Catechesi 79-2005 30595

Mercoledi 3 Maggio 1995: Missione e missioni

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Roma -


1. Nel linguaggio tradizionale si parla delle "missioni", al plurale, e dei "missionari" che vi operano per un mandato specifico. E un modo di esprimersi che non contraddice l'unità della "missione" della Chiesa, esso manifesta anzi con maggiore intensità questo fondamentale impegno di evangelizzazione. I missionari non solo non mettono in ombra il principio che tutta la Chiesa è missionaria ma, al contrario, lo realizzano in prima persona.

Che cosa sono le missioni? Secondo il Concilio, si tratta delle "iniziative principali, con cui i divulgatori del Vangelo, andando nel mondo intero, svolgono il compito di predicare il Vangelo e di fondare la Chiesa in mezzo ai popoli e ai gruppi che ancora non credono in Cristo" (Decreto
AGD 6). Nell'Enciclica Redemptoris Missio è precisato che esse vengono aperte nei territori in cui la Chiesa "non ha ancora messo radici" e presso i popoli "la cui cultura non è stata ancora influenzata dal Vangelo" (RMi 34).


2. Possiamo precisare che queste attività mirano alla edificazione della Chiesa locale. Non soltanto contribuiscono a stabilire delle strutture e una gerarchia ecclesiale, bensi collaborano a formare delle comunità di vita cristiana mediante l'annuncio della Parola di Dio e l'amministrazione dei Sacramenti. Già San Tommaso d'Aquino parlava di questa impiantazione della Chiesa come munus apostolico (cfr. I Sent., D. 16, q.1, a.2, ad 2 e 4; a.3; I 43,7, ad 6; I-II 106,4, ad 4). Concetto che appartiene ad una salda tradizione ecclesiologica, è stato approfondito dai Pontefici del nostro secolo in diversi documenti, ripresi dal Concilio Vaticano II (cfr. AGD 34). Sia i miei venerati Predecessori sia San Tommaso usano anche l'altra espressione: dilatatio Ecclesiae, cioè la dilazione, l'allargamento della Chiesa (cfr. S. Tommaso, Comm. in Matth. 16,28). Il Concilio spiega che "il mezzo principale per questa impiantazione (e dilatazione) è la predicazione del Vangelo di Gesù Cristo... Dal seme della parola di Dio si sviluppano le Chiese autoctone particolari...", nel corpo dell'unica Chiesa nella quale gli uomini "vengono aggregati mediante il battesimo e ricevono nutrimento e vita dalla parola di Dio e dal pane eucaristico" (AGD 6) (cfr. Ac 2,42 1P 1,23).

Sono Chiese che, "ricche di una forza propria e di una propria maturità", dotate di una gerarchia propria, dispongono dei mezzi appropriati per la vita cristiana dei propri membri e possono contribuire al bene di tutta la Chiesa (cfr. Ibidem AGD 6).

Questo è l'ideale da perseguire nell'attività missionaria: la fondazione di una Chiesa che da se stessa provveda ai suoi Pastori e a tutte le necessità della vita di fede, rimanendo in comunione con le altre Chiese particolari e con la Sede di Pietro.


3. Si possono distinguere alcune tappe dell'attività missionaria (cfr. AGD 6): l'"inizio o fondazione", con una predicazione del Vangelo tesa a condurre gli uomini al battesimo; ad essa segue il "nuovo sviluppo o periodo giovanile", con l'educazione nella fede e nel modo di vita, con la formazione della comunità locale, con la nascita e lo sviluppo delle vocazioni sacerdotali e religiose.

Attraverso questi momenti formativi viene fornita una struttura ministeriale alla comunità aiutandola a svilupparsi in un'ottica di apertura e di cooperazione missionaria.

Sull'attività missionaria e sul valore delle missioni non sono purtroppo mancate, anche in tempi recenti, delle incomprensioni. Partendo dal legame che, a causa di motivi storici contingenti, per un certo periodo si instauro fra l'attività missionaria e la colonizzazione politica, si è voluto dedurre che la graduale scomparsa del fenomeno storico delle colonie dovesse avere come conseguenza la parallela scomparsa delle missioni.

A tali incertezze si è aggiunta la considerazione che nelle Chiese di antica evangelizzazione, da cui provenivano molti missionari operanti nei "paesi di missione", è cresciuta sempre più la coscienza che anche il loro territorio stia diventando "terra di missione" e necessiti di una "nuova evangelizzazione".

Così si è presentato il problema di una scelta da fare tra le missioni in paesi non ancora evangelizzati e i compiti urgenti di apostolato nei paesi di antica cristianità.


