Catechesi 79-2005 37494

L'auspicio per il futuro del Sud Africa e l'appello perché si arresti il genocidio in Rwanda

Le tragedie e le speranze dell'Africa sollecitano la nostra preghiera

Ancora una volta l'Africa sollecita la nostra preghiera.

Come spesso accade, situazioni che inducono a sperare per il futuro sono unite ad altre che rattristano profondamente facendo temere il peggio.

In questi giorni si stanno svolgendo le elezioni generali in Sud Africa.

Desidero formulare l'auspicio che l'importante avvenimento possa contribuire a portare pace e serenità in quel Paese, ponendo fine alla triste spirale di violenza che, per tanto tempo, ha provocato lutti e distruzioni.

Esorto tutti - in particolare i cattolici sudafricani - a ricercare con tenacia cammini di pace e di riconciliazione, perché a quel grande e caro Paese sia assicurato un futuro di concordia e di autentica crescita morale e civile.

Vi invito, poi, ed accoratamente, ad una preghiera sofferta e fervorosa per il Rwanda.

La tragedia di quelle popolazioni sembra non voler arrestarsi: barbarie, vendette, uccisioni, sangue innocente versato, ovunque orrore e morte.

Invito quanti detengono responsabilità ad una azione generosa ed efficace perché si arresti questo genocidio. E' l'ora della fraternità! E' l'ora della riconciliazione!





Mercoledi 8 Giugno 1994: L'uomo del Duemila ha bisogno del Cuore di Cristo per conoscere Dio e per conoscere se stesso

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Carissimi Fratelli e Sorelle!


1. Dopodomani ricorre la Solennità del Sacro Cuore di Gesù. E' una festa liturgica dalla quale s'irraggia una peculiare tonalità spirituale su tutto il mese di giugno. E' importante che nei fedeli resti viva la sensibilità per il messaggio che ne promana: nel Cuore di Cristo l'amore di Dio s'è fatto incontro all'intera umanità.

Si tratta di un messaggio che è, ai nostri giorni, di straordinaria attualità. L'uomo contemporaneo, infatti, si trova spesso frastornato, diviso, quasi privo di un principio interiore che crei unità ed armonia nel suo essere e nel suo agire. Modelli di comportamento purtroppo assai diffusi ne esasperano la dimensione razionale-tecnologica o, all'opposto, quella istintuale, mentre il centro della persona non è né la pura ragione, né il puro istinto. Il centro della persona è quello che la Bibbia chiama il "cuore".

Alla fine del ventesimo secolo, sembra ormai superata l'incredulità di stampo illuministico, che ha dominato per tanto tempo. Le persone provano una forte nostalgia di Dio, ma hanno come smarrito la strada dell'interiore santuario in cui ospitarne la presenza: quel santuario è appunto il cuore, dove la libertà e l'intelligenza si incontrano con l'amore del Padre che è nei cieli.

Il Cuore di Cristo è la sede universale della comunione con Dio Padre, è la sede dello Spirito Santo. Per conoscere Dio, bisogna conoscere Gesù e vivere in sintonia col suo Cuore, amando, come Lui, Dio e il prossimo.


2. La devozione al Sacro Cuore, così come si è sviluppata nell'Europa di due secoli fa, sotto l'impulso delle esperienze mistiche di Santa Margherita Maria Alacoque, è stata la risposta al rigorismo giansenista, che aveva finito per misconoscere l'infinita misericordia di Dio. Oggi, all'umanità appiattita su una sola dimensione o, addirittura, tentata di cedere a forme di nichilismo se non teorico certamente pratico, la devozione al Cuore di Gesù offre una proposta di autentica ed armoniosa pienezza nella prospettiva della speranza che non delude.

Circa un secolo fa, un noto pensatore denuncio la "morte di Dio".

Ebbene, proprio dal Cuore del Figlio di Dio, morto sulla croce, è scaturita la fonte perenne della vita che dona speranza ad ogni uomo. Dal Cuore di Cristo crocifisso nasce la nuova umanità, redenta dal peccato. L'uomo del Duemila ha bisogno del Cuore di Cristo per conoscere Dio e per conoscere se stesso; ne ha bisogno per costruire la civiltà dell'amore.

Vi invito perciò, carissimi Fratelli e Sorelle, a guardare con fiducia al Sacro Cuore di Gesù e a ripetere spesso, soprattutto durante questo mese di giugno: Cuore sacratissimo di Gesù, confido in Te!

...

Alla fine voglio salutare tutti i pellegrini e i gruppi di lingua italiana che hanno desiderato partecipare a questo incontro.

Saluto inoltre i pellegrini di altre nazioni: sloveni, slovacchi, cechi e ungheresi e gli altri pellegrini che si trovano qui a Roma.

Per tutti una Benedizione cordiale.

Dopo la recita del “Pater Noster” Giovanni Paolo II imparte la Benedizione Apostolica. Quindi aggiunge le seguenti parole.

Anche oggi fa caldo, come una settimana fa. Ora è così in giugno.

Sarebbe stato meglio in Aula, ma per ora l'Aula che ci rimane è questa Piazza.

Speriamo bene per il futuro.





