Catechesi 79-2005 16128

Mercoledì, 16 dicembre 1998

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1. "Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre" (
Jn 16,28).

Con queste parole di Gesù, iniziamo oggi un nuovo ciclo di catechesi incentrato sulla figura di Dio Padre, seguendo così le indicazioni tematiche offerte dalla Tertio millennio adveniente per la preparazione al grande Giubileo dell'anno 2000.

Nel ciclo del primo anno abbiamo riflettuto su Gesù Cristo unico Salvatore. Il Giubileo, infatti, in quanto celebrazione della venuta del Figlio di Dio nella storia umana, riveste una forte connotazione cristologica. Abbiamo meditato sul significato del tempo, che ha raggiunto il suo punto focale nella nascita del Redentore duemila anni fa. Questo evento, mentre inaugura l'era cristiana, apre anche una nuova fase di rinnovamento dell'umanità e dell'universo, in attesa dell'ultima venuta di Cristo.

Successivamente, nelle catechesi del secondo anno di preparazione all'evento giubilare, la nostra attenzione si è rivolta allo Spirito Santo che Gesù ha inviato dal Padre. Lo abbiamo contemplato all'opera nella creazione e nella storia, come Persona-Amore e Persona-Dono. Abbiamo sottolineato la sua potenza, che trae dal caos un cosmo ricco di ordine e di bellezza. In Lui viene comunicata la vita divina e con Lui la storia diventa cammino verso la salvezza.

Vogliamo ora vivere il terzo anno di preparazione all'ormai imminente Giubileo come un pellegrinaggio verso la casa del Padre. Ci immettiamo così nell'itinerario che, partendo dal Padre, riconduce le creature verso il Padre, secondo il disegno di amore pienamente rivelato in Cristo. Il cammino verso il Giubileo deve sfociare in un grande atto di lode al Padre (cfr TMA 49), cosicché tutta la Trinità sia in Lui glorificata.

2. Punto di partenza della nostra riflessione sono le parole del Vangelo, che ci additano in Gesù il Figlio e il Rivelatore del Padre. Il suo insegnamento, il suo ministero, il suo stesso stile di vita, tutto in Lui rinvia al Padre (cfr Jn 5,19 Jn 5,36 Jn 8,28 Jn 14,10 Jn 17,6). Questi è il centro della vita di Gesù, e a sua volta Gesù è l'unica via per accedere al Padre. "Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Jn 14,6). Gesù è il punto di incontro degli esseri umani con il Padre, che in Lui si è reso visibile: "Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?" (Jn 14,9-10).

La manifestazione più espressiva di questo rapporto di Gesù col Padre si ha nella sua condizione di risorto, vertice della sua missione e fondamento di vita nuova ed eterna per quanti credono in Lui. Ma l'unione tra il Figlio e il Padre, come quella tra il Figlio e i credenti, passa attraverso il mistero dell'"innalzamento" di Gesù, secondo una tipica espressione del Vangelo di Giovanni. Col termine "innalzamento" l'evangelista indica sia la crocifissione che la glorificazione di Cristo; ambedue si riflettono sul credente: "Bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,14-16).

Questa "vita eterna" altro non è che la partecipazione dei credenti alla vita stessa di Gesù risorto e consiste nell'essere inseriti in quella circolazione d'amore che unisce il Padre e il Figlio, i quali sono una cosa sola (cfr Jn 10,30 Jn 17,21-22).

3. La comunione profonda in cui s'incontrano il Padre, il Figlio e i credenti include lo Spirito Santo. Egli è infatti il vincolo eterno che unisce il Padre e il Figlio e coinvolge gli uomini in questo ineffabile mistero di amore. Donato come "Consolatore", lo Spirito "dimora" nei discepoli di Cristo (cfr Jn 14,16-17), rendendo presente la Trinità.

Secondo l'evangelista Giovanni, proprio nel contesto della promessa del Paraclito Gesù dice ai discepoli: "In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi" (Jn 14,20).

Lo Spirito Santo è Colui che introduce l'uomo nel mistero della vita trinitaria. "Spirito della verità" (Jn 15,26 Jn 16,13), egli agisce nell'intimo dei credenti, facendo risplendere nella loro mente la Verità che è Cristo.

4. Anche san Paolo evidenzia questo nostro essere orientati al Padre in virtù dello Spirito di Cristo che abita in noi. Per l'Apostolo si tratta di una vera figliolanza, che ci consente di invocare Dio Padre con lo stesso nome familiare usato da Gesù: Abbà (cfr Rm 8,15).

