Catechesi 79-2005 19104

Mercoledi 19 Ottobre 1994: La promozione delle vocazioni alla vita consacrata

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1. Trattando della fondazione della vita consacrata da parte di Gesù Cristo, abbiamo ricordato le chiamate da lui rivolte fin dall'inizio della vita pubblica, generalmente esplicitate con la parola: "Seguimi". La sollecitudine nel lanciare questi appelli mostra l'importanza che Gesù attribuiva al discepolato evangelico per la vita della Chiesa. Egli legava quel discepolato ai "consigli" di vita consacrata con cui desiderava per i suoi discepoli quell'essere resi conformi a Lui che è il cuore della santità evangelica (cfr.
VS 21). Di fatto, la storia attesta che le persone consacrate - Sacerdoti, Religiosi, Religiose, membri di altri Istituti e Movimenti analoghi - hanno svolto un ruolo essenziale nell'espansione della Chiesa, come nei progressi della sua santità e carità.

Nella Chiesa di oggi le vocazioni alla vita consacrata non hanno meno importanza che nei secoli passati. Purtroppo in molti luoghi si constata che il loro numero non è sufficiente per rispondere ai bisogni delle comunità e del loro apostolato. Non è esagerato dire che per alcuni Istituti questo problema si pone in modo drammatico, fino a mettere a rischio la loro sopravvivenza. Anche senza voler condividere le previsioni funeste per un non lontano futuro, già oggi si constata che, per mancanza di soggetti, alcune comunità sono costrette a rinunciare ad opere normalmente destinate a produrre abbondanti frutti spirituali, e che, più in generale, dalla diminuzione delle vocazioni deriva un declino della presenza attiva della Chiesa nella società, con notevoli danni in ogni campo.

L'attuale scarsità di vocazioni in alcune regioni del mondo costituisce una sfida da affrontare con risolutezza e coraggio, nella certezza che Gesù Cristo, il quale durante la vita terrena ha lanciato tanti appelli alla vita consacrata, li rivolge ancora nel mondo odierno, e ottiene spesso generose risposte di adesione, come prova l'esperienza quotidiana. Conoscendo i bisogni della Chiesa, egli non cessa di rivolgere l'invito: "Seguimi", particolarmente ai giovani, che la sua grazia rende sensibili all'ideale di una vita interamente donata.


2. Del resto, la mancanza di operai della messe di Dio costituiva, già nei tempi evangelici, una sfida per Gesù stesso. Il suo esempio ci permette di comprendere che il troppo piccolo numero di consacrati è una situazione inerente alla condizione del mondo e non soltanto un fatto accidentale dovuto alle circostanze odierne. Il Vangelo ci attesta che Gesù, andando attorno per città e villaggi, sentiva pietà per le folle "stanche e sfinite, come pecore senza pastore" (Mt 9,36). Egli cercava di rimediare a quella situazione prodigando alle folle il suo insegnamento (cfr. Mc 6,34), ma voleva associare i suoi discepoli alla soluzione del problema, invitandoli, innanzitutto alla preghiera: "Pregate il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!" (Mt 9,38). Secondo il contesto, questa preghiera è destinata ad assicurare alla gente un più gran numero di Pastori. Ma l'espressione "gli operai della messe" può ricevere un senso più vasto, designando tutti quelli che operano allo sviluppo della Chiesa. La preghiera mira allora ad ottenere anche un maggior numero di consacrati.


3. L'accento posto sulla preghiera è sorprendente. Data l'iniziativa sovrana di Dio nelle chiamate si potrebbe pensare che solo il Padrone della messe, indipendentemente da ogni altro intervento o collaborazione, debba provvedere al numero degli operai. Gesù, al contrario, insiste sulla cooperazione e la responsabilità dei suoi seguaci. Anche a noi uomini d'oggi egli insegna che con la preghiera possiamo e dobbiamo esercitare un influsso sul numero delle vocazioni.

Il Padre accoglie questa preghiera, perché la desidera e l'attende, ed egli stesso la rende efficace. Nei tempi e nei luoghi dove è più grave la crisi delle vocazioni, questa preghiera s'impone maggiormente. Ma in ogni tempo e in ogni luogo essa deve salire verso il Cielo. In questo campo vi è dunque sempre una responsabilità di tutta la Chiesa e di ogni cristiano.

Alla preghiera deve associarsi l'azione promozionale per l'aumento delle risposte alla divina chiamata. Anche in questo troviamo il primo modello nel Vangelo. Dopo il suo primo contatto con Gesù, Andrea conduce a lui il suo fratello Simone (cfr. Jn 1,42). Certo, è Gesù che si mostra sovrano nella chiamata rivolta a Simone, ma Andrea di sua iniziativa ha svolto un ruolo decisivo nell'incontro di Simone col Maestro. "Sta qui, in un certo senso, il cuore di tutta la pastorale vocazionale della Chiesa" (PDV 38).


