Catechesi 79-2005 50599

Mercoledì, 5 maggio 1999: Il dialogo con l’Islam

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1. Approfondendo il tema del dialogo interreligioso, riflettiamo oggi sul dialogo con i musulmani, che “adorano con noi un Dio unico, misericordioso” (Lumen Gentium
LG 16 cfr CEC 841). Ad essi la Chiesa guarda con stima, convinta che la loro fede in Dio trascendente concorre alla costruzione di una nuova famiglia umana, fondata sulle più alte aspirazioni del cuore umano.

Anche i musulmani, come gli ebrei e i cristiani, guardano alla figura di Abramo come a un modello di incondizionata sottomissione ai decreti di Dio (Nostra Aetate NAE 3). Sull’esempio di Abramo, i fedeli si sforzano di riconoscere nella loro vita il posto che spetta a Dio, origine, maestro, guida e fine ultimo di tutti gli esseri (Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, Messaggio ai musulmani per la fine del Ramadan, 1417/1997). Questa disponibilità ed apertura umana alla volontà di Dio si traduce in atteggiamento di preghiera, che esprime la situazione esistenziale di ogni persona davanti al Creatore.

Sulla traiettoria della sottomissione di Abramo al volere divino si trova la sua discendente, la Vergine Maria, Madre di Gesù che, specialmente nella pietà popolare, viene anche dai musulmani invocata con devozione.

2. Con gioia noi cristiani riconosciamo i valori religiosi che abbiamo in comune con l’Islam. Vorrei oggi riprendere quello che alcuni anni fa dissi ai giovani musulmani a Casablanca: “Noi crediamo nello stesso Dio, l'unico Dio, il Dio vivente, il Dio che crea i mondi e porta le sue creature alla loro perfezione” (Insegnamenti, VIII/2 [1985], p. 497). Il patrimonio dei testi rivelati della Bibbia parla con voce unanime dell’unicità di Dio. Gesù stesso la ribadisce, facendo sua la professione di Israele: “Il Signore Dio nostro è l’unico Signore” (Mc 12,29 cfr Dt 6,4-5). È l’unicità affermata anche in queste parole di lode che sgorgano dal cuore dell'apostolo Paolo: “Al Re dei secoli incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen” (1Tm 1,17).

Sappiamo che alla luce della piena rivelazione in Cristo, tale unicità misteriosa non è riducibile ad un'unità numerica. Il mistero cristiano ci fa contemplare nell'unità sostanziale di Dio le persone del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo: ciascuna in possesso dell’intera e indivisibile sostanza divina, ma una distinta dall'altra in forza della reciproca relazione.

3. Le relazioni non attenuano minimamente l'unità divina, come spiega il Concilio Lateranense IV (1215): “Ciascuna delle tre Persone è quella Realtà, cioè sostanza, essenza o natura divina . . . Essa non genera, non è generata e non procede . . .” (DS 804). La dottrina cristiana sulla Trinità, sancita dai Concili, è esplicita nel rigetto di ogni “triteismo” o “politeismo”. In questo senso, ossia in riferimento all'unica sostanza divina, c'è una significativa corrispondenza tra Cristianesimo e Islam.

Tale corrispondenza, però, non deve far dimenticare le diversità tra le due religioni. Sappiamo infatti che l’unità di Dio si esprime nel mistero delle tre divine Persone. Essendo infatti Amore (cfr 1Jn 4,8), Dio è da sempre Padre che si dona interamente generando il Figlio, entrambi uniti in una comunione d’amore che è lo Spirito Santo. Questa distinzione e compenetrazione (pericóresi) delle tre Persone divine non si aggiunge alla loro unità ma ne è l'espressione più profonda e caratterizzante.

D’altra parte, non va dimenticato che il monoteismo trinitario tipico del cristianesimo resta un mistero inaccessibile all’umana ragione, che tuttavia è chiamata ad accettare la rivelazione dell’intima natura di Dio (cfr CEC 237).

4. Grande segno di speranza è il dialogo interreligioso che conduce ad una più profonda conoscenza e stima dell'altro (Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Messaggio ai musulmani per la fine del Ramadan 1418/1998). Le due tradizioni, cristiana e musulmana, hanno una lunga storia di studio, riflessione filosofica e teologica, arte, letteratura e scienza, che ha lasciato le sue impronte nelle culture occidentali e orientali. L’adorazione verso l’unico Dio, Creatore di tutti, ci incoraggia ad intensificare in futuro la nostra reciproca conoscenza.

