Catechesi 79-2005 7799

Mercoledì, 7 luglio 1999: Giudizio e misericordia

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1. Si legge nel Salmo 116: “Buono e giusto è il Signore, il nostro Dio è misericordioso” (
Ps 116,5). A prima vista giudizio e misericordia sembrerebbero due realtà inconciliabili, o almeno la seconda sembra integrarsi con la prima solo se questa attutisce la propria forza inesorabile. Occorre invece capire la logica della Sacra Scrittura, che le lega assieme e anzi le presenta in modo che l’una non possa esistere senza l’altra.

Il senso della giustizia divina è colto progressivamente nell’Antico Testamento a partire dalla situazione di colui che ha agito bene e si sente ingiustamente minacciato. Egli trova allora in Dio rifugio e difesa. Questa esperienza è espressa più volte nei salmi che, ad esempio, affermano: “So che il Signore difende la causa dei miseri, il diritto dei poveri. Sì, i giusti loderanno il tuo nome, i retti abiteranno alla tua presenza” (Ps 140,13-14).

L’intervento a favore degli oppressi, è concepito dalla Scrittura soprattutto come giustizia, ossia fedeltà di Dio alle promesse salvifiche fatte ad Israele. Una giustizia, dunque, quella di Dio, derivante dall’iniziativa gratuita e misericordiosa con cui egli si è legato al suo popolo in un’alleanza eterna. Dio è giusto perché salva, adempiendo così le sue promesse, mentre il giudizio sul peccato e sugli empi non è che il risvolto della sua misericordia. Su questa giustizia misericordiosa può sempre fare affidamento il peccatore sinceramente pentito (cfr Ps 51,6 Ps 51,16).

Di fronte alla difficoltà di trovare giustizia negli uomini e nelle loro istituzioni, nella Bibbia si fa strada la prospettiva che la giustizia si realizzerà pienamente solo in futuro, attraverso l’opera di un personaggio misterioso, che progressivamente assumerà connotati “messianici” più precisi: un re o figlio di re (cfr Ps 72,1), un germoglio che “spunterà dal tronco di Iesse” (Is 11,1), un “germoglio giusto” discendente di Davide (Jr 23,5).

2. La figura del Messia, adombrata in molti testi soprattutto dei libri profetici, assume, nell’ottica della salvezza, le funzioni del governo e del giudizio, per la prosperità e la crescita della comunità e dei suoi singoli componenti.

La funzione giudiziaria si eserciterà sui buoni e sui malvagi, che si presenteranno insieme in giudizio, dove il trionfo dei giusti si trasformerà in spavento e stupore per gli empi (cfr Sg 4,20-5,23 cfr Da 12,1-3). Il giudizio affidato al “Figlio dell’uomo”, nella prospettiva apocalittica del libro di Daniele, avrà come effetto il trionfo del popolo dei santi dell’Altissimo sulla rovina dei regni della terra (cfr DA 7, spec. Da 7,18 Da 7,27).

D'altra parte, anche chi può aspettarsi un giudizio benevolo, è consapevole dei propri limiti. Emerge così la coscienza che è impossibile essere giusti senza la grazia divina, come il Salmista ricorda: “Signore . . . per la tua giustizia rispondimi. Non chiamare in giudizio il tuo servo: nessun vivente davanti a te è giusto” (Ps 143,1-2).

3. La stessa logica di fondo si ritrova nel Nuovo Testamento, dove il giudizio divino è legato all’opera salvifica di Cristo. Gesù è il Figlio dell’uomo al quale il Padre ha trasmesso il potere di giudicare. Egli eserciterà il giudizio su quanti usciranno dai sepolcri, separando quanti sono destinati ad una risurrezione di vita da quanti sperimenteranno una risurrezione di condanna (cfr Jn 5,26-30). Tuttavia, come sottolinea l’evangelista Giovanni, “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (Jn 3,17). Soltanto chi avrà rifiutato la salvezza, offerta da Dio con una misericordia sconfinata, si troverà condannato, perché si sarà autocondannato.

4. San Paolo approfondisce in senso salvifico il concetto di “giustizia di Dio”, che si realizza “per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono” (Rm 3,22). La giustizia di Dio è intimamente connessa con il dono della riconciliazione: se attraverso Cristo ci lasciamo riconciliare con il Padre, possiamo diventare anche noi, per mezzo di lui, giustizia di Dio (cfr 2Co 5,18-21).