4. La promozione delle vocazioni può venire sia da iniziative individuali, come quella di Andrea, sia da azioni collettive, come avviene in molte diocesi, nelle quali si è sviluppata la pastorale delle vocazioni. Questa promozione vocazionale non tende affatto a limitare la libertà di scelta che ciascuno possiede sull'orientamento della propria vita. La promozione pertanto evita ogni forma di costrizione o di pressione sulla decisione di ciascuno. Ma essa vuole tutti illuminare nella scelta, e mostrare a ciascuno in particolare la via aperta nella sua vita dal "Seguimi" del Vangelo. Specialmente i giovani hanno il bisogno e il diritto di ricevere questa luce. D'altra parte, è certo che bisogna coltivare e rafforzare i germi della vocazione, specialmente nei giovani. La vocazione deve svilupparsi e crescere: il che generalmente non avviene, se non si assicurano condizioni favorevoli a questo sviluppo e a questa crescita. A ciò mirano le istituzioni per le vocazioni e le varie iniziative, riunioni, ritiri, gruppi di preghiera, ecc., che promuove l'Opera delle Vocazioni. Non si farà mai abbastanza nella pastorale delle vocazioni, anche se ogni iniziativa umana dovrà sempre muoversi sulla base della convinzione che, in definitiva, è la sovranità divina a decidere della chiamata di ciascuno.


5. Una forma fondamentale di collaborazione è la testimonianza degli stessi consacrati, che esercita una efficace e salutare attrattiva. L'esperienza dimostra che frequentemente è l'esempio di un religioso o di una religiosa ad agire in modo decisivo sull'orientamento di una giovane personalità, che ha potuto scoprire nella loro fedeltà, coerenza e gioia la concretezza di un ideale di vita. In particolare, le comunità religiose non possono attirare i giovani se non con una testimonianza collettiva di autentica consacrazione, vissuta nella gioia della personale donazione a Cristo ed ai fratelli.


6. E infine da sottolineare l'importanza della famiglia come ambiente di vita cristiana in cui la vocazione può svilupparsi e crescere. Invito ancora una volta i genitori cristiani a pregare per ottenere che qualcuno dei loro figli sia chiamato da Cristo alla vita consacrata. Compito dei genitori cristiani è di formare una famiglia in cui siano onorati, coltivati e vissuti i valori evangelici, e dove una vita cristiana autentica possa elevare le aspirazioni dei giovani. E grazie a queste famiglie che la Chiesa continuerà ad essere generatrice di vocazioni. perciò essa chiede alle famiglie di collaborare nella risposta al "Padrone della messe" che esige da noi tutti l'impegno per mandare nuovi "operai nella sua messe".


(Rivolgendosi poi ad un gruppo di pellegrini croati il Santo Padre ha invitato a pregare per la Croazia e la Bosnia Erzegovina:)

Saluto i membri della Società Corale Croata "Lipa" di Osijek, città che conosce bene gli orrori dell'attuale guerra che c'è nel cuore dell'Europa.

Carissimi, in questo mese dedicato al Santo Rosario continuino ad elevarsi a Dio, nostro Padre, le fervide preghiere, affinché per l'intercessione della Regina del Santo Rosario, che è anche Regina della pace, al più presto la Croazia e la Bosnia Erzegovina, come pure l'intero Sud Est dell'Europa, diventino una dimora di pace nella giustizia.

Invocando la benedizione divina su di voi, benedico pure tutti i profughi e quanti soffrono a causa della guerra.

Siano lodati Gesù e Maria!

(Ai giovani, ai malati e agli sposi novelli:)

Mi è gradito ora rivolgere un saluto speciale ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli qui presenti.

Carissimi, in questo mese di ottobre dedicato alla Vergine del Rosario, desidero invitarvi a guardare con filiale fiducia alla Madre di Dio.

A voi, giovani, dico: attingete al suo esempio ed alla sua intercessione il coraggio per porre al servizio dell'amore evangelico l'entusiasmo novelli, ad essere, sul modello di Maria, fedeli della vostra giovinezza. Esorto voi, ammalati, a trovare conforto nel sostegno della Madre di Cristo Crocifisso. Ed invito infine voi, sposi novelli, ad essere, sul modello di Maria, fedeli all'impegno sponsale assunto nel sacramento del Matrimonio.

A tutti la mia Apostolica Benedizione.





Mercoledi 26 Ottobre 1994: Il valore della vita consacrata per lo sviluppo delle santità della Chiesa

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1. Più volte, nelle catechesi precedenti, ho parlato dei "consigli evangelici", che nella vita consacrata si traducono nei "voti" - o almeno impegni - della castità, della povertà e dell'obbedienza. Essi prendono il loro pieno significato nel contesto di una vita totalmente dedicata a Dio, in comunione con Cristo.

L'avverbio "totalmente" (totaliter), usato da San Tommaso d'Aquino per specificare il valore essenziale della vita religiosa, è quanto mai espressivo! "La religione è la virtù per la quale si offre qualche cosa per il culto e il servizio di Dio.

perciò si dicono religiosi per antonomasia coloro che si consacrano totalmente al divino servizio, offrendosi a Dio come in olocausto" (
II-II 186,1). E un concetto attinto dalla tradizione dei Padri, segnatamente da San Girolamo (cfr. Epist. 125, ad Rusticum); e da San Gregorio Magno (cfr. Super Ez.ech., hom.20). Il Concilio Vaticano II, che cita San Tommaso d'Aquino, ne fa propria la dottrina e parla della "consacrazione a Dio", intima e perfetta, che come sviluppo della consacrazione battesimale avviene nello stato religioso mediante i vincoli dei consigli evangelici (cfr. LG 44).


