Catechesi 2005-2013

Mercoledì, 27 aprile 2005: Ragioni della scelta del nome Benedetto

27045 Carissimi Fratelli e Sorelle!

Sono lieto di accogliervi e rivolgo un cordiale saluto a quanti siete qui presenti, come pure a coloro che ci seguono mediante la radio e la televisione. Come ho già espresso nel primo incontro con i Signori Cardinali, proprio mercoledì della settimana scorsa nella Cappella Sistina, sperimento nell’animo sentimenti tra loro contrastanti in questi giorni d’inizio del mio ministero petrino: stupore e gratitudine nei confronti di Dio che ha sorpreso innanzitutto me stesso, chiamandomi a succedere all’apostolo Pietro; interiore trepidazione dinanzi alla grandezza del compito e delle responsabilità che mi sono state affidate. Mi dà però serenità e gioia la certezza dell’aiuto di Dio, della sua Madre Santissima, la Vergine Maria, e dei santi Protettori; mi è di sostegno anche la vicinanza spirituale dell’intero Popolo di Dio al quale, come domenica scorsa ho avuto modo di ripetere, continuo a chiedere di accompagnarmi con insistente preghiera.

Dopo la pia dipartita del mio venerato predecessore Giovanni Paolo II, riprendono quest’oggi le tradizionali Udienze generali del mercoledì. Ritorniamo così nella normalità. In questo primo incontro vorrei anzitutto soffermarmi sul nome che ho scelto divenendo Vescovo di Roma e Pastore universale della Chiesa. Ho voluto chiamarmi Benedetto XVI per riallacciarmi idealmente al venerato Pontefice Benedetto XV, che ha guidato la Chiesa in un periodo travagliato a causa del primo conflitto mondiale. Fu coraggioso e autentico profeta di pace e si adoperò con strenuo coraggio dapprima per evitare il dramma della guerra e poi per limitarne le conseguenze nefaste. Sulle sue orme desidero porre il mio ministero a servizio della riconciliazione e dell’armonia tra gli uomini e i popoli, profondamente convinto che il grande bene della pace è innanzitutto dono di Dio, dono purtroppo fragile e prezioso da invocare, tutelare e costruire giorno dopo giorno con l’apporto di tutti.

Il nome Benedetto evoca, inoltre, la straordinaria figura del grande “Patriarca del monachesimo occidentale”, san Benedetto da Norcia, compatrono d’Europa insieme ai santi Cirillo e Metodio e le sante donne Brigida di Svezia, Caterina da Siena ed Edith Stein. La progressiva espansione dell’Ordine benedettino da lui fondato ha esercitato un influsso enorme nella diffusione del cristianesimo in tutto il Continente. San Benedetto è perciò molto venerato anche in Germania e, in particolare, nella Baviera, la mia terra d’origine; costituisce un fondamentale punto di riferimento per l’unità dell’Europa e un forte richiamo alle irrinunciabili radici cristiane della sua cultura e della sua civiltà.

Di questo Padre del Monachesimo occidentale conosciamo la raccomandazione lasciata ai monaci nella sua Regola: “Nulla assolutamente antepongano a Cristo” (Regola
RB 72,11; cfr RB 4,21). All’inizio del mio servizio come Successore di Pietro chiedo a san Benedetto di aiutarci a tenere ferma la centralità di Cristo nella nostra esistenza. Egli sia sempre al primo posto nei nostri pensieri e in ogni nostra attività!

Ritorna con affetto il mio pensiero al venerato predecessore Giovanni Paolo II , al quale siamo debitori di una straordinaria eredità spirituale. “Le nostre comunità cristiane – ha scritto nella Lettera Apostolica Novo millennio ineunte – devono diventare autentiche scuole di preghiera, dove l’incontro con Cristo non si esprima soltanto in implorazione di aiuto, ma anche in rendimento di grazie, lode, adorazione, contemplazione, ascolto, ardore di affetti, fino ad un vero invaghimento del cuore - così il Papa Giovanni Paolo II” (n. 33). Queste indicazioni ha cercato di porre in atto egli stesso dedicando le catechesi del mercoledì degli ultimi tempi al commento dei Salmi delle Lodi e dei Vespri. Come egli fece all’inizio del suo pontificato, quando volle proseguire le riflessioni avviate dal suo Predecessore sulle virtù cristiane (cfr Insegnamenti di Giovanni Paolo II, I [1978], pp 60-63), così anch’io intendo riproporre nei prossimi appuntamenti settimanali il commento da lui preparato sulla seconda parte dei Salmi e Cantici che compongono i Vespri. Con il prossimo mercoledì quindi riprenderò proprio da dove si erano interrotte le sue catechesi, nell’Udienza generale del 26 gennaio scorso.

