Catechesi 2005-2013 14066

Mercoledì, 14 giugno 2006: Andrea, il Protoclito

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Cari fratelli e sorelle,

nelle ultime due catechesi abbiamo parlato della figura di san Pietro. Adesso vogliamo, per quanto le fonti permettono, conoscere un po’ più da vicino anche gli altri undici Apostoli. Pertanto parliamo oggi del fratello di Simon Pietro, sant’Andrea, anch'egli uno dei Dodici. La prima caratteristica che colpisce in Andrea è il nome: non è ebraico, come ci si sarebbe aspettato, ma greco, segno non trascurabile di una certa apertura culturale della sua famiglia. Siamo in Galilea, dove la lingua e la cultura greche sono abbastanza presenti. Nelle liste dei Dodici, Andrea occupa il secondo posto, come in Matteo (
Mt 10,1-4) e in Luca (Lc 6,13-16), oppure il quarto posto come in Marco (Mc 3,13-18) e negli Atti (Ac 1,13-14). In ogni caso, egli godeva sicuramente di grande prestigio all'interno delle prime comunità cristiane.

Il legame di sangue tra Pietro e Andrea, come anche la comune chiamata rivolta loro da Gesù, emergono esplicitamente nei Vangeli. Vi si legge: “Mentre Gesù camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone chiamato Pietro e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, perché erano pescatori. E disse loro: «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini»” (Mt 4,18-19 Mc 1,16-17). Dal Quarto Vangelo raccogliamo un altro particolare importante: in un primo momento, Andrea era discepolo di Giovanni Battista; e questo ci mostra che era un uomo che cercava, che condivideva la speranza d’Israele, che voleva conoscere più da vicino la parola del Signore, la realtà del Signore presente. Era veramente un uomo di fede e di speranza; e da Giovanni Battista un giorno sentì proclamare Gesù come “l’agnello di Dio” (Jn 1,36); egli allora si mosse e, insieme a un altro discepolo innominato, seguì Gesù, Colui che era chiamato da Giovanni “agnello di Dio”. L’evangelista riferisce: essi “videro dove dimorava e quel giorno dimorarono presso di lui” (Jn 1,37-39). Andrea quindi godette di preziosi momenti d’intimità con Gesù. Il racconto prosegue con un’annotazione significativa: “Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia, che significa il Cristo», e lo condusse a Gesù” (Jn 1,40-43), dimostrando subito un non comune spirito apostolico. Andrea, dunque, fu il primo degli Apostoli ad essere chiamato a seguire Gesù. Proprio su questa base la liturgia della Chiesa Bizantina lo onora con l'appellativo di Protóklitos, che significa appunto “primo chiamato”. Ed è certo che anche per il rapporto fraterno tra Pietro e Andrea la Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli si sentono tra loro in modo speciale Chiese sorelle. Per sottolineare questo rapporto, il mio predecessore Papa Paolo VI, nel 1964, restituì l’insigne reliquia di sant’Andrea, fino ad allora custodita nella Basilica Vaticana, al Vescovo metropolita ortodosso della città di Patrasso in Grecia, dove secondo la tradizione l'Apostolo fu crocifisso.

Le tradizioni evangeliche rammentano particolarmente il nome di Andrea in altre tre occasioni che ci fanno conoscere un po’ di più quest’uomo. La prima è quella della moltiplicazione dei pani in Galilea. In quel frangente, fu Andrea a segnalare a Gesù la presenza di un ragazzo che aveva con sé cinque pani d'orzo e due pesci: ben poca cosa - egli rilevò - per tutta la gente convenuta in quel luogo (cfr Jn 6,8-9). Merita di essere sottolineato, nel caso, il realismo di Andrea: egli notò il ragazzo – quindi aveva già posto la domanda: “Ma che cos’è questo per tanta gente?” (ivi) - e si rese conto della insufficienza delle sue poche risorse. Gesù tuttavia seppe farle bastare per la moltitudine di persone venute ad ascoltarlo. La seconda occasione fu a Gerusalemme. Uscendo dalla città, un discepolo fece notare a Gesù lo spettacolo delle poderose mura che sorreggevano il Tempio. La risposta del Maestro fu sorprendente: disse che di quelle mura non sarebbe rimasta pietra su pietra. Andrea allora, insieme a Pietro, Giacomo e Giovanni, lo interrogò: “Dicci quando accadrà questo e quale sarà il segno che tutte queste cose staranno per compiersi” (Mc 13,1-4). Per rispondere a questa domanda Gesù pronunciò un importante discorso sulla distruzione di Gerusalemme e sulla fine del mondo, invitando i suoi discepoli a leggere con accortezza i segni del tempo e a restare sempre vigilanti. Dalla vicenda possiamo dedurre che non dobbiamo temere di porre domande a Gesù, ma al tempo stesso dobbiamo essere pronti ad accogliere gli insegnamenti, anche sorprendenti e difficili, che Egli ci offre.