Mercoledi 15 Giugno 1994: Malati ed infermi nel cuore della Chiesa

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1. Nella precedente catechesi abbiamo parlato della dignità di coloro che soffrono e dell'apostolato che essi possono svolgere nella Chiesa. Prendiamo oggi in considerazione, più particolarmente, i malati e gli infermi, perché le prove a cui è sottoposta la salute sono, oggi come in passato, di notevole rilievo nella vita umana. La Chiesa non può non sentire in cuore il bisogno della vicinanza e della partecipazione a questo mistero doloroso che associa tanti uomini di ogni tempo allo stato di Gesù Cristo durante la sua Passione.

Tutti nel mondo hanno qualche prova di salute, ma alcuni più degli altri, come coloro che soffrono di una infermità permanente, o sono sottoposti, per qualche irregolarità o debolezza corporea, a molti disturbi. Basta entrare negli ospedali per scoprire il mondo della malattia, il volto di una umanità che geme e soffre. La Chiesa non può non vedere e non aiutare a vedere in questo volto i lineamenti del Christus patiens, non può non ricordare il disegno divino che guida quelle vite, in una salute precaria, verso una fecondità di ordine superiore. Non può non essere una Ecclesia compatiens: con Cristo e con tutti i sofferenti.


2. Gesù ha manifestato la sua compassione per i malati e gli infermi, rivelando la grande bontà e tenerezza del suo cuore, portato a soccorrere i sofferenti dell'anima e del corpo anche con il potere che gli apparteneva di fare miracoli.

perciò operava molte guarigioni, tanto che gli ammalati accorrevano a lui per beneficiare del suo potere taumaturgico. Come dice l'evangelista Luca, folle numerose venivano non soltanto per ascoltarlo, ma anche per "farsi guarire dalle loro infermità" (5,15). Nella dedizione con la quale Gesù ha voluto liberare dal peso della malattia o dell'infermità coloro che l'accostavano, egli ci lascia intravedere la speciale intenzione della misericordia divina a loro riguardo: Dio non è indifferente alle sofferenze della malattia e dà il suo aiuto ai malati, nel piano salvifico che il Verbo incarnato rivela e attua nel mondo.


3. Gesù infatti considera e tratta i malati e gli infermi nella prospettiva dell'opera di salvezza che è stato mandato a compiere. Le guarigioni corporee fanno parte di questa sua opera di salvezza e nel contempo sono segni della grande guarigione spirituale che egli reca all'umanità. Questa sua intenzione superiore appare in modo evidente quando a un paralitico, condotto davanti a lui per ottenere la guarigione, egli accorda prima di tutto il perdono dei peccati; poi, conoscendo le obiezioni interiori di alcuni scribi e farisei presenti circa l'esclusivo potere di Dio al riguardo, dichiara: "Perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va' a casa tua" (
Mc 2,10-11).

In questo come in tanti altri casi, Gesù col miracolo vuol dimostrare il suo potere di liberare l'anima umana dalle sue colpe, purificandola. Egli guarisce i malati in vista di questo dono superiore, che offre a tutti gli uomini: ossia la salvezza spirituale (cfr. CEC 549). Le sofferenze della malattia non possono far dimenticare l'importanza prevalente della salvezza spirituale per ogni persona.


4. In questa prospettiva di salvezza, Gesù chiede dunque la fede nel suo potere di Salvatore. Nel caso del paralitico, appena ricordato, Gesù risponde alla fede delle quattro persone che hanno portato da lui l'infermo: "vista la loro fede", dice Marco (Mc 2,5).

Al padre dell'epilettico chiede la fede dicendo: "Tutto è possibile per chi crede" (Mc 9,23). Ammira la fede del centurione: "Va', e sia fatto secondo la tua fede" (Mt 8,13), e quella della cananea: "Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri" (Mt 15,28). Il miracolo, fatto in favore del cieco Bartimeo, viene attribuito alla fede: "La tua fede ti ha salvato" (Mc 10,52). Una parola simile viene rivolta all'emorroissa: "Figlia, la tua fede ti ha salvata" (Mc 5,34).

Gesù vuole inculcare l'idea che la fede in lui, suscitata dal desiderio di guarigione, è destinata a procurare la salvezza che conta di più, quella spirituale. Dagli episodi evangelici citati risulta che la malattia, nel piano divino, può rivelarsi uno stimolo alla fede. I malati sono stimolati a vivere il tempo della malattia come un tempo di fede più intensa, e dunque come un tempo di santificazione e di accoglienza più completa e più consapevole della salvezza che viene da Cristo. E' una grande grazia ricevere questa luce sulla verità profonda della malattia!


5. Il Vangelo attesta che Gesù ha associato i suoi Apostoli al suo potere di guarire gli ammalati (cfr. Mt 10,1); e anzi, nell'addio dato loro prima dell'Ascensione, ha indicato nelle guarigioni che avrebbero operato uno dei segni della verità della predicazione evangelica (cfr. Mc 16,17-20). Si trattava di portare il Vangelo nel mondo a tutte le genti, tra difficoltà umanamente insormontabili. perciò si spiega che nei primi tempi della Chiesa si producessero numerose guarigioni miracolose, sottolineate dagli Atti degli Apostoli (cfr. Ac 3,1-10 Ac 8,7 Ac 9,33-35 Ac 14,8-10 Ac 28,8-10). Nei tempi successivi, non sono mai mancate guarigioni ritenute "miracolose", come è attestato in fonti storiche e biografiche autorevoli e nella documentazione dei processi di canonizzazione. Si sa che la Chiesa è molto esigente a questo riguardo. Ciò risponde a un dovere di prudenza. Ma, a lume di storia, non si possono negare molti casi che in ogni tempo provano l'intervento straordinario del Signore in favore dei malati. La Chiesa, tuttavia, pur contando sempre su tali forme di intervento, non si sente dispensata dal quotidiano impegno di soccorrere e curare i malati, tanto con le istituzioni caritative tradizionali quanto con le moderne organizzazioni dei servizi sanitari.


