Catechesi 79-2005 40490

Mercoledì, 4 aprile 1990

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1. Tutto l’“evento” di Gesù Cristo si spiega mediante l’azione dello Spirito Santo, come si è detto nella catechesi precedente. Per questo, una corretta e approfondita lettura dell’“evento” di Gesù Cristo - e delle sue singole tappe - è per noi la via privilegiata per giungere alla piena conoscenza dello Spirito Santo. La verità sulla terza Persona della santissima Trinità noi la leggiamo soprattutto nella vita del Messia: di colui che è stato “consacrato con lo Spirito” (
Ac 10,38). È una verità particolarmente chiara in alcuni momenti della vita di Cristo, sui quali rifletteremo anche nelle successive catechesi. Il primo di questi momenti è l’incarnazione stessa, cioè l’avvento nel mondo del Verbo di Dio, che nel concepimento assume la natura umana e nasce da Maria per opera dello Spirito Santo: “Conceptus de Spiritu Sancto, natus ex Maria Virgine”, come diciamo nel Simbolo della fede.

2. È il mistero racchiuso nel fatto di cui ci parla il Vangelo nelle due redazioni di Matteo e di Luca, a cui ricorriamo come a fonti sostanzialmente identiche, ma anche complementari. Stando all’ordine cronologico degli eventi narrati si dovrebbe cominciare da Luca; ma per lo scopo della nostra catechesi è opportuno prendere come punto di partenza il testo di Matteo, nel quale si dà la formale spiegazione del concepimento e della nascita di Gesù (forse in relazione alle prime dicerie circolanti negli ambienti giudaici ostili). L’evangelista scrive: “Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa a Giuseppe, prima che andasse a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo” (Mt 1,18). L’evangelista aggiunge che Giuseppe venne istruito su questo fatto da un messo divino: “Ecco che gli apparve in sogno un angelo che gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo»” (Mt 1,20).

L’intenzione di Matteo è, dunque, di asserire in modo inequivocabile l’origine divina di quel fatto, da lui attribuito all’intervento dello Spirito Santo. E questa spiegazione ha fatto testo per le comunità cristiane dei primi secoli, dalle quali provengono sia i Vangeli, sia i Simboli della fede e le definizioni conciliari, sia la tradizione dei Padri.

Il testo di Luca, a sua volta, ci offre una precisazione sul momento e sul modo in cui la maternità verginale di Maria ebbe origine dallo Spirito Santo. Ecco le parole del messaggero, riportate da Luca: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio” (Lc 1,35).

3. Notiamo, intanto, come la semplicità, l’incisività, la stringatezza con le quali Matteo e Luca riferiscono le circostanze concrete dell’incarnazione del Verbo, della quale il prologo del quarto Vangelo offrirà poi un approfondimento teologico, ci facciano scoprire quanto la nostra fede in Cristo sia lontana dall’ambito mitologico a cui viene ridotto il concetto di un Dio che si è fatto uomo in certe interpretazioni religiose anche contemporanee. I testi evangelici, nella loro essenzialità, profumano di verità storica per la loro dipendenza diretta o indiretta da testimoni oculari e soprattutto da Maria, come da fonte principale della narrazione. Ma, nello stesso tempo, essi lasciano trasparire la convinzione degli evangelisti e delle prime comunità cristiane circa la presenza di un mistero, ossia di una verità rivelata, in quel fatto avvenuto “per opera dello Spirito Santo”. Il mistero di un divino intervento nell’incarnazione, come evento reale, letteralmente vero, quantunque non verificabile dall’esperienza umana, se non nel “segno” dell’umanità, della “carne”, come dice Giovanni, un segno offerto agli uomini umili e disponibili all’attrazione di Dio. Come evento storico, e non come mito o come narrazione simbolica, l’incarnazione ci viene presentata dagli evangelisti, dalla letteratura apostolica e post-apostolica e dalla tradizione cristiana. Un evento reale, che nella “pienezza del tempo” attuò quanto anche in taluni miti dell’antichità poteva essere stato presentito come un sogno, o come l’eco di una nostalgia, o forse anche di un presagio circa una comunione perfetta tra l’uomo e Dio. Diciamo senza esitare: l’incarnazione del Verbo e l’intervento dello Spirito Santo, che gli autori dei Vangeli ci presentano come un fatto storico a loro contemporaneo, sono conseguentemente mistero, verità rivelata, oggetto di fede.

4. Si noti la novità e originalità dell’evento anche in relazione alle scritture dell’Antico Testamento, le quali parlavano soltanto della discesa dello Spirito (Santo) sul futuro Messia: “Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo Spirito del Signore” (Is 11,1-2); oppure: “Lo Spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione” (Is 61,1). Il Vangelo di Luca parla invece della discesa dello Spirito Santo su Maria, quando divenne la Madre del Messia. Di questa novità fa parte anche il fatto che la discesa dello Spirito Santo questa volta riguarda una donna, della quale viene messa in rilievo la particolare partecipazione all’opera messianica della salvezza. Risalta così nello stesso tempo il ruolo della Donna nell’incarnazione e il legame tra la Donna e lo Spirito Santo nell’avvento di Cristo. È una luce accesa anche sul mistero della Donna, che dovrà essere investigato e illustrato sempre di più nella storia per quanto riguarda Maria, ma anche nei suoi riflessi sulla condizione e sulla missione di tutte le donne.