2. Si noti che in questa consacrazione non è l'impegno umano che ha la priorità.

L'iniziativa viene da Cristo, che chiede un patto di libero consenso nel seguirlo.

E lui che, prendendo possesso della persona umana, la "consacra".

Secondo l'Antico Testamento, Dio stesso consacrava le persone o le cose, comunicando loro in qualche modo la propria santità. Questo non è da intendere nel senso che Dio santificasse internamente le persone, e tanto meno le cose, ma nel senso che ne prendeva possesso e le riservava al suo diretto servizio. Gli oggetti "sacri" erano destinati al culto del Signore, e perciò potevano servire solo nell'ambito del tempio e del culto, non per ciò che era profano. Questa era la sacralità attribuita alle cose, che non potevano essere toccate da mano profana (per esempio, l'Arca dell'Alleanza. o i calici del tempio di Gerusalemme, profanati - come si legge in 1M 1,22 - da Antioco Epifane). A sua volta, il popolo d'Israele fu "santo" come "proprietà del Signore" (segullah = il tesoro personale del sovrano), e per questo aveva un carattere sacro (cfr. Ex 19,5; Dt 7,6 Ps 134(135),4). Per comunicare con questa "segullah", Dio si sceglieva dei "portavoci", "uomini di Dio", "profeti", che dovevano parlare a nome suo. Egli li santificava (moralmente) mediante il rapporto di confidenza e speciale amicizia che loro riservava, tanto che alcuni di quei personaggi erano qualificati "amici di Dio" (cfr. Sg 7,27 Is 41,8 Jc 2,23).

Ma non vi era persona o mezzo o strumento istituzionale che potesse comunicare per forza intrinseca agli uomini anche più disponibili la santità di Dio. Questa sarebbe stata la grande novità del Battesimo cristiano, per mezzo del quale i credenti hanno "il cuore purificato" (He 10,22), e sono interiormente "lavati... santificati... giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio" (1Co 6,11).


3. Elemento essenziale della Legge evangelica è la grazia, che è una forza di vita giustificante e salvifica, come spiega San Tommaso (cfr. I-II 106,2), al seguito di Sant'Agostino (cfr. De Spiritu et Littera, c. 17). Cristo prende possesso della persona dall'interno già col Battesimo, nel quale egli inaugura la sua azione santificatrice, "consacrandola" e suscitando in essa l'esigenza di una risposta che Egli stesso rende possibile con la sua grazia nella misura della capacità fisico-psichica, spirituale e morale del soggetto. Il dominio sovrano, esercitato, dalla grazia di Cristo nella consacrazione, non sminuisce affatto la libertà della risposta all'appello, né il valore e l'importanza dell'impegno umano. Ciò si rende particolarmente evidente nella chiamata alla pratica dei consigli evangelici. L'appello di Cristo è accompagnato da una grazia che eleva la persona umana donandole delle capacità di ordine superiore per seguire questi consigli. Questo significa che nella vita consacrata vi è uno sviluppo della stessa personalità umana, non frustrata ma elevata e valorizzata dal dono divino.


4. L'uomo che accetta l'appello e segue i consigli evangelici compie un fondamentale atto di amore a Dio, come si legge nella Costituzione Lumen Gentium (LG 44) del Concilio Vaticano II. I voti religiosi hanno lo scopo di realizzare un vertice d'amore: di un amore completo, votato a Cristo sotto l'impulso dello Spirito Santo e, per mezzo di Cristo, offerto al Padre. Di qui il valore di obiezione e di consacrazione della professione religiosa, che nella tradizione cristiana orientale e occidentale viene considerata come un baptismus flaminis, in quanto "il cuore di un uomo viene mosso dallo Spirito Santo a credere in Dio, ad amarlo e a pentirsi dei propri peccati" (III 66,11).

Ho esposto questa idea di un quasi nuovo Battesimo nella Lettera Redemptionis Donum: "La professione religiosa, vi ho scritto, sulla base sacramentale del Battesimo in cui si radica, è una nuova "sepoltura nella morte di Cristo": nuova mediante la consapevolezza e la scelta; nuova mediante l'incessante "conversione". Tale "sepoltura nella morte" fa si che l'uomo, "sepolto insieme a Cristo", cammini come Cristo in una "vita nuova". In Cristo crocifisso trovano il loro fondamento ultimo sia la consacrazione battesimale, sia la professione dei consigli evangelici, la quale - secondo le parole del Vaticano II - "costituisce una speciale consacrazione". Essa è ad un tempo morte e liberazione. San Paolo scrive: "Consideratevi morti al peccato"; al tempo stesso, tuttavia, chiama questa morte "liberazione dalla schiavitù del peccato". Soprattutto, pero, la consacrazione religiosa costituisce, sulla base sacramentale del santo Battesimo, una nuova vita "per Dio, in Gesù Cristo"" (RD 7).


