Catechesi 79-2005 19117

Mercoledì, 19 Novembre 1997: Introduzione al Giubileo

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(
Gn 1,1-4a)

1. Il Duemila è ormai vicino. Ritengo perciò opportuno orientare le catechesi del mercoledì su temi che più direttamente ci aiutino a comprendere il senso del Giubileo per viverlo in profondità.

Con la Lettera apostolica Tertio millennio adveniente, ho chiesto a tutti i membri della Chiesa di "aprire il cuore ai suggerimenti dello Spirito", per disporsi "a celebrare con fede rinnovata e generosa partecipazione il grande evento giubilare" (Giovanni Paolo II, Tertio Millennio Adveniente TMA 59). L'esortazione si fa più pressante man mano che la storica scadenza s'avvicina. L'evento infatti fa da spartiacque tra i due millenni trascorsi e la nuova fase che si apre sul futuro della Chiesa e dell'umanità.

Ad essa ci si deve preparare alla luce della fede. Per i credenti infatti il passaggio dal secondo al terzo millennio non è semplicemente una tappa nell'inarrestabile flusso del tempo, ma un'occasione significativa per prendere maggior coscienza del disegno divino che si dispiega nella storia dell'umanità.

2. Il nuovo ciclo di catechesi vuole servire proprio a questo. Da molto tempo stiamo svolgendo un programma sistematico di riflessioni sul Credo. Il nostro ultimo tema è stato quello di Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa. Prima avevamo riflettuto sulla Rivelazione, la Trinità, Cristo e la sua opera salvifica, lo Spirito Santo e la Chiesa.

La professione di fede, a questo punto, ci inviterebbe a considerare la risurrezione della carne e la vita eterna, che riguardano il futuro dell'uomo e della storia. Ma proprio questa tematica escatologica si incontra naturalmente con quella proposta dalla Tertio millennio adveniente, che delinea un cammino di preparazione al Giubileo in chiave trinitaria, prevedendo nell'anno in corso un'attenzione speciale a Gesù Cristo, per poi passare all'anno dello Spirito Santo e poi a quello del Padre.

Alla luce della Trinità prendono senso anche le "ultime realtà" ed è possibile cogliere più profondamente l'itinerario dell'uomo e della storia verso il traguardo definitivo: il ritorno del mondo a Dio Padre, al quale conduce Cristo, Figlio di Dio e Signore della storia, mediante il dono vivificante dello Spirito Santo.

3. Questo ampio orizzonte della storia in movimento suggerisce alcune domande di fondo: che cosa è il tempo? Qual è la sua origine? Qual è la sua meta?

Guardando infatti alla nascita di Cristo, l'attenzione va ai duemila anni di storia che ci separano da questo evento. Ma lo sguardo corre anche ai millenni che lo hanno preceduto, e viene spontaneo risalire fino alle origini dell'uomo e del mondo. La scienza contemporanea è impegnata a formulare ipotesi sugli inizi e lo sviluppo dell'universo. Tuttavia quanto può essere colto con gli strumenti e i criteri scientifici non è tutto, e sia la fede che la ragione rinviano, oltre i dati verificabili e misurabili, alla prospettiva del mistero. E' la prospettiva additata dalla prima affermazione della Bibbia: "In principio Dio creò il cielo e la terra" (Gn 1,1).

Tutto è stato creato da Dio. Dunque, prima della creazione non esisteva nulla, eccetto Dio. Si tratta di un Dio trascendente, che ha creato tutto con la propria onnipotenza, e senza esservi costretto da alcuna necessità, con un atto assolutamente libero e gratuito, dettato solo dall'amore. E' il Dio Trinità, che si rivelerà come Padre, Figlio e Spirito Santo.

4. Creando l'universo, Dio ha creato il tempo. Da Lui viene l'inizio del tempo, come pure ogni suo successivo sviluppo. La Bibbia sottolinea che gli esseri viventi dipendono in ogni istante dall'azione divina: "Se nascondi il tuo volto, vengono meno, togli loro il respiro, muoiono e ritornano nella loro polvere. Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra" (Ps 104,29-30).

Il tempo è dunque dono di Dio. Continuamente creato da Dio, sta nelle sue mani. Egli ne guida lo sviluppo secondo i suoi disegni. Ogni giorno è per noi un dono dell'amore divino. Da questo punto di vista, accogliamo anche la scadenza del Grande Giubileo come un dono di amore.

