Catechesi 2005-2013 10605

Mercoledì, 1° giugno 2005: Cantico cfr Fil 2, 6-11 Cristo servo di Dio - Primi Vespri della Domenica della 3a Settimana

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1. In ogni celebrazione domenicale dei Vespri la liturgia ci ripropone il breve ma denso inno cristologico della Lettera ai Filippesi (cfr
Ph 2,6-11). È l’inno ora risuonato che consideriamo nella sua prima parte (cfr vv. 6-8), ove si delinea la paradossale «spogliazione» del Verbo divino, che depone la sua gloria e assume la condizione umana.

Cristo incarnato e umiliato nella morte più infame, quella della crocifissione, è proposto come un modello vitale per il cristiano. Questi, infatti, - come si afferma nel contesto - deve avere «gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (v. 5), sentimenti di umiltà e di donazione, di distacco e di generosità.

2. Egli, certo, possiede la natura divina con tutte le sue prerogative. Ma questa realtà trascendente non è interpretata e vissuta all’insegna del potere, della grandezza, del dominio. Cristo non usa il suo essere pari a Dio, la sua dignità gloriosa e la sua potenza come strumento di trionfo, segno di distanza, espressione di schiacciante supremazia (cfr v. 6). Anzi, egli «spogliò», svuotò se stesso, immergendosi senza riserve nella misera e debole condizione umana. La «forma» (morphe)divina si nasconde in Cristo sotto la «forma» (morphe) umana, ossia sotto la nostra realtà segnata dalla sofferenza, dalla povertà, dal limite e dalla morte (cfr v. 7).

Non si tratta quindi di un semplice rivestimento, di un’apparenza mutevole, come si riteneva accadesse alle divinità della cultura greco-romana: quella di Cristo è la realtà divina in un’esperienza autenticamente umana. Egli è veramente il «Dio-con-noi», che non si accontenta di guardarci con occhio benigno dal trono della sua gloria, ma si immerge personalmente nella storia umana, divenendo «carne», ossia realtà fragile, condizionata dal tempo e dallo spazio (cfr Jn 1,14).

3. Questa condivisione radicale della condizione umana, escluso il peccato (cfr He 4,15), conduce Gesù fino a quella frontiera che è il segno della nostra finitezza e caducità, la morte. Questa non è, però, frutto di un meccanismo oscuro o di una cieca fatalità: essa nasce dalla scelta di obbedienza al disegno di salvezza del Padre (cfr Ph 2,8).

L’Apostolo aggiunge che la morte a cui Gesù va incontro è quella di croce, ossia la più degradante, volendo così essere veramente fratello di ogni uomo e di ogni donna, costretti a una fine atroce e ignominiosa.

Ma proprio nella sua passione e morte Cristo testimonia la sua adesione libera e cosciente al volere del Padre, come si legge nella Lettera agli Ebrei: «Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza dalle cose che patì» (He 5,8).

Fermiamoci qui nella nostra riflessione sulla prima parte dell’inno cristologico, concentrato sull’incarnazione e sulla passione redentrice. Avremo occasione in seguito di approfondire l’itinerario successivo, quello pasquale, che conduce dalla croce alla gloria.

4. Concludiamo la nostra riflessione con un grande testimone della tradizione orientale, Teodoreto che fu Vescovo di Ciro, in Siria, nel V secolo: «L’incarnazione del nostro Salvatore rappresenta il più alto compimento della sollecitudine divina per gli uomini. Infatti né il cielo né la terra né il mare né l’aria né il sole né la luna né gli astri né tutto l’universo visibile e invisibile, creato dalla sua sola parola o piuttosto portato alla luce dalla sua parola conformemente alla sua volontà, indicano la sua incommensurabile bontà quanto il fatto che il Figlio unigenito di Dio, colui che sussisteva in natura di Dio (cfr Ph 2,6), riflesso della sua gloria, impronta della sua sostanza (cfr He 1,3), che era in principio, era presso Dio ed era Dio, attraverso cui sono state fatte tutte le cose (cfr Jn 1,1-3), dopo aver assunto la natura di servo, apparve in forma di uomo, per la sua figura umana fu considerato come uomo, fu visto sulla terra, con gli uomini ebbe rapporti, si caricò delle nostre infermità e prese su di sé le nostre malattie» (Discorsi sulla provvidenza divina, 10: Collana di testi patristici, LXXV, Roma 1988, pp. 250-251).

