Catechesi 79-2005 50593

Mercoledì, 5 maggio 1993

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1. Parlando della missione evangelizzatrice dei Presbiteri, abbiamo già visto che, nei Sacramenti e mediante i Sacramenti, è possibile impartire ai fedeli una istruzione metodica ed efficace sulla Parola di Dio e sul mistero della salvezza. Infatti, la missione evangelizzatrice del Presbitero è essenzialmente connessa col ministero di santificazione per mezzo dei Sacramenti (cf
CEC 893). Il ministero della Parola non può fermarsi al solo effetto immediato e proprio della parola. L’evangelizzazione è la prima di quelle “fatiche apostoliche” che, secondo il Concilio, “sono ordinate a far sì che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il Battesimo, si riuniscano in assemblea, lodino Dio in seno alla Chiesa, prendano parte al Sacrificio e mangino la Cena del Signore” (Sacrosanctum Concilium SC 10). E il Sinodo dei Vescovi del 1971 asseriva che “il ministero della Parola, se rettamente compreso, porta ai Sacramenti e alla vita cristiana, quale viene praticamente vissuta nella comunità visibile della Chiesa e nel mondo” (cf. Ench. Vat. 4, 1179). Ogni tentativo di ridurre il ministero sacerdotale alla sola predicazione o all’insegnamento misconoscerebbe un aspetto fondamentale di questo ministero. Già il Concilio di Trento aveva respinto la proposta di far consistere il sacerdozio nel solo ministero di predicare il Vangelo (cf. Denz. DS 1771). Siccome alcuni, anche recentemente, hanno esaltato in modo troppo unilaterale il ministero della Parola, il Sinodo dei Vescovi del 1971 ha sottolineato l’alleanza indissolubile fra Parola e Sacramenti. “Difatti – esso disse – i Sacramenti vengono celebrati in collegamento con la proclamazione della Parola di Dio e così sviluppano la fede, corroborandola mediante la grazia. I Sacramenti non possono, perciò, essere sottovalutati, perché, per mezzo loro, la Parola giunge al suo effetto più pieno, cioè alla comunione col mistero di Cristo” (cfr Ench. Vat. 4, 1180).

2. Su questo carattere unitario della missione evangelizzatrice e del ministero sacramentale il Sinodo del 1971 non ha esitato a dire che una divisione tra l’evangelizzazione e la celebrazione dei Sacramenti “dividerebbe il cuore della Chiesa stessa fino a mettere in pericolo la fede” (cfr Ench. Vat. 4, 1181). Il Sinodo, tuttavia, riconosce che nell’applicazione concreta del principio d’unità vi possono essere modalità diverse per ogni Sacerdote, “in quanto l’esercizio del ministero sacerdotale deve spesso assumere in pratica forme diverse, per poter meglio rispondere alle situazioni particolari o nuove, nelle quali bisogna annunciare il Vangelo” (cfr Ench. Vat. 4, 1182). Una saggia applicazione del principio di unità deve anche tener conto dei carismi che ogni Presbitero ha ricevuto. Se alcuni hanno talenti particolari per la predicazione o l’insegnamento, occorre che li sfruttino per il bene della Chiesa. È utile ricordare qui il caso di san Paolo, il quale, pur convinto della necessità del Battesimo e avendo anche, qualche volta, amministrato tale sacramento, si considerava nondimeno come inviato per la predicazione del Vangelo, e consacrava le sue energie soprattutto a questa forma di ministero (cfr 1Co 1,14 1Co 1,17). Ma nella sua predicazione non perdeva di vista l’opera essenziale di edificazione della comunità (cfr 1Co 3,10), alla quale essa deve servire. Vuol dire che anche oggi, come sempre nella storia del ministero pastorale, la ripartizione del lavoro potrà portare a porre l’accento sulla predicazione o sul culto e i Sacramenti, secondo le capacità delle persone e la valutazione delle situazioni. Ma non si può mettere in dubbio che per i Presbiteri la predicazione e l’insegnamento, anche ai più alti livelli accademici e scientifici, devono sempre conservare una finalità di servizio al ministero di santificazione per mezzo dei Sacramenti.