Nei Vangeli è, infine, registrata una terza iniziativa di Andrea. Lo scenario è ancora Gerusalemme, poco prima della Passione. Per la festa di Pasqua - racconta Giovanni - erano venuti nella città santa anche alcuni Greci, probabilmente proseliti o timorati di Dio, venuti per adorare il Dio di Israele nella festa della Pasqua. Andrea e Filippo, i due apostoli con nomi greci, servono come interpreti e mediatori di questo piccolo gruppo di Greci presso Gesù. La risposta del Signore alla loro domanda appare – come spesso nel Vangelo di Giovanni – enigmatica, ma proprio così si rivela ricca di significato. Gesù dice ai due discepoli e, per loro tramite, al mondo greco: “E’ giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo. In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (12,23-24). Che cosa significano queste parole in questo contesto? Gesù vuole dire: Sì, l’incontro tra me ed i Greci avrà luogo, ma non come semplice e breve colloquio tra me ed alcune persone, spinte soprattutto dalla curiosità. Con la mia morte, paragonabile alla caduta in terra di un chicco di grano, giungerà l’ora della mia glorificazione. Dalla mia morte sulla croce verrà la grande fecondità: il “chicco di grano morto” – simbolo di me crocifisso – diventerà nella risurrezione pane di vita per il mondo; sarà luce per i popoli e le culture. Sì, l’incontro con l’anima greca, col mondo greco, si realizzerà a quella profondità a cui allude la vicenda del chicco di grano che attira a sé le forze della terra e del cielo e diventa pane. In altre parole, Gesù profetizza la Chiesa dei greci, la Chiesa dei pagani, la Chiesa del mondo come frutto della sua Pasqua.

Tradizioni molto antiche vedono in Andrea, il quale ha trasmesso ai greci questa parola, non solo l’interprete di alcuni Greci nell’incontro con Gesù ora ricordato, ma lo considerano come apostolo dei Greci negli anni che succedettero alla Pentecoste; ci fanno sapere che nel resto della sua vita egli fu annunciatore e interprete di Gesù per il mondo greco. Pietro, suo fratello, da Gerusalemme attraverso Antiochia giunse a Roma per esercitarvi la sua missione universale; Andrea fu invece l’apostolo del mondo greco: essi appaiono così in vita e in morte come veri fratelli – una fratellanza che si esprime simbolicamente nello speciale rapporto delle Sedi di Roma e di Costantinopoli, Chiese veramente sorelle.

Una tradizione successiva, come si è accennato, racconta della morte di Andrea a Patrasso, ove anch’egli subì il supplizio della crocifissione. In quel momento supremo, però, in modo analogo al fratello Pietro, egli chiese di essere posto sopra una croce diversa da quella di Gesù. Nel suo caso si trattò di una croce decussata, cioè a incrocio trasversale inclinato, che perciò venne detta “croce di sant'Andrea”. Ecco ciò che l’Apostolo avrebbe detto in quell’occasione, secondo un antico racconto (inizi del secolo VI) intitolato Passione di Andrea: “Salve, o Croce, inaugurata per mezzo del corpo di Cristo e divenuta adorna delle sue membra, come fossero perle preziose. Prima che il Signore salisse su di te, tu incutevi un timore terreno. Ora invece, dotata di un amore celeste, sei ricevuta come un dono. I credenti sanno, a tuo riguardo, quanta gioia tu possiedi, quanti regali tu tieni preparati. Sicuro dunque e pieno di gioia io vengo a te, perché anche tu mi riceva esultante come discepolo di colui che fu sospeso a te ... O Croce beata, che ricevesti la maestà e la bellezza delle membra del Signore! ... Prendimi e portami lontano dagli uomini e rendimi al mio Maestro, affinché per mezzo tuo mi riceva chi per te mi ha redento. Salve, o Croce; sì, salve davvero!”. Come si vede, c'è qui una profondissima spiritualità cristiana, che vede nella Croce non tanto uno strumento di tortura quanto piuttosto il mezzo incomparabile di una piena assimilazione al Redentore, al Chicco di grano caduto in terra. Noi dobbiamo imparare di qui una lezione molto importante: le nostre croci acquistano valore se considerate e accolte come parte della croce di Cristo, se raggiunte dal riverbero della sua luce. Soltanto da quella Croce anche le nostre sofferenze vengono nobilitate e acquistano il loro vero senso.

L'apostolo Andrea, dunque, ci insegni a seguire Gesù con prontezza (cfr Mt 4,20 Mc 1,18), a parlare con entusiasmo di Lui a quanti incontriamo, e soprattutto a coltivare con Lui un rapporto di vera familiarità, ben coscienti che solo in Lui possiamo trovare il senso ultimo della nostra vita e della nostra morte.

Saluti:

Saluto in lingua ceca:

Un benvenuto ai pellegrini della Parrocchia di Klatovy! In questo mese di giugno chiediamo a Gesù, che è mite e umile di cuore, di trasformare i nostri cuori secondo il Suo Cuore. Vi benedico tutti. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua croata:

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini dalla Croazia! Carissimi, testimoniate la vostra fede con la frequente visita al Signore Gesù, presente nel Mistero nei tabernacoli delle chiese, affinché, riempiti di pace e di amore, progrediate nella santità. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua lituana:

Il mio saluto caloroso ai lituani qui presenti! Che possiate trovare nel vostro pellegrinaggio la forza per essere testimoni fedeli dello Spirito di verità e d’amore. Da Dio, nostro Salvatore, invoco la benedizione per voi tutti e per le vostre famiglie. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua polacca:

Saluto cordialmente tutti i pellegrini. Alla vigilia della solennità del Sacratissimo Corpo e Sangue del Signore rivolgiamo i nostri cuori a Cristo presente nel mistero dell’Eucaristia. Con la fede nelle sue parole: “Ecco il mio Corpo... Ecco il mio Sangue” accostiamoci a questa fonte di grazia, ringraziando Dio per il così grande segno del suo amore. La Comunione e l’adorazione eucaristica ci santifichino tutti.