5. Un’altra novità della narrazione evangelica si coglie nel confronto con i racconti delle nascite miracolose tramandati dall’Antico Testamento. Queste nascite avvenivano sulla solita via della procreazione umana, anche se in modo insolito, e nel loro annuncio non si parlava dello Spirito Santo. Per la prima volta, invece, all’annunciazione di Maria a Nazaret, si dice che il concepimento e la nascita del Figlio di Dio come figlio suo avverranno per opera dello Spirito Santo. Si tratta di concepimento e nascita verginale, come indica già il testo di Luca con la domanda di Maria all’angelo: “Come avverrà questo? Non conosco uomo” (Lc 1,34). Con queste parole Maria afferma la propria verginità, e non solo come fatto, ma anche, implicitamente, come proposito.

Si comprende meglio questa intenzione di un dono totale di sé a Dio nella verginità, se si vede in essa un frutto dell’azione dello Spirito Santo in Maria. Ciò si può percepire dal saluto stesso, che l’angelo le rivolge: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te” (Lc 1,28). Anche del vecchio Simeone l’evangelista dirà che “lo Spirito era su di lui, uomo giusto e timorato di Dio che aspettava il conforto di Israele” (Lc 2,25). Ma le parole rivolte a Maria dicono ben di più: affermano che ella è stata “trasformata dalla grazia”, “stabilita nella grazia”. Questa singolare abbondanza di grazia non può essere che il frutto di una prima azione dello Spirito Santo in preparazione al mistero dell’incarnazione. Lo Spirito Santo fa sì che Maria sia perfettamente preparata a diventare la Madre del Figlio di Dio e che, in considerazione di questa divina maternità, essa sia e rimanga vergine. È un’altra componente del mistero dell’incarnazione che traspare dal fatto narrato dai Vangeli.

6. Quanto alla decisione di Maria in favore della verginità, ci rendiamo meglio conto che è dovuta all’azione dello Spirito Santo, se consideriamo che nella tradizione dell’antica alleanza, nella quale ella visse e venne educata, l’aspirazione delle “figlie di Israele”, anche in riferimento al culto e alla legge di Dio, si poneva piuttosto nel senso della maternità, sicché la verginità non era un ideale abbracciato e, anzi, nemmeno apprezzato. Israele era tutto pervaso dal sentimento dell’attesa del Messia, sicché la donna era psicologicamente orientata verso la maternità anche in funzione dell’avvento messianico: la tendenza personale ed etnica saliva così al livello della profezia che permeava la storia d’Israele, popolo in cui l’attesa messianica e la funzione generativa della donna erano strettamente connesse. Il matrimonio rientrava dunque per le “figlie d’Israele” in una prospettiva religiosa.

Ma le vie del Signore erano diverse. Lo Spirito Santo condusse Maria proprio sulla via della verginità, sulla quale essa è all’origine del nuovo ideale di consacrazione totale - anima e corpo, sentimento e volontà, mente e cuore - in seno al popolo di Dio nella nuova alleanza, secondo l’invito di Gesù, “per il regno dei cieli” (Mt 9,12). Di questo nuovo ideale evangelico ho parlato nella lettera apostolica Mulieris dignitatem (MD 20).

7. Maria, Madre del Figlio di Dio fatto uomo, Gesù Cristo, rimane come Vergine l’insostituibile punto di riferimento per l’azione salvifica di Dio. Anche i nostri tempi, che pure sembrano andare in un’altra direzione, non possono offuscare la luce della verginità (il celibato per il regno di Dio) che dallo Spirito Santo è stata inscritta in modo così chiaro nel mistero dell’incarnazione del Verbo. Colui che, “concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine”, deve la sua nascita ed esistenza umana a quella maternità verginale che ha fatto di Maria l’emblema vivente della dignità della donna, la sintesi delle due grandezze, umanamente inconciliabili - appunto la maternità e la verginità - e quasi la tessera della verità dell’incarnazione. Maria è vera madre di Gesù, ma solo Dio è suo padre, per opera dello Spirito Santo.

Ad alcuni gruppi di lingua tedesca

Ai fedeli provenienti dalla Francia

Ai fedeli di espressione inglese

A gruppi di pellegrini provenienti da Tokyo e da Kumamoto

Sia lodato Gesù Cristo! Dilettissimi pellegrini provenienti da Tokyo e da Kumamoto: la solennità della Pasqua è ormai vicina. Prima di assaporare la gioia della risurrezione di Gesù, il cristiano deve sostare con Maria sotto la Croce. Non dimentichiamo mai questa verità. Vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!

Ai fedeli di lingua spagnola

Ai pellegrini di lingua portoghese

Ai connazionali polacchi

Ai gruppi italiani

Rivolgo il mio benvenuto ai fedeli della parrocchia di S. Lucia in Montefiore dell’Aso (Ascoli Piceno), venuti in pellegrinaggio per far benedire la nuova statua della Madonna Addolorata.