Giudizio e misericordia vengono così compresi come due dimensioni dello stesso mistero d’amore: “Dio infatti ha racchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia” (Rm 11,32). L’amore, che sta alla base dell’atteggiamento divino e deve diventare una virtù fondamentale del credente, ci spinge perciò ad avere fiducia nel giorno del giudizio, escludendo ogni timore (cfr 1Jn 4,18). Ad imitazione di questo giudizio divino, anche quello umano deve essere esercitato secondo una legge di libertà, nella quale deve prevalere appunto la misericordia: “Parlate e agite come persone che devono essere giudicate secondo una legge di libertà, perché il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà usato misericordia; la misericordia invece ha sempre la meglio nel giudizio” (Jc 2,12-13).

5. Dio è Padre di misericordia e di ogni consolazione. Per questo nella quinta domanda della preghiera per eccellenza, il ‘Padre nostro’, “la nostra richiesta inizia con una ‘confessione’, con la quale confessiamo ad un tempo la nostra miseria e la sua misericordia” (Catechismo della Chiesa cattolica CEC 2839). Svelandoci la pienezza della misericordia del Padre, Gesù ci ha anche insegnato che a questo Padre così giusto e misericordioso si ha accesso solo attraverso l’esperienza della misericordia che deve contraddistinguere i nostri rapporti con il prossimo. “Questo flusso di misericordia non può giungere al nostro cuore finché noi non abbiamo perdonato a chi ci ha offeso… Nel rifiuto di perdonare ai nostri fratelli e alle nostre sorelle, il nostro cuore si chiude e la sua durezza lo rende impermeabile all’amore misericordioso del Padre” (CEC 2840).



Traduzione italiana del saluto in lingua croata

Cari fratelli e sorelle, la prossima celebrazione del Grande Giubileo offre un’occasione del tutto particolare per cogliere la costante sollecitudine di Dio per l’uomo e la sua vicinanza, piena di amore e ricca di misericordia. Tale evento rappresenta nello stesso tempo un invito speciale a riconoscere la signoria di Cristo sulla storia umana, nella quale Dio ha posto il suo Regno.

Saluto tutti i pellegrini croati qui presenti e cordialmente li benedico.

Siano lodati Gesù e Maria!

Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca

Saluto cordialmente i pellegrini slovacchi da Zvolen e i professori e gli studenti da Ruzomberok, Banská Bystrica e Malacky.

Carissimi fratelli e sorelle, lunedì avete festeggiato in Slovacchia i Santi Cirillo e Metodio, vostri evangelizzatori.

Pregate per voi stessi e per la vostra nazione affinchè resti sempre fedele all’eredità cristiana dei vostri Padri.

Impartisco con gioia la mia benedizione apostolica a voi e all’intera Slovacchia.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua ungherese

Saluto cordialmente i pellegrini dall’Ungheria, da Miskolc e Pásztó.

Nell’odierna catechesi abbiamo meditato sulla giustizia e misericordia di Dio. Imparto volentieri la Benedizione di Dio misericordioso a voi e alla vostra Patria.

Sia lodato Gesù Cristo!
* * *


Rivolgo un saluto cordiale ai pellegrini di lingua italiana, in particolare al gruppo della parrocchia San Giovanni Apostolo ed Evangelista, da poco istituita in Barletta, e volentieri benedico la prima pietra dell'Oratorio, che sarà intitolato al Servo di Dio Don Raffaele Dimiccoli.

Sono lieto di accogliere i partecipanti al Meeting di Missiologia del Centro Internazionale di Animazione Missionaria di Roma, e li esorto a guardare sempre il mondo con gli occhi di Dio Padre, sorgente della missione di Cristo e della Chiesa.

Saluto, inoltre, gli Allievi Ufficiali della Guardia di Finanza e i Corsisti della Scuola di Sanità e Veterinaria Militare.

Benedico con affetto i chierichetti che, in questo periodo, assistono i sacerdoti nella Basilica di San Pietro, come pure i bambini in cura nell'Ospedale "Bambino Gesù", con i loro genitori.

Uno speciale pensiero va, infine, ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli.

Abbiamo celebrato ieri la memoria liturgica di santa Maria Goretti, la giovane dei nostri tempi che ha testimoniato il suo amore a Cristo fino al martirio. Cari giovani, anche voi lasciatevi affascinare dalla proposta di vita di Gesù, per seguirlo con entusiasmo e generosità nelle grandi e piccole scelte che siete chiamati a compiere. A voi, cari malati, chiedo di perseverare nella preghiera fiduciosa per comprendere il valore redentivo della vostra sofferenza unita a quella di Cristo. Esorto voi, cari sposi novelli, a domandare al Signore la grazia di vivere la vostra vocazione coniugale nella piena fedeltà al suo progetto.




Mercoledì, 21 luglio 1999: Il “cielo” come pienezza di intimità con Dio

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Lettura:
1Jn 3,2-3

1. Quando sarà passata la figura di questo mondo, coloro che hanno accolto Dio nella loro vita e si sono sinceramente aperti al suo amore almeno al momento della morte, potranno godere di quella pienezza di comunione con Dio, che costituisce il traguardo dell’esistenza umana.

