Catechesi 79-2005 12292

Mercoledì, 12 febbraio 1992

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1. «Il Signore disse ancora a Mosè: "Parla a tutta la comunità degli Israeliti e ordina loro: Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo"».

La chiamata alla santità appartiene all'essenza stessa dell'Alleanza di Dio con gli uomini già nell'Antico Testamento. «Sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te». Dio che per propria essenza è la somma santità, il tre volte santo, si avvicina all'uomo, al popolo eletto, per inserirlo nell'ambito dell'irradiazione di questa santità. Sin dall'inizio, nell'Alleanza di Dio con l'uomo, si inscrive la vocazione alla santità, e anzi la «comunione» nella santità di Dio stesso: «Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa». In questo testo dell'Esodo, sono collegate la «comunione» nella santità di Dio stesso e la qualifica sacerdotale del popolo eletto. È una prima rivelazione della santità del sacerdozio, che troverà il suo compimento definitivo nella Nuova Alleanza mediante il Sangue di Cristo, quando si attuerà quell'«adorazione (culto) in spirito e verità», di cui Gesù stesso parla a Sichem, nel colloquio con la Samaritana.

2. La Chiesa come «comunione» nella santità di Dio e quindi «comunione dei santi» costituisce uno dei pensieri-guida della prima lettera di San Pietro. La fonte di questa comunione è Gesù Cristo, dal cui sacrificio deriva la consacrazione dell'uomo e di tutta la creazione. Scrive San Pietro: «Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito». Grazie all'oblazione di Cristo, che contiene in sé la virtù santificatrice dell'uomo e di tutta la creazione, l'Apostolo può dichiarare: «Siete stati liberati . . . col sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetto e senza macchia». E in questo senso: «Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa». In virtù del sacrificio di Cristo si può prendere parte alla santità di Dio, attuare «la comunione nella santità».

3. San Pietro scrive: «Cristo patì per voi lasciandovi un esempio perché ne seguiate le orme». Seguire le orme di Gesù Cristo vuol dire rivivere in noi la sua vita santa, che ci è stata partecipata con la grazia santificante e consacrante ricevuta nel Battesimo; vuol dire continuare a realizzare nella propria vita l'«invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo»; vuol dire mettersi in grado, mediante le buone opere, di rendere gloria a Dio di fronte al mondo e specialmente ai non credenti. In questo consiste, secondo l'Apostolo, l'«offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo». In questo consiste l'entrare nella «costruzione di un edificio spirituale . . . come pietre vive . . . per un sacerdozio santo».

Il «sacerdozio santo» si concreta nell'offrire sacrifici spirituali, che hanno la loro fonte e il loro perfetto modello nel sacrificio di Cristo stesso. «È meglio infatti, - aggiunge l'Apostolo - se così vuole Dio, soffrire operando il bene piuttosto che facendo il male». In questo modo si attua la Chiesa come «comunione» nella santità. In virtù di Gesù e per opera dello Spirito Santo la comunione del nuovo Popolo di Dio può pienamente rispondere alla chiamata di Dio: «Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo».

4. Anche nelle lettere di San Paolo troviamo lo stesso insegnamento. «Vi esorto, fratelli, - egli scrive ai Romani - per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale». «Offrite voi stessi a Dio come vivi, tornati dai morti, e le vostre membra come strumenti di giustizia per Dio». Il passaggio dalla morte alla vita, secondo l'Apostolo, si è realizzato per mezzo del sacramento del Battesimo. Ed esso è il battesimo «nella morte» di Cristo. Infatti siamo stati sepolti «insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova».

Come Pietro parla di «pietre vive» impiegate «per la costruzione di un edificio spirituale», così anche Paolo adopera l'immagine dell'edificio: «Voi siete, scrive, edificio di Dio», per poi ammonire: «Non sapete che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?», e infine aggiungere, quasi rispondendo alla sua stessa domanda: «Santo è il tempio di Dio, che siete voi».

L'immagine del tempio mette in risalto la partecipazione dei cristiani alla santità di Dio, la loro «comunione» nella santità che si effettua per opera dello Spirito Santo. L'Apostolo parla altresì del «suggello dello Spirito Santo», con cui sono segnati i credenti: Dio, che «ci ha conferito l'unzione (cioè ci ha confermato in Cristo), ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito Santo nei nostri cuori».

5. Secondo questi testi dei due Apostoli, la «comunione» nella santità di Dio significa la santificazione operata in noi dallo Spirito Santo, in virtù del sacrificio di Cristo. Questa comunione si esprime mediante l'offerta di sacrifici spirituali sull'esempio di Cristo. In questo modo essa esercita il «sacerdozio santo». Al suo servizio viene svolto il ministero apostolico, il quale ha come fine, scrive San Paolo, che «l'oblazione» dei fedeli «divenga gradita (a Dio), essendo santificata nello Spirito Santo». Così la «caparra dello Spirito» nella comunità della Chiesa fruttifica con il ministero della santità. La «comunione» nella santità si traduce per i fedeli in impegno apostolico per la salvezza dell'intera umanità.

6. L'insegnamento degli apostoli Pietro e Paolo riecheggia nell'Apocalisse. In questo libro, subito dopo l'augurio iniziale di «grazia e pace», leggiamo l'acclamazione seguente, rivolta a Cristo: «A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue e ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli». In questa acclamazione si esprime l'amore riconoscente e l'esultanza della Chiesa per l'opera di santificazione e di consacrazione sacerdotale che Cristo ha compiuto «con il suo sangue». Un altro passo precisa che la consacrazione raggiunge uomini e donne «di ogni tribù, lingua, popolo e nazione» e questa moltitudine viene poi rappresentata mentre sta «in piedi davanti al trono (di Dio) e davanti all'Agnello» e rende culto a Dio «giorno e notte nel suo santuario».

