Catechesi 79-2005 21296

Mercoledì delle Ceneri, 21 febbraio 1996: l’avvio corale di un cammino di conversione in preparazione al Grande Giubileo

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Quaresima 1996:


1. Oggi, Mercoledì delle Ceneri, inizia la Quaresima, tempo liturgico "forte", durante il quale i cristiani sono chiamati a fissare lo sguardo su Gesù per seguirlo nell’itinerario verso la Pasqua.

In questo cammino spirituale, che ha come punto d’arrivo il Triduo Pasquale, la comunità cristiana riscopre la sua vocazione di popolo redento, chiamato a vivere la morte di Cristo per partecipare alla sua resurrezione. Facendo una più intima esperienza di Lui, essa si rinnova nella fede, nella speranza e nell’amore. Attraverso l’ascolto della Parola, la preghiera, la penitenza e la pratica della carità verso i fratelli bisognosi, la Chiesa prende parte alla vita stessa di Cristo che affronta l’esperienza del deserto, digiuna, vince la tentazione e percorre poi la via del servo umile e sofferente fino alla croce. In Cristo, la Chiesa rivive l’esodo pasquale, che la condurrà ad una più intensa coscienza della sua realtà di popolo della Nuova Alleanza, convocato per la lode, nell’ascolto della Parola e nell’esperienza gioiosa dei prodigi del Signore.

L’intera liturgia del tempo quaresimale ricorda ai credenti la grazia che ogni anno viene loro offerta come segno dell’amore misericordioso di Dio. E proprio l’odierna celebrazione liturgica con l’imposizione delle ceneri sprona i fedeli alla conversione, a lasciarsi cioè coinvolgere in questo tempo di salvezza. Significative sono le parole del prefazio della Quaresima: "Ogni anno tu doni ai tuoi fedeli di prepararsi con gioia, purificati nello spirito, alla celebrazione della Pasqua, perché, assidui nella preghiera e nella carità operosa, partecipino ai misteri della redenzione e raggiungano la pienezza della vita nuova in Cristo tuo Figlio" (Messale Romano, Prefazio della Quaresima I).

Il cristiano vive, pertanto, la Quaresima come tempo privilegiato per riscoprire la grazia del Battesimo e per prepararsi a celebrare nella gioia, con cuore libero e riconciliato, il dono pasquale della figliolanza divina.

Lo Spirito, che ha guidato Gesù nel cammino verso la Pasqua, spinge anche i battezzati a seguirlo nel "deserto", per confermarli nella loro fedeltà a Dio e al suo progetto, di fronte alle ricorrenti tentazioni del materialismo, del potere e della infedeltà. Tutto questo in un clima di intima riflessione, di costante ascolto e di fiduciosa preghiera.

2. La Quaresima, con il suo austero itinerario, aiuta tutti noi a prendere coscienza dei rischi spirituali a cui è esposta la nostra vita e ci incoraggia nel contempo ad aprire gli occhi sulle prospettive meravigliose della vocazione cristiana.

L’immagine del deserto, tipica di questo periodo, mette con realismo l’uomo davanti all’esito del suo distaccarsi da Colui che è la sorgente della Vita. Senza Dio, l’esistenza diventa vuota, priva di senso, arida di affetti autentici e di grandi ideali, ignara di generosità, di amore e di perdono. D’altra parte, nel tempo quaresimale la liturgia ci invita a considerare la condizione umana nella luce della misericordia divina, prospettando la concreta possibilità della salvezza. Come per il figliol prodigo, è il ricordo del Padre (cf.
Lc 15,17) ad infondere fiducia in chi ha peccato e a fargli prendere la via del ritorno, sollecitandolo all’ascolto di "ogni parola che esce dalla bocca di Dio" (Mt 4,4).

3. "Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio" (2Co 5,20). L’invito dell’apostolo Paolo, che risuona quest’oggi all’inizio del cammino quaresimale, pone in evidenza che stiamo entrando in un tempo provvidenziale di conversione e di riconciliazione.

L’ascolto della Parola di Dio, la preghiera, l’esercizio delle opere di misericordia ci sono di aiuto nello scoprire l’umana fragilità alla luce dell’amore di Dio e, allo stesso tempo, ci ottengono la forza per rimetterci in cammino verso la meta della nostra salvezza. Illuminato dalla grazia del Signore, ogni credente può riprendere la via della santità, docile alle indicazioni salvifiche del Vangelo.