Come insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica, “questa vita perfetta, questa comunione di vita e di amore con la Santissima Trinità, con la Vergine Maria, gli angeli e tutti i beati è chiamata 'il cielo'. Il cielo è il fine ultimo dell’uomo e la realizzazione delle sue aspirazioni più profonde, lo stato di felicità suprema e definitiva” (CEC 1024).

Vogliamo oggi cercare di cogliere il senso biblico del “cielo”, per poter comprendere meglio la realtà cui questa espressione rimanda.

2. Nel linguaggio biblico il “cielo” quando è unito alla “terra”, indica una parte dell’universo. A proposito della creazione, la Scrittura dice: “In principio Dio creò il cielo e la terra” (Gn 1,1).

Sul piano metaforico il cielo è inteso come abitazione di Dio, che in questo si distingue dagli uomini (cfr Ps 104,2 Ps 115,16 Is 66,1). Egli dall’alto dei cieli vede e giudica (cfr Ps 113,4-9), e discende quando lo si invoca (cfr Ps 18,7 Ps 18,10 Ps 144,5). Tuttavia la metafora biblica fa bene intendere che Dio né si identifica con il cielo né può essere racchiuso nel cielo (cfr 1R 8,27); e ciò è vero, nonostante che in alcuni passi del primo libro dei Maccabei “il Cielo” sia semplicemente un nome di Dio (1M 3,18 1M 3,19 1M 3,50 1M 3,60 1M 4,24 1M 4,55).

Alla raffigurazione del cielo, quale dimora trascendente del Dio vivo, si aggiunge quella di luogo a cui anche i credenti possono per grazia ascendere, come nell'Antico Testamento emerge dalle vicenda di Enoc (cfr Gn 5,24) e di Elia (cfr 2R 2,11). Il cielo diventa così figura della vita in Dio. In questo senso, Gesù parla di “ricompensa nei cieli” (Mt 5,12) ed esorta ad “accumulare tesori nel cielo” (Mt 6,20; cfr Mt 19,21).

3. Il Nuovo Testamento approfondisce l'idea del cielo anche in rapporto al mistero di Cristo. Per indicare che il sacrificio del Redentore assume valore perfetto e definitivo, la Lettera agli Ebrei afferma che Gesù “ha attraversato i cieli” (He 4,14) e “non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso” (He 9,24). I credenti, poi, in quanto amati in modo speciale da parte del Padre, vengono risuscitati con Cristo e sono resi cittadini del cielo. Vale la pena di ascoltare quanto in proposito l’apostolo Paolo ci comunica in un testo di grande intensità: “Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati. Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù” (Ep 2,4-7). La paternità di Dio, ricco di misericordia, viene sperimentata dalle creature attraverso l’amore del Figlio di Dio crocifisso e risorto, il quale come Signore siede nei cieli alla destra del Padre.

4. La partecipazione alla completa intimità con il Padre, dopo il percorso della nostra vita terrena, passa dunque attraverso l’inserimento nel mistero pasquale del Cristo. San Paolo sottolinea con vivida immagine spaziale questo nostro andare verso Cristo nei cieli alla fine dei tempi: “Quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro [i morti risuscitati] tra le nubi, per andare incontro al Signore nell’aria, e così saremo sempre con il Signore. Confortatevi dunque a vicenda con queste parole” (1Th 4,17-18).

Nel quadro della Rivelazione sappiamo che il “cielo” o la “beatitudine” nella quale ci troveremo non è un’astrazione, neppure un luogo fisico tra le nubi, ma un rapporto vivo e personale con la Trinità Santa. È l’incontro con il Padre che si realizza in Cristo Risorto grazie alla comunione dello Spirito Santo.

Occorre mantenere sempre una certa sobrietà nel descrivere queste ‘realtà ultime’, giacché la loro rappresentazione rimane sempre inadeguata. Oggi il linguaggio personalistico riesce a dire meno impropriamente la situazione di felicità e di pace in cui ci stabilirà la comunione definitiva con Dio.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica sintetizza l’insegnamento ecclesiale circa questa verità affermando che “con la sua morte e la sua risurrezione Gesù Cristo ci ha ‘aperto’ il cielo. La vita dei beati consiste nel pieno possesso dei frutti della Redenzione compiuta da Cristo, il quale associa alla sua glorificazione celeste coloro che hanno creduto in lui e che sono rimasti fedeli alla sua volontà. Il cielo è la beata comunità di tutti coloro che sono perfettamente incorporati in lui” (CEC 1026).