Se la lettera di Pietro mostra la «comunione» nella santità di Dio mediante Cristo come compito fondamentale della Chiesa sulla terra, l'Apocalisse ci offre una visione escatologica della comunione dei santi in Dio. È il mistero della Chiesa del Cielo, dove confluisce tutta la santità della terra, salendo sulle vie dell'innocenza e della penitenza, che hanno come punto di partenza il Battesimo, la grazia che esso conferisce, il carattere che esso imprime nell'anima, conformandola e facendola partecipare, come scrive San Tommaso d'Aquino, al sacerdozio di Cristo Crocifisso. Nella Chiesa del Cielo la comunione della santità si illumina alla gloria di Cristo Risorto.

Ai pellegrini di lingua francese

A un gruppo di giornalisti del Senegal

Ai fedeli di espressione inglese

Ai fedeli di espressione tedesca

A vari gruppi di lingua spagnola

Ai fedeli di lingua portoghese

Ad un gruppo di educatori svedesi
A studentesse di Kagoshima, in Giappone

Sia lodato Gesù Cristo!

Dilettissime studentesse del collegio «Cuore Immacolato» di Kagoshima.

Voi avete come vostra Patrona il «Cuore Immacolato» di Maria. Carissime, poiché la caratteristica della Madonna è stata la premura verso il prossimo, abbiate sempre una grande sollecitudine verso coloro che vi circondano.

Con questo auspicio vi benedico paternamente.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai pellegrini polacchi

Ai gruppi di lingua italiana

Saluto ora i pellegrini di lingua italiana.

Rivolgo un pensiero particolare ai membri ed amici dell'istituto secolare delle «Oblate di Cristo Re», conosciuto anche con il nome di «Opera Madonnina del Grappa». Esprimo loro i miei auguri per il cinquantesimo anniversario di approvazione dell'istituto, mentre invoco dal Signore che il servizio ecclesiale che essi svolgono in favore delle famiglie e persone in particolari condizioni di necessità sia confortato da copiosi doni di grazia.
* * *


Il mio saluto va poi ai componenti della Federazione dei Servizi di Volontariato Socio Sanitario. Ad essi esprimo il mio vivo incoraggiamento, invitandoli ad avere sempre presente nel proprio cammino gli ideali del Vangelo, che ci esorta ad accogliere chi soffre come un fratello in Cristo.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Saluto, come di consueto, i giovani, i malati e gli sposi novelli qui presenti.

Carissimi, sull'esempio della Vergine Maria, portate il Redentore nella vostra vita quotidiana e in quella delle persone che vi è dato di incontrare. In questo modo voi, giovani, testimonierete che la speranza cristiana non si fonda su un'utopia, ma sulla concreta presenza di Gesù; voi, malati, mostrerete che la sofferenza sopportata assieme a Cristo 31 non è vana; voi sposi novelli attesterete che l'amore matrimoniale ha una forza salvifica non solo per i coniugi, ma anche per l'intera Chiesa.

A tutti imparto la mia Benedizione.



Mercoledì, 19 febbraio 1992

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Carissimi fratelli e sorelle!


Rivolgo a voi, pellegrini di lingua italiana, il mio affettuoso saluto mentre mi accingo a intraprendere un nuovo viaggio apostolico che durerà sino al prossimo 26 febbraio. Mi recherò, per l’ottava volta, in Africa e renderò visita, a Dio piacendo, alle amate popolazioni del Senegal, Gambia e Guinea. Sono lieto d’incontrare le giovani Comunità cristiane di quei Paesi e di confortarle nella fede, condividendo con loro la comunione viva e fervida dell’unica Chiesa di Cristo.

Il ministero petrino mi porta a diffondere il Vangelo della speranza in ogni angolo della terra, a proclamare l’annuncio salvifico all’intera umanità. È questa la ragione per cui, pellegrino di pace e di carità evangelica, mi incammino pure ora verso il continente africano, con l’unico intento di servire la causa di Cristo, Redentore dell’uomo e di ogni uomo. A voi domando di accompagnarmi con la preghiera. Seguitemi, carissimi fratelli e sorelle, con un costante ricordo al Signore offrendo a tale scopo le vostre quotidiane sofferenze e prove. Invocate soprattutto la materna protezione della Vergine Santa, di cui visiterò, in particolare, il Santuario di Poponguine, in Senegal. Pregate perché Maria, Stella della nuova evangelizzazione, guidi sempre i popoli e le Chiese dell’Africa, il cui cammino è segnato, in questo nostro tempo, da accresciute preoccupazioni e da grandi speranze.

Ringraziandovi per il vostro sostegno spirituale, imparto a ciascuno di voi qui presenti la mia benedizione.

Ai pellegrini di lingua francese

Ai fedeli di espressione linguistica inglese

Ai pellegrini di lingua tedesca

Ai fedeli di espressione linguistica spagnola

Ai pellegrini di lingua portoghese

Ai fedeli polacchi


Mercoledì delle Ceneri, 4 marzo 1992

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L’inizio della Quaresima sollecita ogni cristiano alla riconciliazione non solo con Dio, ma anche con i fratelli. Più viva deve quindi farsi nell’animo dei cristiani la sensibilità per il problema ecumenico e più sentito il dovere di contribuire, con la preghiera e con la conversione del cuore, al raggiungimento della piena unità. Per invitare a rinnovare in tal senso l’impegno quaresimale, il Santo Padre rivolge oggi, mercoledì delle Ceneri, ai fedeli cattolici e a tutti i cristiani, la seguente Esortazione.

