Catechesi 2005-2013 16115

Mercoledì, 16 novembre 2005: Salmo 135,10-26 Rendimento di grazie per la salvezza operata da Dio - Vespri - Lunedì della 4\2a\0 Settimana

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1. La nostra riflessione ritorna sull’inno di lode del Salmo 135 che la Liturgia dei Vespri propone in due tappe successive, seguendo una specifica distinzione che la composizione offre a livello tematico. Infatti, la celebrazione delle opere del Signore si delinea entro due ambiti, quello dello spazio e quello del tempo.

Nella prima parte (cfr vv. 1-9), che è stata oggetto della nostra precedente meditazione, di scena erano gli atti divini dispiegati nella creazione: essi hanno dato origine alle meraviglie dell’universo. In quella parte del Salmo si proclama, così, la fede in Dio creatore, che si rivela attraverso le sue creature cosmiche. Ora, invece, il gioioso canto del Salmista, chiamato dalla tradizione giudaica «Il grande Hallel», ossia la lode più alta innalzata al Signore, ci conduce in un orizzonte diverso, quello della storia. La prima parte quindi tratta della creazione come riflesso della bellezza di Dio, la seconda parla della storia e del bene che Dio ha compiuto per noi nel corso del tempo. Sappiamo che la Rivelazione biblica proclama ripetutamente che la presenza di Dio salvatore si manifesta in modo particolare nella storia della salvezza (cfr
Dt 26,5-9 Jos 24,1-13).

2. Sfilano, così, davanti all’orante le azioni liberatrici del Signore che hanno il loro cuore nell’evento fondamentale dell’esodo dall’Egitto. A questo è profondamente connesso il travagliato viaggio nel deserto del Sinai, il cui approdo ultimo è la terra promessa, il dono divino che Israele continua a sperimentare in tutte le pagine della Bibbia.

Il celebre passaggio attraverso il Mar Rosso, «diviso in due parti», quasi squarciato e domato come un mostro vinto (cfr Ps 135,13), fa nascere il popolo libero e chiamato a una missione e a un destino glorioso (cfr vv. 14-15; Ex 15,1-21), che avrà la sua rilettura cristiana nella piena liberazione dal male con la grazia battesimale (cfr 1Co 10,1-4). Si apre, poi, l’itinerario del deserto: là il Signore è raffigurato come un guerriero che, proseguendo l’opera di liberazione iniziata nella traversata del Mar Rosso, si schiera a difesa del suo popolo colpendone gli avversari. Deserto e mare rappresentano, allora, il passaggio attraverso il male e l’oppressione per ricevere il dono della libertà e della terra promessa (cfr Ps 135,16-20).

3. Nel finale, il Salmo si affaccia su quel paese che la Bibbia esalta in modo entusiastico come «paese fertile: paese di torrenti, di fonti e di acque sotterranee… paese di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni; paese di ulivi, di olio e di miele; paese dove non mangerai con scarsità il pane, dove non ti mancherà nulla; paese dove le pietre sono ferro e dai cui monti scaverai il rame» (Dt 8,7-9).

Questa celebrazione enfatica, che va oltre la realtà di quella terra, vuole esaltare il dono divino dirigendo la nostra aspettativa verso il dono più alto della vita eterna con Dio. Un dono che permette al popolo di essere libero, un dono che nasce - come si continua a ripetere nell’antifona che scandisce ogni versetto - dal hesed del Signore, cioè dalla sua «misericordia», dalla sua fedeltà all’impegno assunto nell’alleanza con Israele, dal suo amore che continua a svelarsi attraverso il «ricordo» (cfr Ps 135,23). Nel tempo dell’«umiliazione», ossia delle successive prove e oppressioni, Israele scoprirà sempre la mano salvatrice del Dio della libertà e dell’amore. Anche nel tempo della fame e della miseria il Signore entrerà in scena per offrire all’intera umanità il cibo, confermando la sua identità di creatore (cfr v. 25).

4. Col Salmo 135 si intrecciano, dunque, due modalità dell’unica Rivelazione divina, quella cosmica (cfr vv. 4-9) e quella storica (cfr vv. 10-25). Il Signore è, certo, trascendente come creatore e arbitro dell’essere; ma è anche vicino alle sue creature, entrando nello spazio e nel tempo. Non rimane fuori, nel cielo lontano. Anzi, la sua presenza in mezzo a noi raggiunge il suo apice nell’Incarnazione di Cristo.