Questo tempo penitenziale chiede, pertanto, al cristiano di impegnarsi a sanare le conseguenze dei peccati personali e comunitari con la mortificazione delle passioni e con una vita più sobria. Lo porta a sperimentare la beatitudine che il Signore promette a chi è afflitto per il male compiuto (cf. Mt 5,4) e lo guida, sollevato e rafforzato, ad una pace intima e durevole.

4. Accanto alla preghiera, nel periodo di preparazione alla Pasqua assume particolare rilievo il digiuno. Per suo mezzo il Signore santifica e purifica la sua Chiesa. Con tale opera penitenziale lo stesso Signore, come ricorda la liturgia, vince le nostre passioni, eleva lo spirito, infonde la forza e dona il premio (cf. Messale Romano, Prefazio di Quaresima I).

Oltre al digiuno, la Quaresima invita alla pratica dell’elemosina, che conduce chi si incammina verso la Pasqua ad aprire il cuore ai fratelli, specialmente ai più poveri e bisognosi, facendosi carico della fame e della sofferenza di tanta parte dell’umanità. In un mondo lacerato da molte ingiustizie, l’elemosina quaresimale diventa segno della realtà nuova del Regno di Dio e anticipazione di una convivenza tra gli uomini più giusta e fraterna, perché ispirata dal Vangelo.

5. Quest’anno, la Quaresima assume un rilievo singolare, giacché si inserisce nella prima fase di preparazione al Grande Giubileo del Duemila. Il mio auspicio è che in ogni comunità diocesana essa possa rappresentare l’avvio di un corale cammino di conversione per una nuova evangelizzazione. Non possiamo, infatti, dimenticare che l’umanità intera, a partire proprio dalla riconciliazione con Dio ed i fratelli, è chiamata a porre le condizioni per costruire un mondo più libero ed accogliente, illuminato dalla vittoria pasquale di Cristo sul male e sulla morte.

In tale itinerario che oggi intraprendiamo, ci è accanto Maria, Madre della speranza: Ella ci sostiene con la sua tenerezza materna e ci guida ad accogliere con animo rinnovato l’annuncio gioioso della Pasqua.

Saluti:

Ai pellegrini di lingua francese



Ai fedeli italiani

Porgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana: alle religiose, ai gruppi parrocchiali, alle scolaresche. Saluto, in particolare, i cittadini di Fano Adriano, guidati dal Sindaco e dal Parroco, e volentieri benedico la statua di santa Reparata, protettrice della Diocesi di Teramo-Atri, che verrà collocata in un'edicola alle pendici del Gran Sasso. Saluto inoltre gli operatori del Luna Park «Edenlandia» di Napoli, incoraggiandoli ad essere presenti con stile cristiano nell'ambiente del divertimento.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Rivolgo ora un pensiero ai giovani, agli ammalati ed agli sposi novelli. La Quaresima, che oggi inizia, ci invita a lasciarci riconciliare con Dio (Cfr. 2Co 5,20). Cari giovani, sentite questo richiamo rivolto personalmente ad ognuno di voi, e seguitelo con generosità. Cari malati, unite la vostra sofferenza a quella di Gesù Cristo, che accompagniamo sulla via del Calvario. Auguro infine a voi, cari sposi novelli, di percorrere con fiducia il sentiero della vita superando gli inevitabili momenti di prova, sempre consapevoli che il sacrificio e la rinuncia rendono l'amore più forte e più profondo.




Mercoledì, 6 marzo 1996: La maternità viene da Dio

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1. La maternità è un dono di Dio. "Ho acquistato un uomo dal Signore" (
Gn 4,1), esclama Eva dopo aver partorito Caino, il suo primogenito. Con queste parole il libro della Genesi presenta la prima maternità della storia dell’umanità come grazia e gioia che scaturiscono dalla bontà del Creatore.

2. Analogamente viene illustrata la nascita di Isacco, all’origine del popolo eletto.

Ad Abramo, privo di discendenza e ormai avanzato negli anni, Dio promette una posterità numerosa come le stelle del cielo (cf. Gn 15,5). La promessa è accolta dal patriarca con la fede che dischiude all’uomo il disegno di Dio: "Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia" (Gn 15,6).

Tale promessa è confermata dalle parole pronunciate dal Signore in occasione del Patto stabilito con Abramo: "Eccomi: la mia alleanza è con te e sarai padre di una moltitudine di popoli" (Gn 17,4).

Eventi straordinari e misteriosi sottolineano come la maternità di Sara sia soprattutto frutto della misericordia di Dio, che dona la vita al di là di ogni umana previsione: "Io la benedirò e anche da lei ti darò un figlio; la benedirò e diventerà nazioni e re di popoli nasceranno da lei" (Gn 17,15-16).

