Catechesi 79-2005 10496

Mercoledì, 10 aprile 1996: Nobiltà morale della donna

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1. L’Antico Testamento e la tradizione giudaica sono pieni di riconoscimenti per la nobiltà morale della donna, che si manifesta soprattutto nell’atteggiamento di fiducia verso il Signore, nella preghiera per ottenere il dono della maternità, nella supplica a Dio per la salvezza d’Israele dagli assalti dei suoi nemici. Talora, come nel caso di Giuditta, queste qualità vengono celebrate dall’intera comunità, divenendo oggetto di ammirazione per tutti.

Accanto agli esempi luminosi delle eroine bibliche, non mancano le testimonianze negative di alcune donne, quali Dalila, la seduttrice che rovina l’attività profetica di Sansone (
Jg 16,4-21), le donne straniere che, nella vecchiaia di Salomone, allontanano il cuore del re dal Signore e gli fanno venerare altri dei (1R 11,1-8), Gezabele che stermina "tutti i profeti del Signore" (1R 18,13) e fa uccidere Nabot per dare la sua vigna ad Acab (1R 21), la moglie di Giobbe che lo insulta nella sua sfortuna, spingendolo alla ribellione (Jb 2,9).

In questi casi, il comportamento della donna ricorda quello di Eva. La prospettiva predominante nella Bibbia rimane però quella ispirata al Protovangelo che vede nella donna l’alleata di Dio.

2. Infatti, se le donne straniere sono accusate di avere allontanato Salomone dal culto del vero Dio, nel Libro di Rut ci viene proposta invece una figura molto nobile di donna straniera: Rut, la Moabita, esempio di pietà per i parenti e di umiltà sincera e generosa. Condividendo la vita e la fede di Israele, ella diventerà la bisnonna di Davide e l’antenata del Messia. Matteo, inserendola nella genealogia di Gesù (Jb 1,5), ne fa un segno di universalismo e un annuncio della misericordia di Dio che si estende a tutti gli uomini.

Tra le antenate di Gesù, il primo evangelista ricorda anche Tamar, Racab e la moglie di Uria, tre donne peccatrici, ma non perfide, annoverate tra le progenitrici del Messia per proclamare la bontà divina più grande del peccato. Dio, mediante la sua grazia, fa contribuire ai suoi disegni di salvezza la loro situazione matrimoniale irregolare, preparando anche in questo modo il futuro.

Un altro modello di umile dedizione, diverso da quello di Rut, è rappresentato dalla figlia di Jefte, che accetta di pagare con la propria morte la vittoria del padre sugli Ammoniti (Jg 11,34-40). Piangendo il suo crudele destino, non si ribella, ma si consegna alla morte in adempimento del voto sconsiderato fatto dal genitore nel contesto di costumi ancora primitivi (cf. Jr 7,31 Mi 6,6-8).

3. La letteratura sapienziale, anche se spesso allude ai difetti della donna, vede in lei un tesoro nascosto: "Chi ha trovato una moglie ha trovato una fortuna, ha ottenuto il favore del Signore" (Pr 18,22), dice il Libro dei Proverbi esprimendo apprezzamento convinto per la figura femminile, prezioso dono del Signore.

Alla fine dello stesso Libro, viene tracciato il ritratto della donna ideale che, lungi dal rappresentare un modello irraggiungibile, costituisce una proposta concreta, nata dall’esperienza di donne di grande valore: "Una donna perfetta chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore . . ." (Pr 31,10).

La letteratura sapienziale indica nella fedeltà della donna all’alleanza divina il culmine delle sue possibilità e la fonte più grande di ammirazione. Infatti, se talora può deludere, la donna supera tutte le attese quando il suo cuore è fedele a Dio: "Fallace è la grazia e vana è la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare" (Pr 31,30).

4. In tale contesto, il Libro dei Maccabei, nella vicenda della madre dei sette fratelli martirizzati nella persecuzione di Antioco Epifane, ci presenta l’esempio più mirabile di nobiltà nella prova.