5. Questa situazione finale può essere tuttavia anticipata in qualche modo oggi, sia nella vita sacramentale, di cui l’Eucaristia è il centro, sia nel dono di sé mediante la carità fraterna. Se sapremo godere ordinatamente dei beni che il Signore ci elargisce ogni giorno, sperimenteremo già quella gioia e quella pace di cui un giorno godremo pienamente. Sappiamo che in questa fase terrena tutto è sotto il segno del limite, tuttavia il pensiero delle realtà ‘ultime’ ci aiuta a vivere bene le realtà ‘penultime’. Siamo consapevoli che mentre camminiamo in questo mondo siamo chiamati a cercare “le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio” (Col 3,1), per essere con lui nel compimento escatologico, quando nello Spirito egli riconcilierà totalmente con il Padre “le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli” (Col 1,20).


Traduzione italiana del saluto in lingua ceca

Un cordiale benvenuto ai pellegrini provienienti da Praga e dintorni.

Possa il vostro pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo rinvigorire la vostra fede e l’amore per la Chiesa di Cristo. Con questi voti, volentieri vi benedico.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca

Saluto cordialmente i pellegrini slovacchi da Bratislava e Slatviná.

Cari pellegrini slovacchi, in questo tempo di vacanza siete venuti in pellegrinaggio a Roma.

Che questa visita alla Città Eterna, con la visione dei suoi valori culturali e spirituali, vi sproni a conoscere più profondamente Cristo e il suo Vangelo.

Impartisco di cuore la mia benedizione apostolica a voi e a tutti i vostri cari.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua ungherese

Saluto cordialmente i pellegrini dall’Ungheria, da Esztergom, Fertód e Mezótur!

La speranza della vita eterna vi dia forza per sopportare le difficoltà del pellegrinaggio terreno. Vi imparto volentieri la Benedizione Apostolica a voi ed ai vostri cari.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua lituana

Saluto cordialmente i pellegrini giunti dalla Lituania.

Cari fratelli e sorelle, auspico che l’odierno incontro rimanga nella vostra memoria come un momento importante di riflessione e di preghiera, incoraggi ciascuno a costruire una vita di pace, in armonia con i fratelli e con Dio.

Affidando voi, i vostri cari e tutta la Lituania all’amorevole protezione della Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa, imparto volentieri la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!
* * *


Rivolgo un cordiale benvenuto a tutti i pellegrini di lingua italiana, in particolare alle Suore Oblate del Sacro Cuore di Gesù, che in questi giorni stanno partecipando al Capitolo Generale. Auguro loro che sull'esempio della Fondatrice, la Madre Maria Teresa Casini, si impegnino con rinnovato slancio caritativo e missionario nell'opera della nuova evangelizzazione alle soglie del terzo millennio.

Saluto anche i partecipanti al Convegno internazionale di laici appartenenti ai movimenti ed alle fraternità laicali dell'Ordine agostiniano. Carissimi fratelli e sorelle, auspico che questo incontro, che annovera partecipanti provenienti dai cinque continenti, accresca la comunione fraterna tra voi e stimoli il vostro generoso impegno di testimonianza cristiana secondo il carisma agostiniano.

Infine, saluto con affetto i bambini bielorussi, ospiti della Parrocchia Santa Croce in Macerata. Il Signore protegga voi, cari ragazzi, e quanti vi hanno accolto.

Rivolgo, infine, uno speciale pensiero ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli.

Domani ricorre la memoria liturgica di santa Maria Maddalena, discepola del Signore Gesù, prima testimone della sua risurrezione.

Auguro a voi, cari giovani, di sperimentare personalmente la forza liberatrice dell'amore di Cristo, che rinnova profondamente la vita dell'uomo. Esorto voi, cari malati, ad offrire le vostre sofferenze per la conversione di chi è prigioniero del male. Ed incoraggio voi, cari sposi novelli, ad essere segno della fedeltà di Dio anche con il perdono reciproco, motivato dall'amore.


Mercoledì, 28 luglio 1999: L’inferno come rifiuto definitivo di Dio

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Lettura:
Jn 3,17-19

1. Dio è Padre infinitamente buono e misericordioso. Ma l’uomo, chiamato a rispondergli nella libertà, può purtroppo scegliere di respingere definitivamente il suo amore e il suo perdono, sottraendosi così per sempre alla comunione gioiosa con lui. Proprio questa tragica situazione è additata dalla dottrina cristiana quando parla di dannazione o inferno. Non si tratta di un castigo di Dio inflitto dall’esterno, ma dello sviluppo di premesse già poste dall’uomo in questa vita. La stessa dimensione di infelicità che questa oscura condizione porta con sé può essere in qualche modo intuita alla luce di alcune nostre terribili esperienze, che rendono la vita, come si suol dire, un “inferno”.

