Agostino Qu. Heptateuco 6030


LIBRO SETTIMO

QUESTIONI SUI GIUDICI

Con quale racconto inizia il libro dei Giudici.

7001
Alla fine del libro di Giosuè di Nun il narratore prolungò un po' la storia fino al tempo in cui i figli d'Israele si rivolsero al culto degli dèi stranieri 1; in questo libro invece si torna alla narrazione ordinata dei fatti nella successione in cui avvennero dopo la morte di Giosuè di Nun. Il libro dunque non comincia dal momento in cui il popolo tralignò nell'adorazione degli idoli, ma dai primi momenti trascorsi, in cui ebbero luogo i fatti dopo i quali il popolo giunse a quella defezione.

Il successore di Giosuè.

7002
(
Jg 1,1-3) E accadde che dopo la morte di Giosuè i figli d'Israele consultarono il Signore dicendo: Chi salirà con noi come capo contro il Cananeo per combattere con lui? E il Signore rispose: Salirà Giuda; ecco, ho posto il paese nelle sue mani. Qui si pone il problema se Giuda era il nome di una persona oppure l'agiografo chiama così la tribù di Giuda, come fa di solito. Ma coloro che avevano consultato il Signore chiedevano un capo dopo la morte di Giosuè; si pensa perciò che qui sia indicato chiaramente il nome di una persona. Tuttavia, poiché la Scrittura non è solita nominare i capi quando sono instituiti, senza menzionare anche l'origine dei loro antenati, e risulta che, dopo la morte di Giosuè, il popolo ebbe i suoi capi, il primo dei quali è Gotoniel, figlio di Cenez, è più esatto pensare che sotto il nome di Giuda è indicata la tribù di Giuda. Proprio per mezzo di questa tribù il Signore cominciò ad opprimere i Cananei. E poiché il popolo lo aveva consultato a proposito del capo, la risposta del Signore fu adatta per far loro capire che Dio non voleva che tutto quanto il popolo facesse guerra contro i Cananei. Disse dunque: Salirà Giuda. E la Scrittura continua il racconto dicendo: E Giuda disse a suo fratello Simeone, per l'appunto una tribù a un'altra tribù, poiché non erano più in vita quei figli di Giacobbe chiamati Giuda e Simeone denotati con i propri nomi tra gli altri fratelli; disse dunque la tribù di Giuda alla tribù di Simeone: Sali con me nel territorio toccatomi in sorte e combattiamo contro il Cananeo, poi verrò anch'io con te nel territorio che ti è toccato in sorte. È evidente che la tribù di Giuda chiese aiuto all'altra tribù per ricambiarlo quando anche quell'altra tribù avesse avuto bisogno.

Il fatto della figlia di Caleb promessa in premio al vincitore.

7003
(
Jg 1,9-12) E Caleb disse: A chiunque riuscirà a battere la Città delle Lettere e la conquisterà darò in moglie mia figlia Aksa. Questo particolare è già menzionato anche nel libro di Giosuè di Nun 2; uno però può chiedersi a ragione se ciò accadde essendo ancora vivo Giosuè e ora sia narrato di nuovo sotto forma di ricapitolazione, o dopo la sua morte quando era stato detto: Giuda salirà, e Giuda aveva già preso a far guerra contro i Cananei, nella quale guerra si narra che accaddero tutti questi fatti. Ma è più probabile che questo fatto sia avvenuto dopo la morte di Giosuè ed è raccontato allora per prolessi, cioè per anticipazione come anche altri fatti. Ora, infatti, venendo narrate le imprese della tribù di Giuda contro i Cananei, l'ordine della narrazione è seguito perfettamente, e tra le altre gesta belliche della tribù di Giuda, delle quali il Signore aveva parlato dopo la morte di Giosuè, è detto: Salirà Giuda. E di poi i figli di Giuda discesero per combattere il Cananeo che abitava la zona montuosa e il sud e la pianura. E Giuda marciò contro il Cananeo che abitava in Ebron ed Ebron uscì dalla parte opposta - il nome di Ebron era precedentemente Cariatharbocsfer - e battè Sesi, Achiman e Colmi, figli di Enac. Di lì salirono contro gli abitanti di Dabir - il nome di Dabir in antecedenza era Città delle Lettere. - E Caleb disse: A chiunque batterà la Città delle Lettere e la conquisterà gli darò in moglie mia figlia Aksa. Da questa serie di gesta risulta tanto chiaro dunque che ciò avvenne dopo la morte di Giosuè. Al contrario, allorché si menzionano le città consegnate a Caleb, il narratore andando avanti anticipa alla prima occasione ciò che successe dopo. Non penso inoltre che la Scrittura abbia voluto menzionare senza un motivo per due volte il fatto della figlia di Caleb data in premio al vincitore.