6. E' nella prospettiva della fede, infatti, che la malattia assume una nobiltà superiore e rivela una particolare efficacia come aiuto al ministero apostolico.

In questo senso la Chiesa non esita a dichiarare di aver bisogno dei malati e della loro oblazione al Signore per ottenere grazie più abbondanti per l'intera umanità. Se alla luce del Vangelo la malattia può essere un tempo di grazia, un tempo in cui l'amore divino penetra più profondamente in coloro che soffrono, non c'è dubbio che, con la loro offerta, i malati e gli infermi santificano se stessi e contribuiscono alla santificazione degli altri.

Ciò vale, in particolare, per coloro che si dedicano al servizio dei malati e degli infermi. Tale servizio è una via di santificazione come la malattia stessa. Nel corso dei secoli, esso è stato una manifestazione della carità di Cristo, che è appunto la sorgente della santità.

E' un servizio che richiede dedizione, pazienza e delicatezza, unite a una grande capacità di compassione e di comprensione, tanto più che, oltre alla cura sotto l'aspetto strettamente sanitario, occorre portare ai malati anche il conforto morale, come suggerisce Gesù: "Ero malato... e mi avete visitato" (Mt 25,36).


7. Tutto ciò contribuisce all'edificazione del "Corpo di Cristo" nella carità, sia per l'efficacia dell'oblazione dei malati, sia per l'esercizio delle virtù in coloro che li curano o visitano. Trova così attuazione il mistero della Chiesa madre e ministra della carità. così l'hanno raffigurata pittori quali Piero della Francesca: nel Polittico della misericordia, dipinto nel 1448 e conservato a Borgo San Sepolcro, egli rappresenta la Vergine Maria, immagine della Chiesa, nell'atto di stendere il suo manto a protezione dei fedeli, che sono i deboli, i miseri, gli sfiduciati, il popolo, il clero e le vergini consacrate, come li elencava il Vescovo Fulberto di Chartres in una omelia scritta nel 1208.

Dobbiamo impegnarci perché l'umile ed affettuoso servizio nostro ai malati partecipi a quello della Chiesa nostra Madre, della quale Maria è l'esemplare perfetto (cfr. LG 64-65) per un efficace esercizio della terapia dell'amore.

(Seguono i saluti)


Ai visitatori di altre nazionalità e ad un gruppo di pellegrini italiani

Desidero salutare anche i visitatori di altre nazionalità, a tutti augurando una sosta romana proficua per la fede e per la cultura.

L’ultimo saluto, come di consueto, ai pellegrini italiani, in special modo ai giovani. So che è terminato l’anno scolastico, spero con buoni risultati; ma penso anche agli universitari, che sono nel pieno degli esami. Auguro loro una buona riuscita.

A tutti la mia Benedizione.




Piazza San Pietro, Mercoledi 22 Giugno 1994

Dignità e missione della donna cristiana

1. Nelle catechesi sulla dignità e l'apostolato dei laici nella Chiesa, abbiamo esposto il pensiero ed i progetti della Chiesa validi per tutti i fedeli, uomini e donne. Ma vogliamo ora considerare più specialmente il ruolo della donna cristiana, sia per l'importanza che, da sempre, le donne hanno avuto nella Chiesa, sia per le speranze che in esse si possono e si devono riporre per il presente e per l'avvenire. Molte voci si sono levate nella nostra epoca per chiedere il rispetto della dignità personale della donna ed il riconoscimento di un'effettiva parità di diritti con l'uomo, così da offrire ad essa la piena possibilità di svolgere il suo ruolo in tutti i settori e a tutti i livelli della società.

La Chiesa considera il movimento, definito di emancipazione, o di liberazione, o di promozione della donna alla luce della dottrina rivelata sulla dignità della persona umana, sul valore delle singole persone - donne e uomini - davanti al Creatore e sul ruolo attribuito alla donna nell'opera della salvezza.

Essa ritiene pertanto che, in realtà, il riconoscimento del valore della donna abbia come fonte ultima la coscienza cristiana del valore di ogni persona. Tale coscienza, stimolata dallo sviluppo delle condizioni socioculturali ed illuminata dallo Spirito Santo, giunge progressivamente a meglio capire le intenzioni del disegno divino contenuto nella Rivelazione. E sono queste "divine intenzioni" che dobbiamo cercare di studiare, soprattutto nel Vangelo, trattando del valore della vita dei laici, e in particolare di quello delle donne, per favorire il loro contributo all'opera della Chiesa per la diffusione del messaggio evangelico e per l'avvento del Regno di Dio.