“Il Signore dei secoli, il quale con sapienza e pazienza persegue il disegno della grazia verso di noi peccatori, in questi ultimi tempi ha incominciato a effondere con maggiore abbondanza nei cristiani tra loro divisi l’interiore ravvedimento e il desiderio dell’unione” (Unitatis redintegratio
UR 1).
All’inizio della Quaresima ci richiamiamo a questa pregnante affermazione, contenuta nel Proemio del Decreto conciliare sull’Ecumenismo.
Desideriamo che questo santo giorno, e tutto il periodo quaresimale, sia permeato in modo particolare dall’interiore ravvedimento che è sollecitato anche dalla dolorosa constatazione della perdurante mancanza d’unità tra i cristiani: “Tale divisione - insegna il Concilio - non solo contraddice apertamente alla volontà di Cristo, ma è anche di scandalo al mondo e danneggia la santissima causa della predicazione del Vangelo a ogni creatura” (Unitatis redintegratio UR 1).).
Vogliamo incoraggiarci reciprocamente in questo interiore ravvedimento di tutta la Comunità cristiana e chiediamo ai nostri fratelli, che in virtù del Battesimo sono anch’essi veramente incorporati a Cristo morto e glorificato, e sono rigenerati alla vita divina (Unitatis redintegratio UR 2), una particolare unione nella penitenza e nella preghiera. Lo chiediamo specialmente in questo periodo di preparazione alla Pasqua, in cui ricordiamo la morte di Cristo sulla croce per radunare i figli di Dio dispersi (cf. Jn 11,52) e la sua gloriosa Risurrezione per la vita del mondo.
Il Concilio fa riferimento alla grazia di Dio che già opera in tanti cuori, anche in quelli delle altre Chiese e Comunità cristiane. Infatti “moltissimi uomini in ogni dove sono stati toccati da questa grazia” (Jn 11,52).
Desideriamo aprirci sempre di più all’azione salvifica dello Spirito Santo ed essere obbedienti a Lui, che parla alle Chiese (cf. Ap 2,7 Ap 2,11 Ap 2,17 Ap 2,18).
Abbracciamo con la preghiera sincera e l’amore fraterno tutte le Chiese ortodosse d’Oriente assieme alle Comunità e Confessioni sorte in Occidente dalla Riforma. Ci spinge a ciò l’amore di Cristo.
Il Concilio, intendendo promuovere la piena riconciliazione di tutti gli animi, ha ricordato le “colpe contro l’unità”. E i Padri conciliari con autentico spirito cristiano hanno esortato i fedeli a chiedere “perdono a Dio e ai fratelli divisi così come noi lo accordiamo ai nostri debitori” (Unitatis redintegratio UR 7).
Perdoniamoci, quindi, reciprocamente con cuore sincero e chiediamo perdono a Dio conformemente alle parole del Padre nostro, che il Signore stesso ci ha insegnato.
Chiediamo anche allo Spirito Santo, Paraclito, che ci conceda di poter continuare tutte le iniziative in favore dell’unità mediante la preghiera, lo studio e la cooperazione ecumenica; e che renda fecondo il multiforme dialogo teologico, affinché si risolvano finalmente le divergenze che tuttora ostacolano la piena unità.
Che il movimento per il ristabilimento dell’unità si approfondisca, si estenda all’intera Comunità cristiana e faccia maturare sempre più la consapevolezza dell’universale appartenenza a Cristo e della comune responsabilità nell’annuncio del Vangelo a tutto il mondo.
Sia questa Quaresima un tempo veramente propizio di intensa preghiera in profonda sintonia con il potente grido del Figlio al Padre: “Che tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola” (Jn 17,21).

1. Nel periodo che ha preceduto la Quaresima mi è stato dato di visitare le Comunità ecclesiali del Senegal, Gambia e Guinea (Conakry), Paesi che si trovano lungo la costa occidentale dell'Africa, sull'Atlantico, e verso i quali si fa sentire in qualche misura l'influsso del grande deserto del Sahara. Gli abitanti sono in maggioranza musulmani ed i cristiani costituiscono soltanto una piccola minoranza.

Esprimo cordiale gratitudine agli Episcopati per l'invito rivoltomi e per la diligente preparazione della visita. Nello stesso tempo, desidero manifestare riconoscente apprezzamento per l'iniziativa delle autorità statali ed in particolare dei Presidenti del Senegal, Gambia e Guinea, che mi hanno chiesto di visitare i loro Paesi e ringrazio per la cordiale ospitalità dimostratami, con la collaborazione dei diversi organi dell'Amministrazione. Tale ospitalità testimonia la buona convivenza esistente fra cristiani e musulmani, secondo una bella tradizione africana.

2. L'Islam giunse tra quelle popolazioni verso la fine del primo millennio dopo Cristo. I primi cristiani vi arrivarono intorno al XV secolo, ma una vera azione missionaria non iniziò che verso la metà del secolo scorso ed il merito dell'iniziativa pionieristica lo hanno, in questo campo, le Congregazioni religiose, maschili e femminili. Insieme, grazie al graduale formarsi delle diocesi e all'istituzione dei seminari, è cresciuto anche il clero diocesano. In Senegal vi sono oggi sei diocesi, tra cui Dakar, la capitale, è sede arcivescovile, retta dal Cardinale Hyacinthe Thiandoum. In Gambia c'è soltanto una diocesi, Banjul, e in maggioranza il clero è composto da missionari. Sul territorio di Guinea oltre alla capitale, Conakry, sede arcivescovile, vi sono altre due sedi vescovili.

Desidero esprimere la mia gratitudine a tutti i sacerdoti del Clero indigeno e ai numerosi missionari, i quali affrontano, instancabili, la fatica dell'evangelizzazione. Parole di viva gratitudine rivolgo pure alle religiose delle diverse Congregazioni femminili e ai missionari e missionarie laici. Il Signore della messe benedica il loro lavoro e mandi costantemente nuovi operai alla sua messe.