Accolgo, pure, con affetto il gruppo dell’Associazione “Il prossimo senza frontiere” di Padova, composto da portatori di handicap e da volontari accompagnatori, i quali intendono tradurre concretamente nelle loro attività sociali lo spirito evangelico del Buon Samaritano.

Saluto particolarmente i partecipanti al 50º Convegno del Comitato Cattolico per le Migrazioni Intraeuropee (CCMIE) sul tema “1992 - Una Europa per l’uomo: una unione originale”. Cari fratelli, l’elaborazione dei principii per una carta europea della mobilità umana - che è lo scopo del vostro incontro - è quanto mai doverosa perché l’Europa non si costituisce da sola né per caso, ma con il contributo effettivo di tutti. La caduta dei muri di divisione, come ho ricordato in altra occasione, deve fornire le pietre per costruire la nuova casa Europea. Ma questo non potrà avvenire se non si pongono a fondamento i valori umani, morali e spirituali che già a suo tempo formarono l’Europa sin dal suo nascere e che ora, dopo i recenti rivolgimenti, vanno ricuperati e rivitalizzati.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Porgo con particolare affetto il mio saluto a voi, Giovani, a voi, Ammalati, ed a voi, Sposi Novelli. Sono certo che il tempo quaresimale, nel favorire un’adeguata preparazione all’imminente celebrazione della Pasqua, vi ha condotto ad una ancor maggiore vicinanza a Cristo e ad una sua più assidua imitazione. Vi esorto a tradurre nella vostra esistenza i profondi sentimenti di Cristo, per testimoniare con lui che il suo amore redentivo reca gioia, luce, pace e produce tanti frutti di bene. Voi giovani, siate intrepidi testimoni di Cristo, Crocifisso e Risorto. Voi malati, trovate conforto nel Signore sofferente, che continua la sua opera di redenzione nella vita di ogni uomo; voi, sposi novelli, scoprite nel mistero pasquale la sorgente inesauribile dell’amore. La Vergine Maria accompagni i vostri passi ed ottenga dal Redentore - per ciascuno di voi - le grazie necessarie per compiere quanto Egli vi chiede, e per restare sempre fedeli al suo disegno di salvezza. Con la mia Benedizione Apostolica.

Al termine dell’udienza generale il Santo Padre riceve i membri del Comitato Cattolico di Collaborazione Culturale presso il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ai quali rivolge il seguente discorso.

Cari amici del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.

Sono felice di darvi il benvenuto in occasione della vostra visita. La vostra presenza mi offre l’opportunità di esprimere la mia gratitudine e quella della Chiesa per l’assistenza che voi date al Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani nell’importante missione di rappresentare la Chiesa cattolica nel dialogo ecumenico con le altre Chiese cristiane e con le comunità ecclesiali, un dialogo e un processo di crescente amicizia che non è meno di un atto d’obbedienza a Cristo stesso, che desiderava che tutti i suoi discepoli fossero una cosa sola (cf. Jn 17,21). Possa questa visita presso la città dove gli apostoli Pietro e Paolo diedero la suprema testimonianza di fedeltà al loro Signore aiutarvi a capire il pieno significato spirituale della vostra opera. Tra pochi giorni celebreremo i grandi misteri della morte e della risurrezione del Signore. Possa questo essere un tempo di gioia e consolazione spirituali per voi e per i vostri cari. Dio vi benedica e vi mantenga nel suo amore!





Mercoledì, 11 aprile 1990

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Carissimi.

1. In questi giorni santi stiamo meditando sugli avvenimenti che hanno condotto Gesù al supplizio della croce. Secondo la narrazione evangelica, già da tempo il Signore aveva annunciato il suo sacrificio, per preparare i discepoli a quella grande prova. Dopo la professione di fede di Simon Pietro presso Cesarea di Filippo, egli aveva rivelato il piano misterioso del Padre: “Il Figlio dell’uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venir ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare” (
Mc 8,31).

L’annuncio era stato così inatteso che Pietro si era rifiutato di accettarlo: egli non riusciva a comprendere il mistero del Messia sofferente: quando aveva espresso la sua fede in Gesù, credeva in un Messia destinato al trionfo e alla gloria.

La protesta di Pietro: “Questo non ti accadrà mai!” (Mt 16,22), si ripete anche oggi da parte di chi vorrebbe che la sofferenza non fosse presente nel destino umano. Gesù fece chiaramente comprendere al suo apostolo che questo modo di pensare non era “secondo Dio, ma secondo gli uomini” (Mt 16,23). Il piano del Padre era chiaro agli occhi di Gesù: la via della sofferenza e della morte era necessaria. E la sofferenza doveva essere non solo fisica, ma anche morale per il rifiuto dei capi religiosi, l’odio del popolo, la fuga dei discepoli.

Gesù spiegò un giorno senza mezzi termini la ragione della sua discesa sulla terra: “Il Figlio dell’uomo è venuto . . . per dare la sua vita in riscatto per molti” (Mc 10,45). La croce perciò . . . non fu un incidente nel percorso seguito da Gesù, ma una realtà consapevolmente voluta per la redenzione degli uomini.

2. Perché questo destino doloroso? Per liberare il mondo dal peccato. Il Padre voleva che il Figlio assumesse il peso delle conseguenze del peccato. Questa decisione ci fa capire la gravità del peccato, che non può essere minimizzato, essendo così rovinose le sue conseguenze. Il peccato, in quanto offesa fatta a Dio, non poteva essere riparato se non da un Uomo-Dio.

