Catechesi 79-2005 13989

Mercoledì, 13 settembre 1989

13989
Castel Gandolfo -


1. La promessa di Gesù “. . . sarete battezzati in Spirito Santo fra non molti giorni” (
Ac 1,5), significa che vi è un particolare legame tra lo Spirito Santo e il Battesimo. Lo abbiamo visto nella precedente catechesi, nella quale, partendo dal battesimo di penitenza, che Giovanni impartiva sul Giordano annunziando la venuta di Cristo ci siamo avvicinati a colui che battezzerà “in Spirito Santo e fuoco”. Ci siamo avvicinati anche a quell’unico battesimo, con cui doveva essere battezzato egli stesso (cf. Mc 10,38): il sacrificio della Croce, offerto da Cristo “con uno Spirito eterno” (He 9,14), così da divenire “l’ultimo Adamo” e, come tale, “spirito datore di vita”, secondo quanto afferma san Paolo (cf. 1Co 15,45). Sappiamo che Cristo, “diede” agli apostoli lo Spirito che dà la vita nel giorno della sua Risurrezione (cf. Jn 20,22) e, in seguito, nella solennità della Pentecoste, quando tutti furono “battezzati con lo Spirito Santo” (cf. Ac 2,4).

2. Tra il sacrificio pasquale di Cristo e il dono dello Spirito c’è, dunque, un rapporto oggettivo. Poiché l’Eucaristia rinnova misticamente il sacrificio redentore di Cristo, è facile, per altro, intendere l’intrinseco legame che vi è tra questo sacramento e il dono dello Spirito: formando la Chiesa mediante la propria venuta il giorno della Pentecoste, lo Spirito Santo la costituisce in riferimento oggettivo all’Eucaristia e la orienta verso l’Eucaristia. Gesù aveva detto in una sua parabola: “Il regno dei cieli è simile a un re, che fece un banchetto di nozze per suo figlio” (Mt 22,2). L’Eucaristia costituisce l’anticipazione sacramentale e in certo senso una “pregustazione” di quel banchetto regale, che l’Apocalisse chiama il “banchetto dell’Agnello” (cf. Ap 19,9). Lo sposo che è al centro di quella festa di nozze, e della sua prefigurazione e anticipazione eucaristica, è l’Agnello che “toglie i peccati del mondo”, il redentore.

3. Nella Chiesa che nasce dal battesimo nella Pentecoste, quando gli apostoli, ed insieme ad essi gli altri discepoli confessori di Cristo, vengono “battezzati in Spirito”, l’Eucaristia è e rimane sino alla fine dei tempi il sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo.

In essa è presente “il sangue di Cristo, il quale con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio” (He 9,14); il sangue “versato per molti” (Mc 14,24) “in remissione dei peccati” (Mt 26,28); il sangue che “purifica le coscienze dalle opere morte” (cf. He 9,14); il “sangue dell’alleanza” (Mt 26,28). Gesù stesso, nell’istituire l’Eucaristia, dichiara: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue” (Lc 22,20 cf. 1Co 11,25), e raccomanda agli apostoli: “Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19).

Nell’Eucaristia - ogni volta - si rinnova (cioè si realizza nuovamente) il sacrificio del corpo e del sangue, offerto da Cristo una volta sola al Padre sulla Croce per la Redenzione del mondo. È detto nell’enciclica Dominum et Vivificantem che “nel sacrificio del Figlio dell’uomo lo Spirito Santo è presente ed agisce . . . Lo stesso Cristo nella propria umanità si è aperto totalmente a questa azione . . . che dalla sofferenza fa emergere l’eterno amore salvifico” (Dominum et Vivificantem DEV 40).

4. L’Eucaristia è il sacramento di questo amore redentore, strettamente congiunto alla presenza dello Spirito Santo e alla sua azione. Come non ripensare, a questo punto, alle parole pronunciate da Gesù quando, nella sinagoga di Cafarnao, dopo la moltiplicazione del pane (cf. Jn 6,27), proclamava la necessità di nutrirsi della sua carne e del suo sangue? A molti di coloro che lo ascoltavano il suo discorso “sul mangiare il suo corpo e bere il suo sangue” (cf. Jn 6,53) sembrò “duro” (Jn 6,60). Intuendo questa difficoltà Gesù disse loro: “Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima?” (Jn 6,61-62). Era una esplicita allusione alla futura Ascensione al cielo. E proprio in quel momento aggiunse un riferimento allo Spirito Santo, che solo dopo l’Ascensione avrebbe acquistato pienezza di senso. Egli disse: “È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho detto sono spirito e vita” (Jn 6,63).

