Catechesi 2005-2013 24056

Mercoledì, 24 maggio 2006: Pietro, l’apostolo

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Cari fratelli e sorelle,

in queste catechesi stiamo meditando sulla Chiesa. Abbiamo detto che la Chiesa vive nelle persone e perciò, nell’ultima catechesi, abbiamo cominciato a meditare sulle figure dei singoli Apostoli, iniziando da san Pietro. Abbiamo visto due tappe decisive della sua vita: la chiamata presso il lago di Galilea e poi la confessione di fede: “Tu sei il Cristo, il Messia”. Una confessione, abbiamo detto, ancora insufficiente, iniziale e tuttavia aperta. San Pietro si pone in un cammino di sequela. E così questa confessione iniziale porta in sé, come in germe, già la futura fede della Chiesa. Oggi vogliamo considerare altri due avvenimenti importanti nella vita di san Pietro: la moltiplicazione dei pani – abbiamo sentito nel brano ora letto la domanda del Signore e la risposta di Pietro – e poi il Signore che chiama Pietro ad essere pastore della Chiesa universale.

Cominciamo con la vicenda della moltiplicazione dei pani. Voi sapete che il popolo aveva ascoltato il Signore per ore. Alla fine Gesù dice: Sono stanchi, hanno fame, dobbiamo dare da mangiare a questa gente. Gli Apostoli domandano: Ma come? E Andrea, il fratello di Pietro, attira l’attenzione di Gesù su di un ragazzo che portava con sé cinque pani e due pesci. Ma che sono per tante persone, si chiedono gli Apostoli. Ma il Signore fa sedere la gente e distribuire questi cinque pani e due pesci. E tutti si saziano. Anzi, il Signore incarica gli Apostoli, e tra loro Pietro, di raccogliere gli abbondanti avanzi: dodici canestri di pane (cfr
Jn 6,12-13). Successivamente la gente, vedendo questo miracolo – che sembra essere il rinnovamento, così atteso, di una nuova “manna”, del dono del pane dal cielo – vuole farne il proprio re. Ma Gesù non accetta e si ritira sulla montagna a pregare tutto solo. Il giorno dopo, Gesù sull’altra riva del lago, nella sinagoga di Cafarnao, interpretò il miracolo – non nel senso di una regalità su Israele con un potere di questo mondo nel modo sperato dalla folla, ma nel senso del dono di sé: “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Jn 6,51). Gesù annuncia la croce e con la croce la vera moltiplicazione dei pani, il pane eucaristico – il suo modo assolutamente nuovo di essere re, un modo totalmente contrario alle aspettative della gente.

Noi possiamo capire che queste parole del Maestro – che non vuol compiere ogni giorno una moltiplicazione dei pani, che non vuol offrire ad Israele un potere di questo mondo - risultassero veramente difficili, anzi inaccettabili, per la gente. “Dà la sua carne”: che cosa vuol dire questo? E anche per i discepoli appare inaccettabile quanto Gesù dice in questo momento. Era ed è per il nostro cuore, per la nostra mentalità, un discorso “duro” che mette alla prova la fede (cfr Jn 6,60). Molti dei discepoli si tirarono indietro. Volevano uno che rinnovasse realmente lo Stato di Israele, del suo popolo, e non uno che diceva: “Io do la mia carne”. Possiamo immaginare che le parole di Gesù fossero difficili anche per Pietro, che a Cesarea di Filippo si era opposto alla profezia della croce. E tuttavia quando Gesù chiese ai Dodici: “Volete andarvene anche voi?”, Pietro reagì con lo slancio del suo cuore generoso, guidato dallo Spirito Santo. A nome di tutti rispose con parole immortali, che sono anche le nostre parole: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (cfr Jn 6,66-69).

Qui, come a Cesarea, con le sue parole Pietro inizia la confessione della fede cristologica della Chiesa e diventa la bocca anche degli altri Apostoli e di noi credenti di tutti i tempi. Ciò non vuol dire che avesse già capito il mistero di Cristo in tutta la sua profondità. La sua era ancora una fede iniziale, una fede in cammino; sarebbe arrivato alla vera pienezza solo mediante l’esperienza degli avvenimenti pasquali. Ma tuttavia era già fede, aperta alla realtà più grande – aperta soprattutto perché non era fede in qualcosa, era fede in Qualcuno: in Lui, Cristo. Così anche la nostra fede è sempre una fede iniziale e dobbiamo compiere ancora un grande cammino. Ma è essenziale che sia una fede aperta e che ci lasciamo guidare da Gesù, perché Egli non soltanto conosce la Via, ma è la Via.