Così il Figlio, venuto come Salvatore, ha offerto al Padre l’omaggio perfetto di riparazione e di amore, e ha ottenuto per gli uomini la remissione dei peccati e la comunicazione della vita divina. Questo sacrificio è avvenuto una volta per sempre nella storia umana, e ha valore salvifico per gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi. È il sacrificio che viene rinnovato in ogni Eucaristia; ma domani, soprattutto, lo renderemo nuovamente presente, compiendo ciò che Cristo fece nell’ultima cena.

Nel Salvatore crocifisso contempliamo colui che si è immolato per la nostra salvezza. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Jn 15,13). Questa immolazione è illuminante per tutti noi: ci mostra che l’amore raggiunge il suo vertice attraverso la sofferenza. Siccome Cristo ha voluto associarci alla sua missione redentrice, siamo chiamati anche noi a condividere la sua croce. Le sofferenze, che non mancano nella nostra vita, sono destinate a essere unite all’unico sacrificio di Cristo.

3. Nato dall’amore, questo sacrificio ha una fecondità inesauribile. La sofferenza potrebbe apparire come un ostacolo o come una presenza distruttiva. Il supplizio della croce, che ha messo fine alla vita di Gesù, poteva sembrare il fallimento della sua missione. Invece, in essa, il Salvatore ha portato a compimento questa missione, secondo le sue stesse parole: “In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo, se invece muore, produce molto frutto” (Jn 12,24).

Dal sacrificio sono venuti frutti abbondanti di vita per l’umanità. Un episodio del Calvario, riferito da san Giovanni, ci permette di capirlo meglio: “Uno dei soldati gli colpì il costato con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua”. Il costato aperto di Gesù crocifisso ha attirato lo sguardo contemplativo di molti, come aveva già predetto il profeta Zaccaria: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (Za 12,10). Nel prossimo Venerdì santo volgeremo il nostro sguardo verso il Cuore squarciato di Cristo, segno di un amore definitivamente dato all’umanità. Questo amore è divenuto fonte di quella grazia, che è simboleggiata dal sangue e dall’acqua del costato. Con molti commentatori possiamo riconoscere, nel sangue e nell’acqua, l’inizio dei “fiumi d’acqua viva”, promessi dal Salvatore (Jn 7,37-38).

L’amore fecondo, che si manifesta nel sacrificio, mostra che la croce non è stata per Cristo una disfatta, ma una vittoria. È la vittoria definitiva sulle potenze del male, la vittoria dell’umile amore sull’odio e sulla violenza. È la vittoria del dono completo di sé su tutte le rivendicazioni dell’egoismo e dell’orgoglio. È la vittoria che invita alla fede e alla speranza. “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Jn 12,32).

4. La vittoria si manifesta nella risurrezione. Quando Gesù predice la sua passione e la sua morte, non manca di considerarle nella prospettiva della risurrezione. Non si limita ad annunciare che il Figlio dell’uomo deve soffrire molto e morire; aggiunge che è necessario che il Figlio dell’uomo risusciti il terzo giorno. La risurrezione è inseparabile dalla morte, e dà a questa il suo vero significato. L’itinerario della croce ha come punto d’arrivo il trionfo glorioso. Gesù annuncia ai discepoli che essi avranno parte alla sua passione, ma anche al suo trionfo: “In verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete . . . ma la vostra afflizione si cambierà in gioia” (Jn 16,20).

In questa Settimana santa, partecipando alla passione di Cristo, ricordiamoci che essa si conclude con la risurrezione. L’evento glorioso della Pasqua supera ogni tristezza e ci fa meglio apprezzare il misterioso piano divino, che, associandoci strettamente a Cristo Redentore, fa scaturire per noi, dalla sofferenza, una gioia piena e perfetta.

Ai pellegrini provenienti da paesi di espressione linguistica tedesca

Ai fedeli di espressione francese

Ai numerosi gruppi giovanili di lingua inglese

Ai gruppi giovanili provenienti da paesi di lingua spagnola


Ai fedeli di lingua portoghese

Ai fedeli polacchi


Ai numerosi gruppi di pellegrini italiani

Do il mio benvenuto ai membri dell’Arciconfraternita del Sacro Monte dei Morti di Chieti ed al coro dei musicisti della medesima Associazione, i quali ogni anno, ormai da secoli, accompagnano la processione del Venerdì Santo in quella loro città con il suggestivo canto del “Miserere”, composto da Francesco Saverio Salecchi.

Rivolgo poi il mio saluto ai rappresentanti della Comunità ecclesiale di S. Martino V di Ormea, in diocesi di Mondovì, che celebra quest’anno il V Centenario della consacrazione della Parrocchia, venuti per far benedire le croci, in legno dorato, che saranno poste sui pilastri della Chiesa parrocchiale a ricordo di questo giubileo.

