliari, infatti, troviamo un appropriato riferimento a questa verità di fede: ed essa è presente in modo particolare nella costituzione Gaudium et Spes. Il metterlo in luce significa compiere una ricapitolazione attualizzante delle precedenti catechesi sulla divina Provvidenza.

2. Come è noto, la costituzione Gaudium et Spes (
GS 2) affronta il tema: la Chiesa nel mondo contemporaneo. Sin dai primi paragrafi, però, si vede chiaramente che trattare questo tema sulla base del magistero della Chiesa non è possibile senza risalire alla verità rivelata sul rapporto di Dio con il mondo, e in definitiva alla verità della Provvidenza divina. Leggiamo infatti: “Il mondo . . . che il Concilio ha presente è quello . . . degli uomini . . . il mondo che i cristiani credono creato e conservato nell’esistenza dell’amore del Creatore, mondo certamente posto sotto la schiavitù del peccato, ma dal Cristo crocifisso e risorto liberato con la sconfitta del maligno e destinato, secondo il proposito divino, a trasformarsi e a giungere al suo compimento” (Gaudium et Spes, GS 2).

Questa “descrizione” coinvolge tutta la dottrina della Provvidenza, intesa sia come piano eterno di Dio nella creazione, sia come realizzazione di questo piano nella storia, sia come finalizzazione salvifica ed escatologica dell’universo e specialmente del mondo umano secondo la “predestinazione in Cristo”, centro e cardine di tutte le cose. In questa maniera viene ripresa con altri termini l’affermazione dogmatica del Concilio Vaticano I: “Tutto ciò che ha creato, Dio lo conserva e lo dirige con la sua provvidenza «estendendosi da un confine all’altro con forza e governando con bontà ogni cosa» (cfr Sap Sg 8,1). «Tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi» (cfr He 4,13), anche ciò che avrà luogo per libera iniziativa delle creature” (De Fide , DS DS 3003). Più specificamente, fin dal punto di partenza, la Gaudium et Spes focalizza una questione tanto pertinente al nostro tema quanto cara all’uomo d’oggi: come si compongono la “crescita” del regno di Dio e lo sviluppo (evoluzione) del mondo. Seguiamo ora le grandi linee di tale esposizione, puntualizzandone le affermazioni principali.

3. Nel mondo visibile il protagonista dello sviluppo storico e culturale è l’uomo. Creato a immagine e somiglianza di Dio, da lui conservato nell’essere e guidato con amore paterno nel compito di “dominare” le altre creature, l’uomo in un certo senso è, per se stesso, “provvidenza”. “L’attività umana individuale e collettiva, ossia quell’ingente sforzo col quale gli uomini nel corso dei secoli cercano di migliorare le proprie condizioni di vita, considerato in se stesso, corrisponde al disegno di Dio. L’uomo infatti, creato a immagine di Dio, ha ricevuto il comando di sottomettere a sé la terra con tutto quanto essa contiene, e di governare il mondo nella giustizia e nella santità, e così pure di riportare a Dio se stesso e l’universo intero, riconoscendo in lui il Creatore di tutte le cose; in modo che, nella subordinazione di tutte le realtà dell’uomo, sia glorificato il nome di Dio su tutta la terra” (Gaudium et Spes GS 34).

Precedentemente, lo stesso documento conciliare aveva affermato: “L’uomo non sbaglia a riconoscersi superiore alle cose corporali e a considerarsi più che soltanto una particella della natura o un elemento anonimo della città umana. Infatti, per la sua interiorità egli trascende l’universo: in quella profonda interiorità egli torna, quando si volge al cuore, là dove lo aspetta Dio, che scruta i cuori, là dove sotto lo sguardo di Dio egli decide del suo destino” (Gaudium et Spes GS 14).

4. Lo sviluppo del mondo verso assetti economici e culturali sempre più rispondenti alle esigenze integrali dell’uomo è un compito che rientra nella vocazione dell’uomo stesso al dominio della terra. Perciò anche i successi reali dell’odierna civiltà scientifica e tecnica, non meno di quelli della cultura umanistica e della “sapienza” di tutti i secoli, rientrano nell’ambito della “provvidenza” partecipata all’uomo per l’attuazione del disegno di Dio nel mondo. In questa luce il Concilio vede e riconosce il valore e la funzione della cultura e del lavoro del nostro tempo.

Infatti nella costituzione Gaudium et Spes (Gaudium et Spes GS 53-54) è descritta la nuova condizione culturale e sociale dell’umanità, con le sue note distintive e le sue possibilità di avanzamento tanto rapido da destare stupore e speranza. Il Concilio non esita a rendere testimonianza ai mirabili successi dell’uomo, riconducendoli nel quadro del disegno e del comando di Dio e collegandoli inoltre col Vangelo di fraternità predicato da Gesù Cristo: “L’uomo infatti, quando coltiva la terra al lavoro delle sue braccia o con l’aiuto della tecnica, affinché essa produca frutto e diventi una dimora degna dell’universale famiglia umana, e quando partecipa consapevolmente alla vita dei gruppi sociali, attua il disegno di Dio, manifestato all’inizio dei tempi, di assoggettare la terra e di perfezionare la creazione, e coltiva se stesso; nello stesso tempo mette in pratica il grande comandamento di Cristo di prodigarsi al servizio dei fratelli” (Gaudium et Spes GS 57 GS 63).

