Catechesi 79-2005 12789

Sabato, 22 luglio 1989



1. L’evento della Pentecoste nel Cenacolo di Gerusalemme costituisce una particolare teofania. Ne abbiamo già considerato i principali elementi “esterni”: “un rombo come di vento che si abbatte gagliardo”, “lingue come di fuoco” sopra coloro che sono riuniti nel Cenacolo, infine il “parlare in altre lingue”. Tutti questi elementi indicano non solo la presenza dello Spirito Santo, ma anche la sua particolare “discesa” sui presenti, il suo “donarsi”, che provoca in loro una visibile trasformazione, come risulta dal testo degli Atti degli Apostoli (Ac 2,1-12). La Pentecoste chiude il lungo ciclo delle teofanie dell’antico testamento, tra le quali, principalissima, quella a Mosé sul monte Sinai.

2. Fin dall’inizio di questo ciclo di catechesi pneumatologiche, abbiamo pure accennato al legame tra l’evento della Pentecoste e la Pasqua di Cristo, specialmente sotto l’aspetto di “dipartita” verso il Padre mediante la morte in Croce, la Risurrezione e l’Ascensione. La Pentecoste contiene in sé il compimento dell’annuncio, lasciato da Gesù agli apostoli il giorno precedente la sua Passione, durante il “discorso d’addio” nel Cenacolo di Gerusalemme. Allora Gesù aveva parlato del “nuovo Paraclito”: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità” (Jn 14,16), sottolineando: “Quando me ne sarò andato, ve lo manderò” (Jn 16,7).

Parlando della sua dipartita mediante la morte redentrice nel sacrificio della Croce, Gesù aveva detto: “Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più, voi invece mi vedrete perché io vivo e voi vivrete” (Jn 14,19).

Ecco un nuovo aspetto del legame tra la Pasqua e la Pentecoste: “Io vivo”. Gesù parlava della sua Risurrezione. “Voi vivrete”: la vita, che si manifesterà e confermerà nella mia Risurrezione, diventerà la vostra vita. Ora la “trasmissione” di questa vita, che si manifesta nel mistero della Pasqua di Cristo, si compie in modo definitivo nella Pentecoste. Nella Parola di Gesù, infatti, riecheggiava la parte conclusiva dell’oracolo di Ezechiele, in cui Dio prometteva: “Farò entrare in voi il mio spirito e vivrete” (Ez 37,14). Dunque la Pentecoste è legata organicamente alla Pasqua, appartiene al mistero pasquale di Cristo: “Io vivo e voi vivrete”.

3. In virtù dello Spirito Santo, in forza della sua venuta, si è anche compiuta la preghiera di Gesù nel Cenacolo: “Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te. Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia vita eterna a tutti coloro che gli hai dato” (Jn 17,1-2).

Gesù Cristo, nel mistero pasquale, è l’artefice di questa vita. Lo Spirito Santo “dà” questa vita, “attingendo” alla Redenzione operata da Cristo (Prenderà del mio: Jn 16,14). Gesù stesso aveva detto: “È lo Spirito che dà la vita” (Jn 6,63). San Paolo similmente proclama che “la lettera uccide, ma lo Spirito dà vita” (2Co 3,6). Nella Pentecoste riluce la verità professata dalla Chiesa con le parole del Simbolo: “Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita” (= il datore di vita).

Insieme con la Pasqua, la Pentecoste costituisce il coronamento dell’economia salvifica della Trinità divina nella storia umana.

4. E ancora: i primi a sperimentare i frutti della Risurrezione di Cristo nel giorno di Pentecoste sono gli apostoli, riuniti nel Cenacolo di Gerusalemme insieme con Maria, la madre di Gesù, e altri “discepoli” del Signore, uomini e donne.

Per essi la Pentecoste è il giorno della Risurrezione - cioè della nuova vita - nello Spirito Santo. È una Risurrezione spirituale che possiamo scorgere attraverso il processo operatosi negli apostoli nel corso di tutti quei giorni: dal venerdì della Passione di Cristo, attraverso il giorno di Pasqua, sino a quello di Pentecoste. La cattura del maestro e la sua morte in Croce furono per loro un colpo terribile, dal quale essi faticarono a riprendersi. Si spiega così che la notizia della Risurrezione e persino l’incontro col risorto trovassero in loro difficoltà e resistenze. I Vangeli lo annotano più volte: “Non vollero credere” (Mc 16,11), “dubitavano” (Mt 28,17). Gesù stesso li rimproverò dolcemente: “Perché siete turbati, e perché sorgono i dubbi nel vostro cuore?” (Lc 24,38). Egli cercava di convincerli sulla sua identità, dimostrando loro di non essere “un fantasma”, ma di avere “carne e ossa”. A questo scopo consumò perfino un pasto sotto i loro occhi (cf. Lc 24,37-43).

L’evento della Pentecoste conduce i discepoli a superare definitivamente questo atteggiamento di diffidenza: la verità della Risurrezione di Cristo pervade pienamente le loro menti e conquista le loro volontà. Allora veramente “fiumi di acqua viva sgorgarono dal loro seno” (cf. Jn 7,38), come aveva predetto in modo figurativo Gesù stesso, parlando dello Spirito Santo.