Saluto in lingua ungherese:

Saluto cordialmente i fedeli ungheresi venuti da Miskolc. Questa settimana celebriamo la festa di Corpus Domini. La frequente e degna partecipazione alla Comunione sia per tutti fonte della vita spirituale. Di cuore imparto a tutti voi ed alle vostre famiglie la Benedizione Apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!

* * *


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto voi, cari soci dell'Azione Cattolica di Aversa, accompagnati dal vostro Pastore Mons. Mario Milano, e mentre vi ringrazio per la vostra presenza, vi incoraggio a perseverare nei vostri buoni propositi, auspicando per ciascuno copiosi doni di serenità e di pace. Saluto inoltre voi, cari bambini della Diocesi di Castellaneta, che siete venuti col vostro Vescovo Mons. Pietro Fragnelli. Vi assicuro il mio ricordo nella preghiera e vi auguro di essere sempre testimoni di Gesù, suoi piccoli missionari nell'odierna società.

Rivolgo, infine, un cordiale saluto ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. La festa del Corpus Domini è occasione propizia per approfondire la fede e l'amore verso l'Eucaristia. Cari giovani, nutritevi spesso del Corpo e del Sangue di Cristo, nostro cibo spirituale, e progredirete sulla via della santità. L'Eucaristia sia per voi, cari malati, il sostegno, la luce e il conforto nella prova e nella sofferenza. E voi, cari sposi novelli, sappiate trarre da questo Sacramento l'energia spirituale per vivere il grande amore di cui Cristo ci ha dato la prova, donandoci il suo Corpo ed il suo Sangue.

Domani, festa del Corpus Domini, come ogni anno, celebreremo alle ore 19 la Santa Messa nella Piazza di San Giovanni in Laterano. Al termine, seguirà la solenne processione che, percorrendo Via Merulana, si concluderà a Santa Maria Maggiore. Invito la Comunità cristiana a unirsi in questo atto di profonda fede verso l'Eucaristia, che costituisce il più prezioso tesoro della Chiesa e dell'umanità.




Piazza San Pietro

Mercoledì, 21 giugno 2006: Giacomo, il Maggiore

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Cari fratelli e sorelle,

proseguendo nella serie di ritratti degli Apostoli scelti direttamente da Gesù durante la sua vita terrena. Abbiamo parlato di san Pietro, di suo fratello Andrea. Oggi incontriamo la figura di Giacomo. Gli elenchi biblici dei Dodici menzionano due persone con questo nome: Giacomo figlio di Zebedeo e Giacomo figlio di Alfeo (cfr
Mc 3,17 Mc 3,18 Mt 10,2-3), che vengono comunemente distinti con gli appellativi di Giacomo il Maggiore e Giacomo il Minore. Queste designazioni non vogliono certo misurare la loro santità, ma soltanto prendere atto del diverso rilievo che essi ricevono negli scritti del Nuovo Testamento e, in particolare, nel quadro della vita terrena di Gesù. Oggi dedichiamo la nostra attenzione al primo di questi due personaggi omonimi.

Il nome Giacomo è la traduzione di Iákobos, forma grecizzata del nome del celebre patriarca Giacobbe. L’apostolo così chiamato è fratello di Giovanni, e negli elenchi suddetti occupa il secondo posto subito dopo Pietro, come in Marco (3,17), o il terzo posto dopo Pietro e Andrea nel Vangeli di Matteo (10,2) e di Luca (6,14), mentre negli Atti viene dopo Pietro e Giovanni (1,13). Questo Giacomo appartiene, insieme con Pietro e Giovanni, al gruppo dei tre discepoli privilegiati che sono stati ammessi da Gesù a momenti importanti della sua vita.

Poiché fa molto caldo, vorrei abbreviare e menzionare qui solo due di queste occasioni. Egli ha potuto partecipare, insieme con Pietro e Giovanni, al momento dell’agonia di Gesù nell’orto del Getsemani e all’evento della Trasfigurazione di Gesù. Si tratta quindi di situazioni molto diverse e l’una dall’altra: in un caso, Giacomo con gli altri due Apostoli sperimenta la gloria del Signore, lo vede nel colloquio con Mosé ed Elia, vede trasparire lo splendore divino in Gesù; nell’altro si trova di fronte alla sofferenza e all’umiliazione, vede con i propri occhi come il Figlio di Dio si umilia facendosi obbediente fino alla morte. Certamente la seconda esperienza costituì per lui l’occasione di una maturazione nella fede, per correggere l’interpretazione unilaterale, trionfalista della prima: egli dovette intravedere che il Messia, atteso dal popolo giudaico come un trionfatore, in realtà non era soltanto circonfuso di onore e di gloria, ma anche di patimenti e di debolezza. La gloria di Cristo si realizza proprio nella Croce, nella partecipazione alle nostre sofferenze.