Accolgo pure il gruppo della Comunità Emmaus d’Italia, presente con il complesso folcloristico Saaba del Burkina Faso. Vi incoraggio, fratelli carissimi, a proseguire nel vostro generoso impegno per la promozione di una vera solidarietà nei confronti dei nostri fratelli di quella nazione, che ho visitato recentemente, e dell’intero continente africano.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Rivolgo ora il mio saluto ai Giovani, agli Ammalati e agli Sposi Novelli. Miei cari, in questa Settimana Santa, guardate con intenso amore a Cristo che si dona per la nostra salvezza; guardate a Lui che rinnova tutte le cose con la sua opera redentrice. Nell’Eucaristia, che celebriamo domani, quale segno di unità e di carità, egli raccoglie tutti i credenti come una sola famiglia, chiamata a vivere il mistero pasquale di morte al peccato e di risurrezione alla grazia. Siate membra vive e operose di questa Chiesa di Cristo nella salute e nella malattia, nella gioia e nel dolore. Dimostrate con la vostra vita che la Chiesa è “sorgente inesausta - come ricorda il Concilio - di quelle forze di cui ha assoluto bisogno il mondo moderno”. Dimostratelo con tutte le vostre energie spirituali, di cui il Risorto vi ha arricchiti nel battesimo. A tutti imparto la mia Benedizione augurando una buona e santa Pasqua.



Mercoledì, 18 aprile 1990

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1. Abbiamo già visto che da una corretta e approfondita lettura dell’“evento” dell’incarnazione si rileva, con la verità su Cristo Uomo-Dio anche la verità sullo Spirito Santo. La verità su Cristo e la verità sullo Spirito Santo compongono l’unico mistero dell’incarnazione, quale ci viene rivelato nel Nuovo Testamento e in particolare - come fatto storico e biografico, carico di verità arcana - nella narrazione di Matteo e di Luca sul concepimento e la nascita di Gesù. Lo riconosciamo nella professione di fede in Cristo, eterno Figlio di Dio, quando diciamo che si è fatto uomo mediante il concepimento e la nascita da Maria “per opera dello Spirito Santo”.

Tale mistero traspare dal racconto che l’evangelista Luca dedica all’annunciazione di Maria, come evento attuato nel contesto di una profonda e sublime relazione personale tra Dio e Maria. La narrazione getta luce anche sulla relazione personale, che Dio intende realizzare con ogni uomo.

2. Dio, che è presente in tutti gli esseri come principio e sostegno dell’esistenza secondo la natura di ciascuno, si rende presente “in modo nuovo” in ogni uomo che s’apre e aderisce a lui, accogliendo il dono di grazia per cui può conoscerlo e amarlo soprannaturalmente, come ospite dell’anima diventata suo tempio santo (Summa theologiae,
I 8,3, ad 4; I 38,1 I 43,3). Ma una presenza ancora più alta e perfetta - e anzi unica - Dio attua nell’umanità di Cristo unendola a sé nella persona dell’eterno Verbo-Figlio (Summa theologiae, I 8,3, ad 4; III 2,2). Si può dire che un’unione e una presenza speciale e privilegiata egli attua in Maria nell’incarnazione del Verbo, nel concepimento e nella nascita di Gesù Cristo, di cui lui solo è il padre. È un mistero che traluce quando si considera l’incarnazione nella sua pienezza.

3. Torniamo a riflettere sulla pagina di Luca. Essa descrive e documenta un rapporto personalissimo di Dio con la Vergine, alla quale il suo messaggero comunica la chiamata a essere la Madre del Messia Figlio di Dio per opera dello Spirito Santo. Da una parte Dio si comunica a Maria nella Trinità delle Persone, che un giorno Cristo farà più chiaramente conoscere nella loro unità e distinzione. L’angelo Gabriele, infatti, le annuncia che per volontà e grazia di Dio concepirà e darà alla luce Colui che sarà riconosciuto Figlio di Dio; e ciò avverrà per opera - cioè in virtù - dello Spirito Santo, il quale discendendo su di lei farà sì che diventi la Madre umana di questo Figlio. Il termine “Spirito Santo” risuona nell’anima di Maria come il nome proprio di una Persona: il che è una “novità” in rapporto alla tradizione di Israele e agli scritti dell’Antico Testamento, ed è un anticipo di rivelazione per lei, che viene ammessa a una percezione almeno oscura del mistero trinitario.

4. In particolare lo Spirito Santo, quale è fatto conoscere nelle parole di Luca, riflesso della scoperta che ne fece Maria, appare come Colui che, in un certo senso, “supera la distanza” tra Dio e l’uomo. È la Persona nella quale Dio si avvicina all’uomo nella sua umanità per “donarsi” a lui nella propria divinità, e attuare nell’uomo - in ogni uomo - un nuovo modo di unione e di presenza (Summa theologiae, I 43,3). Maria è privilegiata in questa scoperta in ragione della presenza divina e dell’unione con Dio nella maternità. In vista di tale altissima vocazione, infatti, le è concessa la speciale grazia che l’angelo le riconosce nel suo saluto (cfr. Lc 1,28). E tutto è opera dello Spirito Santo, principio della grazia in ogni uomo.