5. Per opera del Paraclito, gli apostoli e gli altri discepoli diventarono “uomini pasquali”: credenti e testimoni della Risurrezione di Cristo. Essi fecero propria, senza riserve, la verità di tale evento decisivo ed annunziarono fin dal giorno della Pentecoste “le grandi opere di Dio” (magnalia Dei) (Ac 2,11).

Ne furono resi capaci dal di dentro: lo Spirito Santo operò la loro trasformazione interiore, in forza della “nuova vita”: quella ripresa da Cristo nella sua Risurrezione e ora infusa dal “nuovo Paraclito” nei suoi seguaci. Si può applicare a tale trasformazione ciò che Isaia profetava con linguaggio figurato: “Infine . . . sarà infuso uno spirito dall’alto; allora il deserto diventerà un giardino e il giardino sarà considerato una selva” (Is 32,15). Veramente sfolgora nella Pentecoste la verità evangelica: Dio “non è Dio dei morti, ma dei vivi” (Mt 22,32), “perché tutti vivono per lui” (Lc 20,38).

6. La teofania della Pentecoste apre a tutti gli uomini la prospettiva della “novità di vita”. Quell’evento è l’inizio del nuovo “donarsi” di Dio all’umanità, e gli apostoli sono il segno e il pegno non solo del “nuovo Israele”, ma anche della “nuova creazione” avvenuta ad opera del mistero pasquale. Come scrive san Paolo: “Per l’opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà la vita . . . Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia” (Rm 5,18 Rm 5,20). E questa vittoria della vita sulla morte - della grazia sul peccato -, riportata da Cristo, opera nell’umanità per il tramite dello Spirito Santo. Per suo mezzo fruttifica nei suoi cuori il mistero della Redenzione (cf. Rm 5,5 Ga 5,22).

La Pentecoste è l’inizio del processo di rinnovamento spirituale, che attua l’economia della salvezza nella sua dimensione storica ed escatologica, proiettandosi su tutto il creato.

7. Nell’enciclica sullo Spirito Santo Dominum et Vivificantem ho scritto: “Nella Pentecoste si ha un nuovo inizio in rapporto al primo, originario inizio del donarsi salvifico di Dio, che si identifica con lo stesso mistero della creazione. Ecco che cosa leggiamo già nelle prime parole del Libro della Genesi: “In principio Dio creò il cielo e la terra . . ., e lo Spirito di Dio (“ruah Elohim”) aleggiava sulle acque” (Gn 1,1 s.). Questo concetto biblico di creazione comporta non solo la chiamata all’esistenza, ma anche la presenza dello spirito di Dio nella creazione, cioè l’inizio del comunicarsi salvifico di Dio alle cose che crea. Il che vale prima di tutto per l’uomo, il quale è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio” (Ioannis Pauli PP. II Dominum et Vivificantem DEV 12). Nella Pentecoste il “nuovo inizio” del donarsi salvifico di Dio si salda col mistero pasquale, fonte della nuova vita.

Ai fedeli di lingua francese

Ai pellegrini e visitatori di espressione inglese

Ad alcuni gruppi di lingua tedesca

Ai fedeli giunti dalla Spagna e dall’America Latina

Ai fedeli di lingua portoghese


Ad un gruppo ungherese

VORREI SALUTARE adesso un gruppo di pellegrini ungheresi provenienti da Mezókövesd, diocesi di Eger.

Ai fedeli polacchi

Ai gruppi italiani

Porgo ora il mio saluto a tutti i pellegrini di lingua italiana, ed in particolare al gruppo delle Suore Adoratrici del Sangue di Cristo, che stanno completando in Roma un corso di studio sulla spiritualità della loro Congregazione. Ad esse, ed alle loro consorelle, l’invito a testimoniare sempre con viva fede l’amore di Dio, manifestatosi nel sacrificio di Cristo crocifisso.
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Il mio pensiero va poi ai giovani del Lions Club International, convenuti da ben diciannove Paesi, per partecipare ad un corso di studio per conoscere l’Italia. Ad essi auguro di conoscere in modo particolare le radici cristiane di questo Paese, della sua arte, della sua letteratura, delle sue tradizioni popolari. La presente circostanza sia, inoltre, un’occasione di fraterna amicizia e di dialogo.

A tutti la mia Benedizione Apostolica.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Vada ora il mio cordiale saluto ai giovani, ai malati, agli sposi novelli, presenti a questa Udienza generale.

Carissimi, nel pensiero di quanti ci sono fratelli, e specialmente di coloro che soffrono e hanno bisogno del nostro aiuto, io vi esorto vivamente ad amare il prossimo come voi stessi, di più ancora, come Gesù ama ciascuno di noi. Solo con la carità verso gli altri, praticata per amore del Signore, si è in grado di affrontare serenamente l’avvenire, di superare la prova delle malattie, di fare della propria famiglia un nido di pace. La Madonna, che tutti ci ama con cuore di Madre, sempre vi assista e protegga.