3. Momento centrale di ogni giorno è stata la liturgia eucaristica. In essa - mediante l'Opus divinum - si esprimeva, nel modo più pieno, la Chiesa nel suo radicarsi «africano». È ravvisabile in ciò un aspetto di quell'inculturazione che si esprime, ad esempio, nella lingua, nel canto stupendo, nel ritmo processionale dell'offerta dei doni, il tutto permeato di grande devozione e pieno di vita. Nella liturgia si avverte pienamente il particolare «dono» che la Chiesa africana apporta al comune tesoro dell'universale Chiesa di Cristo. E così rimangono nella mia memoria le celebrazioni eucaristiche di ogni giorno: a Ziguinchor, nel Senegal meridionale, nel Santuario Mariano di Poponguine, in cui ho pronunciato l'atto di affidamento a Maria, ed anche nella capitale Dakar. A Banjul s'è iniziato con la Santa Messa, celebrata verso mezzogiorno; poi si è avuta la celebrazione dei Vespri nella Cattedrale, con l'uso della lingua locale.

Infine, a Conakry: il primo giorno, ci siamo ritrovati per la Santa Messa nella Cattedrale e il giorno seguente nello stadio per le ordinazioni sacerdotali. Dappertutto si notava una viva e numerosa partecipazione da parte dei fedeli. E durante gli spostamenti, lungo le vie e le strade, si sono viste vere folle di abitanti: cristiani e musulmani insieme. Erano presenti anche i rappresentanti delle religioni africane tradizionali.

Il dialogo inter-religioso è prima di tutto il «dialogo della vita quotidiana», in cui domina il rispetto reciproco, che forse è qualche cosa di più della tolleranza. Su tale sfondo hanno avuto un significato singolare gli incontri con i rappresentanti dell'Islam, soprattutto in Senegal, a Dakar, e in Guinea, a Conakry. Questi incontri riflettevano lo stesso clima nel quale vivono le società locali.

4. Le Comunità cattoliche sono in percentuale poco numerose, ma vigorose. Questo vale in modo particolare per i laici, molti dei quali s'assumono impegnativi compiti apostolici. Tanto importante è stato, pertanto, l'incontro con i catechisti, con i membri dei consigli pastorali e con quanti svolgono ruoli indispensabili alla vita dell'intera Comunità. I catechisti, nei Paesi missionari, hanno i meriti dei pionieri. Nei periodi delle persecuzioni - come è successo in Guinea - essi sono stati il baluardo dell'esistenza stessa della Chiesa. Dopo l'imprigionamento dell'arcivescovo di Conakry, Monsignor Raymond-Marie Tchidimbo, e l'espulsione dei missionari europei, essi si sono rivelati nella vita quotidiana un indispensabile sostegno per i pochi sacerdoti locali rimasti nel Paese.

Queste Chiese, quindi, hanno un vivo passato missionario, ma anche di martirio, e s'iscrivono nel dinamismo del periodo attuale mediante le giovani generazioni, che si sono fatte conoscere durante gli incontri ad esse riservati. La gioventù senegalese ha raccontato, con grande arte, le vicende del Paese e della Chiesa, ha illustrato la propria vita, ha espresso le proprie difficoltà e speranze. Altri incontri con i giovani hanno avuto luogo nella scuola cattolica a Banjul e a Conakry nel corso di interessanti serate.

Dappertutto la gioventù invita a guardare al futuro e ad andare incontro alle difficoltà e sofferenze dell'esistenza africana con la speranza cristiana.

5. Non si può tralasciare un'altra tappa che, nel corso di questo pellegrinaggio africano, ha avuto la sua eloquenza più dolorosa.

Penso alle ore passate nell'isola di Gorée, vicino a Dakar. Questa isola di basalto è stata, durante i secoli, testimone del commercio degli schiavi, brutalmente staccati dalle loro famiglie per essere trasportati, in condizioni umilianti, in America e venduti come «merce umana».

La quaresima ci invita a maggiore serietà di vita

Oggi, Mercoledì delle Ceneri, la Chiesa incomincia la Quaresima. Ricevendo le ceneri sui nostri capi, accogliamo, nello stesso tempo, la chiamata alla penitenza e alla conversione: «Convertitevi e credete al Vangelo».

Questa chiamata abbracci anche tutte le colpe del passato di cui è simbolo l'isola di Gorée. Da 500 anni risuona nell'area del continente americano l'esortazione di Cristo: «Convertitevi e credete al Vangelo». Desideriamo riconoscere, in spirito di penitenza, tutti i torti che, in questo lungo periodo, sono stati recati agli uomini e ai popoli dell'Africa in quel turpe commercio. Abbiamo fiducia che «laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia» della redenzione di Cristo. Con tale fede entriamo nel cuore stesso dell'evangelizzazione di ieri, di oggi e di domani, mediante la quale il Cristo - nostra Pasqua - ha abbracciato in modo particolare coloro che maggiormente hanno subìto, da parte degli altri, umiliazioni e torti.

La Quaresima, preparandoci alla Settimana Santa ed alla Pasqua, ci invita a maggior raccoglimento e serietà di vita. Essa costituisce un tempo di riflessione e di preghiera più intensa, unita ad opportune forme di sacrificio e di penitenza, e a gesti di concreta e fraterna solidarietà. È tempo, ancora, di silenzio interiore e di meditazione, nel quale, mettendo da parte quanto turba o rischia di sconvolgere la coscienza e la fantasia, ciascuno si impegna a riscoprire e rivivere i profondi valori della fede cristiana.

Disponiamoci con fiducia, carissimi Fratelli e Sorelle, a percorrere questo itinerario di conversione e di rinnovamento interiore nell'ascolto della Parola di Dio, nella preghiera, nel quotidiano esercizio della carità verso il prossimo.

