Catechesi 79-2005 30894

Il discorso alle Guide e Scouts d'Europa riuniti nella Basilica Vaticana - Città del Vaticano

Partecipate alla costruzione dell'Europa dei popoli"

Carissime Guide e Scouts d'Europa, Sono lieto di accogliervi in questa Udienza generale del mercoledi.

Durante il vostro raduno internazionale a Viterbo state riflettendo sul tema "In Cristo ogni uomo è mio fratello". In tale contesto, avete voluto compiere un pellegrinaggio ai luoghi resi sacri dal martirio degli Apostoli Pietro e Paolo, per consolidare la vostra fede e per riprendere con rinnovato vigore la missione che vi è affidata. In effetti, voi siete chiamati a partecipare, con tutto l'ardore della giovinezza, alla costruzione dell'Europa dei popoli, affinché ad ogni uomo sia riconosciuta la dignità di figlio amato da Dio, e perché sia edificata una società fondata sulla solidarietà e sulla carità fraterna.

E', pertanto, vostro quotidiano compito testimoniare Cristo risorto tra i vostri coetanei, i quali hanno bisogno di dare un senso vero all'esistenza prendendo coscienza che, grazie all'amore infinito di Cristo Salvatore, davanti a loro si apre un avvenire ricco di speranza. Essere cristiani significa operare instancabilmente come costruttori di pace e di unità nella Chiesa e nel mondo. Per voi, in particolare, significa lavorare all'interno della grande famiglia degli Scouts, dei quali siete fratelli e sorelle, con la vostra specifica pedagogia.

Vivendo il comandamento dell'amore, dice Gesù, "tutti sapranno che siete miei discepoli" (Jn 13,35).

La legge scout è il vostro ideale. Essa vi chiama a sviluppare i fondamentali valori umani dell'onestà, della lealtà, del senso del dovere ben fatto, dell'amore alla natura e del servizio al prossimo. E' nel dare che si riceve; è nell'agire con attenzione verso i fratelli che si raggiunge la vera felicità. La pedagogia scout vi offre strumenti preziosi per costruire la vostra personalità. Al vostro fianco vi sono capi ed adulti che, guidandovi con fermezza e con delicata pazienza, desiderano aiutarvi a dare il meglio di voi stessi.

Per rispettare questa legge scout, programma di una vita retta ed attraente, prendete coscienza di quanto sia importante vivere nella Chiesa e accostarsi ai sacramenti.

Nell'Eucaristia, la comunità, radunata dal Signore suo Capo, riceve il nutrimento per compiere con coerenza il proprio cammino. Riconoscete lo straordinario dono di Cristo, che viene ad abitare in tutto il vostro essere, facendo del vostro corpo e del vostro cuore un tempio a Lui gradito (cfr. 1Co 3,16)! Mediante il sacramento della penitenza, ricevuto di frequente, scoprirete che Gesù ha fiducia in voi e vi ama infinitamente; che il passato può essere oltrepassato, poiché il perdono apre ad un avvenire nuovo. Voi diverrete così sempre più puri e padroni di voi stessi. In un mondo che addita facili piaceri e fallaci illusioni, bisogna saper camminare contro corrente, ispirandosi ai valori morali essenziali, i soli in grado di realizzare una vita armoniosa, prospera e serena.

(Seguono alcune parole in tedesco e francese)






Mercoledi 10 Agosto 1994: La Chiesa e le persone sole

10894

1. Nella tradizione cristiana fin dai primi tempi si ebbe una particolare attenzione per le donne che, avendo perso il marito, rimanevano sole nella vita, spesso bisognose e indifese. Già nell'Antico Testamento le vedove erano spesso ricordate per la loro misera situazione e additate alla solidale premura della comunità e particolarmente dei responsabili della legge (cfr.
Ex 22,21 Dt 10,18 Dt 24,17 Dt 26,12 Dt 27,19).