La generosità irruente di Pietro non lo salvaguarda, tuttavia, dai rischi connessi con l’umana debolezza. E’ quanto, del resto, anche noi possiamo riconoscere sulla base della nostra vita. Pietro ha seguito Gesù con slancio, ha superato la prova della fede, abbandonandosi a Lui. Viene tuttavia il momento in cui anche lui cede alla paura e cade: tradisce il Maestro (cfr Mc 14,66-72). La scuola della fede non è una marcia trionfale, ma un cammino cosparso di sofferenze e di amore, di prove e di fedeltà da rinnovare ogni giorno. Pietro che aveva promesso fedeltà assoluta, conosce l’amarezza e l’umiliazione del rinnegamento: lo spavaldo apprende a sue spese l’umiltà. Anche Pietro deve imparare a essere debole e bisognoso di perdono. Quando finalmente gli cade la maschera e capisce la verità del suo cuore debole di peccatore credente, scoppia in un liberatorio pianto di pentimento. Dopo questo pianto egli è ormai pronto per la sua missione.

In un mattino di primavera questa missione gli sarà affidata da Gesù risorto. L’incontro avverrà sulle sponde del lago di Tiberiade. E’ l’evangelista Giovanni a riferirci il dialogo che in quella circostanza ha luogo tra Gesù e Pietro. Vi si rileva un gioco di verbi molto significativo. In greco il verbo “filéo” esprime l’amore di amicizia, tenero ma non totalizzante, mentre il verbo “agapáo” significa l’amore senza riserve, totale ed incondizionato. Gesù domanda a Pietro la prima volta: «Simone... mi ami tu (agapâs-me)” con questo amore totale e incondizionato (cfr Jn 21,15)? Prima dell’esperienza del tradimento l’Apostolo avrebbe certamente detto: “Ti amo (agapô-se)incondizionatamente”. Ora che ha conosciuto l’amara tristezza dell’infedeltà, il dramma della propria debolezza, dice con umiltà: “Signore, ti voglio bene (filô-se)”, cioè “ti amo del mio povero amore umano”. Il Cristo insiste: “Simone, mi ami tu con questo amore totale che io voglio?”. E Pietro ripete la risposta del suo umile amore umano: “Kyrie, filô-se”, “Signore, ti voglio bene come so voler bene”. Alla terza volta Gesù dice a Simone soltanto: “Fileîs-me?”, “mi vuoi bene?”. Simone comprende che a Gesù basta il suo povero amore, l’unico di cui è capace, e tuttavia è rattristato che il Signore gli abbia dovuto dire così. Gli risponde perciò: “Signore, tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene (filô-se)”. Verrebbe da dire che Gesù si è adeguato a Pietro, piuttosto che Pietro a Gesù! E’ proprio questo adeguamento divino a dare speranza al discepolo, che ha conosciuto la sofferenza dell’infedeltà. Da qui nasce la fiducia che lo rende capace della sequela fino alla fine: «Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: “Seguimi”» (Jn 21,19).

Da quel giorno Pietro ha “seguito” il Maestro con la precisa consapevolezza della propria fragilità; ma questa consapevolezza non l’ha scoraggiato. Egli sapeva infatti di poter contare sulla presenza accanto a sé del Risorto. Dagli ingenui entusiasmi dell’adesione iniziale, passando attraverso l’esperienza dolorosa del rinnegamento ed il pianto della conversione, Pietro è giunto ad affidarsi a quel Gesù che si è adattato alla sua povera capacità d’amore. E mostra così anche a noi la via, nonostante tutta la nostra debolezza. Sappiamo che Gesù si adegua a questa nostra debolezza. Noi lo seguiamo, con la nostra povera capacità di amore e sappiamo che Gesù è buono e ci accetta. E’ stato per Pietro un lungo cammino che lo ha reso un testimone affidabile, “pietra” della Chiesa, perché costantemente aperto all’azione dello Spirito di Gesù. Pietro stesso si qualificherà come “testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi” (1P 5,1). Quando scriverà queste parole sarà ormai anziano, avviato verso la conclusione della sua vita che sigillerà con il martirio. Sarà in grado, allora, di descrivere la gioia vera e di indicare dove essa può essere attinta: la sorgente è Cristo creduto e amato con la nostra debole ma sincera fede, nonostante la nostra fragilità. Perciò scriverà ai cristiani della sua comunità, e lo dice anche a noi: “Voi lo amate, pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre conseguite la meta della vostra fede, cioè la salvezza delle anime” (1P 1,8-9).