Nel mondo di oggi, segnato tragicamente dalla dimenticanza di Dio, cristiani e musulmani sono chiamati a difendere e promuovere sempre, in uno spirito d'amore, la dignità umana, i valori morali e la libertà. Il comune pellegrinaggio verso l'eternità deve esprimersi nella preghiera, nel digiuno e nella carità, ma anche in un solidale impegno per la pace e la giustizia, per la promozione umana e la protezione dell'ambiente. Camminando insieme sulla via della riconciliazione e rinunciando nell'umile sottomissione alla volontà divina ad ogni forma di violenza come mezzo per risolvere le differenze, le due religioni potranno offrire un segno di speranza, facendo risplendere nel mondo la sapienza e la misericordia di quell'unico Dio che ha creato e governa la famiglia umana.




Rivolgo ora un saluto ai pellegrini di lingua italiana. Desidero ricordare, in particolare, i partecipanti al Convegno promosso dal Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Artistico, come pure quelli che prendono parte al Corso promosso dall'Istituto per la Ricostruzione Industriale.

Saluto gli alunni e gli insegnanti delle scuole elementari "Filippo Ansaldi" di Centuripe ed "Edmondo De Amicis" di Platì ed i fedeli della Parrocchia San Bartolomeo - Santa Maria delle Grazie di Penta, venuti per far benedire il simulacro di San Rocco, recentemente restaurato, nel contesto della prossima riapertura al culto della monumentale chiesa di San Bartolomeo.

Saluto, poi, i giovani, i malati e gli sposi novelli, e li invito a rinnovare, in questo mese di maggio, da poco iniziato, la loro devozione alla Madonna.

A voi, cari giovani, auguro di conoscere più profondamente Maria, entrando in intimità con lei, per accoglierla come Madre spirituale e modello di fedeltà a Cristo.

Affido voi, cari malati, alla «Salus infirmorum»: la sua vicinanza vi aiuti a vivere con paziente amore anche le ore difficili della malattia e della prova.

Voi, cari sposi novelli, imparate dalla Vergine di Nazaret lo stile evangelico della famiglia, improntato ad umile docilità verso la Parola di Dio e ad amore reciproco, fedele e sincero

Appello

In questi giorni, presso la sede delle Nazioni Unite a New York, si tiene un'importante riunione circa l'applicazione di quanto venne deciso nella Conferenza del Cairo del 1994.

In quella occasione, la Santa Sede aveva richiamato con insistenza che la persona umana deve essere posta al centro di ogni programma di sviluppo. Questo comporta che la soluzione dei problemi relativi alla popolazione deve rispettare la dignità di ogni essere umano e nello stesso tempo promuovere i suoi diritti fondamentali, primo fra tutti il diritto alla vita. A ciò si devono aggiungere il diritto alla salute e all'educazione, coinvolgendo la famiglia nel suo insostituibile ruolo di soggetto propositivo di valori umani, spirituali e morali.

A cinque anni dalla Conferenza Internazionale su Popolazione e Sviluppo, è necessario che i Governi rinnovino gli impegni sottoscritti per assicurare un autentico e durevole sviluppo umano.


Mercoledì, 12 maggio 1999

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1. Il mio pensiero ritorna con sempre viva emozione alla visita, che Iddio mi ha concesso di effettuare nei giorni scorsi in Romania. Si è trattato di un evento di portata storica, perché è stato il mio primo viaggio in un Paese dove i cristiani sono in maggioranza ortodossi. Rendo grazie a Dio, il quale, nella sua provvidenza, ha disposto che ciò avvenisse in prossimità dell'anno Duemila, offrendo ai cattolici ed ai fratelli ortodossi l'opportunità di compiere insieme un gesto particolarmente significativo nel cammino verso la piena unità, in adesione allo spirito che è proprio del Grande Giubileo ormai vicino.

