Catechesi 79-2005 8295

Mercoledi 8 Febbraio 1995: La vita consacrata rafforza lo slancio di tutti nel servizio del Regno

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Roma,



1. Dopo aver descritto la vocazione religiosa, il Concilio Vaticano II afferma: "perciò la professione dei consigli evangelici appare come un segno, il quale può e deve attirare efficacemente i membri della Chiesa a compiere con slancio i doveri della vocazione cristiana" (
Lc 44). Ciò significa che l'impegno radicale dei consacrati nella sequela di Cristo incoraggia tutti i cristiani a prendere una coscienza più viva della propria chiamata e ad apprezzarne meglio la bellezza; li aiuta ad accettare con gioia gli impegni che fanno parte della loro vocazione e li stimola ad assumere compiti che rispondano ai bisogni concreti dell'attività apostolica e caritativa. La vita consacrata è dunque un segno che rafforza lo slancio di tutti nel servizio del Regno.


2. Cerchiamo di approfondire il contenuto di questo insegnamento conciliare.

Anzitutto possiamo dire che lo stato religioso rende presente, nel momento attuale, come in tutti i tempi della storia cristiana, la forma di vita assunta dal Figlio di Dio incarnato. perciò fa scoprire meglio il Cristo del Vangelo (LG 44).

Coloro che attualmente seguono Gesù abbandonando tutto per lui rievocano gli Apostoli che, rispondendo al suo invito, rinunciarono a tutto il resto. perciò tradizionalmente si è soliti parlare della vita religiosa come di "apostolica vivendi forma". E anzi, sull'esempio di Pietro, Giovanni, Giacomo, Andrea e degli altri Apostoli, i consacrati imitano e ripetono la vita evangelica vissuta e proposta dal divin Maestro, testimoniando il Vangelo come realtà sempre viva nella Chiesa e nel mondo. Anch'essi realizzano, in questo senso, la parola di Gesù Cristo agli Apostoli: "Mi sarete testimoni" (Ac 1,8).


3. "Lo stato religioso - aggiunge il Concilio - manifesta l'elevazione del Regno di Dio sopra tutte le cose terrestri e le sue esigenze supreme; dimostra pure a tutti gli uomini la preminente grandezza della virtù di Cristo regnante e la infinita potenza dello Spirito Santo, mirabilmente operante nella Chiesa" (LG 44). In altre parole, la vita secondo i consigli evangelici manifesta la soprannaturale e trascendente maestà del Dio Uno e Trino e, in particolare, l'altezza del piano del Padre che ha voluto il dono completo della persona umana come risposta filiale al suo infinito amore. Essa rivela la forza attrattiva di Cristo, Verbo incarnato, che si impadronisce di tutta l'esistenza per nobilitarla nella più alta partecipazione al mistero della vita trinitaria; al tempo stesso, essa è segno della potenza trasformante dello Spirito Santo che effonde in tutte le anime i doni dell'eterno Amore, vi opera tutte le meraviglie dell'azione redentiva e spinge fino al più alto vertice la risposta umana di fede e di obbedienza nell'amore filiale.


4. Per queste stesse ragioni la vita consacrata è segno e testimonianza dell'autentico destino del mondo, che è ben al di là di tutte le prospettive immediate e visibili, anche legittime e doverose, per i fedeli chiamati a un impegno di indole secolare: secondo il Concilio, "i religiosi col loro stato testimoniano in modo splendido e singolare che il mondo non può essere trasfigurato e offerto a Dio senza lo spirito delle beatitudini" (LG 31).

Lo stato religioso tende a mettere in pratica e aiuta a scoprire e ad amare le beatitudini evangeliche, mostrando la felicità profonda che si ottiene mediante rinunce e sacrifici. Si tratta di una testimonianza "splendida", come dice il Concilio, perché riflette qualcosa della luce divina che pervade la parola, la chiamata, i "consigli" di Gesù. Si tratta inoltre di una testimonianza singolare", perché i consigli evangelici, come il celibato volontario o la povertà evangelica, costituiscono un modo particolare di vita, che ha un valore insostituibile per la Chiesa e un'efficacia impareggiabile per tutti coloro che nel mondo, più o meno direttamente e consapevolmente, cercano il Regno di Dio. Si tratta, infine, di una testimonianza legata allo stato religioso come tale: è pertanto normale vederla rifulgere in nobili figure di religiosi che con tutta la dedizione dell'anima e della vita rispondono fedelmente alla loro vocazione.