Gli ascoltatori di Gesù intesero in modo “materiale” quel primo annuncio eucaristico. Il Maestro volle subito precisare che il loro contenuto poteva essere chiarito e capito soltanto per opera dello “Spirito che dà la vita”. Nell’Eucaristia Cristo ci dà il suo Corpo e il suo Sangue in cibo e bevanda, sotto le specie del pane e del vino, come durante il banchetto pasquale dell’ultima Cena. Soltanto in virtù dello Spirito che dà la vita, il cibo e la bevanda eucaristica possono operare in noi la “comunione”, cioè la unione salvifica con il Cristo crocifisso e glorificato.

5. C’è un fatto significativo, legato all’evento della Pentecoste: sin dai primi tempi dopo la discesa dello Spirito Santo gli apostoli e i loro seguaci, convertiti e battezzati, “erano assidui nella frazione del pane e nelle preghiere” (Ac 2,42), come se lo stesso Spirito Santo li avesse orientati all’Eucaristia.

Ho rilevato nell’enciclica Dominum et Vivificantem che, “guidata dallo Spirito Santo, la Chiesa sin dall’inizio espresse e confermò se stessa mediante l’Eucaristia” (Dominum et Vivificantem DEV 62).

La Chiesa primitiva era una comunità fondata sull’insegnamento degli apostoli (Ac 2,42), e tutta animata di Spirito Santo, il quale infondeva luce ai credenti perché comprendessero la Parola, e li congregava nella carità intorno all’Eucaristia. Così la Chiesa cresceva a si propagava in una moltitudine di credenti, che “aveva un cuore solo e un’anima sola” (Ac 4,32).

6. Sempre nell’enciclica citata leggiamo che “mediante l’Eucaristia le persone e le comunità, sotto l’azione del Paraclito consolatore, imparano costantemente a scoprire il senso divino della vita umana” (Dominum et Vivificantem DEV 62). Esse cioè scoprono il valore della vita interiore, realizzando in sé l’immagine di Dio Trinità, che sempre ci è presentata nei libri del nuovo testamento e specialmente nelle lettere di san Paolo, come l’alfa e l’omega della nostra vita: ossia il principio, secondo il quale l’uomo viene creato e modellato, e il fine ultimo a cui egli è ordinato e condotto secondo il disegno e la volontà del Padre, riflessi nel Figlio-Verbo e nello Spirito-Amore. È una bella e profonda interpretazione che la tradizione patristica, riassunta e formulata in termini teologici da san Tommaso (cf. Summa Theologiae, I 93,8), ha dato di un principio-chiave della spiritualità e della antropologia cristiana, così espresso nella lettera agli Efesini: “Io piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome, perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito nell’uomo interiore. Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio” (Ep 3,14-19).

7. È Cristo che ci dà questa pienezza divina (cf. Col 2,9 s.) mediante l’azione dello Spirito Santo. Così, ricolmi di vita divina, i cristiani entrano e vivono nella pienezza del Cristo totale, che è la Chiesa, e attraverso la Chiesa nel nuovo universo che man mano si costruisce (cf. Ep 1,23 Ep 4,12-13 Col 2,10). Al centro della Chiesa e del nuovo universo vi è l’Eucaristia, dove è presente il Cristo operante negli uomini e nel mondo intero mediante lo Spirito Santo.



Ai fedeli di lingua tedesca

Ai connazionali polacchi

Ai numerosi fedeli francesi

Ai pellegrini di lingua inglese

Ai pellegrini provenienti dal Giappone

Sia lodato Gesù Cristo!

DILETTISSIMI VISITATORI provenienti da ogni parte del Giappone, vi auguro che la vostra visita in Europa e a Roma si compia come un pellegrinaggio spirituale o come un aggiornamento culturale che porti molto frutto per ciascuno di voi e per il vostro paese.