A proposito della figlia di Caleb.

7004
(
Jg 1,14-15) A proposito della figlia di Caleb sorge un altro quesito, poiché nel libro di Giosuè, figlio di Nun, così si dice di lei: E successe che, mentre essa entrava, si consultò con lui dicendo: Chiederò un campo a mio padre, e stando sull'asino si mise a gridare etc., ove chiese al padre un campo e le fu concesso 3. Qui invece si dice: E accadde che, mentre egli entrava, Gotoniel la esortò a chiedere a suo padre un campo. Ebbene, tra l'espressione precedente quando essa entrava, e quella usata qui, quando egli entrava, non c'è contraddizione, poiché facevano la strada insieme. Anche quanto a ciò che segue, nel passo precedente si diceva: Si consigliò con lui - cioè con suo marito - dicendo: Chiederò un campo a mio padre, e stando sull'asino si mise a gridare e lo chiese; all'atto di consigliarsi con il marito fu esortata a chiederlo: di questi due particolari uno è detto nel passo precedente e l'altro in questo; ambedue le cose si potevano esprimere nel modo seguente: " E si consigliò con lui dicendo: Chiederò un campo a mio padre; egli poi la esortò ed essa gridò stando sull'asino ". Inoltre in quel passo si riferisce che essa chiese un campo e non è taciuto il nome del campo; in questo invece, essendo stata esortata dal marito a chiedere il campo, non si dice che chiese il campo " gridando essendo ancora seduta sulla bestia da soma " - ivi si dice: stando seduta sull'asino -, ma chiese l'acquisto di acqua, poiché era stata assegnata alla terra del Sud; e la Scrittura aggiunge: E Caleb le diede, secondo il suo desiderio, l'acquisto (d'acqua) degli eccelsi e l'acquisto dei bassi; il testo non si comprende bene, salvo che il campo era chiesto dalla figlia per avere dai suoi prodotti la somma necessaria per comprare l'acqua di cui c'era scarsità nelle regioni dove la sposa veniva condotta. Ma nell'espressione: Caleb le diede l'acquisto (d'acqua) degli eccelsi e dei bassi, non vedo che cosa sia sottinteso se non " corsi d'acqua " molto alti, cioè ruscelli nelle parti montuose e in quelle basse dei campi e delle valli.

Le città che Giuda non riuscì a conquistare.

7005
(
Jg 1,18-19) Giuda però non riuscì a conquistare né Gaza con il suo territorio né Ascalon con il suo territorio né Accaron con il suo territorio né Azoto e i suoi dintorni. Il Signore invece stava con Giuda e conquistò la zona montuosa, poiché non riuscì a conquistare gli abitanti della valle, poiché Rechab gli si oppose ed aveva carri di ferro. Spiegando nel libro di Giosuè, figlio di Nun, il passo ove sta scritto: E il Signore diede ad Israele tutto il paese 4, quando invece ancora non possedeva molte sue regioni, dissi che l'affermazione che era stato dato tutto il paese, poteva intendersi nel senso che non era dato in possesso ma perché servisse in certo qual modo come prova 5; ciò appare con maggiore evidenza in questo passo. Dal momento che qui vengono menzionate le città che Giuda non riuscì a conquistare, pur dicendosi che il Signore era con Giuda. Conquistò la zona montuosa poiché gli Israeliti non riuscirono a conquistare gli abitanti della valle. Ora chi non comprende che anche questo rientrava nel fatto che il Signore era con Giuda, perché non s'insuperbisse ottenendo tutto d'un tratto l'intero territorio? Riguardo a quanto soggiunge il testo: Rechab tenne testa loro e aveva carri di ferro, si dice che quei carri li temesse non il Signore, che stava con Giuda, ma lo stesso Giuda. Se si pone il quesito perché aveva paura Giuda con cui stava il Signore, si può credere prudentemente che Dio, nella sua misericordia, smorzasse gli eccessi di una soverchia prosperità anche nel cuore dei suoi per convertire i nemici a loro vantaggio, non solo quando i nemici vengono vinti, ma anche quando sono temuti; nel primo caso per mettere in risalto la sua generosità, nel secondo per reprimere la loro superbia. Infatti nemico dei santi è l'angelo di satana, che tuttavia l'Apostolo dice che gli fu dato al fine di schiaffeggiarlo perché non montasse in superbia per la grandezza delle rivelazioni 6.

