Catechesi 2005-2013 25016

Mercoledì, 25 gennaio 2006: Salmo 143,9-15 Preghiera del Re - Vespri del Giovedì della 4a Settimana

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Cari fratelli e sorelle!

1. Si conclude oggi la Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani, durante la quale abbiamo riflettuto sulla necessità di invocare costantemente dal Signore il grande dono della piena unità tra tutti i discepoli di Cristo. La preghiera, infatti, contribuisce in modo sostanziale a rendere più sincero e ricco di frutti il comune impegno ecumenico delle Chiese e Comunità ecclesiali.

In questo nostro incontro vogliamo riprendere la meditazione sul Salmo 143, che la Liturgia dei Vespri ci propone in due tempi distinti (cfr vv. 1-8 e vv. 9-15). La tonalità è sempre quella innica e ad entrare in scena è, anche in questo secondo movimento del Salmo, la figura dell'"Unto", cioè il "Consacrato" per eccellenza, Gesù, che attira tutti a sé per fare di tutti "una cosa sola" (cfr
Jn 17,11 Jn 17,21). Non per nulla la scena che dominerà il canto sarà segnata dalla prosperità e dalla pace, i tipici simboli dell'era messianica.

2. Per questo il canto è definito "nuovo", termine che nel linguaggio biblico non evoca tanto la novità esteriore delle parole quanto la pienezza ultima che suggella la speranza (cfr v. 9). Si canta, quindi, la meta della storia in cui finalmente tacerà la voce del male, che è descritta dal Salmista nella "menzogna" e nel "falso giuramento", espressioni destinate a indicare l'idolatria (cfr v. 11).

Ma a questo aspetto negativo subentra, con uno spazio ben maggiore, la dimensione positiva, quella del nuovo mondo gioioso che sta per affermarsi. È questo il vero shalom, ossia la "pace" messianica, un orizzonte luminoso che è articolato in una successione di quadretti di vita sociale: essi possono diventare anche per noi un auspicio per la nascita di una società più giusta.

3. Ecco innanzitutto la famiglia (cfr v. 12), che si basa sulla vitalità della generazione. I figli, speranza del futuro, sono comparati ad alberi vigorosi; le figlie sono raffigurate come colonne solide che reggono l'edificio della casa, simili a quelle di un tempio. Dalla famiglia si passa alla vita economica, alla campagna coi suoi frutti conservati nei depositi agrari, con le distese dei greggi che pascolano, con gli animali da lavoro che procedono nei campi fertili (cfr vv. 13-14a).

Lo sguardo passa poi alla città, cioè all'intera comunità civile che finalmente gode il dono prezioso della pace e della quiete pubblica. Infatti, cessano per sempre le "brecce" che gli invasori aprono nelle mura urbane durante gli assalti; finiscono le "incursioni", che comportano depredazioni e deportazioni e, infine, non si leva più il "gemito" dei disperati, dei feriti, delle vittime, degli orfani, triste retaggio delle guerre (cfr v. 14b).

4. Questo ritratto di un mondo diverso, ma possibile, è affidato all'opera del Messia ed anche a quella del suo popolo. Tutti insieme, sotto la guida del Messia Cristo, dobbiamo lavorare per questo progetto di armonia e di pace, cessando l'azione distruttrice dell'odio, della violenza, della guerra. Bisogna, però, fare una scelta schierandosi dalla parte del Dio dell'amore e della giustizia.

È per questo il Salmo si conclude con le parole: "Beato il popolo il cui Dio è il Signore". Dio è il bene dei beni, la condizione di tutti gli altri beni. Solo un popolo che conosce Dio e difende i valori spirituali e morali, può realmente andare verso una pace profonda e divenire anche una forza della pace per il mondo, per gli altri popoli. E può quindi intonare col Salmista il "canto Nuovo", pieno di fiducia e di speranza. Il richiamo spontaneo è al Patto nuovo, alla novità stessa che è Cristo e il suo Vangelo.

È ciò che ci ricorda sant'Agostino. Leggendo questo Salmo, egli interpreta anche la parola: "Suonerò per te sull'arpa a dieci corde". L'arpa a dieci corde è per lui la legge compendiata nei dieci comandamenti. Ma di queste dieci corde, di questi dieci comandamenti, dobbiamo trovare giusta chiave. E solo se queste dieci corde dei dieci comandamenti - così dice sant'Agostino - sono fatte vibrare dalla carità del cuore risuonano bene. La carità è la pienezza della legge. Chi vive i comandamenti come dimensione dell'unica carità, canta realmente il "canto nuovo". La carità che ci unisce ai sentimenti di Cristo è il vero "canto nuovo" dell'"uomo nuovo", capace di creare anche un "mondo nuovo". Questo Salmo ci invita a cantare "sull'arpa a dieci corde" con un nuovo cuore, a cantare con i sentimenti di Cristo, a vivere i dieci comandamenti nella dimensione dell'amore, a contribuire così alla pace e all'armonia del mondo. (cfr Esposizioni sui Ps 143,16, Nuova Biblioteca Agostiniana, XXVIII, Roma 1977, pp. 677).

Saluti:

Saluto in lingua ceca:

Saluto cordialmente i pellegrini di ÿevnice e Bÿeclav. Sull'esempio di San Paolo, della cui conversione facciamo oggi memoria, vi invito a testimoniare con piena coerenza il Vangelo. A tutti imparto la mia benedizione.

Saluto in lingua polacca:

Saluto cordialmente i pellegrini di ÿevnice e Bÿeclav. Sull'esempio di San Paolo, della cui conversione facciamo oggi memoria, vi invito a testimoniare con piena coerenza il Vangelo. A tutti imparto la mia benedizione.

Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Saluto tutti i partecipanti all’odierna udienza provenienti dalla Polonia e dai diversi paesi. Oggi, nella festa della Conversione di San Paolo Apostolo, sarà pubblicata la mia prima Enciclica: „Dio è amore”. La sua lettura rafforzi la vostra fede, vi aiuti ad amare maggiormente Dio e a compiere atti di carità verso il prossimo. Dio vi benedica.

* * *


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. Grazie, grazie a voi tutti, grazie per l’affetto e per la cordialità. In particolare saluto voi, rappresentanti degli allevatori "Margari" di Cuneo, e vi incoraggio a perseverare nel vostro lavoro a contatto con la natura, che può facilitare l’incontro con il Creatore.

Saluto poi voi, Arbitri di calcio della Serie D. Cari amici, alla necessaria preparazione tecnica e sportiva, unite un’adeguata formazione umana e spirituale, che vi renda sempre più persone mature e responsabili.

Il mio pensiero va, infine, a voi giovani, malati e sposi novelli.

Tra i giovani ricordo particolarmente gli studenti del liceo "Leopardi" di S. Benedetto del Tronto, accompagnati dal loro Vescovo Mons. Gervasio Gestori, e gli alunni della scuola Pontificia "Pio IX" di Roma. Sull’esempio dell’Apostolo Paolo, di cui oggi facciamo memoria della conversione, invito tutti a vivere in modo autentico la vocazione cristiana. Il Signore vi benedica tutti.



Aula Paolo VI

Mercoledì, 1° febbraio 2006: Salmo 144, 1-13 Lode alla Maestà divina - Vespri del Venerdì della 4a Settimana

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1. Abbiamo ora fatto diventare nostra preghiera il Salmo 144, una gioiosa lode al Signore che è esaltato come un sovrano amoroso e tenero, preoccupato per tutte le sue creature. La Liturgia ci propone questo inno in due momenti distinti, che corrispondono anche ai due movimenti poetici e spirituali del Salmo stesso. Ora noi ci soffermeremo sulla prima parte, che corrisponde ai vv. 1-13.

Il Salmo è innalzato al Signore invocato e descritto come "re" (cfr
Ps 144,1), una raffigurazione divina che domina altri inni salmici (cfr Ps 46 Ps 92 Ps 95-98). Anzi, il centro spirituale del nostro canto è costituito proprio da una celebrazione intensa e appassionata della regalità divina. In essa si ripete per quattro volte - quasi ad indicare i quattro punti cardinali dell'essere e della storia - la parola ebraica malkut, "regno" (cfr Ps 144,11-13).

Sappiamo che questa simbologia regale, che sarà centrale anche nella predicazione di Cristo, è l'espressione del progetto salvifico di Dio: egli non è indifferente riguardo alla storia umana, anzi ha nei suoi confronti il desiderio di attuare con noi e per noi un disegno di armonia e di pace. A compiere questo piano è convocata anche l'intera umanità, perché aderisca alla volontà salvifica divina, una volontà che si estende a tutti gli "uomini", a "ogni generazione" e a "tutti i secoli". Un'azione universale, che strappa il male dal mondo e vi insedia la "gloria" del Signore, ossia la sua presenza personale efficace e trascendente.

2. Verso questo cuore del Salmo, posto proprio al centro della composizione, si indirizza la lode orante del Salmista, che si fa voce di tutti i fedeli e vorrebbe essere oggi la voce di tutti noi. La preghiera biblica più alta è, infatti, la celebrazione delle opere di salvezza che rivelano l'amore del Signore nei confronti delle sue creature. Si continua in questo Salmo a esaltare "il nome" divino, cioè la sua persona (cfr vv. 1-2), che si manifesta nel suo agire storico: si parla appunto di "opere", "meraviglie", "prodigi", "potenza", "grandezza", "giustizia", "pazienza", "misericordia", "grazia", "bontà" e "tenerezza".

È una sorta di preghiera litanica che proclama l'ingresso di Dio nelle vicende umane per portare tutta la realtà creata a una pienezza salvifica. Noi non siamo in balía di forze oscure, né siamo solitari con la nostra libertà, bensì siamo affidati all'azione del Signore potente e amoroso, che ha nei nostri confronti un disegno, un "regno" da instaurare (cfr v. 11).

3. Questo "regno" non è fatto di potenza e di dominio, di trionfo e di oppressione, come purtroppo spesso accade per i regni terreni, ma è la sede di una manifestazione di pietà, di tenerezza, di bontà, di grazia, di giustizia, come si ribadisce a più riprese nel flusso dei versetti che contengono la lode.

La sintesi di questo ritratto divino è nel v. 8: il Signore è "lento all'ira e ricco di grazia". Sono parole che rievocano l'auto-presentazione che Dio stesso aveva fatto di sé al Sinai, dove aveva detto: "Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di grazia e di fedeltà" (Ex 34,6). Abbiamo qui una preparazione della professione di fede di san Giovanni, l'Apostolo, nei confronti di Dio, dicendoci semplicemente che Egli è amore: "Deus caritas est" (cfr 1Jn 4,8 1Jn 4,16).

4. Oltre che su queste belle parole, che ci mostrano un Dio "lento all'ira, ricco di misericordia", sempre disponibile a perdonare e ad aiutare, la nostra attenzione si fissa anche sul successivo bellissimo versetto 9: "Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature". Una parola da meditare, una parola di consolazione, una certezza che Egli porta alla nostra vita. A tale riguardo, san Pietro Crisologo (380 ca. - 450 ca.) così si esprime nel Secondo discorso sul digiuno: ""Grandi sono le opere del Signore": ma questa grandezza che vediamo nella grandezza della Creazione, questo potere è superato dalla grandezza della misericordia. Infatti, avendo detto il profeta: "Grandi sono le opere di Dio", in un altro passo aggiunse: "La sua misericordia è superiore a tutte le sue opere". La misericordia, fratelli, riempie il cielo, riempie la terra... Ecco perché la grande, generosa, unica, misericordia di Cristo, che riservò ogni giudizio per un solo giorno, assegnò tutto il tempo dell'uomo alla tregua della penitenza... Ecco perché si precipita tutto verso la misericordia il profeta che non aveva fiducia nella propria giustizia: "Abbi pietà di me, o Dio - dice -, per la tua grande misericordia" (Ps 50,3)" (42, 4-5: Sermoni 1-62bis, Scrittori dell'Area Santambrosiana, 1, Milano-Roma 1996, pp. 299 301).