5. La vita consacrata è anche richiamo al valore dei beni celesti che il Cristianesimo insegna a considerare già presenti nella prospettiva del mistero di Cristo, Figlio di Dio disceso dal cielo sulla terra e asceso al cielo come capostipite - "nuovo Adamo" - della nuova umanità chiamata a partecipare alla gloria divina. E la dottrina del Concilio esposta in un passo bellissimo: "Poiché il Popolo di Dio non ha qui città permanente ma va in cerca di quella futura, lo stato religioso, che rende più liberi i suoi seguaci dalle cure terrene, meglio manifesta a tutti i credenti i beni celesti già presenti in questo mondo, meglio testimonia la vita nuova ed eterna acquistata dalla redenzione di Cristo, e meglio preannuncia la futura risurrezione e la gloria del Regno celeste" (LG 44).

I consigli evangelici hanno pertanto un significato escatologico, e in particolare il celibato consacrato annuncia la vita dell'aldilà e l'unione a Cristo Sposo; la povertà procura un tesoro nel cielo, l'impegno dell'obbedienza apre la via al possesso della perfetta libertà dei figli di Dio nella conformità alla volontà del Padre celeste.

I consacrati sono dunque segnacoli e testimoni di un anticipo di vita celeste nella vita terrena, che non può trovare in se stessa la propria perfezione ma deve essere orientata sempre più alla vita eterna: un futuro già presente, in germe, nella grazia generatrice di speranza.


6. Per tutte queste ragioni sta a cuore alla Chiesa che la vita consacrata fiorisca sempre, per meglio rivelare la presenza di Cristo nel suo Corpo mistico, dove oggi vive rinnovando nei suoi seguaci i "misteri" che ci vengono esposti dal Vangelo. In particolare si rivela importante per il mondo odierno la testimonianza della castità consacrata: testimonianza di un amore verso Cristo più grande di ogni altro amore, di una grazia che supera le forze della natura umana, di uno spirito elevato che non si lascia travolgere nelle illusioni e ambiguità spesso soggiacenti alle rivendicazioni della sensualità.

Rilevante resta pure, oggi come ieri, la testimonianza sia della povertà, che i religiosi presentano come segreto e garanzia di una maggiore ricchezza spirituale, sia dell'obbedienza, professata e praticata come coefficiente della vera libertà.


7. Coronamento di ogni altra virtù, anche nella vita consacrata, è poi la carità.

Verso Dio innanzitutto: con essa la vita consacrata diventa segno del mondo "offerto a Dio" (LG 31). Nella loro offerta completa, includente l'associazione consapevole e amorosa al sacrificio redentore di Cristo, i religiosi aprono al mondo la via della vera felicità, quella delle beatitudini evangeliche.

Carità poi verso il prossimo, manifestata sia nel mutuo amore tra coloro che vivono in comunità, sia nella pratica dell'accoglienza e dell'ospitalità, sia nel soccorso ai poveri e a tutti gli infelici, sia nella dedizione all'apostolato.

E, questa, una testimonianza di importanza essenziale, per dare alla Chiesa un autentico volto evangelico. I consacrati sono chiamati a testimoniare e diffondere il "messaggio... udito fin da principio": che ci amiamo gli uni gli altri" (1Jn 3,11), divenendo così pionieri della tanto auspicata "civiltà dell'amore".

(Ai giovani, ai malati e agli sposi novelli:] Il mio pensiero va ora ai giovani, ai malati e agli sposi novelli qui presenti. Carissimi, siamo nella Novena in preparazione alla memoria liturgica della Beata Vergine di Lourdes, che ricorre 1'11 febbraio, giorno in cui si celebra anche la Giornata Mondiale del Malato. Invoco su di voi, cari giovani, la protezione della Vergine Immacolata, affinché conservi sempre in voi un cuore puro e generoso. La Beata Vergine di Lourdes, a cui si rivolgono con fiducia tanti sofferenti provenienti da tutto il mondo, estenda il suo sguardo misericordioso su di voi, cari malati, aiutandovi ad accettare il vostro dolore in unione con Cristo, crocifisso e risorto. Maria accompagni anche voi, cari sposi novelli, nel vostro nuovo cammino familiare, rendendolo ricco di bene e sempre aperto alla vita.

(Infine il Santo Padre ha lanciato un forte appello per la fine delle ostilità tra Ecuador e Perù:] Continuano a giungere sconfortanti notizie di combattimenti lungo la frontiera che separa l'Ecuador ed il Perù. Già sono numerose le vittime di quest'inutile conflitto che, con il passare dei giorni, si fa ognor più preoccupante.

Mi rivolgo, perciò, nuovamente alle Autorità dei due Paesi affinché facciano tacere il fragore delle armi e pongano termine al conflitto. Auspico, infine, che tutti coloro che hanno a cuore questa dolorosa situazione operino con impegno, secondo le loro possibilità, perché si ritrovi il cammino della pace e della concordia.

Affidiamo alla Regina della Pace le nostre speranze.