Questa maturazione della fede fu portata a compimento dallo Spirito Santo nella Pentecoste, così che Giacomo, quando venne il momento della suprema testimonianza, non si tirò indietro. All’inizio degli anni 40 del I secolo il re Erode Agrippa, nipote di Erode il Grande, come ci informa Luca, “cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa, e fece uccidere di spada Giacomo fratello di Giovanni” (Ac 12,1-2). La stringatezza della notizia, priva di ogni dettaglio narrativo, rivela, da una parte, quanto fosse normale per i cristiani testimoniare il Signore con la propria vita e, dall’altra, quanto Giacomo avesse una posizione di spicco nella Chiesa di Gerusalemme, anche a motivo del ruolo svolto durante l’esistenza terrena di Gesù. Una tradizione successiva, risalente almeno a Isidoro di Siviglia, racconta di un suo soggiorno in Spagna per evangelizzare quella importante regione dell'impero romano. Secondo un’altra tradizione, sarebbe invece stato il suo corpo ad essere trasportato in Spagna, nella città di Santiago di Compostella. Come tutti sappiamo, quel luogo divenne oggetto di grande venerazione ed è tuttora mèta di numerosi pellegrinaggi, non solo dall’Europa ma da tutto il mondo. E’ così che si spiega la rappresentazione iconografica di san Giacomo con in mano il bastone del pellegrino e il rotolo del Vangelo, caratteristiche dell’apostolo itinerante e dedito all’annuncio della “buona notizia”, caratteristiche del pellegrinaggio della vita cristiana.

Da san Giacomo, dunque, possiamo imparare molte cose: la prontezza ad accogliere la chiamata del Signore anche quando ci chiede di lasciare la “barca” delle nostre sicurezze umane, l’entusiasmo nel seguirlo sulle strade che Egli ci indica al di là di ogni nostra illusoria presunzione, la disponibilità a testimoniarlo con coraggio, se necessario, fino al sacrificio supremo della vita. Così Giacomo il Maggiore si pone davanti a noi come esempio eloquente di generosa adesione a Cristo. Egli, che inizialmente aveva chiesto, tramite sua madre, di sedere con il fratello accanto al Maestro nel suo Regno, fu proprio il primo a bere il calice della passione, a condividere con gli Apostoli il martirio.

E alla fine, riassumendo tutto, possiamo dire che il cammino non solo esteriore ma soprattutto interiore, dal monte della Trasfigurazione al monte dell’agonia, simbolizza tutto il pellegrinaggio della vita cristiana, fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, come dice il Concilio Vaticano II. Seguendo Gesù come san Giacomo, sappiamo, anche nelle difficoltà, che andiamo sulla strada giusta.

Saluti:

Saluto in lingua lituana:

Saluto i pellegrini provenienti dalla Lituania, in modo particolare i sacerdoti e i diaconi delle diocesi di Šiauliai e Telšiai!
Auspico che l’Eucaristia sia la sorgente e il centro della vostra vita quotidiana. Vi chiedo di trasmettere il mio affettuoso saluto alle vostre famiglie e ai fedeli delle vostre parrocchie.
Vi accompagno con la preghiera e vi imparto volentieri la Benedizione Apostolica.

Saluto in lingua polacca:

Saluto i pellegrini dalla Polonia. Venerdì festeggeremo la solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù. E’ la festa, in cui in modo particolare glorifichiamo l’amore di Dio. Preghiamo, affinché tutti gli uomini possano sperimentarlo nella pace e nella gioia. Sia lodato Gesù Cristo.

Saluto in lingua slovena:

Rivolgo un cordiale saluto a voi, pellegrini della Slovenia, specialmente ai fedeli della Parrocchia del Ss. Sacramento a Maribor. Gesù Eucaristia vi sia sempre di sostegno e forza per una vita cristiana esemplare. Di cuore vi imparto l'Apostolica Benedizione!

Saluto in lingua slovacca:

Do un cordiale benvenuto ai pellegrini slovacchi provenienti da Banská Bystrica, Krakovany e Pieštany.
Cari fratelli e sorelle, vi auguro un soggiorno benedetto a Roma e volentieri benedico voi e vostri cari in Patria.
Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua ungherese:

Saluto cordialmente i pellegrini ungheresi, specialmente quelli che sono venuti da Bakonybél.
Dopodomani celebriamo la festa del Sacro Cuore di Gesù, che è il simbolo dell’amore di Gesù al Padre, ma anche dell’amore per ciascuno di noi.
Volentieri imparto a tutti voi la Benedizione Apostolica.
Sia lodato Gesù Cristo!

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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto voi, cari fedeli della diocesi di Acerenza, accompagnati dal vostro Pastore Mons. Giovanni Ricchiuti, e formulo fervidi voti che questo incontro susciti in ciascuno rinnovati propositi di generosa testimonianza cristiana. Saluto inoltre voi, care Suore Francescane Missionarie di Gesù Bambino, riunite in Capitolo Generale, invocando su di voi e sul vostro Istituto la continua assistenza del Signore, perché possiate servire con sempre più fervido slancio il Vangelo e la Chiesa.

Saluto, ora, i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli. L’esempio e l’intercessione di San Luigi Gonzaga, di cui oggi facciamo memoria, solleciti voi, cari giovani, a valorizzare la virtù della purezza evangelica; aiuti voi, cari ammalati ad affrontare la sofferenza trovando conforto in Cristo crocifisso; conduca voi, cari sposi novelli, a un amore sempre più profondo verso Dio e tra di voi.




