Catechesi 79-2005 31589

Mercoledì, 31 maggio 1989

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1. “E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso” (
Lc 24,49). Dopo gli annunci dati da Gesù agli apostoli il giorno prima della sua Passione e morte, ecco ora, riportata dal Vangelo di Luca, la promessa di un prossimo compimento. Nelle catechesi precedenti ci siamo basati soprattutto sul testo del “discorso d’addio”, contenuto nel Vangelo di Giovanni, analizzando ciò che Gesù dice nell’ultima Cena sul Paraclito e sulla sua venuta: testo fondamentale, in quanto riporta l’annuncio e la promessa di Gesù, che, alla vigilia della sua morte collega la discesa dello Spirito Santo con il suo “andar via”, sottolineando anzi che essa avverà “a prezzo” della sua dipartita. Perciò Gesù dice: “È bene per voi che io me ne vada” (Jn 16,7).

Anche il Vangelo di Luca, nella sua parte finale, riporta sull’argomento importanti affermazioni di Gesù dopo la Risurrezione. Egli dice: “E io manderò su di voi quello che il Padre mi ha promesso, ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto” (Lc 24,49). L’Evangelista riporta questa stessa raccomandazione all’inizio degli Atti degli Apostoli, di cui egli pure è l’autore: “Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre” (Ac 1,4).

2. Parlando della “promessa del Padre”, Gesù indica la venuta dello Spirito Santo, già preannunciata nell’antico testamento. Leggiamo infatti nel libro del profeta Gioele: “Dopo questo effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni. Anche sopra gli schiavi e sulle schiave, in quei giorni, effonderò il mio spirito” (Jl 3,1-2). Proprio a questo testo del profeta Gioele si riferiva Pietro nel primo discorso di Pentecoste, come vedremo ancora in seguito.

Anche Gesù, parlando della “promessa del Padre”, si richiama, all’annuncio dei profeti, significativo pur nella sua genericità. Gli annunci di Gesù nell’ultima Cena sono stati espliciti e diretti. Se ora, dopo la Risurrezione, egli si riferisce all’antico testamento, è segno che vuol mettere in rilievo la continuità della verità pneumatologica in tutta la Rivelazione. Vuol dire che Cristo dà compimento alle promesse fatte da Dio già nell’antica alleanza.

3. Queste promesse hanno trovato un’espressione particolare nel profeta Ezechiele (Ez 36,22-28). Dio annunzia per il tramite del profeta la rivelazione della propria santità, che è stata profanata dai peccati del popolo eletto, e specialmente mediante l’idolatria. Annunzia anche che radunerà nuovamente Israele, purificandolo da ogni macchia. E poi promette: “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei precetti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi . . . voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio”. (Ez 36,26-28).

L’oracolo di Ezechiele precisava, con la promessa del dono dello Spirito, la celebre profezia di Geremia sulla nuova alleanza: “Ecco verranno giorni - dice il Signore - nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò una alleanza nuova . . . Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò nel loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo” (Jr 31,31 Jr 31,33). In questo testo il profeta sottolinea che questa “nuova alleanza, sarà diversa dalla precedente - da quella cioè che era legata alla liberazione di Israele dalla schiavitù d’Egitto.

4. Gesù, prima di andare al Padre, nella prossimità ormai di ciò che dovrà avvenire il giorno della Pentecoste, si richiama alle promesse profetiche. Egli ha presente, in particolare, i testi così eloquenti di Ezechiele e di Geremia, nei quali si fa esplicito riferimento alla “alleanza nuova”. Quel “mettere dentro uno spirito nuovo”, profeticamente annunciato e promesso, è rivolto al “cuore”, all’essenza interiore, spirituale, dell’uomo. Il frutto di questo innesto di uno spirito nuovo, sarà la collocazione della legge di Dio nell’intimo dell’uomo (nel loro animo) e dunque un profondo legame di natura spirituale e morale. In ciò consisterà l’essenza della nuova legge, infusa nei cuori (indita), come dice san Tommaso (cf. Summa Theologiae, I-II 106,1), riferendosi al profeta Geremia e a san Paolo, al seguito di sant’Agostino (cf. De Spiritu et littera, cc. 17. 21. 24: PL 44. 218. 224. 225).