Con questo augurio vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai numerosi fedeli di lingua spagnola

Ai fedeli di lingua portoghese

Ai vari gruppi italiani

Rivolgo ora il mio saluto ai numerosi pellegrini di lingua italiana, ed anzitutto ai fedeli della Diocesi di Tursi-Lagonegro, accompagnati dal loro Vescovo, Monsignor Rocco Talucci, e qui convenuti per concludere il loro convegno diocesano sul tema “Nella sete di Dio la speranza e il futuro dell’uomo”. Esprimo il mio compiacimento per il corso di studio che ha impegnato la diocesi sulla considerazione del mistero liturgico e, segnatamente, sul significato salvifico dell’evento pasquale nella luce degli insegnamenti del Concilio Vaticano II. Auspico che dal convegno scaturisca un fervido impegno per le attività pastorali, e benedico tutta la Diocesi.
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Saluto poi il gruppo dei ragazzi della Scuola di Musica del “Suzuki Talent Center d’Italia”. Ad essi ed ai loro insegnanti l’augurio che il loro amore per la musica prosegua felicemente ad elevazione dell’animo (mentre ringrazio vivamente per la singolare esecuzione musicale offerta nel corso di questa Udienza).
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Rivolgo quindi un pensiero alle numerose suore che hanno partecipato al Corso di formazione per assistenti educatrici, organizzato dalla Federazione Italiana delle Religiose nell’Assistenza Sociale. Ad esse esprimo fervidi auguri per il ministero che le attende, con l’invito a svolgere ogni servizio nello spirito della carità cristiana.
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Desidero salutare, infine, i pellegrini della chiesa di S. Spirito e della Confraternita dell’Addolorata di Sora. Saluto il Vescovo Monsignor Lorenzo Chiarinelli ed il Sindaco della città. Sono ben felice di imporre sul capo dell’immagine dell’Addolorata che essi venerano nella loro chiesa la corona d’oro, e affido alla protezione della Vergine tutta la Comunità.

A tutti la mia Benedizione Apostolica.




Mercoledì, 20 settembre 1989

20989
Castel Gandolfo -

1. Nel decreto conciliare Ad Gentes, sull’attività missionaria della Chiesa, troviamo ben collegati l’evento della Pentecoste e l’avvio della Chiesa nella storia: “Fu nel giorno della Pentecoste che esso (lo Spirito Santo) si effuse sui discepoli... Fu dalla Pentecoste... che cominciarono gli «atti degli Apostoli»” (Ad Gentes
AGD 4). Se dunque, fin dal momento della sua nascita, uscendo nel mondo il giorno di Pentecoste, la Chiesa si è manifestata come “missionaria”, ciò è avvenuto per opera dello Spirito Santo. E possiamo subito aggiungere che la Chiesa rimane sempre tale: essa permane “in stato di missione” (in statu missionis). La “missionarietà” appartiene alla sua stessa essenza, è una proprietà costitutiva della Chiesa di Cristo, perché lo Spirito Santo l’ha fatta “missionaria” fin dal momento della sua nascita.

2. L’analisi del testo degli Atti degli Apostoli, che narra il fatto della Pentecoste (Ac 2,1-13), ci permette di cogliere la verità di questa asserzione conciliare, appartenente al comune patrimonio della Chiesa.

Sappiamo che gli apostoli e gli altri discepoli riuniti con Maria nel Cenacolo, udito “un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo...”, videro scendere su di sé delle “lingue come di fuoco” (cf. Ac 2,2-3). Nella tradizione ebraica il fuoco era segno di una speciale manifestazione di Dio che parlava per l’istruzione, la guida e la salvezza del suo popolo. La memoria della esperienza meravigliosa del Sinai era viva nell’anima di Israele e lo disponeva a capire il significato delle nuove comunicazioni contenute sotto quel simbolismo, come ci risulta anche dal talmud di Gerusalemme (cf. Hag 2,77 b, 32; cf. etiam il “Midrash Rabbah” 5, 9 cum Ex 4,27). La stessa tradizione ebraica aveva preparato gli apostoli a comprendere che le “lingue” significavano la missione di annunzio, di testimonianza, di predicazione, della quale Gesù stesso li aveva incaricati, mentre il “fuoco” era in rapporto non solo con la legge di Dio, che Gesù aveva confermato e completato, ma anzi con lui stesso, con la sua persona e la sua vita, con la sua morte e la sua Risurrezione, giacché egli era la nuova torah da proporre nel mondo. E sotto l’azione dello Spirito Santo, le “lingue di fuoco” divennero parola sulle labbra degli apostoli: “Furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi” (Ac 2,4).

