Catechesi 79-2005 17196

Mercoledì, 17 gennaio 1996: La preghiera è la vera fonte della ricerca della piena unità

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1. “Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese” (
Ap 3,22). Questo invito conclude l’ultima delle lettere alle sette Chiese, di cui si parla nell’Apocalisse di Giovanni. Ciò che è detto qui, alla Chiesa di Laodicea, è così esteso a tutte le altre e, possiamo aggiungere, alle Chiese di ogni tempo, di ogni luogo: dunque anche a noi, nel nostro tempo.

Il testo descrive innanzitutto la situazione dei credenti che risiedono a Laodicea verso la fine del primo secolo: Conosco le vostre opere - dice il Signore -, so che non siete né caldi né freddi. Dopo il fervore degli inizi vivono ora un clima di tiepidezza e d’indifferenza religiosa. Hanno assunto atteggiamenti di autosufficienza e di vanagloria: “Tu vai dicendo... sono ricco, non mi manca niente” (Ap 3,17).

E quel che è peggio non sono consapevoli della loro triste situazione. Accecati, non scorgono più la loro miseria. Per questo viene indirizzato loro con chiarezza l’invito ad acquistare “vesti bianche”, le stesse che si rivestono quando si riceve il battesimo e che simboleggiano purificazione e vita nuova.

La lettera consiglia di domandare ed ottenere dal Signore stesso “collirio per ungere gli occhi”, perché lo sguardo scorga chiaramente la pericolosa situazione ed il popolo possa, con rinnovato entusiasmo, volgersi al servizio del Vangelo (cfr Ap 3,18). Queste parole sono un forte richiamo alla conversione e al rinnovamento della vita. Per sottolineare l’urgenza dell’appello viene affermato: “Ecco, io sto alla porta e busso”. Iddio stesso prende l’iniziativa, viene, è già alla porta. Bussa. Con il padrone di casa, chiuso nella sua dimora, egli vuole fare comunione. “Se ascolta la mia voce e mi apre, io entrerò da lui e cenerò con lui e lui con me” (Ap 3,20).

2. Nell’imminenza del terzo millennio e della celebrazione, alla quale ci stiamo preparando, dei duemila anni dalla venuta storica di Gesù Cristo, il Comitato misto che ogni anno propone i sussidi della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani ha voluto che il brano dell’Apocalisse proclamato poc’anzi ispirasse per il 1996 la riflessione comune. Il testo vuole scuotere da un certo indifferentismo, da atteggiamenti di autosufficienza, e richiamare al cambiamento di vita, alla vigilanza, alla necessità della comunione. È stato opportunamente notato che, ascoltando le parole riferite alla cena, i cristiani non possono non pensare con comprensibile amarezza alle loro eucaristie separate. È questo infatti il segno più grave della divisione tra i cristiani. Proprio al superamento di tali divisioni tendono le iniziative del movimento ecumenico - preghiera, studio, dialogo, collaborazione -, tutte orientate ad un fine: poter finalmente celebrare insieme la Cena del Signore, riconciliati e in piena comunione. Quanto importante è dunque perseverare nella preghiera!

La preghiera, infatti, esprime e al tempo stesso alimenta la speranza di una piena comunione nella fede, nella vita e nella testimonianza, che dobbiamo insieme rendere al Vangelo di Gesù durante il terzo millennio cristiano. Essa è la vera fonte della ricerca della piena unità.

3. Per incoraggiare l’impegno ecumenico della Chiesa cattolica e per facilitare la riflessione circa le questioni ancora irrisolte con gli altri cristiani, ho pubblicato, nel maggio dello scorso anno, l’Enciclica Ut unum sint. Ho voluto così riproporre i principi cattolici dell’impegno ecumenico, riconsiderati alla luce della vasta e positiva esperienza di questi ultimi trent’anni di contatti e di dialogo. Tali principi continuano ad essere una guida sicura lungo il cammino che resta da percorrere per giungere al giorno benedetto della piena comunione.

In ultima analisi, i molteplici dialoghi inter-confessionali in atto tendono tutti, direttamente o indirettamente, al superamento delle divergenze esistenti ed al ristabilimento della piena unità di tutti i credenti in Cristo. I cristiani hanno preso ormai maggiore consapevolezza degli elementi di fede che hanno in comune.

