Catechesi 79-2005 26194

Al termine dell'udienza generale - Il saluto ai pellegrini dell'Arcidiocesi di Bologna

Signor Cardinale, Carissimi Sacerdoti, Gentili Signore e Signori! Sono lieto di rivolgervi un cordiale benvenuto in questo breve incontro.

Saluto con affetto il vostro Pastore, il venerato Cardinale Giacomo Biffi, e lo ringrazio per le amabili parole che ha voluto rivolgermi. Ringrazio tutti voi, carissimi, per il pregevole volume sul Santuario della Beata Vergine di San Luca, che avete voluto offrirmi.

Nel primo viaggio pastorale in Emilia-Romagna, avvenuto il 18 aprile 1982, ho voluto iniziare la visita a Bologna proprio da quel Santuario, che dall'alto di una collina attrae a sé numerosi pellegrini e, come un faro che espande la luce della fede, illumina e protegge la Città e l'intera regione dell'Emilia-Romagna.

Mi è caro, pertanto, quest'oggi formulare l'auspicio che la pubblicazione, da voi accuratamente predisposta anche nella sua veste tipografica, contribuisca a far meglio conoscere ed apprezzare un così importante luogo di culto mariano, valorizzandone il significativo ruolo nella storia e nella vita dell'intera comunità bolognese. Con questi sentimenti, imparto a tutti voi, che avete collaborato alla redazione ed alla pubblicazione del libro, una speciale Benedizione Apostolica, estendendola volentieri alle vostre famiglie ed alle persone care.



Mercoledi 9 Febbraio 1994: Partecipazione dei laici all'ufficio regale di Cristo

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1. Tra gli uffici propri di Cristo, che abbiamo illustrato a suo tempo nelle catechesi cristologiche, vi è quello regale, già previsto e preannunciato nella tradizione messianica presente nell'Antico Testamento. La Chiesa, fondata da Cristo, è da Lui resa partecipe della regalità, come abbiamo spiegato nelle catechesi ecclesiologiche. Possiamo e dobbiamo proiettare ora sui laici la luce di quella dottrina riguardante la Chiesa, unità mistica e pastorale che opera continuamente nel mondo la redenzione. Se i laici fanno parte della Chiesa, e anzi sono Chiesa, come disse Pio XII nel famoso discorso del 1946, ne consegue che anch'essi sono come incorporati al Pastore supremo della Chiesa nella sua regalità.


2. Come ricorda il Concilio Vaticano II nella Costituzione Lumen gentium, Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo per la nostra salvezza, dopo aver compiuto sulla terra l'opera redentrice, culminata nel sacrificio della Croce e nella Risurrezione, prima di salire al cielo disse ai suoi discepoli: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra" (
Mt 28,18). A questa affermazione Egli stesso legava il conferimento ai discepoli della missione e del potere di evangelizzare tutte le genti, tutti gli uomini, insegnando loro ad osservare tutti i suoi comandamenti (cfr. Mt 28,20): e in questo consisteva la loro partecipazione alla sua regalità. Cristo infatti è re in quanto rivelatore della verità che ha portato dal cielo in terra (cfr. Jn 18,37) e che ha affidato agli Apostoli e alla Chiesa perché la diffondessero nel mondo lungo tutta la storia. Vivere nella verità ricevuta da Cristo e operare per la sua diffusione nel mondo è dunque impegno e compito di tutti i membri della Chiesa, anche dei laici come afferma il Concilio (LG 36) e ribadisce l'Esortazione Christifideles laici (CL 14).


3. Questi sono chiamati a vivere la "regalità cristiana" (CL 14) con la realizzazione interiore della verità mediante la fede, e con la sua testimonianza esteriore mediante la carità, impegnandosi inoltre ad operare perché la fede e la carità diventino, anche per mezzo loro, il lievito di una nuova vita per tutti.

Come si legge nella Costituzione Lumen gentium, "il Signore desidera dilatare il suo regno anche per mezzo dei fedeli laici, il regno cioè della verità e della vita, il regno della santità e della grazia, il regno della giustizia, dell'amore e della pace" (LG 36).

Sempre secondo il Concilio, questa partecipazione dei laici allo sviluppo del Regno si svolge specialmente con la loro azione diretta e concreta nell'ordine temporale. Mentre i Sacerdoti, i Religiosi, le Religiose si dedicano al campo più specificamente spirituale e religioso per la conversione degli uomini e la crescita del Corpo mistico di Cristo, i laici sono chiamati a impegnarsi per estendere l'influsso di Cristo nell'ordine temporale, operando direttamente in questo ordine (cfr. AA 7).


