Catechesi 79-2005 30590

Mercoledì, 30 maggio 1990

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1. Nei giorni scorsi sono stato - come sapete - in visita pastorale nell’isola di Malta, situata nel centro del Mediterraneo. La sua storia religiosa e spirituale è strettamente collegata con la figura dell’apostolo delle genti, san Paolo. La vicenda che portò il grande apostolo sulle sponde dell’isola è nota. Imprigionato a Cesarea per istigazione dei suoi connazionali, egli, valendosi del diritto che gli spettava quale cittadino romano, si appellò al giudizio dell’imperatore di Roma. Fu pertanto inviato, sotto scorta, alla capitale dell’impero.

Gli Atti degli apostoli descrivono ampiamente il viaggio avventuroso del prigioniero di Cesare. In particolare, essi riferiscono dal vivo le fasi drammatiche della tempesta, che sorprese la nave su cui Paolo viaggiava e la portò a naufragare presso le rive dell’isola di Malta, ove marinai e passeggeri poterono trovare riparo.

2. Sentiamo il racconto del primo impatto con la popolazione dell’isola dalle parole stesse di Luca, l’autore degli Atti: “Una volta in salvo, venimmo a sapere che l’isola si chiamava Malta. Gli indigeni ci trattarono con rara umanità; ci accolsero tutti intorno a un gran fuoco, che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia ed era freddo. Mentre Paolo raccoglieva un fascio di sarmenti e lo gettava sul fuoco, una vipera, risvegliata dal calore, lo morse a una mano. Al vedere la serpe pendergli dalla mano, gli indigeni dicevano tra loro: “Certamente costui è un assassino, se, anche scampato dal mare, la Giustizia non lo lascia vivere”. Ma egli scosse la serpe nel fuoco e non ne patì alcun male. Quella gente si aspettava di vederlo gonfiare e cadere morto sul colpo, ma dopo aver molto atteso senza veder succedergli nulla di straordinario, cambiò parere e diceva che era un dio. Nelle vicinanze di quel luogo c’era un terreno appartenente al “primo” dell’isola, chiamato Publio; questi ci accolse e ci ospitò con benevolenza per tre giorni. Avvenne che il padre di Publio dovette mettersi a letto colpito da febbri e da dissenteria; Paolo l’andò a visitare e dopo aver pregato gli impose le mani e lo guarì. Dopo questo fatto anche gli altri isolani che avevano malattie accorrevano e venivano sanati; ci colmarono di onori e al momento della partenza ci rifornirono di tutto il necessario” (
Ac 28,1-10).

3. In questo modo Malta è entrata nel libro degli Atti e ha legato la propria storia al nome di Paolo. Questi, benché giunto nell’isola come prigioniero, poté spargere fra gli abitanti il seme evangelico, dando inizio tra loro alla Chiesa.

Colui che nel libro stesso degli Atti è qualificato come “il primo dell’isola”, Publio, è venerato come il primo vescovo della Chiesa in Malta. Inizio insigne dunque di un’azione evangelizzatrice, i cui frutti consolanti ho potuto io stesso constatare durante il recente viaggio.

Momenti salienti della visita sono state le celebrazioni eucaristiche a Gozo, presso il santuario mariano di Ta’ Pinu, la mattina di sabato, in cui alle molte persone convenute ho parlato sul tema della famiglia; e poi a Floriana, in Malta, nel pomeriggio di domenica: quando, attorniato da un’enorme folla, ho celebrato la solennità dell’Ascensione, intrattenendo i fedeli sul tema dell’unità, valore umano e cristiano fondamentale.

Altri momenti importanti sono stati l’incontro col clero e con i religiosi nella concattedrale di La Valletta e quello nel santuario di Mellieha con i parenti delle centinaia di missionari e missionarie maltesi, sparsi nel mondo. Ho pregato con i malati presso la Grotta di san Paolo a Rabat, e ho avuto un incontro ecumenico, al quale hanno partecipato anche rappresentanti delle comunità musulmane, ebree e hindu, nell’antica cattedrale di Mdina.

Significativo è stato pure l’incontro con i lavoratori a Cottonera: con essi mi sono intrattenuto sulla necessità di una nuova solidarietà per il futuro del mondo. Né è mancato l’incontro col mondo della cultura, che mi ha offerto l’opportunità di ricordare agli intellettuali le loro responsabilità. Pieno di fervore ed entusiasmo è stato l’incontro con i giovani, che mi hanno posto con grande spontaneità le loro domande: ad essi ho dato le risposte sempre valide, che è possibile trarre dalla parola di Cristo.