In questa nuova dimensione del nostro rapporto con Dio è coinvolta l'intera creazione che "attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio" (Rm 8,19). La creazione ancora "geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto" (Rm 8,22), nell'attesa della completa redenzione che ristabilirà e perfezionerà l'armonia del cosmo in Cristo.

Nella descrizione di questo mistero, che unisce gli uomini e l'intera creazione al Padre, l'Apostolo esprime la funzione di Cristo e l'azione dello Spirito. Infatti mediante Cristo, "immagine del Dio invisibile" (Col 1,15), tutte le cose sono state create.

Egli è "il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti" (Col 1,18). In Lui "si ricapitolano" tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra (cfr Ep 1,10), e spetta a Lui riconsegnarle al Padre (cfr 1Co 15,24), perché Dio sia "tutto in tutti" (1Co 15,28). Questo cammino dell'uomo e del mondo verso il Padre è sostenuto dalla potenza dello Spirito Santo, che viene in aiuto alla nostra debolezza e "intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili" (Rm 8,26).

Il Nuovo Testamento ci introduce così con molta chiarezza in questo movimento che va dal Padre al Padre. Lo vogliamo considerare con attenzione specifica in questo ultimo anno di preparazione al grande Giubileo.

Saluti

Je salue avec plaisir les pèlerins de langue française. Je leur souhaite d'accueillir dans la joie et dans la paix du coeur la venue du Christ, Sauveur des hommes. À tous je donne de grand coeur la Bénédiction apostolique.

It is always a joy to welcome groups from Scandinavia and today I am happy to welcome the students from Friaborgsskolan in Sweden. I extend a special greeting to the group from India of Daughters of the Presentation of Mary in the Temple. Upon all the English-speaking pilgrims and visitors, especially from the United States of America, I invoke the joy and peace of our Lord Jesus Christ. To all of you, a Happy Christmas!

Mit diesen Gedanken grüße ich die Pilger und Besucher, die aus den Ländern deutscher Sprache nach Rom gekommen sind. Unter ihnen heiße ich die Pilgergruppe der Hausmusik der Pfarrei Sankt Margareth aus Altkirchen besonders willkommen. Euch allen, Euren lieben Angehörigen daheim und allen, die mit uns über Radio Vatikan und das Fernsehen verbunden sind, erteile ich von Herzen den Apostolischen Segen.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española venidos de España, así como de diversos países de Latinoamérica. Os invito a participar con intensidad en esta última etapa de preparación al Gran Jubileo, que ha de terminar con un gran acto de alabanza al Padre. A todos os bendigo de corazón.

Muchas gracias.

Saúdo com afecto os peregrinos de língua portuguesa aqui presentes, nomeadamente os brasileiros provindos de diversas regiões do país. Desejo-lhes todo o bem, com as graças e luzes do Espírito Santo, em frutuosa preparação espiritual de um santo Natal. Com a minha Bênção Apostólica.
* * * * *


Mi rivolgo ora ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, ai Superiori ed agli alunni del Seminario Vescovile di Caserta, ai quali assicuro un ricordo nella preghiera, perché possano essere sempre fedeli al Signore, che li chiama al suo diretto servizio.

Saluto, poi, il folto gruppo della Comunità etiopica ortodossa di Roma. Cari Fratelli e Sorelle, in questi giorni che ci preparano al Natale mi sento molto vicino a voi ed alle vostre famiglie. Vi ringrazio per i regali che mi avete portato e che vengono dall'Etiopia. Essi sono segni eloquenti di comunione nella preghiera e nella carità. Vi incarico di far giungere ad Abuna Paulos, Patriarca ortodosso d'Etiopia, il mio fraterno saluto.

Mi dirigo, inoltre, ai promotori ed ai partecipanti all'incontro della Federazione Italiana Gioco Calcio, per le celebrazioni del primo centenario di Fondazione. Con tanta cordialità saluto i rappresentanti delle varie Federazioni Europee e della squadra "World Stars" selezionata dalla FIFA, insieme ai delegati della Federazione Italiana Gioco Calcio, del Comitato organizzatore per il Centenario e della Nazionale italiana. Il mio più fervido augurio è che questa importante manifestazione sia un'occasione propizia per porre in luce il significato vero dello sport al servizio dei giovani, dell'intesa fra i popoli e della pace. Saluto gli organizzatori, gli artisti e tutti coloro che prendono parte al tradizionale derby del Cuore ed auspico che questa manifestazione sportiva sia di stimolo e di incoraggiamento per rafforzare in ciascuno i valori della fratellanza, dell'amicizia e della solidarietà.