4. Ciò suppone nei laici, come in tutta la Chiesa, una visione del mondo e in particolare una capacità di valutazione delle realtà umane, che ne riconosca il valore positivo e, nello stesso tempo, la dimensione religiosa già enunciata nel Libro della Sapienza: "Hai formato l'uomo perché domini sulle creature che hai fatto e governi il mondo con santità e giustizia" (Sg 9,2-3).

L'ordine temporale non può essere considerato come un sistema chiuso in se stesso. Tale concezione immanentistica e "mondana", non sostenibile a livello filosofico, è radicalmente esclusa dal Cristianesimo, che ha appreso da san Paolo, eco di Gesù, l'ordine e il dinamismo finalistico della creazione, come sfondo della stessa vita della Chiesa: "Tutto è vostro", scriveva l'Apostolo ai Corinzi, quasi per mettere in rilievo la nuova dignità e potestà cristiana. Ma aggiungeva subito: "Voi siete di Cristo, e Cristo è di Dio" (1Co 3,22-23). Si può parafrasare questo testo, senza tradirlo, col dire che il destino dell'universo intero è legato a questa appartenenza.


5. Questa visione del mondo, a partire dalla regalità di Cristo partecipata alla Chiesa, costituisce il fondamento di un'autentica Teologia del laicato circa l'impegno cristiano dei laici nell'ordine temporale. Come si legge nella Costituzione "Lumen Gentium", "i fedeli... devono riconoscere la natura intima di tutta la creazione, il suo valore e la sua ordinazione alla lode di Dio, e aiutarsi a vicenda a una vita più santa anche con opere propriamente secolari; affinché il mondo sia imbevuto dello Spirito di Cristo e raggiunga più efficacemente il suo fine nella giustizia, nella carità e nella pace. Nel compiere universalmente questo ufficio i laici hanno il posto di primo piano. Con la loro competenza quindi nelle profane discipline e con la loro attività, elevata intrinsecamente dalla grazia di Cristo, portino efficacemente l'opera loro, perché i beni creati, secondo l'ordine del Creatore e la luce del suo Verbo, siano fatti progredire dal lavoro umano, dalla tecnica e dalla civile cultura per l'utilità di tutti assolutamente gli uomini, e siano tra loro più convenientemente distribuiti e, nella loro misura, portino il progresso universale nella libertà umana e cristiana. così Cristo per mezzo dei membri della Chiesa illuminerà sempre di più col suo salutare lume l'intera società umana" (LG 36).


6. E ancora: "I laici, anche consociando le forze, risanino le istituzioni e le condizioni del mondo, se ve ne siano che spingano i costumi al peccato, così tutte siano rese conformi alle norme della giustizia e, anziché ostacolare, favoriscano l'esercizio delle virtù. così agendo impregneranno di valore morale la cultura e le opere umane" (ibid. LG 36; cf. CEC 909).

"Ogni laico deve essere davanti al mondo un testimone della risurrezione e della vita del Signore Gesù e un segno del Dio vivo. Tutti insieme, e ognuno per la sua parte, devono alimentare il mondo con i frutti spirituali e in esso diffondere lo spirito, da cui sono animati quei poveri, miti e pacifici, che il Signore nel Vangelo proclamo beati. In una parola: "ciò che l'anima è nel corpo, questo siano nel mondo i cristiani"" (LG 38).

E' un programma di illuminazione e di animazione del mondo che risale ai primi tempi del cristianesimo, come testimonia, ad esempio, la Lettera a Diogneto: questa, anche oggi, è la via regia per un cammino da eredi, testimoni e cooperatori del Regno di Cristo.




Mercoledi 16 Febbraio 1994: L'imposizione delle Ceneri è l'inizio di un cammino spirituale che ci porta a rivivere il mistero della Pasqua

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Carissimi fratelli e sorelle!


1. Oggi, "Mercoledi delle Ceneri", ha inizio il periodo della Quaresima, stabilito dalla Chiesa come preparazione alla Pasqua. E' un tempo che riveste un'importanza fondamentale sia nell'Anno liturgico sia nella vita spirituale del cristiano.

Diceva a tal proposito san Leone Magno: "Proprio nella misura in cui uno avrà di fatto santamente passato questi giorni, potrà religiosamente celebrare la Pasqua del Signore" (Omelia XLI, 2).

L'odierna austera e significativa cerimonia della "imposizione delle Ceneri" segna l'inizio di questo cammino spirituale, che ci porta a rivivere, con fervore d'animo e coerenza di vita, il mistero della Pasqua.