Teodoreto di Ciro prosegue la sua riflessione, mettendo in luce proprio lo stretto legame sottolineato dall’inno della Lettera ai Filippesi fra l’incarnazione di Gesù e la redenzione degli uomini. «Il Creatore con saggezza e giustizia lavorò per la nostra salvezza. Poiché egli non ha voluto né servirsi soltanto della sua potenza per elargirci il dono della libertà né armare unicamente la misericordia contro colui che ha assoggettato il genere umano, affinché quegli non accusasse la misericordia d’ingiustizia, bensì ha escogitato una via carica di amore per gli uomini e al contempo adorna di giustizia. Egli infatti, dopo aver unito a sé la natura dell’uomo ormai vinta, la conduce alla lotta e la dispone a riparare alla sconfitta, a sbaragliare colui che un tempo aveva iniquamente riportato la vittoria, a liberarsi dalla tirannide di chi l’aveva crudelmente fatta schiava e a recuperare la primitiva libertà» (ibidem , pp. 251-252).

Saluti:

Saluto in lingua croata:

Saluto e benedico tutti i pellegrini croati, particolarmente i fedeli di Zagreb! Il Signore Gesù vi doni l'amore e la santità, che scaturiscono dal suo Sacratissimo Cuore!
Siano lodati Gesù e Maria

Saluto in lingua ceca:

Un benvenuto ai pellegrini dell'Abbazia Benedettina di Rajhrad, e ai fedeli di Brno.
Chiediamo a Gesù, che è mite e umile di cuore, di trasformare i nostri cuori secondo il Suo Cuore.
Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovacca:

Con affetto do un cordiale benvenuto ai pellegrini slovacchi provenienti da Trencín e dintorni.
Vi auguro che il pellegrinaggio a Roma rappresenti per voi il rinnovamento della fede cristiana. Volentieri vi benedico.
Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua lituana:

Saluto i pellegrini dalla Lituania!
In questo Anno Eucaristico vi accompagno con la mia preghiera e vi imparto volentieri la Benedizione Apostolica.
Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua ucraina:

Rivolgo un cordiale saluto al gruppo di militari ucraini, provenienti dal pellegrinaggio a Lourdes. Invoco su di voi e sulla vostra Patria la Benedizione del Signore. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua polacca:


Saluto cordialmente tutti i Polacchi qui presenti. Iniziamo il mese dedicato alla preghiera al Sacro Cuore di Gesù. Questa preghiera faccia crescere la fede, la speranza e la carità nelle vostre famiglie. Il Sacro Cuore di Gesù vi benedica.

* * *


Rivolgo un cordiale pensiero ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i fedeli dell’Arcidiocesi di Cagliari, accompagnati dal loro Pastore Mons. Giuseppe Mani, come pure i rappresentanti dell’Associazione Scautistica Cattolica Italiana. Cari amici, nel ringraziarvi per questa vostra visita, auguro a tutti di impegnarsi generosamente nel testimoniare Cristo e il suo Vangelo.

Saluto ora i giovani, i malati e gli sposi novelli. Iniziamo proprio oggi il mese di giugno, dedicato al Sacro Cuore di Gesù. Soffermiamoci spesso a contemplare questo profondo mistero dell'Amore divino.

Voi, cari giovani,alla scuola del Cuore di Cristo imparate ad assumere con serietà le responsabilità che vi attendono. Voi, cari malati, trovate in questa sorgente infinita di misericordia il coraggio e la pazienza per compiere la volontà di Dio in ogni situazione. E voi, cari sposi novelli, restate fedeli all’amore di Dio e testimoniatelo con il vostro amore coniugale.




Mercoledì, 8 giugno 2005: Salmo 110 Grandi le opere del Signore - Secondi Vespri - Domenica 3a settimana

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1. Ci è stato proposto il Salmo 110. Si incontrano in questo inno di lode e di ringraziamento tanti termini che definiscono Dio nei suoi attributi e nella sua opera di salvezza: si parla di «pietà», di «tenerezza», di «giustizia», di «potenza», di «verità», di «rettitudine», di «fedeltà», di «alleanza», di «opere», di «prodigi», persino di «cibo» che egli dona e, alla fine, del suo «nome» glorioso, ossia della sua persona. La preghiera è, quindi, contemplazione del mistero di Dio e delle meraviglie che egli opera nella storia della salvezza.

2. Il Salmo si apre col verbo del ringraziamento che sale non solo dal cuore dell’orante, ma anche da tutta l’assemblea liturgica (cfr v. 1). L’oggetto di questa preghiera, che comprende anche il rito del ringraziamento, è espresso con la parola «opere» (cfr vv. 2.3.6.7). Esse indicano gli interventi salvifici del Signore, manifestazione della sua «giustizia» (cfr v. 3), termine che nel linguaggio biblico indica prima di tutto l’amore che genera salvezza.

Pertanto il cuore del Salmo si trasforma in un inno all’alleanza (cfr vv. 4-9), a quel legame intimo che vincola Dio al suo popolo e che comprende una serie di atteggiamenti e di gesti. Così si parla di «pietà e tenerezza» (cfr v. 4), sulla scia della grande proclamazione del Sinai: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà» (
Ex 34,6).