Il mio pensiero va, infine, agli Ufficiali, ai Sottufficiali e agli Allievi del Centro di Addestramento e di Sperimentazione Artiglieria Contraerei di Sabaudia ed ai loro familiari; ai fedeli della Parrocchia dei Santi Martiri Giorgio e Cristina in Bolsena, al gruppo di pattinaggio artistico da Roseto degli Abruzzi, da Castelnuovo Vomano e da Martinsicuro, come pure agli zampognari venuti per allietare quest'incontro con i tipici canti natalizi.

Con grande affetto abbraccio voi, cari giovani, cari ammalati e cari sposi novelli.

In questo tempo di Avvento, il Signore così ci invita per bocca del profeta Isaia: "Volgetevi a me e sarete salvi" (Is 45,22).

Voi, cari ragazzi e ragazze, che provenite da tante scuole e parrocchie d'Italia, accogliete questa esortazione e fate spazio nel vostro cuore a Gesù che viene.

Apritegli il vostro spirito anche voi, cari ammalati, perché possiate trovare nell'incontro con il Redentore conforto e consolazione.

E voi, cari sposi novelli, fate del messaggio d'amore del Natale la regola di vita della vostra famiglia.

A tutti imparto di cuore la mia Benedizione.



Con profondo dolore, ho appreso la notizia del crollo improvviso di un intero palazzo, avvenuto nel cuore della notte, qui a Roma, nel quartiere Portuense. Oltre agli ingenti danni materiali, si lamentano numerosi morti. Mentre esprimo il mio vivo cordoglio, invoco dal Signore misericordia per le vittime e conforto per i parenti duramente colpiti da così grave ed improvvisa perdita. Iddio, che l'odierna Liturgia ci invita ad invocare perché "ci sostenga nelle fatiche di ogni giorno", aiuti tutti ad accettare con rassegnazione anche questa prova, fidando nella vita che perdura al di là della morte. Voglia Egli accogliere nella sua pace quanti sono stati repentinamente sottratti all'affetto dei loro cari.




Mercoledì, 23 Dicembre 1998

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1. "O Emmanuele, Dio-con-noi, attesa dei popoli e loro liberatore: vieni a salvarci con la tua presenza".

Così la Liturgia ci invita ad invocare il Signore quest'oggi, antivigilia del Santo Natale, mentre l'Avvento si avvia ormai al suo termine.

Abbiamo rivissuto in queste settimane l'attesa d'Israele, testimoniata in tante pagine dei Profeti: "Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse" (
Is 9,1-2). Mediante l'incarnazione del Verbo, il Creatore ha siglato con gli uomini un patto di eterna Alleanza: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16).

Come non essere riconoscenti al Padre che dona il proprio Figlio, il prediletto nel quale si compiace (cfr Mt 3,17), ponendo nell’angusto grembo di una creatura colui che l’universo intero non può contenere?

2. Nel silenzio della Notte Santa, il mistero della divina maternità di Maria rivela il volto luminoso ed accogliente del Padre. I suoi tratti di tenera trepidazione verso i poveri e i peccatori sono già delineati nell'inerme Bimbo che giace nella grotta fra le braccia della Vergine Madre.

Carissimi Fratelli e Sorelle, formulo per ciascuno di voi e per i vostri cari fervidi auguri di un felice e santo Natale. Possa la luce del Redentore, che viene a svelarci il volto tenero e misericordioso del Padre, risplendere nella vita di tutti i credenti e recare nel mondo il dono della pace divina.

Saluti


Traduzione italiana del saluto in lingua neerlandese

Un cordiale saluto a tutti i pellegrini neerlandesi e belgi!

Auguro che questi ultimi giorni dell’Avvento vi preparino in un modo intenso al mistero della venuta del Salvatore.

Di cuore imparto la Benedizione Apostolica.



Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca

Cordialmente saluto i pellegrini slovacchi, soprattutto i Messaggeri della luce di Betlemme da Bratislava.

Cari fratelli e sorelle, siete messaggeri della Luce - Cristo, nato dalla Vergine Maria. Alle soglie del nuovo Millennio del cristianesimo sia questo Natale, la Festa della Natività del Signore, anche per la Slovacchia un’occasione per rafforzare la fede in Dio Padre che è nei cieli.

