Catechesi 79-2005 25387

Mercoledì, 25 marzo 1987

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1. La solennità dell’Annunciazione del Signore, che oggi celebriamo, rivolge il nostro pensiero verso la casa di Nazaret, e ci immerge nel tacito stupore che siamo soliti provare contemplando idealmente il raggio della luce dello Spirito Santo che inondò con la sua potenza la Vergine “piena di grazia”.

È l’evento misterioso che tutta la storia aspettava, ed al quale, da allora, ha continuato e continuerà a convergere, con meraviglia sempre rinascente, la storia posteriore.

In quello straordinario collegamento tra cielo e terra, che ebbe per protagonisti - del mondo creaturale - l’angelo e l’umile fanciulla del popolo d’Israele, il corso dei secoli imboccò la “pienezza dei tempi”, sancì il momento arcano in cui il Figlio di Dio, venne ad abitare in mezzo a noi (
Jn 1,14).

Tale mirabile evento fu reso possibile da Maria, Madre del Redentore. Senza il suo “Sì” all’iniziativa di Dio, Cristo non sarebbe nato.

2. Nel clima spirituale del mistero dell’Annunciazione e nella sua stessa datazione liturgica ho collocato l’enciclica dedicata alla Vergine Maria, che avevo preannunziato il 1° gennaio e che viene oggi pubblicata nella prospettiva dell’Anno Mariano.

L’ho pensata da tempo. L’ho coltivata a lungo nel cuore. Ora ringrazio il Signore per avermi concesso di offrire questo servizio ai figli e alle figlie della Chiesa, corrispondendo ad aspettative di cui mi erano giunti vari segnali.

3. Questa enciclica consiste sostanzialmente in una “meditazione” sulla rivelazione del mistero di salvezza, che a Maria è stato comunicato all’alba della redenzione ed al quale è stata chiamata a partecipare ed a collaborare in modo del tutto eccezionale e straordinario.

È una meditazione che ripercorre e, per certi aspetti, approfondisce il magistero conciliare specificamente il capitolo ottavo della costituzione dogmatica Lumen Gentium sulla “beata Vergine Maria, Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa”.

Vi è noto, cari fratelli e sorelle, che si tratta del capitolo che corona il documento fondamentale del Vaticano II; un testo particolarmente significativo, poiché nessun Concilio Ecumenico precedente aveva presentato una sintesi così vasta della dottrina cattolica circa il posto che Maria santissima occupa nel mistero di Cristo e della Chiesa.

Le riflessioni che ne scaturiscono spaziano sull’orizzonte biblico, dai suoi esordi alle simboliche visioni dell’Apocalisse, cariche di mistero, sul mondo che verrà. Lì appare ripetutamente, nelle tappe e nel messaggio della salvezza, la figura di una “donna”, che assume contorni precisi in Maria di Nazaret allo scoccare dell’ora della redenzione. Redemptoris Mater è infatti il “nome” dell’enciclica, l’insegna emblematica, che indica già in partenza il suo orientamento dottrinale e pastorale in direzione di Cristo.

4. L’indole cristologica del discorso sviluppato nell’enciclica si fonde con la dimensione ecclesiale e con quella mariologica. La Chiesa è il corpo di Cristo che si protende misticamente nei secoli (cf. 1Co 12,27). Maria di Nazaret ne è la Madre, Madre della Chiesa.

Perciò la Chiesa “guarda” Maria attraverso Gesù, come “guarda” Gesù attraverso Maria (cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris Mater RMA 26). Questa reciprocità ci consente di approfondire incessantemente, insieme con il patrimonio delle verità credute, l’orbita dell’“obbedienza della fede”, che contrassegna i passi dell’eccelsa creatura dalla casa nazaretana ad Ain-Karim, nel tempio, a Cana, sul Calvario; e poi tra le mura del cenacolo, nell’orante attesa dello Spirito Santo. Maria “avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio fino alla croce” (Lumen Gentium LG 58).

Serva del Signore, madre, discepola, essa è modello, guida e sostegno nel cammino del Popolo di Dio, particolarmente nelle tappe più incisive.

Ecco la tappa bimillenaria della nascita di Cristo, che si avvicina a grandi passi. È una scadenza che richiede di essere vissuta, al di là dell’aspetto commemorativo, nella sua permanente realtà di “pienezza del tempo”. È perciò necessario disporvi fin d’ora le menti ed i cuori. E la peregrinazione di fede che è la sintesi dell’esperienza vissuta dalla Vergine Maria apre una strada che, nel corso dell’Anno Mariano, la Chiesa percorrerà nella luce del “Magnificat”: l’inno profetico, fatto da quanti, uomini e donne, si sentono autenticamente Chiesa, e perciò avvertono in tutta la loro vastità gli imperativi dei “tempi nuovi”.

5. L’enciclica esprime il respiro che emana dall’universalità della redenzione operata da Cristo e dall’universalità della maternità della Vergine Maria.

