Catechesi 79-2005 29487

Mercoledì, 29 aprile 1987

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1. Gesù Cristo, Figlio dell’uomo e di Dio: è il tema culminante delle nostre catechesi sull’identità del Messia. È la verità fondamentale della rivelazione cristiana e della fede: l’umanità e la divinità di Cristo sulla quale dovremo riflettere in seguito in modo più completo. Per ora ci preme completare l’analisi dei titoli messianici già in qualche modo presenti nell’Antico Testamento e vedere in quale senso Gesù li attribuisce a sè.

Quanto al titolo di “Figlio dell’uomo”, è significativo che Gesù ne abbia fatto un uso frequente parlando di se stesso, mentre sono gli altri che lo chiamano “Figlio di Dio”, come vedremo nella prossima catechesi. Invece egli si autodefinisce “Figlio dell’uomo”, mentre nessun altro lo chiamava così, se si eccettuano il diacono Stefano prima della lapidazione (
Ac 7,56) e l’autore dell’Apocalisse in due testi (Ac 1,13 Ac 14,14).

2. Il titolo “Figlio dell’uomo” proviene dall’Antico Testamento dal Libro del profeta Daniele. Ecco il testo che descrive una visione notturna del profeta: “Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco apparire, sulle nubi del cielo, uno, simile ad un figlio di uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui, che gli diede potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano; il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto”(Da 7,13-14).

E quando il profeta chiede la spiegazione di questa visione, riceve la risposta seguente: “I santi dell’Altissimo riceveranno il regno e lo possederanno per secoli e secoli . . . allora il regno, il potere e la grandezza di tutti i regni che sono sotto il cielo, saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo” (Da 7,18 Da 7,27). Il testo di Daniele riguarda una persona singola e il popolo. Notiamo subito che ciò che si riferisce alla persona del Figlio dell’uomo si ritrova nelle parole dell’angelo nell’annunciazione a Maria: “regnerà per sempre . . . e il suo regno non avrà fine” (Lc 1,33).

3. Quando Gesù chiama se stesso “Figlio dell’uomo” usa un’espressione proveniente dalla tradizione canonica dell’Antico Testamento e presente anche negli apocrifi giudaici. Occorre però notare che l’espressione “Figlio dell’uomo” (ben-adam) era diventata nell’aramaico dei tempi di Gesù un’espressione indicante semplicemente “uomo” (“bar-enas”). Gesù, perciò, chiamando se stesso “figlio dell’uomo”, riuscì quasi a nascondere dietro il velo del significato comune il significato messianico che la parola aveva nell’insegnamento profetico. Non a caso, tuttavia, se enunciazioni sul “Figlio dell’uomo” appaiono specialmente nel contesto della vita terrena e della passione di Cristo, non ne mancano anche in riferimento alla sua elevazione escatologica.

4. Nel contesto della vita terrena di Gesù di Nazaret troviamo testi quali: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Mt 8,20); o anche: “È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori” (Mt 11,19). Altre volte la parola di Gesù assume un valore più fortemente indicativo del suo potere. Così quando dice: “Il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato” (Mc 2,28). In occasione della guarigione del paralitico calato attraverso un’apertura praticata nel tetto egli afferma in tono quasi di sfida: “Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua” (Mc 2,10-11). Altrove Gesù dichiara: “Poiché come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione” (Lc 11,30). In altra occasione si tratta di una visione avvolta nel mistero: “Verrà un tempo in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete” (Lc 17,22).

5. Alcuni teologi notano un parallelismo interessante tra la profezia di Ezechiele e le enunciazioni di Gesù.Scrive il profeta: “(Dio) Mi disse: “Figlio dell’uomo, io ti mando agli Israeliti . . . che si sono rivoltati contro di me . . . Tu dirai loro: Dice il Signore Dio”” (Ez 2,3-4). “Figlio dell’uomo, tu abiti in mezzo a una genìa di ribelli, che hanno occhi per vedere e non vedono, hanno orecchi per udire e non odono . . .” (Ez 12,2) “Tu, figlio dell’uomo . . . tieni fisso lo sguardo su di essa (Gerusalemme) che sarà assediata . . . e profeterai contro di essa” (Ez 4,1-7). “Figlio dell’uomo, proponi un enigma che racconta una parabola agli Israeliti” (Ez 17,2).

Facendo eco alle parole del profeta, Gesù insegna: “Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Lc 19,10). “Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10,45 cf. anche Mt 20,28). Il “Figlio dell’uomo” . . . “quando verrà nella gloria del Padre”, si vergognerà di chi si vergognava di lui e delle sue parole davanti agli uomini (cf. Mc 8,38).

6. L’identità del Figlio dell’uomo appare nel duplice aspetto di rappresentante di Dio, annunciatore del regno di Dio, profeta che richiama alla conversione. Dall’altra egli è “rappresentantedegli uomini, dei quali condivide la condizione terrena e le sofferenze per riscattarli e salvarli secondo il disegno del Padre. Come dice egli stesso nel colloquio con Nicodemo: “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo perché chiunque creda in lui abbia la vita eterna” (Jn 3,14-15).