3. Già nella storia dell’antico testamento si erano avute manifestazioni analoghe, nelle quali veniva dato lo spirito del Signore in ordine ad un parlare profetico (cf. Mi 3,8 Is 61,1 Za 7,12 Ne 9,30). Isaia aveva anzi veduto un serafino che gli si avvicinava tenendo in mano “un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare”, e con esso gli toccava le labbra per mondarlo da ogni iniquità, prima che il Signore gli affidasse la missione di parlare al suo popolo (cf. Is 6,6-9 ss.). Gli apostoli conoscevano questo simbolismo tradizionale ed erano perciò capaci di afferrare il senso di ciò che avveniva in loro in quella Pentecoste, come attesta Pietro nel suo primo discorso, collegando il dono delle lingue alla profezia di Gioele circa la futura effusione dello Spirito divino, che doveva abilitare i discepoli a profetare (Ac 2,17 ss; cf. Jl 3,1-5).

4. Con la “lingua di fuoco” (Ac 2,3), ciascun apostolo ricevette il dono multiforme dello Spirito, come i servi della parabola evangelica avevano tutti ricevuto un certo numero di talenti da far fruttificare (cf. Mt 25,14 ss.): e quella “lingua” era un segno della coscienza che gli apostoli avevano e tenevano viva circa l’impegno missionario a cui erano votati e chiamati. Infatti, non appena furono e si sentirono “pieni di Spirito Santo, cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi”. Il loro potere veniva dallo Spirito, ed essi ne eseguivano la consegna sotto la spinta interiore impressa dall’Alto.

5. Ciò avvenne nel Cenacolo, ma ben presto l’annuncio missionario e la glossolalia o dono delle lingue oltrepassarono le pareti di quell’abitazione. Ed ecco verificarsi un duplice fatto straordinario, descritto dagli Atti degli Apostoli. Prima di tutto, la glossolalia, che esprimeva parole appartenenti a una molteplicità di lingue e impiegate per cantare le lodi di Dio (cf. Ac 2,11). La folla richiamata dal fragore e sbigottita per quel fatto, era composta, sì, di “Giudei osservanti” che si trovavano a Gerusalemme per la festa: ma essi appartenevano a “ogni nazione che è sotto il cielo” (Ac 2,5) e parlavano le lingue dei popoli nei quali si erano integrati sotto l’aspetto civile e amministrativo, anche se etnicamente erano rimasti Giudei. Ora quella folla, radunata intorno agli apostoli, “rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: «Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa?»” (Ac 2,6-8). A questo punto Luca non esita a delineare una sorta di mappa del mondo mediterraneo da cui provenivano quei “Giudei osservanti”, quasi per opporre quella ecumene dei convertiti a Cristo, alla Babele delle lingue e dei popoli descritta dalla Genesi (Gn 11,1-9), senza omettere di nominare accanto agli altri, gli “stranieri di Roma”: “Parti, Medi, Elamiti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia (Minore), della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, stranieri di Roma, Ebrei e proseliti, Cretesi e Arabi” (Ac 2,9-11). A tutti costoro Luca, quasi rivivendo il fatto avvenuto nella prima Tradizione cristiana, mette in bocca le parole: “Li udiamo (gli apostoli, Galilei di origine) annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio” (Ac 2,11).

6. L’evento di quel giorno fu certamente misterioso, ma anche molto significativo. In esso possiamo scoprire un segno della universalità del cristianesimo e della “missionarietà” della Chiesa: l’agiografo ce la presenta, ben consapevole che il messaggio è destinato agli uomini di “ogni nazione” e che, inoltre, è lo Spirito Santo che interviene per far sì che ciascuno capisca almeno qualcosa nella propria lingua: “Li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa” (Ac 2,8). Oggi parleremmo di un adattamento alle condizioni linguistiche e culturali di ciascuno. Si può quindi vedere in tutto ciò una prima forma di “inculturazione”, avvenuta per opera dello Spirito Santo.

7. L’altro fatto straordinario è il coraggio con cui Pietro e gli altri undici si “levano in piedi” e prendono la parola per spiegare il significato messianico e pneumatologico di quanto sta avvenendo sotto gli occhi di quella folla sbigottita (Ac 2,14 ss.). Ma su questo fatto ritorneremo a suo tempo. Qui è bene fare un’ultima riflessione sulla contrapposizione (una storia di analogia “ex contrariis”) tra ciò che avviene nella Pentecoste e ciò che leggiamo nel libro della Genesi sul tema della torre di Babele (cf. Gn 11,1-9). Là siamo testimoni della “dispersione” delle lingue, e perciò anche degli uomini che, parlando in diverse lingue, non riescono più a comprendersi. Nell’evento della Pentecoste, invece, sotto l’azione dello Spirito, che è Spirito di verità (cf. Jn 15,26), la diversità delle lingue non impedisce più di intendere ciò che si proclama in nome e a lode di Dio. Si ha così un rapporto di unione inter-umana, che va oltre i confini delle lingue e delle culture, prodotta nel mondo dallo Spirito Santo.