I Vangeli, gli Atti e le Lettere degli Apostoli sono attraversati da un soffio di carità verso le vedove. Ripetutamente Gesù manifesta premurosa attenzione verso di loro. Egli, ad esempio, loda pubblicamente l'obolo offerto da una povera vedova per il Tempio (cfr. Lc 21,3 Mc 12,43); si muove a compassione alla vista della vedova che a Nain accompagna il figlio defunto alla sepoltura, le si accosta per dirle dolcemente: "Non piangere", e poi le ridà il fanciullo risuscitato (cfr. Lc 7,11-15). Il Vangelo ci trasmette altresi il ricordo delle parole di Gesù sulla "necessità di pregare sempre, senza stancarsi", prendendo ad esempio la vedova che con l'insistenza delle sue richieste ottiene dal giudice disonesto che le faccia giustizia (cfr. Lc 18,5); e quelle altre parole con cui Gesù depreca severamente gli scribi che "divorano le case delle vedove" ostentando ipocritamente lunghe preghiere (cfr. Mc 12,40 Lc 20,47).

Tale atteggiamento di Cristo, che adempie il genuino spirito dell'Antico Patto, sta alla radice delle raccomandazioni pastorali di san Paolo e di san Giacomo sull'assistenza spirituale e caritativa alle vedove: "Onora le vedove" (1Tm 5,3); "Religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni..." (Jc 1,27).


2. Ma nella comunità cristiana il posto delle vedove non era solo quello delle assistite; esse vi avevano anche una funzione attiva, quasi per una specifica partecipazione alla vocazione universale dei discepoli di Cristo alla vita di preghiera.

Dalla Prima Lettera a Timoteo risulta infatti che un fondamentale compito raccomandato alle donne rimaste vedove era quello di consacrarsi "all'orazione e alla preghiera giorno e notte" (1Tm 5,5). Il Vangelo di Luca ci presenta un modello di santa vedova, nella persona di "Anna, figlia di Fanuele", rimasta vedova dopo soltanto sette anni di matrimonio. Ella, riferisce l'Evangelista, "non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere" (Lc 2,36-37). Ebbe la grande gioia di trovarsi nel tempio al momento della presentazione di Gesù bambino. Nella loro afflizione, le vedove possono e debbono contare similmente su grazie preziose di vita spirituale, alle quali sono invitate a corrispondere generosamente.


3. Nel quadro pastorale e spirituale della comunità cristiana vi era anche un "catalogo" nel quale poteva essere iscritta la vedova che, per usare le parole della Lettera ora citata, "abbia non meno di sessant'anni (sia cioè anziana), sia andata sposa una sola volta, abbia la testimonianza di opere buone: abbia cioè allevato figli, praticato l'ospitalità, lavato i piedi ai santi (antico rito di ospitalità, fatto proprio dal cristianesimo), sia venuta in soccorso agli afflitti, abbia esercitato ogni opera di bene..." (1Tm 5,9-10).

La Chiesa degli inizi offre, in questo, un esempio di solidarietà caritativa (cfr. Ac 6,1), che ritroviamo in tanti altri momenti della storia cristiana, soprattutto quando, per ragioni sociali, politiche, belliche, epidemiche ecc., il fenomeno della vedovanza o di altre forme di solitudine prendeva dimensioni preoccupanti. La carità della Chiesa non poteva rimanere inerte.

Oggi esistono molti altri casi di persone sole, di fronte a cui la Chiesa non può non essere sensibile e sollecita. Vi è, innanzitutto, la categoria dei "separati" e dei "divorziati", ai quali ho dedicato una particolare attenzione nell'Esortazione apostolica Familiaris consortio (cfr. FC 83). Vi è poi quella delle "madri nubili", esposte a particolari difficoltà di ordine morale, economico e sociale. A tutte queste persone vorrei dire che, qualunque sia la loro responsabilità personale nel dramma in cui si trovano coinvolte, esse continuano a far parte della Chiesa. I Pastori, partecipi della loro prova, non le abbandonano a se stesse, e vogliono invece fare il possibile per aiutarle, confortarle, farle sentire ancora legate all'ovile di Cristo.

La Chiesa, anche quando non può dar luogo a prassi che sarebbero in contrasto con le esigenze della verità e con lo stesso bene comune delle famiglie e della società, non rinuncia mai ad amare, a capire, ad essere accanto a tutti coloro che sono in difficoltà. Particolarmente vicina la Chiesa si sente alle persone che, avendo un matrimonio sfasciato alle spalle, perseverano nella fedeltà rinunciando a un'altra unione, e si dedicano, per quanto possono, all'educazione dei loro figli. Essi meritano da parte di tutti sostegno e incoraggiamento. La Chiesa, il Papa non possono non lodarli per la bella testimonianza di coerenza cristiana, vissuta generosamente nella prova.


