Catechesi 79-2005 31595

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Piazza San Pietro -


1. Le difficoltà che talora accompagnano lo sviluppo dell'evangelizzazione pongono in luce un problema delicato la cui soluzione non va cercata in termini puramente storici o sociologici: il problema della salvezza di coloro che non appartengono visibilmente alla Chiesa. Non ci è data la possibilità di scrutare il mistero dell'azione divina nelle menti e nei cuori, per valutare la potenza della grazia di Cristo nel prendere possesso, in vita e in morte, di quanti "il Padre gli ha dato", e che Egli stesso ha proclamato di non voler "perdere". Lo sentiamo ripetere in una delle letture evangeliche proposte per la Messa dei defunti (cfr.
Jn 6,39-40).

Ma, come ho scritto nell'Enciclica Redemptoris Missio, non si può limitare il dono della salvezza "a coloro che, in modo esplicito, credono in Dio e sono entrati nella Chiesa. Se è destinata a tutti la salvezza deve essere messa in concreto a disposizione di tutti". E, ammettendo che è concretamente impossibile per tanta gente accedere al messaggio cristiano, ho aggiunto: "Molti uomini non hanno la possibilità di conoscere o di accettare la rivelazione del Vangelo di entrare nella Chiesa. Essi vivono in condizioni socio-culturali che non lo permettono, e spesso sono stati educati in altre tradizioni religiose" (RMi 10).

Dobbiamo riconoscere che per quanto rientra nelle umane capacità di previsione e di conoscenza questa impossibilità pratica sembrerebbe destinata a durare ancora a lungo forse anche fino al compimento finale dell'opera di evangelizzazione. Gesù stesso ha ammonito che solo il Padre conosce "i tempi e i momenti" da lui fissati per l'instaurazione del suo Regno nel mondo (cfr. Ac 1,7).


2. Quanto sopra ho detto non giustifica pero la posizione relativistica di chi ritiene che in qualsiasi religione si possa trovare una via di salvezza, anche indipendentemente dalla fede in Cristo Redentore, e che su questa ambigua concezione debba basarsi il dialogo interreligioso. Non è qui la soluzione conforme al Vangelo del problema della salvezza di chi non professa il Credo cristiano. Dobbiamo invece sostenere che la strada della salvezza passa sempre per Cristo, e che quindi spetta alla Chiesa e ai suoi missionari il compito di farlo conoscere ed amare in ogni tempo, in ogni luogo e in ogni cultura. Al di fuori di Cristo non "vi è salvezza". Come proclamava Pietro davanti al Sinedrio, fin dall'inizio della predicazione apostolica: "Non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati" (Ac 4,12).

Anche per coloro che senza loro colpa non conoscono Cristo e non si riconoscono cristiani, il piano divino ha predisposto una via di salvezza. Come leggiamo nel Decreto conciliare sull'attività missionaria Ad Gentes, noi crediamo che "Dio, attraverso le vie che lui solo conosce può portare gli uomini che senza loro colpa ignorano il Vangelo" alla fede necessaria alla salvezza (AGD 7). Certo, la condizione "senza loro colpa" non può essere verificata né apprezzata da una valutazione umana, ma deve essere lasciata unicamente al giudizio divino. Per questo nella Costituzione Gaudium et Spes il Concilio dichiara che nel cuore di ogni uomo di buona volontà "opera invisibilmente la grazia", e che "lo Spirito Santo dà a tutti la possibilità di venire in contatto, nel modo che Dio conosce, col Mistero pasquale" (GS 22).


3. E importante sottolineare che la via della salvezza percorsa da quanti ignorano il Vangelo non è una via fuori di Cristo e della Chiesa. La volontà salvifica universale è legata all'unica mediazione di Cristo. Lo afferma la Prima Lettera a Timoteo: "Dio nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità. Uno solo, infatti, è Dio, e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti" (2,3-6). Lo proclama Pietro quando dice che "in nessun altro c'è salvezza", e chiama Gesù "testata d'angolo" (Ac 4,11-12), ponendo in evidenza il ruolo necessario di Cristo a fondamento della Chiesa.

Questa affermazione della "unicità" del Salvatore trae la sua origine dalle stesse parole del Signore, il quale afferma di essere venuto "per dare la propria vita in riscatto per molti" (Mc 10,45), cioè per l'umanità, come spiega San Paolo quando scrive: "Uno è morto per tutti" (2Co 5,14, cfr. Rm 5,18). Cristo ha ottenuto la salvezza universale con il dono della propria vita: nessun altro mediatore è stato stabilito da Dio come Salvatore. Il valore unico del sacrificio della Croce deve essere sempre riconosciuto nel destino di ogni uomo.