Saluti:

Saluto in lingua ceca:

Un cordiale benvenuto ai pellegrini provenienti da Hlucín na Morave. Oggi celebriamo la memoria di Maria Ausiliatrice. A Lei affido il mio viaggio in Polonia. Accompagnatemi anche voi con le vostre preghiere. Volentieri vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua croata:

Saluto i fedeli di Split e della Missione Cattolica Croata di Düsseldorf! Carissimi, nella solennità dell’Ascensione ricordiamoci che in verità siamo i pellegrini sulla via verso la Patria Celeste dove il Signore è andato a preparaci un posto. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua polacca:

Cari pellegrini polacchi, ricordiamo oggi san Pietro Apostolo, il testimone della passione e della risurrezione di Gesù Cristo. Nello spirito della sua testimonianza, mi recherò domani in pellegrinaggio nella vostra Patria. Vorrei infondere in tutti questa certezza: “Rimanete forti nella fede” (1Co 16,13). Questo è un messaggio importante per tutta la Chiesa. Vi chiedo un aiuto nella preghiera. Sia lodato Gesù Cristo.

Saluto in lingua slovacco:

Con affetto do il benvenuto ai pellegrini provenienti da Spišské Podhradie. Fratelli e sorelle, la Chiesa oggi fa memoria della Maria, Ausiliatrice del popolo cristiano. Sull’esempio di S. Giovanni Apostolo anche voi prendete Maria nelle vostre case e fateLe spazio nella vostra esistenza quotidiana. Volentieri vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua ungherese:


Con affetto saluto i fedeli ungheresi venuti da Markaz. In questo mese mariano vi affido alla Madonna, Madre della chiesa. Ella vi accompagni in questo vostro pellegrinaggio. Di cuore imparto a tutti voi e alle vostre famiglie la Benedizione Apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!

* * *


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto voi, cari fedeli dell’Arcidicoesi di Bari-Bitonto, guidati dal vostro pastore Mons. Francesco Cacucci, e qui venuti a ricambiare la visita che ho avuto la gioia di farvi il 29 maggio dell’anno scorso, in occasione del Congresso Eucaristico Nazionale. Vi rinnovo la mia gratitudine per l’affetto con cui mi avete accolto nella vostra terra, ed auspico che quell’importante evento ecclesiale continui a segnare le vostre comunità, producendo numerosi frutti di bene.

Saluto inoltre voi, cari fedeli di Mondovì, accompagnati dal vostro Vescovo Mons. Luciano Pacomio, e vi assicuro un ricordo speciale nella preghiera perché possiate vivere e testimoniare quotidianamente il Vangelo della carità. Sono lieto di salutare, altresì, voi, cari sacerdoti dei Pontifici Collegi San Paolo apostolo e Urbano de Propaganda fide, che avete terminato gli studi nelle diverse Università Pontificie e state per ritornare nei vostri rispettivi Paesi. Esorto ciascuno di voi a vivere sempre con fedeltà il vostro ministero pastorale, facendo tesoro della formazione spirituale e teologica che avete ricevuto in questi anni a Roma.

Mi rivolgo, infine, a voi cari giovani, cari ammalati e cari sposi novelli. Oggi il pensiero va spontaneamente a Maria Santissima, che invochiamo con il titolo di “Ausiliatrice”. Sia Lei la stella luminosa del nostro cammino cristiano, e sia Lei ad ispirarci e sostenerci in ogni nostro momento, nel quotidiano pellegrinaggio verso la Patria eterna.

* * *


Domani mi recherò in Polonia, patria dell’amato Papa Giovanni Paolo II; ripercorrerò i luoghi della sua vita e del suo ministero sacerdotale ed episcopale. Ringrazio il Signore per l’opportunità che mi offre di realizzare un desiderio che da tempo portavo nel cuore.

Cari fratelli e sorelle, vi invito ad accompagnarmi con la preghiera in questo Viaggio apostolico, che mi accingo a compiere con grande speranza e che affido alla Vergine Santa, tanto venerata in Polonia. Sia Lei a guidare i miei passi perché possa confermare nella fede la diletta comunità cattolica polacca e incoraggiarla ad affrontare, con una incisiva azione evangelizzatrice, le sfide del momento presente. Sia Maria a ottenere per quell’intera Nazione una rinnovata primavera di fede e di civile progresso, conservando sempre viva la memoria del grande mio Predecessore.