Indirizzata ai fedeli della Chiesa cattolica, chiamati a celebrare l’Anno Mariano, l’enciclica dà voce alla profonda aspirazione dell’unità di tutti i cristiani, che il Vaticano II ha codificato e che il dialogo ecumenico esprime. Fa quindi eco alla gioia e consolazione manifestate dal Concilio nel costatare che “anche tra i fratelli disuniti vi sono di quelli che tributano il debito onore alla Madre del Signore e Salvatore, specialmente presso gli Orientali, i quali concorrono nel venerare la Madre di Dio, sempre vergine, con ardente slancio e animo devoto” (Lumen Gentium LG 69).

In quest’ordine di idee ho voluto anche ricordare il millennio del battesimo di san Vladimiro di Kiev, avvenuto nel 988, dal quale prese avvio il Cristianesimo tra i popoli dell’antica Rus’, estendendosi poi ad altri territori dell’Europa orientale fino al nord asiatico. L’intera Chiesa è invitata ad unirsi nella preghiera a quanti, ortodossi e cattolici, celebrano questa ricorrenza.

6. L’orizzonte della Redemptoris Mater, toccando la dimensione cosmica del mistero della redenzione, è aperto all’intero genere umano, per la solidarietà da cui la Chiesa è vincolata con gli uomini con i quali condivide il cammino terreno, consapevole delle formidabili questioni che agitano le radici della civiltà sul confine tra i due millenni, nella perenne svolta tra il “cadere” ed il “risorgere” dell’uomo. Essa assume i grandi aneliti che percorrono oggi la coscienza del mondo: gli individui, le famiglie, le nazioni.

All’alma Madre del Redentore affido con affetto questa enciclica, mentre auspico che le celebrazioni promosse nelle Chiese particolari durante l’Anno Mariano vi possano trovare ispirazione per un forte incremento della vita cristiana, specialmente mediante la partecipazione ai sacramenti della penitenza e dell’Eucaristia. Sono queste le fonti da cui attingere l’energia necessaria per adempiere la propria missione nella Chiesa e nel mondo, secondo l’imperativo che la Vergine ripete anche in questa fase della storia: “Fate quello che (Cristo) vi dirà” (Jn 2,5).

Ai pellegrini di espressione linguistica francese


A fedeli di espressione inglese

A un gruppo di pellegrini giapponesi

Sia lodato Gesù Cristo!

Dilettissimi pellegrini di Tokyo e di Sapporo, siete venuti qui in Vaticano proprio nella solennità dell’Annunciazione. Vi auguro che la Vergine Maria vi illumini e vi accompagni nella vostra vita.

Di cuore imparto a voi la mia Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai pellegrini di espressione tedesca


Ad un gruppo di fedeli di lingua spagnola

Ai suoi connazionali polacchi

Ai numerosi gruppi provenienti da diocesi italiane

Mi è gradito salutare ora i fedeli della Parrocchia del “Corpus Domini”, venuti per ricambiare la mia non lontana visita pastorale alla loro Comunità. Carissimi mentre vi esorto ad essere sempre membra vive ed operose del Redentore, rinnovo di cuore la Benedizione Apostolica a voi ed a tutti i fratelli, che rappresentate e che sono tra noi col desiderio e con la preghiera.
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Saluto e benedico poi voi, Sacerdoti Cappuccini, riuniti a Roma per un corso di formazione permanente. Vi auguro che lo Spirito Santo illumini il vostro prezioso ministero di confessori, affinché numerose anime possano con fiducia accostarsi al Sacramento della Penitenza, per ricevere dalla misericordia divina perdono e pace.
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Saluto poi con cordiale attenzione i Missionari Colombiani. Cari fratelli, certamente da questa permanenza nell’Urbe trarrete profitto, per essere efficaci evangelizzatori. Con l’auspicio che la fedeltà alla vostra vocazione apostolica assicuri un efficace annuncio della verità di Cristo, vi benedico di cuore.
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Il mio pensiero va al gruppo dei Formatori Dehoniani, che sono incaricati di redigere la “Ratio Formationis Generalis” della Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù. Approfondendo gli insegnamenti conciliari potrete delineare le vie ed i mezzi più idonei per incrementare la fedele adesione al compito lasciato dal Redentore alla sua Chiesa ed all’orientamento specifico che il Fondatore ha voluto imprimere al vostro apostolato. Vi sono spiritualmente vicino con la mia Benedizione Apostolica.
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Rivolgo il mio saluto ai militari della Brigata “Goito” di Milano, che sono qui accompagnati dal Cappellano e dal Generale Comandante. Cari giovani, vi porgo i miei auguri di ogni bene per il vostro avvenire.
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Mi è caro poi salutare i presidi, i docenti e gli studenti della Lombardia, che aderiscono all’AEDE e sono qui convenuti numerosi per celebrare il 30° anniversario dei Trattati di Roma. Carissimi, all’idea di un’Europa sono connessi valori di cultura, di morale e di religione, che possono rendere i rapporti tra le Nazioni fraterni e pacifici. Con l’invito che il vostro impegno scolastico sia sempre orientato dai superiori principii spirituali, vi benedico con affetto.
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Giunga il mio saluto ai membri del Consiglio Nazionale della Federazione dei Maestri del Lavoro d’Italia. Nel manifestare apprezzamento per quanto compite in ordine anche alla promozione del genuino senso del dovere e della formazione professionale dei giovani, invoco su di voi e su coloro, che rappresentate ogni bene, benedicendo tutti e ciascuno di voi.
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Saluto inoltre, il gruppo corale “Alpi Apuane” di Pieve Fosciana, il gruppo folkloristico “La Muffrina” di Camporgiano e quello bandistico “Alfredo Catalani” di Poggio-Filicaia-Sillicano e la “Corale Polifonica” di Gallicano. Su tutti voi e sulle vostre attività invoco il conforto delle grazie celesti.

