Catechesi 79-2005 12489

Mercoledì, 12 aprile 1989

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1. Già gli “annunci” dell’Ascensione, che abbiamo esaminato nella precedente catechesi, gettano molta luce sulla verità espressa dai più antichi simboli della fede con le concise parole “è salito al Cielo”. Abbiamo già fatto notare che si tratta di un “mistero”, che è oggetto di fede. Esso integra il mistero stesso dell’Incarnazione ed è il compimento ultimo della missione messianica del Figlio di Dio venuto sulla terra per operare la nostra Redenzione.

È tuttavia anche un “fatto” che possiamo conoscere attraverso gli elementi biografici e storici di Gesù, riferiti dai Vangeli.

2. Ricorriamo ai testi di Luca. Prima di tutto a quello conclusivo del suo Vangelo: “Li condusse fuori verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo” (
Lc 24,50-51): il che significa che gli apostoli ebbero la sensazione di “movimento” di tutta la figura di Gesù, e di un’azione di “stacco” da terra. Il fatto che Gesù, benedica in quel momento gli apostoli, indica il senso salvifico della sua dipartita, nella quale, come in tutta la sua missione redentrice, è racchiuso e donato al mondo ogni bene spirituale.

Stando a questo testo di Luca, isolato dagli altri, si dedurrebbe che Gesù ascese al cielo il giorno stesso della Risurrezione, a conclusione della sua apparizione agli apostoli (cf. Lc 24,36-49). Ma se si legge bene l’intera pagina, ci si avvede che l’Evangelista vuole sintetizzare gli avvenimenti finali della vita di Cristo, del quale gli premeva descrivere la missione salvifica, conclusa con la sua glorificazione. Altri particolari di quei fatti conclusivi saranno da lui riferiti in un altro libro che è come il complemento del suo Vangelo, il libro degli Atti degli Apostoli, che riprende la narrazione contenuta nel Vangelo, per proseguire la storia delle origini della Chiesa.

3. Leggiamo infatti all’inizio degli Atti un testo di Luca che presenta le apparizioni e l’Ascensione in modo più dettagliato: “Egli si mostrò ad essi (cioè agli apostoli) vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio” (Ac 1,3). Il testo ci dà dunque un’indicazione sulla data dell’Ascensione: quaranta giorni dopo la Risurrezione. Vedremo tra poco che ci dà notizia anche del luogo.

Quanto al problema del tempo, non si vede per quale ragione si potrebbe negare che Gesù sia apparso ai suoi ripetutamente per quaranta giorni, come affermano gli Atti. Il simbolismo biblico del numero quaranta, inteso ad indicare una durata pienamente sufficiente per il raggiungimento dello scopo desiderato, è accettato da Gesù, che già si era ritirato per quaranta giorni nel deserto prima di dare inizio al suo ministero, e ora per quaranta giorni appare sulla terra prima di salire definitivamente al cielo. Senza dubbio il tempo di Gesù risorto appartiene ad un altro ordine di misura del nostro. Il Risorto è ormai nell’adesso eterno, che non conosce successioni e variazioni. Ma, in quanto agisce ancora nel mondo, istruisce gli apostoli, dà avvio alla Chiesa, l’adesso trascendente si immette nel tempo del mondo umano, adattandovisi ancora una volta per amore. Così il mistero del rapporto eternità-tempo si addensa nella permanenza di Cristo risorto sulla terra. Il mistero tuttavia non annulla la sua presenza nel tempo e nello spazio; nobilita anzi e fa salire al livello dei valori eterni ciò che egli fa, dice, tocca, istituisce, dispone: in una parola, la Chiesa. Perciò ancora una volta diciamo: Credo, ma senza affatto evadere dalla realtà di cui Luca ci ha parlato.

Certo, quando Cristo salì al cielo, questa coesistenza e intersecazione tra l’Adesso eterno e il tempo terreno si dissolve, e resta il tempo della Chiesa pellegrina nella storia. La presenza di Cristo è ormai invisibile e “sopratemporale”, come l’azione dello Spirito Santo che opera nei cuori.

4. Secondo gli Atti degli Apostoli, Gesù “fu assunto in cielo” (Ac 1,2) sul monte degli Ulivi (Ac 1,12): di lì infatti gli apostoli tornarono a Gerusalemme dopo l’Ascensione. Ma prima che questo avvenisse Gesù impartì loro le ultime istruzioni: per esempio, “ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre” (Ac 1,4). Questa promessa del Padre era la venuta dello Spirito Santo: “Sarete battezzati in Spirito Santo” (Ac 1,5): “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni . . .” (Ac 1,8). E fu allora che “detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo” (Ac 1,9).

Il monte degli Ulivi, che già era stato il luogo dell’agonia di Gesù nel Getsemani, è dunque l’ultimo punto di contatto tra il Risorto e il piccolo gruppo dei suoi discepoli al momento dell’Ascensione. Questo avviene dopo che Gesù ha rinnovato l’annunzio dell’invio dello Spirito, dalla cui azione quel piccolo gruppo sarà trasformato nella Chiesa ed avviato sulle strade della storia. L’Ascensione è dunque l’evento conclusivo della vita e della missione terrena di Cristo: la Pentecoste sarà il primo giorno della vita e della storia “del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24). Questo è il senso fondamentale del fatto dell’Ascensione, oltre le particolari circostanze in cui è avvenuto e il quadro dei simbolismi biblici in cui può essere considerato.