Secondo l’oracolo di Ezechiele, non si tratterà soltanto della legge di Dio infusa nell’anima dell’uomo, bensì del dono dello Spirito di Dio. Gesù annuncia il prossimo adempimento di questa profezia stupenda: lo Spirito Santo, autore della nuova legge, e nuova legge egli stesso, sarà presente e operante nei cuori: “Voi lo conoscete perché egli dimora presso di voi e sarà in voi” (Jn 14,17). Cristo, infatti, già la sera della Risurrezione, presentandosi agli apostoli riuniti nel Cenacolo, dice loro: “Ricevete lo Spirito Santo” (Jn 20,22).

5. L’“effusione dello Spirito” non comporta dunque solamente il “porre”, l’inscrivere la legge divina nell’intimo dell’essenza spirituale dell’uomo. Essa, in virtù della Pasqua redentiva di Cristo, realizza anche il dono di una Persona divina: lo Spirito Santo stesso viene “dato” agli apostoli (cf. Jn 14,16), perché “dimori” in loro (cf. Jn 14,17). È un dono nel quale Dio comunica se stesso all’uomo nell’intimo mistero della propria divinità, affinché questi, partecipando alla natura divina, alla vita trinitaria, fruttifichi spiritualmente. È dunque il dono che sta a fondamento di tutti i doni soprannaturali, come spiega san Tommaso Summa Theologiae, I 38,2). È la radice della grazia santificante che, appunto, “santifica” mediante la “partecipazione alla natura divina” (cf. 2P 1,4). È chiaro che questa santificazione comporta una trasformazione in senso morale dello spirito umano. E così, ciò che veniva formulato nell’annuncio dei profeti come un “porre” la legge di Dio nel “cuore”, viene confermato, precisato e arricchito di significato nella nuova dimensione dall’“effusione dello Spirito”. Sulla bocca di Gesù e nei testi degli evangelisti la “promessa” raggiunge la pienezza di significato: il dono della Persona stessa del Paraclito.

6. Questa “effusione”, questo dono dello Spirito ha come scopo anche il consolidamento della missione degli apostoli al primo affacciarsi della Chiesa nella storia, e in seguito, in tutto lo svolgimento della sua missione apostolica. Infatti, congedandosi dagli apostoli Gesù dice loro: sarete “rivestiti di potenza dall’alto” (Lc 24,49); “. . . avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (Ac 1,8).

“Sarete testimoni”: gli apostoli si sono già sentiti dire questo durante il “discorso d’addio” (cf. Jn 15,27). In quello stesso discorso Gesù aveva collegato la loro umana, oculare e “storica” testimonianza su di lui con la testimonianza dello Spirito Santo: “Egli mi renderà testimonianza” (Jn 15,26). Perciò, “sulla testimonianza dello Spirito di verità l’umana testimonianza degli apostoli troverà il supremo sostegno. E in seguito vi troverà anche l’interiore fondamento della sua continuazione tra le generazioni che si susseguiranno nei secoli” (Dominum et Vivificantem DEV 5).

Si tratta, allora e in seguito, dell’attuazione del Regno di Dio come è inteso da Gesù. Egli, infatti, nello stesso colloquio precedente l’Ascensione al cielo, una volta ancora insiste con gli apostoli che si tratta di questo Regno (cf. Ac 1,3) nel suo senso universale ed escatologico, e non di un “regno per Israele” (Ac 1,6) soltanto temporale, al quale essi ancora miravano.

7. Nello stesso tempo Gesù raccomanda agli apostoli di rimanere a Gerusalemme dopo la sua Ascensione. Proprio là “riceveranno la potenza dall’alto”. Là scenderà su di loro lo Spirito Santo. Ancora una volta sono messi in rilievo il legame e la continuità tra l’antica e la nuova alleanza. Gerusalemme, come punto d’arrivo della storia del Popolo di Dio nell’antica alleanza, deve diventare ora il punto di partenza della storia del Popolo della nuova alleanza - ossia della Chiesa.