Desidero rinnovare l'espressione della mia riconoscenza a quanti mi hanno reso possibile questo pellegrinaggio apostolico. Ringrazio per il gentile invito il Presidente della Romania, Signor Emil Constantinescu, di cui ho apprezzato la cortesia. Ringrazio con fraterno calore Sua Beatitudine Teoctist, Patriarca della Chiesa Ortodossa Romena, ed il Santo Sinodo: la viva cordialità con cui mi hanno accolto, l'affetto sincero che traspariva dalle parole e dal volto di ciascuno hanno lasciato un'indelebile traccia nel mio cuore. Ringrazio pure i Vescovi sia greco-cattolici che latini, con i quali ho potuto confermare vincoli di profonda comunione nell'amore di Cristo.

Ringrazio infine le Autorità, gli organizzatori e quanti hanno operato perché tutto si svolgesse nel migliore dei modi. Pensando a quale era la situazione politica sino a non molti anni or sono, come non vedere in quest'evento un segno eloquente dell'azione di Dio nella storia? Prevedere una visita del Papa sarebbe stato allora del tutto impensabile, ma il Signore, che guida il cammino degli uomini, ha reso possibile quanto umanamente sembrava irrealizzabile.

2. Con questo pellegrinaggio, ho voluto rendere omaggio al popolo romeno ed alle sue radici cristiane, risalenti, secondo la tradizione, all'opera evangelizzatrice dell'apostolo Andrea, fratello di Simon Pietro. La gente lo ha capito ed è accorsa in massa lungo le strade ed alle celebrazioni. Nel corso dei secoli, la linfa delle radici cristiane ha alimentato un'ininterrotta vena di santità, con numerosi martiri e confessori della fede. Questa eredità spirituale è stata raccolta nel nostro secolo da tanti Vescovi, sacerdoti, religiosi e laici che hanno testimoniato Cristo durante la lunga e dura dominazione comunista, affrontando con coraggio la tortura, il carcere, e talora persino la morte.

Con quanta emozione ho sostato presso le tombe del Cardinale Iuliu Hossu e del Vescovo Vasile Aftenie, vittime della persecuzione durante il regime dittatoriale! Onore a te, Chiesa di Dio che sei in Romania! Hai molto sofferto per la Verità, e la Verità ti ha reso libera.

L'esperienza del martirio ha accomunato cristiani di differenti confessioni presenti in Romania. Unica è la testimonianza che ortodossi, cattolici e protestanti hanno reso a Cristo con il sacrificio della loro vita. Dall'eroismo di questi martiri scaturisce un incoraggiamento alla concordia ed alla riconciliazione per superare le divisioni tuttora esistenti.

3. Questo viaggio mi ha dato modo di sperimentare quale ricchezza sia respirare, come cristiani, con entrambi i "polmoni" della tradizione orientale e di quella occidentale.Me ne sono reso conto nelle solenni e suggestive celebrazioni liturgiche: ho avuto infatti la gioia di presiedere l'Eucaristia secondo il rito greco-cattolico; ho assistito alla Divina Liturgia presieduta per i fratelli ortodossi dal Patriarca nel rito bizantino romeno, ed ho potuto pregare con loro; ho infine celebrato la Messa in rito romano con i fedeli della Chiesa latina.

Durante il primo di questi momenti di solenne ed intensa preghiera, ho reso omaggio alla Chiesa greco-cattolica, duramente provata negli anni della persecuzione, ricordando che nel 2000 ricorrerà il terzo centenario della sua unione con Roma. Simbolo dell'eroica resistenza di questa Chiesa è il venerato Cardinale Alexandru Todea, al quale il regime inflisse sedici anni di carcere e ventisette di domicilio coatto. Malgrado l'età avanzata e la malattia, egli è riuscito a venire a Bucarest: poterlo abbracciare è stata una delle gioie più grandi di questo pellegrinaggio.