4. La questione non può risolversi con la scelta della seconda alternativa, presa in assoluto, a scapito della prima. E vero che "nei paesi di antica cristianità" la necessità di una nuova evangelizzazione si fa sentire, là "dove interi gruppi di battezzati hanno perduto il senso vivo della fede, o addirittura non si riconoscono più come membri della Chiesa, conducendo un'esistenza lontano da Cristo e dal suo Vangelo" (RMi 33). Nondimeno l'attività missionaria specifica rimane irrinunciabile e va svolta nei territori in cui la Chiesa non è ancora fondata, o in cui il numero dei cristiani è molto esiguo. Occorre che il messaggio evangelico sia portato alla conoscenza di tutti e le stesse comunità di cristiani, pur fiorenti ed esemplari, devono essere in grado di esercitare un influsso benefico sui costumi e sulle istituzioni, mediante un dialogo proficuo con gli altri gruppi e le altre comunità.

Come ho fatto osservare nell'Enciclica citata, "il numero di coloro che ignorano Cristo, e non fanno parte della Chiesa, è in continuo aumento, anzi dalla fine del Concilio è quasi raddoppiato" (RMi 3). Ciò dipende dal fatto che sulla linea di sviluppo della popolazione mondiale, la proporzione quantitativa dei non-cristiani è notevolmente cresciuta per note ragioni demografiche e per una maggiore stabilità nella conservazione di elementi religiosi quasi connaturati alle culture.


5. Riguardo poi al rapporto fra attività missionaria e politica colonizzatrice di alcuni paesi, occorre analizzare con serenità e limpidezza di sguardo i dati di fatto, dai quali risulta che, se in qualche caso la coincidenza può aver portato a comportamenti riprovevoli da parte di missionari nel riferimento alle nazioni d'origine o nella collaborazione con i poteri locali, da cui peraltro non era sempre facile prescindere, tuttavia l'attività evangelizzatrice considerata nel suo insieme si è sempre distinta per uno scopo ben diverso da quello delle potenze terrene: promuovere la dignità personale degli uomini evangelizzati, facendoli accedere alla filiazione divina procurata a ogni uomo da Cristo e comunicata ai fedeli nel battesimo. Di fatto, ciò ha favorito in generale il progresso di quei popoli verso la libertà e il loro sviluppo anche sul piano economico-sociale. I missionari agivano per la stima che avevano verso uomini in quanto persone amate da Dio e redente da Gesù Cristo.

Oggi come ieri la loro attività presso popoli o gruppi nei quali la Chiesa non è ancora presente e operante non risponde a mire di umano potere ed interesse, né è ispirata dall'orgoglio di una superiorità culturale e sociale.

Vuole bensi essere - ed è in realtà - un umile servizio di amore verso coloro che non hanno ancora ricevuto la luce e la vita di Cristo nell'ambito della Chiesa (Ecclesia), da lui voluta e fondata per la salvezza del mondo intero.

Il Concilio riconosce anche che ci sono delle situazioni in cui l'attività missionaria deve limitarsi a una presenza discreta, perché essa non può svilupparsi in strutture visibilmente organizzate ed operanti (cfr. AGD 6). Forse proprio in simili casi i missionari rappresentano ancora più chiaramente la Chiesa, fondata da Cristo per predicare il Vangelo e per costituire dappertutto comunità di salvezza. Essa è infatti sempre ben consapevole del mistero della Croce, che comporta, a volte, come è ampiamente illustrato dalla storia, l'attesa silenziosa e fidente della luce della Pasqua.

(Ai giovani, agli ammalati e alle coppie di sposi novelli:] Saluto inoltre i giovani, i malati e gli sposi novelli, e li invito a rinnovare, in questo mese di maggio da poco iniziato, la loro devozione alla Madonna.

A voi giovani auguro di conoscere più profondamente Maria, di entrare in intimità con lei, per accoglierla come Madre spirituale e modello di fedeltà a Cristo. Affido voi, malati, alla "Salus infirmorum": la sua vicinanza vi aiuterà a vivere con paziente amore anche le ore difficili dell'esistenza. Voi, sposi novelli, imparate dalla Vergine di Nazareth lo stile della famiglia cristiana, improntato ad amore sincero e ad umile docilità alla parola di Dio.







Mercoledi 10 Maggio 1995: Finalità dell'attività missionaria

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Piazza San Pietro -


1. Continuiamo la riflessione avviata nella precedente catechesi riguardo alle obiezioni e ai dubbi circa il valore dell'attività missionaria, e in particolare circa la sua finalità evangelizzatrice.

Non è mancato chi ha voluto interpretare l'azione missionaria come un tentativo di imporre ad altri le proprie convinzioni e scelte, in contrasto con un certo spirito moderno che vanta come una conquista definitiva l'assoluta libertà di pensiero e di coscienza personale.