3. Ad ogni modo, è fuori discussione l’importante missione di santificazione affidata ai Presbiteri, che possono svolgerla soprattutto nel ministero del culto e dei Sacramenti. Senza dubbio è un’opera compiuta prima di tutto da Cristo, come rileva il Sinodo del 1971: “La salvezza che si opera attraverso i Sacramenti non proviene da noi, ma discende da Dio, e ciò dimostra il primato dell’azione di Cristo, unico Sacerdote e Mediatore, nel suo corpo, che è la Chiesa” (cfr Ench. Vat. 4, 1187; cf. anche l’Esortazione apostolica Postsinodale Pastores dabo vobis PDV 12). Nella presente economia salvifica, tuttavia, Cristo si serve del ministero dei Presbiteri per attuare la santificazione dei credenti (cf. Presbyterorum Ordinis PO 5). Agendo in nome di Cristo, il Presbitero raggiunge l’efficacia dell’azione sacramentale per mezzo dello Spirito Santo, Spirito di Cristo, principio e fonte della santità della “nuova vita”. La nuova vita che, per mezzo dei Sacramenti, il Presbitero suscita, nutre, ripara, fa crescere, è una vita di fede, di speranza e di amore. La fede è il dono divino fondamentale: “Da questo si deduce chiaramente la grande importanza della preparazione e della disposizione alla fede per colui che riceve i Sacramenti; da questo si comprende anche la necessità della testimonianza della fede da parte del Presbitero in tutta la sua vita, ma soprattutto nel modo di valutare e di celebrare gli stessi Sacramenti” (cfr Ench. Vat. 4, 1188). La fede comunicata da Cristo per mezzo dei Sacramenti s’accompagna immancabilmente con una “speranza viva” (1P 1,3), che immette nell’animo dei fedeli un potente dinamismo di vita spirituale, uno slancio verso “le cose di lassù” (Col 3,1-2). D’altra parte, la fede “si rende operante per mezzo dell’amore” (Ga 5,6), l’amore di carità, che sgorga dal cuore del Salvatore e scorre nei Sacramenti per propagarsi a tutta l’esistenza cristiana.

4. Il ministero sacramentale dei Presbiteri è quindi dotato di una fecondità divina. L’ha ricordato bene il Concilio. Così, col Battesimo, i Presbiteri “introducono gli uomini nel Popolo di Dio” (PO 5): e sono quindi responsabili non solo di una degna esecuzione del rito, ma anche di una buona preparazione ad esso, con la formazione degli adulti alla fede, e, per i bambini, con l’educazione della famiglia a cooperare all’evento. Inoltre, “nello spirito di Cristo Pastore, essi insegnano altresì a sottomettere con cuore contrito i propri peccati alla Chiesa nel sacramento della Penitenza, per potersi così convertire, ogni giorno di più, al Signore ricordando le sue parole: “Fate penitenza, poiché si avvicina il regno dei cieli” (Mt 4,17)” (PO 5). Perciò anche i Presbiteri devono personalmente vivere nell’atteggiamento di uomini che riconoscono i propri peccati e il proprio bisogno di perdono, in comunione di umiltà e di penitenza con i fedeli. Essi potranno così più efficacemente manifestare la grandezza della misericordia divina e dare un conforto celeste, insieme col perdono, a coloro che si sentono oppressi dal peso delle colpe. Nel sacramento del Matrimonio, il Presbitero è presente come responsabile della celebrazione, testimoniando la fede ed accogliendo il consenso da parte di Dio, che egli rappresenta come ministro della Chiesa. In tal modo egli partecipa profondamente e vitalmente non solo al rito, ma alla dimensione più profonda del sacramento. E infine, con l’Unzione degli infermi, i Presbiteri “sollevano gli ammalati” (PO 5). È una missione prevista da san Giacomo, che nella sua lettera insegnava: “Chi è malato chiami a sé i Presbiteri della Chiesa, ed essi preghino su di lui, dopo averlo unto con l’olio, nel nome del Signore” (Jc 5,14). Sapendo dunque che il sacramento dell’Unzione è destinato a “sollevare” e a portare purificazione e forza spirituale, il Presbitero sentirà il bisogno di impegnarsi a far sì che la sua presenza trasmetta all’infermo la compassione efficace di Cristo e renda testimonianza alla bontà di Gesù per gli ammalati, ai quali ha dedicato tanta parte della sua missione evangelica.

5. Questo discorso sulle disposizioni con cui si deve procurare di accostarsi ai Sacramenti, celebrandoli con consapevolezza e spirito di fede, avrà il suo completamento nelle catechesi che dedicheremo, se a Dio piacerà, ai Sacramenti. Nelle prossime catechesi tratteremo un altro aspetto della missione del Presbitero nel ministero sacramentale: il culto di Dio, che si svolge specialmente nell’Eucaristia.

Diciamo fin d’ora che questo è l’elemento più importante della sua funzione ecclesiale, la principale ragione della sua ordinazione, lo scopo che dà senso e gioia alla sua vita.