4. Particolarmente atteso e significativo è stato l'incontro con il Patriarca Teoctist ed il Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Romena. Sabato pomeriggio sono stato da loro accolto nel Patriarcato con grande cordialità e ho potuto riscontrare in Sua Beatitudine e negli altri Membri del Santo Sinodo fraterna comprensione ed un sincero desiderio di piena comunione secondo la volontà del Signore. Nell'occasione ho voluto assicurare alla Chiesa ortodossa romena, impegnata in un'importante opera di rinnovamento, l'affetto e la collaborazione della Chiesa cattolica. L'amore fraterno è l'anima del dialogo, e questo è la strada per superare gli ostacoli e le difficoltà che permangono per giungere alla piena unità tra i cristiani. Dio ha operato già cose mirabili in questo itinerario di riconciliazione: bisogna proseguire nel cammino con fiducioso slancio, perché l'Europa e il mondo hanno più che mai bisogno della testimonianza visibile di fraternità dei credenti in Cristo.

In questa luce sento il bisogno di ringraziare ancora una volta la Chiesa ortodossa romena, perché, invitandomi, mi ha offerto l'opportunità di attuare aspetti essenziali del ministero petrino nella prospettiva da me indicata nell'Enciclica Ut unum sint.

5. L'impegno ecumenico non sminuisce, ma piuttosto avvalora il compito di Pastore della Chiesa cattolica che spetta al Successore di Pietro. Ho svolto questo mio ministero soprattutto incontrando la Conferenza Episcopale Romena, composta da Vescovi di rito latino e di rito greco-cattolico. Ad essi ho rivolto l'esortazione ad annunciare senza stancarsi il Vangelo, ad essere artefici di comunione, a curare la formazione dei presbiteri e dei numerosi chiamati alla vita consacrata come pure dei laici. Li ho incoraggiati a promuovere la pastorale giovanile e scolastica, a lavorare per difendere la famiglia, per tutelare la vita e per servire i poveri.

6. La Nazione romena è nata con l'evangelizzazione e nel Vangelo troverà la luce e la forza per realizzare la sua vocazione di crocevia di pace nell'Europa del prossimo millennio.

Il 1989 ha segnato, anche per quest'amata Nazione, un momento di svolta. Con il repentino crollo della dittatura, ha preso avvio una nuova primavera di libertà ed il Paese è così diventato un cantiere di democrazia, da edificare con pazienza ed onestà. Attingendo alle sue autentiche fonti culturali e spirituali, la Romania ha ereditato cultura e valori sia dalla civiltà latina - come attesta la stessa lingua - sia da quella bizantina. La sua storia e la sua posizione geografica ne fanno una parte integrante della nuova Europa, che si va gradualmente costruendo dopo il crollo del Muro di Berlino. La Chiesa intende servire questo processo di sviluppo e di integrazione democratica con spirito di fattiva collaborazione.

7. Ricordando che, secondo una diffusa tradizione popolare, la Romania è detta "Giardino di Maria", vorrei domandare alla Vergine Santa, in questo mese a Lei dedicato, di ravvivare nei cristiani il desiderio della piena unità per essere insieme fermento evangelico. A Maria chiedo che il caro Popolo romeno cresca nei valori spirituali e morali, sui quali si fonda ogni società a dimensione d'uomo e attenta al bene comune. A Lei, celeste Madre della Speranza, affido soprattutto le famiglie ed i giovani, che sono il futuro dell'amato Popolo di Romania.




Rivolgo ora un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i membri dell'Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro, ai quali esprimo apprezzamento per l'impegno che svolgono nel tutelare quanti sono vittime degli infortuni. Auspico di cuore che questo incontro valga a sensibilizzare l'opinione pubblica circa una maggiore attenzione nei confronti della sicurezza nel mondo del lavoro.

Saluto il gruppo di studiosi della Società Italiana di Pediatria, provenienti da Nocera Inferiore, come pure i soci del "Kiwanis Club" di Enna e gli avieri dell'Accademia Aeronautica di Pozzuoli".

Rivolgo, poi, un affettuoso pensiero ai ragazzi non udenti della Regione di Chernobyl, ospiti dell'Associazione "L'Arca" Aiuti Umanitari di Servigliano.

Il mio pensiero si rivolge, infine, ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli.

La solennità dell'Ascensione del Signore, che domani celebreremo, ci invita a contemplare il momento in cui Gesù, prima di ritornare al Padre, affida agli Apostoli il mandato di annunciare a tutti gli uomini il Vangelo, universale messaggio di salvezza.