Agli ammalati

Rivolgo ora il mio saluto a voi, cari ammalati. Preghiera, sacrifici ed opere di carità fraterna sono le caratteristiche della Quaresima. E’ importante scoprire il significato delle nostre sofferenze per contemplare in noi, come dice l’Apostolo ciò che manca alla Passione di Cristo. In tal modo il cristiano, in mezzo alle prove della vita, si sente partecipe della Passione di Cristo e sperimenta la forza della Redenzione. Vi sia di conforto, carissimi ammalati, la mia Benedizione e l’assicurazione della mia vicinanza nella preghiera.

Agli sposi novelli

A voi sposi novelli un saluto ed un augurio: che la vostra famiglia diventi una vera “Chiesa domestica”; sappiate accogliere la Parola di Dio, essa renderà più viva la vostra fede. Che la vostra sia una “famiglia aperta” alla vita e alle varie iniziative a beneficio del prossimo. Invocate la protezione della Madonna ed imitatene l’esempio con l’essere disponibili a fare della vostra famiglia una comunità di amore e di vita.

Il vostro amore, la reciproca stima e fiducia e la grazia ricevuta nel Sacramento siano fonte di gioia e di felicità. Vi accompagni la mia Benedizione.







Mercoledì, 15 aprile 1987

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1. Oggi, Mercoledì della Settimana Santa, ci incontriamo dopo il ritorno dal viaggio pastorale in due paesi confinanti dell’America Latina: Cile e Argentina.

Come è noto, all’inizio del mio ministero nella Sede di Pietro, nel dicembre del 1978, queste due nazioni si sono trovate sull’orlo di una guerra, che avrebbe potuto in seguito estendersi ad altri paesi dell’America del Sud. Ritengo un segno della Provvidenza di Dio il fatto che sia stato possibile fermare i passi della guerra e che il Cile e l’Argentina abbiano proposto alla sede apostolica la mediazione nella controversia sulla zona australe. Desidero manifestare, ancora una volta, profonda gratitudine al Signor Cardinale Antonio Samorè, che nel dicembre del 1978 intraprese i primi passi per impedire la guerra e poi guidò - fino alla sua morte, nel febbraio 1983 - i lavori degli esperti di ambedue le parti. Finalmente questi lavori - grazie anche a chi ha continuato l’opera del Cardinale Samorè - sono stati coronati con un trattato di pace e di amicizia tra il Cile e la Argentina, che fu firmato in Vaticano il 29 novembre del 1984.

2. Lo scopo della mia visita e stato soprattutto un rendimento di grazie. Volevo, insieme con ambedue i popoli, rendere grazie a Dio per la pacifica soluzione della controversia, mediante la quale sono state risparmiate all’Argentina e al Cile perdite incalcolabili, soprattutto di tante giovani vite umane, che si sarebbero verificate come conseguenza dolorosa delle attività belliche.

Desidero in questo contesto ringraziare per l’invito a compiere questo viaggio rivoltomi dalle autorità statali dell’Argentina e del Cile come pure dagli episcopati di ambedue i paesi. In pari tempo ringrazio tutti coloro che hanno contribuito alla preparazione di questa visita ed hanno facilitato il suo svolgimento.

Poiché la decisione bilaterale per la sospensione del ricorso alle armi e per l’inizio del processo di mediazione è stata presa a Montevideo, capitale dell’Uruguay, sembrò opportuno iniziare da tale città il viaggio di ringraziamento. Esprimo viva gratitudine alle autorità civili dell’Uruguay, all’Arcivescovo di Montevideo, agli altri Vescovi del paese come pure ai sacerdoti, religiosi, religiose e a tutti i fedeli per l’accoglienza riservatami in quella capitale e per la numerosa partecipazione all’Eucaristia di ringraziamento nel grande spiazzo “Tre Cruces”.

3. La visita in Cile ed in Argentina ha avuto in pari tempo un carattere pastorale analogo a quello di molti altri viaggi, che in precedenza mi è stato dato di compiere, in attuazione del ministero di successore di Pietro, in vari paesi dei cinque continenti. La visita in Cile è durata dal 1° al 6 aprile: essa era stata modellata sulla geografia di questo paese che si estende per oltre 4 mila chilometri come una fascia stretta tra le catene delle Ande e la costa dell’Oceano Pacifico.