4. E siccome Cristo opera la salvezza mediante il suo mistico Corpo, che è la Chiesa, la via di salvezza è essenzialmente legata alla Chiesa. L'assioma extra Ecclesiam nulla salus - "fuori della Chiesa non c'è salvezza" -, enunciato da San Cipriano (Epist 73,21: PL 1123 AB), appartiene alla tradizione cristiana ed è stato inserito nel Concilio Lateranense IV (DS 802), nella bolla Unam Sanctam di Bonifacio VIII (DS 870) e nel Concilio di Firenze (Decretum pro Jacobitis, DS 1351).

L'assioma significa che per quanti non ignorano che la Chiesa è stata fondata da Dio per mezzo di Gesù Cristo come necessaria c'è l'obbligo di entrare e di perseverare in essa al fine di ottenere la salvezza (cfr. LG 14).

Per coloro che invece non hanno ricevuto l'annunzio del Vangelo, come ho scritto nell'Enciclica Redemptoris Missio, la salvezza è accessibile attraverso vie misteriose in quanto la grazia divina viene loro conferita in virtù del sacrificio redentore di Cristo, senza adesione esterna alla Chiesa ma sempre, tuttavia, in relazione con essa (cfr. RMi 10). Si tratta di una "misteriosa relazione": misteriosa per coloro che la ricevono, perché essi non conoscono la Chiesa e anzi, talvolta, esternamente la respingono; misteriosa anche in se stessa perché legata al mistero salvifico della grazia, che comporta un riferimento essenziale alla Chiesa fondata dal Salvatore.

La grazia salvifica, per operare, richiede un'adesione, una cooperazione, un si alla divina donazione: e tale adesione è, almeno implicitamente, orientata verso Cristo e la Chiesa. perciò si può dire anche sine Ecclesia nulla salus - "senza la Chiesa non c'è salvezza" -: l'adesione alla Chiesa-Corpo mistico di Cristo, per quanto implicita è appunto misteriosa, costituisce una condizione essenziale per la salvezza.


5. Le religioni possono esercitare un influsso positivo sul destino di chi ne fa parte e ne segue le indicazioni con sincerità di spirito. Ma se l'azione decisiva per la salvezza è opera dello Spirito Santo dobbiamo tener presente che l'uomo riceve soltanto da Cristo, mediante lo Spirito Santo, la sua salvezza. Essa ha inizio già nella vita terrena, che la grazia, accettata e corrisposta, rende fruttuosa, in senso evangelico, per la terra e per il cielo.

Di qui l'importanza del ruolo indispensabile della Chiesa, la quale "non è fine a se stessa ma fervidamente sollecita di essere tutta di Cristo, in Cristo e per Cristo, e tutta degli uomini, fra gli uomini e per gli uomini". Un ruolo che non è dunque "ecclesiocentrico" come a volte si è detto: la Chiesa non esiste infatti né lavora per se stessa, ma è al servizio di una umanità chiamata alla filiazione divina in Cristo (cfr. RMi 19). Essa esercita perciò una mediazione implicita anche nei confronti di quanti ignorano il Vangelo.

Ciò non deve pero portare alla conclusione che la sua attività missionaria sia in tali circostanze meno necessaria. Tutt'altro. In effetti chi ignora Cristo, pur senza sua colpa, viene a trovarsi in una condizione di oscurità e di carestia spirituale con riflessi negativi spesso anche sul piano culturale e morale. L'azione missionaria della Chiesa può procurargli le condizioni di pieno sviluppo della grazia salvatrice di Cristo, proponendo l'adesione piena e consapevole al messaggio della fede e la partecipazione attiva alla vita ecclesiale nei sacramenti.

Questa è la linea teologica tratta dalla tradizione cristiana. Il magistero della Chiesa l'ha seguita nella dottrina e nella prassi come via segnata da Cristo stesso per gli Apostoli e per i missionari di tutti i tempi.

(Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli:] Mi rivolgo ora ai giovani, agli sposi novelli ed agli ammalati, con uno speciale pensiero per il gruppo di persone affette da leucemia, accompagnate dall'Associazione Italiana contro le Leucemie.