Ai fedeli di espressione tedesca

Ai pellegrini di lingua francese

Ai fedeli di lingua inglese

Ad alcuni fedeli giapponesi

Sia lodato Gesù Cristo!

Carissimi pellegrini della parrocchia Iwakuni di Hiroshima.

Ho sentito dire che vi impegnate notevolmente e con buona volontà per la diffusione del Regno di Dio, attraverso “ il gruppo catecumenale ”.

Ora, carissimi, auspico che il vostro sforzo sia proficuo e vada avanti sempre sotto la guida della Madonna.

Con questo augurio vi benedico di cuore con la mia Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai pellegrini di lingua spagnola

Ai fedeli di lingua portoghese

Ai fedeli di lingua italiana

Desidero ora rivolgere un cordiale saluto ai numerosi pellegrini di lingua italiana; in particolare al folto gruppo di fedeli della Parrocchia di Santa Maria del Carmine in Frasso Telesino, guidati dal loro Parroco. Carissimi, sono lieto di benedire l’antica statua lignea della Madonna di Campanile; vi invito ad invocare la Madre di Dio con la preghiera del Rosario, soprattutto in questo mese di maggio a Lei dedicato.

Saluto, poi, i membri del Comitato per il restauro del Monumento ai Caduti, situato a Firenze in Via Ugnano, e le Autorità convenute. Possa il ricordo dei caduti di tutte le guerre, avvalorato dalla preghiera, essere auspicio di pace, bene supremo per l’intera umanità.

Manifesto, poi, un pensiero augurale a tutti gli atleti partecipanti al Campionato Internazionale d’Italia di Tennis ed esprimo la speranza che questa interessante competizione sportiva serva a rafforzare l’amicizia fra i popoli. Il mio benvenuto si rivolge, inoltre, ai militari della Scuola di Carrismo di Lecce. Saluto il Generale Giancarlo Santini, gli Ufficiali, i Sottufficiali, il Cappellano, gli Allievi e i Familiari.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Ed ora rivolgo un pensiero ai giovani, agli ammalati ed agli sposi novelli.

Invito ciascuno di voi, cari giovani, all’inizio di questo mese mariano, a venerare la Madre di Gesù. Guardate a Lei come maestra di preghiera e di vita spirituale.

Voi, cari ammalati, unitevi intimamente a Maria che, sotto la Croce, ha ricevuto in dono una maternità universale.

Voi, sposi novelli, custodite e accrescete nella vita quotidiana la grazia che vi ha uniti per sempre nel sacramento del matrimonio. A tutti la mia benedizione apostolica.




Mercoledì, 12 maggio 1993

12593

1. Si comprende la dimensione completa della missione del Presbitero a riguardo dell’Eucaristia, se si considera che questo sacramento è anzitutto l’attualizzazione e l’offerta, sull’altare, del sacrificio della Croce, momento centrale nell’opera della Redenzione. Cristo Sacerdote e Ostia è, come tale, l’artefice della salvezza universale, in obbedienza al Padre. Egli è l’unico Sommo Sacerdote della Nuova ed Eterna Alleanza che, realizzando la nostra salvezza, dà al Padre il culto perfetto, di cui le antiche celebrazioni veterotestamentarie non erano che una prefigurazione. Col sacrificio del proprio sangue sulla Croce, Cristo “entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna” (
He 9,12). Egli ha così abolito ogni antico sacrificio, per stabilirne uno nuovo con l’oblazione di sé alla volontà del Padre (cf Ps 40,9). “Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre... Egli con un’unica oblazione ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati” (He 10,9 He 10,14).

Nel render presente sacramentalmente il sacrificio della Croce, il Presbitero riapre quella fonte di salvezza nella Chiesa, nel mondo intero (Catechismo della Chiesa cattolica CEC 1362-1372).

2. Per questo il Sinodo dei Vescovi del 1971, in armonia con i documenti del Vaticano II, ha rilevato che “il ministero sacerdotale raggiunge il suo culmine nella celebrazione eucaristica, che è la fonte e il centro dell’unità della Chiesa” (Ad gentes AGD 39).

La costituzione dogmatica sulla Chiesa ribadisce che i Presbiteri “soprattutto esercitano la loro funzione sacra nel culto o assemblea eucaristica, dove, agendo in persona di Cristo e proclamando il suo mistero, uniscono i voti dei fedeli al sacrificio del loro Capo e nel sacrificio della Messa rendono presente e applicano, fino alla venuta del Signore, l’unico sacrificio del Nuovo Testamento, il sacrificio cioè di Cristo, che una volta per tutte si offre al Padre quale vittima immacolata” (Lumen gentium LG 28 Catechismo della Chiesa cattolica CEC 1566).