A tutti la mia Benedizione!



Mercoledì, 26 luglio 1989

26789

1. Nella teofania di Pentecoste in Gerusalemme abbiamo analizzato gli elementi esterni riferiti nel testo degli Atti degli Apostoli: “un rombo come di vento che si abbatte gagliardo”, “lingue come di fuoco” sopra coloro che sono riuniti nel Cenacolo, e infine quel fenomeno psicologico-vocale, grazie a cui gli apostoli sono capiti anche da coloro che parlano “altre lingue”. Abbiamo pure visto che tra tutte queste manifestazioni esterne ciò che è più importante ed essenziale è la trasformazione interiore degli apostoli. Proprio in questa trasformazione si esprime la presenza e l’azione dello Spirito-paraclito, la cui venuta Cristo aveva promesso agli apostoli nell’ora del suo ritorno al Padre.

La discesa dello Spirito santo è strettamente connessa col mistero pasquale, che si attua nel sacrificio redentivo della Croce e nella Risurrezione di Cristo, generatrice di “vita nuova”. Il giorno di Pentecoste gli apostoli - per opera dello Spirito Santo - diventano pienamente partecipi di questa vita, e così matura in essi la potenza della testimonianza che renderanno al Signore risorto.

2. Sì, il giorno di Pentecoste lo Spirito Santo si manifesta come colui che dà la vita; e questo noi confessiamo nel Credo, quando lo proclamiamo: Dominum et vivificantem. Si compie così l’economia dell’autocomunicazione di Dio, che ha inizio quando egli “si dona” all’uomo, creato a sua immagine e somiglianza. Questo donarsi di Dio, che costituisce originariamente il mistero della creazione dell’uomo e della sua elevazione alla dignità soprannaturale, dopo il peccato si proietta nella storia in forza di una promessa salvifica, che si adempie nel mistero della Redenzione operata da Cristo, uomo-Dio, mediante il proprio sacrificio. Nella Pentecoste legata al mistero pasquale di Cristo, il “donarsi di Dio” trova il suo compimento. La teofania di Gerusalemme significa il “nuovo inizio” del donarsi di Dio nello Spirito Santo. Gli apostoli e tutti i presenti nel Cenacolo insieme alla madre di Cristo, Maria, in quel giorno hanno sperimentato per primi questa nuova “effusione” della vita divina che - in essi e per loro mezzo, e quindi nella Chiesa e mediante la Chiesa - si è aperta ad ogni uomo. È universale così come è universale la Redenzione.

3. L’inizio della “nuova vita” si ha mediante il dono della filiazione divina, per tutti ottenuta da Cristo con la Redenzione ed a tutti estesa per opera dello Spirito Santo che, nella grazia, rifà e quasi “ricrea” l’uomo a somiglianza del Figlio unigenito del Padre. In tal modo il Verbo incarnato rinnova e consolida il “donarsi” di Dio, offrendo all’uomo mediante l’opera redentiva quella “partecipazione alla natura divina”, alla quale si riferisce la seconda lettera di Pietro (cf.
2P 1,4); e anche san Paolo, nella lettera ai Romani, parla di Gesù Cristo come di colui che è stato “costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti” (cf. 2P 1,4).

Il frutto della Risurrezione, che attua la pienezza della potenza di Cristo, Figlio di Dio, è dunque partecipato a coloro che si aprono all’azione del suo Spirito come nuovo dono di figliolanza divina. Dice infatti san Giovanni nel prologo del suo Vangelo, dopo aver parlato del Verbo che si fece carne, che “a quanti . . . l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome” (Jn 1,12).

I due apostoli Giovanni e Paolo fissano il concetto della filiazione divina come dono all’uomo della nuova vita, ad opera di Cristo, mediante lo Spirito Santo.

Essa è un dono che proviene dal Padre, come leggiamo nella prima lettera di Giovanni: “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente” (1Jn 3,1). Nella lettera ai Romani Paolo espone la stessa verità alla luce dell’eterno disegno di Dio: “Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli” (8, 29). Lo stesso Apostolo nella lettera agli Efesini parla di una filiazione dovuta alla adozione divina, avendoci Dio predestinati “ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo” (Ep 1,5).

4. Anche nella lettera di Galati, Paolo si riferisce all’eterno disegno concepito da Dio nella profondità della sua vita trinitaria, e realizzato nella “pienezza del tempo” con la venuta del Figlio, “nato da donna . . . perché ricevessimo l’adozione a figli” (Ga 4,4-5). A questa “missione” (missio) del Figlio, secondo l’Apostolo, nella economia trinitaria è strettamente connessa la missione dello Spirito Santo, e difatti aggiunge: “E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!” (Ga 4,6).

Qui tocchiamo il “termine” del mistero che si esprime nella Pentecoste: lo Spirito Santo scende “nei cuori” come Spirito del Figlio. Proprio perché è lo Spirito del Figlio permette a noi, uomini, di gridare a Dio insieme a Cristo: “Abbà, Padre”.