È un chiaro annuncio della passione, che Gesù ripete: “E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare” (Mc 8,31). Per ben tre volte proviamo a fare preannuncio nel Vangelo di Marco (cf. Mc 9,31 Mc 10,33-34) e in ciascuna di esse Gesù parla di se stesso come “Figlio dell’uomo”.

7. Con lo stesso appellativo Gesù si autodefinisce dinanzi al tribunale di Caifa, quando alla domanda: “Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?”, risponde: “Io lo sono! E vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo” (Mc 14,62). In queste poche parole risuona l’eco della profezia di Daniele sul “Figlio dell’uomo che viene sulle nubi del cielo” (Da 7,13) e del salmo 110 che vede il Signore assiso alla destra di Dio (cf. Ps 110,1).

8. Ripetutamente Gesù parla della elevazione del “Figlio dell’uomo”, ma non nasconde ai suoi ascoltatori che essa include l’umiliazione della croce. Alle obiezioni e alla incredulità della gente e dei discepoli, che ben comprendevano la magicità delle sue allusioni e che pure gli chiedevano: “Come dunque tu dici che il Figlio dell’uomo deve essere elevato? Chi è questo Figlio dell’uomo?” (Jn 12,34), Gesù asserisce: “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete che io sono e non faccio nulla da me stesso, ma come mi ha insegnato il Padre” (Jn 8,28). Gesù afferma che la sua “elevazione” per mezzo della croce costituirà la sua glorificazione. Poco dopo aggiungerà: “È giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo” (Jn 12,23). È significativo che alla partenza di Giuda dal Cenacolo, Gesù dica “ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui”(Jn 13,31).

9. Ciò costituisce il contenuto di vita, di passione, di morte e di gloria di cui il profeta Daniele aveva offerto un pallido abbozzo. Gesù non esita ad applicare a sé anche il carattere di regno eterno e intramontabile che Daniele aveva assegnato all’opera del Figlio dell’uomo, quando nel mondo proclama: “Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria” (Mc 13,26 cf. Mt 24,30). In questa prospettiva escatologica deve svolgersi l’opera di evangelizzazione della Chiesa. Egli avverte: “Non avrete finito di percorrere la città di Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo” (Mt 10,23). E si chiede: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18,8).

10. Se come “Figlio dell’uomo” Gesù ha realizzato con la sua vita, passione, morte e resurrezione, il piano messianico, delineato nell’Antico Testamento, nello stesso tempo egli assume con quello stesso nome il suo posto tra gli uomini come uomo vero, come figlio di una donna, Maria di Nazaret. Per mezzo di questa donna, sua Madre, lui, il “Figlio di Dio”, è contemporaneamente “Figlio dell’uomo”, uomo vero, come attesta la Lettera agli Ebrei: “Si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato” (He 4,5 cf. Gaudium et Spes GS 22).

Ai fedeli di lingua francese

Ad alcuni gruppi di visitatori di espressione inglese


Ai numerosi pellegrini tedeschi

Ai pellegrini di espressione spagnola

Ai pellegrini polacchi

Ad alcuni gruppi italiani

Desidero ora salutare cordialmente il gruppo dei presidenti e incaricati diocesani della Federazione Nazionale del Clero Italiano, un’istituzione ecclesiale che celebra quest’anno il settantesimo anniversario della sua fondazione, e ha per scopo l’assistenza morale, sociale, culturale ed economica del clero italiano. Dunque un’opera assai utile ed importante, per la quale auguro sempre nuovi fecondi risultati in rapporto ai bisogni ed alle aspettative della Chiesa del nostro tempo. Benedico di cuore i sacerdoti associati, che sono qui presenti.
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Un caro ed affettuoso saluto ai ragazzi del coro “ Castello d’Oro ” di Mirandola in Provincia di Modena: essi allietano oggi questo nostro incontro! A voi, cari ragazzi e ragazze, al direttore del coro ed ai vostri cari che vi accompagnano, l’espressione della mia gioia per la vostra presenza e le mie congratulazioni. Il vostro cantare sia sempre un inno di lode a Dio! Con la mia Benedizione.
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Un saluto ed un augurio al gruppo di adulti e di giovani della parrocchia di Liscate, in provincia di Milano, giunti qui per ringraziare il Signore per aver ottenuto un nuovo oratorio. In segno di gratitudine a Lui, essi intendono tornare a casa a piedi portando una fiaccola che mi hanno chiesto di accendere. Mi compiaccio, cari fratelli, per questo vostro gesto grandemente significativo, e vi benedico di cuore.
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La parrocchia di Cristo Re di Rimini intende festeggiare il XXV anniversario di fondazione con l’indizione di una missione mariana, durante la quale si porterà per le vie della parrocchia una statua della Madonna. I rappresentanti di questa parrocchia hanno recato qui la sacra immagine affinché io la benedica. Accolgo ben volentieri la richiesta, nella certezza che questa bella iniziativa darà un significativo contributo all’Anno Mariano che sta per iniziare. Vi benedico tutti di cuore.
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Ben volentieri intendo accendere e benedire la fiaccola che mi è stata portata da un altro gruppo qui presente: la delegazione della Croce Bianca di Biassono, provincia di Milano, un’associazione di volontariato che opera nel campo del pronto soccorso e della pubblica assistenza. La delegazione sta celebrando il X anniversario di fondazione. La fiaccola verrà riportata a piedi a Biassono. Rallegramenti anche per questa iniziativa ed auguri vivissimi per l’attività della vostra associazione, mentre di cuore vi benedico.
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Desidero rivolgere un saluto anche alla Scuola Media Cattolica Libera di Busto Arsizio nell’Arcidiocesi di Milano, che celebra il X anniversario della sua attività didattico-formativa.