4. Con le Chiese Ortodosse il dialogo è giunto ad esprimere una convergenza significativa nella concezione sacramentale della Chiesa. Questo deve permettere ora di risolvere la palese anomalia costituita dalla non piena comunione. A tale scopo, e per facilitare il proseguimento del dialogo, ho proposto di approfondire l’analisi del primato del Vescovo di Roma. Tutti sappiamo che tale questione costituisce il maggiore ostacolo storico alla ricomposizione della piena unità fra cattolici e ortodossi. Ho pertanto incoraggiato tutti a ricercare, “evidentemente insieme, le forme nelle quali questo ministero (cioè il ministero di unità del Vescovo di Roma) possa realizzare un servizio di amore riconosciuto dagli uni e dagli altri” (Enc. Ut unum sint UUS 95).

Per quel che riguarda le antiche Chiese dell’Oriente e la Chiesa assira ho avuto la gioia di firmare, con alcuni loro Patriarchi, delle dichiarazioni di fede comune. Si tratta di testi importanti, che consentono di chiarire finalmente e superare la controversia cristologica. Ora possiamo professare insieme la fede in Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo.

Il dialogo assume forme differenziate con le Comunioni Cristiane Mondiali provenienti dalla Riforma. Esso è comunque sempre caratterizzato da un profondo impegno. Come ho avuto modo di costatare nell’Enciclica, esso “è stato ed è fecondo, ricco di promesse... Si sono delineate così delle prospettive di soluzione insperate e nel contempo si è compreso come fosse necessario scandagliare più profondamente alcuni argomenti” (Enc. Ut unum sint UUS 69).

5. Il dialogo dunque continua e lo seguiamo tutti con fiduciosa preghiera. Vorrei oggi ringraziare quanti vi sono impegnati, pastori e teologi, perché svolgono un’azione autenticamente evangelica: essi operano per la pacificazione e la concordia degli spiriti nella comunità cristiana.

Accade talvolta che si ripresentino antiche difficoltà o che emergano nuovi problemi, ritardando così il cammino ecumenico. Ma il Signore ci invita a continuare la ricerca con perseveranza, in obbedienza alla sua volontà. Il Concilio Vaticano II si era dichiarato consapevole che il santo proposito di riconciliare tutti i cristiani nell’unità della Chiesa di Cristo, una e unica, “supera le doti e le forze umane”. Perciò riponeva “tutta la sua speranza nell’orazione di Cristo per la Chiesa, nell’amore del Padre per noi e nella forza dello Spirito Santo” (Unitatis Redintegratio UR 24). Proprio per questo siamo certi che la nostra fede e la nostra speranza non saranno deluse.

La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che proprio domani avrà inizio, ci offre l’opportunità di intensificare la nostra orazione, unendo a tal fine anche le sofferenze e le fatiche d’ogni giorno. Grazie al contributo di ciascuno si affretti il giorno del pieno compimento dell’anelito del Redentore: Ut unum sint. Ce lo ottenga la materna intercessione di Maria, Vergine della Speranza e Regina della pace.

Saluti:


Ai fedeli di lingua italiana

Porgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. Saluto in particolare le Suore dell'Addolorata Serve di Maria, augurando loro di poter servire i sofferenti con l'amore di Maria ai piedi della Croce. Saluto con affetto i bambini bielorussi, che hanno trascorso il Natale ospiti di famiglie di Olevano Romano. Il Signore protegga voi, cari bambini, e ricompensi quanti vi hanno accolto. Mi rivolgo poi agli studenti della Scuola Media « Fedele Romani », di Roseto degli Abruzzi. Cari ragazzi e ragazze, la società propone diversi modelli di vita: sappiate valutarli con attenzione, e seguite sempre come supremo Maestro Gesù, che insegna la vera sapienza e conduce alla piena maturità umana e spirituale. Sono lieto di accogliere inoltre il gruppo di « Focolarini » prove , menti dai cinque continenti per un corso di approfondimento della loro vocazione. Carissimi, alla luce delle riflessioni svolte in questi giorni, possiate rinnovare e confermare il vostro « sì » personale e comunitario al Signore!

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Il mio pensiero va infine ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli. Oggi la liturgia fa memoria di Sant'Antonio Abate, uno dei padri fondatori del monachesimo, molto caro alla tradizione cristiana. L'esempio e l'intercessione di Sant'Antonio incoraggi voi, cari giovani, ad accogliere il Vangelo senza compromessi; aiuti voi, cari malati, ad offrire le vostre sofferenze in unione a quelle di Cristo per la salvezza dell'umanità; sostenga voi, cari sposi novelli, nel reciproco impegno di fedeltà e di amore, affinché la vostra famiglia sia sempre aperta alla vita ed alla solidarietà.