Piazza San Pietro

Mercoledì, 31 maggio 2006: Viaggio apostolico in Polonia

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Cari fratelli e sorelle,

desidero quest’oggi ripercorrere, insieme con voi, le tappe del viaggio apostolico che ho potuto compiere nei giorni scorsi in Polonia. Ringrazio l’Episcopato polacco, in particolare gli Arcivescovi Metropoliti di Varsavia e di Cracovia, per lo zelo e la cura con cui hanno preparato questa visita. Rinnovo l’espressione della mia riconoscenza al Presidente della Repubblica e alle diverse Autorità del Paese, come pure a tutti coloro che hanno cooperato alla riuscita di questo evento. Soprattutto voglio dire un grande “grazie” ai cattolici e all’intero popolo polacco, che ho sentito stringersi a me in un abbraccio ricco di calore umano e spirituale. E molti di voi lo hanno visto in televisione. Esso era una vera espressione della cattolicità, dell’amore alla Chiesa, che si esprime nell’amore per il Successore di Pietro.

Dopo l’arrivo all’aeroporto di Varsavia, è stata la Cattedrale di questa importante metropoli il luogo del mio primo appuntamento riservato ai sacerdoti nel giorno stesso in cui ricorreva il 50° di Ordinazione presbiterale del Cardinale Józef Glemp, Pastore di quella Arcidiocesi. Così il mio pellegrinaggio è iniziato nel segno del sacerdozio ed è poi proseguito con una testimonianza di sollecitudine ecumenica, resa nella chiesa luterana della Santissima Trinità. Nell’occasione, unito con i rappresentanti delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali che vivono in Polonia, ho ribadito il fermo proposito di considerare l’impegno per la ricostituzione della piena e visibile unità tra i cristiani una vera priorità del mio ministero. Vi è stata poi la solenne Eucaristia in Piazza Pilsudski, gremita di gente, nel centro di Varsavia. Questo luogo, dove abbiamo celebrato solennemente e con gioia l’Eucaristia, ha acquistato ormai un valore simbolico, avendo ospitato eventi storici come le Sante Messe celebrate da Giovanni Paolo II e quella per i funerali del Cardinale Primate Stefan Wyszynski, nonché alcune affollatissime celebrazioni di suffragio nei giorni dopo la morte del mio venerato Predecessore.

Nel programma non poteva mancare la visita ai Santuari che hanno segnato la vita del sacerdote e vescovo Karol Wojtyla; soprattutto tre: quelli di Czestochowa, di Kalwaria Zebrzidowska e della Divina Misericordia. Non potrò dimenticare la sosta nel celebre Santuario mariano di Jasna Góra. Su quel Chiaro Monte, cuore della Nazione polacca, come in un ideale cenacolo, numerosissimi fedeli e specialmente religiosi, religiose, seminaristi e rappresentanti dei Movimenti ecclesiali si sono raccolti attorno al Successore di Pietro per mettersi, insieme con me, in ascolto di Maria. Traendo spunto dalla stupenda meditazione mariana che Giovanni Paolo II ha donato alla Chiesa nell’Enciclica Redemptoris Mater, ho voluto riproporre la fede come atteggiamento fondamentale dello spirito - che non è una cosa solo intellettuale o sentimentale -, la fede vera coinvolge l’intera persona: pensieri, affetti, intenzioni, relazioni, corporeità, attività, lavoro quotidiano. Alla Vergine Addolorata, visitando poi il meraviglioso Santuario di Kalwaria Zebrzydowska poco distante da Cracovia, ho chiesto di sostenere la fede della Comunità ecclesiale nei momenti di difficoltà e di prova; la successiva tappa nel Santuario della Divina Misericordia, a Lagiewniki, mi ha dato modo di sottolineare che solo la Divina Misericordia illumina il mistero dell’uomo. Nel convento vicino a questo Santuario, contemplando le piaghe luminose di Cristo risorto, Suor Faustina Kowalska ricevette un messaggio di fiducia per l’umanità, il messaggio della Misericordia Divina, di cui Giovanni Paolo II si è fatto eco ed interprete, e che è realmente un messaggio centrale proprio per il nostro tempo: la Misericordia come forza di Dio, come limite divino contro il male del mondo.