La Quaresima è dunque tempo di forte riflessione sulle Verità eterne e di fermi propositi di autentica conversione cristiana. Preparandoci a commemorare la Morte redentrice di Gesù e la sua Risurrezione, siamo stimolati a prendere più viva consapevolezza che la vita dell'uomo sulla terra è sempre una lotta contro il male, una lotta che passa per il cuore dell'uomo.

San Paolo, nella Lettera ai Romani, così descrive questa lotta interiore: "Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto... C'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio" (
Rm 7,15 Rm 7,18-19). E' l'esperienza di ciascuno di noi! Solo Cristo, il Redentore, può sottrarci alla sconfitta, dandoci le armi della vittoria, che lo stesso Apostolo addita nella Lettera agli Efesini: "Prendete perciò l'armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove" (cfr. Ep 6,11-16).


2. Quanto san Paolo scrive trova nella realtà dei nostri giorni un'ulteriore conferma. Certi tristi avvenimenti della cronaca contemporanea fanno riflettere e preoccupano. Essi sono il frutto di intime decisioni dell'uomo, scaturite nel contesto di quella lotta tra il bene e il male che si svolge nella profondità di ogni coscienza, ma che si manifesta anche nei rapporti tra gli uomini. Il bene, come il male, sono "contagiosi": si moltiplicano e si diffondono, producendo "strutture di bene" e "strutture di peccato", che influiscono sulla vita degli uomini. E' anche su tali "strutture" che dobbiamo portare la nostra vigile e operosa attenzione. Ma tutto parte dal cuore; è soprattutto qui che si realizza la "conversione" a cui siamo chiamati in questo tempo di preghiera, di digiuno, di penitenza.


3. La Quaresima invita i credenti a prendere sul serio l'ammonizione di Gesù: "Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione e molti sono quelli che entrano per essa" (Mt 7,13).

Qual è la "porta larga", quale la "via spaziosa" di cui parla Gesù? E' la porta dell'autonomia morale, è la via dell'orgoglio intellettuale; quanti, anche fra i cristiani, vivono nell'indifferenza adattandosi alla mentalità del mondo e cedendo alle lusinghe del peccato! La Quaresima è il tempo propizio per rivedere la propria esistenza, per riprendere con rinnovata volontà la partecipazione ai Sacramenti, per formulare più decisi propositi di vita nuova, accettando, come insegna Gesù, di passare per la porta stretta e per la via angusta, che conducono alla vita eterna (cfr. Mt 7,14).

Un impegno in tal senso deve essere assunto anche dalla famiglia cristiana in quanto tale, specialmente in questo anno particolarmente ad essa dedicato. Il Concilio la qualifica come piccola Chiesa, come "Chiesa domestica" (cfr. LG 11). In sintonia con tutta la Comunità ecclesiale, la famiglia è invitata a prepararsi alla Pasqua intensificando i momenti di preghiera, l'ascolto della Parola di Dio, l'impegno di una più forte comunione, l'apertura ai fratelli nella carità. Per questo ho voluto inviare a tutte le famiglie una Lettera, che sarà resa pubblica nei prossimi giorni. Mi auguro che essa possa trovare spazio e far del bene in tante famiglie. La riflessione su di essa potrebbe anzi costituire un impegno particolare per la preparazione alla Pasqua.


4. Carissimi fratelli e sorelle, la Quaresima è il tempo in cui Gesù ci fa sentire più forte l'invito ad entrare nel suo mistero, che ci prepara alla Settimana Santa e alla Pasqua. "Venite a me voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorero" (Mt 11,28). Non abbiamo paura di presentarci a Cristo carichi delle nostre infedeltà: egli è il Redentore! A quanti lo criticavano per la sua bontà e la sua compassione verso i pubblicani e i peccatori, replicava "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati... Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori" (Mt 9,12-13). Dio vuole che tutti siano salvi. Le note parabole del figliol prodigo, della pecorella smarrita e della dracma perduta vogliono appunto far comprendere che, nonostante il male imperversi nella storia umana, Dio rimane sempre Colui che perdona: "Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti, che non hanno bisogno di conversione" (Lc 15,7).

Iddio vince il male con la sua infinita misericordia. Ed è dinanzi a un tale amore misericordioso che devono ridestarsi in noi il desiderio della conversione e l'anelito a una vita nuova.