Cari Amici, grazie di nuovo per la vostra visita, grazie per l’affetto di cui mi circondate. Sono sentimenti che ricambio cordialmente con una speciale benedizione, che imparto a voi qui presenti, ai vostri familiari e a tutte le persone care.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Saluto i pellegrini di lingua polacca. Vi ringrazio per la bontà e per le preghiere. Vi benedico di cuore.

***


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli dell’Arcidiocesi di Spoleto-Norcia, accompagnati dal loro pastore Mons. Riccardo Fontana, i Seminaristi di Bergamo, e gli studenti del Liceo "Cairoli" di Vigevano. Tutti invito a continuare nell’impegno di adesione a Cristo, testimoniando il Vangelo in ogni ambito della società.

Il mio pensiero si rivolge, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Il Signore risorto riempia del suo amore il cuore di ciascuno di voi, cari giovani, perché siate pronti a seguirlo con entusiasmo; sostenga voi, cari malati, perché accettiate con serenità il peso della sofferenza, e guidi voi, cari sposi novelli, perché facciate crescere la vostra famiglia nella santità.

Concludiamo il nostro incontro, cantando la preghiera del Padre Nostro.



Mercoledì, 4 maggio 2005: Salmo 120 Il custode di Israele - Vespri - Venerdì 2a settimana

40505

1. Come ho già preannunciato mercoledì scorso, ho deciso di riprendere nelle catechesi il commento ai Salmi e Cantici che compongono i Vespri, utilizzando i testi predisposti dal mio predecessore Giovanni Paolo II.

Il Salmo 120 che oggi meditiamo fa parte della raccolta dei «cantici delle ascensioni», ossia del pellegrinaggio verso l’incontro col Signore nel tempio di Sion. È un Salmo di fiducia poiché in esso risuona per sei volte il verbo ebraico shamar, «custodire, proteggere». Dio, il cui nome è invocato ripetutamente, emerge come il «custode» sempre sveglio, attento e premuroso, la «sentinella» che veglia sul suo popolo per tutelarlo da ogni rischio e pericolo.

Il canto si apre con uno sguardo dell’orante rivolto verso l’alto, «verso i monti», cioè i colli su cui si leva Gerusalemme: di lassù viene l’aiuto, perché lassù abita il Signore nel suo tempio santo (cfr vv. 1-2). Tuttavia i «monti» possono evocare anche i luoghi ove sorgono i santuari idolatrici, le cosiddette «alture», spesso condannate dall’Antico Testamento (cfr
1R 3,2 2R 18,4). In questo caso ci sarebbe un contrasto: mentre il pellegrino avanza verso Sion, i suoi occhi cadono sui templi pagani, che costituiscono una grande tentazione per lui. Ma la sua fede è inconcussa e la sua certezza è una sola: «Il mio aiuto viene dal Signore, che ha fatto cielo e terra» (Ps 120,2).

2. Questa fiducia è illustrata nel Salmo attraverso l’immagine del custode e della sentinella, che vigilano e proteggono. Si allude anche al piede che non vacilla (cfr v. 3) nel cammino della vita e forse al pastore che nella sosta notturna veglia sul suo gregge senza addormentarsi né prendere sonno (cfr v. 4). Il pastore divino non conosce riposo nell’opera di tutela del suo popolo.

Subentra, poi, un altro simbolo, quello dell’«ombra», che suppone la ripresa del viaggio durante il giorno assolato (cfr v. 5). Il pensiero corre alla storica marcia nel deserto del Sinai, ove il Signore cammina alla testa di Israele di «giorno con una colonna di nube, per guidarli sulla via da percorrere» (Ex 13,21). Nel Salterio non di rado si prega così: «Proteggimi all’ombra delle tue ali...» (Ps 16,8 cfr Ps 90,1).

3. Dopo la veglia e l’ombra, ecco il terzo simbolo, quello del Signore che «sta alla destra» del suo fedele (cfr Ps 120,5). È questa la posizione del difensore sia militare che processuale: è la certezza di non essere abbandonati nel tempo della prova, dell’assalto del male, della persecuzione. A questo punto il Salmista ritorna all’idea del viaggio durante un giorno caldo nel quale Dio ci protegge dal sole incandescente.

Ma al giorno succede la notte. Nell’antichità si riteneva che anche i raggi lunari fossero nocivi, causa di febbre, o di cecità, o persino di follia; perciò il Signore ci protegge anche nella notte (cfr v. 6).