Ai fedeli di lingua francese

Ai pellegrini di espressione inglese

Ai pellegrini giapponesi

Sia lodato Gesù Cristo!
Saluto gli studenti delle Università “Joci” (Sophia), “Junshin” (Cuore Immacolato) e “Kenmei” (Prudenza), i componenti del “Pellegrinaggio per la Pace” e il gruppo di Shintoisti.
Nel mondo ci sono tanti emarginati che chiedono aiuto. Vi invito, carissimi, ad allargare il vostro cuore verso di essi, considerando ciò come uno dei frutti del vostro studio di aggiornamento o del vostro pellegrinaggio.
Con questo auspicio vi benedico di cuore.
Sia lodato Gesù Cristo!

Ai gruppi di lingua tedesca

Ai pellegrini spagnoli
Ai fedeli di lingua portoghese

Ai pellegrini polacchi

A un gruppo di pellegrini croati

Cari Croati, Vi saluto tutti di cuore. In questo tempo di Quaresima il Signore ci invita alla conversione. Il suo richiamo viene anche attraverso le sofferenze e le tribolazioni, che molti di voi hanno vissuto personalmente. Nella sua grande misericordia conceda adesso il Signore la vera pace a tutte le popolazioni delle vostre regioni così che tutti gli esuli al più presto ritornino ai propri focolari e abbia inizio il rinnovamento della Patria devastata dalla guerra. L’immensa ricostruzione materiale sia accompagnata dal rinnovamento morale e spirituale. E i vostri cuori siano sempre riempiti di sentimenti di amore e di perdono. Su tutti voi e sull’intera vostra Patria, la Croazia, invoco la benedizione e la pace di Dio onnipotente e misericordioso. Siano lodati Gesù e Maria!

Ai gruppi di lingua italiana

Rivolgo ora il mio saluto ai vari gruppi di lingua italiana, presenti a questa Udienza. In particolare, do il benvenuto alle Suore Ancelle del Sacro Cuore di Gesù, convenute per il loro Capitolo Generale, in cui hanno studiato come unire il carisma della “riparazione” con quello della nuova evangelizzazione. Auspico che i vostri lavori aiutino la Congregazione a rispondere con slancio sempre nuovo alle esigenze del Regno di Dio.
Saluto, inoltre, il numeroso gruppo di Appuntati della Guardia di Finanza del Lido di Ostia, insieme con quello degli Allievi della Scuola Sottufficiali della Marina Militare di Taranto. Esorto tutti a coltivare sempre con la massima cura sia la disciplina propria del vostro servizio a difesa della società, sia quella dello spirito, che nobilita la vostra vita e dà un senso alla vostra speranza.

Agli ammalati e agli sposi novelli

Porgo ora un particolare saluto a voi, Ammalati e Sposi Novelli.
Auguro che il tempo quaresimale vi conduca ad una maggiore intimità con Cristo e ad una sua più assidua imitazione.
Esorto voi, cari ammalati, a tradurre nella vostra esistenza i profondi sentimenti di Cristo, per poter trovare forza in lui nei momenti difficili e contribuire così alla sua opera di redenzione nel mondo.
Anche voi, cari sposi novelli, sappiate scoprire nel mistero di Dio, che si dona per la salvezza di tutti, la sorgente inesauribile del vostro amore. Maria accompagni il vostro cammino ed ottenga dal Redentore le grazie necessarie per restare fedeli al suo disegno su di voi.
A tutti la mia Benedizione.

Un appello alla pacificazione in Zaire e in Rwanda viene lanciato da Giovanni Paolo II al termine dell’udienza generale di oggi. Queste le parole pronunciate dal Santo Padre.

1. Le consolanti esperienze vissute durante quest’ultimo pellegrinaggio apostolico in terra d’Africa non mi fanno dimenticare l’affliggente situazione che grava ancora in altri territori di quel grande continente. Mi riferisco, in particolare, a due popoli oggi in preda a gravi disordini: lo Zaire e il Rwanda.
In Zaire è in corso da mesi un processo di democratizzazione che non ha ancora dato i frutti sperati. Preghiamo perché prevalga il dialogo leale fra tutte le parti e alla popolazione siano risparmiati ulteriori atti di tragica violenza come quelli che hanno insanguinato la capitale Kinshasa nella giornata del 16 febbraio. Ai morti, ai feriti e agli arrestati si è aggiunto un altro penoso episodio che tocca direttamente la Chiesa: l’espulsione di alcuni missionari.
In questa dolorosa circostanza esprimo piena solidarietà al Cardinale-Arcivescovo di Kinshasa e ai Presuli del Paese, così vicini alla gente già tanto provata, e unisco la mia alla loro preghiera di suffragio per le vittime.
2. Nel Rwanda imperversa, da troppo tempo oramai, una devastante guerriglia, con un numero sempre crescente di vittime. Inermi popolazioni civili sono condannate a lasciare le loro terre, con indicibili sofferenze e disagi soprattutto per i più deboli: donne, anziani, bambini.
Mi addolora profondamente la morte di una benemerita Religiosa e di una giovane aspirante delle “Religiose Missionarie Oblate dell’Assunzione”, uccise con altre sette persone.
Desidero che i Vescovi, i Sacerdoti e i fedeli di quell’amata Nazione sappiano che il Papa è vicino a quanti piangono i loro congiunti, condivide le sofferenze di tutti, mentre invita i responsabili della vita pubblica a seguire le vie di un onorevole negoziato che porti alla pace e alla riconciliazione.
Anche per questo preghiamo, all’inizio del nostro itinerario di conversione e penitenza quaresimali.