5. Ci aiuti ed accompagni Maria in questo periodo quaresimale.

Diceva a Fatima la piccola Giacinta: "Amo tanto il Cuore Immacolato di Maria! E' il Cuore della nostra Mamma del cielo!". Come la piccola veggente della Cova da Iria, carissimi Fratelli e Sorelle, invochiamo anche noi, durante la Quaresima, Maria Santissima con filiale fiducia: preghiamola per la conversione di chi vive in peccato o è lontano dalla Verità, per le necessità della Chiesa, per le vocazioni sacerdotali e per la perseveranza e la santificazione dei Sacerdoti, per le famiglie! Maria Santissima ottenga a tutti la forza di comportarsi come "figli della luce", il cui frutto "consiste in ogni bontà, giustizia e verità" (cfr. Ep 5,8-9).



Mercoledì, 2 marzo 1994: L'apostolato e i ministeri dei laici

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1Co 12,27-31

1. La partecipazione dei laici allo sviluppo del Regno di Cristo è una realtà storica di sempre: dalle riunioni dei tempi apostolici, alle comunità cristiane dei primi secoli, ai gruppi, movimenti, unioni, fraternità, compagnie del Medioevo e dell’età moderna, alle attività di persone e associazioni che, nel secolo scorso e nel nostro, hanno affiancato i Pastori della Chiesa nella difesa della fede e della moralità nelle famiglie, nella società, negli ambienti e strati sociali, pagando a volte la loro testimonianza anche col sangue. Le esperienze di queste attività, spesso promosse da Santi e sostenute dai Vescovi, tra il secolo XIX e l’attuale, portarono non solo ad una coscienza più viva della missione dei laici, ma anche ad una sempre più chiara e riflessa concezione di tale missione come di un vero e proprio “apostolato”.

Fu Pio XI a parlare di “cooperazione dei laici all’apostolato gerarchico”, a proposito dell’“Azione Cattolica”: e fu un momento decisivo nella vita della Chiesa. Ne derivò un notevole sviluppo su una duplice linea: quella organizzativa, concretata specialmente nell’Azione Cattolica, e quella dell’approfondimento concettuale e dottrinale, culminato nell’insegnamento del Concilio Vaticano II, che presenta l’apostolato dei laici come “partecipazione alla stessa salvifica missione della Chiesa” (Lumen gentium, LG 33).

2. Si può dire che il Concilio ha dato una più chiara formulazione dottrinale all’esperienza ecclesiale cominciata fin dal momento della Pentecoste, quando tutti coloro che ricevettero lo Spirito Santo si sentirono incaricati di una missione per l’annuncio del Vangelo, la fondazione e lo sviluppo della Chiesa. Nei secoli successivi, la teologia sacramentale precisò poi che quanti diventano membri della Chiesa per mezzo del Battesimo sono impegnati, con l’aiuto dello Spirito Santo, nella testimonianza della fede e nella dilatazione del Regno di Cristo: impegno che viene rafforzato dal sacramento della Confermazione, con cui i fedeli, come dice il Concilio, “sono più strettamente obbligati a diffondere e a difendere, con la parola e le opere, la fede come veri testimoni di Cristo” (Lumen gentium, 11). Nei tempi più recenti, lo sviluppo dell’ecclesiologia ha portato alla elaborazione del concetto di impegno laicale, oltre che in rapporto ai due sacramenti della Iniziazione cristiana, anche come espressione di una più consapevole partecipazione al mistero della Chiesa secondo lo spirito della Pentecoste. Altro punto basilare, questo, della Teologia del laicato.

3. Il principio teologico secondo cui l’apostolato dei laici, “derivando dalla loro stessa vocazione cristiana, non può mai venir meno nella Chiesa” (Apostolicam actuositatem, AA 1), chiarisce in modo sempre più pieno e trasparente la necessità dell’impegno laicale nella nostra epoca. Tale necessità è ulteriormente sottolineata da alcune circostanze che caratterizzano il tempo attuale. Esse sono, ad esempio, l’aumento della popolazione nei centri urbani, dove il numero dei Preti è sempre più insufficiente; la mobilità per ragioni di lavoro, di scuola, di svago ecc., propria della società moderna; l’autonomia di molti settori della società che rende più difficili le condizioni di ordine etico e religioso e quindi più necessaria l’azione dall’interno; la estraneità sociologica dei Presbiteri a molti ambienti di cultura e di lavoro. Queste e altre ragioni impongono una nuova azione evangelizzatrice da parte dei laici. D’altra parte, lo sviluppo delle istituzioni e della stessa mentalità democratica ha reso e rende i laici più sensibili alle richieste di impegno ecclesiale. La diffusione e l’elevazione del livello medio della cultura conferisce a molti capacità maggiori di operare per il bene della società e della Chiesa.