La parte saliente della visita pastorale si è concentrata nella capitale, Santiago del Cile (con più di un terzo dell’intera popolazione del paese), e, dopo un grande incontro a Valparaíso, si è svolta attraverso le seguenti città dal sud verso nord: Punta Arenas, Puerto Montt, Concepción, Temuco, La Serena, Antofagasta.

Di pari passo con questo programma “geografico” si è sviluppato anche il programma “tematico” sugli aspetti fondamentali della missione della Chiesa in Cile.

Nell’incontro avuto con l’episcopato del Cile, ho esortato gli amati confratelli a contribuire con ogni impegno all’affermarsi della concordia e della pace, nel rispetto dei fondamentali diritti dell’uomo.

Ai sacerdoti ho ricordato che Cristo ha posto nelle loro mani l’immenso tesoro della redenzione, e li ho esortati a dare impulso all’azione pastorale, che porta alla conversione e ad un’autentica vita cristiana.

Alla sterminata moltitudine delle “poblaciones”, nella periferia di Santiago, come pure ai “campesinos”e agli indigeni “mapuches” nella città di Temuco, ho manifestato la piena e cordiale sollecitudine della Chiesa, sottolineando i diritti dei più poveri e delle minoranze, e invitando al dialogo costruttivo ed alla solidarietà.

Nel Santuario di Maipú ho affidato il Cile a Maria, Vergine del Carmine, patrona della nazione e Madre della speranza.

All’Università Cattolica di Santiago ho incontrato il mondo della cultura e gli intellettuali cileni. Ho ricevuto inoltre, su loro richiesta, un gruppo di dirigenti politici di vari partiti, ai quali ho ricordato i principi etici cristiani che devono stare alla base di ogni convivenza sociale.

Della pace nazionale e internazionale ho parlato a Punta Arenas; della famiglia e del matrimonio a Valparaíso, dell’evangelizzazione dei popoli a Puerto Montt, del lavoro e della disoccupazione a Concepción, del valore delle culture locali nel messaggio radiotelevisivo alle popolazioni dell’isola di Pasqua. Infine, ad Antofagasta ho portato il conforto della fede e dell’amicizia cristiana ai carcerati ed ho ribadito l’importanza del cammino dell’evangelizzazione nel quinto centenario del primo annunzio del Vangelo in America Latina.

4. Il punto culminante della visita in Cile è stato la beatificazione di suor Teresa de los Andes, carmelitana. È la prima figlia della Chiesa in Cile ad essere elevata alla gloria degli altari.

Questa cerimonia di beatificazione, durante la quale nell’omelia ho parlato della riconciliazione, ha avuto una speciale eloquenza sullo sfondo della difficile situazione interna di quella nazione.

Si deve esprimere una particolare riconoscenza alla comunità ecclesiale di Santiago, che non si è lasciata provocare in nessun istante, mantenendo un atteggiamento veramente degno di una grande manifestazione religiosa.

Davvero l’amore è più forte! Confido che la visita abbia rafforzato la solidarietà cristiana della Chiesa intera con i nostri fratelli e sorelle in Cile, paese di grande eredità culturale, contrassegnato da secoli di intensa vitalità cristiana e pienamente consapevole della sua identità anche nel campo sociale e politico.

5. La visita in Argentina è durata dal 6 al 12 aprile. Iniziando dalla capitale, Buenos Aires, il viaggio si è sviluppato attraverso le seguenti città: Bahía Blanca, Viedma, Mendoza, Córdoba, Tucumán, Salta, Corrientes, Paraná, Rosario.

Sotto l’aspetto tematico, il programma si è svolto in sintonia con la specificità delle singole regioni. Esso ha preso prevalentemente in considerazione la tematica catechetica e pastorale, in conformità ai bisogni della Chiesa intera in Argentina e del progresso sociale di quella nazione nel rispetto dei diritti di ogni persona umana.

Nel raduno a Bahía Blanca con il mondo rurale ho esortato a far sì che il lavoro, elevandosi in Cristo a mezzo di redenzione, contribuisca a consolidare le basi di un autentico umanesimo cristiano; a Viedma si è commemorato il quinto centenario dell’evangelizzazione dell’America Latina e l’eroica opera dei primi missionari in Patagonia; a Mendoza, la meravigliosa città attorniata dalle vette innevate dell’Aconcagua e delle altre montagne della Cordigliera, è stato svolto il tema: “La pace, dono di Dio, che si conquista ogni giorno”; a Córdoba, l’argomento è stato il matrimonio nella dottrina cattolica, che lo presenta come indissolubile, fondato sull’amore dei coniugi e finalizzato alla famiglia; a Tucumán, la città culla dell’Indipendenza, mi sono soffermato sul tema della libertà e della pietà, intesa anche come amore verso la patria; a Salta, ho parlato dei valori delle culture locali, esortando alla speranza che nasce dalla realtà del battesimo; a Corrientes la tematica centrale è stata la devozione a Maria santissima nel quadro della religiosità popolare; a Paraná ho sviluppato il tema dell’immigrazione e dei suoi vari problemi sociali e religiosi; a Rosario, infine, ho trattato della vocazione e della missione dei laici nella Chiesa.