5. In questo gridare si esprime il fatto che non solo siamo stati chiamati figli di Dio, “ma lo siamo realmente” come sottolinea l’apostolo Giovanni nella sua prima lettera (1Jn 3,1). Noi veramente - a motivo del dono - partecipiamo alla filiazione propria del Figlio di Dio, Gesù Cristo. Questa è la verità soprannaturale del nostro rapporto con Cristo, la quale può essere conosciuta soltanto da chi “ha conosciuto il Padre” (cf. 1Jn 2,14).

Tale conoscenza è possibile solamente in virtù dello Spirito Santo per la testimonianza che egli dà, dall’interno, allo spirito umano, dove è presente come principio di verità e di vita. Ci istruisce l’apostolo Paolo: “Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo” (Rm 8,16-17). “Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: «Abbà, Padre!»” (Rm 8,15).

6. Nel compiere quest’opera, lo Spirito “riproduce” nell’uomo l’immagine del Figlio, costituendo così l’intimo legame “fraterno” con Cristo che ci porta a “gridare con lui”: Abbà, Padre! Per questo scrive l’Apostolo che “tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio” (Rm 8,14). Lo Spirito Santo “soffia”, nei cuori dei credenti come lo Spirito del Figlio, stabilendo nell’uomo la filiazione divina a somiglianza di Cristo e in unione con Cristo. Lo Spirito Santo forma dall’interno lo spirito umano secondo il divino esemplare che è Cristo. Così, mediante lo Spirito, il Cristo conosciuto nelle pagine del Vangelo diventa la “vita dell’anima” e l’uomo nel pensare, nell’amare, nel giudicare, nell’agire, persino nel sentire è conformato a Cristo, diventa “cristiforme”.

Quest’opera dello Spirito Santo ha il suo “nuovo inizio” nella Pentecoste di Gerusalemme, all’apice del mistero pasquale. Da allora Cristo “è con noi” e opera in noi mediante lo Spirito Santo, attualizzando l’eterno disegno del Padre, che ci ha predestinati “a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo” (Ep 1,5). Non stanchiamoci di ripetere e di meditare questa meravigliosa verità della nostra fede.

Ai fedeli di lingua francese



Ai fedeli di lingua inglese

Ad un gruppo di lingua giapponese

Sia lodato Gesù Cristo!

SI SA CHE il vostro Paese gode attualmente di una considerevole prosperità materiale. In questa situazione io vi esorto, carissimi pellegrini, ad essere voi in mezzo al vostro popolo fermento evangelico come granelli di senape ed efficaci testimoni della ricchezza spirituale.

Con questo auspicio vi imparto volentieri la mia Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai pellegrini di lingua tedesca

Ai fedeli di lingua spagnola


Ai pellegrini di lingua portoghese

Ai numerosi fedeli polacchi

Ad alcuni gruppi provenienti dall’Italia

Rivolgo ora uno speciale saluto a due gruppi di Suore presenti a questa Udienza: le Suore Teatine dell’Immacolata, convenute per il Capitolo Generale Elettivo, e le Religiose che frequentano un corso di formazione permanente presso la casa di preghiera “Mater Ecclesiae” delle Dorotee di Cemmo.

A tutte imparto una particolare benedizione con l’auspicio che queste occasioni ritemprino in esse ogni buon proposito di spirituale rinnovamento e di sempre più generoso servizio nella Chiesa secondo il carisma specifico di ciascuna Famiglia religiosa.
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Il mio pensiero va poi ai partecipanti del corso di formazione per animatori e animatrici vocazionali organizzato dal Centro di Spiritualità “Rogate”, di Morlupo.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Infine saluto i numerosi ragazzi e giovani, i cari malati e quanti generosamente li seguono ed accompagnano, e le coppie di sposi novelli.

Carissimi, vi addito oggi, come modelli i Santi Gioacchino e Anna, genitori della Vergine Santissima, dei quali fa memoria la liturgia odierna:
- a voi giovani, perché poniate alla base dei progetti per il vostro avvenire una grande, illimitata fiducia nel Signore;
- a voi ammalati, perché sappiate accettare sempre la volontà del Signore il quale, permettendo la sofferenza, vi chiama ad una collaborazione privilegiata nell’impegno della costruzione del suo Regno e della redenzione del mondo;
- e soprattutto a voi, sposi novelli, perché sappiate fondare la vostra unione di coppia sulla preghiera quotidiana, condizione per un impegno operoso a divenire testimoni e cooperatori della fecondità della Chiesa.