2. Nella prospettiva dell'antropologia cristiana, ogni persona umana ha la sua dignità: e come persona la donna non ha minor dignità dell'uomo. Troppo spesso la donna viene, invece, considerata come oggetto a motivo dell'egoismo maschile, che si è manifestato in tante sedi nel passato e si manifesta ancora oggi. Nella situazione odierna intervengono ragioni molteplici di ordine culturale e sociale, che vanno considerate con serena obiettività; non è difficile pero scoprirvi anche l'influsso di una tendenza al predominio e alla prepotenza, che ha trovato e trova le sue vittime specialmente nelle donne e nei fanciulli. Del resto, il fenomeno è stato ed è anche più generale: ha origine, come ho scritto nella Christifideles laici, in "quella ingiusta e deleteria mentalità che considera l'essere umano come una cosa, come un oggetto di compra-vendita, come uno strumento dell'interesse egoistico o del solo piacere" (CL 49).

I laici cristiani sono chiamati a lottare contro tutte le forme che assume questa mentalità, anche quando si traduce in spettacoli e pubblicità, comandati dall'intento di accentuare la corsa frenetica ai consumi. Ma le donne stesse hanno il dovere di contribuire ad ottenere il rispetto della loro personalità, non scendendo ad alcuna forma di complicità con ciò che contraddice alla loro dignità.


3. Sempre sulla base della stessa antropologia, la dottrina della Chiesa insegna che il principio dell'uguaglianza della donna con l'uomo, nella dignità personale e nei diritti umani fondamentali, deve essere coerentemente portato a tutte le sue conseguenze. E' la Bibbia stessa a lasciar trasparire questa uguaglianza. A tale proposito può essere interessante notare che, se nella redazione più antica della creazione di Adamo ed Eva (cfr. Gn 2,4-25) la donna viene creata da Dio "dalla costola" dell'uomo, essa è posta accanto all'uomo come un altro "io" con cui egli, diversamente che con ogni altra realtà creata, possa dialogare alla pari. In questa prospettiva si pone l'altro racconto della creazione (cfr. Gn 1,26-28), in cui viene immediatamente affermato che l'uomo creato a immagine di Dio è "maschio e femmina". "Dio creo l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creo; maschio e femmina li creo" (Gn 1,27 cfr. MD 6). così viene espressa la differenza dei sessi, ma soprattutto la loro necessaria complementarità. Si direbbe che all'autore sacro prema asserire, in definitiva, che la donna porta in sé la somiglianza con Dio non meno dell'uomo, e che è stata creata a immagine di Dio in ciò che è specifico per la sua persona di donna e non soltanto in ciò che ha di comune con l'uomo. Si tratta di una uguaglianza nella diversità (cfr. CEC 369). Quindi, la perfezione per la donna non è essere come l'uomo, di mascolinizzarsi fino a perdere le sue specifiche qualità di donna: la sua perfezione - che è anche un segreto di affermazione e di relativa autonomia - è di essere donna, uguale all'uomo ma diversa. Nella società civile e anche nella Chiesa, l'uguaglianza e la diversità delle donne devono essere riconosciute.


4. Diversità non significa una necessaria e quasi implacabile opposizione. Nello stesso racconto biblico della creazione, la cooperazione dell'uomo e della donna viene affermata come condizione dello sviluppo dell'umanità e della sua opera di dominazione sull'universo: "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela" (Gn 1,28). Alla luce di questo mandato del Creatore, la Chiesa sostiene che "la coppia e la famiglia costituiscono il primo spazio per l'impegno sociale dei fedeli" (CL 40). Su un piano più generale, diciamo che l'instaurazione dell'ordine temporale deve risultare dalla cooperazione dell'uomo e della donna.


5. Ma dal testo successivo della Genesi risulta altresi che nel disegno divino la cooperazione dell'uomo e della donna doveva attuarsi, su un piano superiore, nella prospettiva dell'associazione del nuovo Adamo e della nuova Eva. Infatti nel protovangelo (cfr. Gn 3,15) l'inimicizia viene stabilita fra il demonio e la donna. Prima nemica del maligno, la donna è la prima alleata di Dio (cfr. MD 11). In quella donna possiamo riconoscere, alla luce del Vangelo, la Vergine Maria. Ma in quel testo possiamo anche leggere una verità che concerne in genere le donne: esse sono state promosse, dalla scelta gratuita di Dio, a un ruolo primario nell'alleanza divina. Di fatto lo si discerne nelle figure di tante sante, vere eroine del Regno di Dio; ma anche nella storia e nella cultura umana l'opera della donna a servizio del bene ha la sua dimostrazione.


6. In Maria si rivela pienamente il valore attribuito nel piano divino alla persona e alla missione della donna. Per convincersene, basta riflettere sul valore antropologico degli aspetti fondamentali della Mariologia: Maria è "piena di grazia" dal primo momento della sua esistenza, sicché è preservata dal peccato.

Manifestamente il favore divino è concesso con abbondanza alla "benedetta fra tutte le donne", e da Maria si riflette sulla stessa condizione della donna, escludendone ogni inferiorità (cfr. RMA 7-11).

Maria viene, inoltre, impegnata nell'alleanza definitiva di Dio con l'umanità. Ha il compito di dare il consenso, in nome dell'umanità, alla venuta del Salvatore. Questo ruolo supera tutte le rivendicazioni anche più recenti dei diritti della donna: Maria è intervenuta in modo sovreminente ed umanamente impensabile nella storia dell'umanità, e con il suo consenso ha contribuito alla trasformazione di tutto il destino umano.