È ciò che la rilettura cristiana del Salmo proclama in modo limpido, come è attestato dai Padri della Chiesa che vedono il vertice della storia della salvezza e il segno supremo dell’amore misericordioso del Padre nel dono del Figlio, quale salvatore e redentore dell’umanità (cfr Jn 3,16).

Così, san Cipriano, un martire del III secolo, iniziando il suo trattato su Le opere di carità e l’elemosina contempla con stupore le opere che Dio ha compiuto in Cristo suo Figlio a favore del suo popolo, prorompendo infine in un appassionato riconoscimento della sua misericordia. «Fratelli carissimi, sono molti e grandi i benefici di Dio, che la bontà generosa e copiosa di Dio Padre e di Cristo ha compiuto e sempre compirà per la nostra salvezza; infatti per preservarci, per donarci una nuova vita e per poterci redimere, il Padre ha mandato il Figlio; il Figlio, che era stato mandato, volle essere chiamato anche Figlio dell’uomo, per farci diventare figli di Dio: si umiliò, per innalzare il popolo che prima giaceva a terra, fu ferito per curare le nostre ferite, divenne schiavo per condurre alla libertà noi che eravamo schiavi. Accettò di morire, per poter offrire ai mortali l’immortalità. Questi sono i molti e grandi doni della divina misericordia» (1: Trattati: Collana di Testi Patristici, CLXXV, Roma 2004, p. 108).

Con queste parole il santo Dottore della Chiesa sviluppa il Salmo con una litania dei benefici che Dio ha fatto a noi, aggiungendo a quanto il Salmista non ancora conosceva, ma già aspettava, il vero dono che Dio ci ha fatto: il dono del Figlio, il dono dell'Incarnazione, nella quale Dio si è donato a noi e rimane con noi, nell'Eucaristia e nella sua Parola, ogni giorno, fino alla fine della storia. Il pericolo nostro è che la memoria del male, dei mali sofferti, spesso sia più forte della memoria del bene. Il Salmo serve a risvegliare in noi anche la memoria del bene, di tanto bene che il Signore ci ha fatto e ci fa, e che possiamo vedere se il nostro cuore diventa attento: è vero, la misericordia di Dio è eterna, è presente giorno per giorno.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Saluto cordialmente i pellegrini polacchi qui presenti. Che il vostro pellegrinaggio alle Basiliche di Roma e l’incontro con la tradizione della Città Eterna rafforzino la vostra fede e diventino fonte della crescita spirituale. Dio vi benedica.

Traduzione italiana del saluto in lingua ceca:

Do un cordiale benvenuto ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai seminaristi e a tutti i fedeli che accompagnano i loro Vescovi, i quali compiono in questa settimana la visita ad Limina Apostolorum presso il Successore di Pietro. Con tutto il cuore vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!

* * * *


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto voi, cari membri della Famiglia religiosa dell’Amore Misericordioso, e prego il Signore di sostenervi perché possiate testimoniare nella Chiesa, sull’esempio della venerabile Madre Speranza, l’amore grande e misericordioso di Dio, sorgente dell’autentico amore per il prossimo.

Saluto inoltre, voi, care Religiose dell’Unione Superiore Maggiori d’Italia, e vi assicuro un orante ricordo perché siate rafforzate nei vostri generosi propositi di fedeltà al Signore e alla Chiesa.

Saluto poi voi, rappresentanti della Confcommercio, convenuti qui numerosi in occasione del sessantesimo anniversario di fondazione della vostra confederazione. Cari amici, auspico che le vostre imprese di commercio, operando in modo tale da non disgiungere mai l’economia e il mercato dalla solidarietà, contribuiscano sempre più alla crescita sociale dell’Italia.