Nella Basilica Vaticana il Santo Padre incontra i giovani partecipanti all’udienza generale. Il gruppo maggiormente significativo è quello composto da circa mille alunni e studenti delle Scuole elementari, medie e superiori della Diocesi di Sora-Aquino-Pontecorvo che hanno partecipato al concorso sul tema “Giustizia, Pace e Solidarietà”, promosso dall’Azione Cattolica diocesana. A questo gruppo, guidato dal Vescovo, Monsignor Lorenzo Chiarinelli, e ai tanti altri pellegrinaggi giovanili presenti il Papa rivolge la seguente catechesi.

1. Siate i benvenuti, cari ragazzi della diocesi di Sora-Aquino-Pontecorvo, che avete partecipato al concorso indetto dall’Azione Cattolica diocesana sul tema: “Giustizia, Pace e Solidarietà”. Saluto, in maniera particolare, il vostro Vescovo, il caro Monsignor Lorenzo Chiarinelli, l’Assistente Ecclesiastico, la Presidente della vostra associazione, gli insegnanti, gli educatori e quanti vi accompagnano all’odierna Udienza. Rivolgo un’affettuosa parola di benvenuto anche agli altri gruppi di studenti, ragazzi e bambini qui presenti.
2. Carissimi, ci incontriamo proprio all’inizio della Quaresima, tempo di revisione di vita e di rinnovamento spirituale. Tempo, soprattutto, di incontro con Cristo, che ci invita a percorrere un serio cammino di conversione sia come singoli che come comunità. La Quaresima è una stagione dell’anno liturgico, che potremmo anche paragonare alla giovinezza, periodo della vita umana che direttamente vi riguarda, perché lo state attraversando. È un dono prezioso la vostra età, una ricchezza singolare per le potenzialità che comporta e per le opportunità che offre di costruire saldamente il vostro futuro. In questo tempo di entusiasmo e di crescita voi iniziate a conoscere e ad attuare i valori e le virtù, che dovranno sempre più affermarsi nell’arco di tutta l’esistenza. Voi dovete imparare oggi a discernere ciò che veramente conta, per dedicare ogni vostra attenzione a ideali per i quali vale la pena di impegnarsi, costruendo il progetto della vostra vita su Cristo. Vi occorrono, per questo, coraggio e dedizione, pazienza e ardimento, generosità e spirito di sacrificio.
3. Non c’è meta cristiana nobile e grande che possa esser raggiunta senza decisioni ardite, senza perseverante preghiera e diuturna educazione all’ascolto dello Spirito di Dio. Un tale stile di vita, apparentemente faticoso, è interiormente liberante: vi conduce, infatti, a scoprire la verità che libera l’uomo, rendendolo capace di amore. In questa linea, la Quaresima costituisce un importante itinerario formativo, che spinge non a ciò che piace, ma verso il vero bene, anche se arduo. “Giustizia, Pace e Solidarietà” sono le parole che hanno ispirato il vostro concorso. Esse contengono valori necessari per l’umanità e per il suo futuro. Sin d’ora voi dovete e potete costruire tali valori, educandovi sempre al rispetto della vita e della libertà, della dignità e del diritto di ogni persona. La Parola di Dio sia la vostra luce. Vi insegni il Signore a seguirlo anche per vie faticose e ripide. Non stancatevi mai di tener vivo il colloquio con lui nella preghiera. Invocate spesso l’aiuto materno della Madre di Dio, sostegno del popolo cristiano. Carissimi ragazzi e ragazze, vi incoraggio tutti a e io entrare con questo spirito nel tempo quaresimale. Vi accompagni la benedizione apostolica, che ora imparto a voi qui presenti, e che estendo alle vostre famiglie e alle persone che vi sono care.



Mercoledì, 18 marzo 1992

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1. Abbiamo visto nella precedente catechesi che, secondo le lettere di Pietro e Paolo e l’Apocalisse di Giovanni, Cristo Signore, “sacerdote scelto fra gli uomini” (
He 5,1), ha fatto [del nuovo popolo] “un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre” (Ap 1,6 cf. Ap 5,9-10). Così si è attuata la “comunione” nella santità di Dio, secondo la richiesta da lui rivolta già all’antico Israele e impegnativa ancor più per il nuovo: “Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo” (Lv 19,2). La “comunione” nella santità di Dio si è compiuta come frutto del sacrificio redentivo di Cristo, in virtù del quale diventiamo partecipi di quell’amore che “è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo” (Rm 5,5). Il dono dello Spirito santificatore attua in noi “un sacerdozio santo”, che, secondo Pietro, ci rende capaci di “offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo” (1P 2,5). Vi è dunque un “sacerdozio santo”. Possiamo dunque riconoscere nella Chiesa una comunità sacerdotale, nel senso che vogliamo ora spiegare.

2. Leggiamo nel Concilio Vaticano II, che cita la prima lettera di Pietro, che “per la rigenerazione e l’unzione dello Spirito Santo i battezzati vengono consacrati a formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo, per offrire, mediante tutte le opere del cristiano, spirituali sacrifici, e far conoscere i prodigi di Colui che dalle tenebre li chiamò all’ammirabile sua luce (cf. 1P 2,4-10)” (LG 10). In questo testo il Concilio collega poi la preghiera mediante la quale i cristiani rendono gloria a Dio, con il “sacrificio di se stessi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio” (cf. Rm 12,1), e con la testimonianza da rendere a Cristo. Vediamo così riassunta la vocazione di tutti i battezzati come partecipazione alla missione messianica di Cristo, che è sacerdote, profeta e re.

3. La partecipazione universale al sacerdozio di Cristo, detta anche sacerdozio dei fedeli (“sacerdotium universale fidelium”), dal Concilio è considerata nel suo particolare rapporto con il sacerdozio ministeriale: “Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l’uno all’altro, poiché l’uno e l’altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell’unico sacerdozio di Cristo” (LG 10). Il sacerdozio gerarchico come “ufficio” (“officium”) è un servizio particolare, grazie al quale l’universale sacerdozio dei fedeli può attuarsi in modo che la Chiesa costituisca la pienezza della “comunità sacerdotale” secondo la misura dell’elargizione da parte di Cristo. “Quelli tra i fedeli che vengono insigniti dell’ordine sacro, sono posti in nome di Cristo a pascere la Chiesa con la parola e la grazia di Dio” (LG 11).