Mercoledi 15 Febbraio 1995: L'apporto della vita religiosa al ministero sacerdotale

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Roma,


1. Tra sacerdozio e vita religiosa esistono affinità profonde. Di fatto, nel corso dei secoli si nota una crescita del numero di religiosi sacerdoti. Nella maggioranza dei casi si tratta di uomini che, entrati in un Istituto religioso, vi hanno ricevuto l'Ordinazione sacerdotale; meno frequenti - ma pur sempre notevoli - sono i casi di Sacerdoti incardinati in una diocesi, che s'incorporano successivamente a un Istituto religioso. In entrambi i casi il fatto mostra che molto spesso nella vita consacrata maschile la vocazione a un Istituto religioso è associata alla vocazione al ministero sacerdotale.


2. Possiamo chiederci qual sia l'apporto della vita religiosa al ministero sacerdotale e perché, nel disegno divino, tanti uomini siano chiamati a questo ministero nel quadro della vita religiosa. Rispondiamo che, se è vero che la stessa Ordinazione sacerdotale comporta una consacrazione della persona, l'accesso alla vita religiosa predispone il soggetto a meglio accogliere la grazia dell'Ordine sacro e a viverne più integralmente le esigenze. La grazia dei consigli evangelici e della vita comune si rivela quanto mai favorevole all'acquisto della "santità" richiesta dal sacerdozio in ragione dell'ufficio circa il Corpo di Cristo sia eucaristico che mistico.

Inoltre, la tendenza verso la perfezione, che specifica e caratterizza la vita religiosa, stimola lo sforzo ascetico per progredire nelle virtù, per sviluppare la fede, la speranza e soprattutto la carità, e per vivere una vita conforme all'ideale del Vangelo. Da parte degli Istituti viene impartita una formazione in questo senso, affinché i religiosi possano fin dalla giovinezza orientarsi più fermamente in una via di santità e acquisire solide convinzioni e abitudini di vita evangelicamente austere. In tali condizioni di spirito, essi possono beneficiare meglio delle grazie che accompagnano l'Ordinazione sacerdotale.


3. I voti religiosi, tuttavia, prima che come obblighi assunti in funzione dell'Ordine e del ministero, hanno valore in se stessi come risposte di amore oblativo al dono di Colui che con amore infinito "si è offerto volontariamente" per noi (cfr.
Is 53,12 He 9,28). così, l'impegno nel celibato non si pone anzitutto come un'esigenza richiesta per il diaconato o il presbiterato, ma come adesione a un ideale che chiede il dono totale di sé a Cristo.

Aggiungiamo che con questo impegno, anteriore all'ordinazione, i religiosi possono aiutare i Sacerdoti diocesani a comprendere meglio e ad apprezzare maggiormente il valore del celibato. Si deve auspicare che, lungi dal porre in dubbio la fondatezza di tale scelta, essi incoraggino i Sacerdoti diocesani alla fedeltà in questo campo. E una bella e santa funzione ecclesiale, svolta dagli Istituti religiosi, oltre i loro confini, a favore di tutta la comunità cristiana.

L'appartenenza a un Istituto religioso permette al Sacerdote di vivere più radicalmente la povertà evangelica. Infatti è la vita in comune che consente ai membri dell'Istituto di rinunciare ai loro beni personali, mentre, normalmente, il Sacerdote diocesano deve provvedere personalmente al proprio sostentamento. Vi è dunque da auspicare e da attendersi dai Sacerdoti religiosi una testimonianza sempre più visibile di povertà evangelica, che, oltre a sostenerli nel loro cammino verso la perfezione della carità, possa incoraggiare i Sacerdoti diocesani a cercare i modi pratici di vivere una vita più povera, specialmente con la messa in comune di certe risorse.

Infine, il voto di obbedienza dei religiosi è destinato ad esercitare un benefico influsso sul loro atteggiamento nel ministero sacerdotale, stimolandoli alla sottomissione nei riguardi dei superiori della comunità che li aiuta, alla comunione dello spirito di fede con coloro che rappresentano per essi la volontà divina, al rispetto dell'autorità dei Vescovi e del Papa nell'adempimento del sacro ministero. Vi è dunque da auspicare e da attendersi dai Sacerdoti religiosi non solo un'obbedienza formale alla gerarchia della Chiesa, ma uno spirito di leale, amichevole e generosa cooperazione con essa. Con la loro formazione all'obbedienza evangelica, essi possono superare più facilmente le tentazioni di ribellione, di critica sistematica, di sfiducia, e riconoscere nei Pastori l'espressione di un'autorità divina. Anche questo è un valido aiuto che, come si legge nel Decreto Christus Dominus del Concilio Vaticano II, i religiosi sacerdoti possono e devono recare ai sacri Pastori della Chiesa oggi come in passato e più ancora per l'avvenire, "date le aumentate necessità delle anime... e le accresciute necessità dell'apostolato" (CD 34).