Oggi, ultimo giorno del mese di Maggio, la Chiesa celebra la Visita di Maria alla cugina Elisabetta, dalla quale è proclamata beata perché ha creduto alla parola del Signore (cfr. Lc 1,45). Voi, cari giovani, guardate a Lei e da Lei implorate il dono di una fede sempre più matura; voi, cari ammalati, domandateLe la grazia di una fede sempre più forte; e per voi, cari sposi novelli, chiedeteLe la gioia di una fede sempre più profonda. Il suo esempio e la sua materna intercessione ci accompagnino sempre nel cammino di testimonianza cristiana. Di cuore tutti vi benedico.


Domenica 7 Giugno 1995: La santità nella storia, la pace in Europa, il cammino verso il Terzo Millennio hanno segnato la visita apostolica in Belgio

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Roma -


Lo Spirito Santo fonte della santità dell'uomo e incessante artefice della nostra santificazione



1. La domenica di Pentecoste mi è stato dato di visitare ancora una volta il Belgio, nazione e Chiesa a cui sono particolarmente legato sin dai tempi dei miei studi a Roma, quando ero ospite del Collegio Belga. Questa volta, scopo della mia breve visita è stata la beatificazione di P. Damiano De Veuster, missionario della Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, che diede la vita servendo i lebbrosi nell'isola di Molokaî, situata nell'Arcipelago delle Hawaii.

Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione sulla Chiesa, dedica un apposito capitolo alla vocazione universale alla santità. Conferma di tale vocazione sono i santi e i beati che la Chiesa eleva agli altari, additando in essi modelli di vita evangelica, segnati dall'eroicità delle virtù. Due settimane fa ho avuto la gioia di canonizzare a Olomouc in Moravia santa Zdislava e san Jan Sarkander. Domenica scorsa è stata la volta di P. Damiano De Veuster, quasi a proseguire una medesima testimonianza di santità. Il fatto poi che questa beatificazione sia avvenuta in coincidenza con la solennità di Pentecoste conferisce all'evento una particolare eloquenza. Lo Spirito Santo è infatti la Persona della Santissima Trinità alla quale è appropriata in modo particolare la santità di Dio. Lo Spirito Santo è, in conseguenza, fonte della santità dell'uomo e l'incessante artefice della nostra santificazione.

Nel cenacolo, dopo l'Ascensione del Signore al cielo, la Santissima Vergine Maria e gli Apostoli restarono in preghiera in attesa dello Spirito Santo: questa preghiera è, in qualche modo, costantemente esaudita nella storia della Chiesa. Lo testimoniano le canonizzazioni e le beatificazioni, compresa quella di P. Damiano vissuto dal 1840 al 1889 ed il cui esempio ha attirato, tra gli altri, anche il gesuita polacco P. Giovanni Beyzym, apostolo dei lebbrosi nel Madagascar.

Il processo di beatificazione di P. Beyzym è in corso.

Giugno mese dedicato al Sacro Cuore di Gesù


2. Giugno è il mese dedicato al Sacro Cuore di Gesù. Ciò è stato significativamente sottolineato dal fatto che la beatificazione di P. Damiano si è svolta a Brussel, sullo sfondo della Basilica del Sacro Cuore, a Koekelberg. Essa, nonostante la pioggia, è stata seguita con vivo raccoglimento ed ha visto stringersi attorno all'altare fedeli provenienti da varie città e nazioni. Una delegazione era venuta dall'isola di Molokaî per ricevere la reliquia del loro missionario e portarla in patria. La Chiesa belga costrui la Basilica del Sacro Cuore dopo la fine della prima guerra mondiale, che aveva provocato molte vittime.

Come non pensare al grande cimitero di guerra ad Ypres presso Gand, dove durante il mio precedente pellegrinaggio, dieci anni fa, si svolse l'incontro con i giovani? Un'ardente preghiera per la pace nel continente europeo e nel mondo intero Il ricordo della prima e soprattutto della seconda guerra mondiale, all'indomani delle celebrazioni del 50 della sua fine in Europa, si è unito durante la visita ad un'ardente preghiera per la pace nel continente europeo e nel mondo intero. I Belgi sono molto presenti nella edificazione della pace. Vale la pena qui di ricordare che l'attuale Arcivescovo di Mechelen-Brussel, il Cardinale G. Danneels, è presidente dell'organizzazione mondiale Pax Christi. I suoi predecessori hanno svolto ruoli significativi nella storia della nazione in occasione della prima e della seconda guerra mondiale: durante la prima, guidava la diocesi il Cardinale D. Mercier, e durante la seconda, il Cardinale J. Van Roey, la cui eredità fu poi rilevata dal Cardinale L. J. Suenens, oggi ormai novantenne. Il rito di beatificazione, svoltosi presso la Basilica del Sacro Cuore, ha permesso di ricollegarci a queste grandi figure ecclesiali e alla testimonianza da essi resa a Cristo.