5. Secondo Luca, Gesù “fu elevato in alto sotto i loro occhi, e una nube lo sottrasse al loro sguardo” (Ac 1,9). In questo testo sono da cogliere due momenti essenziali: “fu elevato” (l’elevazione - esaltazione) e “una nube lo sottrasse” (l’ingresso nel chiaroscuro del mistero).

“Fu elevato”: con questa espressione, rispondente alla esperienza sensibile e spirituale degli apostoli, si accenna ad un movimento ascensionale, ad un passaggio dalla terra al cielo, soprattutto come segno di un altro “passaggio”: Cristo passa allo stato di glorificazione in Dio. Il primo significato dell’Ascensione è proprio questo: rivelare che il Risorto è entrato nell’intimità celeste di Dio. Lo prova “la nube”, segno biblico della presenza divina. Cristo sparisce dagli occhi dei suoi discepoli, entrando nella sfera trascendente di Dio invisibile.

6. Anche quest’ultima considerazione conferma il significato del mistero che è l’Ascensione al cielo di Gesù Cristo. Il Figlio che è “uscito dal Padre ed è venuto nel mondo, ora lascia il mondo e va al Padre” (cf. Jn 16,28). In questo “ritorno” al Padre trova la sua concretizzazione l’elevazione “alla destra del Padre”, verità messianica già annunciata nell’antico testamento. Quando dunque l’evangelista Marco ci dice che “il Signore Gesù . . . fu assunto in cielo e sedette alla destra del Padre” (Mc 16,19), nelle sue parole riecheggia l’“oracolo del Signore” enunciato nel Salmo: “Oracolo del Signore al mio Signore: «Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi»” (Ps 110,1). “Sedere alla destra di Dio” significa compartecipare al suo potere regale ed alla sua dignità divina.

Lo aveva predetto Gesù: “Vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo”, come leggiamo nel Vangelo di Marco (Mc 14,62). Luca a sua volta scrive: (Lc 22,69): “Il Figlio dell’uomo sederà alla destra della potenza di Dio”. Allo stesso modo il primo martire di Gerusalemme, il diacono Stefano, vedrà Cristo al momento della sua morte: “Io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio” (Ac 7,56). Il concetto si era dunque radicato e diffuso nelle prime comunità cristiane, come espressione della regalità che Gesù aveva raggiunto con l’Ascensione al cielo.

7. Anche l’apostolo Paolo, scrivendo ai Romani, esprime la stessa verità su Cristo Gesù, “che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi” (Rm 8,34). Nella lettera ai Colossesi egli scrive: “Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio” (Col 3,1 cf. Ep 1,20). Nella lettera gli Ebrei leggiamo (He 1,3 He 8,1): “Noi abbiamo un sommo sacerdote così grande che si è assiso alla destra del trono della Maestà nei cieli”.

E ancora (He 10,12 e He 12,2): “. . . si sottopose alla Croce, disprezzando l’ignominia, e si è assiso alla destra del trono di Dio”.

A sua volta Pietro proclama che Cristo “è alla destra di Dio, dopo essere salito al Cielo e aver ottenuto la sovranità sugli Angeli, i Principati e le Potenze” (1P 3,22).

8. Lo stesso apostolo Pietro, prendendo la parola nel primo discorso dopo la Pentecoste, dirà di Cristo che, “innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso” (Ac 2,33 cf. etiam Ac 5,31). Qui si inserisce nella verità dell’Ascensione e della regalità di Cristo un elemento nuovo, in riferimento allo Spirito Santo.

Riflettiamoci su un momento. Nel Simbolo degli apostoli l’Ascensione al cielo è associata all’elevazione del Messia nel Regno del Padre: “Salì al cielo, siede alla destra del Padre”. Ciò significa l’inaugurazione del regno del Messia, nel quale trova adempimento la visione profetica del libro di Daniele sul Figlio dell’uomo: “Gli diede potere gloria e regno, perché tutti i popoli, nazioni e lingue lo servissero; il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto” (Da 7,13-14).

Il discorso di Pentecoste, tenuto da Pietro, ci fa conoscere che agli occhi degli apostoli, nel contesto del nuovo testamento, quella elevazione di Cristo alla destra del Padre è legata soprattutto alla discesa dello Spirito Santo. Le parole di Pietro attestano la convinzione degli apostoli che solo con l’Ascensione Gesù “ha ricevuto lo Spirito Santo dal Padre” per effonderlo come aveva promesso.