4. Non c’è dunque da meravigliarsi, dal punto di vista storico, delle forme nuove assunte dall’azione dei laici. Sotto lo stimolo delle moderne condizioni socioculturali, si è inoltre riflettuto con maggior attenzione su di un principio di ordine ecclesiologico, lasciato prima un po’ in ombra: la diversità dei ministeri nella Chiesa è un’esigenza vitale del Corpo mistico, che ha bisogno di tutti i suoi membri per svilupparsi, e richiede il contributo di tutti secondo le diverse attitudini di ognuno. “Tutto il corpo secondo l’energia propria di ogni membro riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità” (Ep 4,16). È una “autoedificazione”, che dipende dal Capo del Corpo, Cristo (Ep 4,16), ma esige la cooperazione di ogni membro. Vi è dunque nella Chiesa diversità di ministeri nell’unità della missione (Apostolicam actuositatem, AA 2).14 La diversità non nuoce all’unità, ma l’arricchisce.

5. Una differenza essenziale esiste fra ministeri ordinati e ministeri non ordinati, come ho avuto occasione di precisare nelle catechesi sul sacerdozio. Il Concilio insegna che il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico differiscono essenzialmente e non solo di grado (cf. Lumen gentium, LG 10). L’Esortazione apostolica Christifideles laici fa notare che i ministeri ordinati sono esercitati in virtù del sacramento dell’Ordine, mentre i ministeri non ordinati, gli uffici e le funzioni dei fedeli laici, “hanno il loro fondamento sacramentale nel Battesimo e nella Confermazione, nonché, per molti di loro, nel Matrimonio” (Giovanni Paolo II, Christifideles laici, n. CL 23). Quest’ultima affermazione è preziosa, specialmente per i coniugi e genitori che sono chiamati a svolgere un apostolato cristiano anche e specialmente in seno alla loro famiglia (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, CEC 902).

La stessa Esortazione apostolica avverte che “i Pastori devono riconoscere e promuovere i ministeri, gli uffici e le funzioni dei fedeli laici” (Christifideles laici, CL 23). Un pastore d’anime non può pretendere di fare tutto nella comunità che gli è affidata. Deve valorizzare quanto più può l’azione dei laici, con sincera stima per la loro competenza e la loro disponibilità. Se è vero che un laico non può sostituire il Pastore nei ministeri che richiedono i poteri dati dal sacramento dell’Ordine, è anche vero che il Pastore non può sostituire i laici nei campi dove essi hanno competenza più di lui. Perciò egli deve promuovere il loro ruolo e stimolare la loro partecipazione alla missione della Chiesa.

6. A questo riguardo occorre tener presente quanto dispone il Codice di Diritto Canonico, secondo il quale, “ove le necessità della Chiesa lo suggeriscano”, possono essere affidate ai laici certe attività di supplenza del clero (Codice di diritto canonico, can. CIC 3); ma, come si legge nell’Esortazione apostolica Christifideles laici, “l’esercizio di questi compiti non fa del fedele laico un Pastore”: egli “deriva la sua legittimazione immediatamente e formalmente dalla deputazione ufficiale data dai Pastori, e nella sua concreta attuazione è diretto dall’autorità ecclesiastica” (Giovanni Paolo II, Christifideles laici, n. CL 23).

Ma si deve subito aggiungere che l’azione dei laici non si limita a una supplenza “in situazioni di emergenza e di croniche necessità”. Ci sono campi della vita ecclesiale nei quali, accanto ai compiti propri della gerarchia, è desiderata la partecipazione attiva anche dei laici. Il primo è quello dell’assemblea liturgica. Senza dubbio la Celebrazione eucaristica richiede l’opera di chi ha ricevuto dal sacramento dell’Ordine il potere di offrire il sacrificio in nome di Cristo: il Sacerdote. Ma essa, secondo l’Esortazione apostolica Christifideles laici, “è una azione sacra, non soltanto del Clero, ma di tutta l’assemblea”. Un’azione comunitaria. “È naturale, pertanto, che i compiti non propri dei ministri ordinati siano svolti dai fedeli laici” (Ivi). E quanti laici, grandi e piccoli, giovani ed anziani, li svolgono egregiamente nelle nostre chiese, con le preci, le letture, i canti, i vari servizi all’interno e all’esterno dell’edificio sacro! Ringraziamo il Signore di questa realtà del nostro tempo. Occorre pregare perché Egli sempre più la faccia crescere in numero e qualità.