Mercoledì, 24 gennaio 1996: Maria nel Protovangelo

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1. “I libri dell’Antico Testamento descrivono la storia della salvezza, nella quale lentamente viene preparandosi la venuta di Cristo nel mondo. E questi primi documenti, come sono letti nella Chiesa e sono capiti alla luce dell’ulteriore e piena rivelazione, passo passo mettono sempre più chiaramente in luce la figura di una donna: la madre del Redentore” (Lumen Gentium
LG 55).

Con queste affermazioni il Concilio Vaticano II ci ricorda come la figura di Maria si sia venuta delineando fin dagli inizi della storia della salvezza. Essa si intravede già nei testi dell’Antico Testamento, ma si comprende pienamente solo quando questi “sono letti nella Chiesa” e capiti alla luce del Nuovo Testamento.

Lo Spirito Santo, infatti, ispirando i diversi autori umani, ha orientato la Rivelazione anticotestamentaria verso Cristo, che sarebbe venuto al mondo dal grembo della Vergine Maria.

2. Fra le parole bibliche che hanno preannunziato la Madre del Redentore, il Concilio cita anzitutto quelle con le quali Dio, dopo la caduta di Adamo ed Eva, rivela il suo piano di salvezza. Il Signore dice al serpente, figura dello spirito del male: “Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe; questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno” (Gn 3,15).

Tali espressioni, denominate dalla tradizione cristiana, fin dal secolo XVI, “Protovangelo”, cioè prima Buona Novella, lasciano intuire la volontà salvifica di Dio sin dalle origini dell’umanità. Infatti, di fronte al peccato, secondo la narrazione dell’autore sacro, la prima reazione del Signore non è quella di castigare i colpevoli, ma di aprire loro una prospettiva di salvezza e di coinvolgerli attivamente nell’opera redentrice, mostrando la sua grande generosità anche verso chi lo aveva offeso.

Le parole del Protovangelo rivelano, inoltre, il singolare destino della donna che, pur avendo preceduto l’uomo nel cedere alla tentazione del serpente, diventa poi, in virtù del piano divino, la prima alleata di Dio. Eva era stata l’alleata del serpente per trascinare l’uomo nel peccato. Dio annuncia che, capovolgendo questa situazione, Egli farà della donna la nemica del serpente.

3. Gli esegeti sono ormai concordi nel riconoscere che il testo della Genesi, secondo l’originale ebraico, attribuisce l’azione contro il serpente non direttamente alla donna, ma alla stirpe di lei. Il testo dà comunque un grande risalto al ruolo che ella svolgerà nella lotta contro il tentatore: il vincitore del serpente sarà, infatti, sua progenie.

Chi è questa donna? Il testo biblico non riferisce il suo nome personale, ma lascia intravedere una donna nuova, voluta da Dio per riparare la caduta di Eva: ella è chiamata, infatti, a restaurare il ruolo e la dignità della donna e a contribuire al cambiamento del destino dell’umanità, collaborando mediante la sua missione materna alla vittoria divina su satana.

4. Alla luce del Nuovo Testamento e della tradizione della Chiesa, sappiamo che la donna nuova annunciata dal Protovangelo è Maria, e riconosciamo nella “sua stirpe” (Gn 3,15), il figlio, Gesù, trionfatore nel mistero della Pasqua sul potere di satana.

Osserviamo altresì che l’inimicizia, posta da Dio fra il serpente e la donna, si realizza in Maria in duplice modo. Alleata perfetta di Dio e nemica del diavolo, ella fu sottratta completamente al dominio di satana nell’immacolato concepimento, quando fu plasmata nella grazia dallo Spirito Santo e preservata da ogni macchia di peccato. Inoltre, associata all’ opera salvifica del Figlio, Maria è stata pienamente coinvolta nella lotta contro lo spirito del male.

Così, i titoli di Immacolata Concezione e di Cooperatrice del Redentore, attribuiti dalla fede della Chiesa a Maria per proclamare la sua bellezza spirituale e la sua intima partecipazione all’opera mirabile della redenzione, manifestano l’opposizione irriducibile fra il serpente e la nuova Eva.