4. E ancora: i Sacerdoti religiosi possono manifestare, per mezzo della loro vita in comunità, la carità che deve animare il Presbiterio. Secondo l'intenzione espressa da Cristo nell'Ultima Cena, il precetto del reciproco amore è legato alla consacrazione sacerdotale. Nei rapporti di comunione stretti in funzione della perfezione della carità, i religiosi possono testimoniare l'amore fraterno che unisce coloro che esercitano, in nome di Cristo, il ministero sacerdotale. E chiaro che questo amore fraterno deve caratterizzare anche le loro relazioni con i Sacerdoti diocesani e con i membri di Istituti diversi dal proprio. Questa è la fonte da cui può derivare l'"ordinata collaborazione" raccomandata dal Concilio (cfr. CD 35,5).


5. Sempre secondo il Concilio, i religiosi sono più profondamente impegnati nel servizio alla Chiesa, in virtù della loro consacrazione concretizzata nella professione dei consigli evangelici (cfr. LG 44). Questo servizio consiste soprattutto nella preghiera, nelle opere di penitenza e nell'esempio offerto con la vita, ma anche nella partecipazione "alle opere esterne dell'apostolato, tenuta presente la caratteristica propria di ogni Istituto" (Decreto CD 33). Per questa loro partecipazione alla cura delle anime e alle opere di apostolato sotto l'autorità dei sacri Pastori, i Sacerdoti religiosi quindi "sono da considerare come appartenenti al clero diocesano" (CD 34), e devono quindi "esercitare il loro compito in modo da divenire aiutanti dei Vescovi" (CD 35,1), ma conservando "lo spirito del loro Istituto" e restando fedeli all'osservanza della loro regola (CD 35,2).

C'è da auspicare che mediante l'opera dei Sacerdoti religiosi si attuino sempre più nelle diocesi e nella Chiesa intera l'unità e la concordia che Gesù ha chiesto per tutti coloro che accettano di essere, come lui, "consacrati nella verità" (Jn 17,17) e rifulga così nel mondo l'imago Ecclesiae Caritatis! (Il Santo Padre ha poi rivolto un nuovo appello in favore delle Religiose Saveriane sequestrate in Sierra Leone e ancora tenute in ostaggio:] Particolarmente vicino a quanti soffrono per la violenza in Sierra Leone, desidero rinnovare il mio appello a favore delle persone recentemente sequestrate dai ribelli e finora da loro trattenute.

Condivido di cuore i sentimenti di coloro che attendono ansiosamente il ritorno delle Religiose Saveriane e seguo con speciale attenzione le iniziative di quelli che lavorano per la positiva conclusione della penosa vicenda.

Vi invito tutti a pregare con me affinché le persone rapite vengano quanto prima rilasciate.

(La serie dei saluti si è conclusa con i gruppi italiani:] Rivolgo un cordiale saluto a tutti i pellegrini di lingua italiana, in particolare ai Sacerdoti che partecipano ad un ritiro spirituale promosso dai Legionari di Cristo. Lo Spirito Santo, carissimi, infiammi in questi giorni i vostri cuori e vi confermi nel costante impegno di santità.

Accolgo poi con gioia le oltre duecento Religiose Infermiere, che incoraggio a proseguire con dedizione nel loro prezioso servizio alle persone anziane e agli ammalati.

Un caloroso benvenuto porgo agli alunni delle Scuole elementari romane delle Suore Sacramentine, accompagnati dai genitori, soci dell'Associazione Genitori Scuola Cattolica. A tutti auguro di saper costantemente crescere e operare, con l'aiuto del Signore, nel rispetto, nella promozione e nella difesa della vita.

Saluto i fedeli della parrocchia di San Biagio in Cardito (Napoli) e i militari del Quartier Generale della Marina. Auguro che l'odierno incontro rafforzi ciascuno nella propria testimonianza cristiana.

Saluto inoltre i volontari del gruppo "29 Maggio" di Ghedi, collegato alla Caritas bresciana. Carissimi, il ricordo dei tre amici caduti in Bosnia mentre portavano aiuti umanitari vi sostenga nelle vostre opportune iniziative di solidarietà.

(Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli:] Rivolgo un'ultima parola ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli oggi presenti, ispirandomi alle figure dei Santi Cirillo e Metodio, apostoli degli slavi e compatroni d'Europa, dei quali ieri abbiamo celebrato la festa liturgica.

Voi, giovani, preparatevi bene per essere capaci di annunciare il Vangelo con audacia missionaria dappertutto. Voi, malati, sostenete col vostro sacrificio le fatiche dei missionari. E voi, sposi novelli, cooperate giorno dopo giorno all'opera della nuova evangelizzazione.