5. Tale vita è tanto più perfetta e raccoglie più copiosi i frutti della grazia battesimale (cfr. LG 44), in quanto l'intima unione con Cristo, acquistata nel Battesimo, si sviluppa in una unione più completa. Infatti il comandamento di amare Dio con tutto il cuore, che si impone ai battezzati, viene osservato in pienezza con l'amore votato a Dio mediante i consigli evangelici. E una "consacrazione speciale" (PC 5); una consacrazione più intima al servizio divino "con nuovo e speciale titolo" (LG 4); una consacrazione nuova, che non può essere ritenuta una implicazione o una conseguenza logica del Battesimo. Il Battesimo non implica necessariamente un orientamento verso il celibato e la rinuncia al possesso dei beni nella forma dei consigli evangelici. Nella consacrazione religiosa invece, si tratta della chiamata a una vita che comporta il dono di un carisma originale non concesso a tutti come Gesù afferma quando parla del celibato volontario (cfr. Mt 19,10-12). E dunque un atto sovrano di Dio, che liberamente sceglie, chiama, apre una via, legata senza dubbio alla consacrazione battesimale, ma da essa distinta.


6. In maniera analoga, si può dire che la professione dei consigli evangelici sviluppa ulteriormente la consacrazione operata nel sacramento della Confermazione. E un nuovo dono dello Spirito Santo, conferito per una vita cristiana attiva in un più stretto impegno di collaborazione e servizio alla Chiesa per produrre, con i consigli evangelici, nuovi frutti di santità e di apostolato, oltre le esigenze della consacrazione cresimale. Anche il sacramento della Cresima - e il carattere della militanza cristiana e dell'apostolato cristiano che essa comporta - è alla radice della vita consacrata.

In questo senso è giusto vedere gli effetti del Battesimo e della Confermazione nella consacrazione comportata dall'accettazione dei consigli evangelici e inquadrare la vita religiosa. che di sua natura e carismatica, nell'economia sacramentale. Su questa linea, si può anche osservare che, per i Religiosi Sacerdoti, anche il sacramento dell'Ordine produce i suoi frutti nella pratica dei consigli evangelici, ponendo l'esigenza di una appartenenza più stretta al Signore. I voti di castità, povertà e obbedienza tendono a realizzare concretamente questa appartenenza.


7. Il legame dei consigli evangelici con i sacramenti del Battesimo, della Confermazione e dell'Ordine serve a mostrare il valore essenziale che rappresenta la vita consacrata per lo sviluppo della santità della Chiesa. E perciò voglio concludere con l'invito a pregare - pregare assai - per ottenere che il Signore conceda sempre più il dono della vita consacrata alla Chiesa che Egli stesso ha voluto e istituito come "santa".

(Ai giovani, ai malati e agli sposi novelli:) Rivolgo ora il mio cordiale saluto ai giovani, agli ammalati ed alle coppie di sposi novelli. Carissimi, seguendo l'invito di Cristo, vi esorto a rispondere con gioia alla sua chiamata. La vita quando è offerta al Signore secondo la specifica vocazione di ciascuno, diviene feconda di doni dello Spirito, pronta al servizio di Dio e generosa nella comunione fraterna.

Vi accompagni il costante aiuto divino: accompagni voi giovani, nel vostro quotidiano apostolato; voi, ammalati, nella diuturna offerta della vostra sofferenza e voi, sposi novelli, nell'impegnativo cammino familiare.

A tutti la mia Benedizione! (Infine il Santo Padre ha voluto esprimere il suo dolore per l'uccisione in Algeria di due religiose:) Ancora una volta è giunta dall'Algeria una notizia ben triste: la uccisione di due religiose di nazionalità spagnola. Si tratta di Suor Ester Paniagua e di Suor Maria Caridad Alvarez, delle Suore Agostiniane Missionarie, due anime generose che per lunghi anni si sono dedicate al servizio del prossimo.

Purtroppo, dopo una ventennale opera di solidarietà verso gli infermi e i più deboli, sono state vittime innocenti delle profonde tensioni che caratterizzano proprio quel mondo islamico in cui esse hanno saputo vivere, portando avanti generosamente e fedelmente la loro azione umanitaria.

Di fronte a questa nuova tragedia, desidero esprimere profondo apprezzamento per il lavoro svolto dai Vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose che, pur coscienti dei rischi che l'attuale situazione comporta, hanno deciso di rimanere in Algeria per continuare a dare la loro testimonianza di fede e di amore. Di questo concreto e coraggioso comportamento la Chiesa intera fa grande tesoro. Ancora una volta: "Sanguis martirum, semen christianorum".

La sofferenza causata da questo triste evento diventa ancora più acuta al pensare che tale atto efferato pretende, in modo assurdo, di ispirarsi anche a principi religiosi. Non ci si può considerare fedeli a Dio grande e misericordioso, e nel nome stesso di Dio, osare uccidere il fratello.

Nel seguire con speciale attenzione la delicata e complessa situazione in cui si trova l'Algeria, sento il dovere di ricordare a tutti gli uomini di buona volontà che si potrà giungere ad una autentica soluzione soltanto allontanandosi dall'abisso della violenza per seguire, invece, la via del dialogo, delle scelte sagge, coerenti e coraggiose, della sincera ricerca del bene comune. Mentre la nostra preghiera si eleva a Dio per invocare la pace eterna per Suor Ester a Suor Maria Caridad, mi unisco spiritualmente al dolore delle loro famiglie e della loro Congregazione, sulle quali impartisco, propiziatrice di consolazione, speranza e forza, una speciale Benedizione Apostolica.