E così diciamo anche noi al Signore: "Abbi pietà di me, o Dio, tu che sei grande nella misericordia".

Saluti:

Saluto in lingua croata:

Saluto e benedico i pellegrini croati, particolarmente i fedeli provenienti da Murter! Carissimi, le vostre case siano luoghi di preghiera affinché in esse abiti la pace di Dio! Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua polacca:

Saluto cordialmente i polacchi qui presenti. Domani festeggiamo la giornata della vita consacrata. Ringraziamo Dio per le vocazioni religiose e chiediamo che sostenga con la grazia le sorelle e i fratelli che hanno scelto la castità, la povertà e l’obbedienza come cammino di santità. Benedico di cuore voi e le vostre famiglie. Sia lodato Gesù Cristo!

* * *


Rivolgo un cordialissimo benvenuto ai pellegrini di lingua italiana, grazie per il vostro entusiasmo, in particolare, ai fedeli provenienti da Collefiorito di Guidonia, accompagnati dal Vescovo di Tivoli Mons. Giovanni Paolo Benotto; a quelli della parrocchia della Risurrezione in Bari; e ai rappresentanti della Comunità Montana dei Monti Azzurrini. Cari amici, vi ringrazio tutti della vostra presenza e vi incoraggio a seguire con fedeltà Gesù e il suo Vangelo, per essere cristiani autentici in famiglia e in ogni altro ambiente.

Saluto poi voi, Dirigenti dell'Amministrazione Penitenziaria Italiana: la vostra presenza mi offre l'opportunità di richiamare i singoli e l'intera società al rispetto delle norme etiche e civili, che stanno alla base dell'umana convivenza.

Mi rivolgo, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Abbiamo celebrato ieri la memoria liturgica di san Giovanni Bosco, sacerdote ed educatore. Guardate a lui, cari giovani, come a un autentico maestro di vita e di santità. Voi, cari ammalati, apprendete dalla sua esperienza spirituale a confidare in ogni circostanza in Cristo crocifisso. E voi, cari sposi novelli, ricorrete alla sua intercessione perché vi aiuti ad assumere con generosità la vostra missione di sposi.




Aula Paolo VI

Mercoledì, 8 febbraio 2006: Salmo 144,14-21 Il tuo regno è un regno eterno - Vespri del Venerdì della 4a Settimana

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1. Sulla scia della Liturgia che lo divide in due parti, ritorniamo sul Salmo 144, un mirabile canto in onore del Signore, re amoroso e attento alle sue creature. Vogliamo ora meditare la seconda sezione in cui il Salmo è stato diviso: sono i vv. 14-21 che riprendono il tema fondamentale del primo movimento dell'inno.

Là si esaltavano la pietà, la tenerezza, la fedeltà e la bontà divina che si estendono a tutta l'umanità, coinvolgendo ogni creatura. Ora il Salmista punta la sua attenzione sull'amore che il Signore riserva in modo particolare al povero e al debole. La regalità divina non è, quindi, distaccata e altezzosa, come a volte può accadere nell'esercizio del potere umano. Dio esprime la sua regalità nel chinarsi sulle creature più fragili e indifese.

2. Infatti Egli è prima di tutto un padre che "sostiene quelli che vacillano" e fa rialzare coloro che sono caduti nella polvere dell'umiliazione (cfr v. 14). Gli esseri viventi sono, in conseguenza, tesi verso il Signore quasi come mendicanti affamati ed Egli offre, come un genitore premuroso, il cibo a loro necessario per vivere (cfr v. 15).

Fiorisce a questo punto sulle labbra dell'orante la professione di fede nelle due qualità divine per eccellenza: la giustizia e la santità. "Giusto è il Signore in tutte le sue vie, santo in tutte le sue opere" (v. 17). In ebraico abbiamo due aggettivi tipici per illustrare l'alleanza che intercorre tra Dio e il suo popolo: saddiq e hasid. Essi esprimono la giustizia che vuole salvare e liberare dal male e la fedeltà che è segno della grandezza amorosa del Signore.

3. Il Salmista si pone dalla parte dei beneficati che vengono definiti con varie espressioni; sono termini che costituiscono, in pratica, una rappresentazione del vero credente. Costui "invoca" il Signore nella preghiera fiduciosa, lo "cerca" nella vita "con cuore sincero" (cfr v. 18), "teme" il suo Dio, rispettandone la volontà e obbedendo alla sua parola (cfr v. 19), ma soprattutto lo "ama", certo di essere accolto sotto il manto della sua protezione e della sua intimità (cfr v. 20).

L'ultima parola del Salmista è, allora, quella con cui aveva aperto il suo inno: è un invito a lodare e a benedire il Signore e il suo "nome", ossia la sua persona vivente e santa che opera e salva nel mondo e nella storia. Anzi, il suo è un appello a far sì che alla lode orante del fedele si associ ogni creatura segnata dal dono della vita: "Ogni vivente benedica il suo nome santo, in eterno e sempre" (v. 21). È una sorta di canto perenne che si deve levare dalla terra al cielo, è la celebrazione comunitaria dell'amore universale di Dio, sorgente di pace, gioia e salvezza.