Nella Cattedrale il ringraziamento per la beatificazione di P. Damiano L'incontro pomeridiano, tenutosi nella cattedrale dell'Arcidiocesi di Mechelen-Brussel, è stato come il ringraziamento per la beatificazione, espresso dalle Congregazioni dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, presenti in vari Paesi del mondo. L'augurio è che la beatificazione di P. Damiano contribuisca a intensificare la loro attività missionaria. Ha preso parte al rito l'intero Episcopato Belga, tra i cui meriti nella vita della Chiesa vanno menzionati quelli in campo ecumenico, nel periodo preconciliare e dopo il Concilio Vaticano II.

Un grazie cordiale all'Episcopato e alla Chiesa che è in Belgio


3. Per concludere, desidero esprimere un grazie cordiale all'Episcopato e alla Chiesa che è in Belgio per essere stato invitato a questa visita. Ringrazio pure le autorità, i responsabili e i pubblici amministratori che si sono adoperati in ogni modo per il suo svolgimento positivo. Ringrazio soprattutto per la preparazione pastorale della visita, garanzia di abbondanti frutti spirituali nella vita dei fedeli.

Questo viaggio apostolico avrebbe dovuto aver luogo lo scorso anno, ma a causa del noto incidente occorsomi è stato rimandato. Avrebbe dovuto essere più articolato ed ampio, con più incontri e tappe. Tra queste, l'incontro con i giovani, che non manca mai in ogni mio pellegrinaggio apostolico, perché la gioventù è il futuro e la speranza della Chiesa e della società.

Vorrei profittare di quest'occasione per salutare tutti coloro che avevo in animo di incontrare.

Il Re Baldovino: un grande custode dei diritti della coscienza umana

Mi è difficile non menzionare qui la Dinastia regnante. Ringrazio il Re Alberto e la Consorte per la gentile accoglienza. Il Belgio è una monarchia costituzionale e i Reali belgi si sono iscritti in modo indelebile nella storia della loro nazione, ed anche in quella dell'Europa. Penso ai monarchi del periodo della prima e della seconda guerra mondiale. In modo particolare, penso al re Baldovino recentemente scomparso, che ebbi la fortuna di incontrare alcune volte, non soltanto durante la mia precedente visita in Belgio, ma anche a Roma. Il suo ricordo è impresso nella memoria dei connazionali e di tutti noi. E' stato un grande custode dei diritti della coscienza umana, pronto a difendere i comandamenti divini, e specialmente il V comandamento: "Non uccidere!", in particolar modo per quanto riguarda la tutela della vita dei bimbi non ancora nati.

La sua eredità spirituale, custodita con premura dalla vedova, la regina Fabiola, costituisce un tesoro comune per la nazione e per la Chiesa. Quanto essa sia viva nei connazionali, lo testimonia la reazione commossa e corale provocata dal ricordo di lui in quanti hanno partecipato alla cerimonia di beatificazione di P. Damiano.

La mia visita in Belgio e soprattutto la Beatificazione di P. Damiano è divenuta una tappa importante nel cammino di preparazione all'inizio del Terzo Millennio. I santi infatti evidenziano più pienamente la presenza di Cristo nella storia dell'umanità. Grazie ad essi Cristo, "lo stesso ieri, oggi e sempre" (cfr.
He 13,8) ci permette di varcare i confini del tempo, preparandoci in questo modo all'eternità che è la dimensione di Dio.

(Segue un saluto ai malati, agli sposi novelli e ai giovani]

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Ad un gruppo di buddisti giapponesi

Cari buddisti giapponesi, benvenuti a Roma.

Stimo di cuore il vostro lavoro assiduo per la felicità dell’umanità e per la costruzione della vera pace nel mondo.

Desidero sinceramente che questa vostra visita a Roma giovi molto a promuovere sempre più il dialogo interreligioso.

Rendiamo grazie a Dio!

A gruppi di pellegrini italiani

Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i Sacerdoti delle Diocesi di Vicenza e di Bari e le Novizie Figlie di Santa Maria di Leuca: possiate, carissimi Fratelli e Sorelle, camminare sempre con gioia nelle vie del Signore!

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Sono lieto poi di accogliere l’antica Arciconfraternita cagliaritana detta “della Solitudine”, e ne affido alla Vergine Addolorata l’attività spirituale e sociale.

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Porgo un cordiale saluto ai partecipanti al Congresso dell’Associazione Internazionale della Distribuzione, ed auspico che i loro progetti di sviluppo contribuiscano ad armonizzare le legittime esigenze del profitto con quelle della solidarietà.