Mercoledi 2 Novembre 1994: La riflessione del Santo Padre nel giorno della Commemorazione dei Fedeli Defunti

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- Città del Vaticano

La testimonianza dei Caduti a Montecassino, a Varsavia e in Normandia spinga tutti a promuovere la pace, il rispetto e la concordia tra le Nazioni


1. Abbiamo celebrato ieri la solennità di Tutti i Santi, che, usciti da questo mondo, vivono nella comunione senza fine con Dio. La loro sorte beata è anche il destino di noi che siamo ancora sulla terra, chiamati a seguire le loro orme nella fedele imitazione di Cristo, nostro Salvatore.

Oggi, due novembre, commemoriamo i fedeli defunti, che, compiuto il loro pellegrinaggio terreno, dormono il sonno della pace. E' una ricorrenza particolarmente sentita nelle famiglie. E' la festa umanissima degli affetti che oltrepassano la misura del tempo e si innestano nella dimensione del mistero dell'amore di Dio, che tutto restituisce a vita nuova.

L'uomo sorge dalla terra e alla terra ritorna (cfr.
Gn 3,19): ecco una realtà evidente da non dimenticare mai. Egli sperimenta pero anche l'insopprimibile desiderio di vita immortale. Per questa ragione i vincoli di amore che uniscono genitori e figli, mariti e mogli, fratelli e sorelle, come pure i legami di vera amicizia tra le persone, non si disperdono né finiscono con l'ineluttabile evento della morte. I nostri defunti continuano a vivere fra di noi, non solo perché i loro resti mortali riposano nel camposanto e il loro ricordo fa parte della nostra esistenza, ma soprattutto perché le loro anime intercedono per noi presso Dio.


2. Carissimi Fratelli e Sorelle, la commemorazione odierna ci invita a ravvivare la fede nella vita eterna. L'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, porta iscritto nelle profondità del proprio essere il nome stesso, primordiale ed eterno, di Dio che è comunione perfetta del Padre del Figlio e dello Spirito Santo. Proprio per questo il suo Io profondo non soccombe alla morte, ma oltrepassando i confini del tempo entra nell'eternità.

I cristiani, raccolti attorno al ricordo dei loro cari defunti, proclamano quest'oggi: "Regem Cui omnia vivunt, venite, adoremus", "Venite adoriamo il Signore, per il quale tutti vivono". Nell'amore di Cristo, che tutto redime dalle conseguenze del peccato e della morte, risplende la santità di Dio e si manifesta il suo disegno provvidenziale di "fare famiglia" con l'uomo. Egli non vuole che alcuno si perda (cfr. Jn 6,39), ma che ognuno, trasformato dalla sua santità, viva per sempre alla sua presenza in compagnia di tutti i fratelli e le sorelle che formano la sua casa (cfr. 2Co 4,14).

Possiamo dire che la memoria di oggi è naturale prolungamento della solennità di ieri. Insieme, esse formano la grande festa della comunione della Chiesa che è al di qua e insieme al di là della morte.


3. La certezza della vita, che continua in altro modo da quello che i nostri occhi vedono, conduce i credenti ai cimiteri. Stare accanto alle tombe dei propri cari diviene per le famiglie occasione per riflettere e per alimentare la speranza nell'eternità. Si raccolgono silenziosi ed oranti quanti ancora stanno compiendo il terreno pellegrinaggio della vita accanto a quelli che già si trovano nella Patria eterna del cielo.

E' quanto avviene oggi nei cimiteri di Roma e in tutti i cimiteri del mondo. In particolare, oggi si prega nelle Grotte della Basilica vaticana per i Papi defunti, non solo per quelli recenti, ma per tutti i successori di Pietro. E si prega pure per i successori degli Apostoli, per tutti i Vescovi che nel corso dei secoli hanno servito la Chiesa nel nome di Cristo.

Di generazione in generazione essi si sono impegnati a guidare i credenti nella verità e nell'amore. Assieme ai fedeli battezzati, ora formano il corteo dei discepoli ammessi alla gioia del divino Maestro.

Si ritrovano sulle sponde del gran fiume della Redenzione, e prendono parte alla pienezza di vita e di amore del Figlio di Dio.


4. Il mio pensiero va ora, nel contesto di questa catechesi sui defunti, ad alcuni eventi drammatici della nostra storia. Cade quest'anno il cinquantesimo anniversario della battaglia di Montecassino, dell'insurrezione di Varsavia e dello sbarco in Normandia: sono state vicende di grande rilevanza per l'Europa della seconda metà del XX secolo (cfr. Messaggio nel 50 anniversario della insurrezione di Varsavia, in L'Osservatore Romano 1-2 agosto 1994, p. 4).

La memoria di questi eroici eventi, che hanno contribuito a far trionfare nello spirito dell'Europa cristiana la causa della libertà e della dignità dell'uomo, deve indurci alla riconoscenza verso quanti hanno sofferto e sono caduti in così tragiche circostanze. La loro testimonianza ci spinge ad impegnarci tutti nel promuovere la pace, il rispetto e la concordia tra le Nazioni. In questo senso "il loro eroico gesto impegna!".

Tali ricorrenze, ancora tanto vive nella mente di molti, ci richiamano, oggi soprattutto, al dovere della preghiera per i caduti di ogni guerra. Essi sono sepolti in innumerevoli cimiteri del mondo; alcuni di loro addirittura non hanno avuto la sorte di essere deposti in un luogo circondato da pietà, ma sono rimasti abbandonati in anonime località. Anche per essi si eleva la nostra affettuosa preghiera, affinché il Dio della vita mostri loro il suo volto e doni loro la sua pace.