Altri simbolici “santuari” ho voluto visitare: mi riferisco a Wadowice, località diventata famosa perché là Karol Wojtyla è nato ed è stato battezzato. Visitarla mi ha offerto l’opportunità di ringraziare il Signore per il dono di questo infaticabile servitore del Vangelo. Le radici della sua fede robusta, della sua umanità così sensibile e aperta, del suo amore per la bellezza e la verità, della sua devozione alla Madonna, del suo amore per la Chiesa e soprattutto della sua vocazione alla santità sono in questa cittadina dove egli ha ricevuto la prima educazione e formazione. Altro luogo caro a Giovanni Paolo II è la Cattedrale di Wawel, a Cracovia, luogo simbolo per la Nazione polacca: nella cripta di quella Cattedrale Karol Wojtyla celebrò la sua Prima Messa.

Un’altra bellissima esperienza è stata l’incontro con i giovani, che ha avuto luogo a Cracovia, nel grande Parco di Blonie. Ai giovani venuti in grande numero ho consegnato simbolicamente la “Fiamma della misericordia”, perché siano nel mondo araldi dell’Amore e della Misericordia divina. Con loro ho meditato sulla parola evangelica della casa costruita sulla roccia (cfr
Mt 7,24-27), letta anche oggi, all’inizio di questa udienza. Sulla Parola di Dio mi sono soffermato a riflettere anche domenica mattina, solennità dell’Ascensione, nel corso della Celebrazione conclusiva della mia visita. E’ stato un incontro liturgico animato da una straordinaria partecipazione di fedeli, nello stesso Parco in cui la sera prima si era svolto l’appuntamento con i giovani. Ho colto l’occasione per rinnovare in mezzo al popolo polacco l’annuncio stupendo della verità cristiana sull’uomo, creato e redento in Cristo; quella verità che tante volte Giovanni Paolo II ha proclamato con vigore per spronare tutti ad essere forti nella fede, nella speranza e nell’amore. Rimanete saldi nella fede! E’ questa la consegna che ho lasciato ai figli dell’amata Polonia, incoraggiandoli a perseverare nella fedeltà a Cristo e alla Chiesa, perché non manchi all’Europa e al mondo l’apporto della loro testimonianza evangelica. Tutti i cristiani devono sentirsi impegnati a rendere questa testimonianza, per evitare che l’umanità del terzo millennio possa conoscere ancora orrori simili a quelli tragicamente evocati dal campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau.

Proprio in quel luogo tristemente noto in tutto il mondo ho voluto sostare prima di far ritorno a Roma. Nel campo di Auschwitz-Birkenau, come in altri simili campi, Hitler fece sterminare oltre sei milioni di ebrei. Ad Auschwitz-Birkenau morirono anche circa 150.000 polacchi e decine di migliaia di uomini e donne di altre nazionalità. Di fronte all’orrore di Auschwitz non c’è altra risposta che la Croce di Cristo: l’Amore sceso fino in fondo all’abisso del male, per salvare l’uomo alla radice, dove la sua libertà può ribellarsi a Dio. Non dimentichi l’odierna umanità Auschwitz e le altre “fabbriche di morte” nelle quali il regime nazista ha tentato di eliminare Dio per prendere il suo posto! Non ceda alla tentazione dell’odio razziale, che è all’origine delle peggiori forme di antisemitismo! Tornino gli uomini a riconoscere che Dio è Padre di tutti e tutti ci chiama in Cristo a costruire insieme un mondo di giustizia, di verità e di pace! Questo vogliamo chiedere al Signore per intercessione di Maria che quest’oggi, concludendo il mese di maggio, contempliamo solerte e amorevole nel visitare la sua anziana parente Elisabetta.

Saluti:

Saluto in lingua lituana:

Rivolgo il mio cordiale benvenuto ai pellegrini provenienti dalla Lituania! Il Signore, che prepara i nostri cuori ai doni dello Spirito Santo, vi custodisca saldi nella fede che vince ogni timore e spinge all’amore operoso. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua polacca:

Saluto i polacchi qui presenti. Con gratitudine porto nel cuore emozioni che mi hanno accompagnato durante la visita nella Polonia. Davvero questo è stato il tempo del reciproco consolidamento nella fede, il tempo della testimonianza e dell’entusiasmo cristiano, il tempo di grazia. Ringrazio Dio per questo. Sono grato alle Autorità, all’Episcopato, alla Chiesa in Polonia e a tutti i polacchi per l’invito e così calorosa accoglienza. Saluto i giovani che ho incontrato a Cracovia, e coloro che già la decima volta si radunano a Lednica. Affido tutti a Maria, la Regina della Polonia e benedico di cuore.