Gerusalemme è stata eletta da Cristo stesso (cf. Lc 9,51 Lc 13,33) come luogo del compimento della sua missione messianica; luogo della sua morte e della risurrezione (Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere [Jn 2,19]), luogo della Redenzione. Con la Pasqua di Gerusalemme il “tempo di Cristo” si prolunga nel “tempo della Chiesa”: il momento decisivo sarà il giorno della Pentecoste. “Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme” (Lc 24,46-47). Questo “cominciamento” avverrà sotto l’azione dello Spirito Santo, che, all’inizio della Chiesa, come Spirito creatore (Veni, Creator Spiritus), prolunga l’opera svolta al momento della prima creazione, quando lo Spirito di Dio “aleggiava sulle acque” (Gn 1,2).



Ad un pellegrinaggio di ungheresi

VORREI SALUTARE in ungherese il coro della “Schola Hungarica”, presente alla odierna Udienza generale.

Ai fedeli polacchi

Ai numerosi gruppi italiani

Mi è gradito ora porgere il mio benvenuto ai numerosi pellegrini italiani presenti a questa Udienza. Saluto voi Allievi Ufficiali della Scuola del Genio di Roma-Cecchignola e vi esorto ad essere lealmente coerenti alla fede cristiana e ai valori che essa anima, per un proficuo impegno in favore della Nazione italiana.
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Rivolgo il mio saluto cordiale a voi, care sorelle, che componete la Delegazione delle Ostetriche del Lazio. Siate di aiuto ad ogni madre perché accetti, custodisca e porti alla luce il figlio, donato dal Signore.
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Giunga poi la mia parola di incoraggiamento ai Missionari e Missionarie, che stanno partecipando al corso di aggiornamento sul tema: “I Laici nell’evangelizzazione”.

Carissimi, sappiate che apprezzo la vostra opera di annuncio cristiano, che svolgete nei vari territori di missione. Invoco su di voi lo Spirito del Signore, perché siate sempre più generosi nel portare ad ogni persona il dono della Verità di Cristo e la consolante certezza della redenzione.
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Saluto, infine, membri della “Compagnia di Sant’Orsola”, che, con alcuni accompagnatori, siete qui giunti da Barletta, per suggellare la ricorrenza del 75° anniversario di fondazione del vostro Sodalizio. Auguro che il Signore porti a compimento ogni vostra volontà di bene e di donazione per l’incremento della fede nei vostri cuori e nell’ambiente che voi frequentate.

Di questi voti sia per tutti pegno l’Apostolica Benedizione.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Saluto ora con affetto e gioia tutti i giovani, gli ammalati e le nuove coppie di sposi.

Carissimi, la festa liturgica di oggi ci ricorda la visita di Maria alla cugina Elisabetta, ormai prossima alla maternità. L’incontro si trasforma in un’occasione di fede e di amore concreto. Fede in Dio che “si prende cura degli uomini” (1P 5,7) e stimola le nostre energie spirituali al servizio dei fratelli.

Mediante Maria, è Dio che si prende cura di Elisabetta. Mediante le due cugine, chiamate alla maternità, è Dio che si prende cura di Giovanni Battista e di Gesù.

Mediante l’Opera del Precursore e del Signore, è Dio che porta a pieno compimento la sua sollecitudine amorosa e misericordiosa verso Israele e verso l’umanità intera.

La vostra venuta a Roma, miei cari, rafforzi la generosità della vostra fede, perché siate, come Maria, come Elisabetta, strumenti gioiosi e docili nelle mani di Dio che “si prende cura” di tutti gli uomini, chiamati ad essere figli nel Figlio suo. Tornando alle vostre case, sentitevi anche voi mandati a prendervi cura dei piccoli e degli anziani, dei sani e dei malati, dei vicini e dei lontani. Questo pellegrinaggio a Roma vi renda “visitatori” come Maria.

Con la mia Benedizione.



Mercoledì, 14 giugno 1989

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1. Padre, fa’ che “tutti siano una cosa sola” (cf.
Jn 17,21). Queste parole della “preghiera sacerdotale” di Cristo hanno costituito il filo conduttore del mio servizio pastorale in cinque paesi dell’Europa del Nord: Norvegia, Islanda, Finlandia, Danimarca e Svezia.