Né possiamo dimenticare le tante, troppe vittime di ogni crimine e di ogni forma di violenza. Tutti vogliamo abbracciare nella nostra carità implorando per loro da Dio il riposo eterno.

La memoria dei nostri cari scomparsi ravvivi in ognuno di noi l'impegno quotidiano nelle opere della fede e ci renda vigilanti nell'attesa della venuta del Signore, quando, asciugata ogni lacrima, potremo contemplarlo così come egli è in compagnia di quanti ci hanno preceduto nel pellegrinaggio della fede.

L'intercessione di Maria, la Madre dei redenti, ci guidi e ci sostenga in questo cammino di quotidiana fatica e di soprannaturale speranza.

...

Ai fedeli di espressione italiana

Desidero rivolgere ora un cordiale saluto a tutti i pellegrini di lingua italiana e in particolare al gruppo di Suore Missionarie della Carità, venute a Roma per la professione religiosa, e qui presenti con i familiari. Carissime, vi ringrazio per la vostra partecipazione e volentieri invoco dal Signore copiosi doni celesti per una rinnovata testimonianza di fede nel generoso esercizio della carità, specialmente verso i fratelli più poveri ed emarginati.

Mi è gradito indirizzare anche un cordiale benvenuto all’Associazione “Amici senza confini” di Parma che ha accolto la squadra di calcio di Sarajevo, capitale della Bosnia ed Erzegovina, regione purtroppo afflitta ancora da un assurdo conflitto fratricida. Lo spirito dell’iniziativa, che vede uniti insieme cittadini italiani e bosniaci per manifestazioni sportive e umanitarie, e la stessa composizione etnica e religiosa della rappresentativa calcistica di Sarajevo sono testimonianze eloquenti di come popoli diversi siano in grado di convivere insieme, ognuno contribuendo alla costruzione di una società sempre più aperta ed accogliente. Possa questo vostro lodevole impegno costituire un segno di speranza per tutti.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Rivolgo infine il mio saluto ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli, in questo giorno dedicato alla memoria e alla preghiera per i nostri cari defunti. L’odierna ricorrenza ci invita ad essere vigilanti e a perseverare nell’orazione incessante per ottenere la grazia di un cuore aperto alla fede e generoso nella dedizione al prossimo. Questo nostro incontro infonda in voi, cari giovani, la speranza e l’entusiasmo; lenisca il vostro dolore e le vostre sofferenze, cari malati; confermi nella carità di Dio il vostro amore, cari sposi novelli.

Di cuore tutti vi benedico.







Mercoledi 9 Novembre 1994: La via della perfezione

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Oggi ho l'onore e la gioia di avere accanto a me un ospite di riguardo, che viene da lontano. Egli è un fratello che accolgo nella carità di Cristo: il Patriarca della Chiesa assira dell'Oriente, Sua Santità Mar Dinkha IV, accompagnato da tre Vescovi, membri del Santo Sinodo della sua Chiesa. Egli è alla guida di una delle più antiche e venerabili Chiese dell'Oriente. La lingua da essa adoperata nella liturgia è la più vicina alla lingua nella quale si esprimeva Gesù.

Il Patriarca è venuto a Roma anche per firmare con la Chiesa cattolica una Dichiarazione cristologica comune, che permetterà di risolvere la separazione intervenuta a seguito del Concilio di Efeso dell'anno 431. Si porrà così termine a più di quindici secoli di malintesi che riguardano la nostra fede in Cristo, vero Dio e vero Uomo, concepito nel seno della Vergine Maria per opera dello Spirito Santo.

Potete ben comprendere, allora, come io sia lieto di questa circostanza e con quali sentimenti di stima e di fraterna comunione accolga Sua Santità Mar Dinkha.

In questo clima ecumenico così intenso e significativo continuiamo le nostre riflessioni sulla vita consacrata.


1. La via dei consigli evangelici è stata spesso chiamata: "via della perfezione"; e lo stato di vita consacrata: "stato di perfezione". Questi termini si trovano anche nella Costituzione conciliare Lumen gentium (cfr.
LG 45), mentre il Decreto sul rinnovamento della vita religiosa porta il titolo Perfectae caritatis e ha come argomento il "raggiungimento della carità perfetta per mezzo dei consigli evangelici" (PC 1). Via di perfezione significa evidentemente via di una perfezione da acquistare, e non di una perfezione già acquisita, come spiega chiaramente san Tommaso d'Aquino (cfr. II-II 184,5 II-II 184,7). Coloro che sono impegnati nella pratica dei consigli evangelici non pretendono affatto di possedere la perfezione. Essi si riconoscono peccatori come tutti gli uomini, peccatori salvati. Ma si sentono e sono chiamati più espressamente a tendere verso la perfezione, che consiste essenzialmente nella carità (cfr. ib., II-II 184,1 II-II 184,3).