Il discorso di Pietro attesta pure che, con la discesa dello Spirito Santo, nella consapevolezza degli apostoli maturò definitivamente la visione di quel Regno che Cristo aveva annunziato sin dall’inizio e di cui aveva parlato anche dopo la Risurrezione (cf. Ac 1,3). Persino allora gli uditori lo avevano interrogato sulla ricostituzione del regno di Israele (cf. Ac 1,6), tanto era radicata in loro l’interpretazione temporalistica della missione messianica. Solo dopo aver ricevuto “la potenza” dello Spirito di verità, essi “sono diventati testimoni” di Cristo e di quel Regno messianico, che è stato attuato in modo definitivo, quando il Cristo glorificato “si è seduto alla destra del Padre”. Nell’economia salvifica di Dio vi è dunque uno stretto rapporto tra l’elevazione di Cristo e la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli. Da quel momento gli apostoli diventano i testimoni del Regno che non avrà fine. In questa prospettiva acquistano pienezza di significato anche le parole che essi odono dopo l’Ascensione di Cristo: “Questo Gesù che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in Cielo” (Ac 1,11). Preannuncio di una finale e definitiva pienezza, che si avrà quando, nella potenza dello Spirito di Cristo, tutto il disegno divino nella storia raggiungerà il suo compimento.



A numerosi pellegrini giapponesi

Sia lodato Gesù Cristo!

DILETTISSIMI PELLEGRINI provenienti dalle diverse regioni del Giappone, stiamo vivendo il tempo pasquale. Sull’esempio degli Apostoli, anche noi testimoniamo la nostra fede in Gesù morto per noi e risorto per noi. Gesù deve essere al centro del nostro cuore e della nostra vita. La vostra testimonianza cristiana sia di aiuto per tutti i vostri connazionali.

Con questo auspicio vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!


Ai numerosi gruppi italiani

Rivolgo ora il mio cordiale saluto ai pellegrini di lingua Italiana, ed anzitutto al caro Fratello il Vescovo di Trieste, Monsignor Lorenzo Bellomi, che insieme al Sindaco della città accompagna il coro della Cappella civica della Cattedrale di San Giusto. Un coro che festeggia il 450° anno di fondazione e che con prestigio partecipa alle celebrazioni solenni della Chiesa.
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Il mio pensiero va anche ai missionari ed alle missionarie di vari Istituti, che frequentano un corso di aggiornamento teologico pastorale presso l’Università Urbaniana. A loro l’auspicio che, con la grazia del Signore, possano dare vita a ferventi nuove comunità cristiane.
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Saluto anche alcuni gruppi di Suore di diverse Comunità religiose, impegnate in molteplici ed importanti campi di apostolato: le suore Infermiere e Caposala aderenti alla Federazione Italiana Religiose Operatrici Sanitarie, impegnate in un corso di aggiornamento; le Suore di Maria Bambina, provenienti dall’Italia e dalle missioni per un seminario di studio sulla storia e la spiritualità del loro Istituto; le Suore di San Giovanni Battista, convenute a Roma un po’ da tutto il mondo per una verifica ed un approfondimento circa le finalità della loro Congregazione. A tutte un saluto cordiale, augurando che si arricchisca la testimonianza che le comunità femminili consacrate offrono nei diversi campi della carità, del servizio educativo e sociale.
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Un saluto particolare a coloro che hanno partecipato a Castel Gandolfo al convegno internazionale sulla famiglia, indetto dal Movimento dei Focolari ed un pensiero anche ai numerosi fedeli provenienti da alcuni paesi terremotati della Provincia di Salerno, accompagnati dai Sindaci e da alcuni Assessori provinciali. Auspico per loro il conforto di una vivace e proficua ripresa delle loro Comunità.
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Saluto ancora il gruppo della corale “Bonagiunta da San Ginesio”, nelle Marche, ed in fine i professori, genitori ed alunni della scuola di Garbagnate milanese, accompagnati dal loro parroco, Don Pino Caiani, ed ora giunti a Roma in pellegrinaggio per ricordare il decimo anniversario di fondazione del loro Istituto.

A tutti la mia Benedizione Apostolica.

Ai giovani ammalati e agli sposi novelli

Carissimi giovani, ammalati e sposi novelli, che partecipate all’Udienza!

Vi saluto cordialmente e vi ringrazio per la vostra presenza, che è segno di fede in Cristo e di amore alla Chiesa.

Desidero segnalare a voi tutti che Domenica prossima si celebra la “Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni”: quest’anno ho esortato a riflettere sul contributo che la scuola, e specialmente quella cattolica, può e deve dare al fiorire delle vocazioni sacerdotali e religiose. Infatti la Scuola Cattolica ha il mandato, da parte della Chiesa, di contribuire alla formazione integrale dell’uomo e del cristiano e perciò di favorire anche la chiamata a seguire il Signore Gesù. Ciò suppone la creazione di un ambiente in cui siano vissuti i valori evangelici, in particolare il valore della preghiera, nella convinzione che la vocazione sacerdotale e religiosa è un dono di Dio. Voi giovani, siate generosi, se sentite la voce di Cristo che vi dice: “Vieni e seguimi!”. Voi ammalati, offrite le vostre preghiere e le vostre sofferenze per le vocazioni. E voi, sposi novelli, collaborate nelle vostre parrocchie per questo importante apostolato: e se il Signore chiamerà in un domani un vostro figlio o una vostra figlia a seguirlo, consideratela la grazia più grande della vostra unione.

Con la mia Benedizione Apostolica.