8. È un primo adempimento delle parole rivolte da Cristo agli apostoli nel salire al Padre: “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (Ac 1,8).

“Ed è ancora lo Spirito Santo – commenta il Concilio Vaticano II – che in tutti i tempi “dà l’unità intima e ministeriale della Chiesa, e la fornisce dei diversi doni gerarchici e carismatici” (Lumen Gentium LG 4), vivificando – come loro anima – le istituzioni ecclesiastiche ed infondendo nel cuore dei fedeli quello spirito per la propria missione, da cui era stato spinto Gesù stesso” (Ad Gentes AGD 4). Da Cristo, agli apostoli, alla Chiesa, al mondo intero: sotto l’azione dello Spirito Santo può e deve svolgersi il processo della unificazione universale nella verità e nell’amore.

Ai gruppi di lingua tedesca

Ai pellegrini di lingua francese

Ai visitatori di lingua inglese


A un gruppo di pellegrini giapponesi

Sia lodato Gesù Cristo!

DILETTISSIMI PELLEGRINI provenienti da varie parti del Giappone: il vostro pellegrinaggio a Roma, ad Assisi e in altre località arricchisca la vostra vita cristiana, così come l’esperienza terrena della Madonna ha contribuito alla crescita della vita di Gesù.

Con questo augurio vi benedico di cuore ed estendo la mia benedizione ai vostri cari.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai numerosi visitatori di lingua spagnola

Ai fedeli di lingua portoghese

Ai gruppi di pellegrini ungheresi

VORREI SALUTARE in ungherese i pellegrini ungheresi provenienti V dalle parrocchie di Dombóvár e di Miskolc.

Ai fedeli polacchi

Ai diversi gruppi di lingua italiana

Rivolgo poi il mio saluto cordiale, a voi, religiose delle Congregazioni delle Suore della Provvidenza, delle Figlie di S. Maria della Provvidenza e delle Suore Mercedarie. Mentre porgo a ciascuna di voi il mio benvenuto, vi affido alla Madre del Redentore perché guidi la vostra fede, consolidi la vostra carità, sostenga la vostra piena donazione a Cristo e la vostra sollecita dedizione al prossimo.
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Giunga poi la mia parola di saluto a voi, pellegrini della parrocchia di Santa Maria delle Grazie di Barile, in provincia di Potenza. Saluto pure le Autorità, che vi accompagnano, ed a tutti voi, cari fratelli e sorelle, auguro che la vita cristiana della vostra Comunità e della vostra Regione Lucana sia feconda di copiose opere di bene.
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Vi rivolgo poi, la mia parola a voi, giovani che provenite da vari Paesi in via di sviluppo e state frequentando i corsi del centro Elis. Carissimi, se unirete le conoscenze, che qui state acquistando, alla consapevolezza della dignità della persona umana, tornerete in Patria capaci di una autentico servizio alla Chiesa ed ai fratelli.
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Saluto infine, i dipendenti militari e civili dell’Accademia Navale di Livorno, città ben presente nel mio ricordo anche per la visita che ebbi la gioia di compiervi anni or sono, e formo per voi come per le vostre famiglie ogni buon augurio di progresso religioso e morale che è sicuro fondamento di una civile convivenza.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Con particolare affetto saluto pure i giovani, i malati e gli sposi novelli, che partecipano a questa Udienza.

Nel manifestarvi, cari fratelli e sorelle, la mia letizia per la vostra presenza, desidero invitarvi a contemplare l’Umanità del Redentore, il quale, ponendosi sul cammino di ciascuno di voi, vi manifesta ciò che siete: figli voluti ed amati dal Padre.

Il Cristo è accanto a voi, giovani, e dona novità alla vostra esistenza, cui vi state aprendo, perché, insieme con la sua amicizia, vi offre il senso vero della vita.

Il Salvatore sta sempre vicino a voi, cari malati, e non manca di confortarvi nel vostro dolore, che diventa alla sua luce strumento di redenzione.