5. Dio è signore del tempo non soltanto come creatore del mondo, ma anche come autore della nuova creazione in Cristo. Egli è intervenuto a risanare e rinnovare la condizione umana, profondamente ferita dal peccato. Allo splendore della nuova creazione ha lungamente preparato il suo popolo, specie attraverso la parola dei profeti: "Ecco io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare, e farò di Gerusalemme una gioia, del suo popolo un gaudio" (Is 65,17-18).

La promessa si è attuata duemila anni fa con la nascita di Cristo. In questa luce, l'evento giubilare costituisce un invito a celebrare l'era cristiana come un periodo di rinnovamento dell'umanità e dell'universo. Nonostante le difficoltà e le sofferenze, quelli trascorsi sono stati duemila anni di grazia.

Anche gli anni che verranno restano nelle mani di Dio. L'avvenire dell'uomo è anzitutto futuro di Dio, nel senso che Lui solo lo conosce, lo prepara e lo realizza. Egli, certo, richiede e sollecita la cooperazione umana, ma non cessa per questo di essere il trascendente regista della storia.

Con questa certezza noi ci prepariamo al Giubileo. Solo Dio conosce come sarà il futuro. Noi sappiamo, però, che in ogni caso esso sarà un futuro di grazia, sarà il compimento di un disegno divino di amore per tutta l'umanità e per ciascuno di noi. Per questo, nel guardare al futuro, siamo pieni di fiducia e non ci lasciamo prendere dal timore. Il cammino verso il Giubileo è un grande cammino di speranza.

...

Saluto in lingua neerlandese

Adesso vorrei salutare i pellegrini belgi e neerlandesi.

Carissimi fratelli e sorelle, auguro che il vostro pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli approfondisca il vostro amore ed il vostro impegno per la Chiesa.

Di cuore imparto la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo !
* * *


1. Domani ricorre il cinquantesimo anniversario della promulgazione dell'Enciclica Mediatori Dei del mio venerato Predecessore, il Papa Pio XII. L'importanza di questo intervento magisteriale emerge chiaramente dal fatto che la riforma liturgica scaturita dal Concilio Ecumenico Vaticano II affonda le sue radici in una vena che ha avuto una lunga storia e che ha trovato proprio in questa Enciclica la sua "magna charta".

A cinquant'anni di distanza sono ancora quanto mai attuali le direttive del Papa Pio XII, il quale ha illuminato il nodo centrale della questione dell'evolversi e del progresso della liturgia e di quella della partecipazione dei fedeli alla liturgia. Rendiamo grazie al Signore per questo documento, che resta anche per i nostri tempi un importante punto di riferimento nel cammino del rinnovamento della liturgia, cuore della Chiesa.


2. Rivolgo ora un cordiale saluto ai pellegrini italiani, in particolare al caro Monsignor Augusto Lauro, Vescovo di San Marco Argentano - Scalea, presente con un gruppo di sacerdoti della Diocesi per ricordare il suo cinquantesimo anniversario di Ordinazione presbiterale.

Saluto, poi, la Superiora Generale e le Suore Cappuccine del Sacro Cuore, venute per festeggiare il primo Centenario di fondazione dell'Istituto; i Missionari di diverse Congregazioni, che partecipano al corso promosso dalla Pontificia Università Salesiana ed i partecipanti all'Incontro Internazionale degli "Amici della Terra Santa", particolarmente impegnati nel lavoro preparatorio al Grande Giubileo dell'Anno Duemila. Carissimi, nell'esprimere la mia gratitudine per la visita, auspico di cuore che tali iniziative contribuiscano ad imprimere rinnovato fervore spirituale a tutta la Chiesa.

Desidero, altresì, salutare gli amministratori ed i soci della Banca di Credito Cooperativo "Giuseppe Toniolo", di Genzano di Roma, accompagnati dal caro Vescovo di Albano. Li esorto a proseguire nel loro lavoro, fedeli sempre allo spirito delle origini, al servizio del bene comune. Il mio pensiero va anche a gli Allievi Ufficiali della Scuola Veterinari di Grosseto, ai giovani Sottotenenti dell'Accademia Aeronautica Militare di Pozzuoli, come pure ai membri del Coro "Associazione Nazionale Alpini" della città di Darfo. Di cuore ringrazio tutti e ciascuno per la loro partecipazione.