Mercoledì, 19 aprile 1989

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1. È eloquente e solenne l’annuncio di Pietro nel primo discorso pentecostale a Gerusalemme: “Questo Gesù Dio l’ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso” (
Ac 2,32-33). “Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!” (Ac 2,36). Queste parole, rivolte alla moltitudine composta dagli abitanti di quella città e dai pellegrini giunti per la festa dalle diverse parti, proclamano l’elevazione di Cristo - crocifisso e risorto - “alla destra di Dio”. L’“elevazione”, ossia l’Ascensione al cielo, significa la compartecipazione di Cristo uomo alla potenza e all’autorità di Dio stesso. Tale compartecipazione alla potenza e all’autorità di Dio uno e trino si manifesta nell’“invio” del consolatore, Spirito di verità, il quale “prendendo” (cf. Jn 16,14) dalla Redenzione compiuta da Cristo, opera la conversione dei cuori umani. Tanto è vero che già quel giorno, a Gerusalemme, “all’udir tutto questo si sentirono trafiggere il cuore” (Ac 2,37). Ed è noto che in pochi giorni avvennero migliaia di conversioni.

2. Con l’insieme degli eventi pasquali, ai quali si riferisce l’apostolo Pietro nel discorso di Pentecoste, Gesù si è rivelato definitivamente come Messia inviato dal Padre e come Signore.

La consapevolezza che egli era “il Signore”, era entrata in qualche modo negli animi degli apostoli già durante l’attività prepasquale di Cristo. Egli stesso accenna a questo fatto nell’ultima Cena: “Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono” (Jn 13,13). Questo spiega perché gli evangelisti parlino di Cristo “Signore” come di un dato comunemente ammesso nelle comunità cristiane. In particolare, Luca mette quel termine già in bocca all’angelo che annuncia la nascita di Gesù ai pastori: “Vi è nato . . . un salvatore che è il Cristo Signore” (Lc 2,11). In molti altri punti usa lo stesso appellativo (cf. Lc 7,13 Lc 10,1 Lc 10,41 Lc 11,39 Lc 12,42 Lc 13,15 Lc 17,6 Lc 22,61). Ma è certo che l’insieme degli eventi pasquali ha consolidato definitivamente questa consapevolezza. Alla luce di questi eventi bisogna leggere la parola “Signore” anche in riferimento alla vita e attività precedente del Messia. Bisogna approfondire soprattutto il contenuto e il significato che la parola possiede nel contesto dell’elevazione e della glorificazione di Cristo risorto, nella sua Ascensione al cielo.

3. Una delle affermazioni più ripetute nelle lettere paoline è che Cristo è il Signore. È noto il passo della prima lettera ai Corinzi dove Paolo proclama: “Per noi c’è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui; e un solo Signore Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per mezzo di lui” (1Co 8,6 cf. 1Co 16,22 Rm 10,9 Col 2,6). E quello della lettera ai Filippesi dove Paolo presenta come Signore Cristo, che umiliato fino alla morte, è stato anche innalzato “perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Ph 2,10-11). Ma Paolo sottolinea che “nessuno può dire: “Gesù è Signore” se non sotto l’azione dello Spirito Santo” (1Co 12,3). Dunque “sotto l’azione dello Spirito Santo” anche l’apostolo Tommaso dice al Cristo, che gli è apparso dopo la Risurrezione: “Mio Signore e mio Dio!” (Jn 20,28). E lo stesso si deve ripetere del diacono Stefano, che durante la lapidazione prega: “Signore Gesù, accogli il mio spirito . . . non imputar loro questo peccato” (Ac 7,59-60).

Infine l’Apocalisse conclude il ciclo della storia sacra e della Rivelazione con l’invocazione della Sposa e dello Spirito: “Vieni, Signore Gesù” (Ap 22,20).

È il mistero dell’azione dello Spirito Santo “vivificante”, che immette continuamente nei cuori la luce per riconoscere Cristo, la grazia per interiorizzarne in noi la vita, la forza per proclamare che lui - e lui solo - è “il Signore”.

4. Gesù Cristo è il Signore, perché possiede la pienezza del potere “nei cieli e sulla terra”. È il potere regale “al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione . . . Tutto infatti ha sottomesso ai suoi piedi” (Ep 1,20-22). Nello stesso tempo è l’autorità sacerdotale di cui parla ampiamente la lettera agli Ebrei, facendo riferimento al Salmo Ps 110,4 [109], 4: “Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek” (He 5,6). Questo eterno sacerdozio di Cristo comporta il potere di santificazione sicché Cristo “diviene causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono” (He 5,9). “Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, essendo egli sempre vivo per intercedere a loro favore” (He 7,25). Anche nella lettera ai Romani leggiamo che Cristo “sta alla destra del Padre e intercede per noi” (8,34). E infine, san Giovanni ci rassicura: “Se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto” (1Jn 2,1).

5. Come Signore, Cristo è il capo della Chiesa, che è il suo corpo. È l’idea centrale di san Paolo nel grande affresco cosmico-storico-soteriologico, con cui descrive il contenuto dell’eterno disegno di Dio nei primi capitoli delle lettere agli Efesini e ai Colossesi: “Tutto ha sottomesso ai suoi piedi e lo ha costituito su tutte le cose a capo della Chiesa, la quale è il suo corpo, la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose” (Ep 1,22). “Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza” (Col 1,19): in lui nel quale “abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col 2,9).