Cari insegnanti ed alunni, ringrazio per la vostra visita e vi esorto a cercare sempre una preparazione culturale radicata sulla fede, col proposito di formare anime generose, desiderose di approfondire la verità e di spendersi in avvenire per il bene della società.

A tutti voi ed alle vostre famiglie la mia Benedizione.

Ai giovani

Con particolare affetto saluto voi, giovani, che lieti e fiduciosi vi aprite a Cristo per affrontare il compito della vita. Assimilandovi al Risorto, il discernimento della propria vocazione e la realizzazione compiuta del disegno di Dio su di voi non saranno più un’esitante ricerca, ma una belle fatica del crescere in Lui.

Il Padre di ogni misericordia, con la grazia pasquale, vi doni la consapevolezza di essere veri figli di adozione, portati dentro la vita divina, e non servi, che il padrone tiene ai margini della propria esistenza. E lo Spirito Santo aumenti in voi il vigore della fede e della carità, che alimentano propositi ed azioni conformi al volere divino.

Vi accompagno con l’Apostolica Benedizione.

Agli ammalati

Rivolgo ora, una parola di saluto e di conforto a voi, malati. Mentre auguro che il Risorto vi doni la certezza che la sofferenza delle membra vive del suo corpo acquista in Lui forza redentiva, vi esorto a guardare l’esempio di Maria, che ci accingiamo a venerare in modo speciale nel prossimo mese di maggio a Lei dedicato e nel prossimo anno mariano.

Vi chiedo poi di ricordare in modo particolare al Signore la visita pastorale che sto per compiere in alcune diocesi della Germania Federale. Nel corso della mia visita avrò la gioia di proclamare beati Edith Stein, in religione Suor Teresa Benedetta della Croce, e il sacerdote gesuita Rupert Mayer.

A voi tutti la mia affettuosa Benedizione.

Agli sposi novelli

Infine rivolgo un pensiero affettuoso e beneaugurante agli sposi novelli, qui presenti, e a trenta coppie di coniugi della Parrocchia Maria SS.ma Ausiliatrice di Margherita di Savoia che celebrano il XXV anniversario di matrimonio e sono venuti a Roma con il Consiglio pastorale e altri componenti di quella Parrocchia che festeggia quest’anno il XXV della propria fondazione.

Carissimi, mediante la celebrazione del sacramento del matrimonio non solamente avete posto in Dio la radice del vostro amore, ma vi siete consacrati al Signore per un servizio santo, nell’assidua testimonianza del mistero di carità che unisce Cristo alla sua Chiesa.

Con l’auspicio che il Risorto vi doni concordia piena e letizia perfetta, imparto di cuore a voi e a tutti i rappresentanti della suddetta parrocchia la Benedizione Apostolica.

Per la “Giornata dell’Università Cattolica”

Domenica prossima sarà celebrata in Italia la Giornata dell’Università Cattolica, che avrà come tema: “Esperienza religiosa e cultura”: un argomento tanto bello ed importante per la maturazione della fede e della vita cristiana. Sentitevi tutti partecipi, come cattolici, a questo appuntamento del nostro cammino ecclesiale e spirituale.






Mercoledì, 6 maggio 1987

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Carissimi fratelli e sorelle.

1. “Voi mi sarete testimoni!” (
Ac 1,8).

Queste parole di Cristo hanno costituito il filo conduttore del viaggio apostolico, che nei primi giorni di maggio ho potuto compiere nella Repubblica Federale di Germania, su invito dei Vescovi tedeschi e delle rispettive autorità dello Stato.

In occasione dell’udienza di oggi, desidero esprimere il mio cordiale ringraziamento per tale invito ed anche per l’accurata organizzazione della visita.

Ringrazio altresì tutti coloro che in diversi modi hanno partecipato alle varie celebrazioni.

