Catechesi 79-2005 19120

Mercoledì, 19 dicembre 1990

19120

“E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio dicendo: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama!” (
Lc 2,13-14).

1. Carissimi fratelli e sorelle, questa udienza generale si svolge durante la novena in preparazione al Natale, cioè in preparazione alla commemorazione liturgica della nascita di Gesù, il Messia preannunziato dai profeti e atteso dal popolo d’Israele. Ogni anno risuona nei nostri animi il cantico gioioso degli angeli, che annunziano ai pastori lo strepitoso avvenimento, invitandoli a recarsi a Betlemme per vedere il Salvatore, il Cristo Signore, avvolto in fasce e giacente in una mangiatoia (cf. Lc 2,11).

Anche noi ci muoviamo spiritualmente verso Betlemme, camminiamo ansiosi e commossi verso il povero presepe, dove Maria santissima ha deposto il neonato Bambino “perché non c’era posto per loro nell’albergo” (Lc 2,7).

Il Natale è una Festa universale; anche chi non crede percepisce in questa ricorrenza qualcosa di diverso e di trascendente. Il cristiano, però, sa che essa celebra l’avvenimento centrale della storia umana: l’incarnazione del Verbo divino per la redenzione dell’umanità.

L’autore della Lettera agli Ebrei, scrivendo in un tempo ancora relativamente vicino a tale fatto unico e straordinario, annotava (He 1,1-3): “Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo. Questo Figlio . . . è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola . . .”.

Noi sappiamo che quel Bambino umile e povero, nascosto e inerme, è Dio stesso, fattosi uomo per noi. Egli è la luce degli uomini, che splende nelle tenebre, la vita spirituale, che vivifica l’anima e la verità che proietta il suo chiarore sul senso ultimo dell’esistenza. Afferma l’apostolo Giovanni: “La grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo . . . Dio nessuno l’ha mai visto; proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Jn 1,17-18).

2. Dobbiamo meditare attentamente sul perché Gesù si è incarnato: è importante che ciò sia sempre presente al nostro spirito se vogliamo che il Natale non si riduca a festa solamente sentimentale o consumistica, ricca di regali e di auguri, ma povera di autentica fede cristiana. Il Natale, infatti, ci fa riflettere, da una parte, sulla drammaticità della storia umana, nella quale gli uomini, feriti dal peccato, sono perennemente alla ricerca di verità, di perdono, di misericordia, di redenzione, e, dall’altra, sulla bontà di Dio, che è venuto incontro all’uomo per comunicargli direttamente la Verità che salva e per renderlo partecipe della sua amicizia e della sua vita.

Il Natale è la festa dell’Amore divino: per amore egli ci ha creati, per amore ci ha redenti in Cristo e ci attende nel suo regno. San Bernardo, il grande dottore della Chiesa - di cui quest’anno abbiamo celebrato il IX centenario della morte - nel sermone terzo sull’Avvento afferma: “Cristo venne non solo tra noi ma per noi . . . A ben considerare siamo miserabilmente oppressi da tre infermità: siamo facili alle seduzioni, deboli nell’azione, fragili nella resistenza. Se vogliamo discernere il bene dal male, ci inganniamo; se tentiamo di fare il bene, ci manca la forza; se ci sforziamo di resistere al male, siamo abbattuti e vinti. Necessaria quindi la venuta del Salvatore e necessaria la presenza di Cristo tra gli uomini così oppressi. Oh, venga e abitando in noi, con la grazia della fede illumini la nostra cecità; rimanendo con noi, soccorra la nostra debolezza; elevandosi a nostra difesa, protegga la nostra fragilità e combatta per noi”.

Il Natale deve anche ravvivare nei credenti il desiderio di portare a tutta l’umanità la luce di Cristo. Pur riconoscendo quanto c’è di vero e di buono nelle altre tradizioni religiose, il cristiano sa che Gesù solo, il Divin Salvatore nato a Betlemme, è via, verità e vita. Il Natale diventa, perciò, festa di grande responsabilità: adorando Gesù Bambino nella mangiatoia di Betlemme, ciascuno comprende di avere un proprio ruolo da svolgere nell’annuncio della buona novella. Nascendo nell’umiltà e nella povertà, Dio ha, per così dire, limitato la sua onnipotenza per render noi suoi potenti strumenti nel disegno provvidenziale della salvezza!

3. Prepariamoci, pertanto, al Natale con profonda serietà e devozione, coscienti che il ricordo liturgico della natività del Redentore deve rendere la vita cristiana sempre più credibile e convincente. Gesù, nato povero e lontano dalla casa di Nazaret, ha voluto intorno a sé persone semplici e umili, come Maria e Giuseppe, i pastori, i magi. Ci insegna così, che per Dio i veri valori stanno nell’umiltà, nel nascondimento, nell’accettazione serena e lieta della sua volontà, nella carità pronta a chinarsi sulle tante necessità e sui tanti bisogni del fratello. Il Natale, festa dell’Amore di Dio verso gli uomini, diventa in tal modo, anche la festa della nostra carità verso i fratelli.

Mentre porgo a tutti voi i più sentiti auguri di Buon Natale, auspico di cuore che possiate essere testimoni e messaggeri di questa carità. Portate serenità e calore nelle vostre case, nelle vostre parrocchie, dovunque si svolge la vostra vita.

Maria santissima, tabernacolo del Verbo incarnato, vi accompagni in questa novena così che possiate celebrare santamente il Natale, nella gioia della fede e nell’impegno della carità!

Ai fedeli di lingua francese

Ai presenti di espressione inglese


Ai pellegrini di lingua tedesca

Ai pellegrini del Giappone

Al dilettissimo popolo giapponese.

In occasione del Natale e del Capodanno - ricorrenze particolarmente care a voi giapponesi - tramite la televisione auguro di cuore serena prosperità e pace, e soprattutto una grande felicità spirituale.

Buon Natale e Capodanno!

Ai pellegrini di lingua spagnola



Ai fedeli di lingua portoghese

Ai fedeli venuti dalla Polonia


Ai pellegrini venuti da diverse parti d’Italia

Saluto ora i pellegrini di lingua italiana, ed in primo luogo le aderenti al Movimento Italiano delle Casalinghe. Auspico che tale movimento, che si preoccupa della promozione spirituale e sociale della donna, trovi risposte giuste circa l’interrogativo sulla sua dignità umana e sul ruolo che essa è chiamata a svolgere nella famiglia e nella società.

Il mio pensiero va poi ai membri della Società Operaia di Mutuo Soccorso della città di Anagni, che celebrano il 120° anno di fondazione del loro sodalizio. Mi compiaccio per tutto quello che tale Associazione ha operato nella difesa dei diritti dei lavoratori. Vi esorto a proseguire nell’importante opera di formazione allo spirito di solidarietà, secondo gli insegnamenti sociali della Chiesa.

Un particolare saluto va pure alle persone anziane della casa di riposo “Villa Santa Teresa” di Bagno a Ripoli.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli
Nel clima di attesa, che la Novena in preparazione al Santo Natale rende più intensa e lieta, porgo il mio saluto ai giovani, ai malati ed alle coppie degli sposi novelli. Per ciascuno di voi, carissimi, chiedo al Signore Gesù di ricolmarvi della sua grazia: faccia crescere sino a piena maturità voi giovani, che vi preparate alla vita e alla testimonianza cristiana; conforti le sofferenze di voi ammalati, perché sappiate comprendere sempre meglio il valore salvifico del dolore, accettato per amore ed offerto per la salvezza del mondo; e, infine, corrobori i propositi e i progetti di voi sposi, che avete dato inizio ad un nuovo focolare. Auguro che tutti voi, che prendete parte a questa Udienza, possiate gioire della luce e della pace che provengono dall’Avvento del Salvatore divino. A tutti la mia Benedizione Apostolica e l’augurio di un felice Natale, nella grazia del Signore.
















Roma - Mercoledi 2 Gennaio 1991

Lo Spirito Santo, anima della cattolicità




1. Nel Simbolo della Fede noi affermiamo che la Chiesa è una, santa, cattolica e apostolica. Sono le note della Chiesa. La cattolicità è anzi riconosciuta alla Chiesa nella stessa denominazione che si usa per parlarne: Chiesa cattolica.

Questa cattolicità ha la sua origine nello Spirito Santo, che "riempie l'universo" ed è principio universale di comunicazione e di comunione. La "forza dello Spirito Santo" tende a propagare la fede in Cristo e la vita cristiana "fino agli estremi confini della terra", estendendo a tutti i popoli i benefici della redenzione.


2. Prima della venuta dello Spirito Santo, la comunione con il vero Dio nell'alleanza divina non era accessibile in modo uguale a tutti i popoli. Lo osserva la Lettera agli Efesini, rivolgendosi ai cristiani che appartenevano ai popoli pagani: "Ricordatevi, dice, che un tempo voi, pagani per nascita, chiamati incirconcisi da quelli che si dicono circoncisi, ... ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza di Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio in questo mondo". Per entrare in qualche modo nell'alleanza divina, occorreva accettare la circoncisione e adottare le osservanze del popolo ebreo, discostandosi dunque dal proprio popolo. Adesso invece, la comunione con Dio non richiede più queste condizioni restrittive, perché viene attuata "per mezzo dello Spirito". Non c'è più nessuna discriminazione per motivo di razza o di nazione. Tutte le persone umane possono "diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito". Questo cambiamento di situazione era stato annunziato da Gesù nel suo colloquio con la Samaritana: "Viene il momento, diceva, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità". Era la risposta di Gesù alla domanda sul luogo del vero culto di Dio: che era il Monte Garizim per i Samaritani, e Gerusalemme per gli Israeliti. La risposta di Cristo indicava un'altra dimensione del vero culto di Dio, quella interiore ("in spirito e verità"), per la quale il culto non era legato a un determinato luogo (santuario nazionale), ed era dunque culto universale. Quelle parole rivolte alla Samaritana aprivano la strada verso quella universalità che è una qualità fondamentale della Chiesa come nuovo Tempio, nuovo Santuario, costituito e abitato dallo Spirito Santo. Questa è la radice profonda della cattolicità.