I problemi del lavoro e l’indicazione per la loro graduale soluzione sono stati affrontati negli incontri con i lavoratori al “Mercado Central” di Buenos Aires e con gli imprenditori, mentre al “Teatro Colón” è avvenuto un significativo incontro con il mondo della cultura.

Non è mancato un incontro con la comunità ucraina, nella cui cattedrale in Buenos Aires ho pregato, ricordando il prossimo millennio del battesimo dei loro antenati. Vi sono poi stati anche incontri di carattere inter-religioso ed ecumenico.

6. L’evento finale - ed insieme culminante del programma della visita in Argentina è stata la Giornata Mondiale della Gioventù, svoltasi la Domenica delle Palme.

Negli anni precedenti questa festa aveva il suo epicentro nella Basilica di san Pietro a Roma. Questa volta è stata scelta la città di Buenos Aires - dove su una grande spianata si è riunita una sterminata moltitudine di giovani, giovani provenienti prima di tutto dalla stessa Argentina, e poi dall’intera America Latina, ed anche dagli altri continenti. Era presente anche una nutrita delegazione italiana, circa 500 giovani, in particolare di Roma. Tema della giornata sono state le parole di san Giovanni: “Noi abbiamo riconosciuto e creduto nell’amore che Dio ha per noi” (
1Jn 4,16).

La solenne cerimonia si è conclusa con l’Atto di affidamento dell’Argentina alla Madonna di Luján.

Sia la veglia notturna del sabato precedente, sia la liturgia della stessa Domenica delle Palme, come l’intero programma, sono stati preparati molto bene dagli organizzatori ed ogni momento è stato vissuto intensamente dai partecipanti.

7. Carissimi fratelli e sorelle.

Con la Domenica delle Palme siamo entrati nel periodo della Settimana Santa. Sia esso la sorgente del rinnovamento pasquale per tutta la Chiesa nel mondo intero, ed in particolare in Cile, in Argentina e in Montevideo, come ho avuto occasione di sottolineare soprattutto nei vari incontri con gli ammalati.

A tutti, e in particolare a quanti sono venuti a Roma per la Settimana Santa. auguro la grazia della unione con Cristo crocifisso e risorto: la morte redentrice che egli ha subito per amore di ciascuno e di tutti porti in noi sempre frutti di nuova vita: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Jn 3,16).

Ai fedeli di espressione francese


Ad alcuni gruppi di pellegrini di espressione inglese

Ad un gruppo di pellegrini giapponesi

Sia lodato Gesù Cristo!

Dilettissimi pellegrini giapponesi, so che avete visitato la Terra Santa e a Gerusalemme avete ripercorso la Via di Gesù verso il Calvario. Avete costatato che la salvezza del mondo è venuta e viene anche oggi tramite la Croce.

Carissimi malati, ciascuno di voi, accettando di portare la propria croce in unione con Gesù, dà un contributo per la salvezza del mondo.

Questo vi auguro di cuore e vi accompagno con la mia Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai numerosi fedeli giunti dalla Spagna e dall’America Latina

Ai fedeli di espressione portoghese

Ai pellegrini polacchi


Ad un gruppo di diaconi gesuiti

Un saluto particolare va al gruppo dei diaconi gesuiti del loro Collegio Internazionale, che sono qui accompagnati dal Rettore P. Laurence Murphy e dai familiari.

Vi ringrazio per questa visita e vi auguro che l’ordinazione diaconale da poco ricevuta vi faccia crescere sempre più nell’amore alla Chiesa e nello spirito di servizio che vi assimila al Maestro divino il quale è venuto su questa terra “per servire, non per essere servito”.

Vi sia di sostegno la mia Benedizione.

Ai giovani

Saluto tutti i giovani e i ragazzi che prendono parte a questa Udienza. Tra essi sono gli Alunni dei Collegi Universitari Borromeo e Santa Caterina di Pavia, venuti per restituire la visita da me compiuta in occasione del IV Centenario della morte di S. Carlo Borromeo.

Carissimi, mentre sono ancora vivi nel cuore gli echi della grande manifestazione di fede e di speranza cristiane di domenica scorsa a Buenos Aires, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù, sono lieto di vedere ancora volti giovanili venuti qui a portare la testimonianza del loro impegno per la causa del Vangelo e della Chiesa.

In questa settimana santa la Liturgia coi invita a vivere in modo del tutto particolare in unione con Cristo sofferente, che si offre a noi nell’ Ultima Cena e per noi si immola sul Calvario, per risorgere nella gioia della Pasqua. Tale meditazione vi aiuti a saper morire al peccato e a vivere da “ risorti ”, cioè a progredire sulla via della perfezione cristiana.

Vi benedico di cuore.