4. L’immediato contatto con la popolazione maltese mi ha consentito di rendermi conto della fierezza e della nobiltà di questa gente, che nella sua storia plurisecolare ha potuto assimilare i valori di civiltà diverse: dalla civiltà fenicia alla romana, dalla civiltà bizantina all’araba. Nel 1530 a Malta posero la loro sede i Cavalieri dell’Ordine di san Giovanni di Gerusalemme, i quali la abbellirono e la fortificarono, facendone un baluardo contro ogni urto e assalto esterno.

Si sa che questo Ordine rimase nell’isola sino alla fine del secolo XVIII, e successivamente si ebbero diverse dominazioni. Nel 1964 Malta ha ottenuto la propria indipendenza.

A testimonianza di tanti eventi restano i maestosi edifici e gli splendidi templi, che apportano una nota di sontuosità al panorama pittoresco dell’isola. L’odierna popolazione ammonta a circa 350.000 abitanti, nella stragrande maggioranza cattolici. Le limitate risorse della madre-patria hanno costretto numerosi maltesi a emigrare, sicché i cittadini all’estero superano quelli residenti in patria. In tutti, comunque, resta vivo il senso della comune identità etnica, culturale, religiosa, che le travagliate vicende storiche non hanno potuto offuscare.

5. Conservo vivo nel cuore il ricordo della cordiale accoglienza ricevuta e rinnovo anche in questa circostanza l’espressione della mia gratitudine all’arcivescovo di Malta, al vescovo di Gozo e alle autorità ecclesiastiche, al presidente e a tutte le autorità della Repubblica, per l’invito rivoltomi e per tutto l’impegno posto nel preparare convenientemente la visita.

Nonostante le piccole dimensioni, Malta è un Paese di notevole importanza internazionale. La sua ubicazione ne ha fatto un luogo di incontro di culture e idiomi diversi. Anche oggi Malta conserva questa sua vocazione a mediare tra i popoli dell’intero bacino mediterraneo. L’auspicio è che essa sappia continuare in questa, direi, naturale missione, senza mai rinunciare al prezioso patrimonio di valori accumulato dalle generazioni passate.

6. Nel rientrare a Roma, sentivo ancora in profondo le impressioni provate durante la visita: sulle sponde di quell’isola era approdato san Paolo; là era stato scritto un importante capitolo della storia della Chiesa, che nel giorno di Pentecoste s’era rivelata al mondo come popolo di Dio, nato dalla croce e dalla risurrezione di Cristo e ormai in cammino sulle strade della terra nella potenza dello Spirito.

Ancora oggi, dopo duemila anni, possiamo ascoltare le parole udite da Paolo, prigioniero per il Vangelo: “Coraggio! Come hai testimoniato per me a Gerusalemme, così è necessario che tu mi renda testimonianza anche a Roma” (Ac 23,11). Tale invito al coraggio tutti dobbiamo raccogliere, a cominciare da chi ha la responsabilità della Chiesa di Roma. Sì, carissimi fratelli e sorelle, esso vale per me, ma vale anche per ciascuno di voi nella continuità di quella fede, per la quale l’apostolo Paolo versò il suo sangue proprio qui a Roma.

Ai pellegrini di lingua tedesca


Ai pellegrini di lingua francese

Ai numerosi fedeli di espressione inglese

Ai fedeli di lingua spagnola

Ai pellegrini di espressione portoghese



A numerosi visitatori di lingua polacca

Ai gruppi di fedeli di lingua italiana

Desidero ora salutare cordialmente tutti i gruppi di lingua italiana; tra gli altri menziono i pellegrini giunti dalla parrocchia di Sant’Antonio a Brancaccio, in Torre del Greco, i quali festeggiano il 90º anniversario di costruzione della chiesa e il 45º di vita parrocchiale; i missionari e le missionarie del Pontificio Istituto Missioni Estere, presenti a Roma per un corso di aggiornamento; le religiose Missionarie dell’Immacolata, anch’esse rientrate temporaneamente a Roma per un periodo di riflessione e di studio; il gruppo dei dirigenti dell’Associazione nazionale Centri di Iniziativa Sociale, che si propone di promuovere, in vari modi, la maturazione sociale della persona umana, favorendone la cosciente partecipazione all’edificazione del bene comune. Vi sono inoltre i partecipanti da tutta l’Europa ad un congresso indetto dall’Associazione Europea dei Gas Petroli Liquefatti.