Mi è gradito, infine, come di consueto, salutare i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli, augurando a ciascuno ogni bene.

A tutti la mia Benedizione.



Mercoledì, 26 Novembre 1997: In principio era il Verbo.

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(
Jn 1,1-3)
1. La celebrazione del Giubileo ci fa contemplare Gesù Cristo come punto di arrivo del tempo che lo precede e punto di partenza di quello che lo segue. Egli ha infatti inaugurato una storia nuova non solo per quanti credono in Lui, ma per l'intera comunità umana, perché la salvezza da Lui operata è offerta ad ogni uomo. Ormai in tutta la storia si diffondono misteriosamente i frutti della sua opera salvatrice. Con Cristo l'eternità ha fatto il suo ingresso nel tempo!

"In principio era il Verbo" (Jn 1,1). Con queste parole Giovanni comincia il suo Vangelo facendoci risalire al di là dell'inizio del nostro tempo, fino all'eternità divina. A differenza di Matteo e di Luca che si soffermano soprattutto sulle circostanze della nascita umana del Figlio di Dio, Giovanni punta lo sguardo sul mistero della sua preesistenza divina.

In questa frase, "in principio" significa l'inizio assoluto, inizio senza inizio, l'eternità appunto. L'espressione fa eco a quella presente nel racconto della creazione: "In principio Dio creò il cielo e la terra" (Gn 1,1). Ma nella creazione si trattava dell'inizio del tempo, mentre qui, ove si parla del Verbo, si tratta dell'eternità.

Tra i due principi, la distanza è infinita. E' la distanza tra il tempo e l'eternità, tra le creature e Dio.

2. Possedendo, come Verbo, un'esistenza eterna, Cristo ha un'origine che risale ben al di là della sua nascita nel tempo.

Questa affermazione di Giovanni si fonda su di una precisa parola di Gesù stesso. Ai giudei che gli rimproverano la pretesa di aver visto Abramo pur non avendo ancora cinquanta anni, Gesù replica: "In verità, in verità vi dico: prima che Abramo venisse all'esistenza, Io Sono" (Jn 8,58). L'affermazione sottolinea il contrasto fra il divenire di Abramo e l'essere di Gesù. Il verbo "genésthai" usato nel testo greco per Abramo significa infatti "divenire" o "venire all'esistenza": è il verbo adatto a designare il modo di esistere proprio delle creature. Al contrario solo Gesù può dire: "Io Sono", indicando con tale espressione la pienezza dell'essere che rimane al di sopra di ogni divenire. Egli esprime così la coscienza di possedere un essere personale eterno.

3. Applicando a sé l'espressione "Io Sono", Gesù fa suo il nome di Dio, rivelato a Mosè nell'Esodo. Dopo avergli dato la missione di liberare il suo popolo dalla schiavitù in Egitto, Jahvè, il Signore gli assicura assistenza e vicinanza, e quasi come pegno della sua fedeltà gli svela il mistero del suo nome: "Io sono colui che sono" (Ex 3,14). Mosè potrà dunque dire agli Israeliti: "Io-Sono mi ha mandato a voi" (Ibid.). Questo nome esprime la presenza salvifica di Dio a favore del suo popolo, ma anche il suo mistero inaccessibile.

Gesù fa suo questo nome divino. Nel Vangelo di Giovanni questa espressione appare più volte sulle sue labbra (cfr Jn 8,24 Jn 8,28 Jn 8,58 Jn 13,19). Con essa Gesù mostra efficacemente che l'eternità, nella sua persona, non solo precede il tempo, ma entra nel tempo.

Pur condividendo la condizione umana, Gesù ha coscienza del suo essere eterno che conferisce un valore superiore a tutta la sua attività. Egli stesso ha sottolineato questo valore eterno: "Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno" (Mc 13,31). Le sue parole, come anche le sue azioni, hanno un valore unico, definitivo, e continueranno ad interpellare l'umanità sino alla fine dei tempi.

4. L'opera di Gesù comporta due aspetti strettamente uniti: è un'azione salvatrice, che libera l'umanità dal potere del male, ed è una nuova creazione, che procura agli uomini la partecipazione alla vita divina.