Piazza San Pietro

Mercoledì, 28 giugno 2006: Giacomo, il Minore

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Cari fratelli e sorelle,

accanto alla figura di Giacomo “il Maggiore”, figlio di Zebedeo, del quale abbiamo parlato mercoledì scorso, nei Vangeli compare un altro Giacomo, che viene detto “il Minore”. Anch’egli fa parte delle liste dei dodici Apostoli scelti personalmente da Gesù, e viene sempre specificato come “figlio di Alfeo” (cfr
Mt 10,3 Mc 3,18 Lc 5 Ac 1,13). E’ stato spesso identificato con un altro Giacomo, detto “il Piccolo” (cfr Mc 15,40), figlio di una Maria (cfr ibid.) che potrebbe essere la “Maria di Cleofa” presente, secondo il Quarto Vangelo, ai piedi della Croce insieme alla Madre di Gesù (cfr Jn 19,25). Anche lui era originario di Nazaret e probabile parente di Gesù (cfr Mt 13,55 Mc 6,3), del quale alla maniera semitica viene detto “fratello” (cfr Mc 6,3 Ga 1,19). Di quest'ultimo Giacomo, il libro degli Atti sottolinea il ruolo preminente svolto nella Chiesa di Gerusalemme. Nel Concilio apostolico là celebrato dopo la morte di Giacomo il Maggiore, affermò insieme con gli altri che i pagani potevano essere accolti nella Chiesa senza doversi prima sottoporre alla circoncisione (cfr Ac 15,13). San Paolo, che gli attribuisce una specifica apparizione del Risorto (cfr 1Co 15,7), nell’occasione della sua andata a Gerusalemme lo nomina addirittura prima di Cefa-Pietro, qualificandolo “colonna” di quella Chiesa al pari di lui (cfr Ga 2,9). In seguito, i giudeo-cristiani lo considerarono loro principale punto di riferimento. A lui viene pure attribuita la Lettera che porta il nome di Giacomo ed è compresa nel canone neotestamentario. Egli non vi si presenta come “fratello del Signore”, ma come “servo di Dio e del Signore Gesù Cristo” (Jc 1,1).

Tra gli studiosi si dibatte la questione dell’identificazione di questi due personaggi dallo stesso nome, Giacomo figlio di Alfeo e Giacomo “fratello del Signore”. Le tradizioni evangeliche non ci hanno conservato alcun racconto né sull’uno né sull’altro in riferimento al periodo della vita terrena di Gesù. Gli Atti degli Apostoli, invece, ci mostrano che un “Giacomo” ha svolto un ruolo molto importante, come abbiamo già accennato, dopo la risurrezione di Gesù, all’interno della Chiesa primitiva (cfr Ac 12,17 Ac 15,13-21 Ac 21,18). L’atto più rilevante da lui compiuto fu l’intervento nella questione del difficile rapporto tra i cristiani di origine ebraica e quelli di origine pagana: in esso egli contribuì insieme a Pietro a superare, o meglio, a integrare l'originaria dimensione giudaica del cristianesimo con l'esigenza di non imporre ai pagani convertiti l’obbligo di sottostare a tutte le norme della legge di Mosè. Il libro degli Atti ci ha conservato la soluzione di compromesso, proposta proprio da Giacomo e accettata da tutti gli Apostoli presenti, secondo cui ai pagani che avessero creduto in Gesù Cristo si doveva soltanto chiedere di astenersi dall’usanza idolatrica di mangiare la carne degli animali offerti in sacrificio agli dèi, e dall’“impudicizia”, termine che probabilmente alludeva alle unioni matrimoniali non consentite. In pratica, si trattava di aderire solo a poche proibizioni, ritenute piuttosto importanti, della legislazione mosaica.

In questo modo, si ottennero due risultati significativi e complementari, entrambi validi tuttora: da una parte, si riconobbe il rapporto inscindibile che collega il cristianesimo alla religione ebraica come a sua matrice perennemente viva e valida; dall’altra, si concesse ai cristiani di origine pagana di conservare la propria identità sociologica, che essi avrebbero perduto se fossero stati costretti a osservare i cosiddetti “precetti cerimoniali” mosaici: questi ormai non dovevano più considerarsi obbliganti per i pagani convertiti. In sostanza, si dava inizio a una prassi di reciproca stima e rispetto, che, nonostante incresciose incomprensioni posteriori, mirava per natura sua a salvaguardare quanto era caratteristico di ciascuna delle due parti.

La più antica informazione sulla morte di questo Giacomo ci è offerta dallo storico ebreo Flavio Giuseppe. Nelle sue Antichità Giudaiche (20,201s), redatte a Roma verso la fine del I° secolo, egli ci racconta che la fine di Giacomo fu decisa con iniziativa illegittima dal Sommo Sacerdote Anano, figlio dell’Annas attestato nei Vangeli, il quale approfittò dell'intervallo tra la deposizione di un Procuratore romano (Festo) e l'arrivo del successore (Albino) per decretare la sua lapidazione nell’anno 62.

Al nome di questo Giacomo, oltre all’apocrifo Protovangelo di Giacomo, che esalta la santità e la verginità di Maria Madre di Gesù, è particolarmente legata la Lettera che reca il suo nome. Nel canone del Nuovo Testamento essa occupa il primo posto tra le cosiddette ‘Lettere cattoliche’, destinate cioè non a una sola Chiesa particolare – come Roma, Efeso, ecc. -, ma a molte Chiese. Si tratta di uno scritto assai importante, che insiste molto sulla necessità di non ridurre la propria fede a una pura dichiarazione verbale o astratta, ma di esprimerla concretamente in opere di bene. Tra l'altro, egli ci invita alla costanza nelle prove gioiosamente accettate e alla preghiera fiduciosa per ottenere da Dio il dono della sapienza, grazie alla quale giungiamo a comprendere che i veri valori della vita non stanno nelle ricchezze transitorie, ma piuttosto nel saper condividere le proprie sostanze con i poveri e i bisognosi (cfr Jc 1,27).