7. Anche oltre l’ambito della liturgia, i laici hanno un proprio compito nell’annuncio della parola di Dio, in quanto impegnati nell’ufficio profetico di Cristo, e quindi una responsabilità nella evangelizzazione. A questo scopo possono ricevere particolari incarichi e anche mandati permanenti, per esempio nella catechesi, nella scuola, nella direzione e redazione dei periodici religiosi, nella editoria cattolica, nei mass-media, nelle varie iniziative e opere che la Chiesa promuove per la propagazione della fede (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, CEC 906).

In ogni caso, si tratta di una partecipazione alla missione della Chiesa, alla sempre nuova Pentecoste che tende a portare nel mondo intero la grazia dello Spirito discesa nel Cenacolo di Gerusalemme per far proclamare a tutte le genti le meraviglie di Dio.

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Ai fedeli giapponesi

Sia lodato Gesù Cristo!

Dilettissimi pellegrini di Kyoto. Carissime studentesse di Joci (Sophia) università di Tokyo, Fuji di Sapporo, Junshin di Kagoshima e Bunka-Gakuen di Nagoya. Il futuro del mondo dipende da voi giovani. Vi esorto pertanto a vivere secondo i sani principi delle vostre università e specialmente secondo lo spirito della devozione a Maria, affinché, imitando la sua vita, possiate essere portatori di pace nel mondo. È con questo auspicio che vi benedico di cuore. Sia lodato Gesù Cristo!

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Ai fedeli di lingua italiana

Rivolgo il mio cordiale benvenuto a tutti i pellegrini di lingua italiana.

In particolare, sono lieto di accogliere i corsisti e i volontari della Scuola di Volontariato della Caritas di Taranto, accompagnati dal Vicario Generale e dal Direttore della Caritas diocesana. Carissimi, la vostra esperienza - nata più di dieci anni or sono - dimostra che il volontariato è un segno di speranza, che cresce e matura nella Comunità cristiana soprattutto quando è accompagnato da una seria formazione. Vi esorto a proseguire con impegno e di cuore benedico i vostri corsi, come pure le iniziative intraprese nella città di Taranto e in Albania. Saluto inoltre i pellegrini della parrocchia di San Nicola in Sant’Agata di Puglia. Cari Fratelli e Sorelle, il terzo centenario della vostra Chiesa Matrice faccia sgorgare nell’intera Comunità un rinnovato spirito di fede e di testimonianza evangelica.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Il mio saluto va ora ai giovani, ai malati e agli sposi novelli.

Carissimi, vi invito a perseverare nel cammino quaresimale, che stiamo percorrendo: cammino di preghiera, di povertà, di carità concreta.

A questa scuola di verità e di amore, voi, cari giovani, progredirete nella conoscenza del senso cristiano della vita; voi, cari ammalati, apprenderete la sapienza della Croce; e voi, cari sposi novelli, inizierete a rendere santa la famiglia, che avete appena costituito.

La mia Benedizione Apostolica ottenga a tutti la grazia che ravviva la fede e muove al generoso impegno verso Dio e verso il prossimo.


Mercoledì, 9 marzo 1994

I carismi dei laici

1Co 12,1 1Co 12,4-7


1. Nella precedente catechesi abbiamo messo in risalto il fondamento sacramentale dei ministeri e delle funzioni dei laici nella Chiesa: il Battesimo, la Confermazione e, per molti, il sacramento del Matrimonio. È un punto essenziale della Teologia del laicato, legato alla struttura sacramentale della Chiesa. Ma dobbiamo ora aggiungere che lo Spirito Santo, datore di ogni dono e principio primo della vitalità della Chiesa, non vi opera soltanto per mezzo dei sacramenti. Egli che, secondo san Paolo, distribuisce a ciascuno i propri doni come vuole (cf. 1Co 12,1), effonde nel popolo di Dio una grande ricchezza di grazie sia per l’orazione e la contemplazione, sia per l’azione. Sono i carismi: anche i laici ne sono beneficiari, specialmente in ordine alla loro missione ecclesiale e sociale. Lo ha affermato il Concilio Vaticano II, ricollegandosi a san Paolo: lo Spirito Santo - esso scrive - “dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali, con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi varie opere ed uffici, utili al rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa, secondo quelle parole (di san Paolo): “A ciascuno la manifestazione dello Spirito è data in vista dell’utilità” (1Co 12,7)” (Lumen gentium, LG 12).

2. San Paolo aveva rilevato la molteplicità e varietà dei carismi nella Chiesa primitiva: alcuni straordinari, come il dono di far guarigioni, il dono della profezia o il dono delle lingue; altri più semplici, concessi per l’ordinario adempimento dei compiti assegnati nella comunità (cf. 1Co 12,7-10).