3. Da questa radice prende origine la cattolicità esterna, visibile, che possiamo dire comunitaria e sociale. Essa è coessenziale alla Chiesa per il fatto stesso che Gesù ha comandato agli Apostoli - e ai loro successori - di portare il Vangelo a "tutte le nazioni". E questa universalità della Chiesa sotto l'influsso dello Spirito Santo si è manifestata già al momento della sua nascita il giorno di Pentecoste. Infatti attestano gli Atti degli Apostoli che all'evento gerosolimitano parteciparono i Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo, che erano presenti nella santa città, e con loro i proseliti, cioè i pagani che avevano accettato la legge di Mosè. Gli Atti degli Apostoli elencano i nomi di alcuni paesi dai quali provenivano gli uni e gli altri, ma in modo ancor più generale parlano di "ogni nazione che è sotto il cielo". E' un segno della coscienza della Chiesa primitiva - della quale è interprete e testimone Luca -, che il "battesimo in Spirito Santo", conferito alla primissima comunità della Chiesa, aveva certamente un valore universale, e la Chiesa ne era nata col suo carattere di cattolicità (universalità).


4. A questa universalità, generata sotto l'azione dello Spirito Santo, già nel primo giorno della Pentecoste s'accompagna un insistente riferimento a ciò che è "particolare", sia nelle persone, sia nei singoli popoli e nazioni. Ciò risulta dal fatto, annotato da Luca negli Atti, che la potenza dello Spirito Santo si manifesto mediante il dono delle lingue con le quali parlavano gli Apostoli, sicché "ciascuno (dei presenti) li sentiva parlare la propria lingua". Possiamo qui osservare che lo Spirito Santo è Amore, e amore vuol dire rispetto per tutto ciò che è una priorità della persona amata. Ciò vale specialmente per la lingua, sul cui rispetto si è generalmente molto sensibili ed esigenti, ma vale anche per la cultura, la spiritualità, il costume. L'evento della Pentecoste si attua nell'attenzione a questa esigenza ed è la manifestazione dell'unità della Chiesa nella molteplicità dei popoli e nella pluralità delle culture. La cattolicità della Chiesa include il rispetto dei valori di tutti. Si può dire che il "particolare" non è annullato dall'universale. Una dimensione contiene e postula l'altra.


5. Il fatto della molteplicità delle lingue nella Pentecoste ci dice che nella Chiesa la lingua della fede - che è universale in quanto espressione della verità rivelata per mezzo della Parola di Dio - trova la sua umana traduzione nelle diverse lingue: possiamo dire in tutte e in ciascuna. Lo prova già la prima storia cristiana. Si sa che la lingua che parlava Gesù era l'aramaico, in uso nell'Israele del tempo. Quando gli Apostoli presero le vie del mondo per propagare il messaggio di Cristo, il greco era diventato la lingua comune dell'ambiente greco-romano ("ecumene"), e fu perciò la lingua dell'evangelizzazione. Fu anche la lingua del Vangelo e di tutti gli altri scritti del Nuovo Testamento, stesi sotto l'ispirazione dello Spirito Santo. In tali scritti si sono conservate soltanto poche parole aramaiche. Ciò prova che fin da principio la verità, annunciata da Cristo, cerca la strada per raggiungere tutte le lingue, per parlare a tutti i popoli. La Chiesa ha cercato e cerca di seguire questo principio metodologico e didattico dell'apostolato, secondo le possibilità offerte nelle varie epoche.

Oggi, come sappiamo, è particolarmente sentita e, grazie a Dio, facilitata la pratica di questa esigenza della cattolicità.


6. Negli Atti degli Apostoli troviamo un altro fatto sintomatico avvenuto prima ancora della conversione e della predicazione di Paolo, apostolo della cattolicità. A Cesarea Marittima, Pietro aveva accettato nella Chiesa e battezzato un centurione romano, Cornelio, e la sua famiglia: dunque i primi pagani. La descrizione che Luca fa di questo episodio con molti particolari, indica, tra gli altri, il fatto che, essendo sceso lo Spirito Santo sopra tutti coloro che ascoltavano l'insegnamento dell'Apostolo, "i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si meravigliavano che anche sopra i pagani si effondesse il dono dello Spirito Santo". Ma Pietro stesso non esita a confessare di aver agito sotto l'influsso dello Spirito Santo: "Lo Spirito mi disse di andare con loro senza esitare".


7. Questa prima "breccia" verso l'universalità della fede trova presto una ulteriore conferma quando si tratta di pronunciarsi sull'attività apostolica di Paolo di Tarso e dei suoi compagni. L'assemblea di Gerusalemme (che si suol considerare come il primo "Concilio") rafforza questa direzione nello sviluppo dell'evangelizzazione e della Chiesa. Gli Apostoli riuniti in quell'assemblea sono sicuri che tale direzione proviene dallo Spirito della Pentecoste. Sono eloquenti, e lo rimarranno sempre, le loro parole che si possono ritenere come il primo pronunciamento conciliare: "Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi". Sono decisioni riguardanti la strada dell'universalità sulla quale deve camminare la Chiesa. Non vi è dubbio che questa è la via seguita dalla Chiesa allora e nei secoli. Gli Apostoli e i missionari hanno annunciato il Vangelo a tutte le nazioni, penetrando il più possibile in tutte le società e gli ambienti vari.

Secondo la possibilità dei tempi la Chiesa ha cercato di introdurre la parola di salvezza in tutte le culture (inculturazione), aiutandole al tempo stesso a riconoscere meglio i propri valori autentici alla luce del messaggio evangelico.


8. E' ciò che il Concilio Vaticano II ha fissato come una legge fondamentale della Chiesa, quando ha scritto: "Tutti gli uomini sono chiamati a formare il Popolo di Dio. perciò questo popolo, pur restando uno e unico, si deve estendere a tutto il mondo e a tutti i secoli... A questo scopo Dio mando il Figlio suo... Per questo pure mando Dio lo Spirito del Figlio suo, Signore e Vivificatore, il quale per tutta la Chiesa e per tutti i singoli credenti è principio di unione e di unità nell'insegnamento degli Apostoli e nella comunione, nella frazione del pane e nelle orazioni".

Con queste parole il Concilio proclama la propria coscienza del fatto che lo Spirito Santo è principio e fonte della universalità della Chiesa.




Alle migliaia di pellegrini in piazza San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

/ISiate seminatori di speranza

Vi ringrazio vivamente per la vostra presenza qui in piazza San Pietro, dove vi siete riuniti per recitare il Santo Rosario e cantare canzoni davanti al Presepio; senza dimenticare la colorita serenata messicana. Il Messico sa recitare, cantare... e gridare.

Desidero indirizzare un saluto particolare e affettuoso ai genitori dei Legionari di Cristo che domani riceveranno l'ordinazione sacerdotale. Prego Dio affinché i focolari e le famiglie cristiane siano vivai dove sorgano e crescano copiose vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa.

Sono qui presenti anche numerosi giovani del Movimento "Regnum Christi" che incoraggio ad una generosa dedizione essendo sempre testimoni del messaggio di amore cristiano. A voi, ragazzi e ragazze che venite dal Messico, dalla Spagna, dall'Irlanda e dagli altri Paesi dell'America Latina e dell'Europa vi incoraggio ad essere seminatori di speranza per costruire un mondo più solidale, giusto e fraterno.

Tornando nei vostri luoghi di origine portate con voi il saluto del Papa ai vostri familiari ed amici. Vi raccomando nelle mie preghiere alla Vergine di Guadalupe affinché vi protegga sempre e vi indichi il cammino di gioia che porta a suo Figlio Gesù Cristo, Nostro Signore e Salvatore.

Benedico tutti con grande affetto. Buona notte.

(Traduzione dallo spagnolo)




Roma - Mercoledi 9 Gennaio 1991

Lo Spirito Santo, principio vitale dell'apostolicità della Chiesa

1. Nell'illustrare l'azione dello Spirito Santo come anima del "Corpo di Cristo", abbiamo visto nelle precedenti catechesi che Egli è fonte e principio dell'unità, santità, cattolicità (universalità) della Chiesa. Oggi possiamo aggiungere che è anche fonte e principio di quella apostolicità che costituisce la quarta proprietà e nota della Chiesa: "unam, sanctam, catholicam et apostolicam Ecclesiam", come professiamo nel Credo. Grazie allo Spirito Santo la Chiesa è apostolica, il che vuol dire "edificata sopra il fondamento degli Apostoli", essendone pietra angolare Cristo stesso, come dice San Paolo. E' un punto molto interessante della ecclesiologia vista in luce pneumatologica.