Carissimi fratelli e sorelle! Provenite da ambienti diversi, seguite strade differenti nella realizzazione della vostra vocazione e nel servizio al prossimo, ma tutti vi siete sentiti attratti dal fascino spirituale della Sede di Pietro e avete voluto vedere il suo Successore. Vi ringrazio per la vostra visita, sono vicino a ciascuno di voi, alle vostre preoccupazioni, ai vostri compiti, alle vostre più nobili aspirazioni. Vi incoraggio a proseguire nel cammino che avete intrapreso alla luce della fede cristiana. Auguro a tutti che possiate corrispondere generosamente agli impegni assunti e sperimentare nella vostra vita la presenza di Dio che vi ama e vi conduce, nella sua sapiente bontà, a un destino di vita eterna.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Rivolgo infine un saluto particolare ai Giovani, agli Ammalati e agli Sposi Novelli. La Vergine Santa, al concludersi del mese di maggio, protegga la crescita spirituale di voi giovani, che cercate una fede sempre più matura, sempre più corrispondente agli interrogativi che la nostra epoca suscita nel vostro cuore. Sostenga tutti voi, malati, nelle prove che nascono dall’infermità e dalla sofferenza quotidiana. Susciti scelte coraggiose e coerenti in voi, giovani sposi, che intendete costruire una famiglia secondo il progetto di Dio. La Vergine Maria sia per tutti modello di obbedienza alla fede e tutti conduca alla imitazione del suo Figlio Gesù, il frutto benedetto del suo seno. A tutti la mia Benedizione Apostolica!



Mercoledì, 6 giugno 1990

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1. “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio” (
Lc 1,35). Come sappiamo, queste parole dell’angelo, dette a Maria nell’annunciazione a Nazaret, si riferiscono al mistero dell’incarnazione del Figlio-Verbo per opera dello Spirito Santo, cioè a una verità-chiave della nostra fede, sulla quale ci siamo soffermati nelle catechesi precedenti. Per opera dello Spirito Santo - abbiamo detto - si realizza l’“unione ipostatica”: il Figlio consustanziale al Padre assume dalla Vergine Maria la natura umana, per la quale egli diviene vero uomo senza cessare di essere vero Dio. L’unione della divinità e dell’umanità nell’unica Persona del Verbo-Figlio, cioè l’“unione ipostatica” (“hypostasis” = persona), è la più grande opera dello Spirito Santo nella storia della creazione e nella storia della salvezza. Anche se tutta la Trinità ne è causa, tuttavia è attribuita dal Vangelo e dai Padri allo Spirito Santo, perché è la suprema opera dell’Amore divino, compiuta nell’assoluta gratuità della grazia, per comunicare all’umanità la pienezza della santificazione in Cristo: tutti effetti attribuiti allo Spirito Santo (Summa theologiae, III 32,1).

2. Le parole rivolte a Maria nell’annunciazione indicano che lo Spirito Santo è la fonte della santità del Figlio, che da lei deve nascere. Nel momento in cui il Verbo eterno si fa uomo, si realizza nella natura assunta una singolare pienezza di santità umana, che supera quella di ogni altro santo, non solo dell’antica ma anche della nuova alleanza. Questa santità del Figlio di Dio come uomo, come Figlio di Maria - santità fontale, radicata nell’unione ipostatica - è opera dello Spirito Santo, il quale continuerà ad agire in Cristo fino a coronare il proprio capolavoro nel mistero pasquale.

3. Tale santità è frutto di una singolare “consacrazione”, di cui il Cristo stesso dirà esplicitamente, disputando con coloro che l’ascoltavano: “A colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio?” (Jn 10,36). Quella consacrazione” (cioè: “santificazione”) è collegata con la venuta nel mondo del Figlio di Dio. Come il Padre manda il suo Figlio nel mondo per opera dello Spirito Santo (il messaggero dice a Giuseppe: “Quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo” (Mt 1,20), così egli “consacra” questo Figlio nella sua umanità per opera dello Spirito Santo. Lo Spirito, che è l’artefice della santificazione di tutti gli uomini, è soprattutto l’artefice della santificazione dell’Uomo concepito e nato da Maria, come pure di quella della sua purissima Madre. Sin dal primo momento della concezione quest’Uomo, che è il Figlio di Dio, riceve dallo Spirito Santo una straordinaria pienezza di santità, in misura corrispondente alla dignità della sua Persona divina (Summa theologiae, III 7,1 III 7,9-11).

4. Questa santificazione riguarda tutta l’umanità del Figlio di Dio, la sua anima e il suo corpo, come è messo in chiaro dall’evangelista Giovanni, che sembra voler sottolineare l’aspetto corporale dell’incarnazione: “Il Verbo si fece carne” (Jn 1,14). Per opera dello Spirito Santo viene superata, nell’incarnazione del Verbo, questa concupiscenza, di cui parla l’apostolo Paolo nella Lettera ai Romani e che lacera interiormente l’uomo. Da essa appunto libera la “legge dello Spirito”, cosicché chi vive dello Spirito cammina anche secondo lo Spirito. Il frutto dell’azione dello Spirito Santo è la santità dell’intera umanità di Cristo. Il corpo umano del Figlio di Maria partecipa pienamente a questa santità in un dinamismo di crescita che ha il suo culmine nel mistero pasquale. Grazie ad esso, il corpo di Gesù, che l’apostolo qualifica “carne simile a quella del peccato” (Rm 8,3), giunge alla santità perfetta del corpo del Risorto. Si darà così inizio a un nuovo destino del corpo umano e di “ogni corpo” nel mondo creato da Dio e chiamato, anche nella sua materialità, a partecipare ai benefici della redenzione (Summa theologiae, III 8,2).