A seguito del testo di Paolo, i carismi sono stati spesso ritenuti come doni straordinari, soprattutto caratteristici dell’inizio della vita della Chiesa. Il Concilio Vaticano II ha inteso mettere in luce i carismi nella loro qualità di doni che appartengono alla vita ordinaria della Chiesa e che non hanno necessariamente un carattere straordinario o meraviglioso. Anche l’Esortazione apostolica Christifideles laici parla dei carismi come di doni che possono essere “straordinari o semplici e umili” (Giovanni Paolo II, Christifideles laici, n. CL 24). Inoltre bisogna tener presente che molti carismi non hanno come finalità primaria o principale la santificazione personale di colui che li riceve, ma il servizio degli altri e il bene della Chiesa. Non c’è dubbio che essi tendono e servono anche allo sviluppo della santità personale, ma in una prospettiva essenzialmente altruistica e comunitaria, che nella Chiesa s’iscrive in una dimensione organica, nel senso che riguarda la crescita del Corpo mistico di Cristo.

3. Come ci ha detto san Paolo e ripetuto il Concilio, tali carismi sono frutto della libera scelta e donazione dello Spirito Santo, del quale partecipano la proprietà di Dono primo e sostanziale nell’ambito della vita trinitaria. Dio Uno e Trino manifesta in modo speciale nei doni la sua sovrana potestà, non sottomessa a una qualche regola antecedente, né ad una disciplina particolare, né ad uno schema di interventi stabilito una volta per sempre: secondo san Paolo, egli distribuisce a ciascuno i suoi doni “come vuole” (1Co 12,11). È un’eterna volontà d’amore, la cui libertà e gratuità si manifesta nell’azione svolta dallo Spirito Santo-Dono nell’economia della salvezza. Per questa sovrana libertà e gratuità, i carismi sono concessi anche ai laici, come prova la storia della Chiesa (Giovanni Paolo II, Christifideles laici, CL 24).

Non possiamo non ammirare la grande ricchezza di doni concessi dallo Spirito Santo ai laici come membri della Chiesa, anche nei nostri tempi. Ciascuno di loro ha la capacità necessaria per assumere le funzioni a cui è chiamato per il bene del popolo cristiano e la salvezza del mondo, se è aperto, docile e fedele all’azione dello Spirito Santo.

4. Ma occorre prestare attenzione anche a un altro punto della dottrina di san Paolo e della Chiesa, che vale sia per ogni specie di ministero sia per i carismi: la loro diversità e varietà non può essere lesiva dell’unità. “Vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore” (1Co 12,4-5). Paolo chiedeva il rispetto di quelle diversità, perché non tutti possono pretendere di svolgere la stessa funzione, contro il disegno di Dio e il dono dello Spirito, ed anche contro le più elementari leggi di ogni struttura sociale. Ma l’Apostolo sottolineava ugualmente la necessità dell’unità, che rispondeva anch’essa a una esigenza di ordine sociologico, ma ancor più doveva essere, nella comunità cristiana, un riflesso dell’unità divina. Un solo Spirito, un solo Signore. E, quindi, una sola Chiesa!

5. Agli inizi dell’era cristiana, vennero compiute cose straordinarie sotto l’influsso dei carismi, sia di quelli straordinari, sia di quelli che si potrebbero chiamare i piccoli, umili carismi di ogni giorno. Così è stato sempre nella Chiesa, e lo è anche nella nostra epoca, generalmente in modo nascosto, ma a volte, quando Dio lo vuole per il bene della sua Chiesa, anche in modo appariscente. E come nel passato, così anche ai giorni nostri ci sono stati numerosi laici che hanno molto contribuito allo sviluppo spirituale e pastorale della Chiesa. Possiamo dire che anche oggi abbondano i laici che, grazie ai carismi, operano da buoni e veraci testimoni della fede e della carità.

È da auspicare che tutti si rendano conto di questo trascendente valore di vita eterna già incluso nel loro lavoro, se è svolto nella fedeltà alla loro vocazione con docilità allo Spirito Santo che vive e agisce nei loro cuori. Questo pensiero non può non servire di stimolo, sostegno, conforto specialmente a coloro che, per fedeltà a una vocazione santa, si impegnano nel servizio al bene comune, per lo stabilimento della giustizia, il miglioramento delle condizioni di vita dei poveri e degli indigenti, la cura degli handicappati, l’accoglienza dei profughi, la realizzazione della pace nel mondo intero.