In senso teologico, tuttavia, l’inferno è altra cosa: è l’ultima conseguenza dello stesso peccato, che si ritorce contro chi lo ha commesso. È la situazione in cui definitivamente si colloca chi respinge la misericordia del Padre anche nell’ultimo istante della sua vita.

2. Per descrivere questa realtà, la Sacra Scrittura si avvale di un linguaggio simbolico, che si preciserà progressivamente. Nell’Antico Testamento, la condizione dei morti non era ancora pienamente illuminata dalla Rivelazione. Si pensava infatti per lo più che i morti fossero raccolti nello sheól, un luogo di tenebre (cfr Ez 28,8 Ez 31,14 Jb 10,21 Jb 38,17 Ps 30,10 Ps 88,7 Ps 88,13), una fossa dalla quale non si risale (cfr Jb 7,9), un luogo in cui non è possibile dare lode a Dio (cfr Is 38,18 Ps 6,6).

Il Nuovo Testamento proietta nuova luce sulla condizione dei morti, soprattutto annunciando che Cristo, con la sua risurrezione, ha vinto la morte e ha esteso la sua potenza liberatrice anche nel regno dei morti.

La redenzione rimane tuttavia un'offerta di salvezza che spetta all'uomo accogliere in libertà. Per questo ciascuno verrà giudicato “secondo le sue opere” (Ap 20,13). Ricorrendo ad immagini, il Nuovo Testamento presenta il luogo destinato agli operatori di iniquità come una fornace ardente, dove è “pianto e stridore di denti” (Mt 13,42 cfr Mt 25,30 Mt 25,41), oppure come la Geenna dal “fuoco inestinguibile” (Mc 9,43). Tutto ciò è espresso narrativamente nella parabola del ricco epulone, nella quale si precisa che gli inferi sono il luogo di pena definitiva, senza possibilità di ritorno o di mitigazione del dolore (cfr Lc 16,19-31).

Anche l’Apocalisse raffigura plasticamente in uno “stagno di fuoco” coloro che si sottraggono al libro della vita, andando così incontro alla “seconda morte” (Ap 20,13). Chi dunque si ostina a non aprirsi al Vangelo si predispone a “una rovina eterna, lontano dalla faccia del Signore e dalla gloria della sua potenza” (2Th 1,9).

3. Le immagini con cui la Sacra Scrittura ci presenta l’inferno devono essere rettamente interpretate. Esse indicano la completa frustrazione e vacuità di una vita senza Dio. L’inferno sta ad indicare più che un luogo, la situazione in cui viene a trovarsi chi liberamente e definitivamente si allontana da Dio, sorgente di vita e di gioia. Così riassume i dati della fede su questo tema il Catechismo della Chiesa Cattolica: «Morire in peccato mortale senza esserne pentiti e senza accogliere l’amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola ‘inferno’» (CEC 1033).

La ‘dannazione’ non va perciò attribuita all’iniziativa di Dio, poiché nel suo amore misericordioso egli non può volere che la salvezza degli esseri da lui creati. In realtà è la creatura che si chiude al suo amore. La ‘dannazione’ consiste proprio nella definitiva lontananza da Dio liberamente scelta dall’uomo e confermata con la morte che sigilla per sempre quell’opzione. La sentenza di Dio ratifica questo stato.

4. La fede cristiana insegna che, nel rischio del ‘sì’ e del ‘no’ che contraddistingue la libertà creaturale, qualcuno ha già detto no. Si tratta delle creature spirituali che si sono ribellate all’amore di Dio e vengono chiamate demoni (cfr Concilio Lateranense IV: DS 800-801). Per noi esseri umani questa loro vicenda suona come ammonimento: è richiamo continuo ad evitare la tragedia in cui sfocia il peccato e a modellare la nostra esistenza su quella di Gesù che si è svolta nel segno del ‘sì’ a Dio.

La dannazione rimane una reale possibilità, ma non ci è dato di conoscere, senza speciale rivelazione divina, se e quali esseri umani vi siano effettivamente coinvolti. Il pensiero dell’inferno – tanto meno l’utilizzazione impropria delle immagini bibliche - non deve creare psicosi o angoscia, ma rappresenta un necessario e salutare monito alla libertà, all’interno dell’annuncio che Gesù Risorto ha vinto Satana, donandoci lo Spirito di Dio, che ci fa invocare “Abbà, Padre” (Rm 8,15 Ga 4,6).

Questa prospettiva ricca di speranza prevale nell’annuncio cristiano. Essa viene efficacemente riflessa nella tradizione liturgica della Chiesa, come testimoniano ad esempio le parole del Canone Romano: “Accetta con benevolenza, o Signore, l’offerta che ti presentiamo noi tuoi ministri e tutta la tua famiglia … salvaci dalla dannazione eterna, e accoglici nel gregge degli eletti”.