4. Concludendo la nostra riflessione, torniamo su quel dolce versetto che dice: "Il Signore è vicino a quanti lo invocano, a quanti lo cercano con cuore sincero" (v. 18). Questa frase era particolarmente cara a Barsanufio di Gaza, un asceta morto attorno alla metà del VI secolo, interpellato spesso da monaci, ecclesiastici e laici per la saggezza del suo discernimento.

Così, ad esempio, ad un discepolo che gli esprimeva il desiderio "di ricercare le cause delle diverse tentazioni che l'avevano assalito", Barsanufio rispondeva: "Fratello Giovanni, non temere nulla delle tentazioni che sono sorte contro di te per provarti, perché il Signore non ti lascia in preda ad esse. Dunque, quando ti viene una di queste tentazioni, non affaticarti a scrutare di che cosa si tratta, ma grida il nome di Gesù: "Gesù, aiutami". Ed egli ti ascolterà perché "è vicino a quanti lo invocano". Non scoraggiarti, ma corri con ardore e raggiungerai la meta, in Cristo Gesù Signore nostro" (Barsanufio e Giovanni di Gaza, Epistolario, 39: Collana di Testi Patristici, XCIII, Roma 1991, p. 109).

E queste parole dell'antico Padre valgono anche per noi. Nelle nostre difficoltà, problemi, tentazioni, non dobbiamo fare semplicemente una riflessione teorica - da dove vengono? - ma dobbiamo reagire in positivo: invocare il Signore, tenere il contatto vivo con il Signore. Anzi, dobbiamo gridare il nome di Gesù: "Gesù, aiutami!". E siamo sicuri che Egli ci ascolta, perché è vicino a chi lo cerca. Non scoraggiamoci, ma corriamo con ardore - come dice questo Padre - raggiungeremo anche noi la meta della vita, Gesù, il Signore.

Saluti:

Saluto in lingua croata:

Carissimi pellegrini dalla Croazia, nella vicinanza della memoria liturgica del beato Cardinale Alojzije Stepin?c, che, fedele a Cristo ha testimoniato la verità e ha subito il martirio, vi invito a trovare in lui un esempio di vita cristiana e di amore per la Patria. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua polacca:

Saluto tutti i pellegrini Polacchi. Nell’odierna catechesi dicevo che Dio è un Padre buono che ci conduce attraverso la vita. Il Signore, che è sempre vicino, elargisca con abbondanza i suoi doni a voi, alle vostre famiglie e alle persone a voi care. Vi sollevi nello spirito, vi confermi nella fede e vi benedica. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua ungherese:

Saluto cordialmente i fedeli di lingua ungherese, specialmente gli studenti di catechesi della Scuola Superiore di Teologia a Nyíregyháza. Ben arrivati! Chiedendo la intercessione della Vergine di Pócs, di cuore vi imparto la Benedizione Apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!

* * *


Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana - grazie per il vostro affetto e per la vostra fedeltà. In particolare saluto i fedeli della Diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, accompagnati dal Vescovo Mons. Luigi Martella; quelli della Diocesi di Palestrina, qui convenuti con il loro Pastore Mons. Domenico Sigalini; e quelli della Diocesi di Novara. Cari amici, auguro che la sosta presso le tombe degli Apostoli rinsaldi la vostra adesione a Cristo e faccia crescere la carità nelle vostre famiglie e nelle vostre comunità.

Saluto poi voi, cari Vescovi partecipanti all'incontro internazionale promosso dalla Comunità di sant'Egidio, ed auspico che questi giorni di riflessione e di preghiera siano fruttuosi per il ministero che siete chiamati a svolgere nelle vostre Diocesi.

Il mio pensiero va infine ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Celebriamo oggi la memoria liturgica di san Girolamo Emiliani, Fondatore dei Somaschi, e di santa Giuseppina Bakhita, una santa particolarmente amabile. Il coraggio di questi testimoni fedeli di Cristo aiuti voi, cari giovani, ad aprire il cuore all’eroismo della santità nell’esistenza di ogni giorno. Sostenga voi, cari malati, nel perseverare con pazienza ad offrire la vostra preghiera e la vostra sofferenza per tutta la Chiesa. E dia a voi, cari sposi novelli, il coraggio di rendere le vostre famiglie comunità di amore, improntate ai valori cristiani.

Non possiamo non ricordare quest'oggi don Andrea Santoro, - grazie, grazie per questo applauso - sacerdote Fidei donum della diocesi di Roma, ucciso in Turchia la scorsa domenica, mentre era in chiesa raccolto in preghiera. Proprio ieri sera mi è giunta una sua bella lettera, scritta il 31 gennaio scorso insieme alla piccola comunità cristiana della parrocchia Sancta Maria in Trebisonda. Ho letto ieri sera con profonda commozione questa lettera, che è uno specchio della sua anima sacerdotale, del suo amore per Cristo e per gli uomini, del suo impegno proprio per i piccoli, nel segno del Salmo che abbiamo ascoltato. Sarà pubblicata su "L'Osservatore Romano" questa lettera, testimonianza di amore e di adesione a Cristo e alla sua Chiesa. A questa lettera ha unito un messaggio di donne della sua parrocchia, che mi invitano ad andare lì. E nella lettera di queste donne si rispecchia anche lo zelo, la fede e l'amore, che erano vivi nel cuore di Don Andrea Santoro. Il Signore accolga l'anima di questo silenzioso e coraggioso servitore del Vangelo e faccia sì che il sacrificio della sua vita contribuisca alla causa del dialogo fra le religioni e della pace tra i popoli.


Aula Paolo VI

Mercoledì, 15 febbraio 2006: Magnificat - Cantico della Beata Vergine

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Prima della catechesi, il Santo Padre Benedetto XVI incontra gruppi di studenti italiani e i partecipanti al pellegrinaggio promosso dalla Famiglia religiosa "Frères de Saint-Jean" nella Basilica Vaticana:

Cari fratelli e sorelle,

Saluto con affetto tutti voi, cari studenti provenienti da varie parti d'Italia. In particolare, saluto gli alunni e gli insegnanti delle Scuole di Ostia Lido, dell'Istituto Sacro Cuore di Caserta e dell'Istituto Santa Dorotea di Roma.