2. San Tommaso d'Aquino lo mette in risalto nella sua catechesi sul Simbolo degli Apostoli, dove scrive: "Il fondamento principale della Chiesa è Cristo, come afferma San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi: "Nessuno può porre un fondamento diverso da quello già posto: Gesù Cristo". Ma vi è un fondamento secondario, cioè gli Apostoli e la loro dottrina. perciò si dice Chiesa Apostolica". Oltre ad attestare la concezione antica - di San Tommaso e dell'epoca medievale - sulla apostolicità della Chiesa, il testo dell'Aquinate ci richiama alla fondazione della Chiesa e al rapporto tra Cristo e gli Apostoli. Tale rapporto avviene nello Spirito Santo. Ci si manifesta così la verità teologica - e rivelata - di una apostolicità della quale è principio e fonte lo Spirito Santo, in quanto autore della comunione nella verità che lega a Cristo gli Apostoli e, mediante la loro parola, le generazioni cristiane e la Chiesa in tutti i secoli della sua storia.


3. Abbiamo ripetuto molte volte l'annuncio di Gesù agli Apostoli nell'ultima Cena: "Il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto". Queste parole di Cristo, pronunciate prima della Passione, trovano il loro complemento nel testo di Luca dove si legge che Gesù, "dopo aver dato istruzioni agli Apostoli nello Spirito Santo..., fu assunto in cielo". L'apostolo Paolo a sua volta, scrivendo a Timoteo (nella prospettiva della sua morte), gli raccomanda: "Custodisci il buon deposito con l'aiuto dello Spirito Santo che abita in noi". E' lo Spirito della Pentecoste, lo Spirito che riempie gli Apostoli e le comunità apostoliche, lo Spirito che garantisce la trasmissione della fede nella Chiesa, di generazione in generazione, assistendo i successori degli Apostoli nella custodia del "buon deposito", come dice Paolo, della verità rivelata da Cristo.


4. Leggiamo negli Atti degli Apostoli la memoria di un episodio dal quale traspare in modo molto chiaro questa verità della apostolicità della Chiesa nella sua dimensione pneumatologica. E' quando l'apostolo Paolo, "avvinto - com'egli dice - dallo Spirito", va a Gerusalemme, sentendo e sapendo che coloro che ha evangelizzato ad Efeso "non lo vedranno più". Si rivolge allora ai presbiteri della Chiesa di quella città, che si sono stretti intorno a lui, con queste parole: "Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posto come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che Egli si è acquistata con il suo sangue". "Vescovi" significa ispettori e guide: posti a pascere, dunque, rimanendo sul fondamento della verità apostolica che, secondo la previsione di Paolo, sperimenterà lusinghe e minacce da parte dei propagatori di "dottrine perverse", miranti a staccare i discepoli dalla verità evangelica predicata dagli Apostoli. Paolo esorta i pastori a vegliare sul gregge, ma con la certezza che lo Spirito Santo, che li ha posti come "vescovi", li assiste e li sostiene, mentre Egli stesso conduce la loro successione agli Apostoli nel munus, nel potere e nella responsabilità di custodire la verità che attraverso gli Apostoli hanno ricevuto da Cristo: con la certezza che è lo Spirito Santo ad assicurare la verità stessa e la perseveranza in essa del Popolo di Dio.


5. Gli Apostoli e i loro successori, oltre al compito della custodia, hanno quello della testimonianza della verità di Cristo, e anche in questo compito operano con l'assistenza dello Spirito Santo. Come ha detto Gesù agli Apostoli prima della sua Ascensione: "Mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra". E' una vocazione che lega gli Apostoli alla stessa missione di Cristo, che nell'Apocalisse viene chiamato "il testimone fedele". Egli infatti nella preghiera per gli Apostoli dice al Padre: "Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo"; e nell'apparizione della sera di Pasqua, prima di alitare sopra di loro il soffio dello Spirito Santo, ripete loro: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". Ma la testimonianza degli Apostoli, continuatori della missione di Cristo, è legata allo Spirito Santo, che a sua volta rende testimonianza a Cristo: "Lo Spirito di verità, che procede dal Padre, mi renderà testimonianza, e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio". A queste parole di Gesù nell'ultima Cena, fanno eco quelle rivolte ancora agli Apostoli prima dell'Ascensione, quando, alla luce del disegno eterno sulla morte e risurrezione di Cristo, dice che "nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati... Di questo voi siete testimoni. E io mandero su di voi quello che il Padre mi ha promesso". E in modo definitivo annuncia: "Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni". E' la promessa della Pentecoste non solo in senso storico, ma come dimensione interiore e divina della testimonianza degli Apostoli, e dunque - possiamo dire - dell'apostolicità della Chiesa.


6. Gli Apostoli sono consapevoli di questa loro associazione allo Spirito Santo nel "rendere testimonianza" a Cristo crocifisso e risorto, come risulta chiaramente dalla risposta che Pietro e i suoi compagni danno ai sinedriti che vorrebbero imporgli il silenzio su Cristo: "Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo alla croce. Dio lo ha innalzato con la sua destra facendolo capo e salvatore, per dare a Israele la grazia della conversione e il perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a coloro che si sottomettono a Lui". Anche la Chiesa, lungo l'intero svolgersi della sua storia, ha la consapevolezza che lo Spirito Santo è con lei nella testimonianza a Cristo. Pur nella costatazione dei limiti e della fragilità dei suoi uomini e con l'impegno della ricerca e della vigilanza che Paolo raccomanda ai "vescovi" nell'addio di Mileto, la Chiesa sa pero che lo Spirito Santo la custodisce e difende dall'errore nella testimonianza del suo Signore e nella dottrina che da lui riceve per annunciarla al mondo. Come dice il Concilio Vaticano II, "l'infallibilità, della quale il divino Redentore volle provveduta la sua Chiesa nel definire la dottrina della fede e della morale, si estende tanto quanto il deposito della divina Rivelazione, che deve essere gelosamente custodito e fedelmente esposto". Il testo conciliare chiarisce in qual modo questa infallibilità spetta a tutto il Collegio dei Vescovi e in particolare al Vescovo di Roma, in quanto successori degli Apostoli che perseverano nella verità da loro ereditata per virtù dello Spirito Santo.


7. Lo Spirito Santo è dunque il principio vitale di questa apostolicità. Grazie a Lui la Chiesa può diffondersi in tutto il mondo, attraverso le diverse epoche della storia, impiantarsi in mezzo a culture e civiltà così diverse, conservando sempre la propria identità evangelica. Come leggiamo nel Decreto "Ad Gentes" dello stesso Concilio: "Cristo invio da parte del Padre lo Spirito Santo, perché compisse dal di dentro (intus) la sua opera di salvezza e stimolasse la Chiesa ad estendersi... Prima di immolare liberamente la sua vita per il mondo, ordino il ministero apostolico e promise l'invio dello Spirito Santo, in modo che (lo Spirito e gli Apostoli) collaborassero dovunque e per sempre nell'opera della salvezza. Lo Spirito Santo in tutti i tempi unifica la Chiesa, vivificando come loro anima le istituzioni ecclesiastiche e infondendo nel cuore dei fedeli quello spirito della missione, da cui era stato spinto Gesù stesso...". E la Costituzione "Lumen Gentium" sottolinea che "la missione divina, affidata da Cristo agli Apostoli, durerà sino alla fine dei secoli, poiché il Vangelo, che essi devono predicare, è per la Chiesa il principio di tutta la sua vita in ogni tempo".

Vedremo nella prossima catechesi che nell'adempimento di questa missione evangelica lo Spirito Santo interviene dando alla Chiesa una garanzia celeste.






Roma - Mercoledi 16 Gennaio 1991

Spirito Santo garante della Chiesa nella custodia della Rivelazione divina

1. L'apostolicità della Chiesa, nel suo significato più profondo, è la permanenza dei pastori e dei fedeli, nel loro insieme, nella verità ricevuta da Cristo mediante gli Apostoli e i loro successori, con una intelligenza sempre più adeguata del suo contenuto e del suo valore per la vita. E' una verità di origine divina, riguardante misteri che oltrepassano le possibilità di scoperta e di visione della mente umana, sicché solo in forza della Parola di Dio, rivolta all'uomo con le analogie concettuali ed espressive del suo linguaggio, può essere percepita, predicata, creduta, ubbidita fedelmente. Un'autorità di valore semplicemente umano non basterebbe a garantire né l'autenticità di trasmissione di quella verità, né quindi la dimensione profonda dell'apostolicità della Chiesa. Il Concilio Vaticano II ci assicura che è lo Spirito Santo a garantire quell'autenticità.


2. Secondo la Costituzione "Dei Verbum", Gesù Cristo, "con l'invio dello Spirito Santo, compie e completa la Rivelazione e la corrobora con la testimonianza divina, che cioè Dio è con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e della morte, e risuscitarci per la vita eterna". Questo passo della Costituzione conciliare sulla divina Rivelazione trova la sua giustificazione nelle parole rivolte da Cristo agli Apostoli nel Cenacolo e riportate dall'evangelista Giovanni: "Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando pero verrà lo Spirito di verità, Egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito".

Sarà dunque lo Spirito Santo a concedere la luce agli Apostoli perché possano annunziare la "verità tutta intera" del Vangelo di Cristo, "ammaestrando tutte le nazioni": essi, e ovviamente i loro successori in questa missione.


3. La Costituzione "Dei Verbum" prosegue dicendo che quell'ordine (di annunziare il Vangelo) "venne fedelmente eseguito, tanto da quegli Apostoli, i quali nella predicazione orale, con gli esempi e le istituzioni trasmisero sia ciò che avevano ricevuto dalle labbra, dalla frequentazione e dalle opere di Cristo, sia ciò che avevano imparato per suggerimento dello Spirito Santo, quanto da quegli Apostoli e da uomini della loro cerchia, i quali, per ispirazione dello Spirito Santo, misero in scritto l'annuncio della salvezza". Come si vede, il testo conciliare si riferisce all'assicurazione della verità rivelata da parte dello Spirito Santo sia nella sua trasmissione orale (origine della Tradizione) sia nella stesura scritta che ne venne fatta con l'ispirazione e l'assistenza divina nei libri del Nuovo Testamento.