Il mio pensiero va ora a voi, cari delegati del Movimento per la Vita, che ringrazio per la vostra coraggiosa attività trentennale volta a promuovere e difendere il diritto alla vita e la dignità di ogni persona umana dal suo concepimento alla sua morte naturale. Impegnandovi a prevenire l’aborto volontario, con un’attenta azione di supporto per le donne e le famiglie, voi collaborate a scrivere pagine di speranza per il futuro dell’umanità, proclamando in maniera concreta il "Vangelo della Vita".

Saluto infine i giovani, i malati e gli sposi novelli.
Cari amici, sull’esempio di santa Margherita di Scozia e di santa Gertrude, delle quali oggi celebriamo la memoria, cercate sempre in Gesù la luce e il sostegno per ogni vostra scelta nella vita quotidiana.




Mercoledì, 23 novembre 2005 Cantico cfr Ef 1,3-10 Dio Salvatore - Vespri - Lunedì 4a settimana

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1. Ogni settimana la Liturgia dei Vespri propone alla Chiesa orante il solenne inno di apertura della Lettera agli Efesini, il testo che è stato ora proclamato. Esso appartiene al genere delle berakot, cioè le «benedizioni» che già appaiono nell’Antico Testamento e che avranno un’ulteriore diffusione nella tradizione giudaica. Si tratta, quindi, di un costante filo di lode che sale a Dio, che nella fede cristiana è celebrato come «Padre del Signore nostro Gesù Cristo».

È per questo che, nella nostra lode innica, centrale è la figura di Cristo, nella quale si svela e si compie l’opera di Dio Padre. Infatti i tre verbi principali di questo lungo e compatto Cantico ci conducono sempre al Figlio.

2. Dio «ci ha scelti in lui» (
Ep 1,4): è la nostra vocazione alla santità e alla figliazione adottiva e quindi alla fraternità col Cristo. Questo dono, che trasforma radicalmente il nostro stato di creature, è a noi offerto «per opera di Gesù Cristo» (v. 5), un’opera che entra nel grande progetto salvifico divino, in quell’amoroso «beneplacito della volontà» (v. 6) del Padre che l’Apostolo con commozione sta contemplando.

Il secondo verbo, dopo quello dell’elezione (“ci ha scelti”), designa il dono della grazia: «La grazia che ci ha dato nel suo Figlio diletto» (ibidem). In greco abbiamo per due volte la stessa radice charis e echaritosen, per sottolineare la gratuità dell’iniziativa divina che precede ogni risposta umana. La grazia che il Padre dona a noi nel Figlio unigenito è, quindi, epifania del suo amore che ci avvolge e ci trasforma.

3. Ed eccoci al terzo verbo fondamentale del Cantico paolino: esso ha per oggetto sempre la grazia divina che è stata «abbondantemente riversata» in noi (v. 8). Siamo, dunque, davanti a un verbo di pienezza, potremmo dire - stando al suo tenore originario - di eccesso, di donazione senza limiti e riserve.

Giungiamo così nella profondità infinita e gloriosa del mistero di Dio, aperto e svelato per grazia a chi è stato chiamato per grazia e per amore, essendo questa rivelazione impossibile a raggiungersi con la sola dotazione dell’intelligenza e delle capacità umane. «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano. Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio» (1Co 2,9-10).

4. Il «mistero della volontà» divina ha un centro che è destinato a coordinare tutto l’essere e tutta la storia conducendoli alla pienezza voluta da Dio: è «il disegno di ricapitolare in Cristo tutte le cose» (Ep 1,10). In questo «disegno», in greco oikonomia, ossia in questo piano armonico dell’architettura dell’essere e dell’esistere, si leva Cristo capo del corpo della Chiesa, ma anche asse che ricapitola in sé «tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra». La dispersione e il limite vengono superati e si configura quella «pienezza» che è la vera meta del progetto che la volontà divina aveva prestabilito fin dalle origini.

Siamo, dunque, di fronte a un grandioso affresco della storia della creazione e della salvezza che vorremmo ora meditare e approfondire attraverso le parole di sant’Ireneo, il quale, in alcune pagine magistrali del suo trattato Contro le eresie, aveva sviluppato un’articolata riflessione proprio sulla ricapitolazione compiuta da Cristo.