Mercoledì, 2 agosto 1989

20889

1. Nella Pentecoste di Gerusalemme trova il suo coronamento la Pasqua della Croce e della Risurrezione di Cristo. Nella discesa dello Spirito Santo sugli apostoli, riuniti nel Cenacolo di Gerusalemme con Maria e con la prima comunità dei discepoli di Cristo, si ha l’adempimento delle promesse e degli annunzi fatti da Gesù ai suoi discepoli. La Pentecoste costituisce la solenne manifestazione pubblica della nuova alleanza stretta tra Dio e l’uomo “nel sangue” di Cristo: “Questa è la nuova alleanza nel mio sangue”, aveva detto Gesù nell’ultima Cena (cf.
1Co 11,25). Si tratta di un’alleanza nuova, definitiva ed eterna, preparata dalle precedenti alleanze, di cui parla la Sacra Scrittura. Queste, infatti, già recavano in sé l’annuncio del patto definitivo, che Dio avrebbe stretto con l’uomo in Cristo e nello Spirito Santo. La Parola divina, trasmessa dal profeta Ezechiele, già invitava a vedere in questa luce l’evento della Pentecoste: “Porrò il mio spirito dentro di voi” (Ez 36,27).

2. Abbiamo precedentemente rilevato che, se in un primo tempo la Pentecoste era stata la festa della mietitura (cf. Ex 23,14), in seguito cominciò ad essere celebrata anche come ricordo e quasi come rinnovamento dell’alleanza stipulata da Dio con Israele dopo la liberazione dalla schiavitù d’Egitto (cf. 2Co 15,10-13). Del resto, già nel libro dell’Esodo leggiamo che Mosé “prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: “Quanto il Signore ha ordinato, noi lo faremo e lo eseguiremo!”. Mosé prese il sangue e ne asperse il popolo dicendo: «Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!»”. (Ex 24,7-8).

3. L’alleanza del Sinai era stata stabilita tra Dio-Signore e il popolo di Israele. Prima di essa vi erano già state, secondo i testi biblici, l’alleanza di Dio col patriarca Noè e con Abramo.

L’alleanza stabilita con Mosé dopo il diluvio conteneva l’annuncio di una alleanza, che Dio intendeva stringere con tutta l’umanità: “Ecco, io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi; con ogni essere vivente che è con voi . . . con tutti gli animali che sono usciti dall’arca” (Gn 9,9-10). E dunque, non soltanto con l’umanità, ma con tutta la creazione che circonda l’uomo nel mondo visibile.

L’alleanza con Abramo aveva anche un altro significato. Dio sceglieva un uomo e con lui stabiliva un’alleanza a motivo della sua discendenza: “Stabilirò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te di generazione in generazione, come alleanza perenne, per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te” (Gn 17,7). L’alleanza con Abramo era l’introduzione all’alleanza con un intero popolo, Israele, in considerazione del Messia che doveva provenire proprio da quel popolo, eletto da Dio a tale scopo.

4. L’alleanza con Abramo non conteneva una legge vera e propria. La legge divina venne data più tardi, nell’alleanza del Sinai. Dio ne fece la promessa a Mosé, salito sul monte dietro sua chiamata: “Ora, se vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra . . . Queste parole dirai agli Israeliti” (Ex 19,5). Riferita la promessa divina agli anziani d’Israele, “tutto il popolo rispose insieme e disse: “Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo”. E Mosé tornò dal Signore e riferì le parole del popolo” (Ex 19,8).

Questa descrizione biblica della preparazione dell’alleanza e dell’azione mediatrice di Mosé mette in risalto la figura di questo grande capo e legislatore di Israele, mostrando la genesi divina del codice che egli diede al popolo, ma vuole anche fare intendere che l’alleanza del Sinai comportava impegni da ambedue le parti: Dio, il Signore, sceglieva Israele come sua particolare proprietà, “un regno di sacerdoti; una nazione santa” (Ex 19,6), ma a condizione che il popolo osservasse la legge che egli avrebbe dato col decalogo (cf. Ex 20,1 ss.), e le altre prescrizioni e norme. Da parte sua Israele si impegnò a questa osservanza.

5. La storia dell’antica alleanza ci attesta che questo impegno molte volte non è stato mantenuto. Specialmente i profeti rimproverano Israele per le sue infedeltà, e interpretano gli avvenimenti luttuosi della sua storia come castighi divini. Essi minacciano nuovi castighi, ma nello stesso tempo danno l’annunzio di un’altra alleanza. Leggiamo, per esempio, in Geremia: “Ecco, verranno giorni - dice il Signore - nei quali con la casa di Israele (e con la casa di Giuda) io concluderò un’alleanza nuova. Non come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dal paese d’Egitto, una alleanza che essi hanno violato” (Jr 31,31-32).

La nuova - futura - alleanza verrà costituita coinvolgendo in modo più intimo l’essere umano. Leggiamo ancora: “Questa sarà l’alleanza che io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore: Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo” (Jr 31,33).

Questa nuova iniziativa di Dio concerne soprattutto l’uomo “interiore”. La legge di Dio sarà “posta” nel profondo dell’“essere” umano (dell’“io” umano). Questo carattere d’interiorità viene confermato da quell’altra parola: “la scriverò sul loro cuore”. Si tratta dunque di una legge, con la quale l’uomo si identifica interiormente. Solamente allora Dio è veramente “il suo” Dio.