4. Ma poiché la presente catechesi è dedicata, come le altre del ciclo che stiamo svolgendo, all'apostolato dei laici nella Chiesa, vorrei ancora menzionare qui il gran numero di persone sole e specialmente di vedove e vedovi che, essendo meno occupati da obblighi familiari, si sono dedicati volontariamente allo sviluppo delle attività cristiane nelle parrocchie o in opere di maggior estensione. La loro esistenza viene così elevata a una più alta partecipazione alla vita ecclesiale, come frutto di un più alto grado d'amore. Scaturisce da ciò, per la Chiesa e per l'umanità, il beneficio di una dedizione più generosa da parte di persone che trovano così il modo di realizzare una qualità superiore di vita, esprimendo appieno se stesse nel servizio reso ai fratelli.


5. Concludiamo dunque col ribadire ciò che leggiamo nel Concilio Vaticano II, ossia che l'esempio della carità benefica è dato non solo dai coniugi e genitori cristiani, ma "è offerto in altro modo dalle persone vedove e da quelle nubili, le quali pure possono contribuire non poco alla santità e operosità nella Chiesa" (Costituzione LG 41). Quale che sia l'origine del loro stato di vita, molte di queste persone possono riconoscere il disegno superiore della sapienza divina che dirige la loro esistenza e la conduce alla santità sulla via della Croce; una Croce che nelle loro condizioni si rivela particolarmente feconda.

(In particolare ai fedeli italiani il Papa ha detto:)

Saluto ora i pellegrini italiani. In particolare, desidero rivolgere una parola di benvenuto alle Suore di Nostra Signora della Mercede, come pure alle Figlie di Cristo Re, riunite nel Capitolo generale delle loro Congregazioni.

Il mio saluto, poi, va ai membri dell'Arciconfraternita della Misericordia di Viareggio; ai medici, alle suore, al cappellano militare ed ai volontari del Policlinico militare di Roma, venuti insieme ad alcuni loro ospiti del Rwanda e dell'Albania; al gruppo dell'Opera per la Gioventù "Giorgio La Pira" di Firenze, che ha riunito insieme molti giovani provenienti da varie diocesi toscane, da Coimbra in Portogallo, da Esztergom-Budapest in Ungheria e dall'Istituto per le relazioni internazionali di Mosca, al fine di riflettere insieme sulla costruzione di una nuova Europa fondata sui valori della pace e della solidarietà.

Un saluto speciale ai pellegrini di Osimo ed alle delegazioni dei Comuni argentini di Lujan e di Amstrong, città gemellata con Osimo, accompagnate dai rispettivi Sindaci. Grazie, carissimi, per la vostra visita. Sono lieto di benedire, al termine dell'Udienza, il tradizionale vostro "covo", ricoperto di spighe di grano, che riproduce quest'anno il Santuario di Nostra Signora di Lujan in omaggio ai molti vostri conterranei emigrati in Argentina. Vi accompagni sempre la Vergine Santa nel quotidiano lavoro e renda la vostra esistenza ricca di frutti di bene.

(Ai giovani, ai malati e agli sposi novelli:)

Il mio cordiale pensiero si volge, infine, ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli, venuti a Roma in questo periodo.

Auspico, cari giovani, che l'incontro con tanti luoghi carichi di cultura, di arte e di fede sia occasione propizia per conoscere e imitare l'esempio lasciatoci da tanti testimoni del Vangelo qui vissuti, come san Lorenzo, di cui oggi ricorre la festa. Incoraggio voi, cari malati, ad unirvi costantemente a Gesù sofferente nel portare con fede la croce per la redenzione del mondo, ed auguro a voi, cari sposi novelli, di costruire la vostra nuova famiglia sul solido fondamento della fedeltà al Vangelo dell'Amore.

A tutti la mia Benedizione.






Mercoledi 17 Agosto 1994: I bambini nel cuore della Chiesa

17894

1. Non possiamo trascurare il ruolo dei bambini nella Chiesa. Non possiamo non parlarne con grande affetto. Sono il sorriso del cielo affidato alla terra. Sono i veri gioielli della famiglia e della società. Sono la delizia della Chiesa. Sono come i "gigli del campo", dei quali Gesù diceva che "neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro" (
Mt 6,28-29). Sono i prediletti di Gesù, e la Chiesa, il Papa non possono non sentir vibrare nel proprio cuore, per loro, i sentimenti di amore del cuore di Cristo.