Saluto in lingua slovacco:

Con affetto do un benvenuto ai pellegrini provenienti da Bratislava e dintorni. Cari fratelli e sorelle, da poco tempo ho concluso il mio viaggio Apostolico in Polonia. Vi ringrazio per le vostre preghiere con le quali mi avete accompagnato durante questa visita e volentieri benedico voi ed i vostri cari in Patria. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua sloveno:

Rivolgo Rivolgo un cordiale saluto a voi, pellegrini della Slovenia, specialmente ai membri della Fondazione "La colomba bianca". Nel vostro impegno per la giustizia e la pace vi accompagni la mia Benedizione!

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Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto voi cari fedeli della diocesi di Trivento, accompagnati dal vostro Pastore Mons. Angelo Scotti. Vi invito a testimoniare dappertutto la fede cristiana, risposta piena e autentica alle speranze e alle attese profonde dell'uomo e della società. Saluto, inoltre, le Suore di Nostra Signora della Mercede che celebrano il Capitolo generale, i consiglieri ecclesiastici della Confederazione Coltivatori Diretti, i partecipanti al Tour Michelangelo, promosso dalla Diocesi di Pisa e i soci del Serra Club di Roma. Esorto tutti voi, cari amici, ad un generoso impegno di testimonianza evangelica e di fraterna solidarietà.

Rivolgo, infine, un affettuoso pensiero ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Cari fratelli e sorelle, nell’odierna festa della Visitazione della Beata Vergine la Chiesa ricorda Maria che si reca dall'anziana parente Elisabetta per renderle servizio. Diviene così per noi esempio e modello di premura verso chi è nel bisogno. Cari giovani, imparate da Maria a crescere nella fedele adesione a Cristo e nell'amore servizievole verso i fratelli. La Vergine Santa aiuti voi, cari malati, a fare della vostra sofferenza un'offerta al Padre celeste, in unione a Cristo crocifisso. Sorretti dalla materna intercessione della Madonna, voi, cari sposi novelli, lasciatevi sempre guidare dal Vangelo nella vostra vita coniugale.

***


APPELLO


Il mio pensiero va ora alla cara Nazione di Timor Est, in questi giorni in preda a tensioni e violenze, che hanno provocato vittime e distruzioni. Mentre incoraggio la Chiesa locale e le organizzazioni cattoliche a continuare, insieme alle altre organizzazioni internazionali, nell’impegno di assistenza agli sfollati, vi invito a pregare la Vergine Santa affinchè sostenga con la Sua materna protezione gli sforzi di quanti stanno contribuendo alla pacificazione degli animi e al ritorno alla normalità.




Piazza San Pietro

Mercoledì, 7 giugno 2006: Pietro, la roccia su cui Cristo ha fondato la Chiesa

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Cari fratelli e sorelle,

riprendiamo le catechesi settimanali che abbiamo iniziato in questa primavera. Nell’ultima di quindici giorni fa, avevo parlato di Pietro come del primo degli Apostoli; vogliamo oggi tornare ancora una volta su questa grande e importante figura della Chiesa. L'evangelista Giovanni, raccontando del primo incontro di Gesù con Simone, fratello di Andrea, registra un fatto singolare: Gesù, "fissando lo sguardo su di lui, disse: Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Kefa (che vuol dire Pietro)" (
Jn 1,42). Gesù non era solito cambiare il nome ai suoi discepoli. Se si eccettua l'appellativo di "figli del tuono", rivolto in una precisa circostanza ai figli di Zebedeo (cfr Mc 3,17) e non più usato in seguito, Egli non ha mai attribuito un nuovo nome ad un suo discepolo. Lo ha fatto invece con Simone, chiamandolo Kefa, nome che fu poi tradotto in greco Petros, in latino Petrus. E fu tradotto proprio perché non era solo un nome; era un “mandato” che Petrus riceveva in quel modo dal Signore. Il nuovo nome Petrus ritornerà più volte nei Vangeli e finirà per soppiantare il nome originario Simone.