Mercoledi 22 Febbraio 1995: Progresso materiale e spirituale e pace nella giustizia per tutto il Sud Est d'Europa

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Aula Paolo VI -


1. Negli Istituti religiosi composti in prevalenza da Sacerdoti non mancano dei "fratelli" che ne sono membri a pieno titolo, pur non ricevendo gli Ordini sacri.

La loro qualifica è a volte espressa col nome di "cooperatori", o con altri termini equivalenti. Negli antichi Ordini Mendicanti si chiamavano generalmente "Fratelli Laici". In questa espressione, il termine "Fratelli" significa "religiosi" e la precisazione "Laici" vuol dire "non ordinati sacerdoti". Se poi si considera che in alcuni antichi Ordini tali religiosi erano chiamati "Frati Conversi", si coglie facilmente un accenno alla storia della loro vocazione, nella maggioranza dei casi, cioè un riferimento alla conversione che, in origine, li aveva spinti alla scelta del dono totale di sé a Dio nel servizio ai "Frati Sacerdoti" dopo anni di vita trascorsi nelle varie carriere del mondo: amministrative, civili, militari, mercantili ecc.

Resta comunque decisiva la parola del Concilio Vaticano II, secondo il quale "la vita religiosa laicale... costituisce uno stato in sé completo di professione dei consigli evangelici" (Decreto
PC 10). L'impegno nel ministero sacerdotale non è richiesto dalla consacrazione che è propria dello stato religioso, e perciò anche senza l'Ordinazione sacerdotale un religioso può vivere pienamente la sua consacrazione.


2. Se si guarda allo sviluppo storico della vita consacrata nella Chiesa, si nota un fatto significativo: i membri delle prime comunità religiose erano chiamati indistintamente "fratelli" e in grande maggioranza non ricevevano l'ordinazione sacerdotale, perché non avevano una vocazione al ministero. Un Sacerdote poteva entrare nelle comunità, ma senza poter pretendere privilegi a motivo dell'Ordine sacro. In mancanza di Sacerdoti, qualcuno dei "fratelli" veniva ordinato per il servizio sacramentale alla comunità. Nel corso dei secoli, la proporzione dei monaci sacerdoti o diaconi in rapporto ai non sacerdoti è andata crescendo.

Progressivamente si è stabilita una divisione tra membri chierici e "fratelli" laici o conversi. L'ideale di una vita consacrata senza sacerdozio è vivo ancora in San Francesco d'Assisi, che personalmente non sentiva la vocazione al ministero sacerdotale, anche se accetto in seguito di essere ordinato diacono. Francesco può essere considerato come esempio della santità di una vita religiosa "laicale" e, con la sua testimonianza, mostra la perfezione che questo modo di vita può raggiungere.


3. La vita religiosa laicale non ha mai cessato di fiorire nel corso dei secoli.

Anche nella nostra epoca essa permane e si attua su una duplice linea di sviluppo.

Da una parte abbiamo un certo numero di fratelli laici ammessi in diversi Istituti clericali. Il Concilio Vaticano II fa una raccomandazione a loro riguardo: "Allo scopo di rendere più intimo il vincolo di fraternità fra i religiosi, coloro che sono chiamati conversi, cooperatori o con altro nome, abbiano stretti contatti con la vita e le opere della comunità" (PC 15).

Ci sono poi Istituti laicali che, riconosciuti come tali dall'autorità della Chiesa, hanno, in virtù della loro natura, indole e fine, una funzione propria, definita dal Fondatore o da una legittima tradizione, che non include l'esercizio degli Ordini sacri (cfr. CJC, CIC 588, § 3). Questi "Istituti di fratelli", come vengono chiamati, svolgono appunto una funzione propria, che ha in se stessa il suo valore e riveste una utilità specifica nella vita della Chiesa.


4. Il Concilio Vaticano II pensa in particolare a questi Istituti laicali quando manifesta il suo apprezzamento per lo stato di vita religiosa laicale: "Il Sacro Concilio che ha grande stima di esso, poiché tanta utilità arreca alla attività pastorale della Chiesa nell'educazione della gioventù, nell'assistenza agli infermi e in altri ministeri, conferma i membri di tale forma di vita religiosa nella loro vocazione e li esorta ad adattare la loro vita alle odierne esigenze" (PC 10). La storia recente della Chiesa conferma il ruolo importante svolto dai religiosi di questi Istituti, soprattutto nelle opere d'insegnamento e di carità.