La liberazione dal male era stata prefigurata nell'Antica Alleanza, ma solo Cristo la può pienamente realizzare. Solo Lui, come Figlio, dispone di un potere eterno sulla storia umana: "Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero" (Jn 8,36). La Lettera agli Ebrei sottolinea fortemente questa verità, mostrando come l'unico sacrificio del Figlio ci abbia ottenuto una "redenzione eterna" (He 9,12), superando di gran lunga il valore dei sacrifici dell'Antica Alleanza.

La nuova creazione può essere realizzata soltanto da Colui che è onnipotente, poiché implica la comunicazione della vita divina all'esistenza umana.

5. La prospettiva dell'origine eterna del Verbo, particolarmente sottolineata dal Vangelo di Giovanni, ci stimola a penetrare nella profondità del mistero di Cristo.

Andiamo, dunque, verso il Giubileo professando sempre più fortemente la nostra fede in Cristo, "Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero". Queste espressioni del Credo ci aprono la via al mistero, sono un invito ad accostarlo. Gesù continua a testimoniare alla nostra generazione, come duemila anni fa ai suoi discepoli ed ascoltatori, la consapevolezza della sua identità divina: il mistero dell'Io Sono.

Per questo mistero la storia umana non è più abbandonata alla caducità, ma ha un senso ed una direzione: è stata come fecondata dall'eternità. Per tutti risuona consolante la promessa che Cristo ha fatto ai suoi discepoli: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).


Traduzione italiana del saluto in lingua ceca

Un cordiale saluto ai pellegrini di Blatná.

Domenica scorsa abbiamo celebrato la solennità di Cristo Re. Dal Padre, Egli è costituito Signore e Giudice dell'universo.

Cari fratelli e sorelle, viviamo in modo da adempiere in noi le parole del Vangelo: "Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo . . .(Mt 25,34).

La Benedizione di Dio vi accompagni!

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca

Un cordiale saluto ai pellegrini slovacchi venuti da Vel'ký ur.

Cari fratelli e sorelle, l'altra domenica, con la festa di Cristo Re, abbiamo concluso il primo anno di preparazione al Grande Giubileo del Duemila. Che il Cristo Re rimanga per sempre il personaggio centrale della vostra vita. In questo vostro pellegrinaggio a Roma chiedete la forza dello Spirito santo affinchè anche voi, come San Pietro, possiate con fiducia ogni giorno ripetere a Gesù Cristo: "Tu hai parole di vita eterna". Vi sia in ciò di aiuto la Vergine Maria e la mia Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!
* * *


Nel salutare i pellegrini italiani qui presenti, rivolgo un cordiale benvenuto ai delegati del "Sinodo dei giovani" di Catania, accompagnati dal loro Arcivescovo, Mons. Luigi Bommarito. Carissimi, esprimo vivo apprezzamento per la vostra interessante iniziativa pastorale, che vi vede impegnati a ricercare nuove vie di testimonianza a Cristo, Redentore dell'uomo. A sostegno di questo vostro itinerario di fede, ho voluto indirizzarvi uno speciale Messaggio, che consegnerò al vostro Pastore. Con esso, desidero invitarvi a proseguire sempre con coraggio e con gioia sulle vie del Vangelo, perché "camminando insieme con Gesù si cresce come uomini e come cristiani".

Saluto, poi, gli organizzatori ed i partecipanti al secondo Concorso "Il Volontario in erba", promosso dal Centro Studi Meridionali, come pure, il gruppo di pellegrini provenienti dall'Umbria e dalle Marche, recentemente colpiti dalla calamità del terremoto e qui accompagnati dalla Congregazione delle Ancelle dell'Amore Misericordioso. Mentre vi ringrazio per la vostra presenza, auspico che tali iniziative accrescano la reciproca conoscenza, lo spirito di fraternità e di solidarietà.

Mi rivolgo, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Domenica prossima, prima domenica di Avvento, inizia il secondo anno di preparazione al Giubileo del Duemila, dedicato in particolare alla riflessione sullo Spirito Santo. Esorto voi, giovani, a vivere questo "tempo forte" con vigile preghiera e ardente azione apostolica. Incoraggio voi, malati, a sostenere con l'offerta delle vostre sofferenze il cammino di preparazione al nuovo Millennio cristiano. Auguro a voi, sposi novelli, di essere testimoni dello Spirito d'amore che anima e sostiene l'intera Famiglia di Dio.