Secondo tale prospettiva l'attività evangelizzatrice dovrebbe essere sostituita da un dialogo interreligioso, che consisterebbe in uno scambio di opinioni e di informazioni, con cui ognuna delle parti fa conoscere il proprio "credo" e si arricchisce del pensiero altrui, senza nessuna preoccupazione di giungere a delle conclusioni. Ciò dovrebbe comportare - si dice - da parte dei cristiani la rinuncia a indirizzare i non-cristiani sulla via del Vangelo, l'astensione dal proporre o favorire la conversione, l'esclusione della prospettiva del battesimo. così verrebbe rispettata la via di salvezza seguita da ciascuno secondo la propria educazione e tradizione religiosa (cfr.
RMi 4).


2. Ma una simile concezione appare inconciliabile col mandato di Cristo agli Apostoli (cfr. Mt 28,19-20 Mc 16,15), trasmesso alla Chiesa, e con l'autentica ecclesiologia a cui si è richiamato il Concilio Vaticano II per mostrare l'indubbia necessità dell'attività missionaria. Si tratta di alcune verità fondamentali: Dio vuole la salvezza di tutti; Gesù Cristo è il "solo mediatore", il quale "ha dato se stesso in riscatto per tutti" (1Tm 2,4-5), sicché "non esiste in nessun altro la salvezza" (Ac 4,12); è perciò necessario "che tutti a lui si volgano, dopo averlo conosciuto attraverso la predicazione della Chiesa, e a lui e alla Chiesa, suo corpo, aderiscano vitalmente attraverso il battesimo" (AGD 7).

Il Concilio fa riferimento alle parole di Gesù Cristo sull'irrinunciabile impegno missionario affidato agli Apostoli. Egli, inculcando espressamente la necessità della fede e del battesimo (cfr. Mc 16,16 Jn 3,5), ha nello stesso tempo confermato il ruolo della Chiesa, nella quale è necessario entrare e perseverare se si vuole essere salvi (cfr. AGD 7). Questa necessità della fede accolta mediante la predicazione della Chiesa, in ordine alla salvezza, non è soltanto una deduzione teologica, ma è dottrina rivelata dal Signore. Da essa deriva l'urgenza dell'azione missionaria per la predicazione del Vangelo e il conferimento del battesimo, che assicura l'ingresso nella comunione della Chiesa.

Questa tradizionale dottrina della Chiesa svela l'inconsistenza e la superficialità di un atteggiamento relativista ed irenista, circa la via della salvezza in una religione diversa da quella fondata sulla fede in Cristo.


3. Senza dubbio si deve credere all'esistenza di vie segrete del disegno divino di salvezza per coloro che senza colpa non possono entrare nella Chiesa; tuttavia non si può, in nome di queste vie, rallentare o abbandonare l'attività missionaria. A questo proposito osserva il Concilio: "Benché Dio, attraverso vie che lui solo conosce, possa portare gli uomini, che senza loro colpa ignorano il Vangelo, a quella fede senza la quale è impossibile piacergli (He 11,6), è tuttavia compito imprescindibile della Chiesa, e nello stesso tempo suo sacrosanto diritto, diffondere il Vangelo, sicché l'attività missionaria conserva in pieno - oggi e sempre - la sua validità e necessità" (AGD 7).


4. Della "validità e necessità" dell'azione missionaria il Concilio spiega anzitutto le ragioni ecclesiologiche, riguardanti la vita interna della Chiesa.

"Grazie all'attività missionaria il corpo mistico raccoglie e dirige ininterrottamente le sue forze per promuovere il proprio sviluppo (cfr. Ep 4,11-16)". I membri della Chiesa, "animati dalla carità, condividono con tutti gli uomini i beni spirituali della vita presente e della futura". Dio viene glorificato perché grazie a quella attività "gli uomini accolgono in forma consapevole e completa l'opera salvatrice compiuta nel Cristo". Si realizza così il piano di Dio a cui si è consacrato Cristo, cioè "la costituzione di tutto il genere umano nell'unico popolo di Dio la sua riunione nell'unico Corpo di Cristo, la sua edificazione nell'unico tempio dello Spirito Santo" (AGD 7).

L'attività missionaria risponde pienamente al disegno del Creatore, messo in luce dalla tradizione patristica alla quale fa riferimento il Concilio Vaticano II. Esso si attuerà "quando tutti quelli che sono partecipi della natura umana, rigenerati in Cristo per mezzo dello Spirito Santo, potranno dire, volgendo concordi lo sguardo alla gloria di Dio: "Padre nostro"". Ma, nello stesso tempo, l'evangelizzazione "risponde all'intimo desiderio di tutti gli uomini" (AGD 7), che sono più o meno consapevolmente, e - si potrebbe dire - quasi istintivamente, dei cercatori di Dio, di concordia fraterna, di pace, di vita eterna. L'attività missionaria mira precisamente a tutto questo.