5. Occorre aggiungere, a questo punto, che il corpo, che per opera dello Spirito Santo appartiene sin dal primo momento del concepimento all’umanità del Figlio di Dio, dovrà diventare nell’Eucaristia il cibo spirituale degli uomini. Gesù Cristo, annunziando l’istituzione di questo mirabile sacramento, sottolineerà che in esso la sua carne (sotto la specie del pane) potrà divenire cibo degli uomini grazie all’azione dello Spirito Santo che dà la vita. Sono ben significative, al riguardo, le parole da lui pronunciate nei pressi di Cafarnao: “è lo Spirito che dà la vita; la carne (senza lo Spirito) non giova a nulla”. Se Cristo ha lasciato agli uomini la sua carne come cibo spirituale, egli nello stesso tempo ha voluto insegnarci quella condizione di “consacrazione” e di santità che, per opera dello Spirito Santo, era ed è una prerogativa anche del suo corpo nel mistero dell’incarnazione e dell’Eucaristia.

6. L’evangelista Luca, facendosi forse eco delle confidenze di Maria, ci dice che, come figlio dell’uomo, “Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2,52). In modo analogo si può anche parlare della “crescita” nella santità nel senso di una sempre più completa manifestazione e attuazione di quella fondamentale pienezza di santità con cui Gesù venne al mondo. Il momento in cui in modo particolare si fa conoscere la “consacrazione del Figlio nello Spirito Santo, in ordine alla missione, è l’inizio dell’attività messianica di Gesù di Nazaret: “Lo Spirito del Signore è sopra di me: per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato” (Lc 4,18).

In questa attività si manifesta quella santità che un giorno Simon Pietro sentirà il bisogno di confessare con le parole: “Signore, allontanati da me che sono un peccatore” (Lc 5,8). Come pure, in un altro momento: “Noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Jn 6,69).

7. Il mistero-realtà dell’incarnazione segna dunque l’entrata nel mondo di una nuova santità. È la santità della divina Persona del Figlio-Verbo che, nell’unione ipostatica con l’umanità, pervade e consacra tutta la realtà del Figlio di Maria: anima e corpo. Per opera dello Spirito Santo, la santità del Figlio dell’uomo costituisce il principio e la durevole fonte della santità nella storia dell’uomo e del mondo.

Ai fedeli di lingua tedesca

Ai fedeli di lingua francese


Ai pellegrini di espressione inglese

Ai numerosi visitatori di espressione spagnola


Ai fedeli di lingua portoghese
Ai fedeli polacchi

Ai pellegrini di lingua italiana

Rivolgo ora il mio cordiale saluto ai pellegrini della diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti i quali, accompagnati dal Vescovo, Monsignor Tarcisio Pisani, dalle autorità civili, da numerosi sacerdoti e religiosi, desiderano far benedire la prima pietra del nuovo Seminario Diocesano, che sarà intitolato a Papa Benedetto XIII, originario di Gravina. Formulo l’auspicio che si accresca il numero dei giovani che accolgono generosamente e con spirito di fede il dono inestimabile della vocazione, mentre esorto le famiglie ad apprezzare come una benedizione di Dio sulla loro casa la chiamata divina al sacerdozio.

Saluto anche i rappresentanti dell’Associazione Tempo Libero Handicappati, che ha organizzato un viaggio di giovani disabili in Italia per conoscere centri ed istituti di riabilitazione e per avere utili contatti anche con organizzazioni parallele. Esprimo il mio compiacimento a quanti operano in questa istituzione, agli interpreti, agli animatori ed a tutto il gruppo newyorchese qui presente.

Il mio pensiero va poi ai pellegrini della Parrocchia di Santa Maria del Colle di Mormanno, in Diocesi di Cassano allo Ionio, accompagnati dal loro parroco. Saluto in particolare i ragazzi e le ragazze della Prima Comunione e della Cresima, con l’augurio che tale esperienza di fede sia costante motivo di orientamento per la loro vita futura e soprattutto per una sempre più consapevole partecipazione alla messa festiva ed alla catechesi.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Saluto pure i Giovani, gli Ammalati, gli Sposi Novelli. La vicina festa della Trinità ci riconduce al grande e fondamentale mistero della vita intima di Dio Uno e Trino, centro della fede cristiana. La conoscenza del vero Dio è la ragion d’essere di tutta la storia della rivelazione e della salvezza. Dalla Parola divina sappiamo che Dio si è manifestato a noi come Padre; ha inviato il suo Verbo eterno, fatto carne, crocifisso e risorto; ha donato a noi lo Spirito Santo, “che è Signore e dà la vita”. Alla luce di queste profonde verità invito tutti i giovani ad approfondire la propria fede in Dio-Trinità, e a testimoniarla con convinzione. Chiedo agli Ammalati di trovare nell’amore di Dio il proprio conforto e la pace interiore. Esorto gli Sposi Novelli a riconoscere che nel mistero di Dio sta il fondamento della santificazione della loro nascente famiglia.