A tutti la mia Benedizione.



Mercoledì, 3 Dicembre 1997: Cristo nella storia dell'umanità che l'ha preceduto.

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(
Is 42,1-4)
1. "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14).

Con questa affermazione forte e concisa l'evangelista Giovanni esprime l'evento dell'Incarnazione. Egli ha parlato del Verbo anche poco prima, contemplandone l'esistenza eterna e descrivendola con le ben note parole: "In principio era il Verbo" (Jn 1,1). In questa prospettiva giovannea, che lega l'eternità al tempo, si iscrive il misterioso cammino compiuto da Cristo anche nella storia che lo ha preceduto.

La sua presenza nel nostro mondo ha cominciato ad annunziarsi molto prima dell'Incarnazione. Il Verbo è stato in qualche modo presente nella storia dell'umanità fin dall'inizio. Per mezzo dello Spirito, Egli ha preparato la sua venuta di Salvatore, orientando segretamente i cuori a coltivare l'attesa nella speranza. Tracce di una speranza di liberazione si incontrano nelle diverse culture e tradizioni religiose.

2. Ma Cristo è presente in modo particolare nella storia del popolo d'Israele, il popolo dell'Alleanza. Questa storia è specificamente caratterizzata dall'attesa di un Messia, un re ideale, consacrato da Dio, che avrebbe realizzato pienamente le promesse del Signore. A mano a mano che questo orientamento si veniva delineando, Cristo rivelava progressivamente il proprio volto di Messia promesso ed atteso, lasciandone intravedere anche tratti di acuta sofferenza sullo sfondo di una morte violenta (cfr Is 53,8). Di fatto, l'avveramento storico delle profezie con lo scandalo della croce mise radicalmente in crisi una certa immagine messianica, consolidata in una parte del popolo ebraico, che aspettava un liberatore piuttosto politico, apportatore di autonomia nazionale e di benessere materiale.

3. Nella sua vita terrena Gesù manifesta chiaramente la coscienza di essere punto di riferimento per la storia del suo popolo. A chi gli rimproverava di sentirsi più grande di Abramo per aver promesso il superamento della morte a quanti osservano la sua parola (cfr Jn 8,51), Egli risponde: "Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò" (Jn 8,56). Abramo era dunque orientato verso la venuta di Cristo. Secondo il disegno divino, la gioia di Abramo per la nascita di Isacco e per la sua rinascita dopo il sacrificio era una gioia messianica: annunciava e prefigurava la gioia definitiva che sarebbe stata offerta dal Salvatore.

4. Altre figure eminenti del popolo ebraico risplendono alla luce di Cristo nel loro pieno valore. E' il caso di Giacobbe, quale emerge dal racconto evangelico dell'incontro di Gesù con la Samaritana.

Il pozzo che l'antico patriarca aveva lasciato ai suoi figli diventa, nelle parole di Cristo, prefigurazione dell'acqua che Egli avrebbe dato, l'acqua dello Spirito Santo, acqua che zampilla per la vita eterna (cfr Jn 4,14).

Anche Mosè annuncia alcuni tratti fondamentali della missione di Cristo. Come liberatore del popolo dalla schiavitù dell'Egitto, egli anticipa nel segno il vero esodo della Nuova Alleanza, costituito dal mistero pasquale. Come legislatore dell'Antica Alleanza, egli prefigura Gesù che promulga le beatitudini evangeliche e guida i credenti con la legge interiore dello Spirito. La stessa manna che Mosè dà al popolo affamato è una prima figura del definitivo dono di Dio: "In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero: il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo" (Jn 6,32-33). L'Eucaristia realizza il significato nascosto nel dono della manna. Cristo si presenta così come il vero e perfetto compimento di quanto era stato preannunciato in figura nell'Antica Alleanza.

Un altro gesto di Mosè include un valore profetico: per estinguere la sete del popolo nel deserto, egli fa scaturire l'acqua dalla roccia. Nella "festa dei tabernacoli" Gesù promette di estinguere la sete spirituale dell'umanità: "Chi ha sete venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno" (Jn 7,37-38). L'abbondante effusione dello Spirito Santo, annunciata da Gesù con l'immagine dei fiumi di acqua viva, è prefigurata nell'acqua data da Mosè. Anche san Paolo riferendosi a questo evento messianico, ne sottolinea il misterioso riferimento a Cristo: "Tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo" (1Co 10,4).