Ciò che è detto per ricapitolazione.

7006
(
Jg 1,20) Come Mosè aveva ordinato, Ebron fu data a Caleb; ed ereditò da essa le tre città dei figli di Enac e ne scacciò i tre figli di Enac. Questo è già stato detto nel libro di Giosuè, figlio di Nun 7, poiché successe quando questi era ancora in vita, ma qui è ricordato per ricapitolazione nell'occasione che la Scrittura parla della tribù di Giuda alla quale apparteneva Caleb.

La città di Iebus è la stessa che Gerusalemme.

7007
(
Jg 1,21 Jg 1,8) Ci si chiede come mai la Scrittura dice: I figli di Beniamino non scacciarono i Gebusei che abitavano Gerusalemme, perciò i Gebusei abitarono con i figli di Beniamino in Gerusalemme fino ad oggi, mentre poco prima si legge che la medesima città fu presa e incendiata da Giuda dopo esserne stati uccisi i Gebusei. Ma bisogna sapere che questa città era posseduta in comune dalle due tribù, di Giuda e di Beniamino, come è dimostrato dalla stessa divisione delle terre fatta da Giosuè, figlio di Nun 8. La città di Iebus è infatti la stessa che Gerusalemme 9. Queste due tribù rimasero però presso il tempio del Signore quando le altre tribù - ad eccezione della tribù di Levi, che era sacerdotale e non ricevette alcun territorio nella divisione - si separarono dal regno di Giuda con Geroboamo 10. Si deve dunque pensare che la città fu presa, sì, da Giuda e incendiata dopo che furono uccise le persone che vi si trovavano, ma non tutti i Gebusei furono sterminati, sia perché erano fuori della città sia perché riuscirono a fuggire; i figli di Beniamino insieme con la tribù di Giuda, che possedevano in comune quella città, permisero che abitassero insieme con loro i Gebusei che erano rimasti. Pertanto l'espressione: I figli di Beniamino non cacciarono i Gebusei, deve intendersi nel senso che non riuscirono o non vollero renderli tributari o almeno la Scrittura dice non cacciò i Gebusei poiché non possedette senza di loro il territorio posseduto da quelli.

La città degli Sciti, Scitopoli.

7008
(
Jg 1,27) E Manasse non conquistò Betsan, che è la città degli Sciti. Si dice che oggi questa città si chiama Scitopoli. Può tuttavia procurare imbarazzo il fatto che in quelle regioni molto lontane dalla Scizia potesse esserci una città degli Sciti. Ma potremmo similmente stupirci come mai Alessandro il Macedone abbia fondato la città di Alessandria tanto lontano dalla Macedonia, cosa che poté attuare facendo la guerra per ogni dove. Così anche gli Sciti poterono fondare questa città quando un tempo avanzavano facendo la guerra in terre lontane. Poiché nella storia universale si legge che gli Sciti ebbero un tempo sotto il loro potere quasi tutta l'Asia quando si scontrarono con il re d'Egitto che senza motivo aveva dichiarato loro guerra, ma egli atterrito dal loro arrivo si ritirò nel suo regno.

Le filiali di Scitopoli.

7009
(
Jg 1,27) E Manasse non conquistò Betsan, che è la città degli Sciti, né le sue filiali. L'agiografo chiama sue filiali le città che Betsan aveva fondato quale metropoli.

Ricapitolazione o anticipazione.

7010
(
Jg 1,28) E successe che quando Israele era divenuto più forte, sottomise i Cananei a pagare il tributo, ma non riuscì totalmente a scacciarli dalla loro terra. Già qualcosa di simile è detto nel libro di Giosuè di Nun quasi con le stesse parole 11. Perciò o qui si dice per anachefaliosi o lì per prolessi, cioè o qui per ricapitolazione o lì per anticipazione.