2. Non si può certo dimenticare che tutti i cristiani sono chiamati alla perfezione. A questa vocazione fa cenno lo stesso Gesù Cristo: "Siate voi perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (Mt 5,48). Il Concilio Vaticano II, trattando dell'universale vocazione della Chiesa alla santità, dice che tale santità "si esprime in varie forme presso i singoli, i quali nel loro grado di vita tendono alla perfezione della carità ed edificano gli altri" (LG 39 cfr. LG 40). Tuttavia questa universalità della vocazione non esclude che alcuni siano chiamati in modo più particolare ad una via di perfezione. Secondo il racconto di Matteo, Gesù rivolge il suo appello al giovane ricco con le parole: "Se vuoi essere perfetto..." (Mt 19,21). E' la fonte evangelica del concetto di "via della perfezione": il giovane ricco aveva interrogato Gesù su "ciò che è buono", e in risposta aveva ricevuto l'enumerazione dei comandamenti; ma, al momento della chiamata, egli è invitato ad una perfezione che va al di là dei comandamenti: è chiamato a rinunciare a tutto per seguire Gesù. La perfezione consiste nel dono più completo di se stesso a Cristo. E' in questo senso che la via dei consigli evangelici è "via di perfezione" per coloro che vi sono chiamati.


3. Si noti ancora che la perfezione proposta da Gesù al giovane ricco significa non una lesione ma un arricchimento della persona. Gesù invita il suo interlocutore a rinunciare a un programma di vita nel quale la preoccupazione dell'avere tiene un grande posto, per fargli scoprire il vero valore della persona, che si attua nel dono di sé alle altre persone e particolarmente nell'adesione generosa al Salvatore. così possiamo dire che le rinunce - reali e notevoli - reclamate dai consigli evangelici non hanno un effetto "spersonalizzante"; ma sono destinate a perfezionare la vita personale, come effetto di una grazia soprannaturale, rispondente alle aspirazioni più nobili e profonde dell'essere umano. San Tommaso, a questo riguardo, parla di "spiritualis libertas" e di "augmentum spirituale": libertà e crescita dello spirito (II-II 184,4).


4. Quali sono i principali elementi di liberazione e di crescita che i consigli evangelici comportano in chi li professa? Innanzitutto una consapevole tendenza alla perfezione della fede. La risposta all'appello: "Seguimi", con le rinunce che ne derivano, richiede una fede ardente nella persona divina di Cristo e una fiducia assoluta nel suo amore: l'una e l'altra, per non soccombere alle difficoltà, dovranno crescere e irrobustirsi lungo il cammino.

Né potrà mancare una consapevole tendenza alla perfezione della speranza. La richiesta di Cristo si situa nella prospettiva della vita eterna.

Coloro che vi si impegnano sono chiamati ad una solida e ferma speranza sia nell'ora della professione, sia in tutto il seguito della loro vita. Ciò consentirà loro di testimoniare, in mezzo ai beni relativi e caduchi di questo mondo, il valore imperituro dei beni del Cielo.

La professione dei consigli evangelici sviluppa soprattutto una consapevole tendenza alla perfezione dell'amore verso Dio. Il Concilio Vaticano II parla della consacrazione operata dai consigli evangelici come del dono di sé a Dio "sommamente amato" (LG 44). E' il compimento del primo comandamento: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza" (Dt 6,5 cfr. par. ). La vita consacrata si sviluppa in modo autentico con il continuo approfondimento di questo dono fatto fin dall'inizio, e con un amore sempre più sincero e forte in dimensione trinitaria: è amore al Cristo che chiama alla sua intimità, allo Spirito Santo che chiede e aiuta a realizzare una completa apertura alle sue ispirazioni, al Padre, prima origine e scopo supremo della vita consacrata. Ciò avviene specialmente nella preghiera, ma anche in tutto il comportamento, che riceve dalla virtù infusa di religione una dimensione decisamente verticale.

Ovviamente la fede, la speranza e la carità suscitano e accentuano sempre più la tendenza alla perfezione dell'amore verso il prossimo, come espansione dell'amore verso Dio. Il "dono di sé a Dio, sommamente amato" implica un intenso amore per il prossimo: amore che tende ad essere il più perfetto possibile, ad imitazione della carità del Salvatore.


5. La verità della vita consacrata come unione con Cristo nella carità divina s'esprime in alcuni atteggiamenti di fondo, che devono crescere in tutto il seguito della esistenza. Per grandi linee, possono essere così indicati: il desiderio di trasmettere a tutti l'amore che viene da Dio per mezzo del cuore di Cristo, e quindi l'universalità di un amore che non si lascia fermare dalle barriere che l'umano egoismo crea nel nome di razza, nazione, tradizione culturale, condizione sociale o religiosa, ecc.; uno sforzo di benevolenza e di stima verso tutti, più particolarmente verso coloro che umanamente si tende a maggiormente trascurare o disprezzare; la manifestazione di una speciale solidarietà nei riguardi dei poveri e di coloro che sono perseguitati o vittime di ingiustizie; la sollecitudine nel soccorrere coloro che più soffrono, come oggi i numerosi handicappati, gli abbandonati, gli esuli, ecc.; la testimonianza di un cuore umile e mite, che si astiene dal condannare, rinuncia ad ogni violenza e ad ogni vendetta, e perdona con gioia; la volontà di favorire ovunque la riconciliazione e di far accogliere il dono evangelico della pace; la dedizione generosa ad ogni iniziativa di apostolato che tenda a diffondere la luce di Cristo e a portare la salvezza nell'umanità; la preghiera assidua secondo le grandi intenzioni del Santo Padre e della Chiesa.