Accanto ad Abramo, a Giacobbe, a Mosè, anche Davide rimanda a Cristo. Egli è consapevole che il Messia sarà un suo discendente e ne descrive la figura ideale. Cristo realizza a un livello trascendente questa figura, affermando che lo stesso Davide misteriosamente allude alla sua autorità, quando nel Salmo 110 chiama il Messia "suo Signore" (cfr Mt 22,45).

Dalla storia dell'Antico Testamento emergono alcuni tratti caratteristici del volto di Cristo, un volto in qualche modo "abbozzato" nei lineamenti di personaggi che lo prefigurano.

5. Oltre che nelle prefigurazioni, Cristo è presente nei testi profetici dell'Antico Testamento che descrivono la sua venuta e la sua opera di salvezza.

In modo particolare è annunciato nella figura del misterioso "discendente", di cui parla la Genesi nel racconto del peccato originale, sottolineandone la vittoria nella lotta contro il nemico dell'umanità. All'uomo trascinato sulla via del male l'oracolo divino promette la venuta di un altro uomo, discendente dalla donna, il quale schiaccerà la testa del serpente (Gn 3,15).

I poemi profetici del servo del Signore (Is 42,1-4 Is 49,1-6 Is 50,4-9 Is 52,13-53,12) pongono sotto i nostri occhi un liberatore che comincia a rivelare, nella sua perfezione morale, il volto di Cristo. E' il volto di un uomo che manifesta la dignità messianica nell'umile condizione di servo. Egli offre se stesso in sacrificio per liberare l'umanità dall'oppressione del peccato. Si comporta in modo esemplare nelle sofferenze fisiche e soprattutto morali, sopportando generosamente le ingiustizie. Come frutto del suo sacrificio, riceve una nuova vita ed ottiene la salvezza universale.

La sua sublime condotta si ritroverà in Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, la cui umiltà raggiunge nel mistero della Croce un vertice insuperabile.

***


Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare al gruppo della Società ADEMCO, alla delegazione NASA, unitamente agli astronauti della recente missione spaziale con i loro congiunti, invitati in Italia da alcune personalità aretine e dall'Istituto "Margaritone" di Arezzo e qui accompagnati dal Vescovo diocesano, Monsignor Flavio Roberto Carraro.

Saluto la delegazione di Ferrara e di Modena, accompagnata dagli Arcivescovi delle rispettive diocesi, venuta per presentare la riproduzione della famosa Bibbia di Borso d'Este, prodotta a Ferrara e custodita presso la Biblioteca Estense di Modena. Auspico di cuore che tale importante iniziativa contribuisca ad accrescere la conoscenza del Testo Sacro.

Saluto anche il gruppo di dirigenti nazionali, regionali e provinciali della Confederazione Italiana Agricoltori, come pure i membri dell'Associazione "Cantare Suonando" di Trento, i ragazzi ed i genitori del Centro di Formazione Culturale e Sportiva Calasanzio dei Padri Scolopi di Monteboro-Empoli.

Carissimi, ringrazio tutti per la vostra presenza e formulo voti perché il Signore, in questo tempo di Avvento, vivifichi con la sua grazia le aspirazioni e i propositi di ciascuno.

Mi è gradito, poi, rivolgere un pensiero affettuoso ai giovani, ai malati e agli sposi novelli.

Cari giovani, vi invito a riscoprire, nel clima spirituale dell'Avvento, l'intimità con Cristo alla scuola della Vergine Maria. Raccomando a voi, cari ammalati, di trascorrere questo periodo di attesa e di preghiera incessante, offrendo al Signore che viene le vostre prove quotidiane per la salvezza del mondo.

Esorto, infine, voi, cari sposi novelli, ad essere costruttori di autentiche famiglie cristiane, ispirandovi al modello della Santa Famiglia di Nazaret, che contempliamo particolarmente in questo tempo di preparazione al Natale.

A tutti una speciale Benedizione.


Mercoledì, 10 dicembre 1997: L'Incarnazione ingresso dell'eternità nel tempo

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(
Jn 1,14-17)

1. Invitandoci a commemorare i duemila anni del cristianesimo, il Giubileo ci fa risalire all'evento che apre l'era cristiana: la nascita di Gesù. Di questo evento singolare il Vangelo di Luca ci dà notizia con parole semplici e commoventi: Maria "diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo" (Lc 2,7).