Ormai il Salmo giunge alla fine con una dichiarazione sintetica di fiducia: Dio ci custodirà con amore in ogni istante, tutelando la nostra vita da ogni male (cfr v. 7). Ogni nostra attività, riassunta nei due verbi estremi dell’«uscire» e dell’«entrare», è sempre sotto lo sguardo vigile del Signore. Lo è ogni nostro atto e tutto il nostro tempo, «da ora e per sempre» (v. 8).

4. Vogliamo ora commentare quest’ultima dichiarazione di fiducia con una testimonianza spirituale dell’antica tradizione cristiana. Infatti, nell’Epistolario di Barsanufio di Gaza (morto verso la metà del VI secolo), un asceta di grande fama, interpellato da monaci, ecclesiastici e laici per la saggezza del suo discernimento, troviamo richiamato più volte il versetto del Salmo: «Il Signore ti proteggerà da ogni male, egli proteggerà la tua vita». Con esso egli voleva dare conforto a quanti gli manifestavano le proprie fatiche, le prove della vita, i pericoli, le disgrazie.

Una volta Barsanufio, richiesto da un monaco di pregare per lui e per i suoi compagni, così rispose, includendo nel suo augurio la citazione di questo versetto: «Figli miei diletti, vi abbraccio nel Signore, supplicandolo di proteggervi da ogni male e di darvi sopportazione come a Giobbe, grazia come a Giuseppe, mitezza come a Mosè e il valore nei combattimenti come a Giosuè figlio di Nun, la padronanza dei pensieri come ai giudici, l’assoggettamento dei nemici come ai re Davide e Salomone, la fertilità della terra come agli Israeliti... Vi accordi la remissione dei vostri peccati con la guarigione del corpo come al paralitico. Vi salvi dai flutti come Pietro e vi strappi dalla tribolazione come Paolo e gli altri apostoli. Vi protegga da ogni male, come suoi veri figli e vi accordi ciò che il vostro cuore chiede, per il vantaggio dell’anima e del corpo nel suo nome. Amen» (Barsanufio e Giovanni di Gaza, Epistolario, 194: Collana di Testi Patristici, XCIII, Roma 1991, pp. 235-236).

Saluti:

Saluto in lingua croata:

Cari Professori e Studenti dell'Università di Zadar, vi saluto tutti di cuore e vi benedico.
Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua ceca:

Saluto cordialmente i pellegrini cechi provenienti dalla Boemia Meridionale. Su tutti invoco la protezione della Vergine Maria.

Saluto in lingua slovacca:

Saluto con affetto i pellegrini slovacchi provenienti da Bratislava.
Fratelli e sorelle, volentieri vi benedico.
Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua ungherese ai pellegrini ungheresi provenienti da Nyíregyháza

Saluto cordialmente i fedeli ungheresi provenienti da Nyíregyháza. Chiedo a voi la benedizione del Signore e la protezione della Vergine Maria.

Saluto in lingua lituana:

Saluto i pellegrini dalla Lituania! Carissimi, Dio rinnovi la vostra speranza e conceda a tutti la grazia di crescere nel Suo amore. Con affetto benedico voi e le vostre famiglie.

Saluto in lingua polacca:

Saluto i polacchi qui presenti. Vi affido a Maria, Regina della Polonia. Di cuore vi benedico tutti.

***


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i Preti del Sacro Cuore di Gesù di Betharram e le Piccole Suore Missionarie della Carità di S. Luigi Orione, che stanno celebrando i loro rispettivi Capitoli Generali. Cari fratelli e sorelle, siate sempre fedeli allo spirito dei vostri Fondatori, per essere coraggiosi testimoni del Vangelo in questo nostro tempo.

Saluto inoltre i Seminaristi del Seminario Regionale Pugliese “Pio XI”: cari amici, mentre vi assicuro la mia vicinanza spirituale, prego lo Spirito del Risorto perché vi aiuti a discernere la chiamata di Dio.

Desidero poi rivolgermi, come di consueto, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli.

In questo mese di maggio dedicato in modo speciale alla Madre del Signore, invito voi, cari giovani, a porvi alla scuola di Maria per imparare ad amare e seguire Cristo sopra ogni cosa. La Madonna aiuti voi, cari ammalati, a guardare con fede al mistero del dolore e a cogliere il valore salvifico di ogni croce. Affido voi, cari sposi novelli, alla materna protezione della Vergine Santa, perché possiate vivere nella vostra famiglia il clima di preghiera e di amore della casa di Nazareth.