Vi benedico di cuore.

Sia lodato Gesù Cristo!


Pubblichiamo di seguito il saluto che il Santo Padre Giovanni Paolo II ha rivolto ai suoi Connazionali, ricevuti nel corso dell’Udienza Generale di questa mattina per i tradizionali auguri natalizi:


(Traduzione in lingua italiana)

Cari Connazionali,

1. Do il mio cordiale benvenuto a voi presenti a questa udienza. Allo stesso tempo essa è il nostro tradizionale incontro della Vigilia di Natale. Mi unisco spiritualmente in questo momento anche ai miei Connazionali in Patria e in tutto il mondo. Ringrazio tutti coloro che prendono parte a questo incontro e abbraccio con la mia preghiera tutta la nostra Patria.

2. "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16). Soffermiamoci in raccoglimento su queste parole del Vangelo di S. Giovanni. Esse infatti parlano non soltanto dello sconfinato amore di Dio per l'uomo, ma insieme della grandezza e della dignità dell'uomo stesso. La larghezza di Dio manifestata sin dall'inizio stesso della creazione raggiunge il suo culmine in Gesù Cristo. Dio si è fatto uomo e nacque dalla Vergine indifeso, avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, poiché per lui non c'era posto in una casa umana. "Spogliò se stesso, - come scrive S. Paolo - assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini" (Ph 2,7). Mai comprenderemo pienamente questo mistero di umiliazione estrema. In questo evento, che conosciamo così bene dal Vangelo, Dio entrò nella storia dell'uomo e rimarrà con lui fino alla fine. Da duemila anni da Betlemme si diffonde in tutto il mondo il grande Messaggio d'amore e di riconciliazione.

3. La nascita del Figlio di Dio ci mostra anche la profonda verità sull'uomo. In Cristo, proprio in Lui l'uomo scopre la sua altissima vocazione. Se Dio ha tanto amato il mondo, da dare il suo Figlio unigenito, lo fece perché noi avessimo "la vita eterna", perché non camminassimo più nelle tenebre, ma accogliessimo la luce. Come riassume bene questa verità un nostro canto natalizio polacco: "Dio dall'alto cielo è sceso sulla terra per condurre al cielo il genere umano". Venendo al mondo nella povertà, volle elargire a noi la sua ricchezza e fece di noi figli di Dio. Assunse la natura umana, per rendersi simile a noi, per unirsi in certo modo ad ogni uomo e diventare veramente uno di noi (cfr. Gaudium et spes ).

4. Domani, la sera della Vigilia, spezzeremo con i nostri cari il pane bianco di Natale. Che questa bella usanza ci avvicini reciprocamente e dilati i nostri cuori. Spezzando questo pane bianco di Natale, il pane che è dono di Dio e frutto del lavoro delle mani dell'uomo, apriamoci gli uni agli altri, apriamoci largamente ad un altro uomo, specialmente a quei nostri fratelli, che sono soli, dimenticati o che vivono nell'indigenza, e forse nella miseria, a coloro che sono privi di casa o di lavoro. Che questa cena della Vigilia diventi un vero "banchetto d'amore".

Fissiamo con lo sguardo il Divino Bambino - Salvatore del mondo, impariamo da Lui l'amore, la bontà e la sensibilità. Apprendiamo la responsabilità per le sorti di ogni uomo e di ogni vita umana. Auguro questo alla soglia del Grande Giubileo dell'Anno 2000 a coloro che sono qui presenti, insieme all' Arcivescovo Szczepan Wesoly, al Signor Ambasciatore della Repubblica della Polonia presso la Santa Sede e a tuttti i miei Connazionali in tutto il mondo. Con questi auguri abbraccio anche tutta la Chiesa in Polonia, i Vescovi insieme con il Cardinale Primate, i sacerdoti, i consacrati, le parrocchie, le diocesi, tutti - nessuno escluso. Vorrei che questi miei auguri raggiungessero ogni casa e ogni famiglia, tutti gli uomini di buona volontà.
* * *


L'inconfondibile clima di serena attesa, caratteristico di questi giorni prossimi alla festa che celebra la venuta di Dio fra gli uomini, arricchisce di particolare significato l'odierna Udienza. In questa circostanza, mi è gradito salutare con grande affetto i fedeli dell'Arcidiocesi di Bari-Bitonto e quelli della Parrocchia di Cristo Redentore in Recanati, e tutti i pellegrini di lingua italiana, esortandoli a rendere più intenso in questi giorni l'impegno di preghiera e di opere buone. Carissimi, il Natale riempia i vostri cuori della gioia che solo Cristo può dare.