Dopo aver descritto la morte dei sette fratelli, l’autore sacro aggiunge: "La madre era soprattutto ammirevole e degna di gloriosa memoria, perché vedendo morire sette figli in un sol giorno, sopportava tutto serenamente per le speranze poste nel Signore. Esortava ciascuno di essi nella lingua paterna, piena di nobili sentimenti, e sostenendo la tenerezza femminile con un coraggio virile", così esprimeva la sua speranza in una futura risurrezione: "Senza dubbio il creatore del mondo, che ha plasmato all’origine l’uomo e ha provveduto alla generazione di tutti, per la sua misericordia vi restituirà di nuovo lo spirito e la vita, come voi ora per le sue leggi non vi curate di voi stessi" (2M 7,20-23).

La madre, esortando il settimo figlio ad accettare di essere ucciso piuttosto che trasgredire la legge divina, esprime la sua fede nell’opera di Dio che crea dal nulla tutte le cose: "Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti; tale è anche l’origine del genere umano. Non temere questo carnefice ma, mostrandoti degno dei tuoi fratelli, accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli nel giorno della misericordia" (2M 7,28-29).

Si avvia, infine, anch’essa alla morte cruenta, dopo aver subito sette volte il martirio del cuore, testimoniando una fede incrollabile, una speranza senza limiti ed un coraggio eroico.

In queste figure di donna, nelle quali si manifestano le meraviglie della grazia divina, si intravvede Colei che sarà la donna più grande: Maria, la Madre del Signore.

Saluti:


Ai fedeli italiani

Mi rivolgo ora ai pellegrini di lingua italiana presenti a questa Udienza generale. Saluto con particolare affetto i Diaconi della Compagnia di Gesù, che hanno ricevuto l'Ordinazione diaconale ieri, ed i loro familiari, provenienti da diverse nazioni. Carissimi, vi auguro di essere fedeli servitori del Vangelo, conformandovi, per intercessione di sant'Ignazio di Loyola, sempre più a Cristo, « che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti » (Mt 20,28).

Accolgo con gioia i numerosi gruppi parrocchiali, tra i quali i fedeli provenienti dalla Parrocchia di San Martino Vescovo in Chieti, che ricordano i cinquant'anni di vita e di attività della loro Comunità parrocchiale. Benedico inoltre volentieri il pane confezionato dai ragazzi e dagli insegnanti di Biancavilla (Catania), affinché possa essere spezzato come gesto di comunione tra i diversi popoli.

Il mio cordiale benvenuto va poi ai Membri del Consiglio Mondiale dell'Unione Mondiale degli Educatori Cattolici. Carissimi, nell'attuale momento storico voi vi assumete un compito quanto mai urgente e delicato: quello di formare le nuove generazioni, indicando le solide basi sulle quali costruire la loro esistenza. La vostra azione educativa sia sempre sostenuta ed animata dagli ideali cristiani.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Saluto infine, come di consueto, i giovani, i malati e gli sposi novelli presenti a questa Udienza, che si svolge nella luce e nella gioia della Pasqua. Rivolgo un pensiero speciale ai giovani, tra i quali sono lieto di salutare le numerose scolaresche venute a Roma per coronare il loro cammino di formazione catechetica mediante la professione di fede presso le tombe degli Apostoli.Cari ragazzi, sappiate testimoniare con l'entusiasmo e la generosità proprie della vostra giovane età la vostra fedeltà al Vangelo seguendo sempre Cristo, luce del mondo.

A voi, cari malati, auguro di far crescere nel vostro cuore la luce consolante dell'annuncio pasquale, che invita a scoprire in Gesù, crocifisso e risorto, il valore salvifico della sofferenza e del dolore accettati ed offerti per amore.

Esorto voi, sposi novelli, a fare della vostra famiglia una chiesa domestica illuminata dalla luce di Cristo risorto, accogliendo generosamente la vita che Egli vorrà affidarvi.





Mercoledì, 17 aprile 1996: Il “piccolo gregge” che vive in Tunisia testimonia il Vangelo con grande vitalità spirituale

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Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. È stata per me una grande gioia recarmi domenica scorsa in Tunisia a visitare la comunità cattolica che vive in quel Paese e che testimonia il Vangelo con grande vitalità spirituale. Sono andato a Tunisi su invito del Vescovo di quella diocesi, Mons. Fouad Twal, e del Presidente della Repubblica tunisina, il Signor Zine El Abidine Ben Alì. Ringrazio il Vescovo di Tunisi e gli altri Pastori della Conferenza Episcopale dell’Africa del Nord, presenti all’incontro. Ringrazio pure cordialmente il Presidente della Tunisia e con lui le autorità locali e tutti coloro che mi hanno accolto con grande cortesia e quanti hanno reso possibile questo viaggio, breve ma ricco di significato.