Mercoledì, 11 maggio 2005: Cantico cfr Ap 15,3-4 Inno di adorazione e di lode - Vespri - Venerdì 2asettimana

11055


1. Breve e solenne, incisivo e grandioso nella sua tonalità, è il Cantico che ora abbiamo fatto nostro elevandolo come inno di lode al «Signore Dio onnipotente» (
Ap 15,3). È uno dei tanti testi oranti incastonati nell’Apocalisse, libro di giudizio, di salvezza e soprattutto di speranza.

La storia, infatti, non è in mano a potenze oscure, al caso o alle sole scelte umane. Sullo scatenarsi di energie malvagie, sull’irrompere veemente di Satana, sull’emergere di tanti flagelli e mali, si eleva il Signore, arbitro supremo della vicenda storica. Egli la conduce sapientemente verso l’alba dei nuovi cieli e della nuova terra, cantati nella parte finale del libro sotto l’immagine della nuova Gerusalemme (cfr Ap 21-22).

A intonare il Cantico che ora mediteremo sono i giusti della storia, i vincitori della Bestia satanica, coloro che attraverso l’apparente sconfitta del martirio sono in realtà i costruttori del mondo nuovo, con Dio artefice supremo.

2. Essi iniziano esaltando le «opere grandi e mirabili» e le «vie giuste e veraci» del Signore (cfr v. 3). Il linguaggio è quello caratteristico dell’esodo di Israele dalla schiavitù egiziana. Il primo cantico di Mosè - pronunciato dopo il passaggio del mar Rosso - celebra il Signore «tremendo nelle imprese, operatore di prodigi» (Ex 15,11). Il secondo cantico - riferito dal Deuteronomio al termine della vita del grande legislatore - ribadisce che «perfetta è l’opera sua; tutte le sue vie sono giustizia» (Dt 32,4).

Si vuole, quindi, riaffermare che Dio non è indifferente alle vicende umane, ma in esse penetra realizzando le sue «vie», ossia i suoi progetti e le sue «opere» efficaci.

3. Secondo il nostro inno, questo intervento divino ha uno scopo ben preciso: essere un segno che invita alla conversione tutti i popoli della terra. Le nazioni devono imparare a «leggere» nella storia un messaggio di Dio. L’avventura dell’umanità non è confusa e senza significato, né è votata senza appello alla prevaricazione dei prepotenti e dei perversi.

Esiste la possibilità di riconoscere l’agire divino nascosto nella storia. Anche il Concilio Ecumenico Vaticano II, nella Costituzione pastorale Gaudium et spes, invita il credente a scrutare, alla luce del Vangelo, i segni dei tempi per vedere in essi la manifestazione dell’agire stesso di Dio (cfr nn. 4 e 11). Questo atteggiamento di fede porta l’uomo a ravvisare la potenza di Dio operante nella storia, e ad aprirsi così al timore del nome del Signore. Nel linguaggio biblico, infatti, questo «timore» non coincide con la paura, ma è il riconoscimento del mistero della trascendenza divina. Esso perciò è alla base della fede e si intreccia con l’amore: «Il Signore tuo Dio ti chiede che tu lo tema e che tu l’ami con tutto il cuore e con tutta l’anima» (cfr Dt 10,12).

In questa linea, nel nostro breve inno, tratto dall’Apocalisse, si uniscono timore e glorificazione di Dio: «Chi non temerà, o Signore, e non glorificherà il tuo nome?» (15,4). Grazie al timore del Signore non si ha paura del male che imperversa nella storia e si riprende con vigore il cammino della vita, come dichiarava il profeta Isaia: «Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: “Coraggio! Non temete!”» (Is 35,3-4).

4. L’inno finisce con la previsione di una processione universale di popoli che si presenteranno davanti al Signore della storia, svelato attraverso i suoi «giusti giudizi» (cfr Ap 15,4). Essi si prostreranno in adorazione. E l’unico Signore e Salvatore sembra loro ripetere le parole pronunziate l’ultima sera della sua vita terrena: «Abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!» (Jn 16,33).

E noi vogliamo concludere la nostra breve riflessione sul cantico dell’«Agnello vittorioso» (cfr Ap 15,3), intonato dai giusti dell’Apocalisse, con un antico inno del lucernario, ossia della preghiera vespertina, già noto a san Basilio di Cesarea: «Giunti al tramonto del sole, nel vedere la luce della sera, cantiamo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo di Dio. Sei degno di essere cantato in ogni momento con voci sante, Figlio di Dio, tu che dai la vita. Per questo il mondo ti glorifica» (S. Pricoco-M. Simonetti, La preghiera dei cristiani, Milano 2000, p. 97).