6. Secondo il profeta Isaia la legge costitutiva della nuova alleanza verrà stabilita nello spirito umano ad opera dello Spirito di Dio. Infatti lo Spirito del Signore “si poserà su un virgulto che spunterà dal tronco di Iesse” (Is 11,2), cioè sul Messia. In lui si realizzeranno le parole del profeta: “Lo Spirito del Signore mi ha consacrato con l’unzione” (Is 61,1). Il Messia, guidato dallo Spirito di Dio, realizzerà l’alleanza e la renderà “nuova” ed “eterna”. E ciò che preannuncia lo stesso Isaia con parole profetiche sospese sull’oscurità della storia: “Quanto a me, ecco la mia alleanza con essi, dice il Signore: il mio spirito che è sopra di te e le parole che ti ho messo in bocca non si allontaneranno dalla tua bocca né dalla bocca della tua discendenza né dalla bocca dei discendenti, dice il Signore, ora e sempre” (Is 59,21).

7. Qualunque siano i termini storici e profetici, entro i quali si colloca la visuale di Isaia, possiamo ben dire che le sue parole trovano il pieno compimento in Cristo, nella Parola che è la sua “propria” ma anche “del Padre che lo ha mandato” (cf. Jn 5,37); nel suo Vangelo, che rinnova, completa e vivifica la legge; e nello Spirito Santo, che viene mandato in virtù della Redenzione operata da Cristo mediante la sua Croce e la sua Risurrezione, a piena conferma di ciò che Dio aveva annunziato per mezzo dei profeti già nell’antica alleanza. Con Cristo e nello Spirito Santo si ha l’alleanza nuova, della quale il profeta Ezechiele, come portavoce di Dio, aveva predetto: “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei precetti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi . . . voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio” (Ez 36,26-28).

Nell’evento della Pentecoste di Gerusalemme la discesa dello Spirito Santo compie definitivamente la “nuova ed eterna” alleanza di Dio con l’umanità stabilita “nel sangue” del Figlio unigenito, come momento culminante del “dono dall’alto” (cf. Jc 1,17). In quell’alleanza il Dio uno e trino “si dona” ormai non al solo popolo eletto, ma a tutta l’umanità. La profezia di Ezechiele: “Sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio” (Ez 36,28) trova allora una dimensione nuova e definitiva: l’universalità. Realizza compiutamente la dimensione dell’interiorità, perché la pienezza del dono - lo Spirito Santo - deve riempire tutti i cuori, dando a tutti la forza necessaria per il superamento di ogni debolezza e di ogni peccato. Trova la dimensione dell’eternità: è un’alleanza “nuova ed eterna” (cf. He 13,20). In quella pienezza del dono ha il proprio inizio la Chiesa come Popolo di Dio della nuova ed eterna alleanza. Così trova compimento la promessa di Cristo sullo Spirito Santo inviato come “un altro Consolatore” (Parákletos), “perché rimanga con voi per sempre” (Jn 14,16).

Ai fedeli di lingua francese


Ai numerosi gruppi di lingua inglese

Ad un gruppo di pellegrini giapponesi

È IMMINENTE il triste anniversario della distruzione di Hiroshima e di Nagasaki, fatta con la bomba atomica.

Carissimi pellegrini giapponesi, preghiamo insieme per la pace nel mondo, affinché quella crudele esperienza non abbia a ripetersi mai più per nessun popolo sulla terra.

Invocando la protezione della Madonna su di voi e sul vostro pellegrinaggio, vi imparto la mia Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai diversi gruppi di espressione tedesca


Ai numerosissimi fedeli di lingua spagnola


Ai diversi gruppi di fedeli di espressione portoghese

Ai numerosi pellegrini di lingua polacca

Ai pellegrini di lingua italiana

Desidero ora salutare i partecipanti al Corso di Esercizi Spirituali per Famiglie, organizzato dal Centro di Spiritualità “Rogate” al fine di aiutare i coniugi a vivere con fervore la propria vocazione. Il Signore benedica i vostri buoni propositi e vi dia la gioia di veder spuntare in seno alle vostre famiglie numerose Vocazioni sacerdotali e religiose.
* * *


Il mio affettuoso pensiero va anche agli “Alunni del cielo” appartenenti alla “Comunità giovanile di vita cristiana”, di Torino e di Cuneo, che ormai da vent’anni testimoniano col canto la lieta novella recata dal Cristo. Vi rivedo volentieri e sono lieto di sapere che siete sempre entusiasti! Continuate a realizzare il vostro programma di animazione cristiana mediante l’armonia dei vostri cori, l’ardore della vostra fede, l’impegno cristiano della vostra vita.
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Un particolare saluto rivolgo ora ai giovani, agli ammalati ed agli sposi novelli: sono lieto di incontrarmi con voi e di esprimervi il mio affetto e la mia riconoscenza per la vostra presenza, che è segno di viva fede in Cristo e nella Chiesa.

Questo incontro così fervoroso e forse da lungo tempo atteso e preparato, sia per tutti voi una tappa importante nella vita per vivere un impegno di fede e di carità ancor più profondo e coraggioso, sia con la testimonianza nella vita pubblica e quotidiana, sia con l’accettazione serena e fiduciosa della sofferenza come partecipazione all’opera redentrice di Gesù, sia con l’impegno di vita coniugale e familiare autenticamente cristiana.