Nel corso della Visita, ho avuto modo di incontrare i rappresentanti del mondo politico, culturale e religioso della Tunisia, Paese erede di un prestigioso passato. Sul suo territorio, come pure su quello dei Paesi vicini, si sono succedute le più importanti civiltà mediterranee: da quella cretese a quella greca, dalla fenicia alla romana e all’araba. Il popolo tunisino vanta nobili tradizioni spirituali: mi stava a cuore di manifestare ad esso la mia stima e quella della Chiesa. Un tale provvidenziale incontro mi ha offerto inoltre l’opportunità di esprimere il sostegno della Santa Sede agli sforzi in atto per promuovere l’intesa e la collaborazione tra i Paesi del Mediterraneo. Sono certo, infatti, che lo sviluppo integrale delle persone e delle società favorirà la stabilità e la pace in quella regione, una pace che non può non essere accompagnata dalla giustizia e dalla fraternità.

2. Rendo grazie soprattutto a Dio per avermi dato la possibilità di incontrare una comunità ecclesiale, radicata nella terra che ha ricevuto indimenticabili testimonianze di martiri dei primi secoli cristiani. Già nel secondo secolo dopo Cristo il Vangelo si diffuse in quella regione, tre secoli prima diventata provincia senatoriale dell’Impero romano, dopo il lungo conflitto con Roma, passato alla storia col nome di "guerre puniche". Come non ricordare san Sperato e Compagni, che, a Cartagine, versarono il loro sangue per la fede nel Dio unico? Ed ancora, Perpetua e Felicita, donne coraggiose, condannate "alle belve" per aver professato la loro fede in Cristo. I loro nomi vennero in seguito inseriti nel Canone Romano.

Pregare nei luoghi stessi del loro martirio, specialmente durante la sosta tra i resti dell’anfiteatro romano, è stato per me motivo di grande emozione.

A questa parte dell’Africa Settentrionale la Chiesa universale è debitrice anche di illustri Pastori.Basti qui menzionare san Cipriano, Vescovo di Cartagine e martire, che al tempo di Papa Cornelio fu ardente difensore dell’unità della Chiesa, e sant’Agostino, Vescovo di Ippona, il cui insegnamento è stato e rimane per la Chiesa una fonte d’ispirazione e di straordinaria ricchezza dottrinale e spirituale. Né si può dimenticare quello scrittore geniale e combattivo che fu Tertulliano.

3. La mia visita alla comunità cattolica di Tunisia, nella Domenica in Albis, festa della Divina Misericordia, si proponeva di confermare i credenti nella loro vocazione battesimale e nella loro testimonianza di fraternità e di servizio in mezzo al popolo tunisino. Durante l’Eucaristia, celebrata nella Cattedrale di Tunisi, ho potuto incontrare i cristiani di tutto il Paese, venuti per esprimere, insieme al Successore di Pietro, la comune fede nel Cristo Risorto. Con coraggio ed entusiasmo questa minoranza cristiana testimonia l’amore universale di Dio in mezzo agli amici musulmani, in un Paese che si distingue per apertura e tolleranza. È una Chiesa che, nella propria condizione di piccolo gregge, fa esperienza della gratuità del dono di Dio e desidera condividerlo con tutti costruendo legami di fraternità. Ho voluto incoraggiare l’impegno dei cristiani in favore dell’uomo e dello sviluppo integrale della società. A tale proposito, desidero qui sottolineare il ruolo silenzioso ed efficace di tante persone consacrate e di molti laici, che si prodigano generosamente al servizio dei più poveri e indifesi. Attraverso la promozione dell’uomo, specialmente del più debole, è la tenerezza di Dio che viene diffusa, mostrando chiaramente che Dio ama tutti, senza distinzione di religione o di nazionalità.

La Chiesa poi, oltre ad annunciare con le opere di solidarietà il Vangelo della carità, si preoccupa di dialogare con le altre culture. Mediante il suo impegno nell’educazione, nella formazione e negli scambi culturali, la comunità cristiana manifesta il rispetto che essa nutre per le culture degli uomini e delle donne di quel Paese. Su questi concetti insistevo già dieci anni fa nell’incontro che ebbi a Casablanca, in Marocco, con i giovani musulmani.