4. Leggiamo ancora che "lo Spirito Santo, per mezzo del quale la viva voce dell'Evangelo risuona nella Chiesa, e per mezzo di questa nel mondo, introduce i credenti a tutta intera la verità e in essi fa risiedere la parola di Cristo in tutta la sua ricchezza". perciò "la Sacra Scrittura è parola di Dio in quanto scritta per ispirazione dello Spirito di Dio; la sacra Tradizione poi trasmette integralmente la parola di Dio, affidata da Cristo Signore e dallo Spirito Santo agli Apostoli e ai loro successori, affinché, illuminati dallo Spirito di verità, con la loro predicazione fedelmente la conservino, la espongano e la diffondano".

Anche "l'ufficio... di interpretare autenticamente la parola di Dio... è affidato al solo Magistero vivo della Chiesa, la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo. Il quale Magistero... per divino mandato, e con l'assistenza dello Spirito Santo, piamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone quella parola, e da questo unico deposito della fede attinge tutto ciò che propone a credere come rivelato da Dio".

Vi è dunque uno stretto legame tra la Sacra Scrittura, la Tradizione e il Magistero della Chiesa. Grazie a questo nesso intimo lo Spirito Santo garantisce la trasmissione della divina Rivelazione e conseguentemente l'identità della fede nella Chiesa.


5. In particolare, circa la Sacra Scrittura, il Concilio ci dice che "la santa Madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i libri sia del Vecchio che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché, scritti per ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla Chiesa... Tutto ciò che gli autori ispirati o agiografi asseriscono è da ritenersi asserito dallo Spirito Santo". Di conseguenza, la Sacra Scrittura deve "esser letta e interpretata con l'aiuto dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta". "Infatti, ciò che gli Apostoli per mandato di Cristo predicarono, dopo, per ispirazione dello Spirito Santo fu dagli stessi e da uomini della loro cerchia tramandato in scritti, come fondamento della fede, cioè l'Evangelo quadriforme, secondo Matteo, Marco, Luca e Giovanni". "Gli Apostoli, ... dopo l'Ascensione del Signore, trasmisero ai loro ascoltatori ciò che Egli aveva detto e fatto, con quella più completa intelligenza di cui essi, ammaestrati dagli eventi gloriosi di Cristo e illuminati dallo Spirito di verità, godevano"

6. Questo stretto legame tra lo Spirito Santo, la Rivelazione e la trasmissione della verità divina è la base dell'autorità apostolica della Chiesa e l'argomento decisivo della nostra fede nella Parola che la Chiesa ci trasmette. Inoltre, come dice ancora il Concilio, lo Spirito Santo interviene nella nascita interiore della fede nell'anima dell'uomo. Infatti, "a Dio che rivela è dovuta "l'obbedienza della fede", con la quale l'uomo si abbandona a Dio tutt'intero liberamente, prestandogli "il pieno ossequio dell'intelletto e della volontà" e acconsentendo volontariamente alla Rivelazione data da Lui. Perché si possa prestare questa fede, sono necessari la grazia di Dio che previene e soccorre e gli aiuti interiori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi della mente, e dia "a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità". Affinché poi l'intelligenza della Rivelazione diventi sempre più profonda, lo stesso Spirito Santo perfeziona continuamente la fede per mezzo dei suoi doni".


7. Si tratta qui della fede della Chiesa nel suo insieme, e, nella Chiesa, di ogni credente. Si tratta anche della corretta "intelligenza" della divina Rivelazione, che sempre per opera dello Spirito Santo scaturisce dalla fede, e dello "sviluppo" della fede mediante la "riflessione e lo studio dei credenti". Parlando infatti della "Tradizione di origine apostolica", il Concilio dice che essa "progredisce nella Chiesa con l'assistenza dello Spirito Santo; cresce infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro (come Maria), sia con l'esperienza data da una più profonda intelligenza delle cose spirituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità". E delle Sacre Scritture aggiunge che, "ispirate... da Dio e redatte una volta per sempre, impartiscono immutabilmente la parola di Dio stesso e fanno risuonare, nelle parole dei Profeti e degli Apostoli, la voce dello Spirito Santo". perciò "la Sposa del Verbo incarnato, la Chiesa, ammaestrata dallo Spirito Santo, si preoccupa di raggiungere una intelligenza sempre più profonda delle Sacre Scritture".


8. Per questo la Chiesa "venera le Scritture", se ne nutre come di un "pane di vita" e "insieme con la sacra Tradizione le considera come la regola suprema della propria fede". E poiché "nel corso dei secoli tende incessantemente alla pienezza della verità divina, finché in essa giungano a compimento le parole di Dio", tutta la vita della Chiesa è animata dallo Spirito col quale invoca l'avvento glorioso di Cristo. Come leggiamo nell'Apocalisse: "Lo Spirito e la Sposa dicono: "Vieni!"". In ordine a questa pienezza di verità, lo Spirito Santo conduce e garantisce la trasmissione della Rivelazione, preparando la Chiesa, e, nella Chiesa, tutti e ciascuno di noi, alla definitiva venuta del Signore.




Roma - Mercoledi 23 Gennaio 1991

Il ristabilimento dell'unità dei cristiani implica una profonda motivazione spirituale

"Accoglietevi gli uni gli altri, come Cristo accolse voi, per la gloria di Dio".


1. L'ammonimento, carissimi fratelli e sorelle, è contenuto nella parte della Lettera di San Paolo ai Romani che quest'anno viene proposta alla comune riflessione nella ricorrenza della "Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani". La prospettiva in cui si pone la "Settimana" è quella di un'umanità concorde nel levare la sua lode al Signore, creatore dell'uomo e suo redentore: "Lodate il Signore, popoli tutti", recita il salmo citato nel brano di San Paolo.

Un contributo fondamentale all'attuazione di una simile lode universale sarà certo offerto dalla ricomposizione dell'unità dei discepoli di Cristo. Il movimento, "sorto per grazia dello Spirito Santo" e "ogni giorno più ampio", che si propone il ristabilimento della piena unità dei cristiani, è per sua natura molto complesso.

Implica una profonda motivazione spirituale, un atteggiamento di religiosa obbedienza alle esigenze del Vangelo, la preghiera perseverante, il contatto fraterno con gli altri cristiani per superare, mediante il dialogo della verità e nel rispetto dell'integrità della fede, le divergenze esistenti, ed infine la cooperazione nei vari campi possibili per una testimonianza comune.

Questa ricerca di unità nella fede e nella testimonianza cristiana trova in San Paolo un'indicazione realistica e mirabilmente feconda, oltre che sempre attuale: l'accoglienza reciproca fra cristiani. L'Apostolo raccomanda: "Accoglietevi gli uni gli altri come Cristo accolse voi per la gloria di Dio". Lo spirito di accoglienza è una dimensione essenziale e unificante dell'intero movimento ecumenico; è una espressione vitale dell'esigenza della comunione. San Paolo indica alcuni elementi importanti di questa accoglienza: essa deve essere un'accoglienza nella fede in Gesù Cristo, deve essere reciproca, deve realizzarsi per la gloria di Dio.


2. Come Cristo accolse voi, esorta San Paolo, così voi accoglietevi gli uni gli altri, nel perdono sincero e nell'amore fraterno. E' nella fede in Cristo che si raccoglie la comunità cristiana. E' nell'ambito del comune battesimo che l'accoglienza reciproca può contare sulla forza agglutinante della grazia, la cui efficacia perdura nonostante le gravi divergenze in atto. Lo sottolinea il Concilio Vaticano II quando afferma che quanti "credono in Cristo ed hanno ricevuto debitamente il battesimo, sono costituiti in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa cattolica". Essi pertanto "giustificati nel battesimo dalla fede, sono incorporati a Cristo e perciò sono insigniti del nome di cristiani e dai figli della Chiesa cattolica sono giustamente riconosciuti come fratelli nel Signore".


3. L'accoglienza tra cristiani, per generare comunione vera, deve inoltre essere reciproca: "Accoglietevi gli uni gli altri". Ciò suppone la reciproca conoscenza e la disponibilità ad apprezzare e accettare i valori autenticamente cristiani vissuti e sviluppati dagli altri. E' quanto ancora ricorda il Concilio Vaticano II: "E' necessario che i cattolici con gioia riconoscano e stimino i valori veramente cristiani, provenienti dal comune patrimonio, che si trovano tra i fratelli da noi separati. Riconoscere le ricchezze di Cristo e le opere virtuose nella vita degli altri, i quali rendono testimonianza a Cristo talora fino all'effusione del sangue, è cosa giusta e salutare: perché Dio è sempre mirabile e sublime nelle sue opere". Il Concilio si spinge ancor oltre aggiungendo che "quanto dalla grazia dello Spirito Santo viene fatto nei fratelli separati può contribuire alla nostra edificazione". E' perciò doveroso saper apprezzare quanto di autenticamente evangelico si realizza tra gli altri cristiani. Infatti "tutto ciò che è veramente cristiano, mai è contrario ai benefici della fede, anzi può far si che lo stesso mistero di Cristo e della Chiesa sia raggiunto più perfettamente".