Gesù ha posto la sua dimora tra di voi, cari sposi novelli. Egli, che ha assunto il vostro amore nella sua carità divina, sia l’ospite desiderato della vostra casa: la sua luce renderà sicuro il vostro cammino di amore e di fede.

Su tutti scenda la Benedizione del Signore.



Mercoledì, 27 settembre 1989

27989

1. Leggiamo nella costituzione Lumen Gentium del Concilio Vaticano II: “Compiuta l’opera che il Padre aveva affidato al Figlio sulla terra (cf.
Jn 17,4), il giorno di Pentecoste fu inviato lo Spirito Santo per santificare continuamente la Chiesa, e perché i credenti avessero così accesso al Padre per Cristo in un solo Spirito (cf. Ep 2,18). Questi è lo Spirito che dà la vita, è la sorgente di acqua zampillante fino alla vita eterna… (cf. Jn 4,14 Jn 7,38-39). Lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio (cf. 1Co 3,16 1Co 6,19), e in essi prega e rende testimonianza della loro adozione filiale” (cf. Ga 4,6 Rm 8,15-16 et Rm 26) (Lumen Gentium LG 4).

Dunque, la nascita della Chiesa nel giorno di Pentecoste coincide con la manifestazione dello Spirito Santo. Per questo anche le nostre catechesi sul mistero della Chiesa in rapporto con lo Spirito Santo si concentrano intorno alla Pentecoste.

2. L’analisi di questo evento ci ha permesso di constatare e di spiegare - nella precedente catechesi - che la Chiesa, per opera dello Spirito Santo, nasce “missionaria”, e che da allora permane “in statu missionis” in tutte le epoche e in tutti i luoghi della terra.

Il carattere missionario della Chiesa è legato strettamente alla sua universalità. Nello stesso tempo, l’universalità della Chiesa, da una parte, comporta la più solida unità e, dall’altra, una pluralità e una multiformità, cioè una diversificazione, che non ostacolano l’unità, ma le conferiscono invece il carattere di “comunione”. La costituzione Lumen Gentium lo sottolinea in modo particolare quando parla del “dono di unione nello Spirito Santo” (cf. Lumen Gentium LG 13), dono che viene partecipato dalla Chiesa sin dal giorno della sua nascita a Gerusalemme.

3. L’analisi del passo degli Atti degli Apostoli concernente il giorno della Pentecoste permette di affermare che la Chiesa, sin dall’inizio, è nata come Chiesa universale, e non solo come Chiesa particolare, gerosolimitana, alla quale successivamente si sarebbero aggiunte altre Chiese particolari, in altri luoghi. Certo, la Chiesa è nata a Gerusalemme come piccola originaria comunità degli apostoli e dei primi discepoli; ma le circostanze della sua nascita indicavano fin dal primo momento la prospettiva dell’universalità. Una prima circostanza è quel “parlare (degli apostoli) in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi” (cf. Ac 2,4), così che le persone di diverse nazioni, presenti a Gerusalemme, udivano “le grandi opere di Dio” (cf. Ac 2,11), pronunciate nelle loro proprie lingue, anche se coloro che parlavano “erano Galilei” (cf. Ac 2,7). Lo abbiamo già osservato nella catechesi precedente.

4. Anche la circostanza dell’origine galilea degli apostoli ha, nel caso specifico, la propria eloquenza. Infatti, la Galilea era una regione di popolazione eterogenea (cf. 1M 5,14-23), dove gli Ebrei avevano molti contatti con gente di altre nazioni. Anzi, la Galilea veniva designata come “Galilea delle nazioni” (Is 9,1 cit. in Mt 4,15 1M 5,15), e per questo motivo era considerata inferiore, dal punto di vista religioso, alla Giudea, regione degli autentici Giudei.

La Chiesa quindi è nata a Gerusalemme, ma il messaggio della fede non vi è stato proclamato da cittadini di Gerusalemme, bensì da un gruppo di Galilei e, d’altra parte, la loro predicazione non si è rivolta esclusivamente agli abitanti di Gerusalemme, ma ad Ebrei e proseliti di ogni provenienza.

Conseguentemente alla testimonianza degli apostoli, poco dopo la Pentecoste sorgeranno le comunità (cioè le Chiese locali) in diversi luoghi, e naturalmente anche e prima di tutto a Gerusalemme. Ma la Chiesa, che ebbe inizio dalla discesa dello Spirito Santo, non era soltanto gerosolimitana. Già al momento della sua nascita la Chiesa era universale e rivolta verso l’universalità, che si sarebbe manifestata in seguito per mezzo di tutte le Chiese particolari.