Cari giovani, non abbiate paura di mettere le vostre energie al servizio del Vangelo, con la generosità e l'entusiasmo caratteristiche della vostra età; voi, cari malati, offrite un contributo prezioso ed insostituibile alla costruzione del Regno di Dio, grazie alla quotidiana offerta della vostra sofferenza; voi, cari sposi novelli, fate sì che le vostre famiglie crescano come luoghi in cui si impara ad amare Dio ed il prossimo nella serenità e nella gioia.




Mercoledì, 19 maggio 1999: Il dialogo con le grandi religioni mondiali

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1. Il libro degli Atti degli Apostoli riporta un discorso di san Paolo agli Ateniesi, che si rivela di grande attualità per l’areopago del pluralismo religioso del nostro tempo. Per presentare il Dio di Gesù Cristo, Paolo prende le mosse dalla religiosità dei suoi ascoltatori, con parole di apprezzamento: “Cittadini ateniesi, vedo che in tutto siete molto religiosi. Passando infatti e osservando i monumenti del vostro culto; ho trovato anche un'ara con l’iscrizione: al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio” (
Ac 17,22-23).

Nel mio pellegrinaggio spirituale e pastorale attraverso il mondo di oggi ho espresso ripetutamente la stima della Chiesa verso “quanto è vero e santo” nelle religioni dei popoli. Ho aggiunto, sulla scorta del Concilio, che la verità cristiana serve a far “progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi” (Nostra Aetate NAE 2). La paternità universale di Dio, manifestatasi in Gesù Cristo, spinge al dialogo anche con le religioni al di fuori del ceppo abramitico. Tale dialogo si configura ricco di stimoli e sfide se si pensa, per esempio, alle culture asiatiche, profondamente penetrate dallo spirito religioso, oppure alle religioni tradizionali africane che costituiscono per tanti popoli una fonte di sapienza e di vita.

2. Alla base dell’incontro della Chiesa con le religioni mondiali vi è il discernimento del loro specifico carattere, ossia del modo con cui esse si avvicinano al mistero di Dio Salvatore, Realtà definitiva della vita umana. Ogni religione infatti si presenta come una ricerca di salvezza e propone itinerari per giungere ad essa (cfr CEC 843). Presupposto del dialogo è la certezza che l’uomo, creato ad immagine di Dio, è anche “luogo” privilegiato della sua presenza salvifica.

La preghiera, come riconoscimento adorante di Dio, gratitudine per i suoi doni, implorazione di aiuto, è via speciale d’incontro, soprattutto con quelle religioni che, pur non avendo scoperto il mistero della paternità di Dio, tuttavia “tengono, per così dire, le braccia tese verso il cielo” (Paolo VI, Evangelii nuntiandi EN 53). Più difficile invece il dialogo con alcune correnti della religiosità contemporanea, in cui spesso la preghiera finisce per essere un ampliamento del potenziale vitale, scambiato per salvezza.

3. Varie sono le forme e i livelli del dialogo del cristianesimo con le altre religioni, a partire dal dialogo della vita, con cui “le persone si sforzano di vivere in uno spirito di apertura e di buon vicinato, condividendo le loro gioie e le loro pene, i loro problemi e le loro preoccupazioni umane” (Pont. Consiglio per il Dialogo Interreligioso e Congr. per l'Evangelizzazione dei Popoli, Istruzione Dialogo e annuncio: riflessioni e orientamenti, 19 maggio 1991, n. 42).

Particolare importanza assume il dialogo delle opere, tra cui si devono evidenziare l'educazione alla pace e al rispetto per l'ambiente, la solidarietà verso il mondo della sofferenza, la promozione della giustizia sociale e dello sviluppo integrale dei popoli. La carità cristiana che non conosce frontiere si incontra volentieri con la testimonianza solidale dei membri di altre religioni, rallegrandosi per il bene da essi operato.

Vi è poi il dialogo teologico in cui gli esperti cercano di approfondire la comprensione delle loro rispettive eredità religiose e di apprezzarne i valori spirituali. Gli incontri tra specialisti di varie religioni non possono tuttavia limitarsi alla ricerca di un minimo denominatore comune. Essi hanno lo scopo di prestare un coraggioso servizio alla verità evidenziando sia aree di convergenza che differenze fondamentali, nello sforzo sincero di superare pregiudizi e malintesi.