Al riguardo, il Decreto Presbyterorum ordinis presenta due affermazioni fondamentali: a) la comunità viene adunata, per mezzo dell’annuncio del Vangelo, affinché tutti possano fare l’offerta spirituale di se stessi; b) il sacrificio spirituale dei fedeli viene reso perfetto mediante l’unione col sacrificio di Cristo, offerto in modo incruento e sacramentale per mano dei Presbiteri. Da questo unico sacrificio tutto il loro ministero sacerdotale trae la sua forza (Presbyterorum ordinis PO 2 Catechismo della Chiesa cattolica CEC 1566).

Appare così il nesso fra il sacerdozio ministeriale e il sacerdozio comune dei fedeli. Appare anche come specialmente il Presbitero, fra tutti i fedeli, sia chiamato a identificarsi misticamente – oltre che sacramentalmente – con Cristo, per essere anche lui in qualche modo Sacerdos et hostia, secondo la bella espressione di san Tommaso d’Aquino (Summa theologiae, III 83,1, ad 3).

3. Il Presbitero raggiunge nell’Eucaristia l’apice del ministero quando pronuncia le parole di Gesù: “Questo è il mio corpo... Questo è il calice del mio sangue...”. In tali parole si concretizza il massimo esercizio di quel potere che rende il Sacerdote idoneo a render presente l’offerta di Cristo. Allora veramente si ottiene – per via sacramentale, e quindi con divina efficacia – l’edificazione e lo sviluppo della comunità. L’Eucaristia è infatti il sacramento della comunione e dell’unità, come ha ribadito il Sinodo dei Vescovi del 1971, e più recentemente la Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede su alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione (cf. Congregazione per la Dottrina della fede, Communionis notio, 11).

Si spiega pertanto la pietà, il fervore, con cui i Sacerdoti santi – dei quali ci parla abbondantemente l’agiografia – hanno sempre celebrato la Messa, non esitando a premettervi un’adeguata preparazione e facendola seguire dagli opportuni atti di ringraziamento. Per aiutare nell’esercizio di questi atti, il messale offre delle orazioni adatte, lodevolmente esposte spesso in apposite tabelle nelle sacrestie. Sappiamo inoltre che sul tema del “Sacerdos et hostia” si sono sviluppate varie opere di spiritualità sacerdotale, sempre raccomandabili ai Presbiteri.

4. Ed ecco un altro punto fondamentale della teologia eucaristico-sacerdotale, oggetto della nostra catechesi: tutto il ministero e tutti i Sacramenti sono orientati verso l’Eucaristia, nella quale “è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa (Summa theologiae, III 65,1, ad 1), cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e Pane vivo, che, mediante la sua Carne, vivificata dallo Spirito Santo e vivificante, dà vita agli uomini, i quali in tal modo sono invitati e indotti a offrire assieme a Lui se stessi, il proprio lavoro e tutte le cose create” (Presbyterorum Ordinis PO 5).

Nella celebrazione dell’Eucaristia avviene dunque la massima partecipazione al culto perfetto che il Sommo Sacerdote Cristo rende al Padre, in rappresentanza e espressione di tutto l’ordine creato. Il Presbitero, che vede e riconosce la sua vita così profondamente legata all’Eucaristia, da una parte sente allargarsi gli orizzonti del suo spirito sulle dimensioni del mondo intero, e anzi della terra e del cielo, e dall’altra ingrandirsi il bisogno e la responsabilità di comunicare questo tesoro – “tutto il bene spirituale della Chiesa” – alla comunità.

5. Perciò nei suoi propositi e programmi di ministero pastorale egli, tenendo presente che la vita sacramentale dei fedeli è ordinata all’Eucaristia (Presbyterorum ordinis PO 5), curerà che la formazione cristiana miri all’attiva e consapevole partecipazione dei fedeli alla celebrazione eucaristica.