Un saluto speciale rivolgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli.

Cari giovani, possiate accostarvi al mistero di Betlemme con gli stessi sentimenti di fede e di umiltà che furono di Maria; sia dato a voi, cari ammalati, di attingere dal presepe quella gioia e quell'intima pace che Gesù viene a portare nel mondo; e voi, cari sposi novelli, vogliate contemplare con assiduità l'esempio della santa Famiglia di Nazaret, per improntare alle virtù in essa praticate il cammino di vita familiare da poco iniziato.

A tutti auguro un santo Natale ricolmo di ogni bene e di cuore imparto la Benedizione Apostolica.

gni bene e di cuore imparto la Benedizione Apostolica.






Mercoledì, 13 gennaio 1999: Il volto di Dio Padre, anelito dell'uomo

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1. «Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te» (Conf. 1, 1). Questa celebre affermazione, che apre le Confessioni di sant'Agostino, esprime efficacemente il bisogno insopprimibile che spinge l'uomo a cercare il volto di Dio. È un'esperienza attestata dalle diverse tradizioni religiose. “Dai tempi antichi fino ad oggi - ha detto il Concilio - presso i vari popoli si nota quasi una percezione di quella forza arcana che è presente al corso delle cose e agli avvenimenti della vita umana, e anzi talvolta si avverte un riconoscimento della divinità suprema o anche del Padre” (Nostra aetate
NAE 2).

In realtà, tante preghiere della letteratura religiosa universale esprimono la convinzione che l'Essere supremo possa essere percepito e invocato come un padre, al quale si arriva attraverso l’esperienza delle premure affettuose ricevute dal padre terreno. Proprio questa relazione ha suscitato in alcune correnti dell'ateismo contemporaneo il sospetto che l'idea stessa di Dio sia la proiezione dell’immagine paterna. Il sospetto, in realtà, è infondato.

È vero tuttavia che, partendo dalla sua esperienza, l'uomo è tentato talvolta di immaginare la divinità con tratti antropomorfici che rispecchiano troppo il mondo umano. La ricerca di Dio procede così “a tentoni”, come Paolo disse nel discorso agli Ateniesi (cfr Ac 17,27). Occorre dunque tener presente questo chiaroscuro dell'esperienza religiosa, nella consapevolezza che solo la rivelazione piena, in cui Dio stesso si manifesta, può dissipare le ombre e gli equivoci e far risplendere la luce.

2. Sull'esempio di Paolo, che proprio nel discorso agli Ateniesi cita un verso del poeta Arato sull'origine divina dell'uomo (cfr Ac 17,28), la Chiesa guarda con rispetto ai tentativi che le varie religioni compiono per cogliere il volto di Dio, distinguendo nelle loro credenze ciò che è accettabile da quanto è incompatibile con la rivelazione cristiana.

In questa linea si deve considerare un'intuizione religiosa positiva la percezione di Dio come Padre universale del mondo e degli uomini. Non può essere invece accolta l’idea di una divinità dominata dall’arbitrio e dal capriccio. Presso gli antichi greci, ad esempio, il Bene, quale essere sommo e divino, era chiamato anche padre, ma il dio Zeus manifestava la sua paternità tanto nella benevolenza quanto nell’ira e nella malvagità. Nell'Odissea si legge: “Padre Zeus, nessuno è più funesto di te tra gli dei: degli uomini non hai pietà, dopo averli generati e affidati alla sventura e a gravosi dolori” (XX, 201-203).

Tuttavia l’esigenza di un Dio superiore all’arbitrio capriccioso è presente anche tra i greci antichi, come testimonia, ad esempio, l’"Inno a Zeus" del poeta Cleante. L’idea di un padre divino, pronto al dono generoso della vita e provvido nel fornire i beni necessari all’esistenza, ma anche severo e punitore, e non sempre per una ragione evidente, si collega nelle società antiche all’istituzione del patriarcato e ne trasferisce la concezione più abituale sul piano religioso.