La nascita di Gesù rende visibile il mistero dell'Incarnazione, realizzatosi già nel grembo della Vergine al momento dell'Annunciazione. Viene infatti alla luce il bimbo che ella, strumento docile e responsabile del disegno divino, ha concepito per opera dello Spirito Santo. Attraverso l'umanità assunta nel grembo di Maria, il Figlio eterno di Dio comincia a vivere da bambino e cresce "in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini" (Lc 2,52). Egli si manifesta così come vero uomo.

2. Questa verità viene sottolineata da Giovanni nel prologo del suo Vangelo, quando dice: "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14). Dicendo "si fece carne", l'evangelista intende alludere alla natura umana non solo nella sua condizione mortale, ma anche nella sua interezza. Tutto ciò che è umano, eccetto il peccato, è stato assunto dal Figlio di Dio. L'Incarnazione è frutto di un amore immenso, che ha spinto Dio a voler condividere pienamente la nostra condizione umana.

Il farsi uomo del Verbo di Dio ha prodotto un cambiamento fondamentale nella condizione stessa del tempo. Possiamo dire che, in Cristo, il tempo umano si è riempito d'eternità.

E' una trasformazione che tocca il destino di tutta l'umanità, giacché "con l'Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo" (Gaudium et spes GS 22). Egli è venuto per offrire a tutti la partecipazione alla sua vita divina. Il dono di questa vita comporta una condivisione della sua eternità. Gesù l'ha affermato specialmente a proposito dell'Eucaristia: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna" (Jn 6,54). L'effetto del banchetto eucaristico è il possesso già fin d'ora di tale vita. Altrove Gesù ha additato la stessa prospettiva attraverso il simbolo di un'acqua viva capace di estinguere la sete, l'acqua viva del suo Spirito donata in vista della vita eterna (cfr Jn 4,14). La vita della grazia rivela così una dimensione di eternità che eleva l'esistenza terrena e la orienta, in una linea di vera continuità, all'ingresso nella vita celeste.

3. La comunicazione della vita eterna di Cristo significa anche una partecipazione al suo atteggiamento di amore filiale verso il Padre.

Nell'eternità "il Verbo era presso Dio" (Jn 1,1), cioè in perfetto vincolo di comunione col Padre. Quando si fece carne, questo vincolo cominciò ad esprimersi in tutto il comportamento umano di Gesù. Sulla terra il Figlio viveva in costante comunione col Padre, in un atteggiamento di perfetta obbedienza d'amore.

L'entrata dell'eternità nel tempo è l'ingresso, nella vita terrena di Gesù, dell'amore eterno che unisce il Figlio al Padre. A questo allude la Lettera agli Ebrei quando parla delle disposizioni intime di Cristo, nel momento stesso della sua entrata nel mondo: "Ecco io vengo . . . per fare, o Dio, la tua volontà" (He 10,7). L'immenso "salto" dalla vita celeste del Figlio di Dio all'abisso dell'esistenza umana è animato dalla volontà di compiere il disegno del Padre, in una dedizione totale.

Noi siamo chiamati ad assumere lo stesso atteggiamento, camminando sulla via aperta dal Figlio di Dio fatto uomo, per condividere così il suo cammino verso il Padre. L'eternità che entra in noi è un sovrano potere d'amore che vuole guidare tutta la nostra vita fino al suo ultimo scopo, nascosto nel mistero del Padre. Gesù stesso ha legato in modo indissolubile i due movimenti, discendente ed ascendente, che definiscono l'Incarnazione: "Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre" (Jn 16,28).

L'eternità è entrata nella vita umana. Ora la vita umana è chiamata a fare con Cristo il viaggio dal tempo all'eternità.

4. Se in Cristo il tempo viene elevato a un livello superiore, ricevendo accesso all'eternità, ciò implica che anche il millennio che si avvicina non deve essere considerato semplicemente come un passo successivo nel corso del tempo, ma come una tappa del cammino dell'umanità verso il suo destino definitivo.

L'anno 2000 non è soltanto la porta di un altro millennio; esso è la porta dell'eternità che, in Cristo, continua ad aprirsi sul tempo per conferirgli la sua vera direzione e il suo autentico significato.