Compiendo questo servizio, ho voluto rispondere all’invito che mi è venuto non soltanto dalla Conferenza Episcopale della Scandinavia, ma anche da alcuni Vescovi rappresentanti delle Chiese luterane e dalle autorità statali di quei paesi.

In tale invito si è manifestato un singolare “segno dei tempi”, e anche un appello della divina Provvidenza.

Oggi desidero esprimere la mia gratitudine verso tutti coloro che, nello spirito degli intenti del Concilio Vaticano II, hanno contribuito all’attuazione di questo insolito pellegrinaggio verso tutti coloro che cercano le vie che conducono all’unità nello spirito della preghiera di Cristo nel Cenacolo: “perché tutti siano una cosa sola”.

Ringrazio, in particolare, i capi di Stato e le autorità civili per l’appoggio dato all’iniziativa, che non ha certo mancato di favorire maggiormente l’avvicinamento delle nazioni del continente sulla base di quei valori fondamentali della cultura e della civiltà europea, che affondano le loro radici nella fede cristiana.

Ringrazio infine tutti coloro che, in qualsiasi modo, hanno dato il loro apporto alla preparazione e allo svolgimento di questa visita papale.

2. È stato un pellegrinaggio verso gli inizi del cristianesimo e della Chiesa nell’Europa settentrionale.

Tale inizio si collega, già fin dal secolo IX, con la missione di sant’Oscar (Ansgar), il quale, venendo dalla Gallia, si recò nel Nord col messaggio evangelico. La sua opera preparò le ulteriori fasi dell’evangelizzazione, prima in Danimarca e poi nelle altre parti della Scandinavia.

Questo processo è collegato con le figure di santi sovrani e di vescovi che, nel cuore delle nazioni del Nord europeo, diventarono pilastri della Chiesa. Il loro ricordo, pieno di venerazione, unisce le società di questi paesi.

Il pensiero, oltre a ant’Oscar, va particolarmente a sant’Olav, patrono della Norvegia; a san Thorlak Thorhallsson, Vescovo di Skalholt, in Islanda, che si adoperò instancabilmente per rafforzare la vita cristiana del suo popolo; a sant’Enrico, patrono della Finlandia, uomo di coraggio e di grande fede nella presenza operante di Dio nella vita degli uomini; a san Canuto, re di Danimarca, e a Niels Steensen (Stenone), di recente proclamato beato; al santo Re Erik IX, patrono della Svezia e simbolo dell’unità nazionale del paese; e in fine a santa Brigida che venne a Roma dove operò con energia per l’unità della Chiesa, e la cui memoria è unita al santuario di Vadstena, in Svezia.

Le antiche cattedrali: punto di riferimento

3. Durante il pellegrinaggio lungo i paesi scandinavi, un particolare punto di riferimento sono state le antiche cattedrali a Trondheim, in Norvegia; a Turku, la prima capitale della Finlandia; a Roskilde, in Danimarca; e infine a Uppsala, in Svezia. Qui riposano sia il cattolico sant’Erik, che l’Arcivescovo luterano di quella città, Nathan Soederblom, grande pioniere dell’ecumenismo. In questa serie occorre inserire anche Thingvellir in Islanda, luogo in cui fu presa la decisione di introdurre il cristianesimo nell’isola nordica.

In questi santuari, elevati nel tempo in cui le Chiese scandinave erano in piena comunione con la Chiesa di Roma, abbiamo pregato insieme con i fratelli luterani per il ristabilimento di questa piena unione nella fede, nella vita sacramentale, e nel ministero pastorale.

L’accoglienza dappertutto ricevuta ha spesso assunto la forma di un incontro gioioso di fratelli che si ritrovano. La rinnovata ed intensificata carità, espressa nella preghiera comune, ha rafforzato la speranza che ispira il movimento ecumenico.

Ne è scaturita una decisione, ancora più ferma, di fare tutto il possibile per superare le divergenze esistenti.

Il vivo desiderio di pervenire a questa meta deve stimolare il dialogo teologico in corso affinché si possa trovare quel pieno accordo di fede, che si esprimerà nella comune celebrazione eucaristica.