In Maria lo Spirito Santo discende e opera - cronologicamente parlando - ancor prima dell’incarnazione, cioè fin dal momento della sua immacolata concezione. Ma ciò avviene in ordine a Cristo, suo Figlio, nell’ambito supertemporale del mistero dell’incarnazione. La concezione immacolata costituisce per lei, in anticipo, la partecipazione ai benefici dell’incarnazione e della redenzione, come apice e pienezza del “dono di sé” che Dio fa all’uomo. E ciò si compie per opera dello Spirito Santo. Infatti l’angelo dice a Maria: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio” (Lc 1,35).

5. Nella pagina di Luca, tra altre stupende verità, vi è anche il fatto che Dio attende un atto di consenso da parte della Vergine di Nazaret. Nei libri dell’Antico Testamento che riferiscono nascite in circostanze straordinarie, si tratta di genitori che per la loro età non sono più in grado di generare la prole desiderata. Dal caso di Isacco, nato nell’avanzata vecchiaia di Abramo e di Sara, si arriva alle soglie del Nuovo Testamento con Giovanni Battista, nato da Zaccaria ed Elisabetta, anch’essi in tarda età.

Nell’annunciazione a Maria avviene qualcosa di ben diverso. Maria si è donata completamente a Dio nella verginità. Per diventare la Madre del Figlio di Dio, non ha da far altro che ciò che le è richiesto: dare il consenso a ciò che lo Spirito Santo opererà in lei con la sua potenza divina. Perciò l’incarnazione, opera dello Spirito Santo, include un atto di libera volontà da parte di Maria, essere umano. Un essere umano (Maria) risponde consapevolmente e liberamente all’azione di Dio: accoglie la potenza dello Spirito Santo.

6. Chiedendo a Maria una consapevole e libera risposta, Dio rispetta in lei e porta anzi alla massima espressione la “dignità della causalità” che egli stesso dà a tutti gli esseri e specialmente all’essere umano. E, d’altra parte, quella bella risposta di Maria: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga in me quello che hai detto” (Lc 1,38) è già, essa stessa, un frutto dell’azione dello Spirito Santo in lei: nella sua volontà, nel suo cuore. È una risposta data dalla grazia e nella grazia, che viene dallo Spirito Santo. Ma non per questo cessa di essere l’autentica espressione della sua libertà di creatura umana, un consapevole atto di libera volontà. L’interiore azione dello Spirito Santo mira a far sì che la risposta di Maria - e di ogni essere umano chiamato da Dio - sia proprio quella che deve essere, ed esprima nel modo più completo possibile la maturità personale di una coscienza illuminata e pia, che sa donarsi senza riserva. Questa è la maturità dell’amore. Lo Spirito Santo, donandosi alla volontà umana come Amore (increato), fa sì che nel soggetto nasca e si sviluppi l’amore creato, che, come espressione della volontà umana, costituisce nello stesso tempo la pienezza spirituale della persona. Maria dà questa risposta d’amore in modo perfetto, e diventa perciò il tipo luminoso della relazione personale con Dio in ogni uomo.

7. L’“evento” di Nazaret, descritto da Luca nel Vangelo dell’annunciazione, è dunque una perfetta immagine - e possiamo dire il “modello” - della relazione Dio-uomo. Dio vuole che questa relazione si fondi in ogni uomo sul dono dello Spirito Santo, ma anche su di una personale maturità. Alla soglia della nuova alleanza lo Spirito Santo fa a Maria un dono di immensa grandezza spirituale e ottiene da lei un atto di adesione e di ubbidienza nell’amore, che è esemplare per tutti coloro che sono chiamati alla fede e alla sequela di Cristo, ora che “il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi” (Jn 1,14). Dopo la missione terrena di Gesù e la Pentecoste, in tutta la Chiesa del futuro si ripeterà per ogni uomo la chiamata, il “dono di sé” da parte di Dio, l’azione dello Spirito Santo, che prolungano l’evento di Nazaret, il mistero dell’incarnazione. E sempre bisognerà che la risposta dell’uomo alla vocazione e al dono di Dio si attui con quella maturità personale, che s’illumina al “fiat” della Vergine di Nazaret durante l’annunciazione.

Ai numerosi pellegrini di lingua tedesca

Ai fedeli di lingua francese

Ai fedeli di lingua inglese


Ai fedeli di lingua castigliana

Ai fedeli di lingua portoghese


Ad un gruppo di giapponesi

Sia lodato Gesù Cristo! Dilettissimi pellegrini e membri dell’Ordine Francescano Secolare: rinnovo a voi l’augurio pasquale e vi invito a portare tra la gente, con il messaggio di “Pace e Bene”, la gioia della Risurrezione di Gesù. E con questo augurio imparto a tutti voi la mia Benedizione Apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!

Ai pellegrini polacchi


Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Saluto ora i Giovani, gli Ammalati e gli Sposi Novelli presenti a questa Udienza. Il messaggio che scaturisce dal mistero della Risurrezione sia per voi giovani un impegno di testimonianza: riconoscete che nell’evento di Cristo è annunciata la più profonda verità sull’uomo ed è tracciato il suo destino; sia per voi malati motivo di consolazione, poiché il Risorto assicura del valore redentore della croce, di ogni croce; sia per voi Sposi Novelli un programma per la vostra vocazione coniugale, poiché nella luce della Risurrezione ogni famiglia scopre la gioia e la bellezza di rispettare e di servire la vita, che è dono di Dio. A tutti la mia Benedizione.