2. “Mi sarete testimoni”: le parole di Cristo, indirizzate prima dell’Ascensione agli apostoli, devono essere riferite in modo particolare, questa volta, a suor Teresa Benedetta della Croce, Edith Stein, che il primo maggio scorso ho avuto la gioia di proclamare beata durante la solenne liturgia svoltasi a Colonia. Edith Stein perse la vita nel campo della morte, condividendo la sorte di altri milioni di figli e figlie della sua nazione. Perse la vita come ebrea e insieme come carmelitana. L’eroicità delle sue virtù di fede e di confidenza in Dio, di carità, di pazienza, di amore, di perdono, di offerta della propria vita per la salvezza del suo popolo e della sua nazione, hanno fatto in modo che la Chiesa potesse proporla come esempio a tutti i fedeli, invocando anche la sua intercessione presso Dio. Ripeto qui ciò che ho detto a conclusione dell’omelia: “Ci inchiniamo oggi, insieme a tutta la Chiesa di fronte a questa grande donna che d’ora in poi potremo chiamare beata nella maestà del Signore; ci inchiniamo di fronte a questa grande figlia di Israele, che in Cristo, il Redentore, ha scoperto la pienezza della sua fede e della missione verso il popolo di Dio”.

3. Le stesse parole di Cristo - “Mi sarete testimoni” - devono essere riferite nel contesto del servizio papale compiuto in Germania, al gesuita padre Rupert Mayer, la cui beatificazione ebbe luogo a Monaco di Baviera il 3 maggio.

Anche padre Rupert Mayer fu un mirabile testimone sia nell’esercizio costante della carità sia nella difesa intrepida della verità. Egli generosamente accettò di condividere la croce di Cristo e non ebbe timore di affrontare la prigione e il campo di concentramento per proclamare e difendere i diritti di Dio e dell’uomo. Il suo esempio e il suo messaggio rimangono perennemente validi: “Anche oggi si tratta di dare a Dio quel che è di Dio. Solo allora sarà dato all’uomo quello che è dell’uomo”.

4. Queste due beatificazioni riguardano il periodo in cui in Germania e in altri paesi di Europa ci fu una sfida radicale alla fede ed alla morale cristiana: il periodo segnato dall’inumana attività del sistema nazional-socialista, che ha pesato tragicamente sulla storia del nostro secolo. Durante la mia visita pastorale in Germania ho potuto ricordare anche la nobile figura, di colui che in quei tempi terribili divenne per la Chiesa e per il popolo tedesco un punto di riferimento quale difensore dei diritti di Dio e dell’uomo, il Cardinale Clemens August von Galen, Vescovo di Münster, esaltando la sua personalità indomita e il suo impavido insegnamento.

5. Il ricordo di un passato relativamente non lontano ha portato nuovamente alla ribalta della pubblica opinione coloro che in modo particolarmente chiaro hanno saputo essere “testimoni di Cristo” nel momento della grave prova. E contemporaneamente tale ricordo è risuonato come una sfida per la generazione cristiana attuale, perché, in un tempo di piena libertà religiosa e civile, i credenti diventino testimoni di Cristo in una società caratterizzata da grande benessere, ma anche da crescente secolarizzazione.

6. Nell’ambito dell’appello indirizzato a tutti, alcuni argomenti sono stati messi in rilievo in modo particolare durante il pellegrinaggio.

Uno di essi è stato il problema della giustizia sociale, strettamente legato alla questione del lavoro e dell’occupazione. Questo tema è stato trattato nella città di Bottrop, dove, presso la miniera Prosper-Haniel, mi sono rivolto ai lavoratori ed agli industriali, ed anche durante la celebrazione eucaristica al “Parkstadion” di Gelsenkirchen, dove, sottolineando il valore del lavoro e la necessità della sua umanizzazione, ho affrontato anche il dramma della disoccupazione ed ho accennato ai pericoli della tecnologia slegata dalla coscienza. Non ho mancato di fare un riferimento alle esigenze del rispetto per l’ambiente ecologico.

7. Altro argomento importante è stato quello “degli operai e delle operaie nella vigna del Signore”.

Ad Augsburg ho incontrato le religiose e le novizie e, richiamandomi ai tre voti della loro consacrazione, le ho esortate alla donazione serena e gioiosa, perché da tale testimonianza possano trarre fiducia e coraggio altre giovani chiamate dal Signore ad una vita più perfetta. Sempre ad Augsburg ho avuto la gioia di inaugurare il nuovo seminario dedicato a san Girolamo. Qui mi sono rivolto in modo speciale ai genitori, perché la famiglia è il primo, indispensabile seminario; agli ammalati e ai sofferenti, perché accettando i loro dolori in unione con Cristo, ottengano per la Chiesa copiose benedizioni; ai teologi e ai docenti, perché con la loro dottrina e il loro esempio coltivino le vocazioni; ai seminaristi, affinché il tempo del seminario sia un periodo di autentica formazione culturale, ascetica e pastorale.