La maternità è presentata come un dono decisivo del Signore: il patriarca e sua moglie riceveranno un nome nuovo per significare l’inattesa e meravigliosa trasformazione che Dio opererà nella loro vita.

3. La visita di tre misteriosi personaggi, nei quali i Padri della Chiesa hanno visto una prefigurazione della Trinità, annuncia in modo più concreto ad Abramo il compimento della promessa: "Il Signore apparve [ad Abramo] alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui" (Gn 18,1-2). Abramo obietta: "Ad uno di cento anni può nascere un figlio? E Sara all’età di novanta anni potrà partorire?" (Gn 17,17 cfr Gn 18,11-13). L’ospite divino risponde: "C’è forse qualche cosa impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te alla stessa data e Sara avrà un figlio" (Gn 18,14 cfr Lc 1,37).

Il racconto sottolinea l’effetto della visita divina che rende feconda un’unione coniugale, rimasta fino a quel momento sterile. Credendo nella promessa, Abramo diviene padre contro ogni speranza, e "padre nella fede" perché dalla sua fede "discende" quella del popolo eletto.

4. La Bibbia riporta altri racconti di donne liberate dalla sterilità e allietate dal Signore col dono della maternità. Si tratta di situazioni spesso angosciose, che l’intervento di Dio trasforma in esperienze di gioia accogliendo la preghiera accorata di chi umanamente è senza speranza. Rachele, ad esempio, "vedendo che non le era concesso di procreare figli a Giacobbe, divenne gelosa della sorella Lia e disse a Giacobbe: "Dammi dei figli, se no io muoio!". Giacobbe s’irritò contro di lei e disse: "Tengo forse io il posto di Dio, il quale ti ha negato il frutto del grembo?" (Gn 30,1-2).

Ma il testo biblico aggiunge subito che "Dio si ricordò anche di Rachele; Dio la esaudì e la rese feconda. Essa concepì e partorì un figlio" (Gn 30,22-23). Questo figlio, Giuseppe, svolgerà un ruolo molto importante per Israele al momento della trasmigrazione in Egitto.

In questo come in altri racconti, sottolineando la condizione di sterilità iniziale della donna, la Bibbia intende porre in risalto il carattere meraviglioso dell’intervento divino in questi casi particolari, ma lascia al tempo stesso intendere la dimensione di gratuità insita in ogni maternità.

5. Analogo procedimento troviamo nel racconto della nascita di Sansone. La moglie di Manoach, che non aveva mai potuto generare figli, riceve l’annuncio dall’angelo del Signore: "Ecco, tu sei sterile e non hai avuto figli, ma concepirai e partorirai un figlio" (Jg 13,3). Il concepimento, inatteso e prodigioso, annuncia le grandi cose che il Signore compirà per mezzo di Sansone.

Nel caso di Anna, la madre di Samuele, viene sottolineato il ruolo particolare della preghiera. Anna vive l’umiliazione della sterilità, ma è animata da una grande fiducia in Dio, al quale si rivolge con insistenza perché l’aiuti a superare quella prova. Un giorno, recatasi al Tempio, esprime un voto: "Signore degli eserciti... se non dimenticherai la tua schiava e darai alla tua schiava un figlio maschio, io lo offrirò al Signore per tutti i giorni della sua vita... " (1S 1,11).

La sua preghiera venne esaudita: "Il Signore si ricordò di lei", che "concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuele" (1S 1,19-20). Adempiendo il suo voto, Anna offrì suo figlio al Signore: "Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho chiesto. Perciò anch’io lo do in cambio al Signore: per tutti i giorni della sua vita egli è ceduto al Signore" (1S 1,27-28). Dato da Dio ad Anna e poi dato da Anna a Dio, il piccolo Samuele diventa un legame vivo di comunione tra Anna e Dio.

La nascita di Samuele è quindi esperienza di gioia e occasione di rendimento di grazie. Il primo Libro di Samuele riporta un inno, detto il "Magnificat" di Anna, che sembra anticipare quello di Maria: "Il mio cuore esulta nel Signore, la mia fronte s’innalza grazie al mio Dio . . ." (1S 2,1).

La grazia della maternità concessa ad Anna da Dio per la sua incessante preghiera, provoca in lei nuova generosità. La consacrazione di Samuele è la risposta riconoscente di una madre che, ravvisando nel suo bambino il frutto della misericordia divina, ricambia il dono affidando quel figlio tanto atteso al Signore.