Gli Atti dicono che Cristo “si è acquistata” la Chiesa “con il suo sangue” (Ac 20,28 cf. 1Co 6,20). Anche Gesù, quando, andando al Padre, diceva ai discepoli: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28,20) in realtà annunciava il mistero di questo Corpo che da lui attinge continuamente le energie vivificanti della Redenzione. E la Redenzione continua a operare come effetto della glorificazione di Cristo.

È vero che Cristo è sempre stato “il Signore”, sin dal primo momento dell’Incarnazione, come Figlio di Dio consostanziale al Padre, fattosi uomo per noi. Ma senza dubbio egli è diventato Signore in pienezza per il fatto di aver “umiliato se stesso (“spogliò se stesso”) facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (cf. Ph 2,8). Innalzato, assunto al cielo e glorificato, avendo così compiuto tutta la sua missione, egli rimane nel Corpo della sua Chiesa sulla terra per mezzo della Redenzione operata nei singoli e nella società intera per opera dello Spirito Santo. La Redenzione è la fonte dell’autorità che Cristo, in virtù dello Spirito Santo, esercita sulla Chiesa, come leggiamo nella lettera agli Efesini: “È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo . . . nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo” (Ep 4,11-13).

6. Nell’espansione della regalità conferitagli su tutta l’economia della salvezza, Cristo è Signore del cosmo intero. Ce lo dice l’altro grande affresco della lettera agli Efesini: “Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose” (Ep 4,10). Nella prima lettera ai Corinzi san Paolo aggiunge che tutto gli è stato sottomesso “perché ogni cosa (Dio) ha posto sotto i suoi piedi” (cum ref ad Sal 8, 5). Quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare “Colui che gli ha sottomesso ogni cosa” (1Co 15,27). E l’Apostolo sviluppa ulteriormente questo pensiero, scrivendo: “E quando tutto gli sarà sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui, che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti” (1Co 15,28). “Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza” (1Co 15,24).

7. La costituzione Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II ha ripreso questo tema affascinante, scrivendo che “Il Signore è il fine della storia umana, “il punto focale dei desideri della storia e della civiltà”, il centro del genere umano, la gioia d’ogni cuore, la pienezza delle loro aspirazioni” (Gaudium et Spes GS 45). Possiamo sintetizzare dicendo che Cristo è il Signore della storia. In lui la storia dell’uomo, e si può dire di tutta la creazione, trova il suo compimento trascendente. È ciò che nella Tradizione veniva chiamato ricapitolazione (re-capitulatio).

È una concezione che trova il suo fondamento nella lettera agli Efesini, dove viene descritto l’eterno disegno di Dio “di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra . . . per realizzarlo nella pienezza dei tempi” (Ep 1,10).

Dobbiamo infine aggiungere che Cristo e il Signore della vita eterna. A lui appartiene l’ultimo giudizio, di cui parla il Vangelo di Matteo “Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria . . . Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo»” (Mt 25,31 Mt 25,34).

Il pieno diritto di giudicare definitivamente le opere degli uomini e le coscienze umane, appartiene a Cristo in quanto redentore del mondo. Egli infatti “acquistò” questo diritto mediante la Croce. Perciò il Padre “ha rimesso ogni giudizio al Figlio” (Jn 5,22). Il Figlio tuttavia non è venuto soprattutto per giudicare, ma per salvare. Per elargire la vita divina che è in lui. “Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso; e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo” (Jn 5,26-27).

Un potere, dunque, che coincide con la misericordia che profluisce nel suo cuore dal seno del Padre, dal quale il Figlio procede e si fa uomo “propter nos homines et propter nostram salutem”. Il Cristo crocifisso e risorto, il Cristo, che “è salito al cielo e siede alla destra del Padre”, il Cristo che è dunque il Signore della vita eterna s’eleva sul mondo e sulla storia come un segno di infinito amore circonfuso di gloria, ma desideroso di ricevere da ogni uomo una risposta d’amore per dargli la vita eterna.



A due pellegrinaggi ungheresi

VORREI SALUTARE due gruppi di pellegrini provenienti dalla parrocchia di Albertfalva (Diocesi di Székesfehérvár) e da varie parrocchie di Budapest (Arcidiocesi di Esztergom).

Ad un gruppo di studenti russi

SONO LIETO di salutare gli studenti di Vladimir in Unione Sovietica

Vi auguro che il vostro viaggio in Italia giovi sempre ad una migliore conoscenza dei grandi valori di bontà e di fraternità che hanno radici profonde nell’animo del popolo russo.

Dio benedica Voi, le vostre famiglie e la vostra patria.

La preghiera alla Vergine di Jasna Gora

Signora di Jasna Gora!

Oggi nuovamente mi rivolgo a te, pellegrinando con il cuore, davanti alla tua immagine tanto amata dai Polacchi.

L’ho fatto ogni mercoledì dopo il 13 dicembre 1981, raccomandando a te quel difficile periodo della nostra storia contemporanea.

Oggi voglio ringraziarti, Madre, per tutto il bene germogliato in mezzo alle esperienze di quel periodo.

Raccomando alla tua sollecitudine materna “Solidarnosc” che oggi, dopo la nuova legalizzazione del 17 aprile, può tornare ad agire. Ti raccomando il processo legato a questo avvenimento, teso a plasmare la vita della Nazione secondo le leggi della società sovrana.