5. La fede cristiana, egli afferma, riconosce che «vi è un solo Dio Padre e un solo Cristo Gesù, nostro Signore, che è venuto attraverso tutta l'economia e ha ricapitolato in sé tutte le cose. Tra tutte le cose c'è anche l'uomo, plasmazione di Dio. Dunque ha ricapitolato anche l'uomo in se stesso, divenendo visibile, egli che è invisibile, comprensibile egli che è incomprensibile e uomo egli che è Verbo» (3,16,6: Già e non ancora, CCCXX, Milano 1979, p. 268).

Per questo «il Verbo di Dio divenne uomo» realmente, non in apparenza, perché allora «la sua opera non sarebbe stata vera». Invece «egli era ciò che appariva: Dio che ricapitola in sé la sua antica creatura, che è l'uomo, per uccidere il peccato, distruggere la morte e vivificare l'uomo. E per questo le sue opere sono vere» (3,18,7: ibidem , pp. 277-278).

Si è costituito Capo della Chiesa per attirare tutti a sé nel momento giusto. Nello spirito di queste parole di sant'Ireneo preghiamo: sì, Signore, attiraci a Te, attira il mondo a Te e donaci la pace, la Tua pace.

Saluti

Saluto in lingua polacca:

Saluto cordialmente i polacchi. L’altro ieri abbiamo celebrato la giornata dedicata alle congregazioni contemplative. E’ una grande ricchezza della Chiesa. Ringraziamo le monache e i monachi per la loro preghiera e per il taciturno accompagnamento al movimentato mondo. Ci affidiamo alla loro memoria. A tutti i pellegrini imparto la mia benedizione. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua croata:

Saluto e benedico i pellegrini croati, particolarmente i fedeli provenienti dalla Donja Vežica e dall’isola di Brac! Riconoscendo la fugacità di questo mondo, con gioiosa speranza aspettiamo il cielo nuovo e la terra nuova, fedeli al Cristo – Re che sta arrivando! Siano lodati Gesù e Maria!

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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto le delegazioni delle Pro Loco provenienti da tutta Italia, la Federazione italiana Hockey e Pattinaggio, i rappresentanti dell’Università Sperimentale Decentrata, i partecipanti al congresso su “Scienza ed etica per una procreazione responsabile”.

Saluto inoltre le numerose comunità parrocchiali, con un pensiero speciale per quelle di Pescara-sud, di S. Maria Assunta, in Bagno di Romagna; di S. Maria, in Rosciano; di Maria Immacolata, in S. Vito dei Normanni, accompagnate dai loro rispettivi Vescovi; come pure le parrocchie di Sant’Antonio e di Gesù Buon Pastore, in Castellammare di Stabia.

Saluto poi i rappresentanti della Consulta Nazionale Antiusura, che ricordano il 10° anniversario della sua costituzione. Cari amici, la vostra presenza così numerosa mi offre l’opportunità di esprimere il mio vivo apprezzamento per la coraggiosa e generosa opera che svolgete in favore di famiglie e persone colpite dalla deplorevole piaga sociale dell’usura. Auspico che in molti si pongano al vostro fianco per sostenere il vostro encomiabile impegno sul piano della prevenzione, della solidarietà e della educazione alla legalità.

Il mio saluto va, infine, ai malati, agli sposi novelli e ai giovani. Tra i giovani ricordo particolarmente gli studenti dell’Istituto “San Giuseppe del Caburlotto” di Roma, dell’Istituto “Virgo Fidelis” di Grottaferrata, e della Scuola Media “Diamare-Conte” di Cassino. Tutti invito a prepararvi all’Avvento con fervore spirituale, attingendo dalla Parola di Dio e dall'Eucaristia l’energia interiore per accogliere il Signore che viene.




Mercoledì, 30 novembre 2005: Salmo 136,1-6 Sui fiumi di Babilonia - Vespri - Martedì 4\2a\0 settimana

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1. In questo primo mercoledì di Avvento, tempo liturgico di silenzio, vigilanza e preghiera in preparazione al Natale, meditiamo il Salmo 136, divenuto celebre nella versione latina del suo avvio, Super flumina Babylonis. Il testo evoca la tragedia vissuta dal popolo ebraico durante la distruzione di Gerusalemme, avvenuta nel 586 a.C., e il successivo e conseguente esilio babilonese. Siamo di fronte a un canto nazionale di dolore, segnato da un’asciutta nostalgia per ciò che si è perso.