Il ricordo dei santi, uomini e donne, che in quelle terre hanno vissuto e in esse hanno testimoniato la loro fede in Cristo agli inizi dell’evangelizzazione delle rispettive contrade, deve incitare i cristiani di oggi al rinnovamento spirituale, personale e comunitario, condizione essenziale di ogni vero progresso ecumenico.

Il momento centrale: la liturgia eucaristica

4. Dopo il periodo, in cui fu strettamente rispettato il principio: “cuius regio, eius et religio”, il secolo XIX ha portato il riconoscimento della libertà religiosa. La Chiesa cattolica ha cominciato a manifestare di nuovo la sua presenza e la sua azione nei paesi scandinavi.

Il numero dei cattolici in Scandinavia s’avvicina attualmente ai duecentomila. Una parte notevole è costituita dagli immigrati, che provengono da diversi paesi.

Nel corso dei dieci giorni del mio soggiorno, ho potuto visitarli in tutte le loro diocesi. Il punto centrale di ogni incontro fu la liturgia eucaristica, in alcuni casi collegata con la prima Comunione oppure con la Cresima di ragazzi e giovani. Mi riferisco alle sante Messe a Oslo nell’“Akershus Festningsplass” a Trondheim e a Troemsoe, città situata a Nord del circolo polare artico, e poi a Reykjavik in Islanda, e ad Helsinki. In Danimarca sono state celebrate sante Messe a Copenhagen e nel santuario mariano di Om nella penisola dello Jutland. In Svezia, a Stoccolma e sul terreno dell’antica Uppsala (Gamla Uppsala) e a Vadstena. A tutti i fratelli nell’Episcopato e ai sacerdoti, alle religiose, come anche ai laici impegnati nell’apostolato, esprimo il mio cordiale ringraziamento, augurando loro un ulteriore sviluppo delle singole comunità in tutta la Scandinavia.

Libertà religiosa e mondo del sapere

5. Il solenne incontro all’università di Uppsala - centro di studi risalente al XIV secolo - con la presenza della famiglia reale, ha messo in rilievo il legame che da secoli unisce la Scandinavia con le principali correnti della cultura cristiana ed umanistica europea.

I nostri tempi portano nuovi problemi e pongono nuovi doveri. Tutto questo ha trovato una particolare espressione nell’incontro in quella università.

Inoltre, il soggiorno a Helsinki ha permesso di mettere in rilievo il significato della conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, conclusasi nel 1975 nella “Finlandia Hall” dove si è pure svolto l’incontro previsto in questa visita con la “Paasikivi Society”. Tema particolare del mio discorso è stata la libertà religiosa, vista come una delle leggi chiave della persona e delle comunità umane.

Il raduno a Vadstena

6. Il momento, che ha coronato tutto il pellegrinaggio ai paesi dell’Europa del Nord, è stato il raduno a Vadstena, al quale hanno partecipato i giovani venuti dalla Norvegia, dall’Islanda, dalla Finlandia, dalla Danimarca e dalla Svezia. Vadstena è luogo collegato con la vita di santa Brigida (secolo XIV): questa donna fu sposa e madre, e, dopo la morte del consorte, fondò la congregazione che porta il suo nome (le “Suore Brigidine”).

Santa Brigida ha lasciato la testimonianza di una santità incentrata sul mistero di Cristo, specialmente sul suo mistero pasquale. Essa è un simbolo del legame tra la Scandinavia e Roma: passò, infatti, una parte notevole della sua vita a Roma, e qui morì. Nello stesso tempo, in lei si manifestano alcuni tratti peculiari della sua Nazione.

Perciò l’incontro con i giovani presso le reliquie di santa Brigida a Vadstena ha costituito un particolare appello a quella maturità spirituale, che trova la sua sorgente inesauribile in Cristo, che “è lo stesso ieri, oggi e sempre!” (cf. He 13,8).

Quanto è necessario il rinnovamento in un tale spirito all’uomo della nostra epoca, il quale perde tante volte il senso della vita e della piena dimensione della vocazione umana!

Da qui nasce anche il bisogno della nuova evangelizzazione contemporanea.

Sulla via di questa evangelizzazione - di ciò si rendono conto sia i cattolici che i protestanti - potrà trovare compimento la supplica di Cristo: “Fa’ sì che tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi ha mandato” (Jn 17,21).