A dire il vero, già nell'Antico Testamento troviamo i segni dell'attenzione riservata ai bambini. Nel primo libro di Samuele (1S 1-3) è descritta la chiamata del fanciullo al quale Dio affida un messaggio e una missione a favore del popolo. I bambini partecipano al culto, alle preghiere dell'assemblea del popolo. Come leggiamo nel profeta Gioele (Jl 2,16): "Riunite i fanciulli, i bambini lattanti". Nel libro di Giuditta (Jdt 4,10s) troviamo la supplica penitente e fatta da tutti "con le mogli e i bambini". Già nell'Esodo Dio manifesta un amore speciale per gli orfani, che sono sotto la sua protezione (Ex 22,21s; cfr. Ps 68,6).

Nel Salmo 131 il bambino è immagine dell'abbandono all'amore divino: "Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l'anima mia" (Ps 131,2).

E' poi significativo che nella storia della salvezza la voce potente del profeta Isaia (Is 7,14s; Is 9,1-6) annunzi la concretizzazione della speranza messianica nella nascita dell'Emmanuele, un bambino destinato a ristabilire il regno di Davide.


2. Ed ecco che il Vangelo ci dice che il bambino nato da Maria è appunto l'Emmanuele vaticinato (cfr. Mt 1,22-23 Is 7,14); questo bambino è successivamente consacrato a Dio nella presentazione al Tempio (cfr. Lc 2,22), benedetto dal profeta Simeone (cfr. Lc 2,28-35) e accolto dalla profetessa Anna, che lodava Dio e "parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme" (Lc 2,38).

Nella sua vita pubblica Gesù manifesta un grande amore per i bambini.

L'evangelista Marco attesta (Mc 10,16) che "prendendoli fra le braccia e ponendo le mani su di loro li benediceva". Era un "amore delicato e generoso" (CL 47), con cui Egli attirava i bambini ed anche i loro genitori, dei quali si legge che "gli presentavano dei bambini perché li accarezzasse" (Mc 10,13). I piccoli - ho ricordato nella Esortazione Christifideles laici - "sono il simbolo eloquente e la splendida immagine di quelle condizioni morali e spirituali che sono essenziali per entrare nel Regno di Dio e per viverne la logica di totale affidamento al Signore" (CL 47). Queste condizioni sono la semplicità, la sincerità, l'umiltà accogliente.

I discepoli sono chiamati ad essere simili ai bambini, perché sono dei "piccoli" che hanno ricevuto la rivelazione come dono della benevolenza del Padre (cfr. Mt 11,25s). Anche per questo i bambini devono essere da loro accolti come Gesù stesso: "Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me" (Mt 18,5).

Da parte sua Gesù professa profondo rispetto per i bambini, e ammonisce: "Guardatevi dal disprezzare anche uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli" (Mt 18,10). E quando i fanciulli gridano nel tempio in onore di Gesù: "Osanna al figlio di Davide", Gesù apprezza e giustifica il loro atteggiamento come lode resa a Dio (cfr. Mt 21,15-16). Il loro omaggio contrasta con l'incredulità degli avversari.


3. L'amore e la stima di Gesù per i bambini sono una luce per la Chiesa, che imita il suo Fondatore. Essa non può non accogliere i bambini come Lui li ha accolti.

Si noti che tale accoglienza già si manifesta nel Battesimo amministrato ai bambini, anche solo neonati. Con questo sacramento essi diventano membri della Chiesa. Dall'inizio del loro sviluppo umano, il Battesimo suscita in essi lo sviluppo della vita della grazia. L'influsso dello Spirito Santo orienta le loro prime disposizioni intime, anche se non sono ancora capaci di un consapevole atto di fede: lo faranno più tardi, a conferma di quel primo influsso.

Di qui l'importanza del Battesimo dei bambini, che li libera dal peccato originale, li costituisce figli di Dio in Cristo e li fa partecipi dell'ambiente di grazia della comunità cristiana.