Agli ammalati

Il mio saluto va anche voi, carissimi ammalati; in questi giorni santi, in cui la Chiesa ci esorta a posare lo sguardo sul volto di Cristo appassionato, fate anche voi tesoro degli insegnamenti che ci vengono dalla Croce: da essa, se accettata come dalle mani della Provvidenza, scaturisce sempre una immensa ricchezza spirituale che torna a conforto e salvezza delle vostre persone, ma anche di tutti gli uomini, specialmente di quelli che hanno perduto la fede.

Come segno del mio affetto e a sollievo delle vostre afflizioni vi benedico nel nome del Signore.

Agli sposi novelli

Un saluto infine agli sposi novelli, ai quali vanno anche i miei auguri e le mie felicitazioni per il passo compiuto recentemente davanti all’altare.

Cari sposi, Cristo vi accompagni per tutta la vostra esistenza; vi dia la forza per superare tutte le difficoltà e per vivere in un sempre crescente amore reciproco.

Confermo questi voti con la mia Benedizione.




Mercoledì, 22 aprile 1987

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1. Nell’Antico Testamento si sviluppò e fiorì una ricca tradizione di dottrina sapienziale. Sul piano umano essa manifesta la sete dell’uomo di coordinare i dati delle sue esperienze e delle sue conoscenze per orientare la propria vita nel modo più proficuo e saggio. Da questo punto di vista Israele non si discosta dalle forme sapienziali presenti in altre culture dell’antichità, ed elabora una propria sapienza di vita, che abbraccia i vari settori dell’esistenza: individuale, familiare, sociale, politico.

Questa medesima ricerca sapienziale, però, non fu mai disgiunta dalla fede nel Signore, Dio dell’esodo, e ciò era dovuto alla convinzione, sempre presente nella storia del popolo eletto, che solo in Dio risiedeva la sapienza perfetta. Per questo il “timore del Signore”, cioè l’orientamento religioso e vitale verso di lui, fu ritenuto il “principio”, il “fondamento”, la “scuola” della vera sapienza (
Pr 1,7 Pr 9,10 Pr 15,33).

2. Sotto l’influsso della tradizione liturgica e profetica il tema della sapienza si arricchisce di un singolare approfondimento giungendo a permeare tutta quanta la Rivelazione. Dopo l’esilio infatti, si comprende sempre più chiaramente che la sapienza umana è un riflesso della sapienza divina, che Dio “ha diffuso su tutte le sue opere, su ogni mortale, secondo la sua generosità” (Si 1,7-8). Il momento più alto dell’elargizione della sapienza avviene con la rivelazione al popolo eletto, al quale il Signore fa conoscere la sua parola (Dt 30,14). Anzi la sapienza divina, conosciuta nella forma più piena di cui l’uomo è capace, è la Rivelazione stessa, la “Torah”, “il libro dell’alleanza del Dio altissimo” (Si 24,22).

3. La sapienza divina appare, in questo contesto, come il disegno misterioso di Dio che è all’origine della creazione e della salvezza. Essa è la luce che tutto illumina, la parola che rivela, la forza d’amore che congiunge Dio alla sua creazione e al suo popolo. La sapienza divina non è considerata una dottrina astratta, ma una persona che proviene da Dio: è vicina a lui “fin dal principio” (Pr 8,23), è la sua delizia nel momento della creazione del mondo e dell’uomo, durante la quale si diletta davanti a lui (cf. Pr 8,22-31).

Il testo del Siracide riprende questo motivo e lo sviluppa delineando la sapienza divina che trova il suo luogo di “riposo” in Israele e si stabilisce in Sion (Si 24,3-12), indicando in tal modo che la fede del popolo eletto costituisce la via più sublime per entrare in comunione con il pensiero e il disegno di Dio. Ultimo frutto veterotestamentario di questo approfondimento è il Libro della Sapienza, redatto poco prima della nascita di Gesù. In esso la sapienza divina è definita “emanazione della potenza di Dio, riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell’attività di Dio e un’immagine della sua bontà”, fonte dell’amicizia divina e della stessa profezia (Sg 7,25-27).

4. A questo livello di simbolo personalizzato del disegno divino, la Sapienza è una figura con cui si prospetta l’intimità della comunione con Dio e l’esigenza di una risposta personale d’amore. La Sapienza appare perciò come la sposa (Pr 4,6-9), la compagna della vita (Pr 6,22 Pr 7,4). Essa, con le motivazioni profonde dell’amore, invita l’uomo alla sua comunione e quindi alla comunione con il Dio vivente. Questa comunione è descritta con l’immagine liturgica del banchetto: “Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato per voi” (Pr 9,5): un’immagine che l’apocalittica riprenderà per indicare la comunione eterna con Dio, quando egli stesso avrà eliminato la morte per sempre (Is 25,6-7).

5. Alla luce di questa tradizione sapienziale possiamo meglio comprendere il mistero di Gesù Messia. Già un testo profetico del Libro di Isaia parla dello spirito del Signore che si poserà sul Re–Messia e caratterizza questo spirito anzitutto come “spirito di sapienza e intelligenza” e infine come “spirito di conoscenza e di timore del Signore” (Is 11,2).