Prego te, Signora di Jasna Gora, affinché sul cammino di questo processo tutti continuino a dimostrare il coraggio, la saggezza e la ponderatezza indispensabili per servire il bene comune.

Prego te, assieme con i Vescovi polacchi, affinché grazie allo sforzo di quanti hanno superato i pregiudizi, i risentimenti ed i torti che li dividevano, il Paese abbia una nuova possibilità e possano aver luogo le trasformazioni nella vita sociale, politica, economica e morale dell’intera società (cf. Enuntiatio 233 Conferentiae Episcoporum Poloniae, n. 3).

Benedici, Madre, coloro che servono tale obiettivo nella verità, senza risparmiare forze né sacrifici. Benedici tutti . . . E di nuovo “prendi tutta la Nazione sotto la tua protezione”.

Infine salutando i gruppi italiani

Rivolgo, ora, il mio saluto ad alcuni gruppi di lingua italiana.

Anzitutto gli alunni della Scuola Media di Farra di Soligo, in diocesi di Vittorio Veneto, ai quali auguro un piacevole soggiorno a Roma - coi loro educatori - e una esperienza veramente significativa per la loro crescita spirituale e culturale.
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Saluto poi i pellegrini di Romito Magra. La vostra parrocchia compirà presto cinquant’anni: benedico di cuore le iniziative volte ad approfondire la comunione ecclesiale e l’impegno missionario.
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Un saluto affettuoso rivolgo, poi, a tutta la comunità educativa della “Santa Croce” di Castellammare di Stabia, guidata dalle Suore Francescane Alcantarine. La vostra presenza a Roma, nel tempo pasquale, vi dia nuovo slancio nel cammino formativo, arricchendovi della gioia cristiana e del dono di numerose vocazioni.
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Saluto infine, i partecipanti alla 40ª sessione del “Centro Alti Studi della Difesa”, accompagnati dal Presidente, Generale Domenico Corcione, e dal Cappellano don Costantino Locche. Benedico di cuore voi e le vostre famiglie, augurando ogni buon esito al lavoro unitario nella vostra Istituzione culturale.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Saluto ora con piacere i ragazzi e i giovani, oggi particolarmente numerosi, gli ammalati con coloro che li assistono, e le coppie di sposi novelli.

Carissimi, la gioia del tempo pasquale trova un’eco profonda nella speranza del futuro caratteristica dell’età giovanile, nella soddisfazione di un desiderato incontro con il Papa per gli infermi che sopportano il peso di giornate sempre uguali, e nella feconda promessa d’amore e di fedeltà di quanti hanno celebrato da pochi giorni il Sacramento del matrimonio.

A tutti rivolgo il mio augurio cordiale perché, partendo dalla Città Eterna e tornando nei rispettivi ambienti di vita, portiate la testimonianza di un impegno rinnovato di fede operosa, contribuendo così a far risplendere nel mondo la luce di Cristo risorto.

Tutti benedico di cuore.





Mercoledì, 26 aprile 1989 - 1. “Credo nello Spirito Santo”.

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Nello svolgimento di una catechesi sistematica sulla scorta del Simbolo degli Apostoli, dopo avere spiegato gli articoli su Gesù Cristo, Figlio di Dio fattosi uomo per la nostra salvezza, siamo giunti alla professione di fede nello Spirito Santo. Compiuto il ciclo cristologico, s’apre quello pneumatologico, che il Simbolo degli Apostoli esprime con una formula concisa: “Credo nello Spirito Santo”.

Il Simbolo detto “niceno-costantinopolitano” sviluppa maggiormente la formulazione dell’articolo di fede: “Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti”.

2. Il Simbolo, professione di fede formulata dalla Chiesa, ci rimanda alle fonti bibliche, dove la verità sullo Spirito Santo è presentata nel contesto della rivelazione di Dio uno e trino. La pneumatologia della Chiesa è dunque fondata nella Sacra Scrittura, specialmente nel nuovo testamento, anche se, in certa misura, ve ne sono preannunci nell’antico.

La prima fonte alla quale possiamo rivolgerci è un testo giovanneo contenuto nel “discorso d’addio” di Cristo il giorno prima della Passione e morte in Croce. Gesù parla della venuta dello Spirito Santo in connessione con la propria “dipartita”, annunciandone la venuta (o discesa) sugli apostoli. “Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paraclito; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò” (
Jn 16,7).

Il contenuto di questo testo può apparire paradossale. Gesù, che tiene a sottolineare: “Ora io vi dico la verità”, presenta la propria “dipartita” (e dunque la passione e morte in Croce) come un bene: “È bene per voi . . .”. Ma spiega subito in che cosa consista il valore della sua morte: essendo una morte redentrice, essa costituisce la condizione perché si compia il piano salvifico di Dio che avrà il suo coronamento nella venuta dello Spirito Santo; costituisce perciò la condizione di tutto ciò che, con questa venuta, si verificherà per gli apostoli e per la Chiesa futura man mano che, accogliendo lo Spirito, gli uomini riceveranno la nuova vita. La venuta dello Spirito e tutto ciò che ne conseguirà nel mondo saranno frutto della Redenzione di Cristo.