La «pietà» è la grazia divina che avvolge e trasfigura il fedele, mentre la «tenerezza» è espressa nell’originale ebraico con un termine caratteristico che rimanda alle «viscere» materne del Signore, ancor più misericordiose di quelle di una madre (cfr Is 49,15).

3. Questo legame d’amore comprende il dono fondamentale del cibo e quindi della vita (cfr Ps 110,5) che, nella rilettura cristiana, si identificherà con l’Eucaristia, come dice san Girolamo: «Come cibo diede il pane disceso dal cielo: se ne siamo degni, cibiamoci!» (Breviarium in Psalmos, 110: PL XXVI, 1238-1239).

C’è poi il dono della terra, «l’eredità delle genti» (Ps 110,6), che allude alla grande vicenda dell’Esodo, quando il Signore si rivela come il Dio della liberazione. La sintesi del corpo centrale di questo canto è, quindi, da cercare nel tema del patto speciale tra il Signore e il suo popolo, come dichiara in modo lapidario il v. 9: «Stabilì la sua alleanza per sempre».

4. Il Salmo 110 è suggellato al termine dalla contemplazione del volto divino, della persona del Signore, espressa attraverso il suo «nome» santo e trascendente. Citando poi un detto sapienziale (cfr Pr 1,7 Pr 9,10 Pr 15,33), il Salmista invita ogni fedele a coltivare il «timore del Signore» (Ps 110,10), inizio della vera sapienza. Sotto questo termine non si cela la paura e il terrore, ma il rispetto serio e sincero, l’adesione genuina e operosa al Dio liberatore. E, se la prima parola del canto era stata quella del ringraziamento, l’ultima è quella della lode: come la giustizia salvifica del Signore «dura per sempre» (v. 3), così la gratitudine dell’orante non conosce sosta, risuona nella preghiera «senza fine» (v. 10).

5. A conclusione della nostra riflessione vorremmo meditare con la tradizione ecclesiale dei primi secoli cristiani il versetto finale con la sua celebre dichiarazione reiterata altrove nella Bibbia (cfr Pr 1,7): «Principio della saggezza è il timore del Signore» (Ps 110,10).

Lo scrittore cristiano Barsanufio di Gaza (attivo nella prima metà del VI secolo) così lo commenta: «Che cosa è principio di sapienza se non astenersi da tutto ciò che è odioso a Dio? E in che modo uno può astenersene, se non evitando di fare alcunché senza aver domandato consiglio, o col non dir nulla che non si deve dire e inoltre stimando se stesso folle, stolto, disprezzabile e niente del tutto?» (Epistolario, 234: Collana di testi patristici, XCIII, Roma 1991, pp. 265-266).

Giovanni Cassiano (vissuto a cavallo tra il IV e il V secolo), tuttavia, preferiva precisare che «c'è molta differenza fra l'amore, al quale nulla manca e che è il tesoro della sapienza e della scienza, e l'amore imperfetto, denominato “inizio della sapienza”; questo, contenendo in sé l'idea del castigo, viene escluso dal cuore dei perfetti per il sopraggiungere della pienezza dell'amore» (Conferenze ai monaci, 2,11,13: Collana di testi patristici, CLVI, Roma 2000, p. 29). Così al timore servile si sostituisce un timore perfetto, dono dello Spirito Santo.


Saluti:

Saluto in lingua ceca:

Un cordiale benvenuto e saluti ai pellegrini provenienti dalla Repubblica Ceca. Volentieri vi benedico tutti. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovacca:

Un cordiale benvenuto agli allievi e studenti delle Scuole Cattoliche di S. Vincenzo de Paul provenienti da Levice e Topolcany. Cari giovani, vi auguro un buon soggiorno a Roma e volentieri benedico voi e le vostre famiglie.

Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua lituana:

Saluto il gruppo dei pellegrini “Šilinukai” dalla Lituania! Con le parole del Salmo di oggi, rendete grazie al Signore con tutto il cuore per le Sue grandi opere. Dio vi benedica e sia Lui la gioia e la pace delle vostre famiglie.

Saluto in lingua ungherese:

Saluto cordialmente voi, cari fedeli di lingua ungherese. Questo pellegrinaggio a Roma Vi conforti nella vostra fede. Volentieri Vi imparto la mia Benedizione.

Saluto in lingua polacca:

Saluto i polacchi qui presenti. Vi ringrazio per la benevolenza e per le preghiere. Chiedo che la memoria di Giovanni Paolo II susciti in voi il desiderio di sostenere spiritualmente il Suo successore. Dio benedica voi e i vostri cari.