5. Tra le aspirazioni fondamentali dell'uomo, su cui l'attività missionaria della Chiesa porta la luce della rivelazione di Cristo, vi è la conoscenza della verità riguardo a se stesso e al proprio destino. Afferma il Concilio: "Per il fatto stesso che annuncia loro il Cristo, la Chiesa rivela agli uomini in maniera genuina la verità intorno alla loro condizione e alla loro integrale vocazione, poiché è Cristo il principio e l'esemplare dell'umanità nuova, di quella umanità permeata di amore fraterno, di sincerità, di spirito di pace, che tutti vivamente desiderano. Cristo e la Chiesa, che a lui con la sua predicazione evangelica rende testimonianza, superano i particolarismi di razza e di nazionalità, sicché a nessuno e in nessun luogo possono apparire estranei" (AGD 8).

Occorre a questo punto ripetere quanto abbiamo fatto notare più volte: la verità del Vangelo non è legata a una particolare nazione o cultura; è la verità di Cristo che illumina ogni uomo senza distinzione di tradizioni o di razze. Per tale ragione è necessario che sia annunciata all'intera umanità: "Il Cristo è la verità e la vita, che la predicazione evangelica a tutti svela" (AGD 8).


6. Possiamo concludere l'odierna riflessione confermando anche per il nostro tempo la piena validità delle missioni e dell'attività missionaria, come eccellente concretizzazione della missione della Chiesa di predicare il Cristo Verbo incarnato, Redentore dell'uomo. Infatti, mediante l'azione missionaria, la Chiesa applica il potere salvifico del Signore Gesù al bene integrale dell'uomo, in attesa e in preparazione della sua nuova venuta nel mondo, nella pienezza escatologica del Regno di Dio. Dei missionari si può ripetere ancora oggi quello che si afferma di Paolo, venuto a Roma come missionario: "Dal mattino alla sera espose loro accuratamente, rendendo la sua testimonianza, il Regno di Dio, cercando di convincerli riguardo a Gesù" (Ac 28,23). Nel brano degli Atti degli Apostoli si tratta di un incontro con i fratelli della comunità ebraica di Roma.

In quell'occasione "gli uni si lasciavano persuadere, gli altri erano increduli" (Ac 28,24). L'Apostolo pero prese in modo definitivo la sua grande risoluzione: "Sia dunque noto a voi che questa salvezza di Dio viene ora rivolta ai pagani, ed essi l'ascolteranno!" (Ac 28,28).

Possiamo dire che quel giorno comincio a Roma, nella casa presa in affitto da Paolo, una nuova tappa dello sviluppo della storia del cristianesimo: storia di fede, di civiltà e di valori evangelici, sempre ricca e feconda per il bene dell'umanità.

(Il Santo Padre si è poi rivolto ad un gruppo di veterani russi:] In questi giorni il mondo celebra il cinquantesimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale, ed io sono particolarmente contento di salutare oggi un gruppo di veterani russi testimoni di quei tragici avvenimenti nella storia della civiltà moderna.

Il Signore ci conceda di evitare nel futuro simili conflitti e di farci costruttori di pace, portatori di solidarietà e amore fraterno.

Il Signore vi benedica! Cristo è risorto! (Ai giovani, ai malati e agli sposi novelli:] Mi rivolgo ora ai malati, agli sposi novelli e ai giovani presenti, salutando in particolare i ragazzi dell'Istituto "Santa Gemma Galgani" di San Benedetto del Tronto.

A voi, giovani, auguro di essere costruttori di pace e difensori della vita umana; a voi, ammalati, di custodire in Cristo la speranza che illumina il senso della quotidiana esistenza; e a voi, sposi novelli, di formare una cellula viva della civiltà dell'amore.

Tutti affido a Maria, nel mese a lei dedicato.




Mercoledi 17 Maggio 1995: L'attività missionaria nel nostro tempo

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Piazza San Pietro -



1. In una delle precedenti catechesi dedicate al tema della missione abbiamo già accennato alla vastità dell'opera evangelizzatrice, a cui oggi è chiamata la Chiesa, ed alle difficoltà che essa incontra. In modo particolare, dobbiamo ancora una volta ricordare che il fattore demografico ha causato una notevole sproporzione numerica tra cristiani e non-cristiani, dinanzi alla quale non si può non sentire l'umana scarsità e debolezza delle nostre risorse. Inoltre, la complessità delle relazioni sociali, anche a livello internazionale e intercontinentale, e la diffusione della cultura, mediante la scuola ed ogni mezzo di comunicazione sociale, pongono problemi inediti all'attività missionaria, che non può più contare sulle tradizioni omogenee e fondamentalmente religiose dei popoli.