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Un pensiero va inoltre ai membri della “Magistratura” del Quartiere di Santa Maria in Pisa, ed ai soci della Sezione AVIS di Baden, in Svizzera, che hanno realizzato una staffetta podistica fin qui a Roma per sensibilizzare al dono del sangue.

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Saluto infine il Gruppo internazionale di Accademici che hanno preso parte ad un Simposio, organizzato dall’ENEC (Europe-Near Est Center), sulla città santa di Gerusalemme.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Mi rivolgo ora ai malati, agli sposi novelli ed ai giovani presenti, salutando in particolare le allieve della “Art Centre” di Mosca, ospiti del Liceo Scientifico di Colleferro. La sequela di Gesù vi conduca, cari giovani, a scoprire il volto paterno e misericordioso di Dio ed a sperimentare la forza rinnovatrice dello Spirito Santo; la Croce di Cristo sia per voi, cari malati, sostegno nella prova e fonte di pace e di serenità; e voi, cari sposi novelli, col dono totale, reciproco e definitivo di voi stessi, siate segno visibile dell’Amore trinitario.

A tutti la mia Benedizione.



Mercoledi 14 Giugno 1995: La missione delle Chiese locali nell'ambito della Chiesa universale

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Roma -


1. La Chiesa è stata fondata da Gesù Cristo come unica e universale: due dimensioni che, come abbiamo visto in precedenti catechesi, si fondano nella stessa volontà di Gesù Cristo. E tuttavia gli Atti e le Lettere degli Apostoli attestano che nell'ambito della Chiesa una e universale si sono formate, ad opera degli Apostoli o dei loro collaboratori, e in seguito dei loro successori, le Chiese locali. così si manifesta una distinzione tra la Chiesa "universale", affidata agli Apostoli sotto la guida di Pietro, e le Chiese "locali", con propri Pastori. Ricordiamo quella di Gerusalemme, a cui sono preposti dei presbiteri (
Ac 11,30) con Giacomo (Ac 12,17 Ac 21,18); quella di Antiochia, con profeti e dottori (Ac 13,1); e quelle altre comunità nelle quali Paolo e Barnaba costituiscono dei "presbiteri" (Ac 14,23 Ac 20,17) o "episcopi" (Ac 20,28).


2. La strutturazione dell'unica Chiesa in una pluriforme varietà di Chiese locali, mentre risponde all'istituzione di Cristo, è conforme anche alla legge sociologica e psicologica della localizzazione e della convivenza in comunità locali nelle quali i legami permangono forti e proficui. Sul piano religioso e cristiano l'esistenza delle Chiese locali è essenziale nella vita della Chiesa universale. I discepoli di Cristo hanno bisogno di comunità nelle quali possano vivere il Vangelo, identico per tutti, in modo conforme alla cultura particolare.

Il Concilio Vaticano II ricorda che le due dimensioni della Chiesa non si contrappongono, ma che la Chiesa universale sussiste nelle Chiese locali, mentre queste attuano l'universalismo della Chiesa cattolica nella loro vita di comunità particolari. "Nella comunione ecclesiale - afferma la Costituzione dogmatica sulla Chiesa - vi sono legittimamente le Chiese particolari, con proprie tradizioni, rimanendo pero integro il primato della Cattedra di Pietro, la quale presiede alla comunione universale della carità" (LG 13).


3. Ancora un terzo principio regola la missione delle Chiese locali nell'ambito della Chiesa universale: quello dell'inculturazione della Buona Novella.

L'evangelizzazione avviene non solo con l'adattamento alle espressioni culturali dei vari popoli, ma anche mediante un inserimento vitale del Vangelo nel loro pensiero, nei valori, nel costume, nella preghiera, grazie alla ricerca e al rispetto dell'anima di verità che, più o meno palesemente, vi si trova. E' il concetto esposto nella Redemptoris missio (cfr. RMi 52), in armonia con i precedenti documenti del magistero papale e del Concilio, seguendo la logica dell'Incarnazione.