Nel Nuovo Testamento sono vari i testi che presentano Gesù ricolmo della divina sapienza. Il Vangelo dell’infanzia secondo san Luca insinua il ricco significato della presenza di Gesù fra i dottori nel tempio, dove “tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza” (Lc 2,47), e riassume la vita nascosta a Nazaret con le note parole: “E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2,52).

Durante gli anni del ministero di Gesù il suo insegnamento suscitava sorpresa e stupore: “E molti ascoltando rimanevano stupiti e dicevano: “Donde gli vengono queste cose? Che sapienza è mai questa che gli è stata data?”” (Mc 6,2).

Questa sapienza, che proveniva da Dio, conferiva a Gesù un particolare prestigio; “egli infatti insegnava come uno che ha autorità e non come gli scribi” (Mt 7,29), per questo egli si presenta come colui che “è più di Salomone” (Mt 12,42). Essendo Salomone la figura ideale di chi ha ricevuto la sapienza divina, ne segue che in queste parole Gesù appare esplicitamente come la vera Sapienza rivelata agli uomini.

6. Questa identificazione di Gesù con la Sapienza è affermata con singolare profondità dall’apostolo Paolo. Il Cristo, egli scrive, “per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione” (1Co 1,30). Gesù, anzi, è la “sapienza che non è di questo mondo... che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria” (1Co 2,6-7). La “Sapienza di Dio” è identificata con il Signore della gloria che è stato crocifisso. Nella croce e nella risurrezione di Gesù si rivela dunque, in tutto il suo fulgore il disegno misericordioso di Dio, che ama e perdona l’uomo al punto di renderlo una nuova creatura. La sacra Scrittura parla anche di un’altra sapienza che non viene da Dio, la “sapienza di questo mondo”, l’orientamento dell’uomo che rifiuta di aprirsi al mistero di Dio, che presume di essere l’artefice della propria salvezza. Ai suoi occhi la croce appare una stoltezza o una debolezza, ma chi ha la fede in Gesù, Messia e Signore, sperimenta con l’Apostolo che “ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1Co 1,25).

7. Il Cristo è contemplato sempre più profondamente come la vera “Sapienza di Dio”. Così egli è proclamato, con chiaro riferimento al linguaggio dei libri sapienziali, “immagine del Dio invisibile”, “generato prima di ogni creatura”, colui per mezzo del quale tutte le cose sono state create e nel quale sussistono (cf. Col 1,15-17); egli, in quanto Figlio di Dio, è “irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e tutto sostiene con la potenza delta sua parola” (He 1,3).

La fede in Gesù, Sapienza di Dio, conduce a una “conoscenza piena” della volontà divina, “con ogni sapienza e intelligenza spirituale”, e rende possibile comportarsi “in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio” (Col 1,9-10).

8. Dal canto suo l’evangelista Giovanni, richiamandosi alla Sapienza descritta nella sua intimità con Dio, parla del Verbo che era in principio, presso Dio, e confessa che “il Verbo era Dio” (Jn 1,1). La sapienza, che l’Antico Testamento era giunto a equiparare alla parola di Dio, viene ora identificata con Gesù, il Verbo che “si è fatto carne e ha posto la sua tenda in mezzo a noi” (Jn 1,14). Come la Sapienza anche Gesù, Verbo di Dio, invita al banchetto della sua parola e del suo corpo, perché egli è “il pane della vita” (Jn 6,48) dona l’acqua viva dello Spirito (Jn 4,10 Jn 7,37-39) ha “parole di vita eterna” (Jn 6,68). In tutto questo Gesù è veramente “più di Salomone”, perché non solo compie in modo pieno la missione della Sapienza di mostrare e comunicare la via, la verità e la vita, ma egli stesso è “la via, la verità e la vita” (Jn 14,6), è la rivelazione somma di Dio nel mistero della sua paternità (Jn 1,18 Jn 17,6).

9. Questa fede in Gesù, rivelatore del Padre, costituisce l’aspetto più sublime e consolante della lieta novella. Questa è appunto la testimonianza che ci giunge dalle prime comunità cristiane, nelle quali continuava a risuonare l’inno di lode che Gesù aveva innalzato al Padre, benedicendolo perché nel suo beneplacito aveva rivelato “queste cose” ai piccoli.

La Chiesa è cresciuta lungo i secoli con questa fede: “Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11,27). In definitiva Dio, rivelandoci il Figlio mediante lo Spirito, ci manifesta il suo disegno, la sua sapienza, la ricchezza della sua grazia “riversata su di noi con ogni sapienza e intelligenza” (Ep 1,8).

Ai fedeli di espressione linguistica francese

Al gruppo di fedeli di lingua inglese

Ai fedeli provenienti da Paesi di espressione tedesca

Ai diversi pellegrini di espressione spagnola

Ai suoi connazionali polacchi

Ai numerosi pellegrini italiani

Un particolare saluto rivolgo alle Religiose appartenenti al movimento internazionale dei Focolari, riunite al Centro Mariapoli di Castel Gandolfo per un congresso.
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Ugualmente saluto le Figlie di Maria Ausiliatrice, riunite in Roma per un corso di rinnovamento vocazionale.