Scaturisce di qui la "regola aurea" dell'ecumenismo, il principio cioè del rispetto della legittima varietà, purché non lesiva dell'integrità della fede.

Alcuni aspetti del mistero rivelato infatti, come rileva il Concilio a proposito delle Chiese Orientali, possono talvolta essere percepiti in modo più adeguato dagli uni che non dagli altri. L'apertura all'accoglienza degli altri con il loro patrimonio cristiano si rivela così la via per meglio attingere alla sovrabbondante ricchezza della grazia di Dio.


4. Conseguenza di ciò è che, come dice San Paolo, tutto si compia "per la gloria di Dio". Nella comunità cristiana, unita nel nome di Cristo e guidata dalla parola evangelica, si riflette l'azione di Dio in favore dell'umanità e risplende in qualche modo la sua gloria. Lo rivela Gesù stesso quando, nella preghiera sacerdotale, rivolta al Padre, per l'unità dei suoi discepoli, afferma: "La gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro perché siano come noi una cosa sola". La reciproca accoglienza per la gloria di Dio si mostra particolarmente in due momenti: nella preghiera che i cristiani elevano insieme rendendo lode al comune Signore, e nella concorde testimonianza di carità, da cui traspare l'amorevole sollecitudine di Cristo per gli uomini del nostro tempo.


5. Considerando oggi la situazione ecumenica alla luce delle esigenze della reciproca accoglienza, dobbiamo rendere gloria a Dio per le nuove condizioni di fraternità cristiana che sono venute consolidandosi. I contatti, lentamente ripresi e talvolta faticosamente portati avanti, il dialogo teologico sempre arduo ed esigente, gli avvenimenti di collaborazione pastorale e di cooperazione pratica, hanno creato una situazione veramente nuova tra i cristiani. Si è chiaramente percepito che la divisione è antievangelica e si cerca insieme di ristabilire l'unità nella fedeltà. Il dialogo teologico tra i cristiani sta raggiungendo mète importanti per il chiarimento delle reciproche posizioni e per il raggiungimento di alcune convergenze su temi che nel passato erano aspramente controversi. Ma il dialogo deve proseguire per raggiungere la mèta: il pieno accordo sulla comune professione di fede. Al riguardo, vorrei esprimere apprezzamento e gratitudine ai teologi cattolici e delle altre Chiese e comunità ecclesiali che, nell'ambito delle varie commissioni miste, dedicano la loro attenzione e i loro sforzi alla ricerca della via per superare le divergenze ereditate dalla storia, facilitando così al Magistero della Chiesa l'assolvimento del dovere che gli compete nel servizio alla verità rivelata. Un lavoro prezioso, dunque, quello dei teologi, che va accolto con riconoscenza e sostenuto con la preghiera.


6. Il tema della presente "Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani" si pone nella prospettiva della dossologia universale, che deve levarsi da tutti i popoli a lode dell'unico Signore. Ciascuno si senta impegnato a contribuirvi nei modi a lui possibili. La preghiera insistente non mancherà di affrettare il ristabilimento della piena unità di tutti i cristiani nell'unica Chiesa di Cristo.

Diciamo perciò anche noi col Salmista: "Lodate il Signore, popoli tutti. / Voi tutte, nazioni, dategli gloria; / perché forte è il suo amore per noi / e la fedeltà del Signore dura in eterno". Amen.Data: 1991-01-23




L'invito alla "preghiera e al sacrificio incessante" per le drammatiche conseguenze della violenza

Chiedo che vengano abbreviatele grandi sofferenze della guerra

Mentre perdura l'uso della violenza, con le sue drammatiche e dolorose conseguenze, nella regione del Golfo e nei Paesi Baltici, vi invito, cari fratelli e sorelle, alla preghiera e al sacrificio incessanti affinché il Signore ispiri a tutti sentimenti di pace e volontà di dialogo.

Chiedo che vengano abbreviate tali grandi sofferenze: penso soprattutto ai caduti, ai prigionieri di guerra e alle tante vittime civili. Esprimo, in particolare, solidarietà con quanti, nello Stato di Israele, soffrono per i deprecabili bombardamenti dei giorni scorsi e di ieri. Allo stesso modo sono vicino alle popolazioni dell'lraq e degli altri Paesi coinvolti, anch'esse sottoposte a terribili prove. Che il Signore, Principe della Pace, ci aiuti nella ricerca di soluzioni degne dell'uomo. A questo fine recitiamo, ora, il Pater Noster.







Roma - Mercoledi 30 Gennaio 1991

Lo Spirito Santo principio della vita sacramentale della Chiesa

1. Fonte della verità e principio vitale dell'identità della Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica, lo Spirito Santo è anche fonte e principio della vita sacramentale, mediante la quale la Chiesa prende forza da Cristo, partecipa della sua santità, si nutre della sua grazia, cresce ed avanza nel cammino verso l'eternità. Lo Spirito Santo, che è all'origine dell'incarnazione del Verbo, è la fonte viva di tutti i sacramenti istituiti da Cristo e operanti nella Chiesa.

Proprio attraverso i sacramenti Egli dà agli uomini la "nuova vita", associando a sé la Chiesa come cooperatrice in questa azione salvifica.


2. Non intendiamo ora spiegare la natura, la proprietà, gli scopi dei sacramenti, ai quali dedicheremo - a Dio piacendo - altre future catechesi. Ma possiamo sempre rimandare alla formula semplice e precisa del vecchio catechismo, secondo il quale "i sacramenti sono i mezzi della grazia, istituiti da Gesù Cristo per salvarci". E ripetere ancora una volta che autore, diffusore e quasi soffio della grazia di Cristo in noi è lo Spirito Santo. Nella presente catechesi vedremo come, secondo i testi evangelici, questo legame si riconosce nei singoli sacramenti.


3. Il legame è particolarmente chiaro nel Battesimo, quale è descritto da Gesù nel colloquio con Nicodemo, come "nascita da acqua e da Spirito Santo": "Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è spirito... Dovete rinascere". Già il Battista aveva annunciato e presentato il Cristo come "colui che battezza in Spirito Santo", "in Spirito Santo e fuoco". Negli Atti degli Apostoli e negli scritti apostolici la stessa verità viene espressa in modo diverso. Il giorno di Pentecoste gli ascoltatori del messaggio di Pietro si sentono invitare: "Ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; e riceverete il dono dello Spirito Santo".

Nelle Lettere paoline si parla di un "lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo", effuso da Gesù Cristo, nostro salvatore; e viene ricordato ai battezzati: "Siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio". E ancora si dice loro: "Battezzati in un solo Spirito... per formare un solo corpo".

Nella dottrina di Paolo, come nel Vangelo, lo Spirito Santo e il nome di Gesù Cristo sono associati nell'annuncio, nel conferimento e nel richiamo del Battesimo come fonte della santificazione e della salvezza: di quella nuova vita di cui parla Gesù con Nicodemo.


4. La Confermazione, sacramento congiunto con il Battesimo, viene presentata negli Atti degli Apostoli sotto forma di una imposizione delle mani per mezzo della quale gli Apostoli comunicavano il dono dello Spirito Santo. Ai nuovi cristiani, che erano stati battezzati, Pietro e Giovanni "imponevano le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo". Lo stesso viene detto dell'apostolo Paolo riguardo ad altri neofiti: "Appena ebbe imposto loro le mani, scese su di loro lo Spirito Santo". Per mezzo della fede e dei sacramenti, riceviamo dunque "il suggello dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità". Ai Corinzi, Paolo scrive: "E' Dio stesso che ci conferma insieme a voi in Cristo e ci ha conferito l'unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori". La Lettera agli Efesini aggiunge l'ammonimento significativo di non rattristare lo Spirito Santo con il quale "siamo stati segnati per il giorno della redenzione". Dagli Atti degli Apostoli si può dedurre che il sacramento della Confermazione veniva amministrato mediante l'imposizione delle mani, dopo il Battesimo, "nel nome del Signore Gesù".


5. Nel sacramento della riconciliazione (o Penitenza), il legame con lo Spirito Santo è stabilito con potenza dalle parole di Cristo stesso dopo la risurrezione.

Ci attesta infatti Giovanni che Gesù alito sugli Apostoli e disse loro: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati, saranno rimessi; e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi". E queste parole possono essere riferite anche al sacramento dell'Unzione degli infermi, circa il quale leggiamo nella Lettera di Giacomo che "la preghiera fatta di fede" - unitamente all'unzione operata dai presbiteri "nel nome del Signore" - salverà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati gli saranno perdonati. In questa unzione e preghiera la Tradizione cristiana ha visto una forma iniziale del sacramento, e questa identificazione è stata sancita dal Concilio di Trento.


6. Quanto all'Eucaristia, nel Nuovo Testamento il rapporto con lo Spirito Santo è segnato, in modo almeno indiretto, nel testo del Vangelo secondo Giovanni che riporta l'annuncio dato da Gesù nella sinagoga di Cafarnao sulla istituzione del sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, annuncio seguito da queste significative parole: "E' lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho detto sono spirito e vita". Sia la Parola, sia il Sacramento hanno vita ed efficacia operativa dallo Spirito Santo. Consapevole di questo legame tra l'Eucaristia e lo Spirito Santo è la Tradizione cristiana, quale si è espressa e si esprime anche oggi nella Messa, quando con l'epiclesi la Chiesa chiede la santificazione dei doni offerti sull'altare: "Nella potenza dello Spirito Santo", "con l'effusione del tuo Spirito", oppure "con la potenza della tua benedizione". La Chiesa sottolinea la misteriosa potenza dello Spirito Santo per il compimento della consacrazione eucaristica, per la trasformazione sacramentale del pane e del vino nel Corpo e Sangue di Cristo, e per l'irradiazione della grazia in coloro che ne partecipano e in tutta la comunità cristiana.