3. In Israele il riconoscimento della paternità di Dio è progressivo e continuamente insidiato dalla tentazione idolatrica che i profeti denunciano con forza: “Dicono a un pezzo di legno: Tu sei mio padre, e a una pietra: Tu mi hai generato” (Jr 2,27). In realtà per l'esperienza religiosa biblica la percezione di Dio come Padre è legata, più che alla sua azione creatrice, al suo intervento storico-salvifico, attraverso il quale stabilisce con Israele uno speciale rapporto di alleanza. Spesso Dio lamenta che il suo amore paterno non ha trovato adeguata corrispondenza: “Il Signore dice: Ho allevato e fatto crescere figli, ma essi si sono ribellati contro di me” (Is 1,2).

La paternità di Dio appare a Israele più salda di quella umana: “Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha raccolto” (Ps 27,10). Il salmista che ha fatto questa dolorosa esperienza di abbandono, e ha trovato in Dio un padre più sollecito di quello terreno, ci indica la via da lui percorsa per giungere a questa meta: “Di te ha detto il mio cuore: Cercate il suo volto; il tuo volto, Signore, io cerco” (Ps 27,8). Ricercare il volto di Dio è un cammino necessario, che si deve percorrere con sincerità di cuore e impegno costante. Solo il cuore del giusto può gioire nel cercare il volto del Signore (cfr Ps 105, 3s.) e su di lui può quindi risplendere il volto paterno di Dio (cfr Ps 119,135 cfr Ps 31,17 Ps 67,2 Ps 80,4 Ps 80,8 Ps 80,20). Osservando la legge divina si gode anche pienamente della protezione del Dio dell’alleanza. La benedizione di cui Dio gratifica il suo popolo, tramite la mediazione sacerdotale di Aronne, insiste proprio su questo svelarsi luminoso del volto di Dio: “Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace” (NM 6,25).

4. Da quando Gesù è venuto nel mondo, la ricerca del volto di Dio Padre ha assunto una dimensione ancora più significativa. Nel suo insegnamento Gesù, fondandosi sulla propria esperienza di Figlio, ha confermato la concezione di Dio come padre, già delineata nell’Antico Testamento; anzi l’ha evidenziata costantemente, vissuta in modo intimo e ineffabile, e proposta come programma di vita per chi vuole ottenere la salvezza.

Soprattutto Gesù si pone in modo assolutamente unico in relazione con la paternità divina, manifestandosi come “figlio” e offrendosi come l’unica strada per giungere al Padre. A Filippo che gli chiede “mostraci il Padre e ci basta” (Jn 14,8), egli risponde che conoscere lui significa conoscere il Padre, perché il Padre opera attraverso lui (cfr Jn 14,8-11). Per chi vuole dunque incontrare il Padre è necessario credere nel Figlio: mediante Lui Dio non si limita ad assicurarci una provvida assistenza paterna, ma comunica la sua stessa vita rendendoci “figli nel Figlio”. È quanto sottolinea con commossa gratitudine l’apostolo Giovanni: “Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio e lo siamo realmente” (1Jn 3,1).



Traduzione italiana del saluto in lingua croata

Saluto cordialmente tutti i pellegrini croati. Benvenuti! Carissimi, con l’auspicio che la fede in Cristo ispiri e permei costantemente l’intero vostro vivere ed operare, invoco su di voi la benedizione di Dio.

Siano lodati Gesù e Maria!

Mi rivolgo ora con affetto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto la Direzione, gli artisti ed il personale del Circo "Darix Togni", che formano una grande famiglia viaggiante, ed auguro che essi continuino a portare ovunque, ai piccoli e ai grandi, il loro tipico messaggio di solidarietà e di bontà.

Saluto i membri dell'Istituto Secolare delle Apostole del Sacro Cuore, che in questi giorni stanno celebrando il loro Congresso Generale Ordinario, ed auspico che quest'importante incontro sia per tutte occasione di rinnovato slancio missionario.

Il mio pensiero va pure al gruppo del Corpo Sanitario Europeo, agli Allievi della Scuola Carabinieri di Roma ed ai Soci dell'Associazione degli Industriali di Capitanata. Tutti ringrazio per la gradita visita ed invoco su ciascuno la continua assistenza divina.

Con cordialità saluto il folto gruppo di fedeli della Parrocchia San Pio X di Città di Castello, venuti per compiere un devoto pellegrinaggio presso la tomba degli Apostoli, come pure i membri del Movimento Sacerdotale Mariano di Ischia, che mi hanno chiesto di incoronare la Statua pellegrina della Madonna di Fatima, già entrata in tante case e già accolta con abbondanti frutti spirituali da numerose parrocchie e famiglie. Carissimi, possa il fervore apostolico e l'autentica devozione alla Madre di Dio animare ogni vostra attività al servizio della Chiesa.