6. Nella vita comunitaria e nella pratica pastorale della Chiesa si impone il riconoscimento dei carismi, ma anche il loro discernimento, come hanno ricordato i Padri nel Sinodo del 1987 (Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 24). Certamente lo Spirito Santo “soffia dove vuole”, e non si potrà mai pretendere di imporgli regolamenti e condizionamenti. Ma la comunità cristiana ha diritto di essere avvertita dai Pastori sulla autenticità dei carismi e sulla affidabilità di coloro che si presentano come loro portatori. Il Concilio ha ricordato la necessità della prudenza in questo campo, specialmente quando si tratti di carismi straordinari (cf. Lumen gentium, CL 12).

L’Esortazione apostolica “Christifideles Laici” ha pure sottolineato che “nessun carisma dispensa dal riferimento e dalla sottomissione ai Pastori della Chiesa” (Giovanni Paolo II, Christifideles laici, CL 24). Sono norme di prudenza facilmente comprensibili, e valgono per tutti, sia chierici che laici.

7. Detto ciò, ci piace ripetere, col Concilio e con l’Esortazione citata, che “i carismi vanno accolti con gratitudine, da parte di chi li riceve, ma anche da parte di tutti nella Chiesa” (Ivi). Da tali carismi sorge “il diritto e il dovere di esercitarli per il bene degli uomini e ad edificazione della Chiesa” (Apostolicam actuositatem, AA 3). È un diritto che si fonda sulla donazione dello Spirito e sulla convalida della Chiesa. È un dovere motivato dal fatto stesso del dono ricevuto, che crea una responsabilità ed esige un impegno.

La storia della Chiesa attesta che, quando i carismi sono reali, prima o poi vengono riconosciuti e possono esercitare la loro funzione costruttiva e unitiva. Funzione, ricordiamolo ancora una volta, che la maggior parte dei membri della Chiesa, Chierici e laici, in virtù di carismi silenziosi, svolge efficacemente ogni giorno per il bene di noi tutti.

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Ad alcuni pellegrini giapponesi

Sia lodato Gesù Cristo!
Dilettissimi pellegrini, studentesse e Membri del “Mushakoji-Senke”.

La finalità di un pellegrinaggio e della cerimonia del tè hanno un uguale significato. Occorre raccogliere il frutto di questa finalità nella vita di ogni giorno, altrimenti perderebbe il suo vero senso. Desiderando vivamente che voi portiate questi frutti nella vostra vita, vi benedico di cuore.

Sia lodato Gesù Cristo!

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Ai fedeli di lingua italiana

Mi è gradito porgere ora un cordiale benvenuto a tutti i pellegrini di lingua italiana. Sono lieto, in particolare, di rivolgere il mio affettuoso saluto ai Diaconi dell’arcidiocesi di Milano, qui convenuti assieme ai loro educatori. Carissimi, auspico che la visita alle Tombe degli Apostoli rimanga nel vostro cuore come una forte esperienza spirituale che vi aiuti a ben prepararvi all’importante ed ormai prossima tappa dell’Ordinazione sacerdotale.

Il mio pensiero va poi alle rappresentanti dell’“International Inner Wheel Club” di Roma sud-ovest, che con questa visita hanno voluto ricordare la “Giornata della Donna”, celebratasi ieri. A voi tutte esprimo il mio incoraggiamento per il vostro impegno cristiano e vi esorto a proseguire generosamente nel promuovere, con la vostra testimonianza, i valori morali e spirituali.

Un particolare saluto desidero rivolgere ai numerosi giovani, quasi mille, provenienti dal Liceo scientifico di San Benedetto del Tronto, accompagnati dal loro Vescovo e che, con la loro massiccia presenza, desiderano esprimere il loro speciale attaccamento alla Chiesa e portano al Papa la loro gioia autentica.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Ed ora, saluto voi, giovani, ammalati e sposi novelli presenti a questa Udienza.

Oggi facciamo memoria di Santa Francesca Romana, donna mirabile per l’amore alla famiglia ed ai poveri, nel solco di san Benedetto. Seppe unire la preghiera costante al servizio generoso dei fratelli e le sue Oblate di Tor de’ Specchi conservano viva la proposta di un’esistenza spesa per il Signore e per i fratelli.

Santa Francesca Romana accompagni e benedica le famiglie, specialmente quelle da poco formate, i giovani ed i malati, moltiplicando in tutti lo sforzo di vita spirituale e di cristiana solidarietà.

Vi accompagni la mia Benedizione.




Mercoledì, 16 marzo 1994: Ambito di apostolato dei laici: la partecipazione alla missione della Chiesa

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Catechesi 79-2005 26194