Traduzione italiana del saluto in lingua neerlandese

Adesso vorrei salutare i pellegrini belgi e neerlandesi.

Voi vi trovate in una città nella quale gli Apostoli Pietro e Paolo hanno proclamato la fede e nella quale numerosi santi hanno vissuto e pregato. Auguro che ognuno di voi sperimenti la ricchezza della grazia di Dio, affinché possiate testimoniare il suo amore nel vostro Paese.

Di cuore imparto la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua ceca

Un cordiale benvenuto agli Amici del Movimento Salesiano di Don Bosco!

Auguro a voi tutti che le ferie estive giovino non solo alla salute del corpo, ma anche a quella dell’anima. Con questi voti volentieri vi benedico.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua ungherese

Ora saluto i pellegrini provenienti dall’Ungheria.

Auguro che questa visita alla tomba di San Pietro approfondisca la vostra fede ed arricchisca le vostre comunità parrocchiali. Di cuore vi imparto la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua lituana

Sono molto lieto di salutare il gruppo dei pellegrini giunti dalla Lituania.

Cari fratelli e sorelle, auspico che il vostro pellegrinaggio vi infonda la forza e il coraggio di fare tutto il possibile per essere saldi nell’abbracciare gli ideali cristiani e rimanere sempre fedeli alla Chiesa, rispondendo ai suoi richiami alla pace, all’unità e all’amore fraterno.

Dio benedica voi, i vostri cari e tutta la Lituania.

Sia lodato Gesù Cristo!
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Maiore nunc quodam studio animique affectu gratulamur discipulis omnium gentium qui cursui decimo quinto litterarum Latinarum "Aestiva Romae Latinitas" appellato adhuc interfuerunt in Urbe, ubi gaudente Matre Ecclesia tot thesauri fidei et culturae sermone Latino foventur. Vehementer omnes cohortamur ut discendo diligenter efficaciter docendo intellectum, amorem, usum eiusdem immortalis linguae sua quisque in Natione tamquam lampadem tradant.
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Mi rivolgo ora con viva cordialità ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i partecipanti al Corso di aggiornamento promosso dal Centro Interdisciplinare di formazione permanente della Pontificia Università Lateranense, ed i dirigenti dei Consigli diocesani che prendono parte al Congresso Nazionale del Movimento di Impegno Educativo di Azione Cattolica. Carissimi, vi ringrazio per la vostra presenza, ed auguro che i vostri incontri vi siano di stimolo per impegnarvi con rinnovato slancio educativo e missionario nell'opera della nuova evangelizzazione.

Uno speciale pensiero indirizzo ai due gruppi di Religiose, che stanno svolgendo il Capitolo Generale dei rispettivi Istituti: le Suore Sacramentine di Bergamo e le Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria. Carissime Sorelle, sono lieto di incontrarvi e di invocare l'abbondanza dei doni dello Spirito Santo sui lavori capitolari di questi giorni, affinché essi suscitino nelle vostre Famiglie religiose un rinnovato fervore spirituale ed apostolico, per vivere fedelmente anche oggi il carisma da Dio affidato alle vostre Fondatrici: la Beata Geltrude Comensoli e la Beata Maria Caterina Troiani.

Saluto, ora, i fedeli della Parrocchia Santa Cristina Vergine e Martire di Sepino, venuti per commemorare il nono centenario dell'arrivo delle reliquie della loro celeste Patrona da Bolsena a Sepino, come pure gli organizzatori ed i partecipanti all'edizione del "Festival della Collina" di Cori. Su ciascuno invoco la continua protezione di Dio e della Vergine Santissima.

Come di consueto, saluto, infine, i giovani, i malati e gli sposi novelli.

Ricorre domani la memoria liturgica di Santa Marta, che il Vangelo ricorda per l'amorevole ospitalità offerta a Gesù nella sua casa di Betania.

L'esempio di questa santa donna laboriosa e solerte aiuti voi, cari giovani, a seguire generosamente Cristo come testimoni del suo amore aperto a tutti; sostenga voi, cari malati, a cercare Gesù nel momento della tribolazione e guidi voi, cari sposi novelli, a fare della vostra casa un luogo di calda accoglienza verso il prossimo.

A tutti la mia Benedizione.




Mercoledì, 4 agosto 1999: Il purgatorio: necessaria purificazione per l'incontro con Dio

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Lettura:
1Jn 1,5-9

1. Come abbiamo visto nelle due precedenti catechesi, in base all'opzione definitiva per Dio o contro Dio, l'uomo si trova dinanzi a una delle alternative: o vive con il Signore nella beatitudine eterna, oppure resta lontano dalla sua presenza.