Così la lettera di san Giacomo ci mostra un cristianesimo molto concreto e pratico. La fede deve realizzarsi nella vita, soprattutto nell’amore del prossimo e particolarmente nell’impegno per i poveri. E’ su questo sfondo che dev’essere letta anche la frase famosa: “Come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta” (Jc 2,26). A volte questa dichiarazione di Giacomo è stata contrapposta alle affermazioni di Paolo, secondo cui noi veniamo resi giusti da Dio non in virtù delle nostre opere, ma grazie alla nostra fede (cfr Ga 2,16 Rm 3,28). Tuttavia, le due frasi, apparentemente contraddittorie con le loro prospettive diverse, in realtà, se bene interpretate, si completano. San Paolo si oppone all’orgoglio dell’uomo che pensa di non aver bisogno dell’amore di Dio che ci previene, si oppone all’orgoglio dell’autogiustificazione senza la grazia semplicemente donata e non meritata. San Giacomo parla invece delle opere come frutto normale della fede: “L’albero buono produce frutti buoni”, dice il Signore (Mt 7,17). E san Giacomo lo ripete e lo dice a noi.

Da ultimo, la lettera di Giacomo ci esorta ad abbandonarci alle mani di Dio in tutto ciò che facciamo, pronunciando sempre le parole: “Se il Signore vorrà” (Jc 4,15). Così egli ci insegna a non presumere di pianificare la nostra vita in maniera autonoma e interessata, ma a fare spazio all’imperscrutabile volontà di Dio, che conosce il vero bene per noi. In questo modo san Giacomo resta un sempre attuale maestro di vita per ciascuno di noi.

Saluti:

Saluto in lingua lituana:

Saluto cordialmente i pellegrini provenienti dalla Lituania. Il Signore illumini costantemente i vostri cuori perché testimoniate con coraggio e gioia il Vangelo di Cristo. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua polacca:

Saluto i pellegrini Polacchi qui presenti. Domani, festeggeremo la Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. Questi due grandi Apostoli sono collegati tra loro dallo zelo nell’annuncio del Vangelo, dalla testimonianza di fede e dalla morte nel martirio. Che la visita ai loro sepolcri rafforzi la vostra comunione con Cristo e con la Chiesa. Sia lodato Gesù Cristo.

Saluto in lingua slovacca:

Con affetto do un benvenuto ai pellegrini provenienti dalle parrocchie di Vinodol, Lipany, Sverepec, come pure ai sindaci di Zvolen e dintorni. Cari fratelli e sorelle, pregate per i vostri sacerdoti novelli, ordinati in questo mese. Volentieri benedico voi e le vostre famiglie. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua ungherese:

Un saluto cordiale ai pellegrini ungheresi, e specialmente a coloro che sono arrivati da Kaposvár. Alla vigilia della festa di S. Pietro e Paolo ricordiamo il martirio di questi due per noi tanto cari principi degli apostoli. Chiedendo la loro intercessione Vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica. Sia lodato Gesù Cristo !

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Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i partecipanti ai Capitoli Generali della Società del Verbo Divino e delle Suore Francescane Immacolatine, ed auspico che le rispettive assemblee capitolari siano un’occasione di profondo rinnovamento spirituale e di vitalità apostolica. Saluto poi i rappresentanti dall’Apostolato della Preghiera convenuti in occasione del 50° anniversario di promulgazione dell’enciclica “Haurietis aquas”: l’unione al Cuore di Gesù sia per tutti sorgente di santità e di efficace azione apostolica. Saluto, inoltre, quanti prendono parte all’Incontro promosso dalla Famiglia Orionina, in occasione della “Festa del Papa”, che quest’anno ha come tema “Tanti cuori attorno al Papa, evangelizzatore della vita”. Cari amici, vi ringrazio per la vostra presenza e per l’amore che volete manifestare verso il Successore di Pietro con questa vostra iniziativa. Continuate a seguire fedelmente il vostro Fondatore e testimoniate il Vangelo della vita mediante ogni vostra Istituzione ed attività, al servizio specialmente delle persone deboli e sofferenti, ricordando – come diceva don Orione – che “nel più misero dei fratelli brilla l’immagine di Dio”.

Il mio pensiero va poi, come di consueto, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Siamo ormai entrati nell’estate, tempo di ferie e di riposo. Cari giovani, profittatene per utili esperienze sociali e religiose; e voi, cari sposi novelli, per approfondire la vostra missione nella Chiesa e nella società. A voi, cari malati, non manchi anche in questo periodo estivo la vicinanza dei vostri familiari.