4. Ho rilevato perciò con soddisfazione che in Tunisia, già da parecchi anni, gli scambi culturali e il dialogo religioso tra cristiani e musulmani hanno occupato e continuano ad occupare un posto notevole. Hanno visto la luce numerose comuni iniziative; luoghi di incontro stimolano la convivialità; musulmani tunisini e cristiani che vivono in Tunisia partecipano a gruppi di ricerca e di riflessione i cui lavori sono largamente apprezzati. Scambi accademici sono destinati a svilupparsi tra la prestigiosa Università tunisina della Zaytouna e alcune Università pontificie di Roma. Tutto questo è nella linea indicata dal Concilio Vaticano II, che nella Dichiarazione Nostra aetate ha affermato: "La Chiesa guarda con stima i Musulmani che adorano l’unico Dio... cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai suoi decreti... Benché non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano come profeta... onorano la sua Madre Vergine Maria, e talvolta pure la invocano con devozione" (
NAE 3).

Come non incoraggiare tale proficuo dialogo? Possa Iddio rendere sempre maggiori gli spazi di incontro e di fraterna condivisione a servizio dell’uomo e in costante ricerca della verità divina. Sono certo che i frutti di tale mutua collaborazione torneranno a beneficio di tutti.

5. Oltre alla comunità cristiana che è in Tunisia, comunità costituita in gran parte da credenti che provengono dall’Europa e da altre parti del mondo, ho avuto l’occasione di salutare anche i cristiani che vivono negli altri Paesi del Maghreb: in Marocco, in Algeria e in Libia. Incontrando i Vescovi di quei Paesi, ho voluto manifestare a ciascuna delle loro comunità l’affettuosa vicinanza del Successore di Pietro. Ho avuto un pensiero speciale per le comunità cristiane più provate dell’Algeria, dove si attende ancora nell’angoscia la liberazione dei sette monaci rapiti tre settimane or sono. Come durante il mio viaggio dello scorso settembre in alcuni Paesi dell’Africa, ho voluto anche a quelle comunità ecclesiali trasmettere il messaggio di speranza del Sinodo africano, che ha trovato espressione nell’Esortazione apostolica Ecclesia in Africa.

La presenza in Cattedrale anche di una rappresentanza di tunisini non cristiani, sta a testimoniare che molti in quel Paese, pur non aderendo al Vangelo, intrattengono rapporti di amicizia e di stima con il cristianesimo e forse in qualche modo sono interessati all’insegnamento e all’attività della Chiesa. Da questo punto di vista la Visita in Tunisia è stata molto importante. Essa ha costituito un elemento di realizzazione del programma indicato alla Chiesa dal Concilio Vaticano II, e si pone altresì come un elemento della preparazione del Grande Giubileo del Duemila.

Alla Madonna di Cartagine, Patrona della diocesi di Tunisi, affido il futuro delle comunità cristiane di quella regione del Nord dell’Africa. Possa la Vergine Santa guidarle nel loro cammino verso Cristo Risorto, sostenerle nell’ora della prova e costantemente confortarle con la sua materna protezione!

Saluti:


Ai fedeli italiani

Porgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare al folto gruppo di Religiose aderenti al Movimento dei Focolari, convenute da tutti i continenti. Care Sorelle, la spiritualità di comunione, che l'Opera di Maria promuove e coltiva, costituisce una dimensione essenziale della vita cristiana: vi incoraggio a crescere in essa, a viverla nelle vostre comunità e nei diversi ambienti in cui operate. Saluto le Suore Apostole del Santo Rosario con i loro alunni, e le Figlie di Maria Santissima dell'Orto, che celebrano con l'odierno grande pellegrinaggio i 150 anni della morte del loro fondatore, il santo vescovo Antonio Maria Gianelli. Tale commemorazione rechi gioia e fervore a tutta la famiglia Gianellina. Sono lieto poi di accogliere i consiglieri di amministrazione del consorzio internazionale « IRIDIUM », ospiti a Roma della società italiana STET. Saluto inoltre con affetto i disabili e gli accompagnatori dell'ANFFAS di Udine e il gruppo « Comunità Logos » di Bergamo.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Ai giovani, agli ammalati ed agli sposi novelli presenti rivolgo ora un pensiero ispirato al tempo liturgico di Pasqua, che, riproponendo il periodo di 50 giorni trascorsi dalla Risurrezione di Cristo alla Pentecoste, prolunga la gioia pasquale e ricorda le origini della Chiesa con la sua diffusione missionaria nel mondo.