6. Sono numerosi e immensi i campi dove si richiede, oggi più che mai, l'opera dei "consacrati", come traduzione della carità divina in forme concrete di solidarietà umana. può darsi che in molti casi essi possano compiere solo delle cose, umanamente parlando, molto piccole, o almeno non vistose, non clamorose. Ma anche i piccoli apporti sono efficaci, se carichi di vero amore (la "cosa" veramente grande e potente), soprattutto se è lo stesso amore trinitario effuso nella Chiesa e nel mondo. I "consacrati" sono chiamati a essere questi umili e fedeli cooperatori dell'avanzamento della Chiesa nel mondo, sulla via della carità.

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Ad un gruppo di invalidi di guerra croati

Saluto cordialmente tutti i pellegrini croati tra i quali ci sono gli studenti del Liceo Classico di Pula, come pure i dirigenti e gli officiali dell’Archivio di Stato Croato di Zagabria.

In modo particolare saluto un gruppo di invalidi di guerra, che nel loro corpo portano segni visibili dell’enorme tragedia che ha colpito le popolazioni della Croazia e della Bosnia ed Erzegovina. Carissimi, il vostro silenzioso grido di Pace ancora una volta interpella la coscienza dei responsabili delle Nazioni e della Comunità Internazionale, ricordando che il futuro dei popoli e dell’umanità si può costruire soltanto con la pace fondata sulla verità, sulla giustizia e sul rispetto dei diritti inalienabili dei singoli e dei popoli.

La mia benedizione a voi e alle vostre famiglie accompagno con la fervida preghiera a Dio per la vera pace ovunque ci sono le guerre o pericoli di conflitti armati.

Siano lodati Gesù e Maria!”

Ai fedeli di lingua italiana

Il mio cordiale benvenuto va poi a tutti i pellegrini di lingua italiana. Saluto in particolare il gruppo di fedeli della Diocesi di Pitigliano-Sovana-Orbetello, venuti a Roma con il loro Vescovo in occasione del terzo centenario della nascita del Compatrono San Paolo della Croce. La vostra Chiesa, carissimi, ha uno speciale legame con questo grande Santo, il quale fondò proprio sul Monte Argentario il suo primo “Ritiro”, che ancora oggi costituisce un faro di spiritualità per tutta la Maremma. Auspico che il pellegrinaggio alle Tombe degli Apostoli e alla “Scala Santa” vi ispiri un ardente amore a Gesù Crocifisso e, allo stesso tempo, rafforzi il vostro impegno nella vita ecclesiale.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Il mio pensiero si rivolge ora a tutti voi, giovani, malati e sposi novelli, presenti a questa Udienza.

Nell’odierna liturgia celebriamo la festa della Dedicazione della Basilica di San Giovanni in Laterano, “caput et mater omnium ecclesiarum”. Insieme con essa ricordiamo anche le chiese in cui si raccolgono le vostre comunità e quelle che attendono ancora di essere costruite a Roma e nel mondo.

Cari giovani, malati e sposi cristiani, vi esorto a collaborare con tutto il popolo di Dio e con tutti gli uomini di buona volontà a realizzare la Casa del Signore. Il legame con la vostra Chiesa accresca in ciascuno la gioia di camminare insieme nel servizio al Vangelo, nell’offerta della preghiera e nella condivisione della carità.

Appello per l’Angola:

Desidero ora manifestare il mio profondo dolore per la ripresa e l’aggravarsi dei combattimenti in Angola, che in questi giorni stanno causando numerose vittime e costringono migliaia di persone, particolarmente nella zona di Huambo, ad abbandonare, sprovviste di tutto, le loro case.

Al dolore per questi tristi fatti s’aggiunge l’amarezza della delusione, dopo le speranze di pace suscitate dall’accordo raggiunto a Lusaka alla fine di ottobre.

Rivolgo un accorato appello ai responsabili, perché facciano cessare le azioni di guerra e creino le condizioni atte a favorire un nuovo spirito di intesa e di riconciliazione.

Con la distruzione e la morte non si può costruire la convivenza civile di un Paese!

Voglia il Signore, per intercessione della Vergine Santa, cambiare i cuori di coloro che nutrono sentimenti di odio e di vendetta e muovere le loro menti a propositi di pace.

L’accorato pensiero per le popolazioni del Nord Italia colpite dalla alluvione:

Il mio accorato pensiero va in questo momento alle care popolazioni del nord-Italia, colpite in questi giorni da una violenta alluvione. Sono vicino nella preghiera alle famiglie che piangono i loro cari rimasti vittime della furia delle acque e a quanti hanno perso la casa e i beni.

Esprimo vivo apprezzamento per l’opera di soccorso che stanno ponendo in atto in queste ore gli organismi dello Stato e le associazioni di volontariato. Incoraggio quanti si stanno prodigando in gesti di solidarietà ed invito in particolare le Chiese locali ad impegnarsi per alleviare le sofferenze e curare le ferite della grave situazione che si è venuta a creare.

Affido alla Vergine Santissima la cara Nazione italiana, alla quale mi sento in questo momento di sofferenza particolarmente vicino.








Catechesi 79-2005 19104