7. Anche a proposito del Sacramento dell'Ordine, San Paolo parla del "carisma" (o dono dello Spirito Santo) che consegue all'imposizione delle mani, e dichiara con forza che è lo Spirito Santo a "porre" i vescovi nella Chiesa. Altri passi delle Lettere paoline e degli Atti degli Apostoli danno testimonianza di un rapporto speciale tra lo Spirito Santo e i ministri di Cristo, cioè gli Apostoli e i loro collaboratori e poi successori come vescovi, presbiteri e diaconi, eredi non solo della loro missione, ma anche dei carismi, come vedremo nella prossima catechesi.


8. Infine mi è caro ricordare che il Matrimonio sacramentale, questo "mistero... grande... in riferimento a Cristo ed alla Chiesa", in cui avviene in nome e per virtù di Cristo l'alleanza di due persone, un uomo e una donna, come comunità d'amore che dà vita: questo sacramento è la partecipazione umana a quell'amore divino che è stato "riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo". La terza Persona della Santissima Trinità, che secondo Sant'Agostino è in Dio la "comunione consostanziale" (communio consubstantialis) del Padre e del Figlio, per mezzo del sacramento del matrimonio forma l'umana "comunione di persone" dell'uomo e della donna.


9. Nel concludere questa catechesi con la quale abbiamo almeno abbozzato la verità della presenza operante dello Spirito Santo nella vita sacramentale della Chiesa, quale ci risulta dalla Sacra Scrittura, dalla Tradizione e in modo speciale dalla Liturgia sacramentale, non posso non sottolineare la necessità di un continuo approfondimento di questa meravigliosa dottrina, e non raccomandare a tutti l'impegno di una pratica sacramentale sempre più consapevolmente docile e fedele allo Spirito Santo, che specialmente attraverso i "mezzi di salvezza istituiti da Gesù Cristo" porta a compimento la missione affidata alla Chiesa come operatrice nella redenzione universale.





Roma - Mercoledi 6 Febbraio 1991

Lo Spirito Santo, principio vivificante del ministero pastorale nella Chiesa

1. Per la piena attuazione della vita di fede per la preparazione ai sacramenti e per l'aiuto continuo alle persone e alla comunità nella corrispondenza alla grazia conferita attraverso questi "mezzi salvifici", vi è nella Chiesa una struttura di ministeri (incarichi e organi di servizio, diaconie), dei quali alcuni sono di istituzione divina. Sono principalmente i vescovi, i presbiteri e i diaconi. Sono note le parole rivolte da Paolo ai "presbiteri" della Chiesa di Efeso, riportate dagli Atti degli Apostoli: "Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che Egli si è acquistata con il suo Sangue". In questa raccomandazione di Paolo è indicato il legame esistente tra lo Spirito Santo e il servizio o ministero gerarchico, che si svolge nella Chiesa. Lo Spirito Santo, che operando continuamente nella Chiesa l'aiuta a perseverare nella verità di Cristo ereditata dagli Apostoli, e infonde nei suoi membri tutta la ricchezza della vita sacramentale, è anche Colui che "pone i vescovi", come abbiamo letto negli Atti degli Apostoli. Porli non vuol dire semplicemente nominarli o farli nominare, ma essere fin dall'inizio il principio vitale del loro ministero di salvezza nella Chiesa. E come per i vescovi così per gli altri ministeri subordinati. Lo Spirito Santo è l'Autore e il Datore della forza divina, spirituale, pastorale della intera struttura ministeriale, della quale il Cristo Signore ha dotato la sua Chiesa, edificata sugli Apostoli: in essa, come dice Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi, "vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore".


2. Gli Apostoli erano ben consapevoli di questa verità, che riguardava loro stessi per primi, in tutta la loro opera di evangelizzazione e di governo. così Pietro rivolgendosi ai fedeli dispersi in varie regioni del mondo pagano ricorda loro che la predicazione evangelica è stata fatta "nello Spirito Santo mandato dal cielo".

Analogamente l'apostolo Paolo più volte manifesta la stessa consapevolezza nelle sue Lettere. così nella Seconda ai Corinzi scrive: "La nostra capacità viene da Dio, che ci ha resi ministri adatti ad una Nuova Alleanza, non della lettera ma dello Spirito". Secondo l'Apostolo, il "servizio della Nuova Alleanza" è vivificato dallo Spirito Santo, in virtù del quale avviene l'annuncio del Vangelo e tutta l'opera di santificazione, che Paolo è stato chiamato a svolgere specialmente tra le genti estranee a Israele. Egli, infatti, presenta se stesso ai Romani come uno che ha ricevuto la grazia di essere "un ministro di Gesù Cristo tra i pagani, esercitando l'ufficio sacro del Vangelo di Dio perché i pagani divengano una oblazione gradita, santificata dallo Spirito Santo". Ma tutto il collegio apostolico sapeva di essere ispirato, comandato e mosso dallo Spirito Santo nel servizio dei fedeli, come appare da quella dichiarazione conclusiva del Concilio degli Apostoli e dei loro più stretti collaboratori - i "presbiteri" - a Gerusalemme: "Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi".


3. L'apostolo Paolo ripetutamente afferma che, col ministero che egli esercita in virtù dello Spirito Santo, intende "mostrare lo Spirito e la sua potenza". Nel suo messaggio non c'è "sublimità di parola", non ci sono "discorsi persuasivi di sapienza", perché come Apostolo egli parla con un linguaggio "non suggerito dalla sapienza umana, ma insegnato dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali". Ed è qui che egli fa quella distinzione così significativa tra "l'uomo naturale", che non comprende "le cose dello Spirito di Dio", e "l'uomo spirituale", che "giudica ogni cosa" alla luce della verità rivelata da Dio.

L'Apostolo può scrivere di sé - come degli altri annunciatori della parola di Cristo - che "le cose (riguardanti i divini misteri)... a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito: lo Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio".


4. Ma alla coscienza della potenza dello Spirito Santo presente e operante nel suo ministero corrisponde, in San Paolo, la concezione del suo apostolato come servizio. Ricordiamo quella bella sintesi di tutto il suo ministero: "Noi... non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore; quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù". Queste parole, espressive del pensiero e dell'intenzione che si trovano nel cuore di Paolo, sono decisive per l'impostazione di ogni ministero della Chiesa e nella Chiesa per tutti i secoli.

Costituiscono la chiave essenziale per intenderlo in modo evangelico. Sono la base della stessa spiritualità che deve fiorire nei successori degli Apostoli e nei loro collaboratori: umile servizio d'amore, pur nella consapevolezza che lo stesso apostolo Paolo manifesta nella Prima Lettera ai Tessalonicesi, dove afferma: "Il nostro Vangelo... non si è diffuso fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con potenza e con Spirito Santo e con profonda convinzione". Potremmo dire che sono come le due coordinate che permettono di ben individuare la collocazione del ministero nella Chiesa: lo spirito di servizio e la consapevolezza della potenza dello Spirito Santo che opera nella Chiesa. Umiltà di servizio e forza d'animo derivante dalla convinzione personale che lo Spirito Santo assiste e sostiene nel ministero, se si è docili e fedeli alla sua azione nella Chiesa.


5. Paolo era convinto che la sua azione derivava da quella fonte trascendente. E non esitava a scrivere ai Romani: "Questo è in realtà il mio vanto in Gesù Cristo di fronte a Dio; non oserei infatti parlare di ciò che Cristo non avesse operato per mezzo mio per condurre i pagani all'obbedienza, con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la potenza dello Spirito...". E ancora, dopo aver detto ai Tessalonicesi, come già accennato: "Il nostro Vangelo... non si è diffuso tra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con potenza e con Spirito Santo e con profonda convinzione, come ben sapete che siamo stati in mezzo a voi per il vostro bene", Paolo sente di poter rendere loro questa bella testimonianza: "Voi siete diventati imitatori nostri e del Signore, avendo accolta la parola con la gioia dello Spirito Santo anche in mezzo a grande tribolazione, così da diventare modello a tutti i credenti che sono nella Macedonia e nell'Acaia...". E' la prospettiva più splendida e dev'essere il proposito più impegnativo di tutti i chiamati allo svolgimento dei ministeri nella Chiesa: essere, come Paolo, non solo annunciatori, ma anche testimoni di fede e modelli di vita, e tendere a far si che anche i fedeli lo diventino gli uni agli altri nell'ambito della stessa Chiesa e tra le varie Chiese particolari.


6. Questa è la vera gloria del ministero che, secondo il mandato di Gesù agli Apostoli, deve servire a predicare "la conversione e il perdono". Si, è un ministero di umiltà ma anche di gloria. Tutti i chiamati a svolgerlo nella Chiesa possono far proprie due espressioni dei sentimenti di Paolo. Anzitutto: "Tutto questo... viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. E' stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo... Noi fungiamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio". L'altro testo è quello in cui Paolo, considerando il "ministero della Nuova Alleanza" come un "ministero dello Spirito", e paragonandolo a quello svolto da Mosè sul Sinai come mediatore dell'Antica Legge, osserva: se quello "fu circonfuso di gloria, al punto che i figli d'Israele non potevano fissare il volto di Mosè a causa dello splendore, sia pure effimero, del suo volto, quanto più sarà glorioso il ministero dello Spirito?". Esso riflette in sé la "sovraeminente gloria della Nuova Alleanza". E' la gloria dell'avvenuta riconciliazione in Cristo. E' la gloria del servizio reso ai fratelli con la predicazione del messaggio della salvezza. E' la gloria di aver predicato "non noi stessi, ma Cristo Gesù Signore". Ripetiamolo ancora e sempre: è la gloria della Croce!