Cari amici, avrete certo saputo che è stata pubblicata di recente la mia prima enciclica dal titolo "Deus caritas est", nella quale ho voluto ricordare che è l'amore di Dio la sorgente e il motivo della nostra vera gioia. Invito ciascuno di voi a comprendere e accogliere sempre più questo Amore che cambia la vita e vi rende testimoni credibili del Vangelo. Diventerete così autentici amici di Gesù e suoi fedeli apostoli.

Soprattutto alle persone più deboli e bisognose dobbiamo far sentire la tenerezza del Cuore di Dio e non dimenticate che ognuno di noi, diffondendo la carità divina, contribuisce a costruire un mondo più giusto e solidale.

Chers frères et soeurs,

Je suis heureux d'accueillir ce matin les membres et les proches de la Congrégation Saint-Jean, à l'occasion de son trentième anniversaire, accompagnés des Prieurs généraux et du Père Marie-Dominique Philippe. Que votre pèlerinage soit un temps de renouveau, prenant soin de vérifier ce qui a été vécu pour en tirer tous les enseignements et pour opérer un discernement toujours plus profond des vocations qui se présentent et des missions auxquelles vous êtes appelés, dans une collaboration confiante avec les pasteurs des Eglises locales. Que le Seigneur vous fasse grandir en sainteté, avec l'aide de Marie et du disciple bien-aimé!

Concludiamo questo nostro incontro recitando la preghiera del Padre Nostro.

***


Magnificat - Cantico della Beata Vergine

1. Siamo giunti ormai all'approdo finale del lungo itinerario cominciato proprio cinque anni fa, nella primavera del 2001, dal mio amato Predecessore, l'indimenticabile Papa Giovanni Paolo II. Il grande Papa aveva voluto percorrere nelle sue catechesi l'intera sequenza dei Salmi e dei Cantici che costituiscono il tessuto orante fondamentale della Liturgia delle Lodi e dei Vespri. Pervenuti ormai alla fine di questo pellegrinaggio testuale, simile a un viaggio nel giardino fiorito della lode, dell'invocazione, della preghiera e della contemplazione, lasciamo ora spazio a quel Cantico che idealmente suggella ogni celebrazione dei Vespri, il Magnificat (
Lc 1,46-55).

È un canto che rivela in filigrana la spiritualità degli anawim biblici, ossia di quei fedeli che si riconoscevano "poveri" non solo nel distacco da ogni idolatria della ricchezza e del potere, ma anche nell'umiltà profonda del cuore, spoglio dalla tentazione dell'orgoglio, aperto all'irruzione della grazia divina salvatrice. Tutto il Magnificat, che abbiamo sentito adesso dalla Cappella Sistina, è, infatti, marcato da questa "umiltà", in greco tapeinosis, che indica una situazione di concreta umiltà e povertà.

2. Il primo movimento del cantico mariano (cfr Lc 1,46-50) è una sorta di voce solista che si leva verso il cielo per raggiungere il Signore. Sentiamo proprio la voce della Madonna che parla così del suo Salvatore, che ha fatto grandi cose nella sua anima e nel suo corpo. Si noti, infatti, il risuonare costante della prima persona: "L'anima mia... il mio spirito... mio salvatore... mi chiameranno beata... grandi cose ha fatto in me...". L'anima della preghiera è, quindi, la celebrazione della grazia divina che ha fatto irruzione nel cuore e nell'esistenza di Maria, rendendola la Madre del Signore.

L'intima struttura del suo canto orante è, allora, la lode, il ringraziamento, la gioia riconoscente. Ma questa testimonianza personale non è solitaria e intimistica, puramente individualistica, perché la Vergine Madre è consapevole di avere una missione da compiere per l'umanità e la sua vicenda si inserisce all'interno della storia della salvezza. E così può dire: "Di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono" (v. 50). La Madonna con questa lode del Signore dà voce a tutte le creature redente che nel suo "Fiat", e così nella figura di Gesù nato dalla Vergine, trovano la misericordia di Dio.

3. È a questo punto che si svolge il secondo movimento poetico e spirituale del Magnificat (cfr vv. 51-55). Esso ha una tonalità più corale, quasi che alla voce di Maria si associ quella dell'intera comunità dei fedeli che celebrano le scelte sorprendenti di Dio. Nell'originale greco del Vangelo di Luca abbiamo sette verbi all'aoristo, che indicano altrettante azioni che il Signore compie in modo permanente nella storia: "Ha spiegato la potenza... ha disperso i superbi... ha rovesciato i potenti... ha innalzato gli umili... ha ricolmato di beni gli affamati... ha rimandato i ricchi... ha soccorso Israele".

In questo settenario di opere divine è evidente lo "stile" a cui il Signore della storia ispira il suo comportamento: egli si schiera dalla parte degli ultimi. Il suo è un progetto che è spesso nascosto sotto il terreno opaco delle vicende umane, che vedono trionfare "i superbi, i potenti e i ricchi". Eppure la sua forza segreta è destinata alla fine a svelarsi, per mostrare chi sono i veri prediletti di Dio: "Coloro che lo temono", fedeli alla sua parola; "gli umili, gli affamati, Israele suo servo", ossia la comunità del popolo di Dio che, come Maria, è costituita da coloro che sono "poveri", puri e semplici di cuore. È quel "piccolo gregge" che è invitato a non temere perché al Padre è piaciuto dare ad esso il suo regno (cfr Lc 12,32). E così questo canto ci invita ad associarci a questo piccolo gregge, ad essere realmente membri del Popolo di Dio nella purezza e nella semplicità del cuore, nell'amore di Dio.