Ancora ricapitolazione o anticipazione.

7011
(
Jg 1,34) E gli Amorrei respinsero i figli di Dan costringendoli sulla zona montuosa e non permisero loro di scendere nella valle. Ugualmente anche qui ciò o è narrato nel libro di Giosuè, figlio di Nun 12, per anticipazione o qui per ricapitolazione.

Il monte del pianto.

7012
(
Jg 2,1) E l'angelo del Signore salì sul Clautmonte. L'autore di questo libro chiama così il luogo poiché scrisse in un'epoca posteriore, poiché quando l'angelo del Signore ascese in quel luogo, ancora non si chiamava così; prese infatti il nome da " pianto " per il fatto che in greco il pianto si dice . In realtà ivi il popolo pianse dopo aver udito da questo angelo le parole del Signore che li puniva perché avevano disubbidito per non avere sterminati secondo il suo comando i popoli (pagani) da essi vinti, preferendo assoggettarli del tutto 13 piuttosto che annientarli e disperderli come aveva ordinato il Signore 14. Sia che agissero così per disprezzo del comando del Signore sia per paura di spingere i nemici a combattere più accanitamente contro di loro per ottenere la salvezza piuttosto che per non dare il tributo, senza dubbio peccarono o disprezzando l'ordine dato da Dio o non avendo fiducia che li avrebbe potuti aiutare Colui che aveva dato quell'ordine. Il Signore non volle dirlo ad essi per mezzo di Giosuè - se pure è vero che aveva già comandato di farlo quando ancora viveva Giosuè e non era stato menzionato per anticipazione ciò che cominciò ad avvenire dopo la sua morte - poiché preferì rivolgere questo rimprovero assolutamente a tutti per mezzo dell'angelo; non ancora però avevano tutti commesso quella disobbedienza essendo ancor vivo Giosuè, anche se alcuni forse avevano già cominciato a farlo. È tuttavia più probabile che nulla di simile cominciò a succedere vivendo ancora Giosuè e che sotto il governo di Giosuè i figli d'Israele possedevano tanto territorio quanto bastava per stabilirvisi, sebbene nei territori da loro occupati crescendo e divenendo più forti avessero ancora la possibilità di sterminare gli avversari. Quindi, dopo la morte di Giosuè, dopo che erano diventati più forti da poter adempiere l'ordine di Dio preferirono averli come tributari seguendo la propria volontà invece di annientarli e disperderli secondo la volontà di Dio; ecco perché l'angelo fu inviato loro per biasimarli. Quanto al fatto che ciò è stato menzionato nel libro di Giosuè di Nun 15, io penso che sia stato ricordato piuttosto per anticipazione ciò che egli stesso per spirito profetico già sapeva che sarebbe avvenuto dopo la sua morte, ciò nell'ipotesi che sia stato composto da lui il libro detto di Giosuè figlio di Nun, oppure se è stato scritto da un altro, già sapeva che era successo dopo la morte di Giosuè ciò che in quel libro è menzionato per anticipazione.

Se alcuni peccati provengono anche dall'ira di Dio.

7013
(
Jg 2,3) Che significa ciò che dice l'angelo del Signore tra le altre cose minacciate da Dio, e cioè: Non scaccerò più il popolo che dissi di scacciare; non li toglierò davanti a voi ed essi saranno per voi dei lacci e i loro dèi saranno per voi delle insidie 16, se non che dobbiamo credere che alcuni peccati provengono anche dall'ira di Dio? Dio infatti, sdegnato, li minacciò che gli dèi delle nazioni pagane in mezzo alle quali gli Israeliti, senza sterminarle, vollero abitare, sarebbero stati loro di scandalo, avrebbero cioè fatto sì che si sarebbero scandalizzati del Signore loro Dio e che sarebbero vissuti offendendolo; è senza dubbio evidente che questo è un grande peccato.

Un passo ripetuto per ricapitolazione.

7014
(
Jg 2,6 Jg 2,8) E Giosuè congedò il popolo, e i figli d'Israele se ne andarono ciascuno a casa sua e ciascuno alla sua eredità per prendere possesso della terra. Non c'è alcun dubbio che questo passo è ripetuto qui per ricapitolazione 17. Infatti anche in questo libro viene ricordata perfino la morte di Giosuè per indicare brevemente tutti i fatti dall'inizio, da quando cioè il Signore diede loro la regione e in qual modo sotto la guida dei Giudici vissero e quali sofferenze dovettero sopportare; e così si torna di nuovo alla serie dei Giudici cominciando da quello stabilito per primo.