7. La Chiesa ha ereditato dagli Apostoli la consapevolezza della presenza e dell'assistenza dello Spirito Santo. Lo attesta il Concilio Vaticano II, quando scrive nella Costituzione "Lumen Gentium": "Lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio, e in essi prega e rende testimonianza della loro adozione filiale. Egli guida la Chiesa alla verità tutta intera, la unifica nella comunione e nel ministero, la istruisce e dirige con diversi doni gerarchici e carismatici, la abbellisce dei suoi frutti". Da questa intima consapevolezza deriva il senso di pace che i pastori del gregge di Cristo conservano anche nelle ore in cui si scatena sul mondo e sulla Chiesa la tempesta. Essi sanno che, ben al di sopra dei loro limiti e della loro inadeguatezza, possono contare sullo Spirito Santo che è l'anima della Chiesa e la guida della storia.



Guerra del Golfo

In questo terribile conflitto, non venga fatto ricorso a nuovi strumenti di morte

Il pensiero di tutti noi continua a rivolgersi con profonda tristezza alla regione del Golfo, dove la guerra è giunta ormai al suo 20 giorno. Venti giorni di intensi combattimenti! Pregheremo insieme ricordando tutte le vittime di questa guerra e chiedendo ancora con insistenza a Dio di farla cessare al più presto. Fratelli e sorelle, vi invito a rivolgervi con me al Signore, affinché, in questo terribile conflitto, non venga fatto ricorso a nuovi strumenti di morte.

Penso, in particolare, alle armi chimiche e batteriologiche, il cui uso è stato più volte minacciato ed è tanto temuto. Un simile spaventoso ricorso a mezzi inaccettabili e condannabili da ogni punto di vista segnerebbe la negazione di ogni elementare rispetto della dignità umana. Che il Dio di Misericordia ascolti la nostra supplica. Per questo recitiamo, ora, il "Padre Nostro".





Roma - Mercoledi 13 Febbraio 1991

Itinerario quaresimale 1991

"Convertitevi e credete al Vangelo".


1. Con questo invito la Liturgia si rivolge ai cristiani nel "Mercoledi delle Ceneri" per introdurli nell'itinerario quaresimale, che è cammino di interiore conversione, di penitenza e di carità.

L'austera cerimonia odierna dell'imposizione delle ceneri sul capo ci ricorda che il nostro destino di uomini non è terreno: siamo sulla terra di passaggio e la vita, dono prezioso di Dio da coltivare, difendere e rispettare, si snoda come un pellegrinaggio verso l'eternità, verso l'incontro con Dio. "Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura", osserva l'autore della Lettera agli Ebrei, il quale continua esortando: "Deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede".

Nel sottolineare il valore pedagogico e formativo del tempo quaresimale, la Chiesa ci invita a rivolgere la mente ed il cuore al mistero del Dio vivo, che si manifesta agli uomini nella sua giustizia e nella sua misericordia. Essa ci richiama alla precarietà della vita mortale e ci sprona a non appesantirci nel peccato e nell'indifferenza, ma a destarci dal sonno dell'abitudine per camminare verso la mèta nella quale troveranno appagamento le nostre speranze. Al: "Ricordati uomo che sei polvere ed in polvere ritornerai!", fa riscontro l'esortazione: "Convertitevi e credete al Vangelo".

Convertirsi alla Verità


2. Convertirsi! Ecco l'impegno sul quale la Quaresima ritorna con particolare insistenza. Convertirsi innanzitutto alla Verità che è Gesù Cristo, luce del mondo. Iddio si è rivelato definitivamente all'umanità nel suo Figlio unigenito, il Verbo incarnato, che è morto e risorto per redimere l'uomo e riportarlo alla dignità della sua prima origine. Mediante la Chiesa, comunità dei redenti, Cristo continua a sviluppare il suo piano di salvezza fra gli uomini e le donne di ogni generazione. Egli intende attuarlo a vantaggio anche di questa nostra generazione, che sta per affacciarsi sul terzo millennio. Come ho scritto nella Lettera Enciclica "Redemptoris Missio", "il Regno di Dio non è un concetto, una dottrina, un programma soggetto a libera elaborazione, ma è innanzitutto una persona che ha il volto e il nome di Gesù di Nazareth, immagine del Dio invisibile... non si può disgiungere il Regno dalla Chiesa. Certo, questa non è fine a se stessa, essendo ordinata al Regno di Dio, di cui è germe, segno e strumento. Ma, mentre si distingue dal Cristo e dal Regno, la Chiesa è indissolubilmente unita a entrambi".

Sia, pertanto, la Quaresima occasione di riflessione e di rinnovamento spirituale, tempo di approfondimento della verità rivelata e di riscoperta del disegno amoroso di Dio nei confronti dell'umanità e di ciascuno di noi.

Convertirsi alla santità


3. La seconda conversione da effettuarsi è quella alla santità. Questa, infatti, è la volontà di Dio: la nostra santificazione! San Paolo scrive ai Tessalonicesi: "Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo!". Tutta la vita deve essere consacrata al perfezionamento spirituale. In Quaresima, tuttavia, è più marcato il richiamo a passare da una situazione di indifferenza e di lontananza ad una pratica religiosa più convinta; da una condizione di mediocrità e di tiepidezza a un più sentito e profondo fervore; da un'espressione timida della fede alla testimonianza aperta e coraggiosa del proprio "credo". E' un tempo, quello quaresimale, veramente propizio per comprendere ed accogliere con amore la volontà di Dio e la sua misericordia. Per questo la Liturgia in questo tempo insiste nell'annuncio della conversione e del perdono. "E' stato Dio a riconciliare a sé il mondo in Cristo, ricorda l'Apostolo. Noi fungiamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio!".

Convertirsi alla riconciliazione


4. Scaturisce di qui la terza conversione a cui la Quaresima ci invita: quella alla riconciliazione. A nessuno sfugge, carissimi, l'urgenza di questo invito, considerando gli eventi dolorosi che l'umanità dei nostri giorni si trova a vivere. Lasciarsi riconciliare con Dio è impegno che s'impone a tutti, perché costituisce la condizione necessaria per il recupero della serenità personale, della gioia interiore, dell'intesa fraterna con gli altri e, di conseguenza, della pace nella famiglia, nella società, nel mondo. Dio manifesta il suo amore mediante il perdono e lo concede a chi accoglie nella sua vita il Redentore dell'uomo, Gesù Cristo, morto in croce per la salvezza dell'intera umanità.


5. In questo tempo, segnato dal conflitto in Medio Oriente, tempo gravido di ansia e di trepidazione, la Quaresima rappresenta un'occasione per rientrare in se stessi ed implorare la pace nel mondo. La storia dimostra che non sempre basta la "forza della ragione" a scongiurare contese e a placare conflitti. Nemmeno è sufficiente la buona volontà e l'impegno di alcuni, perché sovente le forze del male paiono prevalere e travolgere ogni resistenza. Solo Iddio può toccare i cuori, sgombrandoli da sentimenti ostili; solo Lui può convertire le menti alla conoscenza del vero bene e alle scelte necessarie per edificare un mondo più giusto e fraterno. La liturgia quaresimale ci ripeterà ogni giorno l'esortazione ad ascoltare la voce del Signore; ci esorterà a lottare con tutte le forze contro l'egoismo, radice del male, e ci spronerà a costruire dentro di noi e attorno a noi la concordia e la pace. Guardando al Mistero della Pasqua, evento centrale della nostra storia, la Chiesa non cessa di invitarci ad impetrare il dono della riconciliazione e della concordia attraverso la preghiera incessante, la penitenza ed il servizio umile e fattivo a favore dei fratelli, specialmente dei più poveri.

In tal senso il periodo quaresimale è scuola di carità, spinta fino al dono gratuito di sé agli altri, in ordine alla promozione di rapporti fraterni con tutti, e specialmente con quanti sono ai margini della società.

Convertirsi alla pace


6. Alla scuola di Maria, che sempre accompagna il popolo cristiano, specialmente nei momenti più difficili della sua storia, diventiamo, carissimi fratelli e sorelle, discepoli docili della Parola divina e testimoni convinti della potenza dell'Amore che rinnova le nostre esistenze. Esorto, pertanto, tutti i credenti a fare di questi giorni, che ci preparano alla Pasqua, un tempo di particolare impegno spirituale. Le situazioni drammatiche che stiamo vivendo interpellano la nostra coscienza, scuotono la nostra volontà. La pace attende il nostro contributo personale fatto di preghiera e di penitenza, di conversione interiore e di generosa solidarietà. Un contributo che si esprima nella concreta riconciliazione e nella ricerca di tutte le vie ancora possibili per porre fine al massacro di vite umane, che si va perpetrando nella guerra in corso. Ogni sforzo quaresimale diventi, così, un'umile, pressante, accorata invocazione di pace.