4. Raccogliamo, allora, l'invito che nel suo commento al testo del Magnificat ci rivolge sant'Ambrogio, dice il grande Dottore della Chiesa: "Sia in ciascuno l'anima di Maria a magnificare il Signore, sia in ciascuno lo spirito di Maria a esultare in Dio; se, secondo la carne, una sola è la madre di Cristo, secondo la fede tutte le anime generano Cristo; ognuna infatti accoglie in sé il Verbo di Dio... L'anima di Maria magnifica il Signore, e il suo spirito esulta in Dio, perché, consacrata con l'anima e con lo spirito al Padre e al Figlio, essa adora con devoto affetto un solo Dio, dal quale tutto proviene, e un solo Signore, in virtù del quale esistono tutte le cose" (Esposizione del Vangelo secondo Lc 2,26-27, SAEMO, XI, Milano-Roma 1978, p. 169).

In questo meraviglioso commento del Magnificat di sant'Ambrogio mi tocca sempre particolarmente la parola sorprendente: "Se, secondo la carne, una sola è la madre di Cristo, secondo la fede tutte le anime generano Cristo; ognuna infatti accoglie in sé il Verbo di Dio". Così il santo Dottore, interpretando le parole della Madonna stessa, ci invita a far sì che nella nostra anima e nella nostra vita il Signore trovi una dimora. Non dobbiamo solo portarlo nel cuore, ma dobbiamo portarlo al mondo, cosicché anche noi possiamo generare Cristo per i nostri tempi. Preghiamo il Signore perché ci aiuti a magnificarlo con lo spirito e l'anima di Maria e a portare di nuovo Cristo al nostro mondo.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Saluto i polacchi qui presenti. Oggi abbiamo concluso le meditazioni sui Salmi e sui Cantici della Liturgia delle Ore. Con il Magnificat di Maria ringraziamo Dio per questo dono dello Spirito Santo, un tesoro della fede e della Divina saggezza. Invito tutti a servirsi di queste ispirate preghiere. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovena:

Saluto voi, cari fedeli provenienti dalla Parrocchia di Bloke in Slovenia! Il vostro pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, vi sia di forte incoraggiamento per una vita cristiana esemplare. Vi accompagni la mia Benedizione!

* * *


Cari fratelli e sorelle,

Do ora un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. Rivolgo anzitutto un affettuoso pensiero al Maestro Mons. Giuseppe Liberto e ai cantori della Cappella Sistina, oggi presente a conclusione del ciclo di catechesi di commento ai Salmi e ai cantici che compongono la Liturgia delle Ore. Ci hanno cantato in modo meraviglioso il Magnificat. Cari amici, desidero esprimere il mio grato apprezzamento per il servizio che prestate nelle celebrazioni liturgiche presiedute dal Successore di Pietro; vi sono specialmente riconoscente per aver animato con il canto le Udienze Generali. Grazie di tutto.

Saluto poi voi, cari Vescovi partecipanti al 30° convegno promosso dal Movimento dei Focolari, e vi incoraggio ad approfondire sempre più l'autentica spiritualità di comunione che deve contraddistinguere il ministero presbiterale ed episcopale.

Saluto inoltre voi, che prendete parte al Capitolo generale degli Oblati di S. Giuseppe e auguro a voi e alla vostra Famiglia religiosa di continuare con generosità il servizio che rendete a Cristo e alla Chiesa, seguendo fedelmente le orme del fondatore San Giuseppe Marello.

Saluto infine i malati e gli sposi novelli. Ieri abbiamo celebrato la festa dei Santi Cirillo e Metodio apostoli e primi diffusori della fede tra i popoli Slavi. La loro testimonianza vi aiuti ad essere anche voi apostoli del Vangelo, fermento di autentico rinnovamento nella vita personale, familiare e sociale.


Aula Paolo VI

Mercoledì, 22 febbraio 2006: Meditazione sul tema: "La Cattedra di Pietro, dono di Cristo alla sua Chiesa"

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Incontro con gli studenti italiani e gruppi di pellegrini nella Basilica Vaticana:

Cari amici,

desidero rivolgere un cordiale benvenuto a tutti voi presenti in Basilica, la cui abside oggi è particolarmente ornata e illuminata in occasione della festa della Cattedra dell'apostolo Pietro. In particolare, saluto voi, cari studenti e docenti del Collegio S. Francesco di Lodi, che commemorate il quarto centenario della vostra scuola, fondata dai Padri Barnabiti; come pure voi, cari alunni e professori dell'Istituto Maria Immacolata di Roma.

L'odierna festa, invitandoci a guardare alla Cattedra di San Pietro, ci stimola a nutrire la vita personale e comunitaria di quella fede fondata sulla testimonianza di Pietro e degli altri Apostoli. Imitando il loro esempio, anche voi, cari amici, potrete essere testimoni di Cristo nella Chiesa e nel mondo.

Concludiamo questo incontro recitando insieme la preghiera del Signore: il Padre nostro.

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Cari fratelli e sorelle!

La Liturgia latina celebra oggi la festa della Cattedra di San Pietro. Si tratta di una tradizione molto antica, attestata a Roma fin dal secolo IV, con la quale si rende grazie a Dio per la missione affidata all'apostolo Pietro e ai suoi successori. La "cattedra", letteralmente, è il seggio fisso del Vescovo, posto nella chiesa madre di una Diocesi, che per questo viene detta "cattedrale", ed è il simbolo dell'autorità del Vescovo e, in particolare, del suo "magistero", cioè dell'insegnamento evangelico che egli, in quanto successore degli Apostoli, è chiamato a custodire e trasmettere alla Comunità cristiana. Quando il Vescovo prende possesso della Chiesa particolare che gli è stata affidata, egli, portando la mitra e il bastone pastorale, si siede sulla cattedra. Da quella sede guiderà, quale maestro e pastore, il cammino dei fedeli, nella fede, nella speranza e nella carità.