5. Il Concilio non chiude tuttavia gli occhi sugli enormi problemi concernenti lo sviluppo dell’uomo d’oggi, sia nella sua dimensione di persona, sia in quella di comunità. Sarebbe un’illusione credere di poterli ignorare, come sarebbe un errore impostarli in modo improprio o insufficiente, nell’assurda pretesa di fare a meno del riferimento necessario alla provvidenza e alla volontà di Dio. Dice il Concilio: “Ai nostri giorni, il genere umano, mosso da ammirazione per le proprie scoperte e la propria potenza, s’interroga spesso con ansia sull’attuale evoluzione del mondo, sul posto e sul compito dell’uomo nell’universo, sul senso dei propri sforzi individuali e collettivi, e ancora sul fine ultimo delle cose e degli uomini” (Gaudium et Spes GS 3). E spiega: “Come accade in ogni crisi di crescenza, questa trasformazione reca con sé non lievi difficoltà. Così, mentre l’uomo estende tanto largamente la sua potenza, non sempre riesce a porla al suo servizio. Si sforza di penetrare nel più intimo del suo animo, ma spesso appare più incerto su se stesso.

Scopre a mano a mano più chiaramente le leggi della vita sociale, ma resta poi esitante sulla direzione da imprimervi” (Gaudium et Spes GS 4). Il Concilio parla espressamente di “contraddizioni e squilibri” generati da una evoluzione “rapida e disordinatamente realizzata” nelle condizioni socio-economiche, nel costume, nella cultura, come pure nel pensiero e nella coscienza dell’uomo, nella famiglia, nei rapporti sociali, nelle relazioni tra i gruppi, le comunità e le nazioni, con conseguenti “diffidenze e inimicizie, conflitti e amarezze, di cui l’uomo stesso è a un tempo causa e vittima”. E finalmente il Concilio arriva alla radice quando afferma: “Gli squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo si collegano con uno squilibrio più fondamentale, radicato nel cuore dell’uomo” (Gaudium et Spes GS 10).

6. Davanti a questa situazione dell’uomo nel mondo di oggi appare del tutto ingiustificata la mentalità secondo la quale il “dominio” che egli si attribuisce è assoluto e radicale e può essere realizzato in una totale assenza di riferimento alla divina Provvidenza. È una vana e pericolosa illusione quella di costruire la propria vita e di fare del mondo il regno della propria felicita esclusivamente con le proprie forze. È la grande tentazione nella quale è caduto l’uomo moderno, dimentico che le leggi della natura condizionano anche la civiltà industriale e postindustriale (cfr Gaudium et Spes GS 26-27). Ma è facile cedere all’abbaglio di una pretesa autosufficienza nel progressivo “dominio” delle forze della natura, fino a dimenticarsi di Dio o a mettersi al suo posto.

Oggi questa pretesa giunge in alcuni ambienti a forme di manipolazione biologica, genetica, psicologica . . . che se non è retta dai criteri della legge morale (e quindi dalla finalizzazione al regno di Dio) può risolversi nel predominio dell’uomo sull’uomo, con conseguenze tragicamente funeste. Il Concilio, riconoscendo all’uomo d’oggi la sua grandezza, ma anche il suo limite, nella legittima autonomia delle cose create, gli ha ricordato la verità della divina Provvidenza che viene incontro all’uomo per assisterlo e aiutarlo. In questo rapporto con Dio Padre, creatore e provvidente, l’uomo può continuamente riscoprire il fondamento della sua salvezza.

Ai fedeli francesi

Ai pellegrini di espressione inglese

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Ai fedeli tedeschi

Ai pellegrini di lingua spagnola

Ai pellegrini polacchi

Ad alcuni gruppi italiani

Un particolare saluto desidero rivolgere agli aderenti alla iniziativa “La famiglia in movimento”, promossa dal “Centro Culturale Bene comune”, confluiti a Roma da più di trenta città italiane per un incontro comunitario, il quale ha lo scopo di sensibilizzare i cittadini e le competenti Autorità a manifestare un reale e fattivo interesse per i problemi della famiglia.

Carissimi Fratelli e Sorelle! Plaudo di cuore a tale vostra iniziativa, che vuole porsi in sintonia con l’appello che ho rivolto nella mia Esortazione Apostolica circa i compiti della famiglia cristiana nel mondo d’oggi.

“Le famiglie devono crescere nella coscienza di “essere protagoniste” della cosiddetta “politica familiare” ed assumersi le responsabilità di trasformare la società: diversamente le famiglie saranno le prime vittime di quei mali che si sono limitate ad osservare con indifferenza”.