4. Anche il dialogo dell'esperienza religiosa va acquistando sempre maggiore importanza. L’esercizio della contemplazione risponde all'immensa sete di interiorità propria delle persone spiritualmente in ricerca e aiuta tutti i credenti a penetrare più profondamente nel mistero di Dio. Alcune pratiche provenienti da grandi religioni orientali esercitano una certa attrazione sull'uomo di oggi. Ad esse i cristiani devono applicare un discernimento spirituale, per non perdere mai di vista la concezione della preghiera, come è illustrata dalla Bibbia lungo tutta la storia della salvezza (cfr Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera Orationis formas, su alcuni aspetti della meditazione cristiana, 15 ottobre 1989: AAS 82 [1990], II, PP 362-379).

Questo doveroso discernimento non impedisce il dialogo interreligioso. In realtà da diversi anni gli incontri con gli ambienti monastici di altre religioni, improntati a cordiale amicizia, aprono vie per condividere reciprocamente le ricchezze spirituali in ciò che “riguarda la preghiera e la contemplazione, la fede e le vie della ricerca di Dio e dell'Assoluto” (Dialogo e annuncio, 42). Tuttavia la mistica non può mai essere invocata per favorire il relativismo religioso, in nome di una esperienza che riduca il valore della rivelazione di Dio nella storia. Quali discepoli di Cristo sentiamo l’urgenza e la gioia di testimoniare che proprio in Lui Dio si è manifestato, come ci dice il Vangelo di Giovanni: “Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, Lui lo ha rivelato” (Jn 1,18).

Questa testimonianza va resa senza reticenza alcuna, ma anche con la consapevolezza che l’azione di Cristo e del suo Spirito è già misteriosamente presente in quanti vivono sinceramente la loro esperienza religiosa. E con tutti gli uomini autenticamente religiosi la Chiesa compie il suo pellegrinaggio nella storia verso l’eterna contemplazione di Dio nello splendore della sua gloria.



Traduzione italiana del saluto in lingua polacca

Voglio salutare cordialmente i miei Connazionali presenti in questa udienza, giunti a Roma sia dalla Polonia che dall’Emigrazione, per celebrare il 55° anniversario della memorabile battaglia di Monte Cassino.

Saluto con gioia i soldati che parteciparono a quella battaglia, ed anche i rappresentanti delle Organizzazioni degli Excombattenti. Do' il benvenuto al Cardinal Primate, al Cardinal Metropolita di Wroclaw, all’Arcivescovo Szczepan - Pastore dell’Emigrazione Polacca e ai Vescovi. Saluto i Rappresentanti delle più alte autorità e del Governo Polacco, i Rappresentanti dell’Esercito Polacco, il Signor Ambasciatore della Repubblica di Polonia presso la Sede Apostolica. Soprattutto voglio ricordare qui due nomi: il Signor Presidente Kaczorowski e la Signora Anders, la cui presenza ha un particolare significato.

La battaglia di Monte Cassino è iscritta per sempre nella storia della Polonia e dell’Europa. Ha mostrato quanto è grande il valore dell’amor di Patria e il desiderio di riconquistare la libertà perduta. “A Monte Cassino - come già dissi una volta - combatteva il soldato polacco, qui moriva, qui versava il suo sangue con il pensiero alla Patria, che per noi è una Madre tanto amata, proprio perché l’amore per essa esige tanti sacrifici e tante rinunce. Il soldato polacco combatteva per una giusta causa, che era e mai cessa di essere il diritto all’esistenza della nazione, all’esistenza indipendente, alla vita sociale nello spirito delle proprie convinzioni nazionali e tradizioni religiose, alla sovranità del proprio Stato” (Omelia, 17.05.1979).

Mediante l'offerta della loro vita e il tributo di sangue lì pagato, essi ponevano le fondamenta di una nuova Europa, fedele alla sua tradizione cristiana, consapevole delle sue radici spirituali e più unita. Ponevano anche le fondamenta di una nuova Polonia. Perduri incessantemente il ricordo di questa battaglia nelle generazioni di oggi e in quelle future. Essa è per noi una grande sfida sul cammino della formazione della vita sociale nella nuova realtà. Di una vita basata sull’insegnamento del Vangelo e sul millennario patrimonio spirituale della nostra Nazione.