Saluto, inoltre, i numerosi bambini della regione di Chernobyl, ospiti della Caritas diocesana di Capua e di Palestrina, del gruppo famiglie di Vitorchiano, delle Parrocchie di Santa Croce di Macerata e di San Cleto Papa di Roma. Il Signore protegga voi, cari ragazzi, e quanti vi hanno generosamente accolto.

Infine, come sempre, mi rivolgo ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli presenti. La Liturgia odierna ricorda Sant'Ilario, Vescovo di Poitiers, in Francia, nel IV secolo, che "fu tenace assertore della divinità di Cristo" (Liturgia), difensore ardente della fede e maestro di verità.

Il suo esempio sostenga voi, cari giovani, nella costante e coraggiosa ricerca di Cristo; incoraggi voi, cari malati, ad offrire le vostre sofferenze affinché il Regno di Dio si diffonda in tutto il mondo; ed aiuti voi, cari sposi novelli, ad essere testimoni dell'amore di Cristo nella vita familiare.

Volentieri imparto a tutti la mia Benedizione.





Mercoledì, 20 gennaio 1999: La “paternità” di Dio nell'Antico Testamento

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1. Il popolo di Israele - come abbiamo già accennato nella scorsa catechesi - ha sperimentato Dio come padre. Al pari di tutti gli altri popoli, ha intuito in lui i sentimenti paterni attinti all'esperienza abituale di un padre terreno. Soprattutto ha colto in Dio un atteggiamento particolarmente paterno, partendo dalla conoscenza diretta della sua speciale azione salvifica (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica
CEC 238).

Dal primo punto di vista, quello dell'esperienza umana universale, Israele ha riconosciuto la paternità divina a partire dallo stupore dinanzi alla creazione e al rinnovarsi della vita. Il miracolo di un bimbo che si forma nel grembo materno non è spiegabile senza l'intervento di Dio, come ricorda il salmista: "Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre . . . " (Ps 139,13 [138], 13). Israele ha potuto vedere in Dio un padre anche in analogia con alcuni personaggi che detenevano una funzione pubblica, specialmente religiosa, ed erano ritenuti padri: così i sacerdoti (cfr Jg 17,10 Jg 18,19 Gn 45,8) o i profeti (cfr 2R 2,12). Ben si comprende inoltre come il rispetto che la società israelitica richiedeva per il padre e i genitori inducesse a vedere in Dio un padre esigente. In effetti la legislazione mosaica è molto severa nei confronti dei figli che non rispettano i genitori, fino a prevedere la pena di morte per chi percuote o anche solo maledice il padre o la madre (Ex 21,15 Ex 21,17).

2. Ma al di là di questa rappresentazione suggerita dall'esperienza umana, in Israele matura un'immagine più specifica della divina paternità a partire dagli interventi salvifici di Dio. Salvandolo dalla schiavitù egiziana, Dio chiama Israele ad entrare in un rapporto di alleanza con lui e perfino a ritenersi il suo primogenito. Dio dimostra così di essergli padre in maniera singolare, come emerge dalle parole che rivolge a Mosè: “Allora tu dirai al faraone: dice il Signore: Israele è il mio figlio primogenito” (Ex 4,22). Nell’ora della disperazione, questo popolo-figlio potrà permettersi d’invocare con il medesimo titolo di privilegio il Padre celeste, perché rinnovi ancora il prodigio dell’esodo: “Abbi pietà, Signore, del popolo chiamato con il tuo nome, di Israele che hai trattato come un primogenito” (Si 36,11). In forza di questa situazione, Israele è tenuto ad osservare una legge che lo contraddistingue dagli altri popoli, ai quali deve testimoniare la paternità divina di cui gode in modo speciale. Lo sottolinea il Deuteronomio nel contesto degli impegni derivanti dall’alleanza: “Voi siete figli per il Signore Dio vostro . . . Tu sei infatti un popolo consacrato al Signore tuo Dio e il Signore ti ha scelto, perché tu fossi il suo popolo privilegiato fra tutti i popoli che sono sulla terra” (Dt 14).