Quale fu, dunque, la "cattedra" di san Pietro? Egli, scelto da Cristo come "roccia" su cui edificare la Chiesa (cfr
Mt 16,18), iniziò il suo ministero a Gerusalemme, dopo l'Ascensione del Signore e la Pentecoste. La prima "sede" della Chiesa fu il Cenacolo, ed è probabile che in quella sala, dove anche Maria, la Madre di Gesù, pregò insieme ai discepoli, un posto speciale fosse riservato a Simon Pietro. Successivamente, la sede di Pietro divenne Antiochia, città situata sul fiume Oronte, in Siria, oggi in Turchia, a quei tempi terza metropoli dell'impero romano dopo Roma e Alessandria d'Egitto. Di quella città, evangelizzata da Barnaba e Paolo, dove "per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani" (Ac 11,26), dove quindi è nato il nome cristiani per noi, Pietro fu il primo vescovo, tanto che il Martirologio Romano, prima della riforma del calendario, prevedeva anche una specifica celebrazione della Cattedra di Pietro ad Antiochia. Da lì, la Provvidenza condusse Pietro a Roma. Quindi abbiamo il cammino da Gerusalemme, Chiesa nascente, ad Antiochia, primo centro della Chiesa raccolta dai pagani e ancora unita con la Chiesa proveniente dagli Ebrei. Poi Pietro si recò a Roma, centro dell'Impero, simbolo dell'"Orbis" - l'"Urbs" che esprime l'"Orbis" la terra - dove concluse con il martirio la sua corsa al servizio del Vangelo. Per questo la sede di Roma, che aveva ricevuto il maggior onore, raccolse anche l'onere affidato da Cristo a Pietro di essere al servizio di tutte le Chiese particolari per l'edificazione e l'unità dell'intero Popolo di Dio.

La sede di Roma, dopo queste migrazioni di San Pietro, venne così riconosciuta come quella del successore di Pietro, e la "cattedra" del suo Vescovo rappresentò quella dell'Apostolo incaricato da Cristo di pascere tutto il suo gregge. Lo attestano i più antichi Padri della Chiesa, come ad esempio sant'Ireneo, Vescovo di Lione, ma che veniva dall'Asia Minore, il quale, nel suo trattato Contro le eresie, descrive la Chiesa di Roma come "più grande e più antica, conosciuta da tutti; ... fondata e costituita a Roma dai due gloriosissimi apostoli Pietro e Paolo"; e aggiunge: "Con questa Chiesa, per la sua esimia superiorità, deve accordarsi la Chiesa universale, cioè i fedeli che sono ovunque" (III, 3, 2-3). Tertulliano, poco più tardi, da parte sua, afferma: "Questa Chiesa di Roma, quanto è beata! Furono gli Apostoli stessi a versare a lei, col loro sangue, la dottrina tutta quanta" (La prescrizione degli eretici, 36). La cattedra del Vescovo di Roma rappresenta, pertanto, non solo il suo servizio alla comunità romana, ma la sua missione di guida dell'intero Popolo di Dio.

Celebrare la "Cattedra" di Pietro, come facciamo oggi, significa, perciò, attribuire ad essa un forte significato spirituale e riconoscervi un segno privilegiato dell'amore di Dio, Pastore buono ed eterno, che vuole radunare l'intera sua Chiesa e guidarla sulla via della salvezza. Tra le tante testimonianze dei Padri, mi piace riportare quella di san Girolamo, tratta da una sua lettera scritta al Vescovo di Roma, particolarmente interessante perché fa esplicito riferimento proprio alla "cattedra" di Pietro, presentandola come sicuro approdo di verità e di pace. Così scrive Girolamo: "Ho deciso di consultare la cattedra di Pietro, dove si trova quella fede che la bocca di un Apostolo ha esaltato; vengo ora a chiedere un nutrimento per la mia anima lì, dove un tempo ricevetti il vestito di Cristo. Io non seguo altro primato se non quello di Cristo; per questo mi metto in comunione con la tua beatitudine, cioè con la cattedra di Pietro. So che su questa pietra è edificata la Chiesa" (Le lettere I, 15, 1-2).

Cari fratelli e sorelle, nell'abside della Basilica di san Pietro, come sapete, si trova il monumento alla Cattedra dell'Apostolo, opera matura del Bernini, realizzata in forma di grande trono bronzeo, sorretto dalle statue di quattro Dottori della Chiesa, due d'occidente, sant'Agostino e sant'Ambrogio, e due d'oriente, san Giovanni Crisostomo e sant'Atanasio. Vi invito a sostare di fronte a tale opera suggestiva, che oggi è possibile ammirare decorata da tante candele, e pregare in modo particolare per il ministero che Iddio mi ha affidato. Alzando lo sguardo alla vetrata di alabastro che si apre proprio sopra la Cattedra, invocate lo Spirito Santo, affinché sostenga sempre con la sua luce e la sua forza il mio quotidiano servizio a tutta la Chiesa. Di questo, come della vostra devota attenzione, vi ringrazio di cuore.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Saluto cordialmente tutti i pellegrini Polacchi. In questa particolare festa vi chiedo di pregare secondo le mie intenzioni. Chiedete che lo Spirito Santo mi sostenga sempre con la sua luce e con la sua potenza nella guida della Chiesa e specialmente nella sollecitudine per l’unità del popolo di Dio. Il Signore ve lo conceda! E Dio vi benedica.