Mercoledì, 25 aprile 1990

25490

“Questo è il giorno fatto dal Signore; rallegriamoci ed esultiamo in esso” (
Ps 118,24).

1. La Chiesa esprime la gioia della Pasqua di Cristo durante tutta l’ottava della Risurrezione. La gioia della Risurrezione del Signore è diventata anche il filo conduttore della mia visita a Praga, Velehrad e Bratislava, nei giorni di sabato e domenica in Albis, che chiudono l’ottava pasquale, il “giorno fatto dal Signore”.

La gioia di questa visita papale si può paragonare alla gioia delle donne che andarono al sepolcro al levar del sole, videro il masso che era stato rotolato via e udirono la voce: “Perché cercate il vivo tra i morti? È risorto, non è qui” (Lc 24,5-6).

2. Quando per la prima volta mi è stato dato, come vescovo di Roma, di visitare nel 1979 Gniezno, la culla del cristianesimo nella mia Patria, ho pensato alla vicina terra Ceca da dov’è venuto nel 966 il cristianesimo. I vicini fratelli del sud - i Cechi e gli Slovacchi - in diverse occasioni hanno ricordato questo evento, invitando il Papa a fare la visita nel loro Paese. Però durante questi undici anni la visita non è stata possibile. La pietra del sepolcro chiudeva ermeticamente l’entrata alla Chiesa in Boemia, Moravia e in Slovacchia. Il sistema dell’ateismo politico e della programmata oppressione della Chiesa in Cecoslovacchia era particolarmente impenetrabile. I molteplici sforzi della Santa Sede per assicurare almeno il minimo della libertà religiosa sono stati continuamente respinti. Durante questi quarant’anni si è arrivati al punto che soltanto pochissime sedi vescovili hanno avuto il loro pastore. Si è tentato di sottomettere tutta la vita della Chiesa al programma dello stato marxista. Ma pur in condizioni estremamente difficili la Chiesa, come la comunità dei credenti, ha conservato la sua vitalità e, sotto molti aspetti, si è perfino spiritualmente rigenerata.

Questa rigenerazione è andata insieme con gli sforzi degli ambienti sociali, particolarmente dei rappresentanti della cultura, che a prezzo di grandi sacrifici non si sono stancati di avanzare richieste al potere totalitario. Queste richieste negli ultimi anni si sono incontrate con la voce dell’anziano card. František Tomášek, il quale ha difeso i giusti diritti della Chiesa e della società.

3. La canonizzazione di sant’Agnese di Boemia, il 12 novembre dell’anno scorso, è stata come l’annunzio degli avvenimenti che hanno portato al compimento di tali richieste. Durante le ultime settimane del 1989 hanno avuto luogo i cambiamenti fondamentali nella vita sociale della Cecoslovacchia e il nuovo governo ha preso posizione circa il rispetto dei diritti della persona e della società nello Stato sovrano, che è la Federazione delle nazioni Ceca e Slovacca.

Quando, subito dopo questi cambiamenti, il presidente Václav Havel mi ha rivolto l’invito di fare una visita in Cecoslovacchia, ho sentito in questo invito la voce che da molti anni abbiamo insieme aspettato. L’invito della Chiesa già molte volte espresso dal card. Tomášek e rinnovato nella nuova situazione.

Nel 1985, al compiersi di undici secoli dalla missione apostolica dei santi Cirillo e Metodio, ho potuto visitare la tomba di san Cirillo a Roma, ma non mi è stato possibile di recarmi a Velehrad dove san Metodio ha trovato riposo. Il presente invito ha aperto, dopo molti anni, la via alla visita di quel luogo che rappresenta una delle tappe chiave nella storia del cristianesimo europeo. Esso è l’inizio dell’entrata degli Slavi nella Chiesa e insieme l’inizio di questa parte della cultura europea che era rappresentata dalle nazioni slave.

4. I giorni 21 e 22 aprile - la conclusione dell’ottava pasquale a Praga, a Velehrad e a Bratislava - sono stati segnati in modo particolarmente eloquente dallo spirito religioso del sabato e della domenica in Albis. Desidero ringraziare tutti coloro che sia da parte delle autorità statali, sia evidentemente da parte della Chiesa, hanno contribuito a farci vivere questo giorno “fatto dal Signore” nella terra di Boemia, Moravia e Slovacchia.

Ciascuna di queste tappe ha avuto la propria caratteristica espressione, come anche propria è la storia delle nazioni e della Chiesa presente in questa Nazione da secoli. Al centro si è trovata l’Eucaristia celebrata su tre luoghi chiave. L’Eucaristia è ringraziamento, e il carattere di questa breve visita è stato, nella misura essenziale, quello del ringraziamento. L’Eucaristia è stata celebrata insieme ai vescovi e sacerdoti.

Gran parte di questi vescovi, che soltanto da poco ha potuto installarsi nelle sedi lungamente abbandonate, affronta l’attività apostolica in condizioni a volte difficili. Questa fatica sarà tuttavia ripagata dalla vittoria che è la nostra fede, secondo le parole di san Giovanni apostolo (1Jn 5,4).