Oggi bisogna riscoprire la centralità di tale celebrazione nella vita cristiana e quindi nell’apostolato. I dati circa la partecipazione dei fedeli alla Messa non sono soddisfacenti: benché lo zelo di tanti Presbiteri abbia portato ad una partecipazione generalmente fervorosa ed attiva, le percentuali delle presenze restano basse. È vero che in questo campo, più che in ogni altro riguardante la vita interiore, il valore delle statistiche è molto relativo, e che d’altra parte non è l’esternazione sistematica del culto a provarne la reale consistenza. Non si può ignorare, però, che il culto esterno è normalmente una logica conseguenza di quello interno (Summa theologiae, II-II 81,7), e, nel caso del culto eucaristico, è conseguenza della stessa fede in Cristo Sacerdote e nel suo sacrificio redentivo. Né sarebbe saggio minimizzare l’importanza della celebrazione del culto invocando il fatto che la vitalità della fede cristiana si manifesta con tutto un comportamento conforme al Vangelo, piuttosto che con gesti rituali. Infatti, la celebrazione eucaristica non è un semplice gesto rituale: è un sacramento, cioè un intervento di Cristo stesso che ci comunica il dinamismo del suo amore. Sarebbe un’illusione perniciosa pretendere di avere un comportamento conforme al Vangelo senza riceverne la forza da Cristo stesso nella Eucaristia, sacramento che Egli ha istituito a questo scopo. Una tale pretesa sarebbe un atteggiamento di autosufficienza, radicalmente antievangelico. L’Eucaristia dona al cristiano più forza per vivere secondo le esigenze del Vangelo; lo inserisce sempre meglio nella comunità ecclesiale di cui fa parte; rinnova e arricchisce in lui la gioia della comunione con la Chiesa.

Perciò il Presbitero si sforzerà di favorire in tutti i modi la partecipazione all’Eucaristia, con la catechesi e le esortazioni pastorali e anche con una eccellente qualità della celebrazione, sotto l’aspetto liturgico e cerimoniale. In tale modo egli otterrà, come sottolinea il Concilio (Presbyterorum Ordinis PO 5), di insegnare ai fedeli ad offrire la divina vittima a Dio Padre nel sacrificio della Messa e a fare, in unione con questa vittima, l’offerta della propria vita a servizio dei fratelli. I fedeli impareranno, inoltre, a chiedere perdono per i loro peccati, a meditare la Parola di Dio, a pregare con cuore sincero, per tutti i bisogni della Chiesa e del mondo, a porre tutta la loro fiducia in Cristo Salvatore.

6. Voglio, infine, ricordare che il Presbitero ha anche la missione di promuovere il culto della presenza eucaristica, anche fuori della celebrazione della Messa, impegnandosi a fare della propria chiesa una “casa di preghiera” cristiana: quella cioè “in cui – secondo il Concilio – la presenza del Figlio di Dio nostro Salvatore, che si è offerto per noi sull’ara sacrificale, viene venerata a sostegno e consolazione dei fedeli” (Presbyterorum ordinis PO 5). Questa casa deve essere adatta alla preghiera e alle sacre funzioni, sia per il buon ordine, la pulizia, il nitore coi quali viene tenuta, sia per la bellezza artistica dell’ambiente, che ha una grande importanza formativa e ispirativa della preghiera. Per questo il Concilio raccomanda al Presbitero di “coltivare adeguatamente la scienza e l’arte liturgica” (PO 5).

Ho accennato a questi aspetti, perché appartengono anch’essi al quadro complessivo di una buona “cura d’anime” da parte dei Presbiteri, specialmente dei parroci e di tutti i responsabili delle chiese e degli altri luoghi di culto. In ogni caso, ribadisco lo stretto legame tra il sacerdozio e l’Eucaristia, come la Chiesa ci insegna, e riaffermo con convinzione, ed anche con intima gioia dell’anima, che il Presbitero è soprattutto l’uomo dell’Eucaristia: servo e ministro di Cristo in questo sacramento, nel quale – secondo il Concilio, che riassume la dottrina degli antichi Padri e Dottori – “è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa” (PO 5); servo e ministro, ogni Presbitero, a qualsiasi livello, in qualsiasi campo di lavoro, del mistero pasquale compiuto sulla Croce e rivissuto sull’Altare per la Redenzione del mondo.

Ai fedeli provenienti dalla Germania

Ad un gruppo di fedeli austriaci

Ai pellegrini francesi

Ai fedeli di lingua inglese

Ai fedeli di lingua spagnola

Ai fedeli di lingua italiana

Rivolgo ora un saluto cordiale ai pellegrini di lingua italiana. In particolare sono lieto di accogliere i rappresentanti della diocesi di Palestrina, guidati dal Vescovo, Monsignor Vittorio Tomassetti, i quali domenica scorsa hanno sigillato il gemellaggio con la Parrocchia di San Martino a Beli Manastir, in Croazia, distrutta dalla guerra. Grazie ad un’attiva e concreta solidarietà possano la speranza e la vita rifiorire là dove adesso sono rovine e morte!