8. L’appello di Cristo a rendere testimonianza ha nei nostri tempi, e specialmente in Germania, un significato profondamente ecumenico. E quindi un incontro molto importante è avvenuto nella Basilica dei santi Ulrico e Afra ad Augsburg con i fratelli dell’ortodossia e della Riforma. La città di Augsburg è storicamente famosa, perché da essa prende nome la Confessio Augustana del 1530, che impegnò i seguaci di Lutero e i cattolici ad un tentativo di riunione e di riconciliazione dottrinale e disciplinare. “Quale direzione avrebbe preso la storia, quali possibilità missionarie vi sarebbero state per il nuovo continente, se allora il superamento delle divisioni e la chiarificazione dei problemi in questione avessero avuto un esito positivo!” Così ho detto durante l’incontro ecumenico di preghiera e di meditazione. Dobbiamo pregare incessantemente e compiere oggi ciò che oggi è possibile affinché domani possa realizzarsi ciò che domani sarà necessario.

9. Le parole “mi sarete testimoni” sono state sentite fin dall’inizio come una chiamata all’evangelizzazione di tutti i paesi e di tutti i continenti ed in particolare all’evangelizzazione dell’Europa. Un luogo che rende testimonianza di tale evangelizzazione, nel corso del primo millennio, è la città di Spira, antichissima sede imperiale. Era perciò opportuno che proprio dalla stupenda cattedrale romanica di Spira, dove sono le tombe degli imperatori e dalla storica piazza antistante, trattando il tema “La costruzione di un’Europa cristiana”, richiamassi la necessità di una “nuova evangelizzazione” dell’Europa nella prospettiva del terzo millennio.

10. In vicinanza ormai dell’apertura dell’Anno Mariano, molto significative e commoventi sono state le cerimonie di apertura dei pellegrinaggi alla Basilica di Kevelaer, dell’Atto di Affidamento alla Madonna “Consolatrice degli afflitti” e della successiva recita delle lodi. Richiamandomi al mistico evento della Pentecoste, quando uniti con Maria gli apostoli hanno ricevuto lo Spirito Santo, ripeto anche oggi ciò che ho detto a Kevelaer: “I fulcri autentici della storia vanno ricercati nei luoghi silenziosi della preghiera”.

11. Che questi importanti giorni del viaggio pastorale, nel corso dei quali mi è stato dato di compiere il servizio papale in mezzo alla Chiesa della Repubblica Federale di Germania, per intercessione di Maria santissima e dei nuovi beati Teresa e Rupert, portino il frutto promesso da Gesù agli apostoli nel Cenacolo: “Io vi ho scelti e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Jn 15,16).

Ai pellegrini di espressione francese

Ai fedeli di lingua inglese

Ad un gruppo di pellegrini provenienti dal Giappone

Sia lodato Gesù Cristo!

Dilettissimi pellegrini provenienti dalla parrocchia Kaminoge di Tokyo e da altre località del Giappone: è imminente l’inizio dell’anno mariano, che ho voluto preparare anche con la mia Enciclica “Redemptoris Mater”. Auspico che la vostra devozione alla Madre di Dio e di tutti noi si approfondisca sempre più, e prego la Madonna di accompagnarvi e soccorrervi sempre nella vostra vita.

Vi benedico di cuore.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai fedeli di espressione tedesca

Ai fedeli provenienti dalla Spagna e dall’America Latina

Ai fedeli polacchi


Ad alcuni pellegrinaggi italiani

Saluto il pellegrinaggio di Visciano, in diocesi di Nola, e di altri Comuni della Campania, che abitano nei territori adiacenti al Santuario di Maria SS.ma Consolatrice del Carpinello.

Carissimi, avete portato qui la gigantesca Statua della madonna da collocare sul risorto campanile del Santuario. Nel benedire tale immagine, vi esorto a nutrire una tenera devozione verso la Madre di Cristo e la Madre nostra. Guardate a Maria per uniformare a Lei la vostra vita. Lasciatevi attrarre dal suo esempio e dalla sua santità, perché non si ricorre mai a Lei, senza essere esauditi e confortati, senza essere additati al suo Figlio Gesù, nostro Signore e Salvatore.

Di cuore vi benedico.
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Un pensiero particolare va al folto gruppo di pellegrini provenienti da Solofra, cittadina appartenente alla provincia di Avellino e all’Arcidiocesi di Salerno.

Carissimi fratelli e sorelle, so che la vostra Città si distingue non soltanto per la solerte industriosità dei suoi abitanti, ma anche per la ricca tradizione religiosa, al cui centro sta la Collegiata di San Michele Arcangelo, gioiello di arte, documento di fede, fonte di storia religiosa e sociale. Riaperta ora al culto, dopo i gravi danni subiti nel disastroso terremoto del 1980, essa resta come il segno emblematico del nuovo cammino della ricostruzione.

A tutti voi auguro di essere sempre fedeli al vostro nobile passato, conservando intatto il patrimonio di valori religiosi e morali, che pastori illuminati e zelanti come il compianto Monsignor Mariano Vigorita hanno contribuito ad alimentare e a consolidare, così da tramandarne la ricchezza alle nuove generazioni col fervore della vostra fede e con l’esempio di una vita sempre conforme ai principii del Vangelo.