In qual senso si dice che non conobbero il Signore.

7015
(
Jg 2,10) E dopo di essi sorse un'altra generazione che non conobbe il Signore e le opere che aveva compiuto per Israele. L'agiografo spiega in qual senso dice non conobbero il Signore, cioè per le singolari e mirabili opere per mezzo delle quali prima di loro era accaduto che Israele conoscesse il Signore.

Come prender i nomi degli dèi.

7016
(
Jg 2,13) E prestarono culto a Baal e alle Astarti. Si suol dire che il nome di Baal presso i popoli di quelle regioni corrisponde a quello di Giove e quello di Astarte a quello di Giunone, come si crede essere dimostrato anche dalla lingua punica. Sembra in effetti che i Punici chiamino " signore " Baal e perciò si pensa che chiamino Baalsamen come " il re del cielo ", poiché presso di essi i cieli sono detti " Samen ". Giunone invece è chiamata da loro senza incertezze Astarte. E poiché queste lingue non differiscono molto tra loro, si crede giustamente che, a proposito dei figli d'Israele, la Scrittura dice che resero culto a Baal e alle Astarti, poiché lo resero a Giove e ai Giunoni. E non deve sorprendere il fatto che l'agiografo non dice " ad Astarte ", cioè a Giunone, ma quasi che esistano molte Giunoni, usa questo nome al plurale: egli ha voluto far rivolgere il nostro pensiero alla moltitudine delle immagini, poiché ogni immagine di Giunone veniva chiamata Giunone e perciò ha voluto farci intendere che c'erano tante Giunoni quante erano le sue immagini. Io poi penso che l'agiografo ha voluto usare il singolare per Giove e il plurale per le Giunoni per ragione di varietà; poiché per la medesima causa delle molte immagini si potrebbe dire anche " Giovi " al plurale. Ora noi troviamo il nome di Giunone al plurale nel testo greco dei Settanta, ma nel testo latino stava al singolare. Nel testo che non riproduceva la traduzione dei Settanta, ma era tradotto dall'ebraico, leggiamo Astaroth e non Baal ma Baalim. E se per caso questi nomi nella lingua ebraica o siriaca significano un'altra cosa, è certo che sono dèi stranieri e falsi, ai quali Israele non avrebbe dovuto rendere culto.

Il significato delle parole venduto e riscatto nelle Scritture.

7017
(
Jg 2,14 Jg 2,20-23 Jg 3,1-4) E li vendette nelle mani dei nemici che stavano loro intorno. Si suol porre il quesito per qual motivo è detto: vendette, come se si dovesse intendere che era stato sborsato qualche prezzo. Ma anche nel Salmo si legge: Hai venduto il tuo popolo per un nulla 18, e nel Profeta: Voi siete stati venduti gratuitamente e senza argento sarete riscattati 19. Perché dunque è detto venduti se lo furono gratuitamente e per un nulla, e non piuttosto " donati "? O questo è per caso un modo di esprimersi delle Scritture, sicché si può chiamare " venduto " anche uno che viene dato in regalo? Questo è il senso più appropriato della frase: siete stati venduti gratuitamente, e: hai venduto il tuo popolo per un nulla, poiché quegli individui, ai quali consegnasti il popolo, erano empi e non meritarono che fosse loro consegnato quel popolo per il fatto che adoravano il vero Dio, e così lo stesso culto idolatrico fu in un certo senso come il prezzo della vendita. Riguardo invece all'espressione: ma non sarete riscattati con l'argento, non è detto " senza prezzo ", ma senza argento, per farci intendere che il prezzo del riscatto è quello di cui parla l'apostolo Pietro: Poiché non siete stati riscattati con argento e oro ma con il sangue prezioso (di Cristo) quale agnello senza macchia 20. Con il termine argento infatti il Profeta indica qualunque somma di danaro, allorché dice: non sarete riscattati con l'argento, poiché dovevano essere riscattati - è vero - con il prezzo del sangue di Cristo, ma non con un prezzo in danaro.