* * *


Saluto i pellegrini di lingua italiana. In particolare, i partecipanti alle manifestazioni promosse per il VII centenario della morte di S. Nicola da Tolentino, le persone non udenti del Centro Beato don Smaldone in Roma, i soci del Lyons Club di Rieti, i fedeli della parrocchia dei Santi Filippo e Giacomo in Morcone.

Cari amici, auspico che il vostro pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli sia per ciascuno stimolo a continuare con rinnovato fervore nel cammino di fede intrapreso.

Saluto, inoltre, il caro Cardinale Lubomyr Husar, Arcivescovo Maggiore di Lviv degli ucraini, e i Vescovi greco-cattolici che lo accompagnano; a loro auguro ogni desiderato bene.

Infine rivolgo un pensiero speciale ai giovani, ai malati e agli sposi novelli.

Cari giovani, la ricchezza del Cuore di Cristo e la tenerezza del Cuore di Maria vi sostengano sempre. Aiutino voi, cari ammalati, ad affidarvi con generoso abbandono nelle mani della Provvidenza divina; ed incoraggino voi, cari sposi novelli, a vivere la vostra unione familiare con paziente comprensione e reciproca dedizione.




Mercoledì, 15 giugno 2005: Salmo 122 La fiducia del popolo è nel Signore - Vespri - Lunedì 3\2a\0 settimana

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Cari Fratelli e Sorelle,

avete purtroppo sofferto sotto la pioggia. Adesso speriamo che il tempo migliori.

1. In modo molto incisivo Gesù, nel Vangelo, afferma che l’occhio è un simbolo espressivo dell’io profondo, è uno specchio dell’anima (cfr
Mt 6,22-23). Ebbene, il Salmo 122, ora proclamato, è tutto racchiuso in un incrociarsi di sguardi: il fedele leva i suoi occhi al Signore e attende una reazione divina, per cogliervi un gesto d’amore, un’occhiata di benevolenza.

Non di rado nel Salterio si parla dello sguardo dell’Altissimo che «si china sugli uomini per vedere se esista un saggio: se c’è uno che cerchi Dio» (Ps 13,2). Il Salmista, come abbiamo sentito, ricorre a un’immagine, quella del servo e della schiava che sono protesi verso il loro padrone in attesa di una decisione liberatrice.

Anche se la scena è legata al mondo antico e alle sue strutture sociali, l’idea è chiara e significativa: quell’immagine ripresa dal mondo dell’Oriente antico vuole esaltare l’adesione del povero, la speranza dell’oppresso e la disponibilità del giusto nei confronti del Signore.

2. L’orante è in attesa che le mani divine si muovano, perché esse opereranno secondo giustizia, distruggendo il male. Per questo spesso nel Salterio l’orante eleva il suo occhio colmo di speranza verso il Signore: «Tengo i miei occhi rivolti al Signore, perché libera dal laccio il mio piede» (Ps 24,15), mentre «i miei occhi si consumano nell’attesa del mio Dio» (Ps 68,4).

Il Salmo 122 è una supplica in cui la voce di un fedele si unisce a quella dell’intera comunità: infatti, il Salmo passa dalla prima persona singolare - «levo i miei occhi» - a quella plurale - «i nostri occhi» e «pietà di noi» (cfr vv 1-3). Viene espressa la speranza che le mani del Signore si aprano per effondere doni di giustizia e di libertà. Il giusto attende che lo sguardo di Dio si riveli in tutta la sua tenerezza e bontà, come si legge nell’antica benedizione sacerdotale del Libro dei Numeri: «Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace» (NM 6,25-26).

3. Quanto sia importante lo sguardo amoroso di Dio si rivela nella seconda parte del Salmo, caratterizzata dall’invocazione: «Pietà di noi, Signore, pietà di noi!» (Ps 122,3). Essa si pone in continuità con la finale della prima parte, ove si ribadisce l’attesa fiduciosa «finché il Signore nostro Dio abbia pietà di noi» (v. 2).

I fedeli hanno bisogno di un intervento di Dio perché si trovano in una situazione penosa di disprezzo e di scherni da parte di gente prepotente. L’immagine che ora il Salmista usa è quella della sazietà: «Già troppo ci hanno colmato di scherni, noi siamo troppo sazi degli scherni dei gaudenti, del disprezzo dei superbi» (vv. 3-4).

Alla tradizionale sazietà biblica di cibo e di anni, considerata un segno della benedizione divina, si oppone ora un’intollerabile sazietà costituita da un carico esorbitante di umiliazioni.

Per questo i giusti hanno affidato la loro causa al Signore ed egli non rimane indifferente a quegli occhi imploranti, non ignora la loro invocazione, né delude la loro speranza.