Ancora: Maria ha cooperato allo sviluppo della missione di Gesù, sia col darlo alla luce, allevarlo, stargli accanto negli anni della vita nascosta; sia poi, durante gli anni del ministero pubblico, col sostenerne in modo discreto l'azione, a cominciare da Cana, dove ottenne la prima manifestazione del potere miracoloso del Salvatore: come dice il Concilio, fu Maria che "indusse, con la sua intercessione, Gesù Messia a dare inizio ai miracoli" (LG 58).

Soprattutto, Maria ha cooperato con Cristo all'opera redentrice, non solo preparando Gesù alla sua missione, ma anche unendosi al suo sacrificio per la salvezza di tutti (cfr. MD 3-5).


7. La luce di Maria può espandersi, anche oggi, sul mondo femminile ed abbracciare i vecchi e nuovi problemi della donna, aiutando tutti a capirne la dignità e a riconoscerne i diritti. Le donne ricevono una grazia speciale; la ricevono per vivere nell'alleanza con Dio a livello della loro dignità e missione. Esse sono chiamate a unirsi a modo loro - in un modo che è eccellente - all'opera redentrice di Cristo. Alle donne spetta un grande ruolo nella Chiesa. Lo si capisce in modo particolarmente chiaro alla luce del Vangelo e della sublime figura di Maria.

(Il Santo Padre ha infine così salutato i fedeli di lingua italiana:)

Al termine voglio salutare i pellegrini ed i gruppi di lingua italiana che partecipano a questo incontro. Desidero salutare anche i pellegrini di altre nazioni: in particolare i gruppi di croati e di slovacchi, unitamente agli altri pellegrini presenti oggi a Roma.

Formulo un augurio tutto speciale ai numerosi Sacerdoti del Movimento dei Focolari, provenienti da diversi continenti per un convegno promosso in occasione dell'Anno Internazionale della Famiglia. Chiedo al Signore per loro un intenso fervore apostolico perché sappiano svolgere con efficacia pastorale il loro ministero presso le famiglie ad essi affidate.

A tutti la mia affettuosa Benedizione.





Piazza San Pietro, Mercoledi 6 Luglio 1994

Le donne nel Vangelo

1. Quando si parla della dignità e della missione della donna secondo la dottrina e lo spirito della Chiesa, occorre avere gli occhi al Vangelo, alla cui luce il cristiano tutto vede, esamina, giudica.

Nella precedente catechesi abbiamo proiettato la luce della Rivelazione sull'identità e il destino della donna, presentando come segnacolo la Vergine Maria, secondo le indicazioni del Vangelo. Ma in quella stessa fonte divina troviamo altri segni della volontà di Cristo riguardo alla donna. Egli ne parla con rispetto e bontà, mostrando nel suo atteggiamento la volontà di accogliere la donna e di richiedere il suo impegno nell'instaurazione del Regno di Dio nel mondo.


2. Possiamo ricordare anzitutto i numerosi casi di guarigione di donne (cfr. MD 13). E quegli altri in cui Gesù rivela il suo cuore di Salvatore, pieno di tenerezza negli incontri con coloro che soffrono, siano uomini o donne. "Non piangere!" dice alla vedova di Nain (Lc 7,13). E poi le restituisce il figlio risuscitato da morte. Questo episodio lascia intravedere quale doveva essere il sentimento intimo di Gesù verso la sua madre, Maria, nella prospettiva drammatica della partecipazione alla propria Passione e Morte. Anche alla figlia morta di Giairo Gesù parla con tenerezza: "Fanciulla, io ti dico, alzati!". E, risuscitatala, ordina "di darle da mangiare" (Mc 5,41 Mc 5,43). Ancora, manifesta la sua simpatia per la donna curva, che egli guarisce: e in questo caso, con l'allusione a Satana, fa pensare anche alla salvezza spirituale che arreca a quella donna (cfr. Lc 13,10-17).


3. In altre pagine del Vangelo troviamo espressa l'ammirazione di Gesù per la fede di alcune donne. Ad esempio, nel caso dell'emorroissa: "La tua fede ti ha salvata" (Mc 5,34), le dice. E' un elogio che ha tanto più valore in quanto la donna era stata oggetto della segregazione imposta dalla legge antica. Gesù libera la donna anche da questa oppressione sociale. A sua volta, la cananea riceve da Gesù il riconoscimento: "Donna, davvero grande è la tua fede" (Mt 15,28). E' un elogio che ha un significato tutto particolare, se si pensa che era rivolto ad una straniera per il mondo di Israele. Possiamo ancora ricordare l'ammirazione di Gesù per la vedova che offre il suo obolo nel tesoro del tempio (cfr. Lc 21,1-4); e il suo apprezzamento per il servizio che riceve da Maria di Betania (cfr. Mt 26,6-13 Mc 14,3-9 Jn 12,1-8), il cui gesto - egli annuncia - sarà portato a conoscenza di tutto il mondo.


4. Anche nelle sue parabole Gesù non esita a portare similitudini ed esempi tratti dal mondo femminile, a differenza del midrash dei rabbini, dove compaiono solo figure maschili. Gesù si riferisce sia a donne che a uomini. Volendo fare un raffronto, si potrebbe forse dire che il vantaggio è dalla parte delle donne. Ciò significa, quanto meno, che Gesù evita persino l'apparenza di una attribuzione di inferiorità alla donna.