6. Nel racconto delle maternità straordinarie che abbiamo rievocato, è facile scoprire il posto importante che la Bibbia assegna alle madri nella missione dei figli. Nel caso di Samuele, Anna svolge un ruolo determinante con la decisione di donarlo al Signore. Una funzione ugualmente decisiva è svolta da un’altra madre, Rebecca, che procura l’eredità a Giacobbe (Gn 27). In quell’intervento materno, descritto dalla Bibbia, si può leggere il segno di una elezione a strumento del disegno sovrano di Dio. È Lui che sceglie il figlio più giovane, Giacobbe, come portatore della benedizione e dell’eredità paterna, e quindi come pastore e guida del suo popolo. È Lui che con decisione gratuita e sapiente fissa e regge il destino di ogni uomo (Sg 10,10-12).

Il messaggio della Bibbia sulla maternità rivela aspetti importanti e sempre attuali: ne mette in luce, infatti, la dimensione di gratuità, che si manifesta soprattutto nel caso delle sterili, la particolare alleanza di Dio con la donna e il legame speciale fra il destino della madre e quello del figlio.

Al tempo stesso, l’intervento di Dio che, in momenti importanti della storia del suo popolo, rende feconde alcune donne sterili, prepara la fede nell’intervento di Dio che, nella pienezza dei tempi, renderà feconda una Vergine per l’incarnazione del suo Figlio.

Saluti:

Agli studenti italiani:

1. Benvenuti nella Basilica di San Pietro! Vi accolgo tutti con affetto, cominciando dai più piccoli, tra i quali saluto in particolare i bambini dell'Istituto « Unitas Catholica » di Reggio Calabria e gli Alunni del Circolo didattico « Imbriani » di Napoli. Tra gli adolescenti, poi, saluto i quattordicenni del decanato di Vimercate, in diocesi di Milano, che sono venuti a Roma per fare qui, vicino alla tomba dell'apostolo Pietro, la loro professione di fede.

Che cosa significa « fare la professione di fede »? Significa affermare di credere in Dio e in Gesù Cristo, confermando così gli impegni assunti con il Battesimo. Quando si è battezzati da piccoli, come nel caso vostro, sono i genitori e i padrini a fare la professione di fede a nome del neonato. Ma adesso che siete cresciuti e avete conosciuto personalmente Gesù e il Vangelo, ecco che voi stessi siete chiamati a confermare il dono ricevuto professando la fede in modo consapevole e libero. Poterlo fare qui, nel luogo dove San Pietro ha versato il suo sangue ed è stato sepolto, è una grazia che vi esorto a far fruttare nella vostra vita.

2. Il tempo di Quaresima che stiamo vivendo invita tutti i cristiani a ripensare al proprio Battesimo, non come ad un fatto passato, ma come ad una realtà spirituale sempre viva e presente. Per voi ragazzi e ragazze il Battesimo è come una roccia stabile e sicura, sulla quale potete costruire la casa della vostra vita senza paura. Nessuna tempesta potrà mai farla cadere, se, come dice il Vangelo, non vi limiterete ad ascoltare la parola di Gesù, ma la metterete in pratica (Cfr Mt 7,24-27).

3. L'apostolo Pietro, che si chiamava Simone, fu da Gesù soprannominato Pietro, cioè « Roccia », perché la sua fede doveva essere il fondamento su cui costruire la Chiesa. Ecco, carissimi, vi trovate proprio davanti alla tomba di quel pescatore di Galilea che Cristo chiamò a seguirlo e incaricò di « pascere le sue pecorelle »: questo stesso luogo vi chiama e vi sprona ad impegnarvi nel seguire sempre Gesù con fede sincera e generosa, come quella del suo grande Apostolo.

È questo anche il mio augurio per ciascuno di voi. Lo accompagno con una speciale Benedizione, che estendo ai vostri familiari.



Ai fedeli di lingua italiana

Carissimi bambini, ragazzi e giovani! Porgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai Religiosi ed alle Religiose, ai quali auguro ogni bene per le rispettive comunità e congregazioni. Saluto poi i fedeli delle varie parrocchie, come pure gli altri gruppi presenti, invocando per tutti pace e cristiana prosperità.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Rivolgo ora il mio pensiero a voi, cari giovani, malati e sposi novelli. Il tempo di Quaresima che stiamo vivendo costituisce un appello concreto alla conversione, in preparazione alla Pasqua. Invito voi, cari giovani, ad affrontare questo cammino con il cuore e la mente illuminati dalla parola di Dio. A voi, cari malati, suggerisco di meditare sulla passione del Signore, per sentirne i benefici in ogni momento difficile. Esorto infine voi, cari sposi novelli, ad una intensa preghiera comune, affinché la vita domestica sia sempre allietata dalla presenza del Signore.