Ai fedeli di lingua francese

Ai gruppi di pellegrini di espressione inglese


Ai numerosi fedeli di lingua spagnola

Ai pellegrini di espressione portoghese


Ai fedeli polacchi

Ai gruppi di lingua italiana

Mi è gradito ora salutare voi, giovani e adulti partecipanti alla Fiaccolata commemorativa dell’80° anniversario dell’Oratorio maschile di “San Luigi” di Gorgonzola, in arcidiocesi di Milano.

Carissimi, nel manifestare il mio apprezzamento per tale iniziativa, desidero incoraggiarvi a perseverare nell’impegno di formazione umana e cristiana, per far sì che l’ambiente oratoriano favorisca sempre più l’amicizia con il Redentore e stimoli un generoso servizio ai fratelli in necessità.
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Saluto poi le Religiose della Congregazione delle Figlie di San Paolo, e di vero cuore auguro che la permanenza a Roma giovi loro a comprendere sempre meglio le origini del Cristianesimo anche attraverso le testimonianze degli antichi monumenti sacri.
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Rivolgo infine la mia parola di saluto ai partecipanti al XXVII Corso I. R. I. di perfezionamento alle funzioni tecniche e direttive aziendali, provenienti da vari paesi.

Cari fratelli e sorelle, volentieri invoco su di voi l’abbondanza dei doni celesti, perché gli incarichi che ricoprirete nelle vostre nazioni siano svolti con dedizione e spirito di servizio.

A tutti imparto la propiziatrice Benedizione Apostolica.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Giunga ora un cordiale saluto a tutti i giovani, agli ammalati ed agli sposi novelli presenti a questa Udienza.

Carissimi, sappiate esprimere in tutte le circostanze della vita, nel periodo delle vacanze e del riposo, nei momenti di difficoltà e di pena, nel dialogo della vostra incipiente famiglia, i doni della sapienza del cuore, mediante la quale si gustano le gioie profonde, che l’animo prova quando la coscienza è retta, quando nella pazienza ci si apre alla fiducia, quando l’inesauribile generosità dell’amore consente di sperimentare la rassicurante vicinanza di Dio.

A tutti la mia Benedizione.




Mercoledì, 21 giugno 1989

21689

1. Conosciamo la suprema promessa e l’ultimo ordine di Gesù agli apostoli, prima dell’Ascensione: “E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto” (
Lc 24,49 cf. etiam Ac 1,4). Ne abbiamo parlato nella catechesi precedente, mettendo in rilievo anche la continuità e lo sviluppo della verità pneumatologica tra l’antica e la nuova alleanza. Oggi possiamo apprendere dagli Atti degli Apostoli che quell’ordine venne eseguito dagli apostoli, i quali “entrati in città salirono al piano superiore dove abitavano . . . Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera” (Ac 1,13-14). Non solo restarono in città, ma si riunirono nel Cenacolo, per farvi comunità e rimanervi in preghiera, insieme con Maria, madre di Gesù, come preparazione immediata alla discesa dello Spirito Santo, e al primo manifestarsi anche “all’esterno”, per opera dello Spirito Santo, della Chiesa nata dalla morte e Risurrezione di Cristo. Tutta la comunità si sta preparando, e in essa ciascuno personalmente.

2. È una preparazione fatta di preghiera: “Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera” (Ac 1,14). È come una ripetizione o un prolungamento della preghiera mediante la quale Gesù di Nazaret si preparava alla discesa dello Spirito Santo al momento del Battesimo nel Giordano, quando doveva dare inizio alla sua missione messianica: “Mentre Gesù . . . stava in preghiera, il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo” (Lc 3,21-22).

Qualcuno potrebbe domandare: perché implorare ancora nella preghiera quello che è già stato promesso? La preghiera di Gesù al Giordano mostra che è indispensabile pregare per ricevere in modo opportuno “il dono che viene dall’alto” (cf. Jc 1,17). E la comunità degli apostoli e dei primi discepoli doveva prepararsi a ricevere proprio questo dono, che viene dall’alto: lo Spirito Santo che avrebbe dato inizio alla missione della Chiesa di Cristo sulla terra.