4. In finale lasciamo spazio alla voce di sant’Ambrogio, il quale, nello spirito del Salmista, scandisce poeticamente l’opera di Dio che ci raggiunge in Gesù Salvatore: «Cristo è tutto per noi. Se vuoi curare una ferita, egli è medico; se sei riarso dalla febbre, è fontana; se sei oppresso dall’iniquità, è giustizia; se hai bisogno di aiuto, è forza; se temi la morte, è vita; se desideri il cielo, è via; se fuggi le tenebre, è luce; se cerchi cibo, è alimento» (La verginità, 99: SAEMO, XIV/2, Milano-Roma 1989, p. 81).

Saluti:

Saluto in lingua slovena:

Saluto i cari Sacerdoti e Diaconi dalla Slovenia. Questo pellegrinaggio alla fine dell’anno pastorale rinforzi la vostra fedeltà alla Chiesa e all’impegno per il Regno di Dio!

Saluto in lingua lituana:

Saluto di cuore i pellegrini provenienti dalla Lituania!

Carissimi, non temete di porre nelle mani del Signore le speranze della vostra vita.

Vi accompagno con la preghiera e vi imparto volentieri la Benedizione Apostolica!


Saluto in lingua ungherese ai pellegrini ungheresi provenienti da: Miskolc, Szombathely e Zalaegerszeg (Arcidiocesi di Eger, Diocesi di Szombathely):

Saluto cordialmente i fedeli ungheresi, specialmente quelli che sono giunti da Miskolc, Szombathely e Zalaegerszeg.

Di cuore imparto a tutti voi la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua polacca:

Saluto cordialmente tutti i pellegrini polacchi. So che fra qualche giorno, a Varsavia, si celebrerà il vostro Congresso Eucaristico Nazionale. Vi auguro un fruttuoso incontro con Gesù, che Egli possa rinnovare i vostri cuori. Dio vi benedica.

* * *


Rivolgo un cordiale benevenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto gli studenti provenienti dalle Chiese Orientali Cattoliche e li incoraggio ad essere generosi testimoni del Vangelo nei loro rispettivi Paesi.

Saluto, inoltre, i numerosi fedeli di Ravenna, qui convenuti con il loro Pastore Mons. Giuseppe Verucchi, i pellegrini del XIII Decanato dell’Arcidiocesi di Napoli e il folto gruppo dell’Azione Cattolica delle Diocesi di Acerra e Nola. A tutti auguro di conformare sempre più la propria vita a Cristo, ispirando ogni scelta ed azione al suo insegnamento.

Saluto poi i sacerdoti novelli della diocesi di Brescia, i Ferrovieri di Trenitalia e i militari della Marina Militare Italiana.

Il mio pensiero va infine, come di consueto, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli.

Per tutti auspico quella gioia vera che scaturisce dalla quotidiana fedeltà a Dio e dalla docile adesione alla sua volontà.




Mercoledì, 22 giugno 2005: Salmo 123: Il nostro aiuto è nel nome del Signore - Vespri - Lunedì 3a settimana

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1. Ecco davanti a noi il Salmo 123, un canto di ringraziamento intonato da tutta la comunità orante che eleva a Dio la lode per il dono della liberazione. Il Salmista proclama in apertura questo invito: «Lo dica Israele!» (v. 1), stimolando così tutto il popolo a innalzare un grazie vivo e sincero al Dio salvatore. Se il Signore non si fosse schierato dalla parte delle vittime, esse con le loro forze limitate sarebbero state impotenti a liberarsi e gli avversari, simili a mostri, le avrebbero dilaniate e stritolate.

Anche se si è pensato a qualche evento storico particolare, come la fine dell’esilio babilonese, è più probabile che il Salmo voglia essere un inno inteso a ringraziare il Signore per gli scampati pericoli e ad implorare da Lui la liberazione da ogni male.

2. Dopo l’accenno iniziale a certi «uomini» che assalivano i fedeli ed erano capaci di «inghiottirli vivi» (cfr vv. 2-3), due sono i momenti del canto. Nella prima parte dominano le acque dilaganti, simbolo per la Bibbia del caos devastatore, del male e della morte: «Le acque ci avrebbero travolti; un torrente ci avrebbe sommersi, ci avrebbero travolti acque impetuose» (vv. 4-5) L’orante prova ora la sensazione di trovarsi su una spiaggia, miracolosamente salvato dalla furia impetuosa del mare.

La vita dell’uomo è circondata dall’agguato dei malvagi che non solo attentano alla sua esistenza ma vogliono distruggere anche tutti i valori umani. Il Signore si erge, però, a tutela del giusto e lo salva, come si canta nel Salmo 17: «Stese la mano dall’alto e mi prese, mi sollevò dalle grandi acque, mi liberò da nemici potenti, da coloro che mi odiavano… Il Signore fu mio sostegno; mi portò al largo, mi liberò perché mi vuol bene» (vv. 17-20).