Si può dire che in molti luoghi sono essi che hanno impartito ai giovani un'educazione cristiana, fondando scuole di ogni genere e grado. Sono ancora essi che hanno creato e gestito Istituti di assistenza per malati ed impediti da difficoltà fisiche e psichiche, fornendoli anche degli edifici e delle attrezzature occorrenti. perciò va ammirata e lodata la loro testimonianza di fede cristiana, di dedizione e di sacrificio, mentre c'è da auspicare che l'aiuto dei benefattori - come è stato nella migliore tradizione cristiana - e le sovvenzioni disposte nella moderna legislazione sociale permettano loro sempre più di aver cura dei poveri.

La "grande stima" affermata dal Concilio mostra che l'autorità della Chiesa apprezza molto il dono offerto dai "fratelli" alla società cristiana nei secoli, e la cooperazione da loro prestata alla evangelizzazione e alla cura pastorale e sociale dei popoli. Oggi più che mai si può e si deve riconoscere il ruolo storico e la loro funzione ecclesiale di testimoni e ministri del Regno di Cristo.


5. Il Concilio dispone che gli istituti di fratelli possano beneficiare del ministero pastorale necessario allo sviluppo della loro vita religiosa. E questo il senso della dichiarazione con cui esso ha risolto un problema più volte discusso dentro e fuori di quei benemeriti Istituti, ossia che non vi è "alcun impedimento a che nelle comunità religiose di fratelli, pur rimanendo laicali, per disposizione del Capitolo generale alcuni membri ricevano gli Ordini sacri, allo scopo di provvedere nelle proprie case alle necessità del servizio sacerdotale" (PC 10). E una opportunità da valutare in ordine alla necessità dei tempi e dei luoghi, ma in armonia con la più antica tradizione degli Istituti monastici, che così può rifiorire. I1 Concilio riconosce questa possibilità e dichiara che non c'è impedimento alla sua attuazione: ma lascia alla suprema assise di governo di tali Istituti - il Capitolo Generale - di pronunciarsi, senza dare un esplicito incoraggiamento al riguardo, proprio perché ha a cuore la permanenza degli Istituti di "Fratelli", sulla linea della loro vocazione e missione.


6. Non posso concludere questo argomento senza sottolineare la ricca spiritualità adombrata dalla qualifica di "fratelli". Questi religiosi sono chiamati ad essere fratelli di Cristo, profondamente uniti a Lui, "primogenito fra molti fratelli" (Rm 8,29); fratelli fra di loro, nell'amore reciproco e nella cooperazione allo stesso servizio di bene nella Chiesa; fratelli di ogni uomo, nella testimonianza della carità di Cristo verso tutti, specialmente i più piccoli, i più bisognosi; fratelli per una più grande fratellanza nella Chiesa.

Purtroppo nei tempi recenti si rileva, in alcuni paesi, una diminuzione del numero delle vocazioni alla vita religiosa laicale, sia negli Istituti clericali che in quelli laicali. E necessario compiere un nuovo sforzo per favorire la ripresa di tali importanti e nobili vocazioni: un nuovo sforzo di promozione vocazionale, con un nuovo impegno di preghiera. La possibilità di una vita consacrata "laicale" deve essere esposta come via di autentica perfezione religiosa anche negli antichi e nei nuovi Istituti maschili.

Al tempo stesso è di grande importanza che negli Istituti clericali, dei quali fanno parte anche fratelli "laici", questi abbiano un ruolo adeguato, così da cooperare attivamente alla vita e all'apostolato dell'Istituto. Occorre poi incoraggiare gli Istituti laicali a perseverare nella via della loro vocazione, adattandosi allo sviluppo della società, ma conservando sempre e approfondendo lo spirito di dono totale a Cristo e alla Chiesa, che si esprime nel loro specifico carisma. Chiedo al Signore che un numero sempre crescente di fratelli possa arricchire la santità e la missione della Chiesa.

(Il Santo Padre ha così salutato un gruppo di pellegrini croati:] Saluto cordialmente tutti i cari pellegrini croati. In modo particolare rivolgo il mio saluto al gruppo di imprenditori croati che sono venuti a ringraziarmi per la mia visita pastorale, nel settembre scorso, a Zagabria, che ha messo in moto l'intera Croazia.

Nel mio cuore conservo i bellissimi ricordi di quelle indimenticabili ore trascorse con le care popolazioni croate. Prego Dio onnipotente che tale evento di grazia porti abbondanti frutti di progresso spirituale e materiale e di tanto agognata pace nella giustizia, non solo nella Croazia e nella Bosnia Erzegovina colpite dall'orribile flagello della guerra, ma pure nell'intera area del Sud Est d'Europa.

Ben volentieri imparto la Benedizione Apostolica a ciascuno di voi e alle vostre famiglie.