17. 2. Con le seguenti parole che dice il Signore: E io non continuerò a scacciare dinanzi a loro alcuno dei popoli che lasciò Giosuè, figlio di Nun; e li lasciò allo scopo di mettere alla prova Israele per mezzo di quelli, (per vedere) se essi osservavano la via del Signore e vi camminavano, come l'avevano osservata i loro padri oppure no. E il Signore aveva lasciato questi popoli senza scacciarli subito e non li aveva consegnati nelle mani di Giosuè, si mostra bene il motivo per il quale Giosuè non distrusse con la guerra tutte quelle popolazioni; poiché, se lo avesse fatto, non ci sarebbero state popolazioni per mezzo delle quali gli Israeliti sarebbero stati sottoposti alla prova. Potevano invece servire alla loro utilità qualora, sottoposti alla prova per mezzo di quelli, non fossero risultati reprobi; e se fossero stati trovati tali quali il Signore aveva comandato che fossero, allora quelle popolazioni sarebbero state scacciate dinanzi ad essi, se così fossero vissuti, e non sarebbe stato necessario che gli Israeliti fossero afflitti dalle guerre. Bisogna tenere come parole del Signore quelle che comprendono anche la seguente espressione: Per il fatto che questo popolo ha abbandonato la mia alleanza, che avevo prescritto ai loro padri e hanno rifiutato di dare ascolto alla mia voce, neppure io continuerò a scacciare dinanzi ad essi alcuno - cioè alcun loro nemico -; tutte le altre parole sono, al contrario, dell'agiografo, che spiega perché il Signore disse che non avrebbe scacciato dinanzi a loro alcuno dei popoli che Giosuè, figlio di Nun, aveva lasciato liberi. Di poi, soggiungendo per qual motivo li aveva lasciati: e li ha lasciati -dice - al fine di mettere alla prova Israele per mezzo di quelli (per vedere se gli Israeliti) osservano la via del Signore per camminare in essa come l'avevano seguita i loro padri oppure no; con ciò l'agiografo vuol fare intendere che avevano osservato le vie del Signore quei padri che furono con Giosuè, cioè al tempo in cui egli viveva. Poiché l'agiografo riferisce poco prima 21 che, dopo coloro che erano vissuti con Giosuè, era sorta un'altra generazione di persone dalle quali ebbero inizio le trasgressioni che offesero il Signore: al fine di tentarli, cioè di metterli alla prova, erano state lasciate libere le popolazioni e non erano state sterminate da Giosuè.

17. 3. Di poi, perché non si pensasse che Giosuè aveva agito in modo che rimanessero quelle popolazioni per sua propria decisione - diciamo così - umana, la Scrittura soggiunge: E il Signore lasciò queste popolazioni per non scacciarle subito e non le consegnò nelle mani di Giosuè, e poi continua: Queste sono le popolazioni che Giosuè lasciò allo scopo di mettere, per mezzo di esse, alla prova Israele, tutti coloro cioè che non avevano conosciuto tutte le guerre combattute contro Canaan; ma ciò avvenne (solo) allo scopo di addestrare alla guerra quelle generazioni dei figli di Israele. Era dunque questo il motivo di metterle alla prova: quello d'imparare a fare la guerra, cioè di fare la guerra con tanto spirito di religione e di ubbidienza alla legge di Dio quanto ne ebbero i loro padri, i quali anche nel combattere piacquero al Signore Dio, non perché la guerra sia qualcosa d'importante e desiderabile ma perché lo spirito di religione e la bontà è lodevole anche in guerra. L'espressione che segue: ma coloro che prima di essi non le avevano conosciute, che cosa vuol far capire se non quelle popolazioni, che non avevano conosciuto, nel far la guerra, coloro che vissero prima di costoro e che furono lasciate per la tentazione, cioè per la prova di costoro? Di poi, ricordando quali erano (quelle popolazioni) l'agiografo dice: le cinque satrapie degli stranieri che sono indicate più chiaramente nei Libri dei Re 22. Si chiamano satrapie una specie di piccoli regni a capo dei quali erano i satrapi, nome, questo, che in quelle regioni denota o denotava una carica precisa. Il narratore poi continua dicendo: Tutti i Cananei, i Sidonî, gli Evei, che abitavano il Libano dal monte Hermon fino a Laboemat. E avvenne che per mezzo di queste popolazioni fu messo alla prova Israele. È come se dicesse: Ciò avvenne, che Israele fu messo alla prova per mezzo dei popoli, per sapere se daranno ascolto ai comandamenti del Signore; non perché lo conoscesse Dio, il quale conosce ogni evento, anche i futuri 23, ma perché lo conoscessero essi e la loro coscienza e si vantassero o convincessero se dessero ascolto ai comandamenti ingiunti ai loro padri per mezzo di Mosè. Poiché dunque videro assai chiaramente di non aver ubbidito a Dio in mezzo a quelle popolazioni che erano state lasciate libere perché fossero tentati, cioè tribolati e messi alla prova, per questo motivo Dio disse non solo le cose che dall'angelo, che era stato loro inviato, furono riferite più chiaramente, ma anche quelle riferite poco prima dall'agiografo quando dice: Per il fatto che questo popolo ha abbandonato la mia alleanza che avevo prescritto ai loro padri e hanno rifiutato di ascoltare la mia voce, neppure io continuerò a scacciare alcuno (dei popoli) dinanzi a loro.