Vi aiutino i grandi Santi, che abbiamo ricordati e che ricorderemo in questi giorni: Sant’Ignazio di Loyola, Sant’Alfonso Maria de Liguori, San Giovanni Maria Vianney, San Domenico di Guzman; e vi ispiri la devozione a Maria Santissima.

A tutti imparto di gran cuore la mia speciale Benedizione!



Mercoledì, 9 agosto 1989

9889

1. La discesa dello Spirito Santo nel giorno della Pentecoste è il compimento definitivo del mistero pasquale di Gesù Cristo e realizzazione piena degli annunci dell’antico testamento, specialmente quelli dei profeti Geremia e Ezechiele, circa una nuova, futura alleanza che Dio avrebbe stabilito con l’uomo in Cristo e una “effusione” dello Spirito di Dio “sopra ogni uomo” (
Jl 3,1): ma essa ha anche il significato di una nuova iscrizione della legge di Dio “nel profondo” dell’“essere” umano, o come dice il profeta, nel “cuore” (cf. Jr 31,33). Si ha così una “nuova legge”, o “legge dello Spirito”, che dobbiamo ora considerare per una più completa conoscenza del mistero del paraclito.

2. Abbiamo già messo in rilievo il fatto che l’antica alleanza tra Dio-Signore e il popolo d’Israele, costituita per mezzo della teofania del Sinai, era basata sulla legge. Al suo centro si trova il decalogo. Il Signore esorta il suo popolo all’osservanza dei comandamenti: “Se vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa” (Ex 19,5-6).

Poiché quell’alleanza non fa custodita fedelmente, Dio, per il tramite dei profeti, annunzia che costituirà una alleanza nuova: “Questa sarà l’alleanza che io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni. Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore”. Queste parole di Geremia, già riportate nella precedente catechesi, sono legate alla promessa: “Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo” (Jr 31,33).

3. Dunque la nuova (futura) alleanza annunciata dai profeti si doveva stabilire per mezzo di un cambiamento radicale del rapporto dell’uomo con la legge di Dio. Invece di essere una regola esterna, scritta su tavole di pietra, la legge doveva diventare, grazie all’azione dello Spirito Santo sul cuore dell’uomo, un orientamento interno, costituito “nel profondo dell’essere umano”.

Questa legge si riassume, secondo il Vangelo, nel comandamento dell’amore di Dio e del prossimo. Quando Gesù afferma che “da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti” (Mt 22,40), fa capire che essi erano contenuti già nell’antico testamento (cf. Dt 6,5 Lv 19,18). L’amore di Dio è il comandamento “più grande e primo”; l’amore del prossimo è “il secondo e simile al primo” (cf. Mt 22,37-39), ed è anche condizione per l’osservanza del primo: “perché chi ama il suo simile ha adempiuto la legge”, come scriverà san Paolo (Rm 13,8).

4. Il comandamento dell’amore di Dio e del prossimo, essenza della nuova legge istituita da Cristo con l’insegnamento e l’esempio (fino a dare “la vita per i propri amici” [cf. Jn 15,13]), viene “scritto” nei cuori dallo Spirito Santo. Per questo diventa la “legge dello Spirito”.

Come scrive l’Apostolo ai Corinzi: “È noto infatti che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori” (2Co 3,3). La legge dello Spirito è dunque l’imperativo interiore dell’uomo, nel quale agisce lo Spirito Santo che diventa così maestro e guida dell’uomo dall’intimo del cuore.

5. Una legge così intesa è ben lontana da ogni forma di costrizione esterna dalla quale l’uomo sia soggiogato nei propri atti. La legge del Vangelo, contenuta nella Parola e confermata dalla vita e dalla morte di Cristo, consiste in una Rivelazione divina, che include la pienezza della verità sul bene delle azioni umane, e nello stesso tempo risana e perfeziona la libertà interiore dell’uomo, come scrive san Paolo: “La legge dello Spirito che dà vita in Cristo Gesù ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte” (Rm 8,2). Secondo l’Apostolo, lo Spirito Santo che “dà vita”, perché per suo mezzo lo spirito dell’uomo partecipa alla vita di Dio, diventa allo stesso tempo il nuovo principio e la nuova fonte dell’agire dell’uomo: “perché la giustizia della legge si adempisse in noi, che non camminiamo secondo la carne ma secondo lo Spirito” (Rm 8,4).

In questo insegnamento san Paolo avrebbe potuto appellarsi a Gesù stesso, che nel discorso della montagna avvertiva: “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento” (Mt 5,17). Proprio un tale compimento, che Gesù Cristo ha dato alla legge di Dio con la sua Parola e col suo esempio, costituisce il modello del “camminare secondo lo Spirito”. In questo senso nei credenti in Cristo, partecipi del suo Spirito, esiste ed opera la “Legge dello Spirito”, da questo scritta “sulla carne dei cuori”.