5. L’apertura universale della Chiesa venne confermata nel cosiddetto Concilio di Gerusalemme (cf. Ac 15,13-14), del quale leggiamo: “Quando essi (cioè Paolo e Barnaba) ebbero finito di parlare, Giacomo aggiunse: «Fratelli, ascoltatemi. Simone ha riferito come fin da principio Dio ha voluto scegliere tra i pagani un popolo»” (Ac 15,13-14). Si noti dunque: in quel “Concilio” Paolo e Barnaba sono i testimoni della diffusione del Vangelo presso i gentili; Giacomo, che prende la parola, rappresenta autorevolmente la posizione giudeo-cristiana tipica della Chiesa di Gerusalemme (cf. Ga 2,12), di cui diverrà poi il primo responsabile al momento della partenza di Pietro (cf. Ac 15,13 Ac 21,18); Simone, cioè Pietro, è l’araldo dell’universalità della Chiesa, che è aperta ad accogliere nel suo seno tanto i membri del popolo eletto quanto i pagani.

6. Lo Spirito Santo sin dall’inizio vuole l’universalità, cioè la cattolicità, della Chiesa nel contesto di tutte le comunità (cioè le Chiese) locali e particolari. Si attuano così le significative parole pronunciate da Gesù nel colloquio presso il pozzo a Sicar, quando dice alla Samaritana: “Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte (ossia il monte Garizim, nella Samaria), né in Gerusalemme adorerete il Padre . . . Ma è giunto il momento ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori” (Jn 4,21 Jn 4,23).

La venuta dello Spirito Santo il giorno di Pentecoste dà inizio a quella “adorazione del Padre in Spirito e verità”, che non può essere racchiusa in un solo luogo, perché si iscrive nella vocazione dell’uomo a riconoscere e onorare l’unico Dio, che è puro Spirito, e quindi è aperta sulla universalità.

7. Sotto l’azione dello Spirito si inaugura quindi l’universalismo cristiano, che si esprime sin dall’inizio nella moltitudine e diversità delle persone, che partecipano alla prima irradiazione della Pentecoste, e in qualche modo della pluralità delle lingue e delle culture, dei popoli e delle nazioni, che quelle persone rappresentano a Gerusalemme in quella circostanza, e di tutti i gruppi umani e gli strati sociali da cui proverranno i seguaci di Cristo nei secoli. Né per quelli dei primi tempi, né per quelli dei secoli successivi, l’universalità vorrà dire uniformità.

Queste esigenze dell’universalità e della varietà si esprimeranno anche nella essenziale unità interna della Chiesa, mediante la molteplicità e la diversità dei “doni” o carismi, ed anche dei ministeri e delle iniziative. A questo proposito osserviamo subito che, nel giorno di Pentecoste, anche Maria, madre di Cristo, ricevette la conferma della sua missione materna, non solo nei riguardi di Giovanni apostolo, ma di tutti i discepoli del suo Figlio, di tutti i cristiani (cf. Redemptoris Mater RMA 24 Lumen Gentium, 59). E di tutti coloro che, riuniti in quel giorno nel Cenacolo di Gerusalemme - sia uomini che donne -, furono “battezzati in Spirito Santo” (cf. Ac 2,4), si può dire che, in seguito a questo evento fondamentale, furono loro elargiti anche i diversi doni, dei quali avrebbe poi parlato san Paolo: “Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore, vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune” (1Co 12,4-7). “Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi vengono i miracoli, poi i doni di far guarigioni, i doni di assistenza, di governare, delle lingue” (1Co 12,28). Mediante questo ventaglio di carismi e ministeri, fin dai primissimi tempi lo Spirito Santo riuniva, governava e vivificava la Chiesa di Cristo.

8. San Paolo riconosceva e sottolineava il fatto che, per effetto di una tale elargizione di doni da parte dello Spirito Santo ai credenti, si distingue nella chiesa la diversità dei carismi e dei ministeri per l’unità del corpo intero. Come leggiamo nella lettera agli Efesini: “È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato dell’uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo” (Ep 4,11-13).