Né deve suscitare nei fedeli facili illusioni "il moltiplicarsi delle giovani Chiese nei tempi recenti". Permangono infatti "vaste zone non evangelizzate" (
RMi 37). E nelle stesse popolazioni che hanno ricevuto la fede cristiana, s'impone una nuova evangelizzazione, più profonda ed attenta a nuovi bisogni e richieste. Anzi, "non solo una nuova evangelizzazione, ma in certi casi una prima evangelizzazione" (Ibedem).


2. così ho scritto nell'Enciclica Redemptoris Missio, sottolineando che "la missione ad gentes ha davanti a sé un compito immane che non è per nulla in via di estinzione. Essa, anzi, sia dal punto di vista numerico per l'aumento demografico, sia dal punto di vista socio-culturale, per il sorgere di nuove relazioni e contatti e il variare delle situazioni, sembra destinata ad avere orizzonti ancora più vasti" (RMi 35).

In alcuni Paesi l'evangelizzazione incontra "ostacoli... di natura culturale: la trasmissione del messaggio evangelico appare irrilevante o incomprensibile, e la conversione è vista come l'abbandono del proprio popolo e della propria cultura" (Ibidem RMi 35). In questi casi il passaggio al cristianesimo può persino provocare persecuzioni, che denotano intolleranza e contrastano con i fondamentali diritti dell'uomo alla libertà di pensiero e di culto. Si verifica in tali casi una specie di chiusura culturale, che costituisce, appunto, un ostacolo all'evangelizzazione, ma anche, in se stessa, una deplorevole carenza di dialogo e di apertura ad un reale arricchimento spirituale, intellettuale e morale.


3. Nell'Enciclica sulla missione ammettevo che a volte le difficoltà nell'attività missionaria "sembrano insormontabili e potrebbero scoraggiare, se si trattasse di un'opera soltanto umana" (Ibidem RMi 35). Sugli elementi umani di quest'opera, pero, non possiamo chiudere gli occhi. Carenze e deficienze sono reali, e non ho mancato di segnalarle (cfr. ivi, 36). Esse sono principalmente: un certo calo di fervore nell'attività missionaria; la triste esperienza delle divisioni passate e ancora presenti fra i cristiani; la diminuzione delle vocazioni; le contro-testimonianze di quanti non sono fedeli alle promesse e agli impegni missionari; la mentalità indifferentista improntata al relativismo religioso, che fa pensare e dire a molti nostri contemporanei che "una religione vale l'altra".

Ma simili difficoltà ci aiutano a meglio comprendere la sfida che l'impegno missionario deve affrontare, oggi più che mai. Possiamo ricordare che, fin dall'inizio, la missione della Chiesa è stata costantemente una sfida: come poteva quel piccolo gruppo di seguaci di Cristo impegnarsi nell'opera di evangelizzazione universale da Lui richiesta? Come poteva quel gruppetto di pescatori di Galilea "ammaestrare tutte le nazioni"? Gesù si rendeva ben conto delle difficoltà che gli Apostoli avrebbero incontrato; per questo ci ha offerto la sua stessa garanzia: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).

Essi credettero in Lui, nella sua presenza e nella sua potenza, per la vita e per la morte. La Chiesa primitiva si nutri della stessa fede. La Chiesa di oggi, pur consapevole della pochezza delle forze umane, reagisce alle difficoltà dell'evangelizzazione con l'umiltà e la fiducia dei credenti delle origini e di sempre. Essa ravviva la sua fede nella presenza onnipotente di Cristo.


4. Fa parte di questa fede la certezza che i doni dello Spirito Santo non mancano mai di rinnovare lo slancio missionario dei credenti, per superare le divisioni con l'unità della carità, per favorire l'aumento e il fervore delle vocazioni missionarie, per rafforzare la testimonianza proveniente dalla convinzione ed evitare ogni scoraggiamento. La Chiesa sente di poter ripetere, senza iattanza, con l'apostolo Paolo: omnia possum in eo qui me confortat, "tutto posso in Colui che mi dà forza" (Ph 4,13).

Con questo "conforto" di Cristo, i missionari affrontano i problemi posti all'attività missionaria dalle nuove condizioni socio-culturali del mondo.

Se la recente evoluzione demografica a livello mondiale fa si che larga parte della popolazione si concentri sempre più nelle metropoli e l'attività missionaria non si svolga più "soprattutto in regioni isolate, lontane dai centri civilizzati", la Chiesa non esita a riconoscere che "luoghi privilegiati dovrebbero essere oggi le grandi città, dove sorgono nuovi costumi e modelli di vita, nuove forme di cultura e comunicazione", pur non dovendosi trascurare "i gruppi umani più marginali e isolati" (RMi 37).