Mercoledì, 20 marzo 1996: San Giuseppe è l’insuperabile testimone di quel silenzio contemplativo colmo di ascolto della Parola di Dio

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Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Rivolgo il mio cordiale saluto a tutti voi, che prendete parte a questa Udienza un po’ singolare e vi ringrazio per la vostra gradita presenza e per il sostegno della vostra preghiera.

Abbiamo celebrato ieri la solennità di san Giuseppe, Patrono della Chiesa universale. A san Giuseppe la Comunità cristiana si rivolge con svariati titoli: illustre Discendente di Davide; Sposo della Madre di Dio; Custode purissimo della Vergine; Modello dei lavoratori; Sostegno delle famiglie (dalle Litanie di san Giuseppe). Queste invocazioni ed altre ancora sottolineano il ruolo di san Giuseppe nel disegno salvifico e nella vita dei credenti. All’indomani della sua festa, vorrei insieme a voi affidare al suo patrocinio la Chiesa e il mondo intero, soprattutto le famiglie e, in modo speciale, tutti i papà che in lui hanno un modello singolare da imitare.

2. La Liturgia ci fa incontrare san Giuseppe nell’itinerario quaresimale verso la Pasqua. Egli ci si presenta come testimone insuperabile di quel silenzio contemplativo, colmo di ascolto della Parola di Dio, che trapela dai Vangeli quale atmosfera caratteristica della Casa di Nazaret. Il silenzio di Giuseppe era un silenzio operoso, che accompagnava il lavoro quotidiano, al servizio della Santa Famiglia.

Possa ogni credente, sull’esempio di san Giuseppe, operare nella propria vita una profonda armonia tra la preghiera e il lavoro, tra la meditazione della Parola di Dio e le occupazioni quotidiane. Al centro di tutto vi sia sempre l’intimo e vitale rapporto con Gesù, Verbo incarnato, e con la sua Madre santissima.

A tutti voi la mia affettuosa Benedizione.

Saluti:





Mercoledì, 27 marzo 1996: Donne impegnate nella salvezza del popolo

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1. L’Antico Testamento ci fa ammirare alcune donne straordinarie che, sotto l’impulso dello Spirito di Dio, partecipano alle lotte e ai trionfi d’Israele o contribuiscono alla sua salvezza. La loro presenza nelle vicende del popolo non è né marginale né passiva: esse appaiono come autentiche protagoniste della storia della salvezza. Ecco gli esempi più significativi.

Dopo il passaggio del mar Rosso, il testo sacro mette in rilievo l’iniziativa di una donna ispirata per celebrare festosamente questo evento decisivo: "Maria, la profetessa, sorella di Aronne, prese in mano un timpano: dietro a lei uscirono le donne con i timpani, formando cori di danze. Maria fece loro cantare il ritornello: Cantate al Signore perché ha mirabilmente trionfato: ha gettato in mare cavallo e cavaliere" (
Ex 15,20-21).

Questa menzione della intraprendenza femminile in un contesto celebrativo pone in risalto non solo la rilevanza del ruolo della donna, ma anche la sua particolare attitudine a lodare e ringraziare Dio.

2. Un’azione ancora più importante svolge, al tempo dei Giudici, la profetessa Debora. Dopo aver ordinato al capo dell’esercito di radunare degli uomini e di scendere in campo, ella con la sua presenza assicura il successo dell’esercito di Israele, annunciando che un’altra donna, Giaele, ucciderà il capo dei nemici.

Inoltre, per celebrare la grande vittoria, Debora intona un lungo cantico con il quale loda l’azione di Giaele: "Sia benedetta fra le donne Giaele, . . .benedetta fra le donne della tenda!" (Jg 5,24). A questa lode fanno eco, nel Nuovo Testamento, le parole che, nel giorno della Visitazione, Elisabetta rivolge a Maria: Tu sei benedetta fra le donne . . . (Lc 1,42).

Il ruolo significativo delle donne nella salvezza del popolo, messo in luce dalle figure di Debora e di Giaele, è riproposto nella vicenda di un’altra profetessa di nome Culda, vissuta al tempo del re Giosia.

Interrogata dal sacerdote Chelkia, essa pronuncia degli oracoli che annunciano una manifestazione d’indulgenza per il re che temeva l’ira divina. Culda diventa così messaggera di misericordia e di pace (cfr 2R 22,14-20).