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Infine il mio cordiale pensiero si dirige a voi, giovani, malati e sposi novelli, che partecipate all’Udienza. Durante questo mese di Maggio, dedicato alla Vergine Santa, invoco con fiducia la celeste protezione della Madonna su ciascuno di voi: Maria è Madre dei credenti, a Lei affidati da Gesù sulla croce. Ricorrete a Lei spesso! Le varie forme di devozione mariana, e specialmente la recita del Santo Rosario, vi aiuteranno a vivere con sempre maggiore fedeltà la vostra vocazione. Aiuteranno voi, giovani, che vi aprite agli impegni della vita; voi, malati, chiamati a condividere in modo particolare le sofferenze di Cristo; voi, sposi novelli, che con gioia e responsabilità avete accolto l’invito del Signore a testimoniare nella vostra famiglia il mistero dell’amore divino. A tutti imparto di cuore la mia benedizione.





Mercoledì, 19 maggio 1993

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1. Nelle precedenti catechesi abbiamo spiegato il compito dei Presbiteri come cooperatori dei Vescovi nel campo del magistero (istruire) e del ministero sacramentale (santificare). Oggi parliamo della loro cooperazione nel governo pastorale della comunità. È per i presbiteri, come per i Vescovi, una partecipazione al terzo aspetto del triplice munus di Cristo (profetico, sacerdotale, regale): un riflesso del sommo sacerdozio di Cristo, unico Mediatore tra gli uomini e Dio, unico Maestro, unico pastore. In prospettiva ecclesiale il compito pastorale consiste principalmente nel servizio dell’unità, cioè nell’assicurare l’unione di tutti nel corpo di Cristo, che è la Chiesa (Pastores dabo vobis
PDV 16).

2. In questa prospettiva, il Concilio dice che, “esercitando la funzione di Cristo Capo e Pastore, per la parte di autorità che spetta loro, i presbiteri, in nome del Vescovo, riuniscono la famiglia di Dio come fraternità animata nell’unità, e la conducono al padre per mezzo di Cristo nello Spirito Santo” (Presbyterorum ordinis PO 6). Questo è lo scopo essenziale della loro azione di pastori e dell’autorità che viene loro conferita perché la esercitino al loro livello di responsabilità: condurre al suo pieno sviluppo di vita spirituale ed ecclesiale la comunità loro affidata. Questa autorità, il Presbitero-pastore deve esercitarla conformandosi al modello di Cristo-buon Pastore, che non ha voluto imporla mediante la costrizione esteriore, ma formando la comunità mediante l’azione interiore del suo Spirito. Egli ha cercato di comunicare il suo ardente amore al gruppo dei discepoli e a tutti quelli che accoglievano il suo messaggio, per dar vita ad una “comunità d’amore”, che al giusto momento ha costituito anche visibilmente come Chiesa. Quali cooperatori dei Vescovi, successori degli Apostoli, anche i presbiteri adempiono la loro missione nella comunità visibile animandola di carità, perché viva dello Spirito di Cristo.

3. È un’esigenza intrinseca alla missione pastorale, per la quale l’animazione non è retta da desideri e opinioni personali del presbitero, ma dalla dottrina del Vangelo, come dice il Concilio: “Nel trattare gli uomini, (i presbiteri) non devono regolarsi in base ai loro gusti, bensì in base alle esigenze della dottrina e della vita cristiana” (Presbyterorum ordinis PO 6).

Il presbitero ha la responsabilità del funzionamento organico della comunità, compito per il cui adempimento gli è partecipata dal Vescovo l’autorità necessaria. Spetta a lui assicurare l’armonioso svolgimento dei diversi servizi che sono indispensabili per il bene di tutti; trovare le adeguate collaborazioni per la liturgia, la catechesi, il sostegno spirituale dei coniugi; favorire lo sviluppo di diverse associazioni o “movimenti” spirituali ed apostolici nell’armonia e nella collaborazione; organizzare l’aiuto caritatevole ai bisognosi, ai malati, agli immigrati. Al tempo stesso, egli deve assicurare e promuovere l’unione della comunità con il Vescovo e con il Papa.

4. La dimensione comunitaria della cura pastorale, però, non può trascurare le necessità dei singoli fedeli. Come leggiamo nel Concilio, “spetta ai sacerdoti, nella loro qualità di educatori nella fede, di curare, personalmente o per mezzo di altri, che ciascuno dei fedeli sia condotto, nello Spirito Santo, a sviluppare la propria vocazione specifica secondo il Vangelo, a praticare una carità sincera e operosa, a esercitare quella libertà con cui Cristo ci ha liberati” (PO 6). Il Concilio sottolinea la necessità di aiutare ogni fedele a scoprire la sua vocazione specifica, come compito proprio e caratteristico del pastore che vuol rispettare e promuovere la personalità di ciascuno. Si può dire che Gesù stesso, buon Pastore che “chiama le sue pecore una per una” con voce da esse ben conosciuta (cfr Jn 10,3-4), ha stabilito col suo esempio il primo canone della pastorale individuale: la conoscenza e la relazione di amicizia con le persone. Sta al Presbitero aiutare ciascuna a impiegare bene il suo dono, e anche ad esercitare rettamente la libertà che deriva dalla salvezza di Cristo, come raccomanda san Paolo (cfr Ga 4,3 Ga 5,1 Ga 5,13).