Roma - Mercoledi 27 Febbraio 1991

Lo spirito, fonte dei doni spirituali e dei carismi nella chiesa

1. Abbiamo concluso la precedente catechesi con un testo del Concilio Vaticano II, che occorre riprendere come punto di partenza per la catechesi presente. Leggiamo nella Costituzione "Lumen Gentium": "Lo Spirito Santo dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio, e in essi prega e rende testimonianza della loro adozione filiale. Egli guida la Chiesa alla verità tutta intera, la unifica nella comunione e nel ministero, la istruisce e dirige con diversi doni gerarchici e carismatici, la abbellisce dei suoi frutti". Dopo aver parlato, nella precedente catechesi della struttura ministeriale della Chiesa, animata e sostenuta dallo Spirito Santo, parliamo ora, seguendo la linea del Concilio, dei doni spirituali e dei carismi che Egli elargisce alla Chiesa, come Dator munerum, Datore dei doni, secondo l'invocazione della Sequenza della Pentecoste.


2. Anche qui possiamo attingere alle Lettere di San Paolo la dottrina da esporre nella forma sintetica richiesta dalla catechesi. Leggiamo nella Prima Lettera ai Corinzi: "Vi sono... diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti". L'accostamento, in questi versetti, della diversità dei carismi e di quella dei ministeri e delle operazioni ci suggerisce che lo Spirito Santo è il Datore di una multiforme ricchezza di doni che accompagna i ministeri e la vita di fede, di carità, di comunione e collaborazione fraterna dei fedeli, come già si vede nella storia degli Apostoli e delle prime comunità cristiane. San Paolo si sofferma a sottolineare la molteplicità dei doni: "A uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio della scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell'unico Spirito; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia;... a un altro la varietà delle lingue". Qui occorre notare che l'enumerazione dell'Apostolo non ha carattere limitativo: Paolo indica i doni particolarmente significativi nella Chiesa di allora, doni che non hanno cessato di manifestarsi anche nelle epoche successive, ma senza esaurire, né alle origini né in seguito, tutto lo spazio aperto verso sempre nuovi carismi che lo Spirito Santo può concedere in rispondenza a nuovi bisogni. Poiché "a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità", quando sorgono nuove esigenze e nuovi problemi della "Comunità", la storia della Chiesa ci attesta la presenza di nuovi doni.


3. In ogni caso, di qualunque specie siano i doni, anche quando sembrano servire prima di tutto alla persona che ne è privilegiata (per esempio nella "glossolalia" di cui parla l'Apostolo, tuttavia confluiscono tutti, in qualche modo nell'utilità comune, servono per edificare "un Corpo": "E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo Corpo... e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito". Di qui la raccomandazione di Paolo ai Corinzi: "Poiché desiderate i doni dello Spirito, cercate di averne in abbondanza, per l'edificazione della comunità". Nello stesso contesto si trova l'esortazione a "ricercare il dono della profezia", più "utile" alla comunità che non quello delle lingue. "Chi infatti parla con il dono delle lingue non parla agli uomini, ma a Dio, giacché nessuno comprende, mentre egli dice per ispirazione cose misteriose.

Chi profetizza, invece, parla agli uomini per loro edificazione, esortazione e conforto... edifica l'assemblea". Evidentemente Paolo preferisce i carismi dell'edificazione, potremmo dire dell'apostolato. Ma al di sopra di tutti i doni egli raccomanda quello che ancora più serve al bene comune: "Ricercate la carità".

La carità fraterna, radicata nell'amore di Dio, è la "via ancor più perfetta", che a Paolo preme indicare e che esalta con un inno di alto lirismo oltre che di sublime spiritualità.


4. Il Concilio Vaticano II nella Costituzione sulla Chiesa riprende l'insegnamento paolino sui doni spirituali e in particolare sui carismi, per precisare: "Questi carismi, straordinari o anche più semplici e più comuni, siccome sono soprattutto adattati e utili alle necessità della Chiesa, si devono accogliere con gratitudine e consolazione. I doni straordinari pero non si devono chiedere imprudentemente, né con presunzione si devono da essi sperare i frutti dei lavori apostolici; ma il giudizio sulla loro genuinità e ordinato uso appartiene all'Autorità ecclesiastica, alla quale spetta soprattutto di non estinguere lo Spirito, ma di esaminare tutto e ritenere ciò che è buono". E' un testo di saggezza pastorale, che si colloca sulla linea delle raccomandazioni e norme che, come abbiamo visto, San Paolo dava ai Corinzi, per aiutarli in una giusta valutazione dei carismi e nel necessario discernimento dei veri doni dello Spirito. Sempre secondo il Concilio, tra i carismi hanno un'importanza particolare quelli che servono alla pienezza della vita spirituale, specialmente quelli che si esprimono nelle varie forme di vita "consacrata" secondo i consigli evangelici, che lo Spirito Santo suscita da sempre in mezzo ai fedeli. Leggiamo nella Costituzione "Lumen Gentium": "I consigli evangelici della castità consacrata a Dio, della povertà e dell'obbedienza, essendo fondati sulle parole e sugli esempi del Signore e raccomandati dagli Apostoli, dai Padri e dai Dottori e pastori della Chiesa, sono un dono divino che la Chiesa ha ricevuto dal suo Signore e con la sua grazia sempre conserva. La stessa autorità della Chiesa, sotto la guida dello Spirito Santo, si è data cura di interpretarli, di regolarne la pratica e anche di fissarne forme stabili di vita... Lo stato religioso... dimostra pure a tutti gli uomini la preminente grandezza della virtù di Cristo regnante, e la infinita potenza dello Spirito Santo, mirabilmente operante nella Chiesa. Lo stato dunque, che è costituito dalla professione dei consigli evangelici, pur non concernendo la struttura gerarchica della Chiesa, appartiene tuttavia fermamente alla sua vita e alla sua santità... Essa (la gerarchia ecclesiastica) inoltre, docilmente seguendo gli impulsi dello Spirito Santo, accoglie le regole proposte da esimi uomini e donne, e... le approva autenticamente". E' particolarmente importante questa concezione dello stato religioso come opera dello Spirito Santo, mediante la quale la Terza Persona della Trinità quasi visibilizza l'azione che svolge in tutta la Chiesa per portare i fedeli alla perfezione della carità.


5. E' pertanto legittimo riconoscere la presenza operante dello Spirito Santo nell'impegno di quanti - vescovi, presbiteri, diaconi, laici di qualunque categoria - si sforzano di vivere il Vangelo nel proprio stato di vita. Si tratta di "vari ordini", come dice il Concilio, che manifestano, tutti, la "multiforme grazia di Dio". Ciò che conta, per tutti, è che "ognuno metta a servizio degli altri il suo dono secondo che lo ha ricevuto". Dall'abbondanza e dalla varietà dei doni risulta la comunione della Chiesa, una e universale nella varietà dei popoli, delle tradizioni, delle vocazioni, delle esperienze spirituali. L'azione dello Spirito si manifesta e opera nella molteplicità e ricchezza dei carismi che accompagnano i ministeri svolti nelle varie forme e misure richieste dalle necessità dei tempi e dei luoghi: per esempio, con l'aiuto ai poveri, agli ammalati, agli infortunati, agli handicappati o "impediti" nei diversi modi; oppure, a un livello ancora più alto, col consiglio, la direzione spirituale, la pacificazione tra i contendenti, la conversione dei peccatori, l'attrazione alla parola di Dio, l'efficacia della predicazione e della penna, l'educazione nella fede, l'infervoramento nel bene, ecc.: è una rosa vastissima di carismi, con i quali lo Spirito Santo partecipa alla Chiesa la sua carità e santità, in analogia con l'economia generale della creazione, nella quale, come osserva San Tommaso, l'unico Essere di Dio partecipa alle cose la sua perfezione infinita.

6. Questi carismi non vanno contrapposti ai ministeri di carattere gerarchico e, in generale, agli "uffici", stabiliti anch'essi per l'unità, il buon funzionamento e la bellezza della Chiesa. Anche l'ordine gerarchico e tutta la struttura ministeriale della Chiesa è sotto l'azione dei carismi, come si rileva dalle parole di Paolo nelle Lettere a Timoteo: "Non trascurare il dono spirituale che è in te e che ti è stato conferito, per indicazioni di profeti, con l'imposizione delle mani da parte del collegio dei presbiteri"; "Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l'imposizione delle mie mani". Vi è dunque un carisma di Pietro, vi sono i carismi dei vescovi, dei presbiteri, dei diaconi; vi è un carisma concesso a chi è chiamato ad assumere un ufficio ecclesiastico, una mansione di ministero. Si tratta di scoprire e di riconoscere questi carismi e di assecondarli, senza mai presumere. Per questo l'Apostolo scrive ai Corinzi: "Riguardo ai doni dello Spirito, fratelli, non voglio che restiate nell'ignoranza". E qui Paolo dà inizio alla sua istruzione sui carismi, per segnare una linea di comportamento ai convertiti di Corinto, i quali, quando erano ancora pagani, si lasciavano "trascinare verso gli idoli muti sotto l'impulso del momento" (manifestazioni anomale da cui ormai dovevano rifuggire). "Ebbene, io vi dichiaro: nessuno può dire Gesù è Signore se non sotto l'azione dello Spirito Santo". Si tratta di una verità che, con quella della Trinità, è fondamentale per la fede cristiana. La professione di fede in questa verità è un dono dello Spirito Santo, per cui si colloca ben al di sopra di un atto di conoscenza puramente umano. Già in questo atto di fede, che è e dev'essere sulla bocca e nel cuore di tutti i veri credenti, "si manifesta" lo Spirito Santo. E' la prima e più elementare realizzazione di ciò che diceva Gesù nell'ultima Cena: "Egli (lo Spirito Santo) mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà".






Catechesi 79-2005 19120