3. I libri di Giuditta e di Ester, che hanno lo scopo di esaltare, in modo ideale, l’apporto positivo della donna nella storia del popolo eletto, presentano - in un contesto culturale di violenza - due figure di donne che procurano vittoria e salvezza agli Israeliti.

Il libro di Giuditta, in particolare, riferisce di un temibile esercito inviato da Nabucodonosor a conquistare Israele. Guidata da Oloferne, l’armata nemica è pronta ad impadronirsi della città di Betulia, tra la disperazione degli abitanti che, ritenendo inutile ogni resistenza, chiedono ai capi di arrendersi. Ma agli anziani della città, che, in assenza di aiuti immediati, si dichiarano pronti a consegnare Betulia al nemico, Giuditta rimprovera la mancanza di fede, professando piena fiducia nella salvezza che viene dal Signore.

Dopo aver a lungo invocato Dio, lei che è simbolo della fedeltà al Signore, dell’umile preghiera e della volontà di mantenersi casta, si reca presso Oloferne, il generale nemico, orgoglioso, idolatra e dissoluto.

Rimasta sola con lui, Giuditta, prima di colpirlo, si rivolge a Jahvè dicendo: "Dammi forza, Signore Dio d’Israele, in questo momento" (Jdt 13,7). Poi, presa la scimitarra di Oloferne, gli taglia la testa.

Anche qui, come nel caso di Davide di fronte a Golia, il Signore si serve della debolezza per trionfare sulla forza. In questa circostanza, però, a riportare la vittoria è una donna: Giuditta, senza farsi frenare dalla pusillanimità e dall’incredulità dei capi del popolo, raggiunge ed uccide Oloferne, meritando il ringraziamento e la lode del Sommo Sacerdote e degli anziani di Gerusalemme. Questi, rivolti alla donna che ha vinto il nemico, esclamano: "Tu sei la gloria di Gerusalemme, tu magnifico vanto d’Israele, tu splendido onore della nostra gente. Tutto questo hai compiuto con la tua mano, egregie cose hai operato per Israele, di esse Dio si è compiaciuto. Sii sempre benedetta dall’onnipotente Signore" (Jdt 15,9-10).

4. In un’altra situazione di grave difficoltà per gli Ebrei si svolge la vicenda narrata dal Libro di Ester. Nel regno di Persia, Amàn, l’intendente del re, decreta lo sterminio degli Ebrei. Per allontanare il pericolo, Mardocheo, un giudeo che vive nella cittadella di Susa, ricorre alla nipote Ester, che vive nel palazzo del re dove ha raggiunto il rango di regina. Essa, contro la legge vigente, presentandosi al re senza essere stata convocata, e rischiando la pena di morte, ottiene la revoca del decreto di sterminio. Amàn viene giustiziato, Mardocheo accede al potere, e i giudei, liberati dalla minaccia, hanno così ragione dei loro nemici.

Giuditta ed Ester mettono ambedue a repentaglio la vita per procurare la salvezza al loro popolo. I due interventi però sono molto diversi: Ester non uccide il nemico, ma, fungendo da mediatrice, intercede in favore di coloro che sono minacciati di sterminio.

5. Questa funzione di intercessione è attribuita poi ad un’altra figura di donna, Abigail, moglie di Nabal, dal primo Libro di Samuele. Anche qui, è grazie al suo intervento che si realizza un altro caso di salvezza.

Ella va incontro a Davide, che ha deciso di annientare la famiglia di Nabal, chiedendo perdono per le colpe di suo marito, e libera così la sua casa da sicura sciagura (1S 25).

Come è facile notare, la tradizione veterotestamentaria pone in evidenza più volte, soprattutto negli scritti più vicini all’avvento di Cristo, l’azione determinante della donna per la salvezza di Israele. In tal modo lo Spirito Santo, attraverso le vicende delle donne dell’Antico Testamento, tratteggiava con sempre maggiore precisione le caratteristiche della missione di Maria nell’opera della salvezza dell’intera umanità.

Saluti:




Ai pellegrini italiani

Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i sacerdoti e i seminaristi di vari Paesi del mondo, convenuti per un corso del Movimento dei Focolari sulla spiritualità dell'unità. Saluto poi il parroco e i fedeli della parrocchia San Luigi in Pescara, accompagnati dall'Arcivescovo, Monsignor Cuccarese, e il gruppo parrocchiale di Bassano Romano, che ospita alcuni bambini bielorussi della regione di Chernobyl.

Sono lieto di accogliere la delegazione dell'Opera Romana Pellegrinaggi e di benedire il candelabro che nei prossimi giorni verrà recato a Gerusalemme, quale simbolo di fede e di pace. Affido loro il compito di portare a tutti i cristiani che vivono a Gerusalemme un fervido augurio di buona Pasqua!