3. Nella seconda parte del nostro canto di ringraziamento si passa dall’immagine marina a una scena di caccia, tipica di molti Salmi di supplica (cfr
Ps 123,6-8). Ecco, infatti, l’evocazione di una belva che stringe tra le sue fauci una preda, o di una rete di cacciatori che cattura un uccello. Ma la benedizione espressa dal Salmo ci fa comprendere che il destino dei fedeli, che era un destino di morte, è stato radicalmente mutato da un intervento salvifico: «Sia benedetto il Signore, che non ci ha lasciato in preda ai loro denti. Noi siamo stati liberati come un uccello dal laccio dei cacciatori: il laccio si è spezzato e noi siamo scampati» (vv. 6-7).

La preghiera diviene qui un respiro di sollievo che sale dal profondo dell’anima: anche quando cadono tutte le speranze umane, può apparire la potenza liberatrice divina. Il Salmo si può, quindi, concludere con una professione di fede, entrata da secoli nella liturgia cristiana come premessa ideale di ogni nostra preghiera: «Adiutorium nostrum in nomine Domini, qui fecit caelum et terram - Il nostro aiuto è nel nome del Signore; Egli ha fatto il cielo e la terra» (v. 8). In particolare l’Onnipotente si schiera dalla parte delle vittime e dei perseguitati «che gridano giorno e notte verso di lui» e «farà loro giustizia prontamente» (cfr Lc 18,7-8).

4. Sant’Agostino dà di questo Salmo un commento articolato. In un primo tempo, egli osserva che questo Salmo è adeguatamente cantato dalle «membra di Cristo che hanno conseguito la felicità». Quindi, in particolare, «lo hanno cantato i santi martiri, i quali, usciti da questo mondo, sono con Cristo nella gioia, pronti a riprendere incorrotti quegli stessi corpi che prima erano corruttibili. In vita subirono tormenti nel corpo, ma nell’eternità questi tormenti si cambieranno in ornamenti di giustizia».

Però, in un secondo tempo, il Vescovo di Ippona ci dice che anche noi possiamo cantare questo Salmo nella speranza. Egli dichiara: «Siamo anche noi animati da sicura speranza e canteremo nell’esultanza. Non sono infatti estranei a noi i cantori di questo Salmo... Pertanto, cantiamo tutti in unità di cuore: tanto i santi che posseggono già la corona quanto noi che con l’affetto ci uniamo nella speranza alla loro corona. Insieme desideriamo quella vita che quaggiù non abbiamo ma che non potremo mai avere se prima non l’abbiamo desiderata».

Sant’Agostino ritorna allora alla prima prospettiva e spiega: «Ripensano i santi alle sofferenze che hanno incontrate, e dal luogo di beatitudine e di tranquillità dove ora si trovano guardano al cammino percorso per arrivarvi; e, siccome sarebbe stato difficile conseguire la liberazione se non fosse intervenuta a soccorrerli la mano del Liberatore, pieni di gioia esclamano: ‘Se il Signore non fosse stato con noi’. Così inizia il loro canto. Non hanno detto nemmeno da che cosa siano scampati, tanto grande è la loro esultanza» (Esposizione sul Ps 123,3, Nuova Biblioteca Agostiniana, XXVIII, Roma 1977, p. 65).

Saluti:

Saluto in lingua ceca:

Un cordiale benvenuto e saluti ai pellegrini provenienti dalla Repubblica Ceca.
Volentieri vi benedico tutti. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua croata:

Saluto e benedico tutti i cari pellegrini Croati da Virovitica e il gruppo dei giovani vincitori del concorso nazionale di religione! Cercate e amate quello che viene dallo Spirito di Dio perché il vostro tempo, nella fatica e nel riposo, sia tutto orientato alla gloria di Dio. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua lituana:

Saluto i pellegrini provenienti dalla Lituania!
Auguro che questo pellegrinaggio a Roma rafforzi il vostro amore per la Chiesa di Cristo.
Con questo spirito benedico voi, le vostre famiglie e la vostra Patria!

Saluto in lingua slovacca:

Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca:

Con affetto do un benvenuto ai pellegrini provenienti dalle parrocchie Šarišské Dravce, Diviaky nad Nitricou e Rabcice. Fratelli e sorelle, pregate per i vostri sacerdoti novelli. Volentieri vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua polacca:

Serdecznie witam obecnych tu Polaków. Bogu dziekuje za nowych polskich blogoslawionych. Zawierzam was i wasze rodziny ich opiece. Niech bedzie pochwalony Jezus Chrystus.

Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Saluto cordialmente i polacchi qui presenti. Ringrazio Dio per i nuovi beati polacchi. Affido voi e le vostre famiglie alla loro protezione. Sia lodato Gesù Cristo.