Grazie!

Saluti:

Saluto in lingua croata:

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini croati di Zadar. Siate benedetti e saldi nella fede.
Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua slovena:

Con piacere saluto i pellegrini dalla Slovenia. Il pellegrinaggio sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo rafforzi la vostra fede!

Saluto in lingua lituana:

Saluto i pellegrini lituani!
Vi auguro che la Vergine Maria, in questo mese a Lei dedicato, vi accompagni sempre sul cammino della fedeltà e della santità.
Benedico voi e le vostre famiglie.

Saluto in lingua polacca:

Saluto tutti i polacchi qui presenti. In questi giorni insieme a voi rendo gloria a San Stanislao e affido alla sua protezione la Chiesa in Polonia. Vi benedico di cuore. Sia lodato Gesù Cristo!

***


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i Padri Giuseppini del Murialdo e i partecipanti all’incontro promosso dal Movimento dei Focolari. Saluto inoltre i fedeli di Ischia, accompagnati dal loro Pastore Monsignor Filippo Strofaldi, i Seminaristi dello studio teologico interdiocesano delle diocesi di Cuneo, Fossano, Mondovì e Saluzzo, come pure i rappresentanti della Guardia di Finanza, provenienti da L’Aquila e la delegazione del Corpo nazionale del Soccorso Alpino del Trentino.

Tutti incoraggio a operare, nei rispettivi ambiti di impegno ecclesiale e civile, per la costruzione di una civiltà ispirata ai valori cristiani.

Mi rivolgo, infine, a voi giovani, a voi malati e a voi sposi novelli. Dopo domani ricorre la memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Fatima. Carissimi, vi esorto a rivolgervi incessantemente e con fiducia alla Madonna, affidando a Lei ogni vostra necessità.




Mercoledì, 18 maggio 2005: Salmo 112 ILodate il nome del Signore - Primi Vespri - Domenica 3a settimana

18055

Cari Fratelli e Sorelle,

prima di introdurci in una breve interpretazione del Salmo ora cantato, vorrei ricordare che oggi è il genetliaco del nostro amato Papa Giovanni Paolo II. Avrebbe compiuto 85 anni e siamo sicuri che dall'Alto ci vede ed è con noi. In questa occasione vogliamo dire al Signore un grande grazie per il dono di questo Papa e vogliamo dire grazie al Papa stesso per tutto quello che ha fatto e sofferto.

1. È risuonato ora nella sua semplicità e bellezza il Salmo 112, vero portale d’ingresso a una piccola raccolta di Salmi che va dal 112 al 117, convenzionalmente chiamata «l’Hallel egiziano». È l’alleluia, ossia il canto di lode, che esalta la liberazione dalla schiavitù del faraone e la gioia di Israele nel servire il Signore in libertà nella terra promessa (cfr
Ps 113).

Non per nulla la tradizione giudaica aveva connesso questa serie di Salmi alla liturgia pasquale. La celebrazione di quell’evento, secondo le sue dimensioni storico-sociali e soprattutto spirituali, era sentita come segno della liberazione dal male nella molteplicità delle sue manifestazioni.

Il Salmo 112 è un breve inno che nell’originale ebraico consta solo di una sessantina di parole, tutte attraversate da sentimenti di fiducia, di lode, di gioia.

2. La prima strofa (cfr Ps 112,1-3) esalta «il nome del Signore» che - come è noto - nel linguaggio biblico indica la persona stessa di Dio, la sua presenza viva e operante nella storia umana.

Per tre volte, con insistenza appassionata, risuona «il nome del Signore» al centro della preghiera di adorazione. Tutto l’essere e tutto il tempo - «dal sorgere del sole al suo tramonto», dice il Salmista (v. 3) - è coinvolto in un’unica azione di grazie. È come se un respiro incessante salisse dalla terra al cielo per esaltare il Signore, Creatore del cosmo e Re della storia.

3. Proprio attraverso questo movimento verso l’alto, il Salmo ci conduce al mistero divino. La seconda parte (cfr vv. 4-6) infatti, celebra la trascendenza del Signore, descritta con immagini verticali che superano il semplice orizzonte umano. Si proclama: il Signore è «eccelso», «siede nell’alto», e nessuno può stargli alla pari; anche per guardare i cieli deve «chinarsi», perché «più alta dei cieli è la sua gloria» (v. 4).