Saluto, inoltre, i numerosi militari, appartenenti al Reparto Operativo dello Stato Maggiore dell'Esercito ed all'Unità Servizi del Ministero della Difesa, come pure i partecipanti al convegno promosso dall'Alleanza Europea delle Young Men's Christian Association. Desidero salutare anche i numerosi studenti, in modo speciale i folti gruppi provenienti da L'Aquila e da Notaresco, provincia di Teramo.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Rivolgo ora un pensiero ai giovani, agli sposi novelli ed ai malati presenti, tra i quali saluto in particolare il gruppo dell'UNITALSI di Varese.

È vicina ormai la Settimana Santa, e ci apprestiamo a celebrarla consapevoli che, nella Liturgia, i misteri della Redenzione rivivono per noi e ci permettono di crescere nella Grazia meritataci da Cristo. Cari giovani, vedo che siete venuti in tanti a questa Udienza! Vi invito a rinnovare nella Domenica delle Palme la vostra adesione a Cristo, la vostra disponibilità a seguirlo e a renderGli testimonianza. Cari ammalati, meditate frequentemente sulla passione del Signore, per trovare in essa conforto e speranza. Cari sposi novelli, l'immagine del Crocifisso sia sempre presente nelle vostre case: veneratela con grande fiducia.



Mercoledì, 3 aprile 1996: Il Vangelo del perdono contro i germi della divisione

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1. Domani con la celebrazione della Cena del Signore avrà inizio il Triduo Pasquale della passione, morte e risurrezione di Cristo, culmine di tutto l’anno liturgico e cuore della fede e della preghiera della Chiesa (cf. Sacrosanctum Concilium
SC 102).

La Chiesa ricorda, nel pomeriggio del Giovedì Santo, quell’ultima Cena durante la quale il Signore Gesù, la vigilia della sua Passione, spingendo fino all’estremo l’amore per i suoi che erano nel mondo, offrì al Padre il suo Corpo e il suo Sangue sotto le specie del pane e del vino e, donandoli in nutrimento agli Apostoli, comandò loro di perpetuarne l’offerta in sua memoria. Obbediente al comando di Gesù, la Chiesa celebra la Santa Cena, sentendosi impegnata a tradurre nella vita d’ogni giorno lo stile del servizio e dell’amore fraterno che ha nel supremo sacrificio del Signore, sacramentalmente presente nell’Eucaristia, il suo senso e la sua fonte.

Nella solenne Liturgia del Venerdì Santo la Comunità ecclesiale medita il mistero della morte di Cristo, adora la Croce e, ricordando di essere nata dal fianco squarciato del Signore, intercede per l’universale salvezza del mondo. In questo giorno del "digiuno pasquale" (Sacrosanctum Concilium SC 110) non viene celebrata l’Eucaristia, ma, pieni di speranza, i credenti annunciano il dono che il Figlio ha fatto di se stesso per la salvezza degli uomini, rivelando loro l’infinito amore del Padre (cf. Jn 3,16) e prendendo su di sé tutte le sofferenze e le umiliazioni dell’umanità.

2. Il Sabato Santo è il giorno in cui la Chiesa contempla il riposo di Cristo nella tomba dopo il vittorioso combattimento della croce. Ricorda la sua discesa nel mondo della morte per risanare le radici dell’umanità, ed attende che si compia la sua promessa: "Il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi: lo condanneranno a morte, lo consegneranno ai pagani... lo uccideranno; ma dopo tre giorni risusciterà" (Mc 10,33-34).

Con parole piene di fede e di poesia un antico autore così descrive il mistero del Sabato Santo: "Oggi sulla terra c’è un grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio, perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita, perché il Dio fatto carne si è addormentato e ha svegliato coloro che da secoli dormivano. Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi". Il testo prosegue poi descrivendo il colloquio di Cristo con Adamo: "Io sono il tuo Dio che per te sono diventato tuo figlio; che per te e per questi, che da te hanno avuto origine, ora parlo e nella mia potenza ordino a coloro che erano in carcere: Uscite! A coloro che erano morti: Risorgete! A te comando: Svegliati tu che dormi! Infatti, non ti ho creato perché rimanessi prigioniero dell’inferno. Risorgi dai morti. Io sono la vita dei morti. Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi mia effigie, fatta a mia immagine!... Il nemico ti fece uscire dalla terra del paradiso. Io invece non ti rimetto più in quel giardino, ma ti colloco sul trono celeste... È preparato per te dai secoli eterni il Regno dei cieli" (Ufficio delle Letture del Sabato Santo; PG 43,439 451 462-463).