Per quanti si trovano in condizione di apertura a Dio, ma in un modo imperfetto, il cammino verso la piena beatitudine richiede una purificazione, che la fede della Chiesa illustra attraverso la dottrina del "Purgatorio" (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 1030-1032).

2. Nella Sacra Scrittura si possono cogliere alcuni elementi che aiutano a comprendere il senso di questa dottrina, pur non enunciata in modo formale. Essi esprimono il convincimento che non si possa accedere a Dio senza passare attraverso una qualche purificazione.

Secondo la legislazione religiosa dell'Antico Testamento, ciò che è destinato a Dio deve essere perfetto. In conseguenza, l'integrità anche fisica è particolarmente richiesta per le realtà che vengono a contatto con Dio sul piano sacrificale, come per esempio gli animali da immolare (cfr Lv 22,22) o su quello istituzionale, come nel caso dei sacerdoti, ministri del culto (cfr Lv 21,17-23). A questa integrità fisica deve corrispondere una dedizione totale, dei singoli e della collettività (cfr 1R 8,61), al Dio dell'alleanza nella linea dei grandi insegnamenti del Deuteronomio (cfr Dt 6,5). Si tratta di amare Dio con tutto il proprio essere, con purezza di cuore e con testimonianza di opere (cfr Dt 10,12).

L'esigenza d'integrità s'impone evidentemente dopo la morte, per l'ingresso nella comunione perfetta e definitiva con Dio. Chi non ha questa integrità deve passare per la purificazione. Un testo di san Paolo lo suggerisce. L'Apostolo parla del valore dell'opera di ciascuno, che sarà rivelata nel giorno del giudizio, e dice: "Se l'opera che uno ha costruito sul fondamento [che è Cristo] resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; ma se l'opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco" (1Co 3,14-15).

3. Per raggiungere uno stato di perfetta integrità è necessaria talvolta l'intercessione o la mediazione di una persona. Ad esempio, Mosè ottiene il perdono del popolo con una preghiera, nella quale evoca l'opera salvifica compiuta da Dio in passato e invoca la sua fedeltà al giuramento fatto ai padri (cfr Ex 32,30 Cfr Ex 32,11-13). La figura del Servo del Signore, delineata dal Libro di Isaia, si caratterizza anche per la funzione di intercedere e di espiare a favore di molti; al termine delle sue sofferenze egli "vedrà la luce" e "giustificherà molti", addossandosi le loro iniquità (cfr Is 52,13-53 Is 12 Is 53,11).

Il Salmo 51 può essere considerato, secondo la visuale dell'Antico Testamento, una sintesi del processo di reintegrazione: il peccatore confessa e riconosce la propria colpa (Ps 51,6), chiede insistentemente di venire purificato o "lavato" (Ps 51,4 Ps 51,9 Ps 51,12 Ps 51,16) per poter proclamare la lode divina (Ps 51,17).

4. Nel Nuovo Testamento Cristo è presentato come l'intercessore, che assume in sé le funzioni del sommo sacerdote nel giorno dell'espiazione (cfr He 5,7 He 7,25). Ma in lui il sacerdozio presenta una configurazione nuova e definitiva. Egli entra una sola volta nel santuario celeste allo scopo d'intercedere al cospetto di Dio in nostro favore (cfr He 9,23-26 spec. 24). Egli è Sacerdote e insieme "vittima di espiazione" per i peccati di tutto il mondo (cfr 1Jn 2,2).

Gesù, come il grande intercessore che espia per noi, si rivelerà pienamente alla fine della nostra vita, quando si esprimerà con l'offerta di misericordia ma anche con l'inevitabile giudizio per chi rifiuta l'amore e il perdono del Padre.

L'offerta della misericordia non esclude il dovere di presentarci puri ed integri al cospetto di Dio, ricchi di quella carità, che Paolo chiama "vincolo di perfezione" (Col 3,14).

5. Durante la nostra vita terrena seguendo l'esortazione evangelica ad essere perfetti come il Padre celeste (cfr Mt 5,48), siamo chiamati a crescere nell'amore per trovarci saldi e irreprensibili davanti a Dio Padre, "al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi" (1Th 3, 12s.). D'altra parte, siamo invitati a "purificarci da ogni macchia della carne e dello spirito" (2Co 7,1 cfr 1Jn 3,3), perché l'incontro con Dio richiede una purezza assoluta.