Piazza San Pietro

Mercoledì, 5 luglio 2006: Giovanni, figlio di Zebedeo

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Cari fratelli e sorelle,

dedichiamo l'incontro di oggi al ricordo di un altro membro molto importante del collegio apostolico: Giovanni, figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo. Il suo nome, tipicamente ebraico, significa “il Signore ha fatto grazia”. Stava riassettando le reti sulla sponda del lago di Tiberìade, quando Gesù lo chiamò insieme con il fratello (cfr
Mt 4,21 Mc 1,19). Giovanni fa sempre parte del gruppo ristretto, che Gesù prende con sé in determinate occasioni. E’ insieme a Pietro e a Giacomo quando Gesù, a Cafarnao, entra in casa di Pietro per guarirgli la suocera (cfr Mc 1,29); con gli altri due segue il Maestro nella casa dell'archisinagògo Giàiro, la cui figlia sarà richiamata in vita (cfr Mc 5,37); lo segue quando sale sul monte per essere trasfigurato (cfr Mc 9,2); gli è accanto sul Monte degli Olivi quando davanti all’imponenza del Tempio di Gerusalemme pronuncia il discorso sulla fine della città e del mondo (cfr Mc 13,3); e, finalmente, gli è vicino quando nell'Orto del Getsémani si ritira in disparte per pregare il Padre prima della Passione (cfr Mc 14,33). Poco prima della Pasqua, quando Gesù sceglie due discepoli per mandarli a preparare la sala per la Cena, a lui ed a Pietro affida tale compito (cfr Lc 22,8).

Questa sua posizione di spicco nel gruppo dei Dodici rende in qualche modo comprensibile l’iniziativa presa un giorno dalla madre: ella si avvicinò a Gesù per chiedergli che i due figli, Giovanni appunto e Giacomo, potessero sedere uno alla sua destra e uno alla sua sinistra nel Regno (cfr Mt 20,20-21). Come sappiamo, Gesù rispose facendo a sua volta una domanda: chiese se essi fossero disposti a bere il calice che egli stesso stava per bere (cfr Mt 20,22). L’intenzione che stava dietro a quelle parole era di aprire gli occhi dei due discepoli, di introdurli alla conoscenza del mistero della sua persona e di adombrare loro la futura chiamata ad essergli testimoni fino alla prova suprema del sangue. Poco dopo infatti Gesù precisò di non essere venuto per essere servito ma per servire e dare la propria vita in riscatto per la moltitudine (cfr Mt 20,28). Nei giorni successivi alla risurrezione, ritroviamo “i figli di Zebedeo” impegnati con Pietro ed alcuni altri discepoli in una notte infruttuosa, a cui segue per intervento del Risorto la pesca miracolosa: sarà “il discepolo che Gesù amava” a riconoscere per primo “il Signore” e a indicarlo a Pietro (cfr Jn 21,1-13).

All'interno della Chiesa di Gerusalemme, Giovanni occupò un posto di rilievo nella conduzione del primo raggruppamento di cristiani. Paolo infatti lo annovera tra quelli che chiama le “colonne” di quella comunità (cfr Ga 2,9). In realtà, Luca negli Atti lo presenta insieme con Pietro mentre vanno a pregare nel Tempio (cfr Ac 3,1-4 Ac 3,11) o compaiono davanti al Sinedrio a testimoniare la propria fede in Gesù Cristo (cfr Ac 4,13 Ac 4,19). Insieme con Pietro viene inviato dalla Chiesa di Gerusalemme a confermare coloro che in Samaria hanno accolto il Vangelo, pregando su di loro perché ricevano lo Spirito Santo (cfr Ac 8,14-15). In particolare, va ricordato ciò che afferma, insieme con Pietro, davanti al Sinedrio che li sta processando: “Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato” (Ac 4,20). Proprio questa franchezza nel confessare la propria fede resta un esempio e un monito per tutti noi ad essere sempre pronti a dichiarare con decisione la nostra incrollabile adesione a Cristo, anteponendo la fede a ogni calcolo o umano interesse.

Secondo la tradizione, Giovanni è “il discepolo prediletto”, che nel Quarto Vangelo poggia il capo sul petto del Maestro durante l'Ultima Cena (cfr Jn 13,21), si trova ai piedi della Croce insieme alla Madre di Gesù (cfr Jn 19,25) ed è infine testimone sia della Tomba vuota che della stessa presenza del Risorto (cfr Jn 20,2 Jn 21,7). Sappiamo che questa identificazione è oggi discussa dagli studiosi, alcuni dei quali vedono in lui semplicemente il prototipo del discepolo di Gesù. Lasciando agli esegeti di dirimere la questione, ci contentiamo qui di raccogliere una lezione importante per la nostra vita: il Signore desidera fare di ciascuno di noi un discepolo che vive una personale amicizia con Lui. Per realizzare questo non basta seguirlo e ascoltarlo esteriormente; bisogna anche vivere con Lui e come Lui. Ciò è possibile soltanto nel contesto di un rapporto di grande familiarità, pervaso dal calore di una totale fiducia. E’ ciò che avviene tra amici; per questo Gesù ebbe a dire un giorno: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici ... Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi” (Jn 15,13 Jn 15,15).

Negli apocrifi Atti di Giovanni l'Apostolo viene presentato non come fondatore di Chiese e neppure alla guida di comunità già costituite, ma in continua itineranza come comunicatore della fede nell'incontro con “anime capaci di sperare e di essere salvate” (18,10; 23,8). Tutto è mosso dal paradossale intento di far vedere l'invisibile. E infatti dalla Chiesa orientale egli è chiamato semplicemente “il Teologo”, cioè colui che è capace di parlare in termini accessibili delle cose divine, svelando un arcano accesso a Dio mediante l'adesione a Gesù.