4. La presenza dei bambini nella Chiesa è un dono anche per noi adulti: ci fa capire meglio che la vita cristiana è prima di tutto un dono gratuito della sovranità divina: "i bambini ci ricordano che la fecondità missionaria della Chiesa ha la sua radice vivificante non nei mezzi e nei meriti umani, ma nel dono assolutamente gratuito di Dio" (CL 47).

E ancora: i bambini dànno un esempio di innocenza, che fa riscoprire la semplicità della santità. Essi infatti vivono una santità corrispondente alla loro età e così contribuiscono all'edificazione della Chiesa.

Numerosi purtroppo sono i bambini che soffrono: sofferenze fisiche della fame, dell'indigenza, della malattia o dell'infermità; sofferenze morali che provengono dai maltrattamenti da parte dei genitori, dalla loro disunione, dallo sfruttamento a cui li sottopone a volte il cinico egoismo degli adulti. Come non sentirsi intimamente straziati davanti a certe situazioni di indicibile pena, che coinvolgono creature inermi, di null'altro colpevoli se non di essere vive? Come non protestare per loro, prestando la propria voce a chi non ha alcuna possibilità di far valere le proprie ragioni? Unico conforto in tanto squallore è la parola della fede, la quale assicura che la grazia di Dio trasforma queste sofferenze in occasione di misteriosa unione con il sacrificio dell'Agnello innocente. Esse contribuiscono così a valorizzare la vita degli stessi bambini e al progresso spirituale dell'umanità (cfr. CL 47).


5. Ciò che la Chiesa si sente impegnata a zelare è la formazione cristiana dei bambini, spesso non assicurata abbastanza. Si tratta di formarli alla fede, con l'insegnamento della dottrina cristiana, alla carità verso tutti, alla preghiera, secondo le più belle tradizioni delle famiglie cristiane, per molti di noi indimenticabili e sempre benedette! Sotto l'aspetto psicologico e pedagogico, è noto che il bambino entra facilmente e volentieri nella preghiera, quando vi viene stimolato, come prova l'esperienza di tanti genitori, educatori, catechisti, amici. Su questi punti deve essere continuamente richiamata la responsabilità della famiglia e della scuola.

La Chiesa esorta i genitori e gli educatori a curare la formazione dei piccoli alla vita sacramentale, specialmente al ricorso al Sacramento del perdono e alla partecipazione alla Celebrazione eucaristica. E raccomanda a tutti i suoi Pastori e ai loro collaboratori un notevole sforzo di adattamento alle capacità dei bambini. Per quanto è possibile, particolarmente quando le celebrazioni religiose sono destinate esclusivamente ai bambini, è raccomandabile l'adattamento previsto dalle norme liturgiche; esso, se fatto con saggezza, può avere un'efficacia fortemente suggestiva.


6. In questa catechesi dedicata all'"apostolato dei laici", mi è spontaneo concludere con una espressione incisiva del mio predecessore san Pio X. Motivando l'anticipo dell'età della Prima Comunione egli diceva: "Ci saranno dei santi tra i fanciulli". I santi ci sono effettivamente stati. Ma noi possiamo oggi aggiungere: "Ci saranno degli apostoli tra i fanciulli".

Preghiamo perché questa previsione, questo auspicio si avveri sempre più, come si è avverato quello di san Pio X.

(Prima di concludere l'Udienza generale del 17 agosto Giovanni Paolo II ha espresso la sua cordiale vicinanza alle popolazioni di Haiti e di Cuba:) Desidero oggi esprimere la mia cordiale vicinanza alle popolazioni di Haiti e Cuba, le cui sorti per diversi motivi, in questi giorni sono seguite con grande attenzione da tutti noi.

Quelle popolazioni sono in ansia e soffrono per i gravi problemi che attualmente le affliggono e per i molti timori circa il loro futuro.

Preghiamo insieme, per gli abitanti e i responsabili della vita politica di quei due Paesi dei Caraibi.

Auspico che prevalga sempre il dialogo, anche nell'ambito internazionale, nella ricerca delle giuste soluzioni e, a questo fine, che siano tenute in conto le legittime aspirazioni di quei popoli. La Madre di Dio e Madre nostra ottenga per tutti i suoi figli, particolarmente quelli più bisognosi, il dono della fraternità e della concordia.




Mercoledi 31 Agosto 1994: La Chiesa dei giovani

31894

1. Affermando la necessità dell'educazione cristiana e ricordando ai Pastori il dovere gravissimo di provvedervi per tutti, il Concilio Vaticano II osserva che i giovani "sono la speranza della Chiesa" (Decreto
GE 2).