Il programma decennale di preparazione al millennio del martirio di sant’Adalberto diventerà certamente il punto di riferimento in questo lavoro, non soltanto per la Chiesa, ma anche per la società. La società infatti ha bisogno nello stesso tempo di un rinnovamento spirituale, che confermi il primato dei valori umani. Si tratta di una vita nella verità, che è l’unica a liberare veramente. Si tratta di un giusto sistema sociale e civico, di una vera democrazia.

Importante è la stessa dimensione ecumenica per questo rinnovamento, su cui mi è stato dato di attirare l’attenzione durante l’incontro con i rappresentanti della cultura e anche con tutte le confessioni cristiane nel Castello reale di Praga. In questo incontro hanno partecipato anche i rappresentanti della gioventù universitaria che negli ultimi avvenimenti hanno avuto un ruolo importante.

5. A Velehrad sono pochi i ricordi dei tempi di Cirillo e Metodio. Fu quella l’epoca dello stato della Grande Moravia, che poco dopo cadde e sulle sue macerie la dinastia di Premislidi prese a costruire il regno di Boemia e il margraviato di Moravia. Tuttavia Velehrad rimane per la storia della Chiesa e dei popoli Slavi il luogo di un grande inizio. Nello stesso tempo questo luogo è importante per la storia dell’Europa cristiana.

È sembrato, questo, il luogo più adatto per l’annunzio della convocazione del Sinodo dei vescovi dell’Europa. Il Sinodo avrà come compito - scrutando i “segni del tempo” che sono veramente eloquenti - di definire le vie sulle quali la Chiesa nel nostro Continente deve camminare in vista degli adempimenti collegati con l’ormai vicino terzo millennio della nascita di Cristo.

Ai pellegrini tedeschi


Ai fedeli polacchi


Ai pellegrini di lingua francese

Ai fedeli di lingua inglese


Ai pellegrini provenienti da Tokyo

Sia lodato Gesù Cristo!

Carissimi pellegrini di Tokyo, il mondo sta cambiando. Offrite il vostro contributo di preghiera e di buona volontà affinché tale cambiamento avvenga nel segno della Pasqua di Gesù e noi tutti possiamo esclamare a gran voce: “ Gaude et laetare, Virgo Maria, alleluia! Quia surrexit Dominus vere, alleluia!”.

Affidandovi tutti alla Madonna, vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai pellegrini di lingua spagnola


Ai fedeli di lingua portoghese

Ai pellegrini italiani

Desidero ora rivolgere un cordiale saluto ai gruppi italiani presenti: ai pellegrini della diocesi di Viterbo ed in particolare a quelli di Montefiascone i quali festeggiano il terzo centenario della fondazione del Seminario Barbarigo, fondato dall’omonimo Cardinale Marco Antonio. Saluto pure i pellegrini delle parrocchie della Cattedrale di Cortona, in diocesi di Arezzo, i quali sono venuti anche per far benedire rispettivamente la statua della Madonna di Lourdes, e quella della Madonna delle Grazie che si venera al Santuario del Calcinaio. Volentieri accolgo il vostro desiderio, assicurando la mia preghiera perché Maria Santissima voglia ottenere a tutti voi l’abbondanza dei doni spirituali del Risorto.

Un affettuoso pensiero ed un caldo benvenuto, va inoltre, alle studentesse ed alle Religiose dell’Istituto Magistrale di Monopoli, ed in particolare un encomio alle due giovani vincitrici del concorso bandito dalla Congregazione delle Suore di Carità dell’Immacolata Concezione di Ivrea in onore della loro Fondatrice, Madre Antonia Maria Verna. Vi auguro, care sorelle, un avvenire di fervoroso impegno cristiano nella fedeltà alla vostra vocazione cristiana ed un generoso servizio alla causa del Vangelo.

Volentieri saluto anche il gruppo della “Scuola Ecclesiastica Superiore di Kvfissia” di Atene. Spero che la vostra visita vi sia utile culturalmente e spiritualmente. In questo periodo pasquale, con l’espressione che è tradizionale in Oriente, vi rivolgo l’augurio gioioso: “Christos anesti”, “Cristo è risorto”.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Saluto ora, come di consueto, i Giovani, gli Ammalati e gli Sposi Novelli.

Voi, ragazzi e ragazze, ancorate la vostra fede al Cristo risorto, il quale, come fece con i discepoli di Emmaus, vi accompagnerà e sosterrà lungo il cammino della vostra vita. Abbiate una grande apertura verso tutti, ma specialmente verso i poveri, gli handicappati e quanti vivono ai margini della società e attendono la luce della risurrezione materiale e spirituale.

Anche voi, cari Ammalati, lasciatevi coinvolgere dal mistero della risurrezione; guardate alle piaghe gloriose del Cristo, che sono il segno e la garanzia della vostra salvezza e di quella dell’intero genere umano. Nei momenti difficili rivolgetevi al Risorto e troverete la forza per superare ogni difficoltà ed ogni affanno.

A voi, Sposi Novelli, auguro che possiate vivere nella piena unità di fede, nell’amore perfetto e nella reciproca dedizione, a cui vi ha abilitati il Sacramento del matrimonio che avete da poco ricevuto.

A tutti imparto la mia Benedizione Apostolica.




Catechesi 79-2005 40490