Il culto di Giovanni apostolo si affermò a partire dalla città di Efeso, dove, secondo un’antica tradizione, avrebbe a lungo operato, morendovi infine in età straordinariamente avanzata, sotto l'imperatore Traiano. Ad Efeso l'imperatore Giustiniano, nel secolo VI, fece costruire in suo onore una grande basilica, di cui restano tuttora imponenti rovine. Proprio in Oriente egli godette e gode tuttora di grande venerazione. Nell’iconografia bizantina viene spesso raffigurato molto anziano – secondo la tradizione morì sotto l’imperatore Traiano - e in atto di intensa contemplazione, quasi nell’atteggiamento di chi invita al silenzio.

In effetti, senza adeguato raccoglimento non è possibile avvicinarsi al mistero supremo di Dio e alla sua rivelazione. Ciò spiega perché, anni fa, il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Atenagora, colui che il Papa Paolo VI abbracciò in un memorabile incontro, ebbe ad affermare: “Giovanni è all'origine della nostra più alta spiritualità. Come lui, i ‘silenziosi’ conoscono quel misterioso scambio dei cuori, invocano la presenza di Giovanni e il loro cuore si infiamma” (O. Clément, Dialoghi con Atenagora, Torino 1972, p. 159). Il Signore ci aiuti a metterci alla scuola di Giovanni per imparare la grande lezione dell’amore così da sentirci amati da Cristo “fino alla fine” (Jn 13,1) e spendere la nostra vita per Lui.

Saluti:

Saluto in lingua ceca:

Un cordiale benvenuto e saluti ai pellegrini provenienti dalla Repubblica Ceca, in particolare al gruppo dei Terziari Dominicani dei Plzen e agli insegnanti di Ostrava. Volentieri vi benedico tutti. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua croata:

Rivolgo un cordiale saluto alla Congregazione delle Suore Francescane dell’Immacolata di Šibenik, nel 300° anniversario della nascita al cielo della loro fondatrice, e ai cresimandi della parrocchia di san Pietro di Spalato! Così risplenda la vostra fede davanti agli uomini perché riconoscano la gioiosa speranza della vocazione cristiana. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua polacca:

Saluto cordialmente i pellegrini Polacchi. Luglio è un mese in cui veneriamo, tradizionalmente, il preziosissimo Sangue di Cristo. Nel mondo viene continuamente sparso il sangue umano innocente. Nei cuori degli uomini, invece dell’amore evangelico dimora spesso l’odio, invece della cura per l’uomo il disprezzo e la sopraffazione. Domando la vostra preghiera affinché l’umanità contemporanea sperimenti la forza del Sangue di Cristo versato sulla Croce per la nostra salvezza. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovacca:

Con affetto do un benvenuto ai pellegrini provenienti dalla parrocchia Nová Bana come pure all’orchestro Toccata. Fratelli e sorelle, la Slovacchia celebra oggi la festa dei suoi patroni SS. Cirillo e Metodio. Essi sono per noi lesempio dell’unità della fede. Rimanete fedeli a questo sublime esempio. Di cuore benedico voi ed i vostri cari. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua ungherese:

Saluto di cuore i pellegrini ungheresi qui presenti, specialmente i gruppi dei licei dei Cisterciensi di Eger e delle Orsoline di Sopron. Vi auguro di vivere cristianamente i giorni delle vacanze. Per questo imparto la Benedizione Apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!

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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto la Delegazione della Fiaccola Benedettina per la pace, accompagnata da Monsignor Riccardo Fontana, Arcivescovo di Spoleto-Norcia, e faccio voti che tale iniziativa susciti un sempre più generoso impegno di solidarietà e di dialogo fraterno. Saluto poi con affetto i membri di varie Congregazioni, che celebrano in questi giorni le loro assemblee capitolari. All’Ordine dei Minimi, che quest’anno festeggia importanti ricorrenze, auguro di seguire fedelmente i passi del Fondatore, San Francesco di Paola. Prego inoltre la Santa Vergine perché conceda ai Padri Vocazionisti di vivere questa provvidenziale circostanza come occasione di autentico rilancio spirituale e missionario. Incoraggio le Suore della Sacra Famiglia di Nazaret a conformarsi sempre più al Vangelo secondo il proprio carisma. Esorto le Suore Cappuccine del Sacro Cuore a crescere sempre più nello spirito di contemplazione e di povertà evangelica. Auspico infine per le Suore Compassioniste Serve di Maria di aderire con rinnovato fervore alla spiritualità della croce e alla loro vocazione apostolica.

Rivolgo, infine, un affettuoso pensiero ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Ieri abbiamo celebrato la memoria liturgica del beato Piergiorgio Frassati. Il suo esempio di fedeltà a Cristo susciti in voi, cari giovani, propositi di coraggiosa testimonianza evangelica. Aiuti voi, cari malati, ad offrire le quotidiane sofferenze, perché nel mondo si realizzi la civiltà dell’amore. Sostenga voi, cari sposi novelli, nell’impegno di porre a fondamento della vostra famiglia, l’intima unione con Dio.

Il mio beneaugurante pensiero va a quanti prenderanno parte al Simposio sulla salvaguardia del creato, che si svolgerà nei prossimi giorni in Brasile. Auspico che tale importante iniziativa, promossa dal patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I, contribuisca a promuovere un rispetto sempre più grande per la natura, affidata da Dio alle mani operose e responsabili dell’uomo.




Piazza San Pietro

Mercoledì, 2 agosto 2006: Catechesi speciale per i partecipanti: al Pellegrinaggio europeo dei Ministranti


Catechesi 2005-2013 14066