Quali sono le ragioni di questa speranza? La prima si può dire di ordine demografico. I giovani, "in tanti paesi del mondo, rappresentano la metà dell'intera popolazione e, spesso, la metà numerica dello stesso popolo di Dio che in quei paesi vive" (CL 46).

Ma vi è un'altra ragione ancor più forte, di ordine psicologico, spirituale, ecclesiologico. La Chiesa oggi costata la generosità di molti giovani, il loro desiderio di rendere il mondo migliore e di far progredire la Comunità cristiana (cfr. ibidem CL 46). Essa perciò rivolge ad essi la sua attenzione, vedendo in loro una partecipazione privilegiata della speranza che le proviene dallo Spirito Santo. La grazia che opera nei giovani prepara un progresso della Chiesa sia in estensione che in qualità. Ben a ragione possiamo parlare di Chiesa dei giovani, ricordandoci che lo Spirito Santo rinnova in tutti - anche negli anziani, se restano aperti e disponibili - la giovinezza della grazia.


2. E una convinzione che si ricollega alla realtà delle origini della Chiesa. Gesù comincio il suo ministero e l'opera di fondazione della Chiesa quando aveva circa trent'anni. Per dar vita alla Chiesa, scelse delle persone che, almeno in parte, erano giovani. Con la loro cooperazione voleva inaugurare un tempo nuovo, dare una svolta alla storia della salvezza. Li scelse e li formo con uno spirito che si direbbe giovanile, enunciando il principio che "nessuno versa vino nuovo in otri vecchi" (Mc 2,22), metafora della nuova vita, che viene dall'eterno e s'incontra col desiderio di cambiamento, di novità, caratteristico dei giovani. Anche la radicalità della dedizione a una causa, tipica dell'età giovanile, doveva esser presente in quelle persone scelte come futuri Apostoli da Gesù: lo si può dedurre dal discorso che egli fa al giovane ricco, il quale pero non ha il coraggio di assecondarne la proposta (cfr. Mc 10,17-22), e dalla successiva valutazione di Pietro (cfr. ).

La Chiesa è nata da quegli impulsi di giovinezza che venivano dallo Spirito Santo vivente in Cristo e da lui comunicato ai suoi discepoli e Apostoli e poi alle comunità da essi riunite fin dai giorni della Pentecoste.


3. Da quegli stessi impulsi proviene il senso di fiducia e di amicizia con cui la Chiesa fin da principio guardo ai giovani, come si può dedurre dalle espressioni dell'apostolo Giovanni, che era giovane quando fu chiamato da Cristo, anche se quando scriveva era ormai anziano: "Ho scritto a voi, figlioli, perché avete conosciuto il Padre. Ho scritto a voi, giovani, perché siete forti e la parola di Dio dimora in voi e avete vinto il maligno" (1Jn 2,14).

E interessante questo accenno alla gagliardia giovanile. Si sa che i giovani apprezzano la forza fisica, che si dispiega - per esempio - nello sport.

Ma San Giovanni voleva riconoscere e lodare la forza spirituale dimostrata dai giovani della comunità cristiana destinataria della sua Lettera: una forza che viene dallo Spirito Santo e procura la vittoria nelle lotte e nelle tentazioni. La vittoria morale dei giovani è una manifestazione della forza dello Spirito Santo promessa e concessa da Gesù ai suoi discepoli, e spinge i giovani cristiani di oggi, come quelli del primo secolo, ad una attiva partecipazione alla vita della Chiesa.


4. E un dato costante non solo della psicologia, ma anche della spiritualità giovanile, quello di non accontentarsi di una adesione passiva alla fede; i giovani sentono il desiderio di contribuire attivamente allo sviluppo della Chiesa, come della società civile. Ciò si nota specialmente in tanti bravi ragazzi e ragazze d'oggi, che desiderano di essere "protagonisti dell'evangelizzazione e artefici del rinnovamento sociale". Poiché "la giovinezza è il tempo di una scoperta particolarmente intensa, del proprio "io" e del proprio progetto di vita" (CL 46), oggi più che mai bisogna aiutare i giovani a conoscersi per quello che vi è in loro di bello e promettente. Le loro qualità e capacità creative devono essere orientate verso lo scopo più alto che può attrarli ed entusiasmarli: il bene della società, la solidarietà verso tutti i fratelli, la diffusione dell'ideale evangelico di vita e di impegno concreto per il prossimo, la partecipazione agli sforzi della Chiesa per favorire l'avvento di un mondo migliore.