Tutti vorrei esortare ad accogliere la presenza del Signore risorto: i giovani, perché diventino apostoli di Cristo tra i loro coetanei; gli ammalati, perché sappiano accettare con serena fortezza la loro condizione di prova; gli sposi novelli, perché vivano con coerenza e fedeltà il Vangelo della vita nella loro nuova famiglia.




Mercoledì, 24 aprile 1996: La figlia di Sion

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1. La Bibbia usa spesso l’espressione "figlia di Sion", per indicare gli abitanti della città di Gerusalemme, della quale il monte Sion costituisce la parte storicamente e religiosamente più significativa (cfr Mi
Mi 4,10-13 So 3,14-18 Za 2,14 Za 9,9-10).

Questa personalizzazione al femminile rende più agevole l’interpretazione sponsale delle relazioni d’amore tra Dio e Israele, indicato spesso con i termini di "fidanzata" o di "sposa".

La storia della salvezza è la storia dell’amore di Dio, ma spesso anche dell’infedeltà dell’essere umano. La Parola del Signore rimprovera sovente la sposa-popolo che infrange l’alleanza nuziale stabilita con Dio: "Come una donna è infedele al suo amante, così voi, casa di Israele, siete stati infedeli a me" (Jr 3,20), e invita i figli d’Israele ad accusare la loro madre: "Accusate vostra madre, accusatela, perché essa non è più mia moglie e io non sono più suo marito!" (Os 2,4).

In che cosa consiste il peccato di infedeltà di cui si macchia Israele, la "sposa" di Jahvè? Esso consiste soprattutto nell’idolatria: secondo il testo sacro, per il Signore, il ricorso agli idoli da parte del popolo eletto equivale ad un adulterio.

2. È il profeta Osea che sviluppa, con immagini forti e drammatiche, il tema dell’alleanza sponsale tra Dio e il suo popolo e del tradimento da parte di quest’ultimo: la sua stessa vicenda personale ne diventa simbolo eloquente. Alla nascita della prole, infatti, egli riceve l’ordine: "Chiamala Non-amata, perché non amerò più la casa d’Israele, non ne avrò più compassione", e ancora: "Chiamalo Non-mio-popolo, perché voi non siete mio popolo e io non esisto per voi" (Os 1,6 Os 1,9).

Il richiamo del Signore e la deludente esperienza del culto agli idoli faranno rinsavire la sposa infedele che, pentita, dirà: "Ritornerò al mio marito di prima, perché ero più felice di ora" (Os 2,9). Ma Dio stesso desidera ristabilire l’alleanza, e allora la sua Parola si fa memoria, misericordia e tenerezza: "Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore" (Os 2,16). Il deserto, infatti, è il luogo in cui Dio, dopo la liberazione dalla schiavitù, ha stabilito l’alleanza definitiva con il suo popolo.

Attraverso queste immagini di amore, che ripropongono il difficile rapporto tra Dio e Israele, il profeta illustra il grande dramma del peccato, l’infelicità della via dell’infedeltà e gli sforzi dell’amore divino per parlare al cuore degli uomini e riportarli all’alleanza.

3. Nonostante le difficoltà del presente, Dio annuncia, per bocca del profeta, un’alleanza più perfetta per il futuro: "E avverrà in quel giorno - oracolo del Signore - mi chiamerai: Marito mio, e non mi chiamerai più: Mio padrone... Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore" (Os 2,18 Os 2,21-22).

Il Signore non si scoraggia di fronte alle debolezze umane, ma risponde alle infedeltà degli uomini proponendo una unione più stabile e più intima: "Io li seminerò di nuovo per me nel paese e amerò Non-amata; e a Non-mio-popolo dirò: Popolo mio, ed egli mi dirà: Mio Dio" (Os 2,25).

La stessa prospettiva di una nuova alleanza, viene riproposta da Geremia al popolo in esilio: ""In quel tempo - oracolo del Signore - io sarò Dio per tutte le tribù d’Israele ed esse saranno il mio popolo". Così dice il Signore: "Ha trovato grazia nel deserto un popolo di scampati alla spada; Israele si avvia a una quieta dimora". Da lontano gli è apparso il Signore: "Ti ho amato di amore eterno, per questo ti conservo ancora pietà. Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata, vergine di Israele"" (Jr 31,1-4).