Saluto in lingua ungherese ai pellegrini provenienti da: Sopron (Diocesi di Gyôr):


Do un cordiale benvenuto ai fedeli ungheresi, in particolare a quelli di Sopron. L'eucaristia sia per voi fonte della vita spirituale. Di cuore imparto a tutti voi la mia Benedizione Apostolica.

* * *


Rivolgo un cordiale pensiero ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i componenti del Consiglio speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, riuniti in questi giorni presso la Segreteria Generale del Sinodo. Confermando quanto aveva deciso il mio venerato Predecessore il 13 novembre dello scorso anno, desidero annunciare la mia intenzione di convocare la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Nutro grande fiducia che tale Assise segni un ulteriore impulso nel continente africano all’evangelizzazione, al consolidamento e alla crescita della Chiesa e alla promozione della riconciliazione e della pace.

Saluto, ora, i sacerdoti, i diaconi e i seminaristi di Teramo-Alatri, accompagnati dal loro Arcivescovo Mons. Vincenzo D’Addario, come pure i sacerdoti novelli dell’Arcidiocesi di Milano. Cari fratelli, mentre prego il Signore di sostenervi nel vostro ministero, vi invito a diffondere intorno a voi la gioia che scaturisce dalla corrispondenza generosa alla divina chiamata.

Saluto, inoltre, le Suore della Carità, le Suore di San Francesco di Sales e le Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, che celebrano in questi giorni i rispettivi Capitoli generali. Care Sorelle, restate sempre in ascolto dello Spirito e proseguirete fedelmente il cammino apostolico intrapreso dai vostri Fondatori e Fondatrici. La Vergine Santa renda fruttuoso ogni vostro sforzo spirituale. Il Papa vi accompagna con la preghiera.

Un pensiero speciale rivolgo poi a voi, cari militari, che siete presenti così numerosi, augurando a ciascuno di aderire sempre più a Cristo e al suo Vangelo.

Saluto, infine, i giovani, i malati e gli sposi novelli. Auguro a tutti di trovare nell’amicizia con Gesù la forza e l’entusiasmo necessari per essere suoi testimoni dappertutto.

Concludiamo il nostro incontro cantando il Pater noster.




Mercoledì, 6 luglio 2005 Cantico cfr Ef 1,3-10 Dio salvatore - Vespri - Lunedì 3a settimana

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1. Questo inno della Lettera agli Efesini (cfr
Ep 1,3-14), che ritorna nella Liturgia dei Vespri di ognuna delle quattro settimane, è una preghiera di benedizione rivolta a Dio Padre. Il suo svolgimento è dedicato a delineare le varie tappe del piano di salvezza che si compie attraverso l’opera di Cristo.

Al centro della benedizione risuona il vocabolo greco mysterion, un termine associato di solito ai verbi di rivelazione («rivelare», «conoscere», «manifestare»). È questo, infatti, il grande progetto segreto che il Padre aveva custodito in se stesso fin dall’eternità (cfr v. 9) e che ha deciso di attuare e rivelare «nella pienezza dei tempi» (cfr v. 10) in Gesù Cristo, suo Figlio.

Le tappe di questo piano sono scandite nell’inno dalle azioni salvifiche di Dio per Cristo nello Spirito. Il Padre innanzitutto ci sceglie perché camminiamo santi e immacolati nell’amore (cfr v. 4), poi ci predestina ad essere suoi figli (cfr vv. 5-6), inoltre ci redime e ci rimette i peccati (cfr vv. 7-8), ci svela pienamente il mistero della salvezza in Cristo (cfr vv. 9-10), infine ci dona l’eredità eterna (cfr vv. 11-12) offrendocene la caparra nel dono dello Spirito Santo in vista della risurrezione finale (cfr vv. 13-14).

2. Molteplici sono, quindi, gli eventi salvifici che si succedono nello snodarsi dell’inno. Essi coinvolgono le tre Persone della Santissima Trinità: si parte dal Padre, che è l’iniziatore e l’artefice supremo del piano di salvezza; si fissa lo sguardo sul Figlio che realizza il disegno all’interno della storia; si giunge allo Spirito Santo che imprime il suo «suggello» a tutta l’opera della salvezza. Noi ora ci fermiamo brevemente sulle prime due tappe, quelle della santità e della filiazione (cfr vv. 4-6).

Il primo gesto divino, rivelato e attuato in Cristo, è l’elezione dei credenti, frutto di un’iniziativa libera e gratuita di Dio. In principio, quindi, «prima della creazione del mondo» (v. 4), nell’eternità di Dio, la grazia divina è disponibile ad entrare in azione. Questa chiamata ha come contenuto la «santità» che è partecipazione alla purezza trascendente dell’Essere divino e alla sua intima essenza di «carità»: «Dio è amore» (1Jn 4,8 1Jn 4,16). L’agape diventa così la nostra realtà morale profonda. Siamo, quindi, trasferiti nell’orizzonte sacro e vitale di Dio stesso.