Questa accorata invocazione al Signore, perché liberi i suoi fedeli dalla schiavitù babilonese, esprime bene anche i sentimenti di speranza e di attesa della salvezza con i quali abbiamo iniziato il nostro cammino di Avvento.

La prima parte del Salmo (cfr vv. 1-4) ha come sfondo la terra d’esilio, coi suoi fiumi e canali, quelli appunto che irrigavano la pianura babilonese, sede dei deportati ebrei. È quasi l’anticipazione simbolica dei campi di sterminio nei quali il popolo ebraico – nel secolo che abbiamo appena lasciato alle spalle – fu avviato attraverso un’operazione infame di morte, che è rimasta come una vergogna indelebile nella storia dell’umanità.

La seconda parte del Salmo (cfr vv. 5-6) è, invece, pervasa dal ricordo amoroso di Sion, la città perduta ma viva nel cuore degli esuli.

2. Coinvolti sono, nelle parole del Salmista, la mano, la lingua, il palato, la voce, le lacrime. La mano è indispensabile per il suonatore di cetra: ma ormai essa è paralizzata (cfr v. 5) dal dolore, anche perché le cetre sono appese ai salici.

La lingua è necessaria al cantore, ma ora è attaccata al palato (cfr v. 6). Invano gli aguzzini babilonesi «chiedono parole di canto… canzoni di gioia» (v. 3). I «canti di Sion» sono «canti del Signore» (vv. 3-4), non sono canzoni folcloristiche e da spettacolo. Solo nella liturgia e nella libertà di un popolo possono salire al cielo.

3. Dio, che è l’arbitro ultimo della storia, saprà comprendere e accogliere secondo la sua giustizia anche il grido delle vittime, al di là degli accenti aspri che a volte esso assume.

Vorremmo affidarci a sant’Agostino per un’ulteriore meditazione sul nostro Salmo. In essa il grande Padre della Chiesa introduce una nota sorprendente e di grande attualità: egli sa che anche tra gli abitanti di Babilonia ci sono persone che s’impegnano per la pace e per il bene della comunità, pur non condividendo la fede biblica, non conoscendo cioè la speranza della Città eterna alla quale noi aspiriamo. Essi portano in sé una scintilla di desiderio dell’ignoto, del più grande, del trascendente, di una vera redenzione. Ed egli dice che anche tra i persecutori, tra i non credenti, si trovano persone con questa scintilla, con una specie di fede, di speranza, per quanto è loro possibile nelle circostanze in cui vivono. Con questa fede anche in una realtà non conosciuta, essi sono realmente in cammino verso la vera Gerusalemme, verso Cristo. E con questa apertura di speranza anche per i babilonesi - come Agostino li chiama - per quelli che non conoscono Cristo, e neppure Dio, e tuttavia desiderano l’ignoto, l’eterno, egli ammonisce anche noi di non fissarci semplicemente sulle cose materiali dell’attimo presente, ma di perseverare nel cammino verso Dio. Solo con questa speranza più grande possiamo anche, nel modo giusto, trasformare questo mondo. Sant’Agostino lo dice con queste parole: «Se siamo cittadini di Gerusalemme… e dobbiamo vivere in questa terra, nella confusione del mondo presente, nella presente Babilonia, dove non dimoriamo da cittadini ma siamo tenuti prigionieri, bisogna che quanto detto dal Salmo non solo lo cantiamo ma lo viviamo: cosa che si fa con una aspirazione profonda del cuore, pienamente e religiosamente desideroso della città eterna».

Ed aggiunge riguardo alla «città terrestre chiamata Babilonia»: essa «ha persone che, mosse da amore per lei, si industriano per garantirne la pace - pace temporale - non nutrendo in cuore altra speranza, riponendo anzi in questo tutta la loro gioia, senza ripromettersi altro. E noi li vediamo fare ogni sforzo per rendersi utili alla società terrena. Ora, se si adoperano con coscienza pura in queste mansioni, Dio non permetterà che periscano con Babilonia, avendoli predestinati ad essere cittadini di Gerusalemme: a patto però che, vivendo in Babilonia, non ne ambiscano la superbia, il fasto caduco e l'indisponente arroganza... Egli vede il loro asservimento e mostrerà loro quell’altra città, verso la quale debbono veramente sospirare e indirizzare ogni sforzo» (Esposizioni sui
Ps 136,1-2, Nuova Biblioteca Agostiniana, XXVIII, Roma 1977, pp. 397 399).