E ancora: Gesù apre l'accesso del suo Regno alle donne come agli uomini.

Aprendolo alle donne, egli vuole aprirlo ai bambini. Quando dice: "Lasciate che i bambini vengano a me" (Mc 10,14), egli reagisce alla sorveglianza dei discepoli che volevano impedire alle donne di presentare i loro figli al Maestro. Si direbbe che egli dia ragione alle donne e al loro amore per i bambini! Nel suo ministero, Gesù è accompagnato da numerose donne, che lo seguono e rendono servizio a lui e alla comunità dei discepoli (cfr. Lc 8,1-3). E' un fatto nuovo, rispetto alla tradizione giudaica. Gesù, che ha attirato quelle donne alla sua sequela, anche in questo modo manifesta il superamento dei pregiudizi diffusi nel suo ambiente, come in buona parte del mondo antico, sull'inferiorità della donna. Nella sua lotta contro le ingiustizie e le prepotenze rientra anche questa sua esclusione delle discriminazioni tra le donne e gli uomini nella sua Chiesa (cfr. MD 13).


5. Non possiamo non aggiungere che dal Vangelo risulta la benevolenza di Gesù anche verso alcune peccatrici, alle quali chiede il pentimento, ma senza infierire contro di esse per i loro sbagli, tanto più che questi comportano una corresponsabilità dell'uomo. Alcuni episodi sono molto significativi: la donna che si reca nella casa del fariseo Simone (cfr. Lc 7,36-50) non è solo perdonata dei peccati, ma anche elogiata per il suo amore; la samaritana è trasformata in messaggera della nuova fede (cfr. Jn 4,7-37); la donna adultera riceve, col perdono, la semplice esortazione a non peccare più (cfr. Jn 8,3-11 MD 14). Senza dubbio non vi è in Gesù acquiescenza dinanzi al male, al peccato, da chiunque sia commesso: ma quanta comprensione della fragilità umana e quale bontà verso chi già soffre per la propria miseria spirituale, e più o meno coscientemente cerca in lui il Salvatore!


6. Il Vangelo infine attesta che Gesù chiama espressamente le donne a cooperare alla sua opera salvifica. Non solo le ammette a seguirlo per rendere servizio a lui e alla comunità dei discepoli, ma chiede loro altre forme di impegno personale. così, chiede a Marta l'impegno nella fede (cfr. Jn 11,26-27): ed essa, rispondendo all'invito del Maestro, fa la sua professione di fede prima della risurrezione di Lazzaro. Dopo la Risurrezione, affida alle pie donne che erano andate al sepolcro e a Maria di Magdala l'incarico di trasmettere il suo messaggio agli Apostoli (cfr. Mt 28,8-10 Jn 20,17-18): "Le donne furono così le prime messaggere della Risurrezione di Cristo per gli stessi Apostoli" (CEC 641).

Sono segni abbastanza eloquenti della sua volontà di impegnare anche le donne nel servizio al Regno.


7. Questo comportamento di Gesù ha la sua spiegazione teologica nell'intento di unificare l'umanità. Egli, come dice San Paolo, ha voluto riconciliare tutti gli uomini, mediante il suo sacrificio, "in un solo corpo" e fare di tutti "un solo uomo nuovo" (Ep 2,15 Ep 2,16), cosicché ora "non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù" (Ga 3,28).

Ed ecco la conclusione della nostra catechesi: se Gesù Cristo ha riunito l'uomo e la donna nell'uguaglianza della condizione di figli di Dio, Egli impegna ambedue nella sua missione, non sopprimendo affatto la diversità, ma eliminando ogni ingiusta ineguaglianza, e tutti riconciliando nell'unità della Chiesa.


8. La storia delle prime comunità cristiane attesta il grande contributo che le donne hanno portato alla evangelizzazione: a cominciare da "Febe, nostra sorella, - come la qualifica San Paolo - diaconessa della Chiesa di Cencre: ...anch'essa - egli dice - ha protetto molti, e anche me stesso" (Rm 16,1-2). Mi è caro rendere qui omaggio alla memoria di lei e delle tante altre collaboratrici degli Apostoli a Cencre, a Roma e in tutte le comunità cristiane. Con esse ricordiamo ed esaltiamo anche tutte le altre donne - religiose e laiche - che nei secoli hanno testimoniato il Vangelo e trasmesso la fede, esercitando un grande influsso sulla fioritura di un clima cristiano nella famiglia e nella società.

(Durante l'incontro con i fedeli, il Santo Padre si è così rivolto ai responsabili della Bosnia Erzegovina:) La nostra attenzione si rivolge nuovamente alla Bosnia Erzegovina perché in questi giorni si dovrà decidere il futuro di quelle popolazioni.

E' necessario, ora più che mai, trovare una soluzione definitiva a questo conflitto. Auspico che essa sia fondata sulla giustizia, nel rispetto dell'identità delle popolazioni, e offra loro il necessario sostegno nel favorire il ritorno degli sfollati e dei rifugiati alle loro case.

I principi sanciti nel Diritto Internazionale e ribaditi dalle numerose risoluzioni dei competenti organismi internazionali siano il necessario punto di riferimento.