Con questi auspici volentieri benedico la fiaccola qui recata da un gruppo di vostri atleti, in essa vedendo un simbolo di speranza e di gioia per tutti i cittadini di Solofra, che in questi anni hanno saputo dare una eloquente testimonianza di coraggio e di solidarietà nella ricostruzione materiale e spirituale della propria Comunità. A tutti imparto la mia Benedizione.
* * *


Saluto poi borsisti del Centro Elis di Roma, provenienti da vari Paesi del mondo.

Ai giovani

Saluto ora i giovani presenti.

Carissimi, la Chiesa commemora oggi San Domenico Savio, uno dei primi frutti di santità, plasmati dalla grazia divina della scuola di Don Bosco. Nel ricordare la risolutezza di volere, che ha caratterizzato la breve esistenza di questo giovane nell’aderire al Signore in ogni circostanza, desidero invitare ciascuno di voi a corrispondere generosamente ai desideri di bene, che lo spirito Santo vi ispira, mentre andate progettando il vostro futuro. A tutti la mia Apostolica Benedizione.

Agli ammalati

Anche a voi, carissimi ammalati, rivolgo un particolare saluto. In questo mese di Maggio, dedicato a Maria santissima, vi esorto a valorizzare le vostre sofferenze sull’esempio di Lei. Vi sia di conforto il sapere che anche voi entrate a far parte di “ "quella materna carità", con la quale la Madre del Redentore "si prende cura dei fratelli del Figlio suo" ”, esplicando così “ quella maternità secondo lo spirito, che è diventata la funzione di Maria sotto la Croce e nel cenacolo ” (Ioannis Pauli PP. II, Redemptoris Mater RMA 45). I favori celesti, che per tale comunione scenderanno sulla Chiesa e sul mondo, saranno ascritti dal Signore anche a vostro merito e copiosa sarà la ricompensa che Egli vi riserva. Siate certi di questa verità e rafforzati dalla speranza che vi infonde. Vi benedico di cuore uno per uno.

Agli sposi novelli

Agli sposi novelli, convenuti a questa Udienza, un cordiale saluto e gli auguri più fervidi per la loro unione nel Signore. Carissimi, il tempo pasquale, che ci fa contemplare e rivivere i misteri della nostra salvezza vi invita ad essere nel mondo irradiazione della luce del Signore e propagatori della fiducia in Lui, che porta alle certezze della fede e della vita eterna.

La consapevolezza di questo compito sostenga i vostri propositi, sui quali volentieri invoco la Benedizione del Signore.






Mercoledì, 13 maggio 1987

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1. Come abbiamo considerato nelle precedenti catechesi, il nome “Cristo” significa nel linguaggio dell’Antico Testamento “Messia”. Israele, il popolo di Dio dell’antica alleanza, visse nell’attesa della realizzazione della promessa del Messia, che ebbe compimento in Gesù di Nazaret. Per questo fin dall’inizio Gesù è stato chiamato Cristo, cioè “Messia”, e come tale accettato da tutti coloro che “l’hanno accolto” (
Jn 1,12).

2. Abbiamo visto che, secondo la tradizione dell’antica alleanza, il Messia è re e che questo Re messianico viene anche chiamato Figlio di Dio, nome che nell’ambito del monoteismo jahvistico dell’Antico Testamento ha un significato esclusivamente analogico, o addirittura metaforico. Non si tratta in quei libri del figlio “generato” da Dio, ma di qualcuno che Dio sceglie affidandogli una particolare missione o ministero.

3. In questo senso anche tutto il popolo viene talvolta denominato “figlio” come per esempio nelle parole di Jahvè indirizzate a Mosè: “Tu dirai al faraone: . . . Israele è il mio figlio primogenito . . . lascia partire il mio figlio perché mi serva!” (Ex 4,22-23 cf. anche Os 11,1 Gn 31,9). Se dunque il re viene chiamato nell’antica alleanza “figlio di Dio”, è perché, nella teocrazia israeliana, egli è un rappresentante particolare di Dio.

Lo vediamo, ad esempio, nel salmo 2, in relazione all’intronizzazione del re: “Egli mi ha detto: Tu sei il mio figlio, io oggi ti ho generato” (Ps 2,7). Anche nel salmo 88/89 leggiamo: “Egli (Davide) mi invocherà: Tu sei mio padre . . . Io lo costituirò mio primogenito, il più alto tra i re della terra” (Ps 89,27-28). In seguito il profeta Natan così dirà a proposito della discendenza di Davide: “Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio. Se farà il male, lo castigherò . . .” (2S 7,14).

Tuttavia, nell’Antico Testamento, attraverso il significato analogico e metaforico dell’espressione “figlio di Dio”, sembra ne penetri un altro, che rimane oscuro.Così nel citato salmo 2, Dio dice al re: “Tu sei mio figlio: oggi ti ho generato” (Ps 2,7), e nel salmo 109/110: “Dal seno dell’aurora, come rugiada, io ti ho generato” (Ps 110,3).

4. Bisogna aver presente questo sfondo biblico-messianico per rendersi conto che il modo di agire e di esprimersi di Gesù indica la consapevolezza di una realtà completamente nuova.