E preghiamo il Signore che in tutti noi si risvegli questo desiderio, questa apertura verso Dio, e che anche quelli che non conoscono Cristo possano essere toccati dal suo amore, cosicché tutti insieme siamo in pellegrinaggio verso la Città definitiva e la luce di questa Città possa apparire anche in questo nostro tempo e in questo nostro mondo.

Saluti

Saluto in lingua polacca:

Saluto cordialmente i pellegrini polacchi qui presenti. In modo particolare, saluto i Vescovi qui presenti a Roma per la visita ad limina Apostolorum. Auguro a tutti quelli che effettuano la visita alle Tombe degli Apostoli un irrobustimento dello spirito della fede, della speranza e della carità. Auspico che il presente periodo dell’Avvento sia fecondo di frutti spirituali per tutti. Sia lodato Gesù Cristo.

Saluto in lingua croata:

Saluto i pellegrini croati, particolarmente i fedeli provenienti da Tordinci! In questi giorni d’Avvento, lo Spirito Santo rivolga i desideri dei vostri cuori verso le realtà del Cielo, da dove aspettiamo la venuta del Salvatore! Benedico voi e le vostre famiglie! Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua ceca:

Saluto cordialmente i pellegrini giunti da Praga. Auguro a tutti che in questo Avvento vi prepariate alla venuta del Signore con il cuore simile a quello di Maria, così che il Cristo possa venire anche oggi nella società, tramite noi. Volentieri vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovena:

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini dalla Slovenia, specialmente alle famiglie provenienti da Zagorje ob Savi. Cari amici, vi auguro che attraverso le bellezze della Città, consacrata dal sangue degli Apostoli Pietro e Paolo, possiate più profondamente sperimentare anche la bellezza della fede e dell’amore per il Cristo. Vi accompagni la mia Benedizione!

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Rivolgo ora un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto voi, rappresentanti della Confederazione Nazionale Formazione e Aggiornamento Professionale, convenuti così numerosi in occasione del trentesimo anniversario di fondazione del vostro benemerito sodalizio. Cari amici, vi auguro di continuare con slancio la vostra opera, fedeli sempre alla vostra tipica proposta formativa, ispirata ai principi cristiani e alla dottrina sociale della Chiesa, e seguendo le orme di grandi santi come Don Bosco, il Murialdo, Don Calabria, Don Orione e Maddalena di Canossa.

Saluto voi, cari fedeli delle parrocchie Madonna di Portosalvo in Terracina e Santi Eustorgio e Antonio Abate in Montoro Superiore, e vi esorto ad aderire sempre più a Cristo, partecipando attivamente alla costruzione delle vostre rispettive comunità.

Il mio pensiero va inoltre a voi, che fate parte del Consiglio dei Cappellani delle carceri italiane, qui accompagnati dall’Ispettore Generale Mons. Giorgio Caniato. Grazie per il prezioso ministero che svolgete con carità evangelica a fianco dei carcerati; assicuro la mia preghiera per ciascuno di voi e per tutti coloro che si trovano negli Istituti di detenzione, ai quali vorrei far giungere il mio affettuoso saluto.

Saluto, infine, i giovani, i malati e gli sposi novelli, ricordando tra i giovani particolarmente quelli provenienti dalla diocesi di Teramo-Atri. L’apostolo S. Andrea, di cui oggi celebriamo la festa, sia per tutti un modello di fedele sequela di Cristo e di coraggiosa testimonianza evangelica.

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Appello del Santo Padre


Domani 1° dicembre ricorre la Giornata Mondiale contro l’AIDS, iniziativa delle Nazioni Unite che intende richiamare l’attenzione sul flagello dell’AIDS, ed invitare la Comunità internazionale ad un rinnovato impegno nell’opera di prevenzione e nell’assistenza solidale verso coloro che ne sono colpiti. Le cifre diffuse in merito sono allarmanti!