5. In questa luce, diciamo che oggi bisogna incoraggiare i giovani a dedicarsi particolarmente alla promozione dei valori che essi stessi più apprezzano e vogliono riaffermare. Come dicevano i Padri del Sinodo dei Vescovi del 1987, "la sensibilità dei giovani percepisce profondamene i valori della giustizia, della non-violenza e della pace. Il loro cuore è aperto alla fraternità, all'amicizia e alla solidarietà. Sono nobilitati al massimo per le cause che riguardano la qualità della vita e la conservazione della natura". (Ench. Vat., n.2.206).

Sono valori certamente conformi all'insegnamento del Vangelo. Sappiamo che Gesù ha annunciato un nuovo ordine di giustizia e di amore; che, definendo se stesso "mite e umile di cuore" (Mt 11,29), ha rigettato ogni violenza e ha voluto dare agli uomini la sua pace, più genuina, consistente e duratura di quella del mondo (cfr. Jn 14,27). Sono valori di interiorità e di spiritualità: ma sappiamo che Gesù stesso ha stimolato i suoi seguaci a tradurli in realizzazioni di mutuo amore, fraternità, amicizia, solidarietà, rispetto per le persone e per la stessa natura, opera di Dio e campo di collaborazione con Lui da parte dell'uomo. I giovani trovano perciò nel Vangelo l'appoggio più valido e sincero all'ideale che sentono rispondente alle loro aspirazioni e ai loro progetti.


6. D'altra parte è pur vero che i giovani "sono anche carichi di inquietudini, di delusioni, di angosce e paure del mondo, oltre che delle tentazioni proprie del loro stato" (CL 46). E l'altra faccia della realtà giovanile, che non si può ignorare. Ma, pur dovendo essere sapientemente esigenti con i giovani, un sincero affetto verso di loro porterà a trovare le vie più adatte per aiutarli a superare le loro difficoltà. Forse la via migliore è quella dell'impegno nell'apostolato dei laici, come servizio ai propri fratelli vicini e lontani, in comunione con la Chiesa evangelizzatrice.

Io mi auguro che i giovani trovino spazi sempre più vasti di apostolato.

La Chiesa deve far loro conoscere il messaggio del Vangelo con le sue promesse e la sue richieste. A loro volta, i giovani devono esprimere alla Chiesa le loro aspirazioni, i loro progetti. "Questo reciproco dialogo, da attuarsi con grande cordialità, chiarezza e coraggio, favorirà l'incontro e lo scambio tra le generazioni, e sarà fonte di ricchezza e di giovinezza per la Chiesa e per la società civile" (CL 46).


7. Il Papa non si stancherà mai di ripetere l'invito al dialogo e di sollecitare l'impegno dei giovani. Lo ha fatto in moltissimi testi ad essi indirizzati, in particolare nella Lettera in occasione dell'Anno Internazionale della Gioventù indetto dall'Onu (1985). Lo ha fatto e lo fa in tanti incontri con gruppi giovanili nelle parrocchie, associazioni, movimenti, e massimamente nelle liturgie della Domenica delle Palme e negli incontri mondiali, come a Santiago de Compostela, a Czestochowa, a Denver.

E una delle esperienze più confortanti del mio ministero pontificale, come dell'attività pastorale dei miei confratelli Vescovi del mondo intero, i quali, come il Papa, vedono la Chiesa avanzare con i giovani nella preghiera, nel servizio dell'umanità, nell'evangelizzazione. Tutti bramiamo conformarci sempre più all'esempio e all'insegnamento di Gesù, che ha chiamato a seguirlo sulla via dei "piccoli" e dei "giovani".

(Il Santo Padre ha quindi rivolto un saluto particolare ai gruppi di pellegrini croati provenienti dalla Croazia e dalla Bosnia ed Erzegovina. Ecco le parole pronunciate in croato dal Santo Padre:) Saluto cordialmente gli studenti del liceo di Dubrovnik e il gruppo di professori di Valpovo. In un modo particolare saluto voi, cari bambini croati, orfani di guerra, provenienti dalla Bosnia ed Erzegovina, che siete testimoni innocenti degli orrori della guerra nella vostra Patria.