Nonostante le infedeltà del popolo, l’amore eterno di Dio è sempre pronto a ristabilire il patto d’amore e a donare una salvezza che supera ogni attesa.

4. Anche Ezechiele ed Isaia fanno riferimento all’immagine della donna infedele perdonata.

Attraverso Ezechiele il Signore dice alla sposa: "Ma io mi ricorderò dell’alleanza conclusa con te al tempo della tua giovinezza e stabilirò con te un’alleanza eterna" (Ez 16,60).

Il Libro di Isaia riporta un oracolo pieno di tenerezza: "Tuo Sposo è il tuo Creatore... Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti riprenderò con immenso amore. In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto; ma con affetto perenne ho avuto pietà di te, dice il tuo redentore, il Signore" (Is 54,5 Is 54,7-8).

Quello promesso alla figlia di Sion è un amore nuovo e fedele, una magnifica speranza che supera l’abbandono della sposa infedele: "Dite alla figlia di Sion: Ecco, arriva il tuo salvatore; ecco ha con sé la sua mercede, la sua ricompensa è davanti a lui. Li chiameranno popolo santo, redenti dal Signore. E tu sarai chiamata Ricercata, Città non abbandonata" (Is 62,11-12).

Il profeta precisa: "Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma tu sarai chiamata Mio compiacimento e la tua terra, Sposata, perché il Signore si compiacerà di te e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo creatore; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te" (Is 62,4-5).

Immagini e atteggiamenti d’amore che il Cantico dei Cantici sintetizza nell’espressione: "Io sono per il mio diletto, e il mio diletto è per me" (Ct 6,3). È così riproposto in termini ideali il rapporto tra Jahvè e il suo popolo.

5. Quando ascoltava la lettura degli oracoli profetici, Maria doveva far riferimento a questa prospettiva, che alimentava nel suo cuore la speranza messianica.

I rimproveri rivolti al popolo infedele dovevano suscitare in lei un impegno più ardente di fedeltà all’alleanza, aprendo il suo spirito alla proposta di una definitiva comunione sponsale con il Signore nella grazia e nell’amore. Da quella nuova alleanza sarebbe venuta la salvezza del mondo intero.

Saluti:


Ai fedeli italiani

Porgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare alle Suore del Cuore Immacolato di Maria Madre di Cristo, accompagnate dalla Madre Generale. Care Sorelle, il vostro Istituto è nato in Nigeria 50 anni fa, ed ora avete fondato la provincia italiana. Vi accolgo con gioia e affido al Signore ed alla sua Madre santissima il vostro cammino di santificazione e di apostolato. Sono lieto di accogliere la Delegazione dell'Accademia Russa delle Scienze Mediche, con la Presidenza della Confederazione Nazionale Misericordie d'Italia.

Saluto poi il folto pellegrinaggio dell'Istituto « Salotto e Fiorito », di Rivoli, che celebra i 100 anni di attività, ed esprimo vive felicitazioni agli allievi, alle loro famiglie e, in particolare, alle Figlie della Carità, presenti fin dagli inizi. Carissimi, fedeli all'ispirazione originaria della vostra istituzione, continuate a crescere nella fede e nella cultura e ad offrire, come scuola cattolica, un autentico servizio sociale. Un pensiero va pure al gruppo dell'Azienda « Nervesa », alla Comunità « Nuova Pentecoste » ed ai fedeli delle parrocchie romane San Martino I, che ospitano alcuni bambini bielorussi, e dello Spirito Santo, in occasione del 10° anniversario della dedicazione della chiesa parrocchiale.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Mi rivolgo infine ai giovani, agli ammalati ed agli sposi novelli. Domani celebreremo la festa liturgica di san Marco, l'Evangelista che ha descritto con vivacità e concretezza il mistero della persona di Gesù di Nazaret. Invito voi, cari giovani, a lasciarvi affascinare da Cristo, per collaborare con entusiasmo e fedeltà alla costruzione del Regno di Dio. Incoraggio voi, cari malati, ad accogliere il Vangelo della sofferenza, che rivela il valore redentivo del dolore vissuto in unione col Sacrificio della Croce. Esorto voi, cari sposi novelli, ad essere sempre testimoni dell'amore di Dio e dell'accoglienza della vita.