Siano lodati Gesù e Maria! (Ai pellegrini di lingua italiana:] Porgo un cordiale benvenuto a tutti i pellegrini di lingua italiana. In particolare, agli studenti del Seminario diocesano di Bologna, guidati dal Rettore, ed auguro che la visita a Roma rinnovi in loro l'entusiasmo di una generosa risposta alla chiamata del Signore. Saluto anche i numerosi alunni delle Scuole elementari delle Maestre Pie Filippini, venuti con i familiari da Spoleto e L'Aquila: il centenario di Santa Lucia Filippini infonda nuovo slancio in ciascuna comunità scolastica.

Sono lieto di accogliere gli Ufficiali dell'Accademia Aeronautica di Pozzuoli accompagnati dal Comandante e dal Cappellano, ed il folto gruppo del Sindacato Pensionati Coltivatori Diretti della Confederazione Generale dell'Agricoltura Italiana. Saluto poi i soci del Centro Sportivo Italiano provenienti da Molfetta, e approfitto dell'occasione per ricordare che lo sport, pure quando è agonistico, deve sempre mantenere il carattere di sano divertimento.

(Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli:] Ed ora un pensiero ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Oggi celebriamo la festa della Cattedra di San Pietro. Essa ricorda che l'unità della Chiesa poggia, per volontà di Cristo, sopra la roccia costituita dal principe degli Apostoli. E a Pietro che Gesù ha detto: "Tu sei Pietro e su questa pietra edifichero la mia Chiesa" (Mt 16,18).

Invito voi, cari giovani, ad essere ovunque apostoli di unità fondando la vostra vita sulla Parola di Dio. Voi, cari ammalati, offrite ai Signore le vostre sofferenze, tanto preziose per la causa del Vangelo e per l'unità dei cristiani. E voi, cari sposi novelli, costruite la vostra famiglia su una solida fede, perché, resistendo a tutte le prove dell'esistenza, perseveriate nella fedeltà a Cristo e cresciate nel suo amore.





Mercoledi 1 Marzo 1995: Inizia il tempo di Quaresima

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Roma, -


1. "Lasciatevi riconciliare con Dio" (
2Co 5,20).

Oggi, "Mercoledi delle Ceneri", inizia il tempo della Quaresima: un tempo di preghiera e di penitenza che ci accompagnerà per quaranta giorni fino alla celebrazione del Triduo pasquale. Entriamo, carissimi Fratelli e Sorelle, nel clima di orazione, di riflessione e di digiuno caratteristico di questa giornata penitenziale, come ci invita a fare l'odierna liturgia.

"Lasciatevi riconciliare con Dio". Uno dei richiami più pressanti che in questo giorno viene rivolto indistintamente a tutti i fedeli è proprio l'invito alla conversione ed alla riconciliazione. Le due formule liturgiche che accompagnano il Rito dell'imposizione delle ceneri esprimono proprio questo contenuto pur con parole diverse. La prima formula liturgica è: "Ricordati che sei polvere, e in polvere tornerai". Questa espressione si rifà al racconto del primo peccato dell'umanità, il peccato originale (cfr. Gn 3,19). L'uomo è in tal modo invitato a riconoscere la propria realtà di creatura mortale e la propria condizione di peccatore per affidarsi alla misericordia di Dio e, mediante il perdono divino, riacquistare o intensificare lo stato di grazia, cioè la comunione con la vita stessa di Dio.

La seconda formula liturgica del Rito delle Ceneri fa riferimento agli inizi della predicazione di Gesù: "Convertitevi e credete al Vangelo" (cfr. Mc 1,15). Si tratta di un pressante invito alla penitenza evangelica, cioè ad abbandonare le false sicurezze del mondo, a rinunciare alle scelte egoistiche, a liberarsi dalla tirannia del male e di uno squilibrato amore di sé, per accogliere la Buona Novella, la salvezza offerta da Dio ad ogni uomo in Cristo Gesù.


2. L'atteggiamento di penitenza e di conversione deve tradursi in gesti concreti di rinnovamento spirituale e di carità verso i fratelli. E quanto sottolinea una significativa esortazione del Concilio Vaticano II: "La penitenza del tempo quaresimale non sia soltanto interna e individuale, ma anche esterna e sociale. E la pratica penitenziale secondo la possibilità del nostro tempo e delle diverse regioni nonché secondo le condizioni dei fedeli, sia favorita e... raccomandata" (SC 110).

Segno di penitenza caratteristico del Mercoledi delle Ceneri è la tradizionale pratica dell'astinenza e del digiuno. Astenersi dal mangiare o, comunque, sottoporsi ad una disciplina restrittiva risponde a diversi bisogni dell'esistenza umana e, conseguentemente, assume significati che toccano sia la vita fisica sia l'esperienza spirituale dell'uomo. E in gioco innanzitutto la tutela della salute fisica: una sana alimentazione prevede infatti la periodica rinuncia a certi tipi di alimenti, oltre che opportune pause tra un pasto e l'altro. Ciò serve inoltre a ristabilire il necessario autocontrollo verso l'impulso della gola. Non è poi da sottovalutare la possibilità che una tale disciplina offre di praticare la solidarietà verso quanti si trovano nel bisogno.