3. In questa linea si procede verso l’altra tappa, anch’essa contemplata nel piano divino fin dall’eternità: la nostra «predestinazione» a figli di Dio.

Paolo esalta altrove (cfr Ga 4,5 Rm 8,15 Rm 8,23) questa sublime condizione di figli che implica la fraternità con Cristo, il Figlio per eccellenza, «primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29) e l’intimità nei confronti del Padre celeste che può ormai essere invocato Abbá, «padre caro», in un rapporto di spontaneità e di amore. Siamo, quindi, in presenza di un dono immenso reso possibile dal «beneplacito della volontà» divina e dalla «grazia», luminosa espressione dell’amore che salva.

4. Ci affidiamo ora, in conclusione, al grande Vescovo di Milano, sant’Ambrogio, il quale in una delle lettere commenta le parole dell’apostolo Paolo agli Efesini, soffermandosi proprio sul ricco contenuto del nostro inno cristologico. Egli sottolinea innanzitutto la grazia sovrabbondante con la quale Dio ci ha resi suoi figli adottivi in Cristo Gesù. «Non bisogna perciò dubitare che le membra siano unite al loro capo, soprattutto perché fin dal principio siamo stati predestinati all’adozione di figli di Dio, per mezzo di Gesù Cristo» (Lettera XVI ad Ireneo, 4: SAEMO, XIX, Milano-Roma 1988, p. 161).

Il santo Vescovo di Milano prosegue la propria riflessione osservando: «Chi è ricco, se non il solo Dio, creatore di tutte le cose?». E conclude: «Ma è molto più ricco di misericordia, poiché ha redento tutti e – quale autore della natura – ha trasformato noi, che secondo la natura della carne eravamo figli dell’ira e soggetti al castigo, perché fossimo figli della pace e della carità» (n. 7: ibidem, p. 163).

Saluti:

Saluto in lingua croata:

Con grande gioia saluto e benedico i cresimandi dalla parrocchia di san Pietro apostolo a Split! Seguite Cristo con piena fiducia e con amore affinché la vostra giovinezza guidata dallo Spirito Santo porti la luce della fede al mondo contemporaneo.
Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua ungherese :

Saluto di cuore i pellegrini ungheresi qui presenti.
Vi auguro di vivere cristianamente i giorni delle vacanze.
Per questo imparto la mia Benedizione Apostolica.
Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovacca:

Con affetto do il benvenuto agli studenti del Ginnasio Cattolico di S. Andrea di Ružomberok come pure all’Istituto della Famiglia di Bratislava. Auguro a tutti buone vacanze e benedico voi e le vostre famiglie in Patria. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua polacca:

Saluto tutti i Polacchi qui presenti. Mi rallegro con voi per l'apertura, avvenuta la settimana scorsa, del processo di beatificazione del servo di Dio, il caro Papa Giovanni Paolo II. Affido alle vostre preghiere lo svolgimento di questa causa. Di cuore vi benedico.

* * *


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto le Suore Domenicane della Beata Imelda, che celebrano in questi giorni il loro Capitolo generale e le Suore Serve di Maria Santissima Addolorata, che ricordano il cento-cinquantesimo anniversario di fondazione del loro Istituto. Care sorelle, vi auguro di essere in ogni ambiente segni eloquenti dell’amore di Dio.

Saluto poi la delegazione, guidata da Mons. Riccardo Fontana, Arcivescovo di Spoleto-Norcia, che porta la Fiaccola Benedettina della pace, significativa manifestazione che è giunta alla trentesima edizione. Questa fiaccola è partita quest’anno da Mosca, dopo essere stata accolta da una Rappresentanza del Patriarca Alessio II, ed ha fatto tappa in Germania, nel monastero di Ottobeuren e a Marktl am Inn. Come simbolico segno di pace, essa sosta oggi presso le tombe degli Apostoli, e proseguirà poi per Norcia. Carissimi, possa questa suggestiva iniziativa suscitare un sempre più generoso impegno nel testimoniare in Europa i valori cristiani.

Rivolgo ora un pensiero affettuoso agli Allievi Ufficiali dell’Accademia militare di Modena e ai chierichetti che in queste settimane prestano servizio liturgico nella Basilica vaticana.

Il mio pensiero va infine, come di consueto, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Ci stiamo inoltrando nel periodo estivo, tempo di sano svago e di meritato riposo. Invito voi, cari giovani, ad approfittare dell’estate per utili esperienze umane e religiose. Auguro a voi, cari malati, di sentire anche in questi mesi la vicinanza di persone amiche e familiari. E a voi, cari sposi novelli, rivolgo l’invito ad utilizzare le vacanze per crescere nell’amore reciproco illuminato dalla gioia divina.






Catechesi 2005-2013 10605