Prima di concludere l’udienza, il Santo Padre invita i fedeli presenti ad unirsi alla preghiera di tutta la Chiesa per il buon esito dei lavori della sesta Sessione Plenaria della Commissione Mista Internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. Queste le sue parole.

Chiedo a tutti voi qui presenti di unirvi alla mia preghiera, affinché il Signore sostenga con la luce del suo Spirito i membri cattolici e ortodossi che iniziano oggi, a Monaco di Baviera, in Germania, ospiti dell’arcivescovo di quella città, il card. Fredrick Wetter, i lavori della sesta Sessione plenaria della Commissione Mista Internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. Formulo l’auspicio che tali incontri ecumenici contribuiscano a promuovere una migliore, reciproca conoscenza e una più profonda carità.

Sosteniamo con le nostre preghiere tutti coloro che sono impegnati in questo cammino. A tutti la mia benedizione apostolica.




Mercoledì, 13 giugno 1990

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1. La verità sullo Spirito Santo appare chiaramente nei testi evangelici, che descrivono alcuni momenti della vita e della missione di Cristo. Ci siamo già soffermati a riflettere sul concepimento verginale e sulla nascita di Gesù da Maria per opera dello Spirito Santo. Ci sono altre pagine nel “Vangelo dell’infanzia”, sulle quali occorre fissare l’attenzione, perché in esse viene posta in rilievo in modo particolare l’azione dello Spirito Santo.

Una di queste è sicuramente la pagina nella quale l’evangelista Luca narra la visita di Maria nella casa di Elisabetta. Leggiamo che “in quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda” (
Lc 1,39). Si ritiene comunemente che si tratti della località di Ain-Karim, a sei chilometri a ovest di Gerusalemme. Maria vi si reca per essere accanto alla sua parente Elisabetta, più anziana di lei. Vi si reca in seguito all’annunciazione, di cui la visitazione diventa quasi un complemento. Difatti l’angelo aveva detto a Maria: “Vedi: anche Elisabetta tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,36-37).

Maria si mette in viaggio “in fretta” per recarsi da Elisabetta, certamente per un bisogno del cuore, per renderle un servizio affettuoso, come di sorella, in quei mesi di avanzata gravidanza. Nel suo animo sensibile e gentile fiorisce il sentimento della solidarietà femminile, caratteristico di questa circostanza. Ma su questo sfondo psicologico si innesta probabilmente l’esperienza di una speciale comunione stabilitasi tra lei ed Elisabetta all’annuncio dell’angelo: il figlio atteso da Elisabetta sarà, infatti, precursore di Gesù e suo battezzatore nel Giordano.

2. In base a quella comunione di spirito si spiega perché l’evangelista Luca si premuri di mettere in luce l’azione dello Spirito Santo nell’incontro delle due future madri: Maria, “entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo” (Lc 1,40-41). Quest’azione dello Spirito Santo, sperimentata da Elisabetta in modo particolarmente profondo al momento dell’incontro con Maria, è in relazione al misterioso destino del figlio, che porta nel grembo. Già il padre del bambino, Zaccaria, ricevendo l’annuncio della nascita del figlio durante il suo servizio sacerdotale nel tempio, si era sentito dire: “Sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre”. Al momento della visitazione, quando Maria oltrepassa la soglia della casa di Elisabetta (e insieme con lei la oltrepassa anche Colui che già è il “frutto del suo seno”), quella presenza dello Spirito Santo si fa sentire in modo sperimentale da Elisabetta. Essa stessa lo attesta nel saluto che rivolge alla giovane madre venuta a visitarla.

3. Secondo il Vangelo di Luca, infatti, Elisabetta “esclamò a gran voce: Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore” (Lc 1,42-45).

In poche righe, l’evangelista ci fa conoscere il trasalimento di Elisabetta, il sussulto gioioso del bambino nel suo grembo, l’intuizione almeno confusa dell’identità messianica del bambino che Maria porta in seno, il riconoscimento della fede di Maria nella rivelazione che le è stata fatta dal Signore. Luca usa fin da questa pagina il titolo divino di “Signore”, non solo per parlare di Dio che rivela e promette (“le parole del Signore”), ma anche del figlio di Maria, Gesù, al quale nel Nuovo Testamento il titolo è attribuito soprattutto come risorto (cf. Ac 2,36 Ph 2,11). Qui egli deve ancora nascere. Ma Elisabetta non meno di Maria percepisce la sua grandezza messianica.