Carissime Religiose, mentre invoco l’assistenza del Signore sui lavori di entrambe le Assemblee, formo l’auspicio di un sempre più generoso impegno in risposta al progetto divino di vita consacrata per ciascuna di voi, per edificare una società permeata di valori evangelici e affido le vostre aspirazioni alla materna intercessione della Santissima Vergine, con la mia Benedizione Apostolica.
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Saluto poi i giovani studenti Missionari della fede ed i loro assistenti.

Esprimo inoltre un cordiale pensiero al gruppo di trentini venuti per rendere omaggio alla sede di Pietro e per confidare la loro devozione alla Madre di Dio, venerata sotto il titolo di “Madonna Ladina dell’Aiuto ”. nell’augurarvi, carissimi, la perseverante fedeltà alle vostre nobili tradizioni cristiane e l’incremento continuo del culto e della venerazione alla Vergine Santissima, imparto a voi ed alle vostre rispettive famiglie la mia Benedizione Apostolica.
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Rivolgo un saluto anche ai Membri dell’Oratorio “ San Giuseppe ” di Melegnano nell’arcidiocesi di Milano, che celebrano il centenario di fondazione del loro Oratorio.

Carissimi, mentre vi esprimo il mio sincero compiacimento, formo voti che continuiate, con rinnovato entusiasmo, nel comune impegno educativo secondo gli insegnamenti e le esigenze del messaggio di Gesù.

A voi tutti ed ai vostri cari la mia Benedizione Apostolica.

Ai giovani

Ed ora una parola a tutti i giovani presenti a questa Udienza.

“Voi conoscete ciò che è accaduto”, voi siete cioè testimoni, in questa settimana di Pasqua, degli eventi meravigliosi compiuti in Cristo. Egli è morto, per compiere, appeso alla Croce, il sacrificio che ci ha redenti ed ha stabilito una nuova Alleanza; egli è risorto, iniziando per tutti noi una nuova vita. In questo mistero pasquale di Gesù noi leggiamo la grandezza del mistero dell’amore di Dio, ci accorgiamo fino a qual punto, Dio che è amore, ci ha amati. Rinnovo a tutti voi l’invito che ho rivolto ai giovani la Domenica delle palme. Lasciate che il mistero pasquale vi afferri, vi coinvolga, penetri fino in fondo nelle vostre vite, nella vostra coscienza, nella vostra sensibilità, nei vostri cuori, in modo tale che questo evento di more e risurrezione dia senso alla vostra vita ed al vostro comportamento. Comprenderete che il mistero pasquale include una vocazione divina che vi riguarda e vi chiama ad orientare con decisione la vita verso un destino sublime, ultimo e definitivo: ricondurre a Dio ogni creatura, seguendo Cristo risorto. “ Lasciate, dunque, che il mistero pasquale agisca in voi ”, e cercate di fare in modo che chi vi avvicina e conosce la vostra fede, possa percepire nelle parole, nei gesti, in tutto quello che siete, il riflesso del Cristo risorto. Cristo cammina con voi.

Agli ammalati

Un saluto agli ammalati qui presenti.

La pasqua ci ha fatto meditare l’immagine del Salvatore inchiodato sulla croce ed immolato nell’abbandono del suo dolore. Nel Crocifisso abbiamo potuto comprendere l’espressione più alta dell’amore di Dio che salva e redime. Ora stiamo contemplando in qual modo dalla Croce è nata la salvezza, perché l’evento della risurrezione e ce ne dà piena e gloriosa testimonianza. Da questi misteri conoscete quale sia il valore della Croce e della sofferenza.

Vi invito perciò ad unire sempre la vostra pena al sacrificio di Cristo con coraggio, con generosità, con l’intenzione di partecipare al suo mistero. Il Risorto diverrà così, per voi, sorgente di speranza, di serenità, di luce, di fortezza, di merito e santificazione. Vi benedico tutti di cuore.

Agli sposi novelli

Il mio saluto e l’augurio più vivo, giunga anche alle coppie di sposi novelli qui presenti.

Vivete nella prospettiva della fede pasquale questa primavera del vostro amore, riconoscenti a Cristo per il dono di grazia che egli vi ha fatto in questo tempo. Il sacramento del matrimonio è espressione dell’amore di Cristo verso la Chiesa: morendo, il Cristo ha rinnovato l’offerta di sé, per rendere la sua Chiesa, da lui amata come sposa, santa e immacolata al suo cospetto; e la Chiesa accoglie questo dono del suo sposo, per donarsi a sua volta a lui in pienezza d’amore. E’ questo il mistero che illumina la vita degli sposi cristiani. Sia esso il fondamento e la garanzia di ulteriore e sempre più fecondo inserimento della vostra famiglia nella vita in Cristo e nella Chiesa.

Vi benedico tutti, con ogni più felice augurio di bene.





Catechesi 79-2005 25387