3. Se la dipartita di Gesù avviene mediante la morte in Croce, si comprende come l’evangelista Giovanni possa vedere, già in questa morte, la potenza e quindi la gloria del Crocifisso. Ma le parole di Gesù implicano anche l’Ascensione al Padre come definitiva dipartita (cf. Jn 16,10), secondo quanto leggiamo anche negli Atti degli Apostoli: “Innalzato . . . alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso” (Ac 2,33).

La discesa dello Spirito Santo avviene dopo l’Ascensione al cielo. La Passione e morte redentrice di Cristo producono allora il loro pieno frutto. Gesù Cristo, Figlio dell’uomo, al culmine della sua missione messianica “riceve” dal Padre lo Spirito Santo nella pienezza in cui questo Spirito deve essere “dato” agli apostoli e alla Chiesa, per tutti i tempi. Gesù ha predetto: “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Jn 12,32). È un’indicazione chiara della universalità della Redenzione sia nel senso estensivo di salvezza operata per tutti gli uomini, sia in quello intensivo di totalità dei beni di grazia ad essi offerti.

Ma questa redenzione universale deve realizzarsi mediante lo Spirito Santo.

4. Lo Spirito Santo e colui che “viene” a seguito e in virtù della “dipartita” di Cristo. Le parole di Gv 16, 7 esprimono un rapporto di natura causale. Lo Spirito viene mandato in forza della Redenzione operata da Cristo: “Quando me ne sarò andato, ve lo manderò” (cf. Dominum et Vivificantem DEV 8). Anzi, “secondo il disegno divino, la dipartita di Cristo è condizione indispensabile dell’invio e della venuta dello Spirito Santo, ma allora comincia la nuova comunicazione salvifica di Dio nello Spirito Santo” (cf. Dominum et Vivificantem DEV 11).

Se è vero che Gesù Cristo, mediante la sua “elevazione” sulla Croce, deve “attirare tutti a sé” (cf. Jn 12,32), alla luce delle parole del Cenacolo capiamo che quell’“attirare” è attuato dal Cristo glorioso mediante l’invio dello Spirito Santo. Proprio per questo Cristo deve andarsene. L’Incarnazione raggiunge la sua efficacia redentiva mediante lo Spirito Santo. Cristo, andando via da questo mondo, non solo lascia il suo messaggio salvifico, ma “dà” lo Spirito Santo, al quale è legata l’efficacia del messaggio e della stessa Redenzione in tutta la sua pienezza.

5. Lo Spirito Santo, presentato da Gesù specialmente nel discorso d’addio nel Cenacolo, è evidentemente una Persona diversa da lui: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito” (Jn 14,16). “Ma il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Jn 14,26). Gesù parla dello Spirito Santo adoperando spesso il pronome personale “egli”: “Egli mi renderà testimonianza” (Jn 15,26). “Egli convincerà il mondo quanto al peccato” (Jn 16,8). “Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera” (Jn 16,13). “Egli mi glorificherà” (Jn 16,14).

Da questi testi emerge la verità dello Spirito Santo come Persona - e non solo come una potenza impersonale emanata da Cristo (cf. ex gr Lc 6,19, “Da lui usciva una forza”). Essendo una Persona, a lui appartiene un suo proprio operare, di carattere personale. Gesù infatti, parlando dello Spirito Santo, dice agli apostoli: “Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi” (Jn 14,17); “Egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Jn 14,26); “Mi renderà testimonianza” (Jn 15,26); “Vi guiderà alla verità tutta intera”, “Dirà tutto” (Jn 16,13); egli “glorificherà” Cristo (Jn 16,14), e “convincerà il mondo quanto al peccato” (Jn 16,8). L’apostolo Paolo, per parte sua, afferma che lo Spirito “grida nei nostri cuori” (Ga 4,6), “distribuisce” i suoi doni “a ciascuno come vuole” (1Co 12,11), “intercede per i fedeli” (Rm 8,27).

6. Lo Spirito Santo rivelato da Gesù è dunque un essere personale (terza Persona della Trinità), con un suo agire personale. Ma nello stesso “discorso d’addio”, Gesù mostra i legami che uniscono la persona dello Spirito Santo al Padre e al Figlio: perciò l’annuncio della discesa dello Spirito Santo - in quel “discorso d’addio” - è nello stesso tempo la definitiva rivelazione di Dio come Trinità.

Gesù, infatti, dice agli apostoli: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito” (Jn 14,16): “lo Spirito di verità che procede dal Padre” (Jn 15,26), “che il Padre manderà nel mio nome” (Jn 14,26). Lo Spirito Santo è dunque una Persona distinta dal Padre e dal Figlio e, al tempo stesso, ad essi intimamente unita: “procede” dal Padre, il Padre lo “manda” nel nome del Figlio: - e ciò in considerazione della Redenzione, compiuta dal Figlio mediante l’offerta di sé sulla Croce. Per questo Gesù Cristo dice: “Quando me ne sarò andato, ve lo manderò” (Jn 16,7). “Lo Spirito di verità che procede dal Padre” viene annunciato da Cristo come il Paraclito, che “io vi manderò dal Padre” (Jn 15,26).