5. Esegeti e teologi ritengono che la luce della nuova Eva, Maria, dalle pagine della Genesi si proietti su tutta l’economia della salvezza, e vedono già in quel testo il legame tra Maria e la Chiesa. Noi qui rileviamo con gioia che il termine “donna”, usato in forma generica dal testo della Genesi, spinge ad associare alla Vergine di Nazaret e al suo compito nell’opera della salvezza specialmente le donne, chiamate, secondo il disegno divino, ad impegnarsi nella lotta contro lo spirito del male.

Le donne che, come Eva, potrebbero cedere alla seduzione di satana, dalla solidarietà con Maria ricevono una forza superiore per combattere il nemico, diventando le prime alleate di Dio sulla via della salvezza.

Questa alleanza misteriosa di Dio con la donna si manifesta in forme molteplici anche ai nostri giorni: nell’assiduità delle donne alla preghiera personale e al culto liturgico, nel servizio della catechesi e nella testimonianza della carità, nelle numerose vocazioni femminili alla vita consacrata, nell’educazione religiosa in famiglia...

Tutti questi segni costituiscono una attuazione molto concreta dell’oracolo del Protovangelo. Esso, infatti, suggerendo un’estensione universale del vocabolo “donna”, entro e oltre i confini visibili della Chiesa, mostra che la vocazione unica di Maria è inseparabile dalla vocazione dell’umanità e, in particolare, da quella di ogni donna, che s’illumina alla missione di Maria, proclamata prima alleata di Dio contro satana e il male.

Saluti

***


Porgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai folti gruppi parrocchiali di San Filippo Neri in Collefiorito di Guidonia, accompagnato dal Vescovo Monsignor Pietro Garlato, e del Santissimo Nome di Maria in Caserta. Con gioia benedico oggi la prima pietra ed il plastico dei vostri rispettivi complessi pastorali, e prego per le vostre Comunità, perché siano forti nella fede e ferventi nella testimonianza evangelica. Carissimi Fratelli e Sorelle, siate sempre pietre vive della Chiesa di Dio!

Saluto, inoltre, gli Amici di Raoul Follereau, sempre molto attivi nella lotta contro la lebbra. La vostra presenza, carissimi, mi offre l'occasione di ricordare a tutti che domenica prossima si terrà la Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra. Come opportunamente viene sottolineato dal tema della celebrazione, occorre « cambiare noi per cambiare il mondo ». Questo è il messaggio che voi lanciate all'opinione pubblica, ed io vi ringrazio a nome di quanti traggono sollievo dal vostro impegno.

Rivolgo poi un pensiero ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Nel clima della Settimana di preghiera per l'unità dei Cristiani, celebriamo oggi la memoria liturgica di san Francesco di Sales, patrono della stampa cattolica. Vescovo di Ginevra in un periodo di gravi conflitti, egli fu uomo di pace e di comunione. Lo ricordiamo come maestro di vita spirituale: egli ha insegnato che la perfezione cristiana è accessibile ad ogni persona, qualunque sia il suo stato di vita e la sua condizione sociale.

Cari giovani, malati e sposi novelli, per intercessione di san Francesco di Sales possiate anche voi vivere la vostra vocazione e le concrete condizioni in cui vi trovate come autentiche vie di santità, da percorrere con fiducia nell'amore di Dio che sempre ci accompagna.

A tutti e a ciascuno la mia Benedizione.




Mercoledì, 31 gennaio 1996: Annuncio della maternità messianica

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1. Trattando della figura di Maria nell’Antico Testamento, il Concilio (Lumen Gentium
LG 55) fa riferimento al noto testo di Isaia, che ha attirato in maniera particolare l’attenzione dei primi cristiani: "Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele" (Is 7,14).

Nel contesto dell’annuncio dell’angelo che invita Giuseppe a prendere con sé Maria, sua sposa, "perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo", Matteo attribuisce un significato cristologico e mariano all’oracolo. Infatti aggiunge: "Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi" (Mt 1,22-23).

2. Tale profezia nel testo ebraico non annuncia esplicitamente la nascita verginale dell’Emmanuele: il vocabolo usato (almah), infatti, significa semplicemente "una giovane donna", non necessariamente una vergine. Inoltre, è noto che la tradizione giudaica non proponeva l’ideale della verginità perpetua, né aveva mai espresso l’idea di una maternità verginale.