Ogni traccia di attaccamento al male deve essere eliminata; ogni deformità dell'anima corretta. La purificazione deve essere completa, e questo è appunto ciò che è inteso dalla dottrina della Chiesa sul purgatorio. Questo termine non indica un luogo, ma una condizione di vita. Coloro che dopo la morte vivono in uno stato di purificazione sono già nell'amore di Cristo, il quale li solleva dai residui dell'imperfezione (cfr Conc. Ecum. di Firenze, Decretum pro Graecis: DS 1304 Conc. Ecum. di Trento, Decretum de iustificatione: DS 1580 Decretum de purgatorio: DS 1820).

Occorre precisare che lo stato di purificazione non è un prolungamento della situazione terrena, quasi fosse data dopo la morte un'ulteriore possibilità di cambiare il proprio destino. L'insegnamento della Chiesa in proposito è inequivocabile ed è stato ribadito dal Concilio Vaticano II, che così insegna: "Siccome poi non conosciamo né il giorno né l'ora, bisogna, come ci avvisa il Signore, che vegliamo assiduamente, affinché, finito l'unico corso della nostra vita terrena (cfr He 9,27), meritiamo con Lui di entrare al banchetto nuziale ed essere annoverati fra i beati, né ci si comandi, come a servi cattivi e pigri, di andare al fuoco eterno, nelle tenebre esteriori, dove 'ci sarà il pianto e lo stridore dei denti' (Mt 22,13 Mt 25,30)" (Lumen gentium LG 48).

6. Un ultimo aspetto importante che la tradizione della Chiesa ha sempre evidenziato, va oggi riproposto: è quello della dimensione comunitaria. Infatti coloro che si trovano nella condizione di purificazione sono legati sia ai beati che già godono pienamente la vita eterna sia a noi che camminiamo in questo mondo verso la casa del Padre (cfr CEC 1032).

Come nella vita terrena i credenti sono uniti tra loro nell'unico Corpo mistico, così dopo la morte coloro che vivono nello stato di purificazione sperimentano la stessa solidarietà ecclesiale che opera nella preghiera, nei suffragi e nella carità degli altri fratelli nella fede. La purificazione è vissuta nel vincolo essenziale che si crea tra coloro che vivono la vita del secolo presente e quelli che già godono la beatitudine eterna.


Traduzione italiana del saluto in lingua lituana

Saluto cordialmente il gruppo dei pellegrini giunti dalla Lituania. Carissimi, vi auguro un buon soggiorno a Roma e con affetto imparto a voi tutti, ai vostri cari ed all'intero popolo lituano la mia Benedizione Apostolica. Sia lodato Gesù Cristo.

Traduzione italiana del saluto in lingua ungherese

Vi saluto cordialmente, cari pellegrini ungheresi. Presso la tomba di San Pietro sperimentate anche l’universalità della Chiesa.
AugurandoVi l’approfondimento della Vostra fede imparto di cuore la Benedizione apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!
* * *


Porgo ora un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, ai seminaristi che a Frascati partecipano all'incontro estivo sul tema "Il sacerdote, segno e strumento della misericordia di Dio Padre" ed esprimo l'augurio che esso rinsaldi in loro la fedele adesione a Cristo.

Saluto il gruppo di ministranti provenienti da diverse diocesi d'Italia e da Malta, che in questi mesi sostituiscono gli alunni del Preseminario "San Pio X" nel servizio liturgico nella Basilica di San Pietro, ed auspico di cuore che questa singolare esperienza valga a rafforzare in ciascuno l'impegno di seguire generosamente Gesù.

Saluto, poi, i giovani della Famiglia Vincenziana che prendono parte a Roma al loro primo incontro nazionale e li invito a testimoniare con rinnovato slancio il Vangelo della carità secondo l'esempio di San Vincenzo de Paoli.

Saluto, inoltre, i partecipanti al corso di arte e di iconografia cristiana, promosso dall'Associazione "Il Baglio", ed il gruppo di ragazze bosniache ospiti delle Parrocchie San Michele in Rufoli e Sant'Angelo in Salerno, come pure quanti generosamente le hanno accolte.

Mi rivolgo, infine, agli altri giovani presenti, ai malati ed agli sposi novelli. Carissimi, la Liturgia ricorda oggi un sacerdote molto amato dai suoi contemporanei: San Giovanni Maria Vianney, il santo Curato d'Ars.

Il suo esempio e la sua intercessione aiutino voi, cari ammalati, a comprendere sempre meglio il valore della sofferenza accettata per amore del Signore; facciano apprezzare a voi, cari sposi novelli, la virtù dell'umiltà che è fondamento della fedeltà e dell'armonia familiare; siano di stimolo a voi, cari giovani, perché corrispondiate generosamente alla grazia divina e non trascuriate durante questo tempo di vacanze il raccoglimento e la preghiera, che più ci avvicinano a Dio.





Catechesi 79-2005 7799