Non osservando la legge di Dio, Israele opera in contrasto con la sua condizione filiale, procurandosi i rimproveri del Padre celeste: “La Roccia, che ti ha generato, tu hai trascurato; hai dimenticato il Dio che ti ha procreato!” (Dt 32,18). Questa condizione filiale coinvolge tutti i membri del popolo d’Israele, ma viene applicata in modo singolare al discendente e successore di Davide secondo il celebre oracolo di Natan in cui Dio dice: “Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio” (2S 7,14 1Ch 17,13). Appoggiata su questo oracolo, la tradizione messianica afferma una filiazione divina del Messia. Al re messianico Dio dichiara: “Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato” (Ps 2,7 cfr Ps 110,3 [109]).

3. La paternità divina nei confronti d’Israele è caratterizzata da un amore intenso, costante e compassionevole. Nonostante le infedeltà del popolo, e le conseguenti minacce di castigo, Dio si rivela incapace di rinunciare al suo amore. E lo esprime in termini di profonda tenerezza, anche quando è costretto a lamentare l'incorrispondenza dei suoi figli: “Ad Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore: ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare . . . Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad altri, Israele? . . . Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione” (Os 11,3-8 cfr Jr 31,20).

Persino il rimprovero diviene espressione di un amore di predilezione, come spiega il libro dei Proverbi: "Figlio mio, non disprezzare l'istruzione del Signore e non aver a noia la sua esortazione, perché il Signore corregge chi ama, come un padre il figlio prediletto" (Pr 3,11-12).

4. Una paternità così divina e nello stesso tempo così "umana" nei modi con cui si esprime, riassume in sé anche le caratteristiche che solitamente si attribuiscono all’amore materno. Anche se rare, le immagini dell’Antico Testamento in cui Dio si paragona ad una madre sono estremamente significative. Si legge ad esempio nel libro di Isaia: "Sion ha detto: 'Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato. Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio del suo seno? Anche se ci fosse una donna che si dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai" (Is 49,14-15). E ancora: "Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò" (Is 66,13).

L’atteggiamento divino verso Israele si manifesta così anche con tratti materni, che ne esprimono la tenerezza e la condiscendenza (cfr CEC 239). Questo amore, che Dio effonde con tanta ricchezza sul suo popolo, fa esultare il vecchio Tobi e gli fa proclamare: “Lodatelo, figli d’Israele, davanti alle genti: Egli vi ha disperso in mezzo ad esse per proclamare la sua grandezza. Esaltatelo davanti ad ogni vivente; è Lui il Signore, il nostro Dio, lui il nostro Padre, il Dio per tutti i secoli” (Tb 13,3-4).

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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare alle Serve del Cuore Immacolato di Maria e alle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù. Saluto i fedeli del Movimento Madonna dei poveri dell'omonima Parrocchia di Milano, qui convenuti per far benedire la statua della Vergine di Banneux, che "visiterà" le comunità della provincia religiosa degli Oblati di San Giuseppe. Carissimi, vi esprimo il mio compiacimento per questa "peregrinatio" mariana in preparazione al Grande Giubileo dell'Anno Duemila, ed auspico che essa costituisca per tutti un'occasione di rinnovato annuncio del Vangelo e di gioiosa testimonianza cristiana.

Il mio pensiero va, infine, ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli.

Ci troviamo nella Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, siamo invitati tutti a contribuire con la preghiera e l'impegno concreto alla causa della piena comunione fra i credenti in Cristo.


Voi, cari giovani, dedicate a questo fine il vostro entusiasmo e le vostre fresche energie; voi, cari malati, offrite per tale intenzione i disagi e le sofferenze, in unione al Sacrificio eucaristico; e voi, cari sposi novelli, siate testimoni dell'unità voluta dal Signore a partire dalle vostre famiglie, piccole chiese domestiche.
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Le sorti della pace vengono ancora minacciate in tante parti del mondo. In questi giorni si succedono manifestazioni di ferocia e spietatezza, in particolare, nel Kosovo ed in Sierra Leone.

Chiediamo a Dio con fiducia rinnovata che, là dove abbonda l'odio, faccia sovrabbondare la sua misericordia di Padre, risvegliando le coscienze di coloro che guidano il destino dei popoli e muovendo gli animi di tutti a propositi di pace.

Un pensiero di particolare vicinanza e solidarietà va all'Arcivescovo di Freetown, alle missionarie ed ai missionari, che sono trattenuti in ostaggio dai combattenti in Sierra Leone, nonostante la loro infaticabile dedizione a servizio delle popolazioni in quel Paese africano. Faccio appello ai responsabili, perché essi siano quanto prima restituiti alla libertà ed al loro ministero di evangelizzazione e di carità.




Catechesi 79-2005 16128