Saluto in lingua ceca:

Un cordiale benvenuto ai pellegrini del Ginnasio cristiano, di Praga. Possa questo vostro pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo accrescere in voi il desiderio di perfezione spirituale. Con questi voti, volentieri vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovacca:

Con affetto do un benvenuto ai pellegrini dalla Slovacchia, particolarmente alle Suore del Divin Redentore, che celebrano venticinquesimo anniversario della loro professione religiosa. Cari fratelli e sorelle, ringrazio per le vostre preghiere e volentieri benedico voi ed i vostri cari. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua latina:

Facultatis Litterarum Christianarum et Classicarum placet salutare participes, qui huc advenerunt pontificia summi momenti documenta Veterum Sapientia necnon Studia Latinitatis commemoraturi. Iure meritoque Decessores Nostri permagni duxerunt Romani sermonis cognitionem, ut uberrimam doctrinam penitus adipisci possint qui in humanis ecclesiasticisque disciplinis versantur. Eosdem ideo incitamus ad studiose operam dandam, ut quam plurimi ad hunc thesaurum accedant eiusdemque percipiant praestantiam.

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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i Chierici Regolari di Somasca e li esorto a servire con sempre attenta generosità Cristo e la Chiesa secondo il carisma che li contraddistingue. Saluto poi i rappresentanti dell'Associazione Interparlamentare "Cultori dell'Etica", ringraziandoli per il loro impegno teso a sottolineare l'importanza dei valori cristiani che sono a fondamento d'una società realmente rispettosa dei diritti inalienabili dell'uomo. Saluto inoltre gli esponenti dell'Associazione Alfa Victor di Massa Carrara, accompagnati dal Vescovo Mons. Eugenio Binini, e quelli del Serra Club, di Montepulciano.

Il mio pensiero va, infine, ai malati e agli sposi novelli. Voi, cari malati, offrite al Signore i vostri momenti di prova perché si aprano le porte dei cuori all'annuncio del Vangelo. E voi, cari sposi novelli, siate sempre testimoni dell'amore di Cristo, che vi ha chiamati a realizzare un comune progetto di vita.

Concludiamo questo nostro incontro, cantando il Pater noster.
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La festa della Cattedra di San Pietro è giorno particolarmente appropriato per annunciare che il prossimo 24 marzo terrò un Concistoro, nel quale nominerò i nuovi Membri del Collegio cardinalizio. Questo annuncio si colloca opportunamente nella festa della Cattedra, perché i Cardinali hanno il compito di sostenere ed aiutare il Successore di Pietro nell'adempimento dell'ufficio apostolico che gli è stato affidato a servizio della Chiesa. Non a caso, negli antichi documenti ecclesiastici, i Papi qualificavano il Collegio cardinalizio come "pars corporis nostri" (cfr F.X. Wernz, Ius Decretalium, II, n.459). I Cardinali infatti costituiscono intorno al Papa una sorta di Senato, di cui egli si avvale nel disimpegno dei compiti connessi col suo ministero di "principio e fondamento perpetuo e visibile dell'unità della fede e della comunione" (cfr Lumen gentium LG 18).

Con la creazione dei nuovi Porporati, pertanto, intendo integrare il numero di 120 Membri Elettori del Collegio cardinalizio, fissato dal Papa Paolo VI di venerata memoria (cfr AAS 65, 1973, p.163). Ecco i nomi dei nuovi Cardinali:

1. Mons. WILLIAM JOSEPH LEVADA, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede;
2. Mons. FRANC RODÉ, C.M., Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica;
3. Mons. AGOSTINO VALLINI, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica;
4. Mons. JORGE LIBERATO UROSA SAVINO, Arcivescovo di Caracas;
5. Mons. GAUDENCIO B. ROSALES, Arcivescovo di Manila;
6. Mons. JEAN-PIERRE RICARD, Arcivescovo di Bordeaux;
7. Mons. ANTONIO CAÑIZARES LLOVERA, Arcivescovo di Toledo;
8. Mons. NICOLAS CHEONG-JIN-SUK, Arcivescovo di Seoul;
9. Mons. SEAN PATRICK O'MALLEY, O.F.M. Cap., Arcivescovo di Boston;
10. Mons. STANISLAW DZIWISZ, Arcivescovo di Cracovia;
11. Mons. CARLO CAFFARRA, Arcivescovo di Bologna;
12. Mons. JOSEPH ZEN ZE-KIUN, S.D.B., Vescovo di Hong Kong.


Ho deciso inoltre di elevare alla dignità cardinalizia tre ecclesiastici di età superiore agli ottant'anni, in considerazione dei servizi da essi resi alla Chiesa con esemplare fedeltà ed ammirevole dedizione.
Essi sono:

1. Mons. ANDREA CORDERO LANZA DI MONTEZEMOLO, Arciprete della Basilica di S. Paolo fuori le Mura;
2. Mons. PETER POREKU DERY, Arcivescovo emerito di Tamale (Ghana);
3. P. ALBERT VANHOYE, S.I., il quale fu benemerito Rettore del Pontificio Istituto Biblico e Segretario della Pontificia Commissione Biblica. Un grande esegeta.

Nella schiera dei nuovi Porporati ben si rispecchia l'universalità della Chiesa: provengono infatti da varie parti del mondo e rivestono mansioni diverse nel servizio al Popolo di Dio. Per essi vi invito ad elevare a Dio una particolare preghiera al Signore, affinché conceda loro le grazie necessarie per svolgere con generosità la loro missione.

Come ho detto all'inizio, il prossimo 24 marzo terrò l'annunciato Concistoro e il giorno successivo, 25 marzo, Solennità dell'Annunciazione del Signore, avrò la gioia di presiedere una solenne Concelebrazione con i nuovi Cardinali. Per detta circostanza inviterò pure tutti i Membri del Collegio cardinalizio, con i quali ho in animo di avere anche una riunione di riflessione e di preghiera il giorno precedente, 23 marzo.

Concludiamo ora con il canto del Pater noster.




Piazza San Pietro

Mercoledì delle Ceneri, 1° marzo 2006: Meditazione sul significato del tempo quaresimale


Catechesi 2005-2013 25016