Con la nostra preghiera abbracciamo oggi i soldati che hanno combattuto a Monte Cassino, le loro famiglie e tutto ciò che riguarda la nostra Patria.
* * *


Saluto ora i pellegrini di lingua italiana. Rivolgo anzitutto un cordiale pensiero al pellegrinaggio della Diocesi di Vicenza, accompagnato dal Vescovo Monsignor Pietro Nonis, ed al folto gruppo di anziani della Commissione diocesana dell'Arcidiocesi di Napoli.

Saluto, poi, la delegazione della Parrocchia di San Francesco in Bari, e volentieri benedirò la copia dell'icona della Madonna di Czestochowa, loro donata dal Cardinale Henryk Gulbinowicz.

Benedirò anche le corone auree che hanno portato i fedeli della parrocchia di Sant'Ippolito Martire in Gioia Tauro e che saranno poste sul capo delle statue della Madonna e del Bambino Gesù dal Cardinale Lucas Moreira Neves.

Con affetto, mi dirigo ai membri dell'Associazione Italiana Ciechi di Guerra, come pure all'Associazione Nazionale Artigianato Artistico di Ricerca e Tradizionale ed a quanti fanno parte dell'Associazione Italiana Fabbricanti di Insegne Luminose.

Saluto anche il Centotrentunesimo Reggimento di Artiglieria Semovente da Campagna "Centauro" di Foggia ed il Raggruppamento Subacquei ed Incursori "Teseo Tesei" di Varignano.

Mi rivolgo, infine, ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli.

Siamo nella Novena della Pentecoste ed invito voi, cari giovani, ad essere docili all'azione dello Spirito Santo, donato ai credenti nei sacramenti del Battesimo e della Confermazione. Esorto voi, cari malati, ad accogliere lo Spirito Consolatore, affinché vi assista nelle difficoltà e vi aiuti a trasformare la sofferenza in offerta gradita a Dio per il bene dei fratelli. Auguro a voi, cari sposi novelli, che la vita della vostra famiglia sia sempre alimentata dal fuoco dello Spirito, che è l'Amore stesso di Dio.




Mercoledì, 26 maggio 1999: Escatologia universale: l’umanità in cammino verso il Padre

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1. Il tema su cui stiamo riflettendo in questo ultimo anno di preparazione al Giubileo, cioè il cammino dell’umanità verso il Padre, ci suggerisce di meditare sulla prospettiva escatologica, ossia sul traguardo finale della storia umana. Specialmente nel nostro tempo tutto procede con incredibile velocità, sia per i ritrovati della scienza e della tecnica, sia per l'influsso dei mezzi di comunicazione sociale. Viene allora spontaneo chiedersi qual è il destino e la meta finale dell'umanità. A questo interrogativo offre una specifica risposta la Parola di Dio, che ci presenta il disegno di salvezza che il Padre realizza nella storia per mezzo di Cristo e con l’opera dello Spirito.

Nell'Antico Testamento è fondamentale il riferimento all’Esodo, con il suo orientamento verso l’ingresso nella Terra Promessa. L'Esodo non è solo un avvenimento storico, ma la rivelazione di un’attività salvifica di Dio, che si compirà progressivamente, come i profeti si incaricano di mostrare illuminando il presente e il futuro di Israele.

1. Al tempo dell’Esilio, i profeti annunciano un nuovo Esodo, un ritorno nella Terra Promessa. Con questo rinnovato dono della terra, Dio non solo radunerà il suo popolo disperso fra le genti, ma trasformerà ciascuno nel cuore, ossia nelle sue capacità di conoscere, di amare e di agire: “Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro; toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne, perché seguano i miei decreti e osservino le mie leggi e li mettano in pratica; saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio” (
Ez 11,19-20 cfr Ez 36,26-28).

Impegnandosi ad osservare le norme stabilite nell’alleanza, il popolo potrà abitare in un ambiente simile a quello uscito dalle mani di Dio al momento della creazione: “La terra, che era desolata, è diventata ora come il giardino dell’Eden; le città rovinate, desolate e sconvolte, ora sono fortificate e abitate” (Ivi, Ez 36,35). Si tratterà di un’alleanza nuova, concretizzata nell’osservanza di una legge scritta nel cuore (cfr Jr 31,31-34).