Nella traduzione greca, invece, il vocabolo ebraico fu reso col termine "parthenos", "vergine". In questo fatto, che potrebbe apparire semplicemente una particolarità di traduzione, dobbiamo riconoscere un misterioso orientamento dato dallo Spirito Santo alle parole di Isaia, per preparare la comprensione della nascita straordinaria del Messia. La traduzione col termine "vergine" si spiega in base al fatto che il testo di Isaia prepara con grande solennità l’annuncio del concepimento e lo presenta come un segno divino (Is 7,10-14), suscitando l’attesa di un concepimento straordinario. Orbene, che una giovane donna concepisca un figlio dopo essersi unita al marito non costituisce un fatto straordinario. D’altra parte, l’oracolo non accenna per niente al marito. Una simile formulazione suggeriva quindi l’interpretazione data poi nella versione greca.

3. Nel contesto originale, l’oracolo di Isaia 7, 14 costituiva la risposta divina a una mancanza di fede del re Achaz, il quale, dinanzi alla minaccia di una invasione degli eserciti dei re vicini, cercava la salvezza sua e del suo regno nella protezione dell’Assiria. Nel consigliargli di riporre la fiducia soltanto in Dio, rinunciando al temibile intervento assiro, il profeta Isaia lo invita da parte del Signore a un atto di fede nella potenza divina: "Chiedi un segno dal Signore tuo Dio...". Al rifiuto del re, che preferisce cercare la salvezza nei soccorsi umani, il profeta pronuncia il celebre oracolo: "Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta di stancare la pazienza degli uomini, perché ora vogliate stancare anche quella del mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele" (Is 7,13-14).

L’annuncio del segno dell’Emmanuele, "Dio-con-noi", implica la promessa della presenza divina nella storia che troverà pienezza di significato nel mistero dell’Incarnazione del Verbo.

4. Nell’annuncio della nascita prodigiosa dell’Emmanuele, l’indicazione della donna che concepisce e partorisce mostra una certa intenzione di associare la madre al destino del figlio un principe destinato a stabilire un regno ideale, il regno "messianico" e fa intravedere un disegno divino particolare, che pone in evidenza il ruolo della donna.

Il segno, infatti, non è soltanto il bambino, ma il concepimento straordinario, rivelato poi nel parto stesso, evento pieno di speranza, che sottolinea il ruolo centrale della madre.

L’oracolo dell’Emmanuele va compreso, inoltre, nella prospettiva aperta dalla promessa rivolta a David, promessa che si legge nel secondo Libro di Samuele. Qui il profeta Natan promette al re il favore divino per il suo discendente: "Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile per sempre il trono del suo regno. Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio" (2S 7,13-14).

Nei confronti della stirpe davidica, Dio vuole assumere un ruolo paterno, che manifesterà il suo pieno ed autentico significato nel Nuovo Testamento, con l’incarnazione del Figlio di Dio nella famiglia di Davide (cfr Rm 1,3).

5. Lo stesso profeta Isaia, in un altro testo molto conosciuto, ribadisce il carattere eccezionale della nascita dell’Emmanuele. Ecco le sue parole: "Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace" (9, 5). Il profeta esprime così, nella serie di nomi dati al bambino, le qualità del suo compito regale: sapienza, potenza, benevolenza paterna, azione pacificatrice.

La madre qui non è più indicata, ma l’esaltazione del figlio, che porta al popolo tutto ciò che può essere sperato nel regno messianico, si riversa anche sulla donna che lo ha concepito e partorito.

6. Anche un famoso oracolo di Michea allude alla nascita dell’Emmanuele. Dice il profeta: "E tu, Betlemme di Efrata, così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti. Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando colei che deve partorire partorirà . . ." (Mi 5,1-2). In queste parole risuona l’attesa di un parto ricolmo di speranza messianica, nel quale si evidenzia, ancora una volta, il ruolo della madre, esplicitamente ricordata e nobilitata dal mirabile evento che reca gioia e salvezza.

7. La maternità verginale di Maria è stata preparata in un modo più generale dal favore concesso da Dio agli umili e ai poveri (cf. Lumen Gentium LG 55).

Questi, ponendo ogni loro fiducia nel Signore, anticipano col loro atteggiamento il significato profondo della verginità di Maria, che, rinunciando alla ricchezza della maternità umana, ha atteso da Dio tutta la fecondità della propria vita.