Seguendo da vicino l’esempio di Cristo, la Chiesa ha sempre considerato la cura degli infermi come parte integrante della sua missione. Incoraggio pertanto le molte iniziative promosse per debellare questa malattia, in modo speciale dalle comunità ecclesiali, e mi sento vicino ai malati di AIDS e alle loro famiglie, invocando per loro l’aiuto e il conforto del Signore.



Mercoledì, 7 dicembre 2005: Salmo 137 Rendimento di grazie - Vespri - Martedì 4a settimana

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1. Posto dalla tradizione giudaica sotto il patronato di Davide, anche se probabilmente sorto in epoca successiva, l’inno di ringraziamento che ora abbiamo ascoltato, e che costituisce il Salmo 137, si apre con un canto personale dell’orante. Egli leva la sua voce nella cornice dell’assemblea del tempio o, per lo meno, avendo come riferimento il Santuario di Sion, sede della presenza del Signore e del suo incontro con il popolo dei fedeli.

Infatti, il Salmista confessa di «prostrarsi verso il tempio santo» gerosolimitano (cfr v. 2): là egli canta davanti a Dio che è nei cieli con la sua corte di angeli, ma che è anche in ascolto nello spazio terreno del tempio (cfr v. 1). L’orante è certo che il «nome» del Signore, ossia la sua realtà personale viva e operante, e le sue virtù della fedeltà e della misericordia, segni dell’alleanza col suo popolo, sono il sostegno di ogni fiducia e di ogni speranza (cfr v. 2).

2. Lo sguardo si rivolge, allora, per un istante al passato, al giorno della sofferenza: allora, al grido del fedele angosciato aveva risposto la voce divina. Essa aveva infuso coraggio nell’anima turbata (cfr v. 3). L’originale ebraico parla letteralmente del Signore che «agita la forza nell’anima» del giusto oppresso: è come se fosse l’irruzione di un vento impetuoso che spazza via le esitazioni e le paure, imprime un’energia vitale nuova, fa fiorire fortezza e fiducia.

Dopo questa premessa apparentemente personale, il Salmista allarga lo sguardo sul mondo e immagina che la sua testimonianza coinvolga tutto l’orizzonte: «tutti i re della terra», in una sorta di adesione universalistica, si associano all’orante ebreo in una lode comune in onore della grandezza e potenza sovrana del Signore (cfr vv. 4-6).

3. Il contenuto di questa lode corale che sale da tutti i popoli ha come primo tema la «gloria» e le «vie del Signore» (cfr v. 5), cioè i suoi progetti di salvezza e la sua rivelazione. Si scopre, così, che Dio è certamente «eccelso» e trascendente, ma «guarda verso l’umile» con affetto, mentre allontana dal suo volto il superbo in segno di reiezione e di giudizio (cfr v. 6).

Come proclamava Isaia, «Così parla l’Alto e l’Eccelso, che ha una sede eterna e il cui nome è santo: in luogo eccelso e santo io dimoro, ma sono anche con gli oppressi e gli umiliati, per ravvivare lo spirito degli umili e rianimare il cuore degli oppressi» (
Is 57,15). Dio fa, dunque, la scelta di schierarsi in difesa dei deboli, delle vittime, degli ultimi: questo è reso noto a tutti i re, perché sappiano quale debba essere la loro opzione nel governo delle nazioni.

4. Dopo questa chiamata in causa a raggio mondiale dei responsabili delle nazioni, l’orante ritorna alla lode personale (cfr Ps 137,7-8). Con uno sguardo che si protende verso il futuro della sua vita, egli implora un aiuto da Dio anche per le prove che l’esistenza ancora gli riserverà.

Si parla in modo sintetico dell’«ira dei nemici» (v. 7), una specie di simbolo di tutte le ostilità che possono pararsi innanzi al giusto durante il suo cammino nella storia. Ma egli sa che il Signore non lo abbandonerà mai e stenderà la sua mano per sorreggerlo e guidarlo. La finale del Salmo è, allora, un’ultima appassionata professione di fiducia in Dio dalla bontà sempiterna: egli «non abbandonerà l’opera delle sue mani», cioè la sua creatura (v. 8).