6. Tutta la vita della Chiesa primitiva, come ci appare dagli Atti degli Apostoli, è una manifestazione della verità enunciata da san Paolo, secondo il quale “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5). Pur tra i limiti e i difetti degli uomini che la compongono, la comunità di Gerusalemme partecipa alla nuova vita che “viene data dallo Spirito”, vive dell’amore di Dio. Anche noi riceviamo questa vita in dono dallo Spirito Santo, il quale ci infonde l’amore - amore di Dio e del prossimo - contenuto essenziale del comandamento più grande. Così la nuova legge, impressa nei cuori degli uomini dall’amore come dono dello Spirito Santo, è in essi legge dello Spirito. Ed essa è la legge che libera, come scrive san Paolo: “La legge dello Spirito che dà vita in Cristo Gesù ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte” (Rm 8,2).

7. Per questo la Pentecoste, in quanto è “l’effusione nei nostri cuori” dell’amore di Dio (cf. Rm 5,5), segna l’inizio di una nuova morale umana, radicata nella “legge dello Spirito”. Questa morale è qualcosa di più della sola osservanza della legge dettata dalla ragione o dalla stessa Rivelazione. Essa deriva da una profondità maggiore e al tempo stesso giunge ad una profondità maggiore. Deriva dallo Spirito Santo e fa vivere di un amore che viene da Dio e che diventa realtà dell’esistenza umana per mezzo dello Spirito Santo “riversato nei nostri cuori”.

L’apostolo Paolo fu il più alto banditore di questa morale superiore, radicata nella “verità dello Spirito”. Lui che era stato uno zelante fariseo, buon conoscitore, meticoloso osservante e fanatico difensore della “lettera” dell’antica legge, diventato più tardi apostolo di Cristo, potrà scrivere di sé: “Dio . . . ci ha resi ministri adatti di una Nuova Alleanza, non della lettera ma dello Spirito, perché la lettera uccide, lo Spirito dà vita” (2Co 3,6).

Ai pellegrini di espressione linguistica francese



Ai fedeli di lingua inglese

Ai fedeli giapponesi

ESATTAMENTE 44 ANNI FA, la infausta bomba atomica scoppiava sulla città di Nagasaki causando la morte di tanti giapponesi.

E 6 giorni dopo, proprio nella ricorrenza della festa della B.M.V. Assunta in cielo, si concludeva per il Giappone la disastrosa guerra.

Non dimentichiamo mai quel sacrificio e il suo insegnamento; e preghiamo la Regina del cielo e della terra per la pace del mondo.

Con questo auspicio vi benedico di cuore.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai pellegrini di espressione tedesca

Ai numerosi pellegrini di lingua spagnola

Ai fedeli di lingua portoghese

Ai fedeli ungheresi

SONO PRESENTI all’udienza odierna due gruppi ungheresi: cento pellegrini di Koszeg (Köseg), diocesi di Szombathely (Sombathely), e cinquanta ragazzi della scuola media dei Padri Scolopi di Budapest, i quali sono arrivati in bicicletta.

Ai pellegrini polacchi


Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Mi è gradito rivolgere il mio saluto cordiale ai giovani, ai malati e agli sposi novelli, che partecipano a questa Udienza.

Carissimi, domani celebreremo la festa del santo Martire Lorenzo, la cui memoria è venerata in modo speciale nella sua vetusta Basilica al Campo Verano. Vi invito ad imitare l’amore a Dio e la pietà verso il prossimo, soprattutto quello più povero e sofferente, che caratterizzò l’esistenza di questo Santo diacono della Chiesa di Roma. Per lui il martirio fu la conseguenza della sua fedeltà al Redentore e dell’autenticità della sua missione.

Anche voi, giovani, come il giovane Lorenzo, siete chiamati ad essere testimoni di Cristo: rispondetegli crescendo nella consapevolezza di ciò che Egli è per voi e di ciò che voi siete per lui: fratelli per i quali non ha esitato a donare la vita.

Voi, malati, guardate alla fortezza d’animo che Lorenzo ebbe nell’affrontare il martirio e prendete da Lui coraggio nei momenti difficili della vostra vita.

Voi, sposi novelli, siate testimoni della carità divina; nel costruire il vostro nucleo familiare abbiate sempre la costanza e la fermezza d’animo che caratterizzarono il Santo diacono, per vivere il vostro matrimonio nella fedeltà e nella gioia cristiana.

Saluto, infine, le Superiore dell’Istituto delle Figlie della Carità Canossiane, giunte a Roma per un Seminario internazionale di Formazione Permanente, e le Religiose delle Figlie di Nostra Signora del Sacro Cuore, convenute a Roma per il Capitolo Generale.

Care sorelle, vi auguro che la vita consacrata, a cui avete aderito, accresca in voi e favorisca nelle vostre Congregazioni una piena donazione a Cristo, così che la sua volontà sia sempre la legge del vostro vivere e del vostro operare per la sua Chiesa.

Con la mia affettuosa Benedizione.






Catechesi 79-2005 12789