L’Antico Testamento non contiene, dunque, un annuncio formale della maternità verginale, rivelata pienamente solo dal Nuovo Testamento. Tuttavia l’oracolo di Isaia (Is 7,14) prepara la rivelazione di questo mistero ed è stato precisato in questo senso nella traduzione greca dell’Antico Testamento. Citando l’oracolo così tradotto, il Vangelo di Matteo ne proclama il perfetto adempimento per mezzo del concepimento di Gesù nel grembo verginale di Maria.

Saluti



Rivolgo un cordiale benvenuto a tutti i pellegrini di lingua italiana, in particolare al gruppo di sacerdoti, religiose e laici, provenienti da vari Paesi dell'Europa, dell'Africa e dell'America Latina, per partecipare ad un corso organizzato dalla Congregazione delle Cause dei Santi. Carissimi, vi auguro di lavorare con frutto al servizio del patrimonio della santità, il più grande che la Chiesa possieda, e di arricchirlo con la vostra personale testimonianza.

Saluto, poi, il gruppo di fedeli della Diocesi di Senigallia, venuti a Roma in occasione dell'anniversario della morte del Papa Pio IX. Auguro che 1'annuale ricordo del vostro illustre e caro Conterraneo valga a rafforzare in voi l'impegno di generosa e fedele adesione a Cristo ed alla Chiesa.

Un affettuoso pensiero dirigo, inoltre, ai bambini bielorussi, ospiti della Parrocchia di Gesù Maestro a Tor Lupara in Roma. Il Signore vi protegga, cari bambini, e ricompensi ampiamente quanti vi hanno accolto in questi due mesi.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Desidero ora rivolgere il mio saluto ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. La figura di san Giovanni Bosco, che oggi la Chiesa ricorda, ci porta naturalmente a considerare quanto sia importante educare specialmente le nuove generazioni agli autentici valori umani e spirituali della vita. Cari giovani, invoco su di voi la particolare protezione del Santo della Gioventù e vi auguro di trovare sempre educatori saggi e guide sicure. Cari ammalati, la vostra sofferenza, offerta con generosità al Signore, possa rendere fecondo l'impegno che la Chiesa dedica al mondo giovanile. E voi, sposi novelli, preparatevi ad essere i primi ed insostituibili educatori dei figli che il Signore vi donerà. Su tutti invoco volentieri la benedizione del Signore.




Mercoledì, 14 febbraio 1996: Riflessione sul viaggio apostolico in America Centrale ed in Venezuela

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Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono rientrato due giorni fa da un importante ed intenso Viaggio apostolico in America Centrale ed in Venezuela, ove mi sono recato rispondendo all’invito degli Episcopati e delle Autorità civili dei Paesi visitati.

Rendo grazie, anzitutto, al Signore, che mi ha concesso di visitare nuovamente quelle terre come apostolo del Vangelo e pellegrino di speranza. Un sentito ringraziamento va pure a quanti hanno reso possibile il viaggio: ai Pastori, alle Autorità civili ed a quanti hanno in vari modi cooperato alla sua felice riuscita. A tutti coloro che, a costo di sacrifici, hanno offerto la loro presenza e la loro preghiera, grazie di cuore!

Si può dire che questo viaggio-pellegrinaggio, considerato sotto il profilo spirituale, ha avuto due punti focali: il Crocifisso e la Vergine Maria. Il primo rappresentato dalle venerate immagini del Santo Cristo di Esquipúlas, in Guatemala, e del "Sangre de Cristo" nella Cattedrale di Managua; il secondo soprattutto dal Santuario di Nostra Signora di Coromoto, in Venezuela. Queste mete hanno impresso un carattere profondamente religioso all’intero itinerario.

2. Non v’è dubbio, però, che la visita abbia rivestito anche un forte significato sociale. In Guatemala, Nicaragua e El Salvador vi era grande attesa di un nuovo, più autentico e più libero incontro col Papa, dopo quello del 1983, così segnato - soprattutto in Nicaragua - da un clima di acuta tensione ideologica. La presente visita si è svolta in modo molto differente: piena libertà di contatto e grande cordialità. Tale mutamento di clima si è compiuto in notevole misura sullo sfondo degli avvenimenti del 1989. L’America Centrale ha cessato di essere un "poligono" delle influenze e del conflitto tra le due "superpotenze" e vive con maggiore autonomia la propria storia. In questa nuova situazione, i singoli Paesi sono chiamati ad affrontare urgenti problematiche quali il rapporto capitale-lavoro e l’equa gestione dei beni. Nell’impegno di ricostruzione, che richiede un solidale sforzo di maggiore giustizia sociale, è pienamente coinvolta la Comunità ecclesiale.