Anche se nei vangeli sinottici Gesù non si definisce mai Figlio di Dio (come non si chiama Messia), tuttavia in diversi modi afferma e fa capire di essere il Figlio di Dio, e non in senso analogico o metaforico, ma naturale.

5. Egli anzi sottolinea la esclusività della sua relazione di Figlio di Dio. Mai dice di Dio: “nostro Padre”, ma solo “mio Padre”, oppure distingue: “Padre mio, Padre vostro”. Non esita ad affermare: “Tutto mi è stato dato dal Padre mio” (Mt 11,27).

Questa esclusività del rapporto filiale con Dio si manifesta particolarmente nella preghiera, quando Gesù si rivolge a Dio come a Padre, usando la parola aramaica “abbà”, che indica una particolare vicinanza filiale e in bocca di Gesù costituisce un’espressione della sua totale dedizione alla volontà del Padre: “Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice” (Mc 14,36).

Altre volte Gesù usa l’espressione “il Padre vostro”; per esempio: “come è misericordioso il Padre vostro” (Lc 6,36); “il Padre vostro che è nei cieli” (Mc 11,25). Egli sottolinea in questo modo la specificità della propria relazione al Padre, pur desiderando che questa divina paternità si comunichi ad altri, come attesta la preghiera del “Padre nostro” che Gesù insegnò ai suoi apostoli e seguaci.

6. La verità sul Cristo come figlio di Dio è il punto di convergenza di tutto il Nuovo Testamento.I Vangeli, e specialmente il Vangelo di Giovanni, e gli scritti degli apostoli, in modo particolare le Lettere di san Paolo, ci offrono testimonianze esplicite. Nella presente catechesi ci concentriamo soltanto su alcune affermazioni particolarmente significative, che in certo senso ci “aprono la strada” verso la scoperta della verità su Cristo come Figlio di Dio e ci avvicinano alla retta percezione di questa “figliolanza”.

7. È importante costatare che la convinzione della figliolanza divina di Gesù è stata confermata da una voce dal cielo durante il battesimo nel Giordano (cf. Mc 1,11) e sul monte della trasfigurazione (cf. Mc 9,7). In entrambi i casi gli evangelisti ci parlano della proclamazione fatta dal Padre circa Gesù “(suo) Figlio prediletto” (cf. Mt 3,17 Lc 3,22).

Un’analoga conferma gli apostoli la ebbero anche dagli spiriti maligni che inveivano contro Gesù: “Che c’entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio” (Mc 1,24). “Che hai tu in comune con me . . . Figlio del Dio altissimo?” (Mc 5,7).

8. Se poi ascoltiamo la testimonianza degli uomini, merita un’attenzione particolare la professione di Simon Pietro vicino a Cesarea di Filippo: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16). Si noti che questa professione è stata confermata in modo insolitamente solenne da Gesù: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli” (Mt 16,17).

Non si tratta di un fatto isolato. Nello stesso Vangelo di Matteo leggiamo che al vedere Gesù camminare sulle acque del lago di Genezaret, calmare il vento e salvare Pietro, gli apostoli si prostrarono davanti al Maestro, dicendo: “Tu sei veramente il Figlio di Dio!” (Mt 14,33).

9. Così dunque ciò che Gesù faceva e insegnava alimentava negli apostoli la convinzione che egli era non solo il Messia, ma anche il vero “Figlio di Dio”. E Gesù confermò tale convinzione.

Furono proprio alcune delle affermazioni proferite da Gesù a suscitare contro di lui l’accusa di bestemmia. Ne scaturirono momenti particolarmente drammatici, come attesta il Vangelo di Giovanni, dove si legge che i Giudei “cercavano . . . di ucciderlo: perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio” (Jn 5,18).

Il medesimo problema venne risollevato nel processo intentato a Gesù davanti al sinedrio: Caifa, sommo sacerdote, lo interpellò: “Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio”. A questa domanda Gesù risponde semplicemente: “Tu l’hai detto”, cioè “Sì, io lo sono” (cf. Mt 26,63-64). E anche nel processo davanti a Pilato, pur essendo un altro il capo d’accusa, quello cioè di essersi proclamato re, tuttavia i Giudei ripeterono l’imputazione fondamentale: “Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio” (Jn 19,7).

10. Così possiamo dire che in definitiva Gesù morì sulla croce per la verità circa la sua figliolanza divina. Anche se l’iscrizione collocata sulla croce a dichiarazione ufficiale della condanna diceva: “Gesù il Nazareno, il re dei Giudei”, tuttavia, fa rilevare san Matteo, “quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: . . . Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce” (Mt 27,39-40). E ancora: “Ha confidato in Dio: lo liberi lui ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!” (Mt 27,43).

Questa verità si trova al centro dell’avvenimento del Golgota. Nel passato era stata oggetto della convinzione, della proclamazione e della testimonianza resa dagli apostoli, ora è divenuta oggetto di scherno. E tuttavia anche qui, il centurione romano che sorveglia l’agonia di Gesù e sente le parole, con le quali egli si rivolge al Padre, al momento della morte, dà un’ultima sorprendente testimonianza, lui pagano, all’identità divina di Cristo: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!” (Mc 15,39).