Lo sguardo divino si dirige su tutta la realtà, sugli esseri terreni e su quelli celesti. Tuttavia i suoi occhi non sono altezzosi e distaccati, come quelli di un freddo imperatore. Il Signore - dice il Salmista - «si china a guardare» (v. 6).

4. Si passa, così, all’ultimo movimento del Salmo (cfr vv. 7-9), che sposta l’attenzione dalle altezze celesti al nostro orizzonte terreno. Il Signore si abbassa con premura verso la nostra piccolezza e indigenza che ci spingerebbe a ritrarci timorosi. Egli punta direttamente col suo sguardo amoroso e col suo impegno efficace verso gli ultimi e i miseri del mondo: «Solleva l’indigente dalla polvere, dall’immondizia rialza il povero» (v. 7).

Dio si china, quindi, sui bisognosi e sofferenti per consolarli. Al povero egli conferisce il più grande onore, quello di «sedere tra i principi»; sì, «tra i principi del suo popolo» (v. 8). Alla donna sola e sterile, umiliata dalla antica società come se fosse un ramo secco e inutile, Dio dà l’onore e la grande gioia di avere parecchi figli (cfr v. 9). Il Salmista, quindi, loda un Dio ben diverso da noi nella sua grandezza, ma insieme molto vicino alle sue creature che soffrono.

È facile intuire in questi versetti finali del Salmo 112 la prefigurazione delle parole di Maria nel Magnificat, il cantico delle scelte di Dio che «guarda all’umiltà della sua serva». Più radicale del nostro Salmo, Maria proclama che Dio «rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili» (cfr Lc 1,48 Lc 1,52 cfr Ps 112,6-8).

5. Un «Inno vespertino» molto antico, conservato nelle cosiddette Costituzioni degli Apostoli (VII,48), riprende e sviluppa l’avvio gioioso del nostro Salmo. Lo ricordiamo qui, al termine della nostra riflessione, per porre in luce la rilettura «cristiana» che la comunità degli inizi faceva dei Salmi: «Lodate, fanciulli, il Signore, / lodate il nome del Signore. / Ti lodiamo, ti cantiamo, ti benediciamo / per la tua gloria immensa. / Signore re, Padre di Cristo agnello immacolato, / che toglie il peccato del mondo. / A te si addice la lode, a te l’inno, a te la gloria, / a Dio Padre per tramite del Figlio nello Spirito Santo / nei secoli dei secoli. Amen» (S. Pricoco - M. Simonetti, La preghiera dei cristiani, Milano 2000, p. 97).

Saluti:

Saluto in lingua croata:

Cari giovani cresimandi croati, lo Spirito Santo vi fa’ i testimoni gioiosi della fede! Vi benedico di cuore tutti!

Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua ceca:

Saluto cordialmente i pellegrini cechi provenienti dalla Boemia Meridionale. Su tutti invoco la protezione della Vergine Maria.

Saluto in lingua slovacca:

Con affetto do un benvenuto ai pellegrini slovacchi provenienti da Velké Kapušany. Fratelli e sorelle, ringrazio per le vostre preghiere e vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua ungherese:

Do un cordiale benvenuto ai fedeli di lingua ungherese. Con affetto Vi imparto la mia Benedizione.

Saluto in lingua ucraina:

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini ucraini. Invoco su di voi e sulle vostre famiglie la protezione della Vergine Maria.

Saluto in lingua russa:

Saluto con affetto i pellegrini russi, qui convenuti con il loro Arcivescovo Mons. Tadeus Kondrusiewicz. Imparto a voi e alla vostra amata patria una speciale Benedizione Apostolica.

Saluto in lingua polacca:

Oggi sarebbe stato il compleanno di Giovanni Paolo II, l’indimenticabile Pontefice che è nel cuore di tutti. Auguro ai Polacchi qui presenti ogni bene nel Signore. Dio vi benedica.


***


Rivolgo un cordiale saluto a tutti i pellegrini di lingua italiana. In particolare, ai sacerdoti dell’Arcidiocesi di Trento, ai Monaci formatori dei Monasteri Trappisti, e alla delegazione del Pellegrinaggio militare italiano a Lourdes, guidata dall’Ordinario militare Mons. Angelo Bagnasco.

Si compie oggi in Abruzzo un atto quanto mai significativo, al quale spiritualmente mi unisco. Viene intitolata una cima del Gran Sasso d’Italia all’indimenticabile Papa Giovanni Paolo II, che ha amato e più volte visitato queste splendide montagne. Saluto e ringrazio i promotori di tale lodevole iniziativa ed auspico che quanti sosteranno presso questa vetta siano spinti ad elevare lo spirito a Dio, la cui bontà risplende nella bellezza del Creato.