Sul vostro impegno e sui vostri ideali invoco l’abbondanza delle grazie divine e vi imparto la Benedizione Apostolica.
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Sono presenti i novelli sacerdoti della diocesi di Brescia insieme con i loro familiari. A voi, cari fratelli nel sacerdozio, e ai vostri congiunti, il mio cordiale saluto. La gioia purissima della sacra ordinazione da poco ricevuta sia luce ai vostri passi, conforto e sostegno nel cammino e nelle prove del vostro ministero. Vi accompagni la mia affettuosa Benedizione.
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Porgo il mio saluto ad un gruppo di sacerdoti, della diocesi di Treviso, i quali celebrano il 40° anniversario della loro ordinazione. Carissimi, sappiate sempre far rivivere il carisma e la gioia della vostra ordinazione mediante la perseverante volontà di servizio a Cristo ed alla sua Chiesa.
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Saluto il gruppo dei pellegrini della terza età di Misterbianco, diocesi di Catania, assicurandoli che sono loro vicino col mio pensiero e con la preghiera.
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Il mio pensiero va poi ai membri della Cooperativa Cantina Sociale di Pistoia, in gita sociale a Roma per il 30° di fondazione.
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Ed infine una parola di saluto e di incoraggiamento a due gruppi di ciclisti, di Zenson di Piave, in diocesi di Treviso, e di Valenza Po, in diocesi di Alessandria. In bicicletta, dopo aver toccato le località significative e care, come Loreto, Assisi e Orvieto, sono giunti fin qui in pellegrinaggio alla Sede di Pietro. Sia il vostro un momento ricco per la fede. Vi ringrazio tutti per questa visita e per lo spirito generoso che anima il vostro viaggio.

A tutti il mio cordiale saluto e la mia Benedizione.

Ai giovani

Rivolgo ora un cordiale saluto a tutti i giovani presenti a quest’ Udienza. Vi invito, cari giovani, a confrontarvi sempre con Cristo, quali protagonisti del tempo che ci attende, per la missione profetica che anche a voi spetta. Se desiderate un’epoca migliore, in cui la vita dell’uomo, la pace, la giustizia, il diritto, siano più rispettati e meglio garantiti, considerate bene che all’opera ed al progetto di un futuro migliore non si può togliere la presenza di Cristo. Senza Cristo, il vostro progetto per il futuro perderebbe il suo elemento portante e la vostra opera sarebbe condannata ad essere inefficace e svilita. Fate di Cristo un modello per il vostro avvenire, e per questo cercate di conoscerlo di più, di amarlo con maggior fervore e dedizione. Potrete così, non tanto ricopiare i suoi atteggiamenti, perché Egli non è un modello inerte ed esterno a voi; ma vivere la sua vita, perché Cristo è una vita da vivere.

Agli ammalati

Il mio saluto va poi agli ammalati qui presenti, rivolgendo un particolare pensiero ai partecipanti al pellegrinaggio di Santeramo del Colle, in diocesi di Bari.

Carissimi, lo scopo di tutta la vostra vita è l’unione a Cristo, perché egli ci attira a sé, volendo ricostruire nella nostra anima il suo amore in una unità immortale. Tale unione, però, è frutto di impegno e di fatiche. Sappiate trasformare la vostra sofferenza in un vero atto di amore a Dio, unendovi con fede al Sacrificio di Cristo Redentore. Egli è la vera vita, la grande gioia, la speranza viva. Vi benedico tutti di cuore.

Agli sposi novelli

Desidero, infine, rivolgere un cordiale ed un fervido augurio a tutte le coppie di sposi novelli. L’identità della famiglia, che avete da poco formata, è legata al progetto di Dio, e solo la continua conversione degli sposi alla persona di Cristo consente loro di vivere il dono del matrimonio cristiano, perché esso non è mai separabile dal mistero del Signore. Se il generoso compito di essere padri e madri delle nuove creature, che Dio donerà alla vostra cura, vi impegna a garantire con sapienza per loro una crescita graduale ed armonica, secondo le esigenze del vero amore, sappiate anche che i vostri figli dovranno imparare da voi a percorrere le tappe di una amorosa e piena adesione a Gesù Cristo.

Con i migliori auspici per tutti voi, volentieri vi benedico.

Nel corso dell’udienza generale di oggi, il Santo Padre invita a pregare affinché il mondo e la Polonia diventino “vera casa degli uomini” dove sia possibile vivere nella verità, nella giustizia e nell’amore. Queste le parole del Papa.

Salutando tutti coloro che sono qui presenti, desidero riferirmi alle parole di uno degli ultimi comunicati della Conferenza Episcopale polacca concernenti i carcerati. Desidero esprimere la mia preoccupazione per tutti i nostri connazionali imprigionati, in particolare per coloro che lo sono per le loro opinioni. Si tratta di alcuni diritti dell’uomo fondamentali. Voglio soprattutto invitarvi a pregare per tutti i nostri fratelli e sorelle imprigionati a cui pensano i connazionali, i quali non li lasciano, ma li sostengono con il pensiero, con la preoccupazione e con la preghiera. Il mondo in cui viviamo, e la nostra Patria nel mondo, devono diventare più degni dell’uomo, devono diventare la vera casa degli uomini in cui si possa vivere nella verità, nella giustizia e nell’amore. Ed è questo che vogliamo si raggiunga in tutte le nazioni, e in modo speciale nella nazione che è la nostra Patria.







Catechesi 79-2005 40686