11. Le parole del centurione romano sulla verità fondamentale del Vangelo e di tutto il Nuovo Testamento intero, ci richiamano a quelle che l’angelo rivolse a Maria al momento dell’annunciazione: “Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo . . .” (Lc 1,31-32). E quando Maria chiede: “Come è possibile?”, il messaggero le risponde: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio” (Lc 1,34-35).

12. In forza della consapevolezza che Gesù ebbe di essere Figlio di Dio nel senso reale naturale della parola, egli “chiamava Dio suo Padre . . .” (Jn 5,18). Con la medesima convinzione non esitò a dire ai suoi avversari ed accusatori: “In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io sono” (Jn 8,58).

In questo “Io sono” c’è la verità sulla figliolanza divina che precede non soltanto il tempo di Abramo, ma ogni tempo e ogni esistenza creata.

Dirà san Giovanni a conclusione del suo Vangelo:“Questi (segni compiuti da Gesù) sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché credendo, abbiate la vita nel suo nome” (Jn 20,31).

Ai pellegrini di lingua francese

Ai gruppi di lingua inglese



Ai fedeli di lingua tedesca

Ai fedeli spagnoli e latinoamericani

Ai pellegrini polacchi

Ai vari gruppi italiani

Desidero porgere il mio saluto ad un gruppo di missionari e missionarie, provenienti da diversi Istituti e Paesi, che stanno compiendo a Roma un Corso di Rinnovamento teologico-pastorale.

Siate sempre riconoscenti al Signore per la vostra vocazione missionaria e vivete con generosità il dono di essere stati chiamati ad annunciare il Vangelo, come apostoli della verità e della grazia. Continuate con coraggio e con soprannaturale fiducia il vostro ministero, perché il Cristo Risorto vi è vicino e cammina con voi.
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Saluto poi i pellegrini della parrocchia di San Pio X in Cesena, e sarò lieto di incoronare l’immagine della Madonna di Fatima, tanto venerata nella loro chiesa.
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Saluto anche i giovani della parrocchia di San Lorenzo Martire, in Dovera, diocesi di Lodi, e benedico la loro fiaccola votiva per i festeggiamenti in onore della Vergine.
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Il mio pensiero va poi ai membri del gruppo Famiglie Nuove, del Movimento dei Focolari, e mi compiaccio con loro per l’impegno assunto di studiare la spiritualità della vita coniugale.

Con loro saluto anche le partecipanti al Movimento Italiano Casalinghe, mentre desidero incoraggiare il loro proposito di mettere in chiara luce i valori insiti nella condizione della casalinga, a vantaggio della vita familiare.
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Una parola di sostegno e di augurio va, infine, ai partecipanti al convegno promosso dalla Federazione Nazionale delle Associazioni Diabetici; al gruppo dei pellegrini dell’UNITALSI di Macerata, ed al gruppo dell’Associazione Italiana per la lotta alle Sindromi Atassiche, tutti qui presenti con alcuni dei loro assistiti. A voi in particolare esprimo il mio desiderio di conforto, invocando da Dio per tutti voi la sua grazia e protezione.

A tutti il mio cordiale saluto e la mia Benedizione.

Ai giovani

Carissimi giovani, mi rivolgo con particolare affetto a voi, convenuti a Roma in questo periodo che ci invita a meditare sul Mistero della Pasqua.

Quell’amore per Dio Nostro Padre e per l’umanità intera, che ha guidato Nostro Signore Gesù Cristo in ogni istante della Sua Missione Redentrice, fino al sacrificio supremo della Croce, sia l’elemento capace di trasformare dall’interno la vostra vita e di fare di voi degli autentici operatori di pace e di riconciliazione.

Vi assista la Vergine Santissima, della quale ricordiamo oggi la prima apparizione a Fatima.

Agli ammalati

Desidero rivolgere un saluto particolare agli ammalati che, pellegrini, sono venuti a venerare le Tombe dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.

Carissimi, i Principi degli Apostoli che qui, con il Martirio, hanno dato la suprema testimonianza della loro fede e del loro amore a Cristo, siano per tutti voi, guida, conforto ed esempio nell’affrontare ogni situazione anche dolorosa della vita, in adesione totale, fiduciosa e d’amore al Signore Risorto. Vi sostenga la Vergine Santissima, che durante questo mese di maggio non mancherete di pregare con particolare intensità.

Agli sposi novelli

Infine saluto voi, carissimi sposi novelli, che da poco, nel Sacro Rito Nuziale, avete ricevuto la Grazia sacramentale, a voi donata dal Signore della Pasqua.

Al mistero della Risurrezione di Cristo, inteso come mistero di vita e di amore e come strumento di Redenzione, sappiate sempre attingere, come ad inesauribile ed insondabile sorgente, le grazie necessarie a vivere in modo autenticamente umano e cristiano la vita coniugale e familiare che voi avete da poco iniziata.







Catechesi 79-2005 29487