Chiedo a Dio Onnipotente di illuminare i responsabili nelle loro prossime decisioni, di sostenere la speranza di quelle martoriate popolazioni, e di rinnovare in tutti il coraggio di una pacifica convivenza.




Aula Paolo VI - Mercoledi 13 Luglio 1994

Gli ampi spazi di azione della donna nella Chiesa

1. Tutti i seguaci di Cristo possono e devono essere, nella Chiesa, membri attivi in forza del Battesimo e della Cresima e, per i coniugati, in forza dello stesso sacramento del Matrimonio. Ma voglio sottolineare oggi, alcuni punti riguardanti l'impegno della donna, che certo è chiamata ad una cooperazione sua propria - degnissima e importantissima - alla missione della Chiesa.

Partecipe, come tutti i fedeli, dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, ella ne esprime aspetti specifici, corrispondenti e adatti alla personalità femminile: e proprio per questo riceve dei carismi, che aprono vie concrete alla sua missione.


2. Non posso qui ripetere quanto ho scritto nella Lettera Apostolica Mulieris Dignitatem, (15 agosto 1988) e nella Esortazione apostolica Christifideles Laici (30 dicembre 1988) sulla dignità della donna e sui fondamenti antropologici e teologici della condizione femminile. Là ho parlato della sua partecipazione alla vita della società umana e cristiana e alla missione della Chiesa in riferimento alla famiglia, alla cultura e ai vari stati di vita, ai vari settori in cui si esercita l'attività umana, alle varie esperienze di gioia e dolore, salute e malattia successo e insuccesso, presenti nella vita di tutti.

Secondo il principio enunciato dal Sinodo del 1987, e riportato dalla Christideles Laici (CL 51), "le donne partecipano alla vita della Chiesa senza alcuna discriminazione, anche nelle consultazioni e nell'elaborazione delle decisioni". Ne consegue per le donne la possibilità di partecipare ai vari consigli pastorali diocesani e parrocchiali, come pure ai Sinodi diocesani e ai Concili particolari. Anzi, secondo la proposta del Sinodo, le donne "devono essere associate alla preparazione dei documenti pastorali e delle iniziative missionarie, e devono essere riconosciute come cooperatrici della missione della Chiesa nella famiglia, nella professione e nella comunità civile" (CL 51). Sono tutti campi nei quali l'intervento di donne preparate può portare un grande contributo di saggezza e di moderazione, di coraggio e di dedizione, di spiritualità e di fervore per il bene della Chiesa e della società.


3. Su tutto l'impegno ecclesiale della donna può e deve riflettersi la luce della rivelazione evangelica, secondo la quale la donna è stata chiamata a dare, quale rappresentante del genere umano, il consenso all'Incarnazione del Verbo. E il racconto dell'Annunciazione che suggerisce questa verità, quando ci fa sapere che solo dopo il "fiat mihi" di Maria, la quale accettava di essere la madre del Messia, "l'angelo parti da lei" (Lc 1,38). L'angelo aveva compiuto la sua missione: poteva portare a Dio il "si" dell'umanità, pronunciato da Maria di Nazareth.

Seguendo l'esempio di Maria, che Elisabetta poco tempo dopo proclama beata per aver creduto (cfr. Lc 1,42), e ricordando che anche a Marta, prima di risuscitare Lazzaro, Gesù chiede una professione di fede (cfr. Jn 11,26), la donna cristiana sentirà di essere chiamata in modo singolare a professare e testimoniare la fede. La Chiesa ha bisogno di testimoni decisi, coerenti, fedeli, che, davanti ai dubbi e all'incredulità così frequenti in molti strati della società odierna, mostrino con le parole e con le opere la loro adesione al Cristo sempre vivente.

Non possiamo dimenticare che, secondo la narrazione evangelica, nel giorno della Risurrezione di Gesù furono le donne a testimoniare per prime questa verità, incontrando i dubbi e forse un certo scetticismo dei discepoli, i quali non volevano credere ma che alla fine condivisero la loro fede. Anche in quel momento si manifestava la natura più intuitiva dell'intelligenza della donna, che la rende più aperta alla verità rivelata, maggiormente capace di cogliere il significato dei fatti e di accogliere il messaggio evangelico. Nel corso dei secoli sono state innumerevoli le prove di questa capacità e di questa prontezza.


4. La donna ha un'attitudine tutta particolare a trasmettere la fede, sicché Gesù stesso vi ha fatto appello per l'evangelizzazione. così avviene con la Samaritana, che Gesù incontra al "pozzo di Giacobbe" e sceglie per la prima espansione della nuova fede in territorio non giudaico. L'Evangelista annota che, dopo aver personalmente aderito alla fede in Cristo, la Samaritana si affretta a comunicarla ad altri, con entusiasmo ma anche con quella schiettezza che favorisce il consenso di fede: "Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?" (Jn 4,29). La Samaritana, dunque, si limita a porre una domanda e attira i suoi concittadini a Gesù, con la sincera umiltà che accompagna la segnalazione della meravigliosa scoperta da lei fatta.

Si possono intravedere, nel suo comportamento, le qualità tipiche dell'apostolato femminile anche nel nostro tempo: l'umile iniziativa, il rispetto delle persone senza la pretesa di imporre un modo di vedere, l'invito a ripetere la propria esperienza, come via per giungere alla personale convinzione di fede.