3. Al mio arrivo in Guatemala, ho subito ritrovato l’inconfondibile clima di calore umano tipico dell’America Latina, clima che mi ha accompagnato in ogni tappa del viaggio: moltitudini festanti, tra cui moltissimi giovani, hanno trasformato ogni spostamento in un incontro, in una festa, appunto, di famiglia.

All’indomani mi sono recato nella cittadina di Esquipúlas, dove da quattro secoli si venera lo stupendo Crocifisso detto "Cristo Negro", a causa del colore bruno che il tempo ed il fumo dei ceri gli hanno procurato. Celebrare l’Eucaristia in quel luogo, così segnato dal mistero della passione di Cristo, è stato un momento di grande intensità spirituale. Sostando in preghiera ai piedi del Crocifisso, ho potuto fare mia l’invocazione di milioni di poveri dell’America Latina, crocifissi a causa dell’ingiustizia umana. Ho potuto condividere la speciale devozione di quelle popolazioni per la Passione di Cristo e la loro incrollabile speranza.

Rientrato nella Capitale, ho presieduto una solenne Celebrazione della Parola, durante la quale ho incoronato l’immagine della Vergine dell’Assunzione, Patrona della Città. Sostenute dalla sua materna intercessione, in tempi difficili, numerose persone, soprattutto catechisti, non hanno esitato a dare la vita per diffondere il Vangelo tra i fratelli. Il loro esempio ho additato ai catechisti di oggi, invitandoli ad una testimonianza altrettanto generosa ed incisiva.

4. La tappa successiva del pellegrinaggio è stata in Nicaragua. Com’è noto, in occasione della mia prima visita, tredici anni fa, la situazione politica aveva impedito un vero incontro con la gente, lasciando un senso di incompiutezza. Ecco perché, come ho sottolineato al mio arrivo a Managua, questo ritorno era particolarmente desiderato.Il grande entusiasmo del popolo nicaraguense lo ha dimostrato, attestando al tempo stesso la volontà di fondare il rinnovamento sociale sui valori religiosi e morali di cui è ricco. Primo fra questi, il valore della famiglia.

Per questo motivo, nel parco Malecón di Managua, ho celebrato la Messa per la Famiglia, nella quale ho invitato gli sposi a rinnovare la grazia del sacramento del matrimonio e a fondare sempre la vita coniugale e familiare sulla fedeltà alla Parola di Dio. Con la medesima celebrazione ho anche concluso, in un clima di gioia e di fede, il Congresso Eucaristico-Mariano Nazionale.

Quel clima si è prolungato nel pomeriggio, quando ho visitato la nuova Cattedrale di Managua, dedicata all’Immacolata Concezione, Patrona del Paese. In quel moderno tempio ho parlato ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose ed ai laici impegnati esortandoli a lavorare generosamente per la Chiesa, Sposa di Cristo senza macchia e senza ruga. Mi sono poi fermato in adorazione del Santissimo Sacramento nella bella Cappella "del Sangue di Cristo", così chiamata a motivo del Crocifisso che vi si venera. Ho ripensato allora al "Cristo Negro" di Esquipúlas, ed ho idealmente unito nella preghiera i popoli latino-americani, affidandoli tutti alle braccia spalancate del Salvatore.

5. Con grande entusiasmo mi ha accolto il Paese che porta proprio questo nome: El Salvador, terra lacerata nel recente passato da violenti conflitti tra opposte fazioni ideologiche. La Chiesa vi ha svolto un ruolo determinante per la ripresa del dialogo e per la pacificazione, pagando un altissimo prezzo di sangue, soprattutto con i suoi Pastori, tra i quali è molto venerato l’Arcivescovo Oscar Arnulfo Romero, ucciso nel 1980.

L’autentica pace è inseparabile dalla giustizia. Ho voluto perciò celebrare a San Salvador la Santa Messa per la Giustizia e la Pace, facendo mie, quale augurio per il popolo salvadoregno, le parole del Salmista: "Che fiorisca la giustizia e abbondi per sempre la pace" (cf.
Ps 71,7). Quando poi, davanti alla Cattedrale in cui sono custodite le spoglie mortali degli Arcivescovi Mons. Chàvez, Mons. Romero e Mons. Rivera Damas, è stato letto il Vangelo delle Beatitudini, la commossa memoria dei tre amati Pastori e della loro testimonianza ha ravvivato in tutti la volontà di lavorare uniti per la costruzione di un mondo più umano.