Dobbiamo essere certi che, per quanto siano pesanti e tempestose le prove che ci attendono, noi non saremo mai abbandonati a noi stessi, non cadremo mai fuori delle mani del Signore, quelle mani che ci hanno creato e che ora ci seguono nell’itinerario della vita. Come confesserà san Paolo, «Colui che ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento» (Ph 1,6).

5. Abbiamo, così, pregato con un Salmo di lode e di ringraziamento. Vogliamo continuare a far scorrere questo filo di lode innica attraverso la testimonianza di un cantore cristiano, il grande Efrem Siro (IV secolo), autore di testi di straordinaria fragranza poetica e spirituale.

«Per quanto grande sia la nostra meraviglia per te, o Signore, / la tua gloria supera ciò che le nostre lingue possono esprimere», canta Efrem in un inno (Inni sulla Verginità, 7: L’arpa dello Spirito, Roma 1999, p. 66), e in un altro: «Lode a te, per il quale tutte le cose sono facili, / perché tu sei onnipotente» (Inni sulla Natività, 11: ibidem, p. 48), o ancora: «Lode a te da tutti coloro che comprendono la tua verità» (Inni sulla Fede, 14: ibidem, p. 27).

Saluti

Saluto in lingua polacca:

Saluto i polacchi qui presenti. Domani celebreremo la solennità dell’Immacolata Concezione della Madre di Dio. Dio l’ha scelto è l’ha preservato dalla macchia del peccato originale, per prepararLa ad essere degna Madre del suo Figlio (cf. Prefazione). Alla sua protezione affido voi e le vostre famiglie. Dio vi benedica!

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Rivolgo ora un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i partecipanti al convegno promosso dalla Congregazione per il Clero, in occasione del quarantesimo anniversario della promulgazione del Decreto Presbyterorum ordinis, ed accompagnati dal Cardinale Darìo Castrillòn Hoyos. Cari fratelli, questo Documento conciliare ha segnato una tappa di fondamentale importanza nella vita della Chiesa per quanto concerne la riflessione sulla natura e sulle caratteristiche del sacerdozio ministeriale, che configura i presbiteri a Gesù Cristo, capo e pastore del suo popolo. A sua immagine e al suo servizio i sacerdoti devono donare la loro vita per la gloria di Dio e la salvezza delle anime.

Saluto poi i docenti e gli studenti della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. Cari amici, vi ringrazio per la vostra presenza e vi incoraggio a proseguire con generosità nel vostro impegno teologico, arduo e al tempo stesso esaltante, invitandovi a svolgerlo sempre in piena fedeltà al Vangelo e in comunione con il Magistero della Chiesa.

Saluto, inoltre, i componenti delle Sezioni di Bolzano e Firenze dell’Associazione Italiana Arbitri.Carissimi, la vostra presenza mi offre l’opportunità per porre in luce, ancora una volta, il valore dello sport, che se ben praticato può diventare veicolo privilegiato di un impareggiabile messaggio di speranza, promuovendo la cultura del rispetto, della lealtà e della serena convivenza.

Saluto, altresì, le rappresentanti dell’Accademia dei Merletti, di Cantù, con un pensiero speciale per le detenute che hanno confezionato manufatti liturgici. Saluto pure la famiglia del settimanale diocesano L’amico del Popolo di Agrigento, cui auguro di proseguire la preziosa opera informativa svolta in questi cinquant’anni di vita.

Rivolgo, infine, il mio affettuoso saluto ai giovani, ai malati e agli sposi novelli, ricordando tra i giovani particolarmente gli alunni dell’Istituto Don Bosco di Cinecittà, e il gruppo Cavalieri di Sobieski, sorto dallo zelo apostolico che il compianto Mons. Luigi Giussani ha trasmesso nell’educazione della gioventù. Il vescovo Sant’Ambrogio, di cui oggi celebriamo la memoria, sia per tutti un esempio di fedeltà a Gesù che, in questo tempo di Avvento, attendiamo come Salvatore dell’umanità.


Mercoledì, 14 dicembre 2005: Salmo 138,1-12 Dio vede tutto - Vespri - Mercoledì 4a settimana


Catechesi 2005-2013 16115