Raccogliendo le voci degli apostoli e della tradizione cristiana, la costituzione Lumen Gentium sintetizza così il loro insegnamento sull’azione dello Spirito Santo nella Chiesa: lo Spirito Santo “guida la Chiesa per tutta intera la verità (cf. Jn 16,13), la unifica nella comunione e nel ministero, la istruisce e dirige con diversi doni gerarchici e carismatici, la abbellisce dei suoi frutti (cf. Ep 4,11-12 1Co 12,4 Ga 5,22). Con la forza del Vangelo fa ringiovanire la Chiesa, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo. Poiché lo Spirito e la Sposa dicono al Signore Gesù: “Vieni” (cf. Ap 22,17)”.

Ai fedeli di espressione linguistica tedesca

Ai pellegrini di lingua inglese

Ad un gruppo proveniente dal Giappone

Sia lodato Gesù Cristo!

SALUTO IL GRUPPO giapponese di suonatori di arpa, che hanno voluto eseguire per me una musica tanto delicata. Vi ringrazio di cuore e auspico, carissimi, che le melodie che fate uscire dalle vostre arpe favoriscano il sorgere dei sentimenti di armonia e di pace in coloro che vi ascoltano.

Con questo augurio vi benedico di cuore.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai numerosi fedeli di lingua spagnola
Ai fedeli di espressione linguistica portoghese

Ai connazionali polacchi

Ai numerosi gruppi italiani

Saluto anzitutto il folto gruppo degli ex alunni ed amici del Pontificio Collegio Russo, i quali si sono riuniti a Roma per ricordare il 60° anniversario della fondazione dell’Istituto.

Carissimi, so che avete una grande stima ed amore per il popolo russo, per il quale curate trasmissioni nella radio vaticana, come pure edizioni di libri e riviste di contenuto religioso e culturale. Auguro che i vostri gesti ecumenici valgano ad incrementare la comprensione tra cattolici ed ortodossi e rendano più spedito il cammino verso la piena unità di fede per la quale il Signore ha pregato.
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Saluto poi i fedeli della Parrocchia Prepositurale di Asso, in diocesi di Milano, che hanno intrapreso un pellegrinaggio a Roma, per ricordare il Papa Pio XI, nel cinquantesimo anniversario della Sua morte.

Carissimi, quel grande Pontefice, che fu legato “da vincoli di amicizia e sante memorie” alla vostra cittadina, continui a benedire dal Cielo voi e l’intera Comunità di Asso, perché tutti possiate condurre un’esistenza prospera, ispirata agli ideali della fede cristiana.
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Saluto pure i pellegrini della Parrocchia di S. Tommaso Apostolo in Vallemaio, diocesi di Montecassino. Nel dire la mia letizia di vedervi così numerosi, auspico che il vostro celeste Patrono protegga sempre ed assista la vostra comunità parrocchiale.
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Rivolgo pure il mio cordiale saluto alle Religiose appartenenti alla Congregazione delle Piccole Sorelle dei Poveri. Affido volentieri le vostre persone alla Vergine Maria, perché vi ottenga dal Salvatore quelle grazie, che consentano di rispondere alla vocazione di portare la vostra sollecita carità ad ogni persona, che attende aiuto e conforto.
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Giunga il mio affettuoso saluto ai bambini di Lugano e ai loro piccoli amici italiani, che li hanno ricevuti all’aeroporto. Carissimi, Gesù vi è sempre accanto, accogliete la sua amicizia come dono grande e prezioso, e saprete così diffondere attorno a voi la gioia che Egli vi offre.
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La mia parola di benvenuto e cordiale augurio va a voi, abitanti di Marino, che, in occasione della tradizionale Sagra dell’uva, avete voluto partecipare a questa Udienza per ringraziare il Signore di aver reso fruttuoso il vostro lavoro.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Mi è inoltre gradito rivolgere un saluto particolare a tutti i Giovani, ai cari Ammalati, ed alle coppie di Sposi Novelli, che hanno inserito questa visita nell’itinerario del loro viaggio di nozze.

A voi, cari giovani, io dico che i progetti del vostro futuro avranno uno scopo ed un significato se attuati in un gioioso e disinteressato servizio al prossimo.
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Anche voi ammalati rivestite un ruolo importante in questo impegno di servizio, se saprete offrire con perseveranza il tesoro della vostra sofferenza alla Chiesa.
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Agli sposi novelli raccomando la promessa, racchiusa nel “sì” pronunciato davanti all’altare, di una vera carità verso Dio attraverso la preghiera quotidiana, e della carità vicendevole tra loro, fatta di generosa e reciproca donazione.

A tutti imparto la mia Benedizione.




Catechesi 79-2005 13989