Modello di ogni evangelizzazione della cultura è l'Incarnazione. Gesù Cristo, Verbo incarnato, è venuto nel mondo per redimere l'umanità intera ed essere "il Signore di tutti" (Ac 10,36). E tuttavia si è inserito ed è vissuto nella tradizione religiosa d'Israele (cfr. Lc 2,22-24 Lc 2,39 Lc 2,41 Mt 4,23 Mt 17,27), portandola pero a compimento secondo una nuova modalità dell'Alleanza da lui inaugurata con il superamento di alcuni elementi della Legge antica, come affermano gli scritti del Nuovo testamento (cfr. Mt 5,17-20 Mt 15,1-6 Rm 8,1-4 Ga 4,4). Ma Gesù pensa e parla anche delle "altre pecore" che Egli, come unico Pastore, vuol condurre all'unico ovile (cfr. Jn 10,6). E san Paolo, chiamato da Cristo ad essere "apostolo dei pagani" (Rm 11,13 cfr. Rm 1,5), prescriveva ai nuovi cristiani "in tutte le Chiese" di rimanere nella condizione in cui si trovavano al momento della loro conversione (cfr. 1Co 7,17 1Co 7,20 1Co 7,24), cioè, non dovevano adottare gli usi culturali degli Ebrei, ma mantenersi nella propria cultura e vivere in essa la loro fede cristiana.


4. Si spiega così e si giustifica l'assunzione da parte del cristianesimo, a ciò preparato dalla spiritualità dell'Antico Testamento, degli apporti delle culture e delle tradizioni religiose anche dei Pagani, appartenenti alle genti o nazioni estranee a Israele, nella cultura e nella civiltà cristiana. E' una realtà storica, che va considerata nella sua profonda dimensione religiosa. Il messaggio evangelico, nella sua essenza di rivelazione di Dio mediante la vita e l'insegnamento di Cristo, va presentato alle diverse culture, favorendo lo sviluppo dei germi, dei desideri, delle attese, - quasi, si direbbe, dei presentimenti di valori evangelici - già disseminati in esse. può avvenire così una trasformazione che non ha come risultato la perdita della identità culturale dei popoli. Anzi, proprio perché si tratta di un messaggio di origine divina, tende a valorizzare la cultura locale, stimolandola e aiutandola a produrre nuovi frutti al livello più alto cui porta la presenza del Cristo con la grazia dello Spirito Santo e la luce del Vangelo.


5. Si tratta in effetti di un'ardua impresa e di "un processo difficile, perché - come si legge nell'Enciclica Redemptoris missio - non deve in alcun modo compromettere la specificità e l'integralità della fede cristiana" (RMi 52). Non sarà mai ammissibile rinunciare a una parte della dottrina cristiana perché la verità proposta possa essere assimilata più facilmente. Non si potranno mai avallare costumi in contrasto con le decisioni del Vangelo.

Sarebbe illusorio tentare un'armonizzazione che introducesse nella dottrina di Cristo degli elementi estranei, provenienti da altre religioni. Questo sarebbe semplice sincretismo religioso, soluzione inaccettabile. Occorre invece una vera trasformazione elevativa e, quando occorre, risanativa delle culture che ricevono la rivelazione cristiana e vogliono nutrirsi del suo contenuto vitale.

Su questa via possono prodursi delle espressioni originali della dottrina cristiana e delle esperienze di vita, la cui varietà è ricchezza per la Chiesa universale. Grazie all'inculturazione nelle Chiese locali, "la stessa Chiesa universale si arricchisce di espressioni e valori nei vari settori della vita cristiana, quali l'evangelizzazione, il culto, la teologia, la carità; conosce ed esprime ancor meglio il mistero di Cristo, mentre viene stimolata ad un continuo rinnovamento" (RMi 52). Rettamente intesa ed attuata l'inculturazione esprime meglio il senso dell'universalismo della Chiesa, che assume e assimila tutte le manifestazioni culturali, come accoglie e incorpora tutte le realtà umane, per santificarle e trasformarle secondo il progetto di Dio.

Nelle Chiese particolari che nascono e si sviluppano nei territori dell'evangelizzazione, quest'opera può e deve essere compiuta come un impegno missionario valido e fruttuoso. Il criterio che tutti dovranno seguire è che in ogni cultura si possono trovare e discernere autentici valori, ma in nessuna vi è la verità assoluta né una regola di vita e di preghiera infallibile.

Bisogna dunque riconoscere tali valori, come già nei primi secoli fecero i Padri con la cultura greca e latina e poi man mano con quelle dei popoli evangelizzati. Anche oggi le Chiese locali, nella promozione dell'incontro tra Vangelo e culture, sono chiamate ad esercitare la loro vocazione missionaria per realizzare l'unità e la universalità della Famiglia di Dio.