Il dato acquista particolare rilievo se si tiene conto che, nell'Antico Testamento, il cambiamento del nome preludeva in genere all'affidamento di una missione (cfr Gn 17,5 Gn 32,28 ss. ecc). Di fatto, la volontà di Cristo di attribuire a Pietro uno speciale rilievo all'interno del Collegio apostolico risulta da numerosi indizi: a Cafarnao il Maestro va ad alloggiare nella casa di Pietro (Mc 1,29); quando la folla gli si accalca intorno sulla riva del lago di Genesaret, tra le due barche lì ormeggiate, Gesù sceglie quella di Simone (Lc 5,3); quando in circostanze particolari Gesù si fa accompagnare da tre discepoli soltanto, Pietro è sempre ricordato come primo del gruppo: così nella risurrezione della figlia di Giairo (cfr Mc 5,37 Lc 8,51), nella Trasfigurazione (cfr Mc 9,2 Mt 17,1 Lc 9,28), e infine durante l'agonia nell'Orto del Getsemani (cfr Mc 14,33 Mt 16,37). E ancora: a Pietro si rivolgono gli esattori della tassa per il Tempio ed il Maestro paga per sé e per lui soltanto (cfr Mt 17,24-27); a Pietro per primo Egli lava i piedi nell'ultima Cena (cfr Jn 13,6) ed è per lui soltanto che prega affinché non venga meno nella fede e possa confermare poi in essa gli altri discepoli (cfr Lc 22,30-31).

Pietro stesso è, del resto, consapevole di questa sua posizione particolare: è lui che spesso, a nome anche degli altri, parla chiedendo la spiegazione di una parabola difficile (Mt 15,15), o il senso esatto di un precetto (Mt 18,21) o la promessa formale di una ricompensa (Mt 19,27). In particolare, è lui che risolve l'imbarazzo di certe situazioni intervenendo a nome di tutti. Così quando Gesù, addolorato per l'incomprensione della folla dopo il discorso sul "pane di vita", domanda: "Volete andarvene anche voi?", la risposta di Pietro è perentoria: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (cfr Jn 6,67-69). Ugualmente decisa è la professione di fede che, ancora a nome dei Dodici, egli fa nei pressi di Cesarea di Filippo. A Gesù che chiede: "Voi chi dite che io sia?", Pietro risponde: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,15-16). Di rimando Gesù pronuncia allora la dichiarazione solenne che definisce, una volta per tutte, il ruolo di Pietro nella Chiesa: "E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa... A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli" (Mt 16,18-19). Le tre metafore a cui Gesù ricorre sono in se stesse molto chiare: Pietro sarà il fondamento roccioso su cui poggerà l'edificio della Chiesa; egli avrà le chiavi del Regno dei cieli per aprire o chiudere a chi gli sembrerà giusto; infine, egli potrà legare o sciogliere nel senso che potrà stabilire o proibire ciò che riterrà necessario per la vita della Chiesa, che è e resta di Cristo. E’ sempre Chiesa di Cristo e non di Pietro. E' così descritto con immagini di plastica evidenza quello che la riflessione successiva qualificherà con il termine di "primato di giurisdizione".

Questa posizione di preminenza che Gesù ha inteso conferire a Pietro si riscontra anche dopo la risurrezione: Gesù incarica le donne di portarne l'annunzio a Pietro, distintamente dagli altri Apostoli (cfr Mc 16,7); da lui e da Giovanni corre la Maddalena per informare della pietra ribaltata dall'ingresso del sepolcro (cfr Jn 20,2) e Giovanni cederà a lui il passo quando i due arriveranno davanti alla tomba vuota (cfr Jn 20,4-6); sarà poi Pietro, tra gli Apostoli, il primo testimone di un'apparizione del Risorto (cfr Lc 24,34 1Co 15,5). Questo suo ruolo, sottolineato con decisione (cfr Jn 20,3-10), segna la continuità fra la preminenza avuta nel gruppo apostolico e la preminenza che continuerà ad avere nella comunità nata con gli eventi pasquali, come attesta il Libro degli Atti (cfr Ac 1,15-26 Ac 2,14-40 Ac 3,12-26 Ac 4,8-12 Ac 5,1-11 Ac 5,29 Ac 8,14-17 Ac 10; ecc.). Il suo comportamento è considerato così decisivo, da essere al centro di osservazioni ed anche di critiche (cfr Ac 11,1-18 Ga 2,11-14). Al cosiddetto Concilio di Gerusalemme Pietro svolge una funzione direttiva (cfr Ac 15 e Ga 2,1-10), e proprio per questo suo essere il testimone della fede autentica Paolo stesso riconoscerà in lui una certa qualità di “primo” (cfr 1Co 15,5 Ga 1,18 Ga 2,7s.; ecc). Il fatto, poi, che diversi dei testi chiave riferiti a Pietro possano essere ricondotti al contesto dell'Ultima Cena, in cui Cristo conferisce a Pietro il ministero di confermare i fratelli (cfr Lc 22,31 s.), mostra come la Chiesa che nasce dal memoriale pasquale celebrato nell'Eucaristia abbia nel ministero affidato a Pietro uno dei suoi elementi costitutivi.