Tutto deve essere orientato alla pratica di “una carità sincera e operosa”. Ciò significa che “i cristiani devono essere educati a vivere non egoisticamente, ma secondo le esigenze della nuova legge della carità, la quale vuole che ciascuno amministri in favore del prossimo la misura di grazia che ha ricevuto, e che in tal modo tutti assolvano cristianamente i propri compiti nella comunità umana” (Presbyterorum ordinis PO 6). Perciò rientra nella missione del Presbitero ricordare gli obblighi della carità; mostrare le applicazioni della carità alla vita sociale; favorire un clima di unità, nel rispetto delle differenze; stimolare iniziative e opere di carità, per le quali si aprono per tutti i fedeli grandi possibilità, specialmente col nuovo slancio preso dal volontariato, consapevolmente praticato come buon impiego del tempo libero e, in molti casi, come scelta di vita.

5. Anche personalmente il Presbitero è chiamato ad impegnarsi nelle opere di carità, a volte anche in forme straordinarie, come è avvenuto nella storia e avviene anche oggi. Qui mi preme di sottolineare soprattutto quella carità semplice, abituale, quasi dimessa ma costante e generosa, che si manifesta non tanto in opere vistose – per le quali non tutti hanno i talenti e la vocazione – ma nel quotidiano esercizio della bontà che aiuta, sostiene, conforta, nella misura che a ciascuno è possibile. È chiaro che la principale attenzione, e si può dire la preferenza, deve essere per “i poveri e i più deboli, la cui evangelizzazione è mostrata come segno dell’opera messianica” (PO 6); per “i malati e i moribondi”, che il presbitero deve avere a cuore anche “visitandoli e confortandoli nel Signore” (Presbyterorum ordinis PO 6), per “i giovani, che vanno seguiti con cura particolare”; e così pure per “i coniugi e i genitori” (PO 6). Ai giovani, in particolare, che sono la speranza della comunità, il Presbitero deve dedicare il suo tempo, le sue energie, le sue capacità, per favorirne l’educazione cristiana e la maturazione nell’impegno di coerenza col Vangelo.

Il Concilio raccomanda al presbitero anche “i Catecumeni e i neofiti, che vanno educati gradualmente alla conoscenza e alla pratica della vita cristiana” (PO 6).

6. Infine bisogna richiamare l’attenzione sulla necessità di superare ogni visuale troppo ristretta della comunità locale, ogni atteggiamento particolaristico e, come si suol dire, campanilistico, per nutrire invece lo spirito comunitario che sa aprirsi sugli orizzonti della Chiesa universale. Anche quando il Presbitero deve dedicare il suo tempo e le sue sollecitudini alla comunità locale che gli è affidata, come è il caso specialmente dei parroci e dei loro diretti collaboratori, il suo animo deve mantenersi aperto alle “messi sui campi” oltre tutti i confini, sia come dimensione universale dello spirito, sia come partecipazione personale ai compiti missionari della Chiesa, sia come zelo nel promuovere la collaborazione della propria comunità con gli aiuti spirituali e materiali che occorrono (Redemptoris missio RMi 67 Pastores dabo vobis, 32).

“In virtù del sacramento dell’Ordine – afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica – i Sacerdoti partecipano alla dimensione affidata da Cristo agli Apostoli. “Il dono spirituale che... hanno ricevuto nell’ordinazione non li prepara ad una missione limitata e ristretta, bensì a una vastissima e universale missione di salvezza, fino agli estremi confini della terra” (Presbyterorum ordinis PO 10), “pronti nel loro animo a predicare dovunque il Vangelo” (Optatam totius OT 20)” (Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 1565).