7. Nel testo di Giovanni, che riporta il discorso di Gesù nel Cenacolo, è dunque contenuta la Rivelazione dell’azione salvifica di Dio come Trinità. Ho scritto nell’enciclica Dominum et Vivificantem: “Lo Spirito Santo, in quanto consostanziale al Padre e al Figlio nella divinità, è amore e dono (increato), da cui deriva come da fonte (fons vivus) ogni elargizione nei riguardi delle creature (dono creato): la donazione dell’esistenza a tutte le cose mediante la creazione la donazione della grazia agli uomini mediante l’intera economia della salvezza” (Dominum et Vivificantem DEV 10).

Nello Spirito Santo si ha dunque la rivelazione della profondità nella divinità: il mistero della Trinità in cui sussistono le Persone divine, ma aperto all’uomo per dargli vita e salvezza. Vi allude san Paolo nella prima lettera ai Corinzi, quando scrive che “lo Spirito scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio” (1Co 2,10).


Ad un gruppo di non vedenti provenienti da varie regioni del Giappone

Sia lodato Gesù Cristo!

MI RIVOLGO ORA al gruppo di non vedenti che provengono da ogni parte del Giappone.

Domenica scorsa ho beatificato due sacerdoti martirizzati a Nagasaki. Come loro, anche voi, carissimi, potete offrire le vostre croci per amore di Dio e del prossimo.

Con questo augurio vi benedico di cuore.

Sia lodato Gesù Cristo.


Ai giovani studenti di Smolensk

RIVOLGO UN CORDIALE saluto a degli studenti di Smolensk. Dio benedica voi, le vostre famiglie e la vostra Patria.



Ai numerosi pellegrinaggi italiani

Desidero ora rivolgere il mio cordiale saluto ai gruppi italiani presenti. Comincio con quello delle Suore della Provvidenza, riunite a convegno in Roma per alcuni giorni di spiritualità. Vi auguro, care sorelle, che dai vostri incontri possiate trarre forza per rinnovati propositi sulla via della perfezione evangelica nel servizio di Dio e dei fratelli.
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Abbiamo poi tra noi gli Allievi dell’ultimo anno di corso della Scuola militare “Nunziatella” di Napoli. Grazie, cari giovani, per la vostra presenza. Possa la formazione che avete ricevuto giovarvi per servire con fedeltà la Patria e per far progredire il bene comune. Un cordiale pensiero anche ai vostri comandanti, docenti e familiari.
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Il mio pensiero si volge anche ai pellegrini dei Lions Club di Foligno e di Cervia-Cesenatico. Grazie anche a voi per la vostra visita. Il mio augurio è che il vostro sodalizio sappia rafforzare il suo impegno culturale e civile, e faccia progredire la società alla luce dei sani principi di giustizia e solidarietà. Il vostro sforzo morale e spirituale sia sempre illuminato dalla forza di ideali trascendenti, nei quali si possono trovare le ragioni supreme dell’agire e del vivere umano.
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Sono pure lieto di rendere omaggio allo sport nelle persone di un gruppo composto da due squadre ciclistiche con ben noti rappresentanti di varie nazionalità. So che vi state preparando al prossimo giro d’Italia. Mi auguro che questa gara, che appassiona piccoli e grandi, costituisca un momento di sollievo per tutti.

A tutti imparto la mia Benedizione, che estendo ai vostri cari.
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Desidero ora rivolgere il mio saluto ai giovani, ai malati ed alle coppie di sposi novelli presenti a questa Udienza.

Carissimi, mi è caro rivolgervi oggi, con le parole del Salmo, l’augurio di percorrere il cammino del tempo pasquale così che in voi cresca il vigore spirituale (cf. Ps 84,8).

Il vigore della fede per voi giovani, che aprendovi a Gesù, maestro ed amico, siete chiamati a diventare persone cristiane mature, capaci di condurre un’esistenza ispirata alla logica del dono. Il vigore della speranza per voi malati, che dalla vicinanza amorevole del Risorto traete conforto nella prospettiva della definitiva vittoria su ogni sorta di male. Il vigore della carità per voi sposi novelli, che avendo posto a fondamento del vostro nucleo familiare l’amore santificato da Cristo potete e dovete testimoniare l’eterna Alleanza divina.

Nell’auspicare che tutti voi che credete, sperate e amate, partecipiate al compito della Chiesa di far conoscere il Salvatore, recando a quanti incontrate la sua luce e la sua vita, benedico tutti di cuore.

Durante l’udienza generale il Santo Padre vuole ricordare la celebrazione della Pasqua, che per le Chiese ortodosse e per alcune comunità cattoliche di rito orientale, ricorre domenica prossima. Queste le sue parole.

Domenica prossima le Chiese ortodosse e alcune comunità cattoliche orientali celebrano la Pasqua.

Esse, assieme a noi, che l’abbiamo celebrata un mese fa, annunciano l’identico avvenimento della Risurrezione dell’unico Signore, Gesù Cristo, e proclamano di fronte al mondo la stessa fede e la comune speranza.

Nella gioia del Risorto, ricordiamo queste Chiese, i loro pastori e tutti i loro fedeli e li salutiamo con affetto: “Il Signore è veramente risorto” (Lc 24,34).




Catechesi 79-2005 12489