17. 4. Ma nel Deuteronomio si trova la seguente espressione proferita da Dio che parla di tali popoli nemici: Non li scaccerò in un solo anno, perché la regione non resti deserta e le bestie selvagge non si moltiplichino contro di te; io li scaccerò a poco a poco finché voi non diventerete assai numerosi e cresciate e conquisterete la regione 24. Il Signore avrebbe potuto mantenere questa sua promessa riguardo a coloro che fossero stati ubbidienti di modo che lo sterminio di quei popoli si sarebbe compiuto progressivamente con il crescere dei territori abitati dagli Israeliti. Quando cioè essi si fossero moltiplicati per non lasciare deserte le regioni dalle quali fossero stati sterminati i nemici. Sarebbe poi strano che l'espressione perché non si moltiplichino contro di te le bestie selvagge, non volesse significare in certo qual modo i desideri sfrenati e le passioni bestiali che di solito sono la conseguenza di una prosperità terrestre ottenuta troppo in fretta. Non è infatti vero che Dio avrebbe potuto sterminare gli uomini e non avrebbe potuto distruggere le bestie o piuttosto non permettere che nascessero.

La Scrittura chiama salvatore anche un uomo, mediante il quale Dio salva.

7018
(
Jg 3,9) E il Signore suscitò un salvatore d'Israele e li liberò. Poi, come se gli fosse stato chiesto chi era il salvatore, l'agiografo dice: Gotoniele, figlio di Cenez. Qui dobbiamo prendere Gotoniele come caso accusativo, come se l'agiografo avesse detto " Gothonielem ". Si deve inoltre notare che chiama salvatore anche un uomo, mediante il quale Dio li salva. In effetti i figli di Israele innalzarono le loro grida al Signore e il Signore suscitò un salvatore per Israele, e li liberò, cioè Gotoniele, figlio di Cenez, fratello minore di Caleb, e li esaudì. Tra le diverse specie di quella usata qui è rara, poiché con-tiene anche quella che i Greci chiamano . La frase sarebbe più chiara se si ponesse prima l'espressione posta dopo, alla fine: e li esaudì, poiché l'ordine è il seguente: " E i figli d'Israele alzarono grida al Signore e li esaudì e il Signore suscitò un salvatore per Israele ". Viene dopo l'espressione qui interposta: e li salvò, e di poi si dice: Gotoniele - come se fosse un accusativo " Gothonielem " - figlio di Cenez. La frase sarebbe più chiara se fosse espressa così: " e il Signore suscitò come salvatore per Israele Gotoniele, figlio di Cenez, e li salvò ".

La pace sotto il giudice Gotoniele.

7019
(
Jg 3,11) La Scrittura dichiara che sotto il giudice Gotoniele la terra promessa rimase in pace senza guerre per quarant'anni, lo stesso spazio di tempo di pace che all'inizio dell'Impero romano si poté avere soltanto sotto il re Numa Pompilio.

Se il giudice Aod mentì quando uccise Eglon.