4. Ciò significa che Elisabetta, “piena di Spirito Santo”, viene introdotta nelle profondità del mistero della venuta del Messia. Lo Spirito Santo opera in lei questa particolare illuminazione, che trova espressione nel saluto rivolto a Maria. Elisabetta parla come se fosse stata partecipe e testimone dell’annunciazione a Nazaret. Definisce con le sue parole l’essenza stessa del mistero che in quel momento si è operato in Maria; dicendo “la madre del mio Signore viene a me”, essa chiama “mio Signore” il bambino che Maria (da poco) porta in grembo. E poi proclama Maria stessa “benedetta fra le donne”, e aggiunge: “Beata colei che ha creduto”, come se volesse alludere all’atteggiamento e comportamento della serva del Signore, che rispose all’angelo col suo “fiat”: “Avvenga di me quello che hai detto!” (Lc 1,38).

5. Il testo di Luca manifesta la sua convinzione che, sia in Maria, sia in Elisabetta, agisce lo Spirito Santo, che le illumina e ispira. Come lo Spirito ha fatto percepire a Maria il mistero della maternità messianica attuata nella verginità, così dà ad Elisabetta la capacità di scoprire Colui che Maria porta in grembo, e ciò che Maria è chiamata a essere nell’economia della salvezza: la “Madre del Signore”. E le dà il trasporto interiore che la spinge a proclamare tale scoperta “a gran voce” (Lc 1,42), con quell’entusiasmo e quella gioia che sono pure frutto dello Spirito Santo. La madre del futuro predicatore e battezzatore del Giordano attribuisce tale gioia al bambino che da sei mesi porta in seno: “Il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo”. Ma figlio e madre si trovano uniti in una sorta di simbiosi spirituale, per cui l’esultanza del bambino quasi contagia colei che lo ha concepito, ed ecco: Elisabetta prorompe in quel grido nel quale s’esprime la gioia che l’accomuna a suo figlio nel profondo, come Luca ci attesta.

6. Sempre secondo la narrazione di Luca, dall’anima di Maria sgorga un canto di esultanza, il Magnificat, nel quale, anch’essa esprime la sua gioia: “Il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore” (Lc 1,47). Educata com’era al culto della Parola di Dio conosciuta mediante la lettura e la meditazione della Sacra Scrittura, Maria in quel momento sentì salire dal profondo della sua anima i versetti del cantico di Anna, madre di Samuele (cf. 1Sam 1S 2,1-10) e di altri brani dell’Antico Testamento, per dare libero sfogo ai sentimenti della “figlia di Sion”, che in lei trovava la più alta realizzazione. È ciò che ha ben capito l’evangelista Luca in base alle confidenze che direttamente o indirettamente ha ricevuto da Maria. Tra queste confidenze ci dovette essere quella della gioia che accomunò le due madri in quell’incontro, come frutto dell’amore che vibrava nei loro cuori. Si trattava dello Spirito-Amore trinitario, che si rivelava sulla soglia della “pienezza del tempo” (Ga 4,4), inaugurata nel mistero dell’Incarnazione del Verbo. Già in quel momento beato si attuava ciò che Paolo avrebbe detto: “Il frutto dello Spirito Santo . . . È amore, gioia, pace” (Ga 5,22).

Ai fedeli di lingua francese

Ai pellegrini di lingua inglese

Ai pellegrini di lingua tedesca

Ai pellegrini di lingua spagnola

Ai pellegrini di lingua portoghese


Ai pellegrini polacchi

Ai gruppi italiani

Saluto i dieci sacerdoti novelli della diocesi di Brescia, che sono presenti a quest’Udienza insieme con i loro genitori ed alcuni altri familiari. Auspico di cuore che questa visita a Roma rinvigorisca i sentimenti che hanno ispirato la loro donazione al Signore, augurando ad essi un fecondo ministero.

Il mio pensiero va anche ai pellegrini provenienti dalla parrocchia di San Quirico a Legnaia, di Firenze, i quali, raccolti attorno al loro Parroco, festeggiano il 50º anniversario del suo ministero parrocchiale. Desidero esprimere le mie felicitazioni per questo significativo avvenimento, mentre chiedo per voi, cari fratelli e sorelle, che lo Spirito Santo vi faccia crescere, come comunità, in un rapporto di sempre maggiore carità reciproca.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Saluto, infine, i Giovani presenti a questa Udienza, gli Ammalati e quanti generosamente li assistono e li accompagnano, e tutte le coppie di Sposi Novelli.

Rivolgo a voi, giovani studenti, ormai al termine degli impegni scolastici, un augurio di buone vacanze, e vi invito a considerare e adorare il Mistero di Gesù Eucaristia che la Chiesa celebra con solennità nei riti suggestivi del “Corpus Domini”.