Mi rivolgo, infine, ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli, esortando tutti ad approfondire la pia pratica del santo Rosario, specialmente in questo mese di maggio dedicato alla Madre di Dio.

Il Rosario è preghiera evangelica, che ci aiuta a meglio comprendere i fondamentali misteri della storia della salvezza.

Concludiamo il nostro incontro, cantando la preghiera del Pater noster.





Mercoledì, 25 maggio 2005: Salmo 115 IRendimento di grazie nel tempio - Primi Vespri - Domenica 3a settimana

25055

1. Il Salmo 115 col quale abbiamo ora pregato è stato sempre in uso nella tradizione cristiana, a partire da san Paolo che, citandone l’avvio nella traduzione greca della Settanta, così scrive ai cristiani di Corinto: «Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo» (
2Co 4,13).

L’Apostolo si sente in spirituale accordo col Salmista nella serena fiducia e nella sincera testimonianza, nonostante le sofferenze e debolezze umane. Scrivendo ai Romani, Paolo riprenderà il v. 2 del Salmo e delineerà un contrasto tra il Dio fedele e l’uomo incoerente: «Resti fermo che Dio è verace e ogni uomo mentitore» (Rm 3,4).

La tradizione successiva trasformerà questo canto in una celebrazione del martirio (cfr Origene, Esortazione al martirio, 18: Testi di Spiritualità, Milano 1985, pp. 127-129) a causa dell’affermazione della «morte preziosa dei fedeli» (cfr Ps 115,15). Oppure ne farà un testo eucaristico in considerazione del riferimento al «calice della salvezza» che il Salmista eleva invocando il nome del Signore (cfr v. 13). Questo calice è identificato dalla tradizione cristiana col «calice della benedizione» (cfr 1Co 10,16), col «calice della nuova alleanza» (cfr 1Co 11,25 Lc 22,20): sono espressioni che nel Nuovo Testamento rimandano appunto all’Eucaristia.

2. Il Salmo 115 nell’originale ebraico costituisce un’unica composizione col Salmo precedente, il 114. Ambedue costituiscono un ringraziamento unitario, rivolto al Signore che libera dall’incubo della morte.

Nel nostro testo affiora la memoria di un passato angoscioso: l’orante ha tenuta alta la fiaccola della fede, anche quando sulle sue labbra affiorava l’amarezza della disperazione e dell’infelicità (cfr Ps 115,10). Attorno, infatti, si levava come una cortina gelida di odio e di inganno, perché il prossimo si manifestava falso e infedele (cfr v. 11). La supplica, però, ora si trasforma in gratitudine perché il Signore ha sollevato il suo fedele dal gorgo oscuro della menzogna (cfr v. 12).

L’orante si dispone, perciò, ad offrire un sacrificio di ringraziamento, nel quale si berrà al calice rituale, la coppa della libagione sacra che è segno di riconoscenza per la liberazione (cfr v. 13). È quindi la Liturgia la sede privilegiata in cui innalzare la lode grata al Dio salvatore.

3. Infatti si fa cenno esplicito, oltre che al rito sacrificale, anche all’assemblea di «tutto il popolo», davanti al quale l’orante scioglie il voto e testimonia la propria fede (cfr v. 14). Sarà in questa circostanza che egli renderà pubblico il suo ringraziamento, ben sapendo che, anche quando incombe la morte, il Signore è chino su di lui con amore. Dio non è indifferente al dramma della sua creatura, ma spezza le sue catene (cfr v. 16).

L’orante salvato dalla morte si sente «servo» del Signore, «figlio della sua ancella» (ibidem), una bella espressione orientale per indicare chi è nato nella stessa casa del padrone. Il Salmista professa umilmente e con gioia la sua appartenenza alla casa di Dio, alla famiglia delle creature unite a lui nell’amore e nella fedeltà.

4. Il Salmo, sempre attraverso le parole dell’orante, finisce evocando di nuovo il rito di ringraziamento che sarà celebrato nella cornice del tempio (cfr vv. 17-19). La sua preghiera si collocherà così in ambito comunitario. La sua vicenda personale è narrata perché sia per tutti di stimolo a credere e ad amare il Signore. Sullo sfondo, pertanto, possiamo scorgere l’intero popolo di Dio mentre ringrazia il Signore della vita, il quale non abbandona il giusto nel grembo oscuro del dolore e della morte, ma lo guida alla speranza e alla vita.