Nei momenti particolarmente importanti la Chiesa si comporta in modo simile. Si ricollega a quella unione degli apostoli in preghiera insieme alla Madre di Cristo. In un certo senso ritorna al Cenacolo. Così è stato, per esempio, all’inizio del Concilio Vaticano II. Ogni anno, del resto, la solennità della Pentecoste viene preceduta dalla “novena” allo Spirito Santo, che riproduce l’esperienza di preghiera della prima comunità cristiana in attesa della venuta dello Spirito Santo.

3. Gli Atti degli Apostoli sottolineano che si trattava di una preghiera “concorde”. Questo particolare indica che una significativa trasformazione è avvenuta nei cuori degli apostoli, tra i quali prima vi erano delle differenze e persino qualche rivalità (cf. Mc 9,34 Lc 9,46 Lc 22,24). Era il segno che la preghiera sacerdotale di Gesù aveva prodotto i suoi frutti. In quella preghiera Gesù aveva chiesto l’unità: “Che tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola” (Jn 17,21). “Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me” (Jn 17,23).

Attraverso tutti i tempi e in ogni generazione cristiana, questa preghiera di Cristo per l’unità della Chiesa conserva la sua attualità. E quanto attuali sono diventate quelle parole ai nostri tempi, animati dagli sforzi ecumenici in favore dell’unione dei cristiani! Probabilmente non mai come oggi esse hanno avuto un significato così vicino a quello del tutto particolare, con cui furono pronunciate da Cristo nel momento in cui la Chiesa stava per uscire nel mondo! Anche oggi si ha da ogni parte il sentimento dell’avvio verso un mondo nuovo, più unito e solidale.

4. Inoltre, la preghiera della comunità degli apostoli e discepoli prima della Pentecoste era perseverante: “erano assidui . . . nella preghiera”. Non fu dunque una preghiera di momentanea esaltazione. La parola greca adoperata dall’autore degli Atti degli Apostoli indica un’assiduità paziente, in un certo senso persino “ostinata”, che include un sacrificio e un superamento di difficoltà. Fu dunque la preghiera dell’impegno più completo non soltanto del cuore, ma anche della volontà. Gli apostoli erano consapevoli del compito che li attendeva.

5. Quella preghiera era già un frutto dell’azione interiore dello Spirito Santo. Perché è lui a sollecitare la preghiera e ad aiutare ad essere assidui nel pregare. Torna nuovamente in mente l’analogia con Gesù stesso, il quale, prima di iniziare la sua attività messianica, si reco nel deserto. I Vangeli sottolineano che “lo Spirito lo sospinse” (Mc 1,12 cf. Mt 4,1), che “fu condotto dallo Spirito nel deserto” (Lc 4,1).

Se sono molteplici i doni dello Spirito Santo, bisogna dire che, durante la permanenza nel Cenacolo di Gerusalemme, lo Spirito Santo già operava negli apostoli nel nascondimento della preghiera, affinché il giorno della Pentecoste fossero pronti a ricevere questo dono grande e “decisivo”, per mezzo del quale doveva avere definitivamente inizio sulla terra la vita della Chiesa di Cristo.

6. Nella comunità unita dalla preghiera, oltre agli apostoli, erano presenti anche altre persone, uomini ed anche donne.

La raccomandazione di Cristo, al momento della sua dipartita per ritornare al Padre, riguardava direttamente gli apostoli. Sappiamo che ordinò loro “di non allontanarsi da Gerusalemme ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre” (Ac 1,4). Ad essi Gesù aveva affidato una missione speciale nella sua Chiesa.

Se ora alla preparazione alla Pentecoste prendono parte anche altre persone, e in particolare le donne, questo fatto costituisce una semplice continuazione del comportamento di Gesù stesso, quale ci risulta da diversi brani nei Vangeli. Luca ci dà addirittura i nomi di alcune di queste donne seguaci, collaboratrici e benefattrici di Gesù: Maria chiamata Maddalena, Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre (cf. Lc 8,1-3). L’annuncio evangelico del regno di Dio si svolgeva alla presenza non soltanto dei “dodici” e dei discepoli in generale, ma anche di queste donne in particolare, delle quali parla l’Evangelista dicendo che esse “li (= Gesù e gli apostoli) assistevano con i loro beni” (Lc 8,3).