Nel Sabato Santo la Chiesa, ancora una volta, si identifica con Maria: tutta la sua fede è raccolta in Lei, la prima credente. Nell’oscurità che avvolge il creato, Ella rimane sola a tener viva la fiamma della fede, preparandosi ad accogliere l’annuncio gioioso e sorprendente della resurrezione. Nel ricordo della Madre del Signore, la comunità cristiana in questo giorno aliturgico è chiamata a dedicarsi al silenzio e alla meditazione, alimentando nell’attesa la beata speranza del rinnovato incontro col suo Signore.

3. Nella grande Veglia pasquale con gioia, che sfocia nel canto dell’Alleluia, la Chiesa celebra la notte del "nuovo esodo" verso la terra promessa. Commemora la notte santa, in cui il Signore è risorto, e veglia nell’attesa del suo ritorno, quando la Pasqua avrà il suo pieno compimento.

Tre simboli scandiscono le tre parti della liturgia della Notte Santissima che ci libera dalla condanna antica e ci riunisce come fratelli nell’unico Popolo del Signore: la luce, l’acqua e il pane. Segni che, richiamando i sacramenti dell’Iniziazione cristiana, traducono il senso della vittoria di Cristo per la nostra salvezza.

Su tutti domina il simbolismo fondamentale della "notte illuminata", della "notte vinta dal giorno", che canta la Vita scaturita dalla morte e dalla resurrezione di Cristo: Egli è la nostra Pasqua! (cf. 1Co 5,7); Egli è la Luce che illumina la sorte dell’uomo, liberandolo dalle tenebre del peccato.

Di fronte al giorno che avanza, risuona forte l’invito dell’Apostolo a deporre le opere delle tenebre per rivestirsi del Signore Gesù (cf. Rm 13,12-14), perché la vittoria di Cristo operi sempre più profondamente in noi, in attesa della Pasqua eterna.

4. Il Triduo pasquale ci coinvolge, così, sacramentalmente nel mistero di Colui che per la nostra salvezza si è fatto "obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Ph 2,8) ed è divenuto causa di salvezza eterna per quelli che lo seguono (cf. He 5,9). Ci sollecita, inoltre, a fare della nostra vita un’esistenza pasquale, permeata di rinunce al male e di gesti d’amore, fino all’ultimo traguardo: la morte fisica, che per il cristiano è consumazione del suo vivere quotidianamente il mistero pasquale nella speranza della risurrezione.

La Pasqua ci ricorda che Cristo è diventato fonte di salvezza eterna per gli uomini, offrendosi personalmente sull’altare della Croce.

Domandiamo al Signore che i giorni del Triduo pasquale immergano la nostra anima nel mistero della grazia che fluisce dalla Croce. Maria, Madre del Redentore, ci aiuti a seguire fedelmente Gesù nel cammino sulla strada del Calvario, per diventare testimoni coerenti e gioiosi della sua Risurrezione.

Con questi sentimenti porgo i miei auguri pasquali a tutti voi qui presenti e alle persone a voi care: Buona Pasqua!

Saluti:


Ai fedeli italiani

Rivolgo un saluto cordiale ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai fedeli della diocesi di Vallo della Lucania e della parrocchia di San Giacomo in Le Castella di Cisterna. Saluto inoltre i gruppi di studenti, in modo speciale i ragazzi della Scuola media « Renato Donatelli » di Morino, in provincia dell'Aquila, che da alcuni mesi si sono preparati spiritualmente a questo incontro ed hanno donato un bel mosaico, da loro realizzato, raffigurante la Madonna del Buon Consiglio. Grazie, cari ragazzi! A voi e a tutti gli studenti presenti auguro serene vacanze pasquali, per poter poi concludere con slancio l'anno scolastico.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Il mio pensiero va ora a tutti i giovani, agli ammalati ed agli sposi novelli, ai quali vorrei formulare un augurio pasquale. ? voi, cari giovani, auguro di poter fare l'esperienza dell'apostolo Giovanni, che rimase vicino a Gesù nell'ora della croce e di fronte alla tomba vuota « vide e credette » (Jn 20,8). A voi, cari malati, la meditazione della Passione di Cristo, mistero di sofferenza trasfigurata dall'amore, rechi conforto e consolazione. E in voi, cari sposi novelli, la prima Pasqua vissuta nel matrimonio rinnovi la gioia e l'impegno del patto coniugale.





Catechesi 79-2005 21296