5. Concludiamo la nostra riflessione affidandoci alle parole di san Basilio Magno che, nell’Omelia sul Salmo 115, così commenta la domanda e la risposta presenti nel Salmo: “Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato? Alzerò il calice della salvezza. Il Salmista ha compreso i moltissimi doni ricevuti da Dio: dal non essere è stato condotto all’essere, è stato plasmato dalla terra e dotato di ragione… ha poi scorto l’economia di salvezza a favore del genere umano, riconoscendo che il Signore ha dato se stesso in redenzione al posto di tutti noi; e rimane incerto, cercando fra tutte le cose che gli appartengono, quale dono possa mai trovare che sia degno del Signore. Che cosa dunque renderò al Signore? Non sacrifici, né olocausti… ma tutta la mia stessa vita. Per questo dice: Alzerò il calice della salvezza, chiamando calice il patire nel combattimento spirituale, il resistere al peccato sino alla morte. Ciò che, del resto, insegnò il nostro Salvatore nel Vangelo: Padre, se è possibile, passi da me questo calice; e di nuovo ai discepoli: potete bere il calice che io berrò?, significando chiaramente la morte che accoglieva per la salvezza del mondo» (PG XXX, 109).

Saluti:

Traduzione italiana del pensiero rivolto dal Santo Padre al popolo africano pronunciato in lingua inglese:

Oggi è la Giornata per l'Africa. Rivolgo i miei pensieri e le mie preghiere all'amato popolo africano. Incoraggio le nostre istituzioni cattoliche a continuare a prestare generosa attenzione alle sue necessità e prego affinché la Comunità internazionale si occupi sempre più dei problemi del Continente Africano.



Saluto in lingua croata:

Carissimi pellegrini croati, ricevete con fede il Santissimo dono dell’Eucaristia per essere sempre un ostensorio vivo della presenza di Cristo nella sua Chiesa! Vi benedico di cuore! Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua ceca:

Saluto cordialmente i pellegrini cechi. La Solennità del Corpus Domini riaccenda in voi l'amore per Cristo presente nell'Eucaristia. Vi benedico tutti.

Saluto in lingua lituana:

Saluto di cuore i pellegrini dalla Lituania! Vi auguro che la vostra orante visita nella Città degli Apostoli e dei Martiri rinvigorisca i vostri passi nel cammino quotidiano di fede. Il Signore vi benedica! Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovacca:

Saluto cordialmente i pellegrini slovacchi provenienti da Bratislava, Nitra e Nové Zámky. Cari fratelli e sorelle, con gratitudine imparto la Benedizione Apostolica a voi ed ai vostri cari in Patria. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua polacca:


Saluto i polacchi qui presenti. La solennità del Corpus Domini riaccenda in tutti l’amore per Cristo presente nell’Eucaristia. Dio vi benedica.

* * *


Saluto ora i pellegrini di lingua italiana. In particolare, rivolgo un cordiale e grato pensiero alle Suore di Maria Bambina, impegnate nel loro Capitolo generale, durante il quale stanno riflettendo su come la loro Famiglia religiosa debba proseguire il proprio cammino apostolico, percorrendo fedelmente le orme delle Fondatrici. Care Sorelle, la Vergine Santa renda fruttuoso ogni vostro sforzo spirituale. Il Papa vi è vicino e vi accompagna con la preghiera.

Saluto poi l’Ordine Antoniano Maronita e le Clarisse Francescane Missionarie del Santissimo Sacramento, anch’essi intenti nella celebrazione dei loro rispettivi Capitoli generali. Su ciascuno e su tutti invoco i doni dello Spirito.

Saluto inoltre il folto gruppo di alunni del Liceo scientifico di Castellamare di Stabia, i fedeli della parrocchia di S. Giacomo in Barletta e quelli della parrocchia Santi Martiri dell’Uganda in Roma. Ringrazio tutti per la gradita presenza e auspico che questo incontro susciti in ciascuno rinnovati propositi di testimonianza cristiana.

Mi rivolgo, infine, a voi cari giovani, cari ammalati, cari sposi novelli, augurandovi di servire Dio nella gioia e di amare il prossimo con spirito evangelico.

* * *


Alle ore 19,00 di domani, solennità del Corpus Domini, sul sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano presiederò la Messa, cui seguirà la tradizionale processione fino a Santa Maria Maggiore. Invito tutti a partecipare numerosi a tale celebrazione, per esprimere insieme la fede in Cristo, presente nell’Eucarestia.




Catechesi 2005-2013