Poi la prospettiva si allarga e viene promessa una nuova terra. Il traguardo finale è quello di una nuova Gerusalemme, in cui cesserà ogni afflizione, come leggiamo nel libro di Isaia: “Ecco infatti io creo nuovi cieli e nuova terra... e farò di Gerusalemme una gioia, del suo popolo un gaudio. Io esulterò di Gerusalemme, godrò del mio popolo. Non si udranno più in essa voci di pianto, grida di angoscia” (Is 65,17-19).

3. L’Apocalisse riprende questa visione. Giovanni scrive: “Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo” (Ap 21,1).

Il passaggio a questo stato di nuova creazione esige un impegno di santità, che il Nuovo Testamento rivestirà di una radicalità assoluta, come si legge nella seconda Lettera di Pietro: “Poiché dunque tutte queste cose devono dissolversi così, quali non dovete essere voi, nella santità della condotta e nella pietà, attendendo e affrettando la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli si dissolveranno e gli elementi incendiati si fonderanno! E poi, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia” (2P 3,11-13).

2. La risurrezione di Cristo, la sua ascensione e l’annuncio del suo ritorno hanno aperto nuove prospettive escatologiche. Nel Discorso dopo la Cena, infatti, Gesù dice: “Io vado a prepararvi un posto. Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io” (Jn 14,2-3). San Paolo quindi scriveva ai Tessalonicesi: “Il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nubi, per andare incontro al Signore nell’aria, e così saremo con il Signore” (1Th 4,16-17).

Sulla data di questo evento finale non siamo informati. Bisogna pazientare nell’attesa di Gesù risorto, che, richiesto dagli apostoli se stesse per ricostituire il regno di Israele, rispose invitandoli alla predicazione e alla testimonianza: “Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (Ac 1,7-8).

3. La tensione all’evento finale va vissuta con serena speranza, impegnandosi nel tempo presente alla costruzione di quel Regno che alla fine sarà consegnato da Cristo nelle mani del Padre: “Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza” (1Co 15,24). Con Cristo, vincitore sulle potenze avversarie, anche noi parteciperemo alla nuova creazione, la quale consisterà in un ritorno definitivo di ogni cosa a Colui dal quale tutto proviene: “E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti” (1Co 15,28).

Pertanto, dobbiamo essere convinti che “la nostra patria è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo” (Ph 3,20). Non abbiamo quaggiù una città stabile (cfr He 13,14). Pellegrini e alla ricerca di una dimora definitiva, dobbiamo aspirare come i Padri nella fede a una patria migliore, “cioè a quella celeste” (He 11,16).



Saluto ora i pellegrini di lingua italiana. In particolare, rivolgo un affettuoso benvenuto ai numerosi cresimandi dell'Abbazia territoriale di Montecassino, accompagnati dai loro sacerdoti, catechisti e da una rappresentanza delle loro famiglie.

Saluto, poi, il Presidente dell'Associazione Europea di Studi Internazionali e gli studenti universitari che si preparano alla carriera diplomatica o al servizio presso organismi internazionali.

Un pensiero cordiale dirigo pure al gruppo di donne ucraine che lavorano a Roma e che fanno capo alla Parrocchia cattolica ucraina dei Santi Sergio e Bacco - Madonna del Pascolo in Roma.

Rivolgo, altresì, un affettuoso saluto ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli.

Carissimi, la Chiesa ricorda oggi un santo romano, San Filippo Neri, che fin dai primi anni del suo apostolato si distinse per la sua allegria e per la sua generosa dedizione ai fratelli poveri e ammalati, e specialmente alla gioventù, che educò ed evangelizzò attraverso l'ispirata iniziativa pastorale dell'Oratorio.

Cari giovani, guardate a questo Santo per imparare a vivere, come egli fece, con semplicità evangelica e fedele adesione a Cristo. Cari malati, vi aiuti San Filippo Neri a fare della vostra sofferenza un'offerta al Padre celeste, in unione a Gesù crocifisso. E voi, cari sposi novelli, sorretti dall'intercessione di San Filippo, ispiratevi sempre al Vangelo per rafforzare la vostra unione coniugale e costruire una famiglia veramente cristiana.





Catechesi 79-2005 50599