Voi, ammalati, sappiate trovare nell’Eucaristia le energie necessarie per vivere con fortezza cristiana i momenti difficili della vostra particolare situazione. L’Eucaristia, che ci tiene uniti mediante un profondo legame di amicizia, sia per voi, sposi, sorgente di amore e di profonda comunione spirituale.

A tutti imparto la mia Benedizione.




Mercoledì, 20 giugno 1990

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1. Secondo il “Vangelo dell’infanzia di Gesù” steso da Luca, la rivelazione dello Spirito Santo si ebbe non solo nell’annunciazione e nella visitazione di Maria a Elisabetta, come abbiamo visto nelle precedenti catechesi, ma anche nella presentazione del bambino Gesù al tempio, il 40° giorno dopo la nascita. È il primo di tutta una serie di eventi della vita di Cristo, nei quali si espande la verità del mistero dell’incarnazione congiuntamente a quello della presenza operante dello Spirito Santo.

2. Scrive l’evangelista che, “quando venne il tempo della loro purificazione secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore” (
Lc 2,22). La presentazione del primogenito al tempio e l’offerta che l’accompagnava come segno del riscatto del piccolo israelita, che così tornava alla vita della sua famiglia e del suo popolo, era prescritta - o almeno raccomandata - dalla Legge mosaica vigente nell’antica alleanza. I pii israeliti praticavano quell’atto di culto. Secondo Luca, il rito compiuto dai genitori di Gesù per osservare la Legge fu occasione di un nuovo intervento dello Spirito Santo, che dava al fatto un significato messianico, introducendolo nel mistero di Cristo Redentore. Strumento prescelto per questa nuova rivelazione fu un santo vecchio, del quale Luca scrive: “A Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che s’aspettava il conforto d’Israele; lo Spirito Santo . . . era su di lui” (Lc 2,25). Si era dunque nella città santa, nel tempio dove gravitava tutta la storia d’Israele e confluivano le speranze fondate sulle antiche promesse e profezie.

3. Quell’uomo, che attendeva il “conforto d’Israele”, cioè il Messia, era stato specialmente preparato dallo Spirito Santo all’incontro con “Colui che doveva venire”. Leggiamo, infatti, che “lo Spirito Santo era sopra di lui”, cioè agiva in lui in modo abituale, e “gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore” (Lc 2,26).

Secondo il testo di Luca, quest’attesa del Messia, colma di desiderio, di speranza e dell’intima certezza che gli sarebbe stato concesso di vederlo con i propri occhi, è indice dell’azione dello Spirito Santo, che è ispirazione, illuminazione e mozione. Infatti, il giorno in cui Maria e Giuseppe portarono Gesù al tempio, vi si recò anche Simeone, “mosso - come dice Luca - dallo Spirito”. L’ispirazione dello Spirito Santo non solo gli preannunciò l’incontro col Messia, non solo gli suggerì di andare al tempio, ma lo mosse e quasi condusse; e una volta giunto al tempio, gli concesse di riconoscere nel bambino Gesù, figlio di Maria, colui che attendeva.

4. Luca scrive che, “mentre i genitori vi portarono il bambino Gesù per adempiere la Legge, Simeone lo prese tra le braccia e benedisse Dio” (Lc 2,27-28).

A questo punto l’evangelista mette sulla bocca di Simeone il cantico, a tutti noto, “Nunc dimittis”, che la liturgia ci fa ripetere ogni giorno all’ora di compieta, quando il senso del tempo che passa è particolarmente avvertito. Le parole così toccanti di Simeone, ormai vicino ad “andare in pace”, aprono il varco alla speranza sempre nuova della salvezza che in Cristo trova il suo esaudimento: “I miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele” (Lc 2,30-32). È un preannuncio della evangelizzazione universale, foriera della salvezza che viene da Gerusalemme, da Israele, ma ad opera del Messia-Salvatore, atteso dal suo popolo e da tutti i popoli.

5. Lo Spirito Santo, che opera in Simeone, è presente e svolge la sua azione, anche in tutti coloro che, come quel santo vecchio, hanno aderito a Dio e creduto alle sue promesse, in ogni tempo. Luca ci offre un altro esempio di questa realtà, di questo mistero: è la “profetessa Anna”, che sin dalla giovinezza, essendo rimasta vedova, “non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere”. Era dunque una donna consacrata a Dio e particolarmente capace, nella luce del suo Spirito, di afferrarne i disegni e di interpretarne i comandi: in questo senso era “profetessa”. Luca non parla esplicitamente di una speciale azione dello Spirito Santo in lei. E tuttavia l’associa a Simeone, sia nel lodare Dio, sia nel parlare di Gesù: “Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme” (Lc 2,37 Lc 2,38). Come Simeone, anch’essa era stata mossa senza dubbio dallo Spirito Santo a farsi incontro a Gesù.