5. Gli strumenti per l'annuncio del Vangelo devono essere riesaminati, e si devono impiegare sempre meglio i mezzi di comunicazione sociale. "Il primo areopago del tempo moderno è il mondo della comunicazione, che sta unificando l'umanità rendendola - come si suol dire - "un villaggio globale". I mezzi di comunicazione sociale hanno raggiunto una tale importanza da essere per molti il principale strumento informativo e formativo, di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari, sociali" (Ibidem RMi 37). Finora questi mezzi non sono stati sufficientemente adoperati, mentre è nota a tutti la potenza che essi posseggono e che può servire per ampliare l'estensione dell'annuncio.

E pure noto che i mass-media contribuiscono allo sviluppo di una cultura nuova. Ebbene, in questa cultura la Chiesa ha il compito di seminare lo spirito del Vangelo. "L'impegno nei mass-media, tuttavia, non ha solo lo scopo di moltiplicare l'annunzio: si tratta di un fatto più profondo, perché l'evangelizzazione stessa della cultura moderna dipende in gran parte dal loro influsso. Non basta, quindi, usarli per diffondere il messaggio cristiano e il magistero della Chiesa, ma occorre integrare il messaggio stesso in questa "nuova cultura" creata dalla comunicazione moderna" (Ibidem RMi 37). Occorre pertanto impegnarsi a far si che gli strumenti di comunicazione sociale, nelle mani dei nuovi apostoli, diventino preziosi strumenti di evangelizzazione: specialmente la radio e la televisione, per l'enorme influsso che esercitano sulle masse. In questo campo i laici sono chiamati ad un ruolo di grande importanza, che suppone in essi seria competenza professionale e autentico spirito di fede.

Con l'aiuto divino, anche oggi la Chiesa deve impegnarsi, sulle orme di San Paolo, per introdurre il fermento evangelico nelle culture in continua evoluzione. Sono anch'esse campi di Dio, nei quali bisogna seminare e coltivare il Vangelo, come buoni agricoltori, fidando in modo irremovibile in Colui che dà la forza.

(Ad un gruppo di pellegrini giunti dalla Croazia e da Sarajevo il Papa ha detto:] Carissimi, il perdurare della guerra in Bosnia Erzegovina e in Croazia, di cui avete personalmente sperimentato gli orrori, richiede la preghiera più ardente e perseverante. La Vergine Santissima, alla quale è dedicato questo mese, dal Suo Figlio, Redentore dell'uomo, ottenga per le martoriate popolazioni il grande dono della pace nella giustizia, il ritorno dei profughi ed esuli alle loro case, e la consolazione per i feriti e per quanti piangono i loro cari.

(Ai fedeli italiani e in particolare ai giovani ai malati e agli sposi novelli il Santo Padre ha detto:] Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare al gruppo di miei coetanei friulani accompagnati dal Vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, Mons. Domenico Pecile. Grazie, carissimi, per i vostri doni, che ricambio con una preghiera per voi e per i vostri cari.

Saluto i fedeli di Pontestura in modo speciale gli alpini, e con loro abbraccio Mons. Aldo Mongiano, Vescovo di Roraima in Brasile, e i suoi due fratelli, come lui Missionari della Consolata. Possano germogliare nella vostra Comunità nuove vocazioni missionarie! Sono poi lieto di accogliere i componenti l'Associazione "Camminando per mano" di Pavullo nel Frignano (Modena), ai quali esprimo apprezzamento per il Soggiorno per Anziani che stanno realizzando. Saluto anche i soci del Lions Club Modena Host e i Dirigenti della New Holland Fiat di Modena, che hanno offerto il trattore agricolo da me poc'anzi benedetto e destinato ad una missione in Eritrea.

Un pensiero va inoltre ai militari del Comando e del Reggimento Trasmissioni di San Giorgio a Cremano, con i loro familiari; come pure ai membri della Comunità; "Betania" di Marore di Parma, che incoraggio a proseguire con impegno solidale il loro cammino di responsabilità. Un saluto infine ai ragazzi della regione di Chernobyl, ospiti della parrocchia di San Nicola e San Sisto in Bellegra (Roma).

Mi rivolgo ora ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli. Cari giovani, siate semplici e puri di cuore portando un raggio di gioia dove c'è tristezza e solitudine; a voi cari malati, auguro di vivere con grande fede la vostra sofferenza offrendola al Padre per la salvezza dei fratelli; e voi, sposi novelli, siate fedeli ministri dell'amore e della vita.



Mercoledi 24 Maggio 1995: Le tappe del pellegrinaggio appena concluso nella Repubblica Ceca e in Polonia

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Roma -


Attraverso la storica Porta di Moravia verso il Grande Giubileo del 2000

1. Quest'oggi desidero dedicare la consueta catechesi del mercoledi alla Visita pastorale che ho effettuato dal 20 al 22 maggio a Praga e ad Olomouc nella Repubblica Ceca, e a Skoczow, Bielsko-BiaLa e Z\ywiec in Polonia. Come si vede, mi sono soffermato in Boemia e Moravia e l'ultima città da cui sono ripartito per Roma è stata Ostrava in Moravia. Penso che si comprende l'importanza di questo viaggio alla luce del documento "Tertio millennio adveniente".