Questa contestualizzazione del Primato di Pietro nell’Ultima Cena, nel momento istitutivo dell’Eucaristia, Pasqua del Signore, indica anche il senso ultimo di questo Primato: Pietro, per tutti i tempi, dev’essere il custode della comunione con Cristo; deve guidare alla comunione con Cristo; deve preoccuparsi che la rete non si rompa e possa così perdurare la comunione universale. Solo insieme possiamo essere con Cristo, che è il Signore di tutti. Responsabilità di Pietro è di garantire così la comunione con Cristo con la carità di Cristo, guidando alla realizzazione di questa carità nella vita di ogni giorno. Preghiamo che il Primato di Pietro, affidato a povere persone umane, possa sempre essere esercitato in questo senso originario voluto dal Signore e possa così essere sempre più riconosciuto nel suo vero significato dai fratelli ancora non in piena comunione con noi.

Saluti:

Saluto in lingua croata:

Di cuore saluto i pellegrini di Zagabria. Carissimi, gli apostoli, battezzati con lo Spirito Santo, hanno testimoniato la meravigliosa potenza della fede nel Risorto. Ripieni e rinnovati dallo stesso Spirito, siamo chiamati ad essere annunciatori credibili della vita nuova in Cristo. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua polacca:

Saluto cordialmente i pellegrini Polacchi qui presenti. Esprimo viva gioia per il fatto che in Polonia, in questo mese di giugno, continuate a tenere ferma la tradizione della devozione al Sacro Cuore. Questo Cuore è il simbolo dell’amore di Gesù al Padre, ma anche dell’amore per ciascuno di noi. La vostra preghiera sia una offerta a Cristo in riparazione per le colpe e i peccati degli uomini e ottenga la conversione dei cuori e la pace nel mondo. Sia lodato Gesù Cristo.

Saluto in lingua slovacco:

Di cuore saluto i pellegrini provenienti da Nitra, Pobedim, Štúrovo, Kostolná e Bánovce nad Bebravou. Fratelli e sorelle, domenica scorsa abbiamo celebrato la Solennità della Pentecoste. Preghiamo Dio che mandi i doni del suo Spirito perché possiamo divenire testimoni corraggiosi della nostra fede. Volentieri vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!

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Rivolgo il mio cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i fedeli della diocesi di Mantova, accompagnati dal loro pastore Mons. Egidio Caporello. Cari amici, attingete costantemente dall’Eucarestia la forza per essere testimoni del Vangelo della carità, seguendo l’esempio e l’intercessione del vostro patrono Sant’Anselmo da Baggio. Saluto voi, rappresentanti della Famiglia Monfortana e vi incoraggio a proseguire con generosità la vostra missione a servizio del Regno. Un pensiero particolare rivolgo a voi, care Suore Francescane dell’Immacolata, che celebrate in questi giorni il vostro Capitolo generale, e vi esorto ad essere sempre più segni eloquenti dell’amore di Dio e strumenti della sua pace. Un pensiero affettuoso indirizzo alle famiglie pugliesi provate dalla sciagura aerea, avvenuta il mese di agosto dello scorso anno al largo di Palermo, ed esorto tutti a perseverare nelle iniziative di aiuto reciproco e di condivisione della fede.

Saluto, infine, i giovani, i malati e gli sposi novelli presenti. Nel vivo ricordo della Pentecoste, che abbiamo celebrato domenica scorsa, vi esorto, cari giovani, ad invocare costantemente lo Spirito Santo, che vi renderà intrepidi testimoni di Cristo. Lo Spirito Consolatore aiuti voi, cari malati, ad accogliere con fede il mistero del dolore e a offrirlo per la salvezza di tutti gli uomini, e conceda a voi, cari sposi novelli, di costruire la vostra famiglia sul solido fondamento del Vangelo.




Piazza San Pietro

Mercoledì, 14 giugno 2006: Andrea, il Protoclito


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