5. Occorre rilevare che, nella famiglia, la donna ha la possibilità e la responsabilità della trasmissione della fede nella prima educazione dei figli. A lei in modo peculiare spetta il gioioso compito di portarli alla scoperta del mondo soprannaturale. La comunione profonda che l'unisce ad essi le consente di orientarli efficacemente verso Cristo.

Tuttavia, questo compito di trasmissione della fede, per la donna, non è destinato a svolgersi solo nell'ambito della famiglia, ma - come si legge nella Christifideles Laici - "anche nei più diversi luoghi educativi e, in termini più ampi, in tutto ciò che riguarda l'accoglienza della parola di Dio, la sua comprensione e la sua comunicazione: anche lo studio, la ricerca e la docenza teologica" (CL 51). Sono tutti accenni al ruolo che la donna ha nel campo della catechesi, che oggi si è allargato in spazi ampi e diversi, dei quali alcuni impensabili nei tempi passati.


6. E ancora: la donna ha un cuore comprensivo, sensibile, compassionevole, che le permette di conferire uno stile delicato e concreto alla carità. Sappiamo che nella Chiesa vi sono state sempre numerose donne - religiose e laiche, madri di famiglia e nubili - che si sono dedicate al sollievo delle sofferenze umane. Esse hanno scritto pagine meravigliose di dedizione alle necessità dei poveri, dei malati, degli infermi, degli impediti e di tutti coloro che ieri erano, e spesso sono anche oggi, abbandonati o rifiutati dalla società. Quanti nomi salgono dal cuore alle labbra quando si vuol fare anche solo un semplice accenno a quelle eroiche figure della carità, esercitata con tatto e abilità tutta femminile, sia all'interno delle famiglie, sia in Istituti, sia nei casi di mali fisici, sia nei confronti di persone in preda alla angoscia morale, all'oppressione, allo sfruttamento. Niente di tutto questo sfugge allo sguardo divino, e anche la Chiesa porta in cuore i nomi e le esperienze esemplari di tante nobili rappresentanti della carità: a volte le iscrive nell'albo dei suoi santi.


7. E infine? un campo significativo dell'apostolato femminile nella Chiesa è quello dell'animazione della liturgia. La partecipazione femminile alle celebrazioni, generalmente più numerosa di quella maschile, mostra l'impegno nella fede, la sensibilità spirituale, l'inclinazione alla pietà e l'attaccamento della donna alla preghiera liturgica e all'Eucaristia.

Su questa cooperazione della donna con il sacerdote e gli altri fedeli nella Celebrazione eucaristica, possiamo veder proiettata la luce della cooperazione della Vergine Maria con Cristo, nella Incarnazione e nella Redenzione. Ecce ancilla Domini: "Ecco la serva del Signore, si faccia di me secondo la tua parola" (Lc 1,38). Maria è il modello della donna cristiana nello spirito e nell'attività, che dilata nel mondo il mistero del Verbo incarnato e redentore.

Nella Chiesa Gesù ha affidato il prolungamento della sua opera redentiva al ministero dei Dodici e dei loro collaboratori e successori: accanto ad essi, tuttavia, ha voluto la cooperazione delle donne, come appare già dall'aver associato Maria alla sua opera. Più specificamente, ha manifestato questa intenzione con la scelta di Maria di Magdala come portatrice del primo messaggio del Risorto agli Apostoli. E una collaborazione che emerge fin dall'inizio dell'evangelizzazione. Essa si è ripetuta poi infinite volte dai primi secoli cristiani sia come attività educativa o scolastica, sia come impegno di apostolato culturale, o di azione sociale, o di collaborazione con le parrocchie, le diocesi, le varie istituzioni cattoliche. In ogni caso splende sul ministero della donna la luce dell'Ancilla Domini e delle altre donne esemplari immortalate dal Vangelo.

Anche se molte di esse rimangono sconosciute, nessuna viene dimenticata da Cristo il quale, riferendosi a Maria di Betania, che aveva versato sul suo capo l'olio profumato, affermo: "Ciò che essa ha fatto, sarà detto dovunque verrà predicato questo Vangelo, nel mondo intero..." (cfr. Mt 26,13).

Ringrazio il Signore per avervi potuto incontrare oggi di nuovo in questa Aula.

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Ai fedeli di lingua italiana

Rivolgo ora il mio cordiale pensiero ai pellegrini italiani. In particolare, agli studenti di missionologia partecipanti all’incontro promosso dal PIME presso il Centro Internazionale di Animazione Missionaria di Roma, al gruppo di sacerdoti della Congregazione della Risurrezione ed ai giovani della parrocchia di Sansepolcro di Arezzo, venuti a piedi presso la Tomba di Pietro.

(Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli:)

Il mio augurio affettuoso va, poi, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli, qui presenti. Esorto voi, cari giovani, a far si che le esigenze del Vangelo diventino solido punto di riferimento nei vostri progetti di vita.

Guardando alla croce del Redentore, voi, cari malati, siate pronti ad unire spiritualmente le vostre sofferenze a quelle di Cristo. E voi, cari sposi novelli, sappiate realizzare generosamente nella vita di ogni giorno la vostra vocazione di "chiesa domestica".

Vi accompagni tutti la mia Benedizione.


17/01/19102 Pag. 20367








Catechesi 79-2005 37494