La Chiesa ritorna alle diverse vie per le quali Cristo è entrato nella vita della famiglia umana Mentre si prepara al Giubileo dell'Anno 2000, la Chiesa ritorna in un certo senso alle diverse vie per le quali Cristo è entrato nella vita della grande famiglia umana, nei vari continenti e nei singoli paesi. Una di queste vie per l'Europa Centrale passa in modo particolare per la cosiddetta Porta di Moravia.

Qui il cristianesimo è arrivato assai presto, mettendo le radici nel nono secolo tra gli Slavi del regno della grande Moravia. Fu proprio il principe di quello Stato ad invitare i santi Cirillo e Metodio, che provenivano da Bisanzio, ad evangelizzare il suo popolo. Tale evangelizzazione ha recato frutti prima di tutto nel territorio in cui si è svolta la visita papale. Centro della visita, che mi fu dato di effettuare nel 1990 dopo la caduta del regime comunista, fu la città di Velehrad in Moravia, nel territorio dell'attuale Arcidiocesi di Olomouc.

Il nome di Porta di Moravia è molto suggestivo. Ci ricorda prima di tutto che il Cristo, di cui parla il Vangelo, è la porta delle pecore (cfr.
Jn 10,7). Nello stesso tempo indica una determinata realtà storica e geografica. Le vaste pianure della Moravia costituivano, dal punto di vista geografico, un territorio fertile per lo sviluppo della civiltà umana dal Sud verso il Nord. Da li il cristianesimo arrivo in Polonia, secondo la tradizione, già nel nono secolo, raggiungendo il territorio meridionale nelle vicinanze di Krakow e, secondo i dati storici, nel secolo decimo a Gniezno e Poznan-Gniezno, che era allora la capitale dello stato di Piast in fase di organizzazione.

La canonizzazione di Jan Sarkander e di Zdislava motivo principale della visita


2. Avendo ben in mente tali riferimenti storici, vorrei dire che il motivo principale della visita è stato la canonizzazione dei Beati Jan Sarkander e Zdislava. Zdislava è legata alla storia della Chiesa in Boemia e Jan Sarkander alla storia della Chiesa in Moravia. Zdislava era sposa e madre di famiglia, terziaria dell'Ordine domenicano. Il suo nome è conosciuto e spesso dato in occasione del battesimo tanto ai bambini quanto alle bambine. Si tratta di un personaggio che dal tredicesimo secolo vive nella memoria della Chiesa non soltanto in Boemia, ma in Polonia e nei Paesi vicini.

Domenica 21 maggio, è stata elevata agli onori degli altari insieme a Jan Sarkander, la cui vita è legata prima di tutto a Olomouc, in Moravia.

Sarkander nacque a Skoczow nella Slesia di Cieszyn. E' per questa ragione che la visita papale ha incluso anche il luogo della sua nascita, situato in Polonia. Jan Sarkander era parroco nel periodo in cui il cristianesimo si trovo a vivere il dramma della Riforma. Fu arrestato perché rimase fedele alla Chiesa cattolica, e venne sottoposto ad atroci torture dai governanti di Olomouc che erano protestanti. Il principio "cuius regio eius religio" autorizzava allora quanti detenevano il potere - protestanti o cattolici - ad imporre la loro appartenenza religiosa ai rispettivi sudditi. Nel nome di tale principio furono compiute in Boemia e in Moravia tante violenze da parte sia cattolica che protestante. Jan Sarkander è soltanto una delle tante vittime di questa situazione.

I segni della Provvidenza divina mostrano che egli raggiunse una santità eroica; era pertanto giusto che fosse elevato agli onori degli altari. Il desiderio poi della Chiesa in Boemia e in Moravia era che questa canonizzazione avesse luogo proprio a Olomouc. Ho aderito alla proposta, perché vi ho visto l'opportunità provvidenziale di esprimere, in un luogo particolarmente significativo, una valutazione critica nei confronti delle guerre di religione che tante vittime hanno provocato sia tra i cattolici che tra i protestanti. Auspico che tale evento costituisca per tutti un forte stimolo ad impegnarsi perché mai più abbiano a verificarsi simili peccati contro il comandamento cristiano dell'amore.

Presso il Santuario di Svaty Kopecek uno degli incontri più belli ed originali con i giovani Nel pomeriggio del medesimo giorno della canonizzazione, si è svolto, dinanzi al Santuario mariano di Svaty Kopecek, l'incontro con la gioventù, che vorrei definire senz'altro come uno degli incontri più belli ed originali che io abbia avuto con i giovani. In quella occasione ho voluto "consegnare" ai giovani la preghiera del Signore, il "Padre nostro", quasi a segnare la tappa di un catecumenato della gioventù di quel Paese. Solo Cristo, infatti, può dare ai giovani ciò di cui hanno tanta sete, cioè il senso pieno e gioioso dell'esistenza.