Ciò dischiude al nostro spirito e al nostro cuore una prospettiva molto più ampia per la considerazione del futuro. Spesso il tempo è poco stimato. Esso sembra deludere l'uomo con la sua precarietà, con il suo rapido fluire, che rende vane tutte le cose. Ma se l'eternità è entrata nel tempo, allora il tempo stesso deve essere riconosciuto come ricco di valore. Il suo inarrestabile flusso non è un viaggio verso il nulla, ma un cammino verso l'eternità.

Il vero pericolo non è il passare del tempo, ma lo spenderlo male, rifiutando la vita eterna offerta da Cristo. Il desiderio della vita e della felicità eterna deve essere incessantemente risvegliato nel cuore umano. La celebrazione del Giubileo vuole appunto far crescere questo desiderio, aiutando i credenti e gli uomini del nostro tempo a dilatare il cuore ad una vita senza confini.

...

Traduzione italiana del saluto in lingua lituana

Saluto cordialmente il gruppo giunto dalla Lituania: le allieve della scuola di balletto dell'Opera nazionale di Vilnius e i loro accompagnatori.

Carissimi, siamo entrati nell'Avvento, tempo di attesa e di gioia che c'invita a rivolgere il nostro sguardo verso il Cristo che viene rinnovando e rafforzando la nostra speranza. Accoglietelo con il vivo desiderio di crescere "in sapienza e grazia davanti a Dio e agli uomini" (Cfr Lc 2,52).

Con questo augurio benedico voi, i vostri cari e tutti gli abitanti della Lituania, soprattutto i bambini, gli ammalati e coloro che soffrono. Sia lodato Gesù Cristo!
***


Rivolgendosi ai fedeli di lingua italiana, il Papa ha detto:

Si celebra quest'oggi la Giornata Internazionale a ricordo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. Prende il via, inoltre, oggi la Campagna 1998 per commemorare i cinquant'anni di questo storico evento. In tale contesto, ha luogo un'imponente manifestazione nazionale con l'adesione e la partecipazione di istituzioni pubbliche ed organizzazioni private.

Mentre mi unisco a queste iniziative, auspico di cuore che siano sempre più rispettati e promossi, da parte di tutti, i diritti di ogni uomo a salvaguardia dell'umana dignità e per favorire lo sviluppo autentico dell'intera umanità.
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Rivolgo ora un saluto affettuoso a tutti i pellegrini di lingua italiana, in particolare alle Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei che, in occasione del centenario di fondazione dell'Istituto, hanno voluto, con questa loro visita, rinnovare al Successore di Pietro i loro sentimenti di affetto e di profonda comunione.

Sono lieto, poi, di accogliere il gruppo del SERMIG-Fraternità della Speranza, guidato dal fondatore, il Signor Ernesto Olivero. Mentre benedico le loro molteplici iniziative in favore della solidarietà e della pace, auguro di cuore che la loro opera costituisca per molti un segno del Regno che è già in mezzo a noi, e di cui siamo chiamati ad affrettare la piena attuazione.

Un cordiale saluto ai dirigenti, ai medici, ai docenti, agli alunni della Scuola infermieri professionali ed ai malati dell'Ospedale Civile di Barletta, venuti per far benedire la prima pietra della nuova sede ospedaliera dedicata al Servo di Dio Monsignor Raffaele Dimiccoli, esprimendo vivo compiacimento per l'iniziativa, insieme con l'augurio che la nuova struttura sanitaria possa essere all'avanguardia per l'efficienza e per l'afflato umano e cristiano.

Ringrazio, altresì, gli Ufficiali ed i Sottufficiali, con le rispettive famiglie, del Corpo d'Amministrazione dell'Esercito per la loro presenza ed auguro a ciascuno ogni bene nel Signore. Desidero, infine, indirizzare il mio pensiero ai giovani, agli ammalati ed agli sposi novelli.

In questo tempo d'Avvento Maria, che ci accompagna nel nostro itinerario verso il santo Natale, sia di modello per voi, cari giovani, nella crescita della fede; sia per voi, cari ammalati, segno di certa speranza e di consolazione nella prova della sofferenza, e per voi, cari sposi novelli, sia tenera Madre presso la quale potete trovare sempre consiglio e soccorso.





Catechesi 79-2005 19117