Mercoledì, 1° maggio 1996: La nuova figlia di Sion

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Oggi, primo maggio, è una giornata dedicata al lavoro umano in molte parti del mondo. Per la Chiesa questa giornata ricorda il lavoro di Nazaret dove, accanto a Giuseppe artigiano, ha lavorato per anni Gesù stesso. Preghiamo per tutti quelli che sono responsabili del lavoro umano, per tutti i lavoratori del mondo, per il lavoro umano in ogni sua forma. Mi ricordo sempre l’Enciclica "Laborem exercens", la prima delle mie Encicliche sociali, dedicata a questo grande problema.

Oggi è il primo giorno di maggio. E maggio è mese dedicato totalmente al culto di Maria: una grande devozione mariana è collegata con il mese di maggio. E così si spiega anche il tema della catechesi di oggi. Tema mariano a continuazione delle catechesi mariologiche proposte in questi ultimi mesi.

Dopo queste parole Giovanni Paolo II ha svolto la catechesi:

1. Al momento dell’Annunciazione, Maria, "eccelsa figlia di Sion" (
LG 55), viene salutata dall’angelo come la rappresentante dell’umanità, chiamata a dare il proprio consenso all’Incarnazione del Figlio di Dio.

La prima parola che l’angelo le rivolge è un invito alla gioia: chaire, cioè "rallegrati". Il termine greco è stato tradotto in latino con "Ave", una semplice espressione di saluto, che non sembra corrispondere pienamente alle intenzioni del divino messaggero e al contesto in cui l’incontro si svolge.

Certo, chaire era anche una formula di saluto, usata spesso dai Greci, ma le circostanze straordinarie in cui viene qui pronunciata esulano dal clima di un incontro abituale. Non dobbiamo, infatti, dimenticare che l’angelo è consapevole di recare un annuncio unico nella storia dell’umanità: un saluto semplice e usuale, pertanto, sarebbe fuori luogo. Più confacente alla circostanza eccezionale sembra, invece, il riferimento all’originario significato dell’espressione chaire, che è "rallegrati".

Come hanno costantemente rilevato soprattutto i Padri greci citando diversi oracoli profetici, l’invito alla gioia conviene particolarmente all’annuncio della venuta del Messia.

2. Il pensiero va innanzitutto al profeta Sofonia. Con il suo oracolo il testo dell’Annunciazione presenta un significativo parallelismo: "Gioisci, figlia di Sion, esulta, Israele, e rallegrati con tutto il tuo cuore, figlia di Gerusalemme! . . ." (So 3,14). Vi è l’invito alla gioia: "Rallegrati con tutto il cuore" (v. 14). Vi è l’accenno alla presenza del Signore: "Re d’Israele è il Signore in mezzo a te" (v. 15). Vi è l’esortazione a non aver paura: "Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia" (v. 16). Vi è infine la promessa dell’intervento salvifico di Dio: "Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente" (v. 17). I riscontri sono tanto numerosi e puntuali da indurre a riconoscere in Maria la nuova "figlia di Sion", che ha pieno motivo di rallegrarsi perché Dio ha deciso di realizzare il suo piano di salvezza.

Un analogo invito alla gioia, anche se in un contesto diverso, viene dalla profezia di Gioele: "Non temere, terra, ma rallegrati e gioisci, poiché cose grandi ha fatto il Signore... Voi riconoscerete che io sono in mezzo ad Israele . . ." (Jl 2,21 Jl 2,27).

3. Significativo è inoltre l’oracolo di Zaccaria, citato a proposito dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme (cfr Mt 21,5 Jn 12,15). In esso il motivo della gioia è visto nella venuta del re messianico: "Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile... annunzierà la pace alle genti" (Za 9,9-10).

Infine, dalla numerosa posterità, segno di benedizione divina, il libro di Isaia fa scaturire l’annuncio di gioia per la nuova Sion: "Esulta, o sterile che non hai partorito, prorompi in grida di giubilo e di gioia, tu che non hai provato i dolori, perché più numerosi sono i figli dell’abbandonata che i figli della maritata, dice il Signore" (Is 54,1).