Da ciò si evince che le donne al pari degli uomini sono chiamate a partecipare al Regno di Dio, che Gesù annunziava: a farne parte e anche a contribuire alla sua crescita tra gli uomini, come ho illustrato ampiamente nella lettera apostolica, Mulieris Dignitatem.

7. In questa ottica, la presenza delle donne nel Cenacolo di Gerusalemme, durante la preparazione alla Pentecoste e alla nascita della Chiesa, riveste una particolare importanza. Uomini e donne, semplici fedeli, partecipavano all’intero evento accanto agli apostoli e insieme con loro. Sin dall’inizio, la Chiesa è una comunità sia di apostoli sia di discepoli, tanto uomini che donne.

Non può esservi dubbio che la presenza della Madre di Cristo ha avuto una importanza particolare in quella preparazione della comunità primitiva alla Pentecoste. A questo argomento però occorrerà dedicare una catechesi a parte.

Ai pellegrini di lingua francese

Ai gruppi di lingua inglese

A diversi pellegrini di lingua tedesca

Ai fedeli di lingua spagnola


Ai numerosi pellegrini di lingua portoghese

Ai connazionali polacchi

A gruppi di fedeli italiani

Sono particolarmente lieto di dare il mio benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. Saluto in primo luogo i missionari Salesiani, che svolgono la loro attività pastorale nelle Filippine; gli apparte nenti all’Istituto Secolare Sacerdotale del Sacro Cuore; nonché i partecipanti a Roma al Corso di Pastorale Migratoria. Cari fratelli mentre ricordo che l’unione con il Redentore rende fecondo il ministero a cui Egli vi ha chiamati, auguro che la generosa dedizione a Lui, vi renda sempre zelanti servitori nella impegnativa vostra missione.
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Rivolgo, poi, la mia parola affettuosa ai pellegrini della Parrocchia di San Giovanni Maggiore, nell’arcidiocesi di Napoli, ed ai ragazzi disabili dell’Istituto Don Orione, che sono con loro. Perseverate nell’amore confidente a Cristo. In tal modo crescerà sempre più in voi la certezza della sua infinita bontà, che ascolta ed esaudisce la preghiera del vostro cuore, prendendo nelle sue mani tutti gli affanni e i dolori.
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Giunga il mio pensiero anche a voi, fedeli della Parrocchia di “San Massimiliano Kolbe”, in Varese, che siete venuti a Roma per rafforzare l’impegno di essere pietre vive nella costruzione della erigenda Chiesa. Ben volentieri confermo tale vostro proposito invocando su di voi e su quanti rappresentate abbondanti doni di grazia e di amore, e benedicendo la prima pietra del tempio, dove vi raccoglierete per lodare Dio come comunità orante ed evangelizzante.
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Saluto infine, i ragazzi della Parrocchia di Lallio, in diocesi di Bergamo, i quali hanno ricevuto il sacramento della Cresima.

Siate sempre, carissimi, cristiani esemplari e testimoni coraggiosi del Cristo.

A ciascuno di voi come a quanto portate nel vostro cuore imparto la Benedizione Apostolica.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Carissimi Giovani, Ammalati e Sposi Novelli! Nel porgervi il mio saluto affettuoso, vi invito a volgere il vostro sguardo a San Luigi Gonzaga, di cui oggi ricorre la festa. Egli impegnò i brevi anni della sua vita nel praticare la carità in grado eroico, nel visitare abitualmente gli Ospedali, nel compiere i servizi più umili, nell’insegnare la Dottrina Cristiana ai poveri.

Cari giovani, amate e invocate San Luigi, vostro celeste Patrono, per aver sempre la fede e la carità necessarie a sostenere la vostra vita di purezza; invocatelo anche voi, diletti ammalati, per aver la forza di accettare la sofferenza con spirito apostolico e missionario; e l’esempio della sua vita limpida ed eroica, cari Sposi Novelli, sia presente anche nella vostra nuova esperienza, che vi auguro ricca di amore e di fedeltà.

Di gran cuore a tutti imparto la mia Benedizione!




Catechesi 79-2005 31589