4. Il Concilio sottolinea che il sacerdozio universale dei fedeli e il sacerdozio ministeriale (o gerarchico) sono reciprocamente ordinati. Nello stesso tempo afferma che c’è tra di essi una differenza essenziale “e non solo di grado” (LG 10). Il sacerdozio gerarchico-ministeriale non è un “prodotto” del sacerdozio universale dei fedeli. Non proviene da una scelta o dalla delega della comunità dei credenti, ma da una particolare chiamata divina: “Nessuno può attribuirsi questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne” (He 5,4). Un cristiano diventa soggetto di tale ufficio in base a un apposito sacramento, quello dell’Ordine.

5. “Il sacerdozio ministeriale, - sempre secondo il Concilio - con la potestà sacra di cui è investito, forma e regge il popolo sacerdotale, compie il sacrificio eucaristico in persona di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo” (LG 10). Ancor più ampiamente il Concilio tratta di questo punto nel Decreto sulla vita e il ministero dei sacerdoti: “Il Signore, affinché i fedeli fossero uniti in un corpo solo, di cui però “non tutte le membra hanno la stessa funzione” (Rm 12,4), promosse alcuni di loro come ministri, in modo che nel seno della società dei fedeli avessero la sacra potestà dell’Ordine per offrire il Sacrificio e perdonare i peccati, e che in nome di Cristo svolgessero per gli uomini in forma ufficiale la funzione sacerdotale . . . I presbiteri, in virtù dell’unzione dello Spirito Santo, sono segnati da uno speciale carattere che li configura a Cristo Sacerdote, in modo da poter agire in nome di Cristo, Capo della Chiesa” (PO 2 cf. San Tommaso, Summa theologiae, III 63,3). Col carattere è loro conferita la grazia necessaria a un degno svolgimento del loro ministero: “Dato che i presbiteri hanno una loro partecipazione nella funzione degli Apostoli, ad essi è concessa da Dio la grazia per poter essere ministri di Cristo Gesù fra le genti mediante il sacro ministero del Vangelo” (PO 2).

6. Come abbiamo detto, il sacerdozio gerarchico-ministeriale è stato istituito nella Chiesa per attuare tutte le risorse del sacerdozio universale dei fedeli. Il Concilio lo afferma in diversi punti e in particolare quando tratta del concorso dei fedeli alla celebrazione dell’Eucaristia. Leggiamo: “Partecipando al sacrificio eucaristico, fonte e apice di tutta la vita cristiana, offrono a Dio la Vittima divina e se stessi con essa; così tutti, sia con l’oblazione che con la santa comunione, compiono la propria parte nell’azione liturgica, non però ugualmente, ma chi in un modo e chi in un altro. Cibandosi poi del corpo di Cristo nella santa comunione, mostrano concretamente l’unità del Popolo di Dio, che da questo augustissimo sacramento è adeguatamente espressa e mirabilmente prodotta” (LG 11). Secondo questa dottrina, che appartiene alla più antica tradizione cristiana, l’“attività” della Chiesa non si riduce al ministero gerarchico dei pastori, come se i laici dovessero rimanere in uno stato di passività. Infatti tutta l’attività cristiana svolta dai laici in ogni tempo, e specialmente il moderno apostolato dei laici, rende testimonianza all’insegnamento conciliare, secondo il quale il sacerdozio dei fedeli e il ministero sacerdotale della gerarchia ecclesiastica sono “ordinati l’uno all’altro”.

7. “I ministri infatti, che sono rivestiti di sacra potestà, - sostiene il Concilio - servono i loro fratelli, perché tutti coloro che appartengono al Popolo di Dio, e perciò hanno una vera dignità cristiana, tendano liberamente e ordinatamente allo stesso fine e arrivino alla salvezza” (LG 18). Per questo il sacerdozio della gerarchia ha carattere ministeriale. Proprio per questo i vescovi e i sacerdoti sono nella Chiesa dei Pastori. Il loro compito è di servire i fedeli, come Gesù Cristo, il buon Pastore, l’unico Pastore universale della Chiesa e dell’intera umanità, che dice di sé: “Il Figlio dell’uomo . . . non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la vita in riscatto per molti” (Mt 20,28). Alla luce dell’insegnamento e dell’esempio del Buon Pastore, tutta la Chiesa, partecipe della grazia della Redenzione diffusa in tutto il Corpo di Cristo dallo Spirito Santo, è e opera come una comunità sacerdotale.

Ai fedeli di lingua francese

Ai pellegrini di espressione inglese

Ai fedeli giapponesi

Sia lodato Gesù Cristo!

Carissimi artisti e pellegrini provenienti da varie parti del Giappone, ci avviciniamo alla solennità della Pasqua, nella quale professiamo la risurrezione di Gesù, nostro Signore.

Ogni creazione artistica è la trasmissione di una nostra convinzione agli altri. Così è la vita cristiana, poiché con essa testimoniamo agli altri la nostra fede in Gesù Salvatore di tutti.

Affidandovi alla protezione della Madonna, vi benedico paternamente.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai gruppi di lingua tedesca

Ai fedeli venuti dalla Spagna e da diversi Paesi dell’America Latina

Ai pellegrini di espressione portoghese

Ai pellegrini venuti dalla Polonia

Ai gruppi di lingua italiana

Rivolgo ora, come di consueto, un cordiale pensiero ai gruppi di lingua italiana.