6. Le parole profetiche di Simeone (e di Anna) annunziano non soltanto la venuta del Salvatore nel mondo, la sua presenza in mezzo a Israele, ma anche il suo sacrificio redentore. Questa seconda parte della profezia è rivolta direttamente a Maria: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima”.

Non si può non pensare allo Spirito Santo come ispiratore di questa profezia della Passione di Cristo quale via sulla quale verrà operata da Lui la salvezza. È particolarmente eloquente il fatto che Simeone parli delle future sofferenze di Cristo, rivolgendo il suo pensiero al cuore della Madre, associata a suo Figlio nella sopportazione delle contraddizioni di Israele e del mondo intero. Simeone non chiama per nome il sacrificio della croce, ma trasferisce la profezia sul cuore di Maria, che verrà “trafitto dalla spada” come compartecipe delle sofferenze del Figlio.

7. Le parole ispirate di Simeone prendono un rilievo anche maggiore se vengono considerate nel contesto globale del “Vangelo dell’infanzia di Gesù” descritto da Luca, perché collocano tutto quel periodo di vita sotto la particolare azione dello Spirito Santo. Si capisce meglio così quell’osservazione dell’evangelista sulla meraviglia di Maria e Giuseppe davanti a quegli avvenimenti e a quelle parole: “Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui”.

Chi annota quei fatti e quelle parole è lo stesso Luca che, come autore degli Atti degli apostoli, descrive l’evento della Pentecoste: la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli e i discepoli riuniti nel cenacolo assieme a Maria dopo l’ascensione al cielo del Signore, secondo la promessa di Gesù stesso. La lettura del “Vangelo dell’infanzia di Gesù” già prova che l’evangelista era particolarmente sensibile alla presenza e all’azione dello Spirito Santo in tutto ciò che riguardava il mistero dell’incarnazione, dal primo all’ultimo momento della vita di Cristo.

Ai fedeli di espressione francese

Ai gruppi di lingua inglese

Ai fedeli di lingua tedesca

Ai pellegrini di lingua spagnola


Ai fedeli di lingua portoghese

Ai fedeli polacchi


Ai gruppi italiani

Il mio cordiale pensiero va ora ai pellegrini della diocesi di Tursi-Lagonegro, i quali, guidati dal loro Vescovo, Monsignor Rocco Talucci, prendono parte a questa Udienza a conclusione dell’Anno Pastorale diocesano che li ha visti impegnati nell’approfondimento del tema generale: “Nella sete di Dio la speranza e il futuro dell’uomo”. Cari fratelli e sorelle, vi esprimo il mio compiacimento per il cammino spirituale che avete percorso e vi auguro che esso serva ad incrementare la comunione con Dio e la fraterna solidarietà spirituale tra voi.

Un saluto particolarmente affettuoso rivolgo ai sacerdoti del Pontificio Istituto Missioni Estere, i quali festeggiano il 25º anniversario della loro Ordinazione sacerdotale. Vi ringrazio per il bene compiuto al servizio della Chiesa in questi 25 anni di attività missionaria. Il Signore mantenga intatta nelle vostre anime la luce che vi ha inondato nel giorno della vostra Ordinazione e faccia sì che essa possa esservi di stimolo nel vostro ulteriore impegno apostolico.

Ringrazio per la loro presenza i giovani militari della Brigata Meccanizzata “Legnano” di Bergamo, venuti a Roma in occasione di una esercitazione al campo. Vi sia utile l’esperienza che state conducendo per una piena maturazione umana e spirituale che vi prepari anche alle vostre future responsabilità nell’ambito della famiglia e della società.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Saluto infine, come di consueto, i Giovani, gli Ammalati e gli Sposi Novelli. Dopodomani è la solennità del Sacro Cuore di Gesù: una festa tanto cara al popolo cristiano. Invito voi giovani a scoprire le ricchezze che si nascondono nel Cuore di Gesù. Possa il vostro cuore aprirsi alla scuola dell’amore di Cristo ed imparare così ad amare in maniera sempre nobile e nobilitante. So che tra voi ci sono i ragazzi e le ragazze della Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo di Turate, in diocesi di Milano, i quali hanno ricevuto da poco il Sacramento della Cresima. Ad essi dico: siate testimoni coraggiosi e generosi di Cristo negli ambienti in cui vivete.

Ed anche voi, cari ammalati, che soffrite nel corpo e nello spirito, volgete lo sguardo al Cuore di Gesù e troverete la pace, il conforto e la speranza. La sofferenza, infatti, è scuola d’amore.

Il Sacro Cuore di Gesù insegni pure a voi, sposi novelli, ad amarvi ed a sostenervi vicendevolmente lungo tutto il percorso della vita familiare che è iniziato con il Sacramento del matrimonio. A tutti imparto la Benedizione Apostolica.





Catechesi 79-2005 30590