I tre motivi dell’invito alla gioia: la presenza salvifica di Dio in mezzo al suo popolo, la venuta del re messianico e la fecondità gratuita e sovrabbondante, trovano in Maria la loro piena attuazione. Essi legittimano il significato pregnante, attribuito dalla tradizione al saluto dell’angelo. Questi, invitandola a dare il suo assenso alla realizzazione della promessa messianica e annunciandole l’altissima dignità di Madre del Signore, non poteva non esortarla a rallegrarsi. Infatti, come ci ricorda il Concilio, "con lei, la eccelsa figlia di Sion, dopo la lunga attesa della promessa, si compiono i tempi e si instaura la nuova Economia, quando il Figlio di Dio assunse da Lei la natura umana, per liberare coi misteri della sua carne l’uomo dal peccato" (LG 55).

4. Il racconto dell’Annunciazione ci consente di riconoscere in Maria la nuova "figlia di Sion", invitata da Dio a una grande gioia. Esprime il suo ruolo straordinario di madre del Messia, anzi, di madre del Figlio di Dio. La Vergine accoglie il messaggio a nome del popolo di Davide, ma possiamo dire che l’accoglie a nome dell’intera umanità, perché l’Antico Testamento estendeva a tutte le nazioni il ruolo del Messia davidico (cfr Ps 2,8 71[72],). Nell’intenzione divina, l’annuncio a lei rivolto mira alla salvezza universale.

A conferma di tale prospettiva universale del disegno divino, possiamo ricordare alcuni testi dell’Antico e del Nuovo Testamento che paragonano la salvezza a un grande banchetto di tutti i popoli sul monte Sion (cf. Is 25,6), e che annunciano il convito finale del Regno di Dio (cf. Mt 22,1-10).

Come "figlia di Sion", Maria è la Vergine dell’alleanza che Dio stabilisce con l’intera umanità. È chiaro il ruolo rappresentativo di Maria in tale evento. Ed è significativo che sia una donna a svolgere una tale funzione.

5. Come nuova "figlia di Sion", Maria è, infatti, particolarmente idonea ad entrare nell’alleanza sponsale con Dio. Più e meglio di qualsiasi membro del Popolo eletto, ella può offrire al Signore un vero cuore di Sposa.

Con Maria, la "figlia di Sion" non è più semplicemente un soggetto collettivo, ma una persona che rappresenta l’umanità e, al momento dell’Annunciazione, risponde alla proposta dell’amore divino con il proprio amore sponsale. Ella accoglie, così, in modo tutto particolare, la gioia preannunciata dagli oracoli profetici, una gioia che qui, nel compimento del disegno divino, tocca il suo vertice.

Saluti:


Ai fedeli italiani

Porgo un benvenuto cordiale ai pellegrini di lingua italiana, in particolare agli Alunni del Seminario di Molfetta. Carissimi, vi esorto a vivere con intensità questo tempo di formazione e di discernimento, rinnovando giorno per giorno la disponibilità a rispondere pienamente alla chiamata del Signore. Sono lieto di accogliere i ragazzi disabili di Bovisio Masciago con i loro genitori. Carissimi, il vostro amore reciproco e concreto sia segno vivo della presenza di Dio in mezzo a voi. Saluto inoltre i fedeli della parrocchia del Sacro Cuore in San Rocco, di Avezzano, che hanno voluto festeggiare con un pellegrinaggio alle Tombe degli Apostoli la celebrazione del precetto pasquale da parte di giovani e uomini; con essi saluto i pensionati dell'ANAP di Modena, il gruppo di sessantenni di Udine e la delegazione che reca una fiaccola come simbolo di pace dall'Umbria alla Sicilia. La pace di Cristo Risorto sia sempre con tutti voi e con i vostri cari!

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Ed ora il mio pensiero va ai giovani, agli ammalati ed agli sposi novelli presenti a questa udienza. Oggi, primo maggio, con tutta la Chiesa facciamo memoria di san Giuseppe Lavoratore ed iniziamo il mese mariano.

A tutti pertanto vorrei riproporre la santa Famiglia di Nazaret come modello di comunità domestica: comunità di vita, di amore e di lavoro. Invito voi, cari giovani, a prepararvi con una seria formazione alle responsabilità che vi attendono; affido voi, cari malati, alla protezione di san Giuseppe e della Madonna, e vi chiedo di pregare per le famiglie in cui manca il lavoro; e infine auguro a voi, cari sposi novelli, di saper sempre armonizzare le esigenze lavorative con quelle prioritarie della famiglia.





Catechesi 79-2005 10496