6. La seconda parte del viaggio mi ha portato, come sapete, nel Venezuela, Paese da me già visitato nel 1985, segnato purtroppo attualmente da una pesante crisi economico-sociale. Nel tragitto dall’aeroporto alla Capitale Caracas, ho voluto sostare presso un grande penitenziario per benedire i carcerati, e lasciare loro un messaggio di speranza, fondato sull’amore fedele di Dio per ciascuna persona umana.

Mi sono poi recato al Santuario nazionale di Coromoto, antico centro della devozione mariana del popolo venezuelano. Sul luogo dell’apparizione del 1652 è stato costruito negli ultimi anni un moderno, imponente Santuario, che ho avuto la gioia di inaugurare ufficialmente. Durante la Celebrazione eucaristica in quel luogo così suggestivo, abbiamo meditato sulla presenza di Maria Santissima in mezzo al Popolo di Dio, una presenza che costituisce un costante invito alla fede, all’amore per i fratelli, all’evangelizzazione, all’impegno sociale; in una parola: un invito alla santità.

A Caracas, nell’ultimo giorno del mio pellegrinaggio, ho celebrato la Santa Messa per l’Evangelizzazione dei popoli, ricordando il V centenario dell’arrivo della fede cristiana in Venezuela, dove essa ha fatto germogliare frutti meravigliosi di vita evangelica, tra i quali l’esemplare testimonianza di Madre Maria de San José, che l’anno scorso ho avuto la gioia di iscrivere nell’Albo dei Beati.

Nella prospettiva della nuova evangelizzazione, sono stati molto significativi altri due incontri: quello con i cosiddetti "Costruttori della società" e quello con i giovani.Il primo mi ha offerto l’occasione di rivolgermi ad una folta e qualificata assemblea di operatori della vita economica, politica e culturale, convenuti da tutto il Venezuela, per esortarli a fondare il rinnovamento sociale sulla cultura della vita e della solidarietà. L’ultimo incontro è stato con i giovani. Ad essi, promessa del futuro nel "continente della speranza", ho lasciato la consegna finale, racchiusa, ancora una volta, in una beatitudine: "Beati voi, se aprite le porte del vostro cuore a Cristo Salvatore!". Nonostante le gravi difficoltà, in quelle terre si avverte prorompente l’entusiasmo della fede, insieme con la consapevolezza che il futuro della Chiesa dipende in misura considerevole dall’impegno delle nuove generazioni. Possa la Parola di Dio, seminata nel corso di questo pellegrinaggio, germogliare e portare frutti abbondanti.

Carissimi Fratelli e Sorelle, vi invito a pregare insieme con me il Signore per questo, invocando l’intercessione costante della Vergine Santa, Madre dei popoli dell’America Latina e Stella della nuova evangelizzazione.

Saluti

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Ai pellegrini di lingua italiana

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai Sacerdoti della diocesi di Ferrara, venuti a Roma per festeggiare il XXV di Ordinazione. Il giubileo sacerdotale, carissimi, sia per voi fonte di rinnovata dedizione a Cristo ed alla sua Chiesa. Sono lieto di accogliere i militari del Reggimento Paracadutisti « Folgore » in Siena, e li ringrazio per il loro cortese omaggio. Saluto inoltre con affetto i vari gruppi parrocchiali e gli studenti, come pure i bambini bielorussi, ospiti della parrocchia dei Frati Cappuccini in Cerignola.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Il mio pensiero va infine ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Si celebra oggi la festa liturgica dei santi Cirillo e Metodio, grandi evangelizzatori dei popoli slavi e patroni d'Europa insieme con san Benedetto. A voi, cari giovani, rinnovo l'invito fatto a Loreto nello scorso settembre: diffondete la cultura cristiana, cultura della responsabilità e della solidarietà. Voi, cari malati, offrite al Signore i momenti di prova perché si aprano le porte dei cuori all'annuncio del Vangelo. E voi, cari sposi novelli, siate dappertutto testimoni dell'amore di Cristo, che vi ha condotti ad unirvi in un comune progetto di vita.







Catechesi 79-2005 17196