(Segue un saluto ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli]



Mercoledi 21 Giugno 1995: Il compito missionario della Chiesa nelle relazioni con il mondo

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Roma -


1. La missione evangelizzatrice della Chiesa pone il problema delle sue relazioni con il mondo. Problema affrontato dal Concilio Vaticano II particolarmente nella Costituzione Gaudium et spes. Anche nelle precedenti catechesi abbiamo accennato ad alcuni aspetti di tali relazioni, trattando del ruolo dei laici nella vita della Chiesa. Ora, a conclusione delle catechesi dedicate alla vocazione missionaria della Chiesa, vogliamo tracciare alcune linee direttrici, che illustrino meglio il quadro generale della sua missione, proprio in relazione al mondo nel quale essa vive e al quale comunica la grazia e la salvezza divina.

Anzitutto occorre ricordare che la Chiesa "ha una finalità salvifica ed escatologica, che non può essere raggiunta pienamente se non nel mondo futuro" (
GS 40). perciò non le si può chiedere che le sue forze siano esclusivamente né principalmente assorbite dalle esigenze e dai problemi del mondo terreno. Né è possibile valutare in modo corretto la sua azione nel mondo d'oggi, come in quello dei secoli passati, collocandosi unicamente dal punto di vista dei fini temporali o del benessere materiale della società. L'orientamento verso il mondo futuro le è essenziale. Essa sa di essere circondata dal visibile, ma è consapevole di doversene occupare in ordine all'invisibile Regno eterno che già misteriosamente realizza (cfr. LG 3) ed alla cui piena manifestazione ardentemente aspira. Questa verità fondamentale è ben espressa dal tradizionale motto: "Per visibilia ad invisibilia": per mezzo delle realtà visibili verso quelle invisibili.


2. Sulla terra la Chiesa è presente quale famiglia dei figli di Dio, "costituita e ordinata come società in questo mondo" (LG 8). Per questa ragione si sente partecipe delle umane vicende in solidarietà con l'intera umanità. Come ricorda il Concilio, essa "cammina insieme con l'umanità tutta e sperimenta assieme al mondo la medesima sorte terrena" (GS 40). Ciò significa che la Chiesa sperimenta nelle sue membra le prove e le difficoltà delle nazioni, delle famiglie, degli individui, partecipando al faticoso cammino dell'umanità lungo le strade della storia. Nella trattazione delle relazioni della Chiesa col mondo, il Concilio Vaticano II prende le mosse proprio da questa condivisione della Chiesa con "le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini" (GS 1).

Specialmente oggi, per la nuova universale conoscenza delle condizioni reali del mondo, tale condivisione s'è fatta particolarmente intensa e profonda.


3. Il Concilio afferma inoltre che la Chiesa non si limita a condividere le sorti che in questo nostro tempo, come in ogni altra epoca della storia, caratterizzano le esperienze degli uomini. Essa infatti sa di essere "il fermento e quasi l'anima della società umana, destinata a rinnovarsi in Cristo e a trasformarsi in famiglia di Dio" (GS 40). Animata dal soffio dello Spirito Santo, la Chiesa vuole infondere anche nella società una tensione nuova per farne una comunità spiritualmente e, per quanto è possibile, anche materialmente ordinata e felice.

Come diceva san Tommaso d'Aquino, si tratta di portare gli uomini al "ben vivere", al vivere "secondo le virtù". Ecco la sostanza del bene comune temporale a cui devono mirare i cittadini mediante la guida dello Stato, ma operando alla luce del fine ultimo, a cui i Pastori e tutta la Chiesa nel suo insieme orientano gli individui e i popoli (cfr. De regimine principum, cc.1,14,15).

Proprio in questa luce del "Bene sommo", regolativo di tutta l'esistenza umana anche in ordine ai "fini intermedi" (cfr. ibid., c. 15), la Chiesa "contribuisce molto a rendere più umana la famiglia degli uomini e la sua storia" (GS 40). Essa offre il proprio contributo promuovendo la dignità della persona ed i legami di comunione fra individui e popoli, come pure ponendo in rilievo il significato spirituale del lavoro quotidiano nel grande disegno della creazione ed il giusto sviluppo della libertà umana.


4. Il Concilio specifica che la Chiesa è di grande aiuto agli uomini. Innanzitutto rivela a ciascuno la verità sulla sua esistenza e sul suo destino. Mostra poi ad ognuno come Dio sia l'unica vera risposta ai più profondi desideri del suo cuore, "che mai può essere pienamente saziato dai beni terreni" (GS 41). Inoltre difende ogni persona, in forza del Vangelo affidatole, con la proclamazione dei "diritti fondamentali della persona e della famiglia" (GS 42) e con il benefico influsso sulla società, perché rispetti questi diritti e sia avviato il processo di mutamento di tutte quelle situazioni in cui tali diritti sono palesemente violati.