Saluto anzitutto il gruppo dei Diaconi dell’Arcidiocesi di Milano, con il Rettore Maggiore del Seminario e gli altri Educatori. Carissimi, il vostro cammino di formazione al sacerdozio sta per giungere al suo momento culminante. Formulo per voi lo speciale augurio che questo pellegrinaggio sia pegno di una piena e fruttuosa dedizione alla Chiesa, Corpo di Cristo, e di un servizio senza riserve all’avvento del Regno di Dio tra gli uomini del nostro tempo.

Accolgo, poi, ben volentieri la nutrita rappresentanza dei fedeli di Norcia, Subiaco e Cassino, guidata da Monsignor Antonio Ambrosanio, dai Padri Abati di Subiaco e Montecassino, dai rispettivi Sindaci ed Amministratori, e da una Delegazione del Governo Polacco e della Città di Varsavia. Siete qui convenuti per presentare la “Fiaccola di San Benedetto”. Questa fiaccola, accesa tre giorni fa nel Duomo di Varsavia e già benedetta dal Cardinale Glemp, giungerà dopodomani a Norcia, unendo così idealmente l’Oriente e l’Occidente dell’Europa, sotto i celesti auspici di Benedetto e di Cirillo e Metodio. Esprimo il mio vivo apprezzamento per tale iniziativa, che benedico di cuore e accompagno con la preghiera.

Ai malati e agli sposi novelli

Saluto, infine, i malati e gli sposi novelli, presenti all’Udienza. Mi è particolarmente caro, alla vigilia della Solennità di San Giuseppe, indicarvi l’esempio di questo grande Santo ed affidare a Lui la vostra esistenza. Nella vita, nel lavoro, nella famiglia, nei momenti di gioia e di dolore egli ha costantemente cercato e amato il Signore, meritando l’elogio della Scrittura come uomo giusto e saggio. Invocatelo sempre, specialmente nei momenti difficili che potrete incontrare voi, cari ammalati. E voi, sposi novelli, ponete la vostra nascente famiglia sotto la sua protezione. Vi renda saggi e casti come Lui, pronti a comprendere e mettere in pratica il Vangelo. A tutti la mia Benedizione.

Dialogo autentico per mettere fine al conflitto nel Nagorno-Karabakh

Un fervido appello alle Autorità locali e alla Comunità internazionale affinché si prosegua “con tenace perseveranza, in un dialogo autentico nel cammino già intrapreso per mettere fine al conflitto” che insanguina il Nagorno-Karabakh, nel lontano Caucaso, viene lanciato dal Santo Padre durante l’udienza generale di oggi. Queste le parole pronunciate da Giovanni Paolo II.

Da parecchie settimane, la situazione del Nagorno-Karabakh, nel lontano Caucaso, continua a preoccupare la comunità internazionale e, tutti noi, sentiamo il dovere di essere solidali con le famiglie che piangono persone care, morte o ferite.

Supplichiamo insieme Dio onnipotente e misericordioso affinché abbia pietà di chi soffre e aiuti tutti a far prevalere sentimenti di fratellanza.

Quelle popolazioni potranno così vivere in libertà, crescere e svilupparsi senza timore, nel rispetto della propria identità etnica e culturale.

Rivolgo un fervido appello alle Autorità locali e alla Comunità internazionale, perché si prosegua, con tenace perseveranza, in un dialogo autentico, nel cammino già intrapreso per mettere fine al conflitto.

Voglia Iddio sostenere quanti si adoperano per il ritorno della pace!

Nella Basilica Vaticana, il Santo Padre incontra oggi i giovani partecipanti all’Udienza generale, insieme ai fedeli di alcune parrocchie italiane. Ai ragazzi, ai giovani e ai gruppi parrocchiali, il Papa propone la seguente riflessione.

Carissimi ragazzi e giovani!
Vi ringrazio per questa visita alla Tomba dell’Apostolo Pietro. Essa testimonia, ne sono certo, il vostro ardente desiderio di ascoltare il suo insegnamento. Il giorno di Pentecoste, davanti a una grande folla venuta da ogni parte del mondo, Pietro annunciò che Gesù, morto sulla croce, era risorto. All’udire quelle parole, le persone presenti si sentirono come trafiggere il cuore e gli chiesero: cosa dobbiamo fare? L’Apostolo rispose: “Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati” (Ac 2,38). Anch’io, in questo tempo di Quaresima, voglio invitarvi a cambiare la vostra vita per dare il primo posto a Gesù Cristo! Nasca in voi il desiderio di accoglierlo sempre più generosamente, crescendo non solo nel fisico, ma anche nello spirito di fede. La fede vuol dire che quello che siamo e facciamo ha un significato: è la compagnia di Dio che, in Gesù Cristo, ha vinto le nostre paure. Ognuno di noi è amato da Dio stesso, è assunto da Lui nella sua povertà, e avvalorato dalla sua grazia. I ragazzi e i giovani capaci di ringraziare per quello che sono e di condividere con gli altri ciò che hanno, scoprono la “perla preziosa”, di cui parla il Vangelo, e trovano se stessi. Chi dona la propria vita per la causa del Vangelo, non la perde, ma l’avvalora infinitamente, perché già esperimenta la gioia di essere con il Signore. Vivete così la vostra vita, cari giovani, e scoprirete che essa è un dono meraviglioso di Dio, che vi chiama alla sua amicizia e al suo amore. Saluto, infine, i fedeli delle numerose Parrocchie provenienti da varie Diocesi d’Italia. Penso, in particolare, a quella del SS.mo Redentore di Ruvo di Puglia, che celebra il novantesimo anniversario di fondazione.
Carissimi, insieme con i vostri pastori, attingete sempre alle sorgenti della fede e della comunione con Dio, e fatevi messaggeri della carità di Cristo nelle vostre Comunità e nei vostri ambienti di vita. Imparto a tutti la mia benedizione.



Catechesi 79-2005 12292