Benedico tutti voi qui presenti e i vostri cari.

Siano lodati Gesù e Maria! (Agli ungheresi:) Il dialogo tra la Chiesa e i giovani si attui con cordialità, chiarezza e coraggio.

Vi saluto cordialmente, cari pellegrini di Dombovar, Gödöllo, Miskolc, Szekszard e voi, piccoli cantori del coro "Magnificat" di Budapest. Contribuite tutti con parole e opere, affinché si attui il reciproco dialogo fra la Chiesa e la gioventù, con grande cordialità, con chiarezza e coraggio, perché diventi fonte di bene per la Chiesa e per la società civile. Questo chiedo nella mia preghiera e con la mia Benedizione Apostolica. Sia lodato Gesù Cristo! (Ai cechi:) Sappiate apprezzare il dono di una famiglia dove si ama Dio e si rispetta il diritto di ogni creatura alla vita.

Saluto cordialmente i giovani studenti di Brno e tutti i pellegrini della Moravia e della Boemia.

Vi benedico, unitamente ai vostri genitori e ai parenti lontani.

Sappiate sempre apprezzare la gioia ed il dono di poter contare su una famiglia dove si ama Dio e si rispetta il diritto di ogni creatura alla vita.

Sia lodato Gesù Cristo! (Agli slovacchi:) Fate parte della Chiesa, la grande famiglia di Dio.

Saluto i pellegrini slovacchi provenienti da Bratislava, Starà Lubovna, da Hlohovec e dai dintorni di Trencin.

Fratelli e sorelle, vedete che il vostro gruppo in questa assemblea non è straniero: appartenete alla grande famiglia di Dio, alla Chiesa; lavorate in suo favore, e così contribuirete alla rinascita della nazione slovacca. Con affetto imparto la mia Benedizione Apostolica a voi e a tutta la Slovacchia. Sia lodato Gesù Cristo.

(Agli ucraini:) La visita a Roma sia occasione per valorizzare la vostra millenaria tradizione cristiana.

Sia lodato Gesù Cristo! Saluto cordialmente il gruppo di bambini ucraini di Kiev e i loro accompagnatori adulti, ospiti della parrocchia di Massa Martana nella diocesi di Orvieto-Todi.

Saluto cordialmente i professori e studenti universitari ucraini dell'Istituto Politecnico di Lviv e del Museo di Storia di Religione, che partecipano al Seminario "I principi di Spiritualità cristiana" presso la Pro-Cattedrale Santa Sofia a Roma. Auguro che la vostra breve permanenza nel centro della cristianità sia per voi l'occasione per approfondire la fede e meglio valorizzare la vostra millenaria tradizione cristiana.

A tutti voi, ai vostri familiari ed a tutti i cari ucraini imparto la mia Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo! (La serie dei saluti si è conclusa, come di consueto, con i gruppi di lingua italiana. Ecco le parole del Santo Padre:) Saluto con affetto i pellegrini italiani ed auguro ai numerosi gruppi parrocchiali che la visita a Roma rafforzi in tutti lo spirito di fede e di comunione ecclesiale. Accolgo con piacere anche gli Allievi Ufficiali della Scuola Militare di Cesano di Roma ed auspico che il loro servizio alla patria sia sempre generoso e leale.

(Ai giovani, agli ammalati alle coppie di sposi novelli:) Rivolgo ora il mio cordiale pensiero ai giovani, ai malati e agli sposi novelli qui presenti.

Cari giovani, il Vangelo è esigente, ma solo Cristo ha parole di vita eterna. Vi auguro pertanto di seguirlo sempre con cuore aperto ed entusiasta e di testimoniarlo ogni giorno della vostra vita.

E voi, cari malati, che state sperimentando sul vostro corpo della fatica della sofferenza sappiate imitare Cristo sulla croce, cooperando alla salvezza del mondo intero.

Voi, infine, cari sposi novelli, che da poco avete ricevuto nel sacramento del matrimonio l'effusione dello Spirito dell'amore, impegnatevi a trovare quotidianamente forza e coraggio in Dio. Vivrete così in pienezza la vostra vocazione.

A tutti la mia benedizione.






Catechesi 79-2005 30894