Infine la Chiesa mette in luce e proclama anche i diritti della famiglia, indubbiamente legati a quelli dei singoli individui e richiesti dallo stesso essere umano in quanto tale. Accanto alla difesa della dignità della persona in ogni fase della sua esistenza, la Chiesa non cessa di sottolineare il valore della famiglia, in cui ogni uomo ed ogni donna sono naturalmente inseriti.

Esiste infatti una profonda correlazione fra i diritti della persona e quelli della famiglia: non si possono tutelare efficacemente gli individui senza un chiaro riferimento al loro contesto familiare.

La Chiesa, pur avendo una missione che "non è d'ordine politico, economico e sociale", ma "d'ordine religioso" (GS 42), svolge un'azione benefica anche in favore della società. Tale azione si esplica in differenti forme. Essa suscita interventi a servizio di tutti e più specialmente dei bisognosi; promuove "una sana socializzazione e consociazione civile ed economica" (GS 42); esorta gli uomini a superare i dissensi tra razze e nazioni, favorendo l'unità a raggio internazionale e planetario; appoggia e sostiene, per quanto le è possibile, le istituzioni che mirano al bene comune.

Essa orienta e incoraggia l'attività umana (cfr. GS 43) e spinge i cristiani a dedicare le loro forze in tutti i campi per il bene della società. Li esorta a seguire l'esempio di Cristo artigiano a Nazaret, a osservare il precetto dell'amore verso il prossimo, a realizzare nella loro vita l'esortazione di Gesù di far fruttificare i talenti personali (cfr. Mt 25,14-30). Li spinge inoltre ad offrire il proprio contributo allo sforzo scientifico e tecnico della società umana; a impegnarsi nell'ambito proprio dei laici delle attività temporali (cfr. GS 43), per il progresso della cultura, la realizzazione della giustizia e il raggiungimento di una vera pace.


5. Nei suoi rapporti con il mondo, la Chiesa non solo offre, ma anche riceve - da persone, gruppi, società -, aiuti e contributi. Il Concilio lo riconosce apertamente: "Come è importante per il mondo che esso riconosca la Chiesa quale realtà sociale della storia e suo fermento, così pure la Chiesa non ignora quanto essa abbia ricevuto dalla storia e dallo sviluppo del genere umano" (GS 44).

Avviene così uno "scambio vitale tra la Chiesa e le diverse culture dei popoli" (). Specialmente la Chiesa missionaria, nel suo impegno di evangelizzazione, ricorre da sempre ai linguaggi, ai concetti, alle culture dei diversi popoli e, fin dai primi secoli, ha trovato nella sapienza dei filosofi quei "semina Verbi" che costituiscono una vera e propria preparazione all'annuncio esplicito del Vangelo. Ben cosciente di ricevere molto dal mondo, la Chiesa professa dunque la sua gratitudine, senza tuttavia venir meno alla convinzione della sua vocazione missionaria e della sua capacità di dare all'umanità il più grande e alto dono che essa possa ricevere: la vita divina in Cristo, per grazia dello Spirito Santo, che la conduce al Padre. Ecco l'essenza dello spirito missionario con cui la Chiesa va verso il mondo e desidera essergli vicina in comunione di vita.

(Giovanni Paolo II ha poi ricordato l'inaugurazione di una grande Moschea a Roma:] Si inaugura oggi a Roma una grande Moschea.

Tale avvenimento costituisce un segno eloquente della libertà religiosa qui riconosciuta ad ogni credente. Ed è significativo che a Roma, centro della Cristianità e sede del successore di Pietro, i Musulmani abbiano un loro proprio luogo di culto nel pieno rispetto della loro libertà di coscienza.

In una circostanza significativa come questa, si deve, purtroppo, rilevare come in alcuni Paesi islamici manchino altrettanti segni di riconoscimento della libertà religiosa. Eppure il mondo, alle soglie del terzo millennio, attende questi segni! La libertà religiosa è entrata ormai a far parte di numerosi documenti internazionali e rappresenta uno dei pilastri della civiltà contemporanea.

Nell'essere lieto che i Musulmani possano riunirsi in preghiera nella nuova Moschea di Roma, auspico vivamente che ai Cristiani e a tutti i credenti sia riconosciuto in ogni angolo della terra il diritto ad esprimere liberamente la propria fede. Per questo prego il Signore ed invoco l'intercessione di Maria, Madre sua sempre Vergine, onorata anche dai fedeli dell'Islam.

(Seguono saluti ai malati e agli sposi novelli]





Catechesi 79-2005 31595