7020
(
Jg 3,19-20) A buon diritto possiamo chiederci se il giudice Aod mentì quando uccise Eglon re di Moab. Infatti nell'atto di tendergli un agguato da solo a solo per ucciderlo, gli disse: Ho un segreto per te, o re, affinché il re allontanasse da sé tutti coloro che stavano con lui. Dopo che ebbe fatto così, Aod gli disse di nuovo: Ho una parola di Dio per te, o re, ma ciò può non essere una menzogna dal momento che la Scrittura è solita chiamare con il termine " parola " anche un fatto; e così era realmente. Quanto all'espressione: parola di Dio, si deve prendere nel senso che a ordinargli di compiere quell'atto era stato Dio, il quale lo aveva suscitato quale salvatore del suo popolo, come in quei tempi era conveniente si compissero tali azioni per disposizione divina.

Il significato delle parole: il re Eglon era molto magro.

7021
(
Jg 3,17 Jg 22) Giustamente si pone il quesito per qual motivo (la Scrittura dice che) il re Eglon era molto magro, e che il grasso richiuse la ferita quando fu colpito. Ma si deve pensare che (la prima frase) è espressa con una locuzione da intendersi in senso contrario, come si dice lucus (bosco sacro) per il fatto che non vi traspare la luce (non luceat) e si risponde che c'è abbondanza di qualcosa che non c'è; come si dice che uno " benedisse " il re invece di " maledisse ", come sta scritto nel Libro dei Re a proposito di Nabot 25. E appunto nella traduzione (latina) non condotta sul testo dei Settanta, ma dall'ebraico, troviamo scritto così: Ora Eglon era molto grasso.

Ricapitolazione di quanto era stato omesso.

7022
(
Jg 3,23) E Aod uscì fuori e passò in mezzo ai guardiani e chiuse le porte della stanza superiore dietro di sé e mise il chiavistello. È detto ora per ricapitolazione ciò che era stato omesso. Poiché si deve pensare che Aod fece questo prima e così discese dal piano superiore e passò tra le guardie.

I servi del re Eglon schiavarono una porta schiavata.

7023
(
Jg 3,25) Può creare imbarazzo in qual modo i servi del re Eglon aprirono con una chiave la porta che Aod non aveva chiuso con la chiave oppure, se l'aveva chiusa a chiave, come mai non l'avesse portata via con sé in modo che quelli non avrebbero potuto aprirla neppure con la chiave. Perciò o fu portata un'altra chiave oppure la serratura era di tale genere che le porte si sarebbero potute chiudere senza chiave, ma non si sarebbero potute aprire senza di essa. Ci sono effettivamente serrature di tal genere, come quelle chiamate veruclatae, cioè munite di un semplice chiavistello.

La pace sotto il giudice Aod.

7024
(
Jg 3,30) Sotto il giudice Aod nella terra promessa Israele ebbe ottanta anni di pace, cioè uno spazio di tempo doppio di quanto fu quello memorabile goduto dai Romani sotto il re Numa Pompilio.

Il giudice Sangar.

7025
(
Jg 3,31) Dopo di lui ci fu Sangar, figlio di Anat. Egli sconfisse seicento stranieri senza contare i vitelli delle vacche; anch'egli salvò Israele. Possiamo porci il quesito come mai dopo Aod combatté per Israele costui e salvò Israele, dal momento che gli Israeliti non erano stati ridotti di nuovo in cattività, o sottomessi al giogo della schiavitù. Dobbiamo quindi intendere che è detto salvò non perché il nemico avesse fatto loro qualche torto, ma che non gli fu permesso di farne, poiché si deve credere che il nemico cominciasse a combattere gli Israeliti ma fu respinto con la vittoria di questo giudice. Non si capisce tuttavia che cosa significhi la frase: senza contare i vitelli delle vacche. Fece forse anche una strage di vacche nella battaglia e perciò l'agiografo dice che uccise seicento uomini oltre a quanto fece con le vacche da lui uccise? Ma perché vitelli? È forse un modo di dire abituale della lingua greca chiamare vitelli anche quelli che sono diventati più grandi? Si dice infatti che in Egitto si usa parlare così dalla maggior parte della gente, come tra noi vengono detti pulli (polli) i piccoli della gallina qualunque sia la loro età. La traduzione latina fatta sul testo ebraico non ha però l'espressione senza contare i vitelli delle vacche, come la traduzione da me citata redatta conforme al testo dei Settanta. La traduzione fatta dal testo ebraico reca: seicento uomini uccisi con il vomero dell'aratro, espressione assente dai Settanta.

Ciò che Barac risponde a Debora.


Agostino Qu. Heptateuco 6030