7. In ogni caso, tutto farà capo all’Eucaristia, nella quale è il principio vitale dell’animazione pastorale. Come dice il Concilio, “non è possibile che si formi una comunità cristiana se non avendo come radice e come cardine la celebrazione della Sacra Eucaristia, dalla quale deve quindi prendere le mosse qualsiasi educazione tendente a formare lo spirito di comunità (Presbyterorum ordinis PO 6). L’Eucaristia è la sorgente dell’unità e l’espressione più perfetta dell’unione di tutti i membri della comunità cristiana. È compito dei presbiteri procurare che sia effettivamente tale. Capita purtroppo che le Celebrazioni eucaristiche non siano, talvolta, espressioni di unità. Ciascuno vi assiste isolatamente, ignorando gli altri. Con grande carità pastorale, i Presbiteri ricorderanno a tutti l’insegnamento di san Paolo: “Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane”, il quale “è comunione con il corpo di Cristo” (1Co 10,16-17). La consapevolezza di questa unione nel corpo di Cristo stimolerà una vita di carità e di solidarietà effettiva. L’Eucaristia è dunque il principio vitale della Chiesa come comunità dei membri di Cristo: di qui prende ispirazione, forza e dimensione l’animazione pastorale.

Ai fedeli di lingua tedesca

Ai fedeli francesi

Ai fedeli di lingua inglese

Ad un gruppo di pellegrini nipponici

Sia lodato Gesù Cristo!

Dilettissimi pellegrini di Tokyo ed Ise, stiamo vivendo il mese Mariano, mese del rosario. Rinnoviamo il nostro impegno di recitare questa preghiera tanto cara a Maria, affinché, come in tempi passati ha salvato il mondo, così anche oggi, per l’intercessione della Madonna, la pace torni a regnare in tutte le nazioni.

Con questo cocente desiderio vi imparto la mia Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ad alcuni latinisti svedesi

Inter alios hodie hic adstantes peregrinatores perplacet Nobis ex animo quosdam discipulos etiam discipulasque litterarum Latinarum humanissime consalutare eodem illo regio sermone Latino.

Adsunt enim Romae optima cum magistra Eva Kristensson ex schola superiore quae “ Magnus Abergsgymnasiet ” vocatur in Suetia civitate Trollhätten.

Dum singulos autem illos bene inter nos salvere iubemus, exoptamus simul vehementer ut his in antiquis sacrisque locis Romanis fidei christianae origini proximis suum linguae Latinae amorem et usum alant, sensum historiae ac perennis humanitatis acuant, aestimationem artis pulchritudinisque augeant, unde sua vicissim in patria praecones eorundem bonorum validi esse possint.

Ai fedeli di lingua spagnola

Ai fedeli di lingua portoghese

Ai fedeli di lingua italiana

Desidero ora salutare i pellegrini di lingua italiana. In particolar modo saluto gli studenti vincitori del concorso “La meraviglia della vita umana”, che il “Movimento fiorentino per la Vita”, sotto la guida dell’Onorevole Carlo Casini, ha promosso nelle scuole medie inferiori toscane. Carissimi giovani, mi è gradito ricordare a voi tutti che la difesa della vita umana costituisce un impegno essenziale per ogni cristiano consapevole del valore di questo grande dono di Dio. Auspico che la presente occasione vi sia di stimolo ad apprezzare ancor più l’affascinante meraviglia di un essere umano che viene alla luce, bisognoso di tutto e in particolare di amore.

Rivolgo poi il mio pensiero al numeroso gruppo dei fedeli della Comunità parrocchiale di San Gabriele dell’Addolorata, provenienti dalla città di Bari, i quali, in occasione del XX di Fondazione della Parrocchia hanno qui portato un’artistica statua lignea di San Gabriele, che volentieri benedico, mentre auguro ai cari fedeli di proseguire il loro cammino di fede alla luce delle virtù del Santo.

Il mio affettuoso saluto va, inoltre, al gruppo delle Parrocchie di Colledimezzo e di Pietraferrazzana, in diocesi di Chieti. Con vera gioia benedico la statua della Madonna che devotamente hanno qui portato, e li esorto ad un impegno di apostolato cristiano sempre più zelante sotto la materna protezione della Madre di Dio, che particolarmente veneriamo in questo mese di maggio.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

La festa, ormai vicina, dell’Ascensione del Signore mi offre lo spunto per un saluto particolare a voi tutti, cari giovani, malati e sposi novelli, presenti a questa Udienza. Gesù Cristo, ascendendo al cielo, lascia un messaggio ed un programma per tutta la Chiesa: “Andate e ammaestrate tutte le nazioni... insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 26,19-20). Far conoscere la parola di Cristo e testimoniarla con la vita sia il vostro ideale e il vostro impegno, cari giovani. Siate anche voi, cari ammalati, testimoni generosi del Crocifisso, ben sapendo che Egli è sempre con voi. E voi, sposi novelli, impegnatevi a far sì che la Parola del Signore sia luce e sostegno lungo il cammino che avete intrapreso con il sacramento del Matrimonio. A tutti la mia benedizione apostolica.




Catechesi 79-2005 50593