Infine astinenza e digiuno ricordano i limiti di ogni nutrimento naturale e indicano la necessità della ricerca di un nutrimento spirituale, secondo la parola della Scrittura: "Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" (Mt 4,4).


3. Al digiuno esteriore deve dunque unirsi l'ascolto della Parola di Dio e l'impegno della preghiera. Nella liturgia di questa giornata viene ripetutamente proclamato l'invito del Signore: "Ritornate a me con tutto il cuore" (Jl 2,12; cfr. Prima Lettura). Questo invito risuonerà lungo tutto il tempo quaresimale. In esso i fedeli sono chiamati a sostare in meditazione ed in preghiera, facendo spazio alla Parola di Dio nella loro esistenza, troppo spesso condotta in modo frenetico e riempita di realtà limitate o passeggere. E necessario che l'attenzione alla Sacra Scrittura si realizzi sempre più anche attraverso le molteplici occasioni che il tempo quaresimale offre nella partecipazione alla liturgia domenicale e quotidiana, negli incontri comunitari o nella meditazione personale.

Se in ogni periodo dell'anno la preghiera costituisce il cuore dell'esistenza cristiana e l'espressione più genuina della vita di fede, ciò vale a maggior ragione durante la Quaresima. La preghiera dovrà assumere in questo periodo una tipica accentuazione penitenziale. Essa si esprimerà specialmente nella richiesta del perdono divino per i peccati personali e comunitari, per il perdurare delle situazioni di ingiustizia e di violenza nel mondo, come pure per i conflitti e le guerre che ancora oggi minacciano intere popolazioni. La preghiera quaresimale è la forza più potente per vincere il male che cova nel cuore degli uomini, perché si fonda sulla stessa potenza redentrice di Dio, rivelata e comunicata agli uomini nella Croce di Cristo.


4. Elemento caratteristico del Mercoledi delle Ceneri e del tempo quaresimale è infine, l'esercizio delle opere di carità. Nel Messaggio che ho inviato per la Quaresima di quest'anno ho indicato la piaga dell'analfabetismo come campo privilegiato per l'esercizio delle opere di carità. Si tratta di un ambito particolarmente urgente nel nostro tempo; in esso infatti, accanto alla povertà materiale, continua a manifestarsi la povertà culturale, che condanna l'uomo all'ignoranza dei suoi stessi diritti e doveri (cfr. n. 1).

La Quaresima di quest'anno riveste inoltre una caratteristica del tutto speciale e propone ai credenti l'impegno di vivere questi quaranta giorni con singolare intensità. Essa rientra infatti nella prima fase di preparazione al grande Giubileo del 2000. Il periodo di preghiera e di penitenza che ci condurrà alla prossima Pasqua fa parte del pluriennale itinerario di preparazione al grande incontro con l'amore misericordioso di Dio che ci attende all'inizio del terzo millennio cristiano. Maria, che segui il proprio Figlio quale fedele discepola fin sotto la croce, ci accompagni e ci sostenga con la sua materna intercessione nel nostro cammino penitenziale, in unione con i fedeli dell'intera comunità ecclesiale, diffusa in ogni angolo della terra.

(Ai pellegrini di lingua italiana:] Rivolgo un saluto cordiale a tutti i pellegrini di lingua italiana, in special modo al Presidente e al Comitato Direttivo del Premio Internazionale "Foyer des Artistes" ed alle Personalità premiate nella presente edizione.

Ringrazio, in particolare, per il riconoscimento riservato al Papa per il Suo impegno a favore della famiglia.

Saluto poi il numeroso gruppo di aderenti al Sindacato Nazionale Pensionati Coltivatori Diretti, che esorto a custodire il patrimonio di valori umani e cristiani di cui è ricca la cultura contadina italiana.

(Ai giovani, ai malati e agli sposi novelli:] Carissimi giovani, malati e sposi novelli, oggi inizia la Quaresima, tempo privilegiato di conversione e di penitenza per il nostro spirito.

Vorrei chiedere a voi, giovani, di intensificare durante questo periodo la preghiera, la meditazione della parola di Dio e il servizio ai fratelli. A voi, malati, vorrei domandare di percorrere, in rinnovata comunione con il Redentore sofferente, la via verso la celebrazione pasquale della passione, della morte e della risurrezione di Cristo. A voi, sposi novelli, rivolgo l'invito a tener sempre presenti le verità eterne della fede, affinché esse ispirino l'intero arco della vostra esistenza coniugale.

A tutti la mia Benedizione Apostolica.





Catechesi 79-2005 8295