Esso, come il vino alle nozze di Cana, spesso viene a mancare. E Maria, madre di Gesù, ha accompagnato con la sua spirituale presenza quel memorabile incontro, nel quale sono risuonate proprio le parole da Lei pronunciate a Cana: "Fate quello che Egli vi dirà" (Jn 2,5). Quelle parole Ella continua a ripetere oggi, in modo particolare ai giovani che intendono realizzare in maniera autentica la loro vita.

La vitalità e la responsabilità ecumenica della nuova Diocesi di Bielsko-Z£\ywiec


3. Desidero esprimere la mia gratitudine alla comunità cristiana di Skoczow, che ha dimostrato una notevole comprensione dei compiti ecumenici, ai quali voleva servire la canonizzazione di Jan Sarkander. La cittadina di Skoczow è situata nella regione della Slesia di Cieszyn, sul territorio che fino a pochi anni fa apparteneva alla Diocesi di Katowice. E' stata la Diocesi di Katowice, insieme con quella di Olomouc, a promuovere la causa della canonizzazione di Jan Sarkander.

Era giusto, quindi, che nel primo giorno dopo la solenne celebrazione della canonizzazione a Olomouc io mi recassi a Skoczow per ringraziare Dio del dono del nuovo santo. Egli - come molti prima e dopo di lui - è diventato elemento di avvicinamento tra le Chiese e tra i cristiani in Boemia, in Moravia e in Polonia.

La celebrazione solenne a Skoczow, con grande partecipazione di fedeli, ha dimostrato quanto profondamente la storia della Chiesa si iscrive nella storia dei popoli e degli Stati. La Slesia è da mille anni ormai terra di frontiera, in cui si sono incontrate due grandi Chiese, fondate proprio nell'anno 1000: l'Arcidiocesi di Cracovia e l'Arcidiocesi di Breslavia. Nell'arco di questo millennio esse hanno svolto una preziosa missione evangelizzatrice, avendo come punto di riferimento due santi martiri: sant'Adalberto e san Stanislao, che la Chiesa di Polonia venera come principali Patroni insieme con la Madonna di Jasna Gora.

Un itinerario dalla particolare impronta autobiografica La visita di lunedi a Skoczow, a Bielsko-BiaLa e Z\ywiec ha messo in risalto l'esistenza e la vitalità di una nuova Diocesi, creata da qualche anno con il compito di annunciare il Vangelo nella regione della Slesia di Cieszyn e lungo il fiume Sola, fino a Oswiecim (Auschwitz). Si tratta di una terra particolarmente vicina al mio cuore e che conosco molto bene, essendo stato in passato Metropolita di Cracovia. Inoltre la mia famiglia proviene da quella zona. Questa visita ha avuto pertanto una particolare impronta autobiografica. E' stata per me una grande gioia, in questo tempo pasquale, rivedere tante di quelle comunità cristiane, che visitavo da Arcivescovo, e ammirare quelle colline sulle quali spesso ho avuto modo di effettuare lunghe passeggiate.

Dopo la caduta dei sistemi totalitari l'Europa cerca di diventare una grande Patria delle patrie


4. Desidero ringraziare tutti coloro che hanno contribuito alla riuscita di questa Visita pastorale: sia per l'invito, sia per l'accurata preparazione, i cui frutti sono stati ben visibili fin dalla prima tappa a Praga e poi a Olomouc, a Skoczow, a Bielsko-BiaLa e a Z\ywiec. Oltre alle grandi assemblee liturgiche, legate alla canonizzazione di santa Zdislava e di san Jan Sarkander, che hanno visto la partecipazione di tanti fedeli, meritano una grata memoria, insieme con l'incontro di preghiera con la popolazione della Boemia, gli incontri ecumenici a Praga e a Skoczow. Confido che essi servano a promuovere l'avvicinamento ecumenico dei cristiani che è una delle sfide del Grande Giubileo.

La data dell'Anno 2000 costituisce un importante punto di riferimento non solo per il cristianesimo e per la Chiesa. E' importante per l'Europa, specialmente nell'epoca presente. Essa, infatti, dopo la caduta dei sistemi totalitari, cerca di diventare sempre di più una grande Patria delle patrie. Possa il ricordo della storica Porta di Moravia mostrarci Cristo, diventato per tutti noi la Porta nel cammino verso la vita eterna! (Seguono saluti in varie lingue]



Mercoledi 31 Maggio 1995: Cristo via di salvezza per tutti

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Catechesi 79-2005 30595